La partecipazione dei
cittadini è bandita, si deve attuare un
programma per cui anche gli organi intermedi fra popolo e potere vengano depotenziati se non eliminati. L’attacco al
Senato elettivo e la destrutturazione dei suoi poteri è uno degli esempi. Il rituale elettorale è comunque importante e rimanere presente , ma cambia di
significato. Non più la scelta dei propri rappresentanti, ma la ratifica
popolare di decisioni operate da altri e, soprattutto, la legittimazione di un
Capo. Non è il cittadino a scegliere chi
lo rappresenta, ma il suddito che acclama il proprio Duce . E, grazie a questa
legittimazione, il Duce può mettere in atto i precisi dettami di lobby
e potentati finanziari, le entità che lo hanno realmente scelto, senza
essere disturbato da inutili mediazioni e trattative con i poveracci.
E’ un’operazione
difficile che implica un consenso
popolare ampio e consolidato. Ecco perché sono molto più funzionali a tale
progetto i partiti riformisti. Movimenti che storicamente sono nati per
difendere il popolo e in nome del popolo assecondano i peggiori misfatti
antipopolari che il mercato comanda. Una tale ipocrisia non esiste nei partiti
liberali, i quali mostrano chiaramente la loro natura di classe, nettamente schierata contro qualsiasi principio
socialista. Ciò è un male per gli interessi del profitto perché un
programma liberista promosso da tali soggetti, crea consenso, solo presso i propri
accoliti, suscita invece il risentimento e il disordine sociale da parte delle
classi subalterne .
Un esempio? Quando l’abolizione dell’art.18 fu
tentata dal governo Berlusconi, milioni di persone scesero in piazza scongiurando la minaccia. Oggi che il
misfatto, tanto auspicato dalle grandi imprese, è stato portato a termine dal governo
Renzi, con l’ipocrisia e la menzogna di creare nuovi posti di lavoro, nessuno è sceso in
piazza. Anche i media e la stampa, che all’epoca di Berlusconi gridarono allo
scippo dei diritti, hanno esaltato un’operazione che prima avevano bollato come
anticostituzionale.
La natura di questi provvedimenti, falsamente presi in
favore del popolo, si vede anche a livello locale. L’abolizione delle Province, i
cui obbiettivi dichiarati erano finalizzati ad una riduzione dei costi, ha maturato un certo consenso, ma di fatto si è
concretizzata nella trasformazione di un’istituzione mutata solo nel modo di
essere eletta. Non più dai cittadini, ma dai sindaci. Nella Provincia di
Frosinone è avvenuto che le cariche provinciali siano state oggetto di squallide trattative fra
le poltrone di P.zza Gramsci e la guida degli organi intermedi (vedi Saf e
Asi). E’ andato in scena un indecoroso gioco delle parti. E, dopo finte diatribe fra maggioranza e
opposizione, oggi si sono riuniti tutti in una melmosa plebiscitaria maggioranza. Il
Pd ufficiale (quello di De Angelis), il Pd farlocco, poi ridiventato ufficiale (quello
vittorioso di Scalia,) Forza Italia, Nuovo Centro destra, tutti insieme appassionatamente
a perorare gli interessi vessatori della multinazionale Acea contro i diritti dei cittadini.
Così come fallace è stato l’accordo di programma messo a punto dalla regione Lazio e dal Ministero
della Attività Produttive per far ripartire lo sviluppo nella nostra Provincia.
Erano previsti 40 milioni di euro, per
finanziare progetti presentati da imprese del territorio. Per accedere a
tali finanziamenti però, le aziende interessate avrebbero dovuto compartecipare con
un contributo minimo compreso fra i 7 e i 10 milioni. A me sembrano chiare le finalità vere di questa
norma, pubblicizzata come toccasana per dare fiato alle piccole attività produttive, in maggioranza nel territorio, ma in realtà destinata solo a
quelle tre o quattro grandi aziende, le sole in grado di assicurare una compartecipazione
così cospicua.
E ancora il recente piano di ricollocazione per i disoccupati di
lunga durata presenti nel nostro territorio . La Regione investe la miseria di 4milioni e
settecentomila euro per finanziare la ricollocazione di persone che hanno perso
il lavoro. Una norma di elevata valenza sociale, peccato che i lavoratori saranno
selezionati in base all’esclusiva necessità delle aziende, senza contare i
reali bisogni e carichi sociali dei disoccupati che
vi accederanno. Inoltre il programma sarà gestito delle agenzie private
di collocamento cui saranno destinati la maggior parte degli investimenti. Un provvedimento nato e contrabbandato come efficace contrasto alla disoccupazione si trasforma
nella solita regalia alle agenzie private.
Di esempi ne potremo fare molti altri, sulla sanità, sulla Valle del
Sacco. Tutti questi provvedimenti vengono dal Pd, partito riformista per eccellenza,
maestro nel perorare gli interessi del capitale spacciandolo per interesse
della collettività . E’ dunque chi si
professa amico del popolo il primo nemico da combattere? Sicuramente, e le ragioni vanno ricercate nel
fatto che i riformisti moderni, si presentano come mediatori fra gli interessi popolari e quelli del capitale
finanziario. Una menzogna tutta borghese.
La Grecia ha dimostrato che con il
Capitale non si può trattare. Allo
stesso modo i continui tentativi di riformare la Costituzione Italiana, documento
tutt’altro che bolscevico, ma di mediazioni fra i diritti dei cittadini e
quelli dell’impresa, iniziati, non 70 anni fa come dice Renzi nella sua
profonda ignoranza(la Carta è entrata in vigore nel ’48) ma sicuramente il
giorno dopo la sua promulgazione, sono la dimostrazione storica di come il potere del
Capitale non tolleri la men che minima concessione. Tant’è vero che molti
articoli della Costituzione, in attesa
di essere riformati, non hanno mai trovato applicazione, soprattutto i capitoli relativi ai diritti civili e quelli economici. Qual è dunque la soluzione? Il
popolo può difendere i propri diritti solo andando al potere. Una volta la chiamavano
dittatura del proletariato. Oggi potrà definirsi in altro modo ma la sostanza
non cambia.
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