Giorgio Gaslini è morto ieri presso l’ospedale di Borgotaro
nel Parmense dove era ricoverato da un
mese a seguito di una brutta caduta. La biografia del pianista, concertista,
milanese, riempie i siti web dedicati alla musica, dunque non andremo a riproporre ciò che è già noto e meglio riportato rispetto a quanto avremmo potuto scrivere noi. Di Gaslini ci piace ricordare l’intensa attività jazzistica della
sua poliedrica carriera, che lo ha visto
suonare al fianco dei più grandi maestri, da Max Roach ad Archie Sheep, da Eddie Gomez a Johnny Griffin. Più celebrate e famose sono le colonne sonore scritte per “Profondo Rosso” di Dario Argento e per “La Notte”
di Michelangelo Antonioni, oltre che a molte altre musiche composte per diverse opere cinematografiche. Ma Gaslini era
musicista a tutto tondo con un intensa attività anche sul versane della musica
classica che lo ha visto compositore di
alcune sinfonie e balletti . Ci sembra
maggiormente significativo, per un blog come il nostro,celebrare e ricordare il
maestro con Il testo che segue. Una testimonianza
diretta dello stesso Gaslini, tratta dal
libro-intervista curato da Adriano Bassi dal titolo “Giorgio Gaslini vita,
lotte, opere di un protagonista della musica contemporanea” pubblicato da
Franco Muzzio editore. Un frammento che ci illustra soprattutto il Gaslini di lotta.
Un artista che ha messo al servizio delle rivolte sociali la sua arte e
creatività e che ha segnato una svolta nella diffusione del jazz in Italia.
Un
grazie di cuore al grande maestro.
-------------------------------------------------------------
Nel 72/73, Bruno Tommaso, Andrea Centazzo, Gianni Bedori ed
io formammo un nuovo quartetto. Con la formazione in cui c’era Monico e non
Centazzo, ho fatto una prima esecuzione assoluta di “Fabbrica Occupata”, un
brano ispiratomi dal senso spettrale di angoscia , di tragedia , ma anche di
forza che aleggiava all’interno di una fabbrica occupata, coi macchinari
coperti da teli, con le maestranze raccolte in un salone sedute per terra
attorno ad un stufa accesa a discutere per ore e ore del giorno e della notte,
i bambini, i familiari, il vitto portato da casa. Tutto questo durava magari 15 giorni. Io
passai tante ore con loro in varie fabbriche, poi mi invitarono gli operai
stessi in molte parti d’Italia a tenere concerti all’interno delle fabbriche
occupate. Andai in forma di solidarietà assolutamente a titolo gratuito, anzi a
volte mi pagavo le spese di viaggio, ma ho la grande soddisfazione di aver
contribuito nel portare a conoscenza
dell’opinione pubblica queste situazioni. Una volta feci un concerto sul
tetto di una fabbrica di Genova, con gli altoparlanti sulla città. Il giorno
dopo fu riportato l’accaduto su una pagina intera del quotidiano ligure. Tutto
ciò servì come documentazione , perché il Ministero ed il Ministro si mossero e finalmente la fabbrica fu
riaperta. Altre volte successe nell’hinterland milanese. Mi ricordo di un
ultimo dell’anno passato con le maestranze di una fabbrica occupata vicino a Parma.
“Fabbrica Occupata” non fu un brano scritto a tavolino, ma
qualche cosa di molto vissuto. La prima esecuzione avvenne nel ’72 ad Umbria
Jazz, sulla piazza di Perugia, era la prima edizione del festival , con 10.000
ragazzi seduti nella piazza di Perugia sino in fondo alla via. Era successo un
fenomeno stranissimo . Qualche giorno prima era
stato programmato una specie di mega festival rock vicino a Modena.
All’ultimo momento questi ragazzi si erano già messi in cammino a decine di migliaia per andare in autostop ,
a piedi e con mezzi di fortuna a questo festival dove avevano addirittura
promesso la presenza di Bob Dylan (cose leggendaria). Io partii con la macchina
per andare in Umbria ed in autostrada
trovai centinaia di ragazzi che chiedevano l’autostop. Un paio di giorni prima
avevano sospeso questo festival, quelli che si erano già mesi in cammino dirottarono tutti su Umbria jazz e scoprirono
di colpo questo festival. Fu la sua fortuna, perché già nella prima serata
arrivarono in decine di migliaia, erano almeno 20.000 ragazzi con il sacco a pelo.
Quella sera dopo di me si sarebbe esibito Sun Ra, tra le altre cose dovevo
suonare la sera prima con i Weather Report, ma era venuto a piovere e il
concerto era stato sospeso. Chiesi di poter suonare la sera dopo, nonostante al
festival dovessero pagarmi lo stesso e mandarmi a casa. Dissi che non volevo i
soldi senza aver lavorato ed allora ecco questa serata a Perugia condivisa Con
Sun Ra. Dentro di me pensavo “succeda quel che succeda io faccio questo pezzo”.
Bisogna pensare che non si erano mai visti 10.000 ragazzi seduti per terra ad
un festival del jazz e non si sapeva se questi lo conoscessero e che tipo di
reazione avrebbero avuto essendo abituati al rock. La reazione fu incredibile:
si alzarono tutti in piedi applaudendo . In quel momento iniziò una nuova fase non solo della mia musica, ma della musica in
Italia. Quando scesi dal palco c’erano gli organizzatori di “Libertà 1”, un
festival che si teneva a Pisa dopo qualche giorno. Mi chiesero di partecipare a
“Libertà 1” solo come pianista. Accettai e provai delle sensazioni indimenticabili per il calore dimostratomi dal pubblico. Ho
ancora un manifesto di quella serata, che fu in realtà una no stop di 10 ore,
dal pomeriggio alla notte, in cui ad
ogni numero musicale si alternava un personaggio di spicco del movimento generale di rinnovamento che si
era creato in Italia: dalla prima femminista, alla prima ragazza che era
riuscita a denunciare una violenza subita, all’anarchico messo in galera per
sbaglio, all’obiettore di coscienza, oppure a gruppi che semplicemente testimoniavano il loro modo
di essere. Ricordo che suonai alle due di notte, nello stadio dove si svolgeva
la manifestazione . Avevano costruito un grande palco altissimo dove non vi si
era potuto mettere sopra il pianoforte perché non lo reggeva. Erano tutte
soluzioni di fortuna , con un pianoforte a coda sotto, a livello del pavimento
e tutta la gente seduta non solo sugli spalti, ma anche dentro, per cui ero
sepolto da circa 8.000 persone . Mi ricordo
che chiamai uno del servizio d’ordine, un tipo alto e grosso come un
armadio e dissi: “Guarda che questo pianoforte ha due o tre tasti che non funzionano”. Questo era il clima in
cui si svolgevano le manifestazioni, dove non si andava troppo per il sottile,
dove l’importante era l’ideologia oltre che la musica e così lui rispose: “ Ci sono due o tre note
che non funzionano? E tu saltale!”. Io da
musicista rabbrividii, ma poi pensai che era più importante la testimonianza,
in quanto la musica la suonavo come volevo e sapevo, non c’era handicap musicale,
ma una predominanza della presenza e della testimonianza. Anche in questo caso
ci fu una reazione travolgente.
Contemporaneamente successe un altro fatto. Fui contattato dai
rappresentanti del Festival dell’Unità che mi dissero: “Il jazz al Festival
dell’Unità non l’abbiamo praticamente mai fatto, vogliamo provare a Firenze,
alle Cascine, è un festival provinciale e vediamo cosa succede”. Era il 1973 e
mi invitarono con il mio gruppo. Andai nel pomeriggio, c’era un palco
organizzatissimo con i microfoni, un
pianoforte a coda ed una grande platea: gli organizzatori erano terrorizzati e
si chiedevano se sarebbe venuta gente con la vecchia mentalità istituzionale da
Festival dell’Unità, dove i divi erano stati per dieci anni Claudio Ville e
Sergio Endrigo. Per rincuorarli dissi “Sentite, io faccio concerti dal
dopoguerra, ho sempre avuto pubblico e non vedo perché non ne dovrebbe venire
questa sera”. Arrivarono le 21,00 ed anche 3.000 persone, famiglie complete con
bambini. Sbalorditi dal grande successo
avuto, da quel momento per 10 anni i Festival del’Unità hanno fatto jazz. Tutto
ciò dimostra come il PCI nella sua maggioranza di base era più all’avanguardia
di alcuni suoi intellettuali. L’importanza
di tutto ciò non era tanto nel risultato economico, ma nel fatto che
erano accorti del jazz tutti in sintonia: i grandi movimenti giovanili che
provenivano dal rock con Umbria Jazz, i
movimenti della sinistra istituzionale
con i Festival dell’Unità e i movimenti
della sinistra extraparlamentare con
“Libertà 1”. Tutto era successo in pochi giorni.
Giorgio Gaslini.
foto clip di Luciano Granieri.
Foto tratte dal libro "Giorgio Gaslini, vita lotte, opere si un protagonista della musica contemporanea" di Adriano Bassi.
Brano: "Occupazione totale" tratto dalla colonna sonora del film." 5 donne per l'assassino". Eseguito dal quartetto di Giorgio Gaslini, comprendente oltre che lo stesso Gaslini al pianoforte, Andrea Centazzo alla batteria, Gianni Bedori al soprano, Bruno Tommaso al contrabbasso.
Nessun commento:
Posta un commento