Passerella della manager Mastrobuono alla non ben chiara “Conferenza Locale della Sanità”, svoltasi oggi sabato 13 settembre 2014 presso la sala teatro di via Fabi.
Una platea di dirigenti e personale della ASL, coadiuvato da un ingenuo, anche cosciente purtroppo, associazionismo “volontaristico” ha seguito impassibile le elucubrazioni della manager mentre descriveva una bozza del possibile Piano Strategico Aziendale.
Erano assenti i cittadini, i sindaci, le forze sociali e politiche del territorio che in questi anni hanno lottato per una sanità diversa, territoriale ed efficiente, contro il profitto e contro la svendita di servizi in un disegno che vede Roma mangiare attività ed utenza di tutte le province laziali.
Ogni slides mostrata e descritta era una bordata contro ciò che rimane della sanità locale in Ciociaria, che prepara il terreno al conseguente arrembaggio da parte dei privati.
Centinaia di posti letto privati sostituiranno quelli pubblici a seguito del declassamento degli ospedali, in attesa di altri centinaia di posti letto da offrire, sempre al privato, nel territorio locale.
Nel frattempo accordi con distretti romani per alleviare le liste di attesa,ma non i km della
speranza percorsi; convenzioni con i privati per i servizi come i laboratori di analisi; case della salute che saranno al massimo lungodegenze poco attrezzate. Non mancano ovviamente immaginati spazi per particolari specializzazioni da lasciare in qualche ospedale qua e là, ma essi sono quelli dove il profitto fa un margine troppo risicato per essere abbordati, almeno per ora, dai privati.
Un vero e proprio piano liquidatorio della sanità esistente, in un quadro desolante e privo di qualsiasi orizzonte di progresso per la vita del territorio.
Quello che più spaventa è il subordinato consenso del personale ASL, anche di quella parte che nel tempo ha tentato di valorizzare le proprie responsabilità verso la cittadinanza, con un importante, ma tardivo e isolato, colpo di coda dei medici; il silenzio/assenso dei sindacati confederali, che da tempo sostano su un binario morto, evidentemente non ancora avvertiti che i tavoli di trattativa sono deserti e sparecchiati, impegnati, di contro, a non far coinvolgere i cittadini nelle pesanti scelte sociali in atto; l’incapacità critica di tante cosiddette associazioni di volontariato, tra le quali, alcune, aspirano alla gestione dei servizi con i loro strumenti “legali” (ed economici) come le ODV, perdendo di vista la solidarietà come elemento di spinta nell’universo dei diritti civili e sociali.
Il re è nudo. E lo è da tempo. La descritta crisi economica comunica ai cittadini la necessità del rigore e della rinuncia, dei tagli e delle chiusure. Ma al capitale fomenta altro: l’inseguimento di sempre nuove risorse da capitalizzare da cui trarre profitto in una situazione di accelerata concorrenza tra gruppi privati che condizionano fortemente gli attori della politica.
La sanità trattiene e genera risorse ingenti – il risparmio dei cittadini ad esempio. L’arrembaggio alle caravelle delle province periferiche è violento e senza domani. Una volta chiusi gli ospedali e/o privati di un livello qualitativo sufficiente, consegnati in mano ai privati i laboratori e la diagnostica, accettato supinamente di essere “utenti”-pazienti di Tor Vergata, fotograferemo “la sanità di classe”: ai poveri e alla classe media servizi pubblici residuali e alla classe proprietaria e agiata un comodo privato ad personam, pagato comunque dalla fiscalità generale.
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