Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 5 ottobre 2015

Potere al Popolo.

Luciano Granieri

  

 Il profitto nella sua declinazione politico-esecutiva non ammette  partecipazione democratica. Questa è una regola che dobbiamo tenere bene in mente se volgiamo tentare di capire come evolve  vita sociale e politica del Paese e del territorio. In tale ottica si spiega lo smantellamento dell’architettura istituzionale, e la rimodulazione  del  rapporto fra il Parlamento e  l’Esecutivo.

La partecipazione dei cittadini è bandita,  si deve attuare un programma per cui anche gli organi intermedi fra popolo  e potere vengano  depotenziati se non eliminati. L’attacco al Senato elettivo e la destrutturazione dei suoi poteri è uno degli esempi. Il  rituale  elettorale è comunque importante e rimanere presente  , ma cambia di significato. Non più la scelta dei propri rappresentanti, ma la ratifica popolare di decisioni operate da altri e, soprattutto, la legittimazione di un Capo.  Non è il cittadino a scegliere chi lo rappresenta, ma il suddito che acclama  il proprio Duce . E, grazie a questa legittimazione,   il Duce  può mettere in atto i precisi dettami di lobby e potentati finanziari, le entità che lo hanno realmente scelto, senza essere disturbato da inutili mediazioni e trattative con i poveracci. 

E’ un’operazione difficile che implica  un consenso popolare ampio e consolidato. Ecco perché sono molto più funzionali a tale progetto i partiti riformisti. Movimenti che storicamente sono nati per difendere il popolo e in nome del popolo assecondano i peggiori misfatti antipopolari che il mercato comanda. Una tale ipocrisia non esiste nei partiti liberali, i quali mostrano chiaramente la loro natura di classe, nettamente  schierata contro qualsiasi principio socialista. Ciò  è un male  per gli interessi del profitto perché  un  programma liberista promosso da tali  soggetti, crea consenso, solo presso i propri accoliti, suscita invece il risentimento e il disordine sociale da parte delle classi subalterne .  

Un esempio? Quando l’abolizione dell’art.18 fu tentata dal governo Berlusconi, milioni di persone scesero in piazza scongiurando la minaccia. Oggi che il misfatto, tanto auspicato dalle grandi  imprese, è stato portato a termine dal governo Renzi, con  l’ipocrisia e la menzogna  di creare  nuovi posti di lavoro, nessuno è sceso in piazza.  Anche i media e la stampa, che all’epoca di Berlusconi gridarono allo scippo dei diritti, hanno esaltato un’operazione che prima avevano bollato come anticostituzionale. 

La natura di questi provvedimenti, falsamente presi in favore del popolo, si vede anche a livello locale. L’abolizione delle Province, i cui obbiettivi dichiarati  erano finalizzati ad una riduzione dei costi, ha maturato un certo consenso, ma di fatto si è concretizzata nella trasformazione di un’istituzione mutata solo nel modo di essere eletta. Non più dai cittadini, ma dai sindaci. Nella Provincia di Frosinone è avvenuto che le cariche provinciali  siano  state oggetto di squallide trattative fra le poltrone di P.zza Gramsci e la guida degli organi intermedi (vedi Saf e Asi). E’ andato in scena un indecoroso  gioco delle parti.  E, dopo finte diatribe fra maggioranza e opposizione, oggi si sono riuniti tutti in una melmosa  plebiscitaria maggioranza. Il Pd  ufficiale (quello di De Angelis), il  Pd farlocco, poi ridiventato ufficiale (quello vittorioso di Scalia,) Forza Italia, Nuovo Centro destra, tutti insieme appassionatamente a perorare gli interessi vessatori della multinazionale Acea contro i  diritti dei  cittadini. 

Così come fallace è stato  l’accordo di programma messo a punto dalla regione Lazio e dal Ministero della Attività Produttive per far ripartire lo sviluppo nella nostra Provincia. Erano previsti 40 milioni di euro, per  finanziare progetti presentati da imprese del territorio. Per accedere a tali finanziamenti però, le aziende interessate  avrebbero dovuto compartecipare con un contributo minimo compreso fra i 7 e i 10 milioni.  A me sembrano chiare le finalità vere  di questa norma, pubblicizzata come toccasana per dare fiato alle  piccole attività produttive, in maggioranza  nel territorio, ma in realtà destinata solo a quelle tre o quattro grandi aziende, le sole  in grado di assicurare una compartecipazione così cospicua. 

E ancora il recente piano di ricollocazione per i disoccupati di lunga durata presenti  nel  nostro territorio .  La Regione investe la miseria di 4milioni e settecentomila euro per finanziare la ricollocazione di persone che hanno perso il lavoro. Una norma di elevata valenza sociale,  peccato  che i lavoratori saranno selezionati in base all’esclusiva necessità delle aziende, senza contare i reali  bisogni e carichi sociali  dei disoccupati che vi accederanno.  Inoltre il  programma sarà gestito delle agenzie private di collocamento cui saranno destinati la  maggior parte degli investimenti. Un  provvedimento  nato e contrabbandato come efficace  contrasto alla disoccupazione si trasforma nella solita regalia alle agenzie private. 

Di esempi ne potremo fare  molti altri, sulla sanità, sulla Valle del Sacco. Tutti questi provvedimenti vengono  dal Pd, partito riformista per eccellenza, maestro nel perorare gli interessi del capitale spacciandolo per interesse della collettività .  E’ dunque chi si professa amico del popolo il primo nemico da combattere?  Sicuramente, e le ragioni vanno ricercate nel fatto che i riformisti moderni, si presentano come mediatori  fra gli  interessi popolari e quelli del capitale finanziario. Una menzogna tutta borghese. 

La Grecia ha dimostrato che con il Capitale non si può trattare.  Allo stesso modo i continui tentativi di riformare la Costituzione Italiana, documento tutt’altro che bolscevico, ma di mediazioni fra i diritti dei cittadini e quelli dell’impresa, iniziati, non 70 anni fa come dice Renzi nella sua profonda ignoranza(la Carta è entrata in vigore nel ’48) ma sicuramente il giorno dopo la sua promulgazione, sono la dimostrazione storica di  come il potere del Capitale non tolleri  la men che minima concessione. Tant’è vero che molti articoli della Costituzione,  in attesa di essere riformati, non hanno mai trovato applicazione, soprattutto i  capitoli relativi ai diritti civili e  quelli economici. Qual è dunque la soluzione? Il popolo può difendere i propri diritti solo andando al potere. Una volta la chiamavano dittatura del proletariato. Oggi potrà definirsi in altro modo ma la sostanza non cambia. 

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