Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 22 aprile 2017

2017 - Elezioni comunali a Frosinone

Severo Lutrario


Come fosse una catastrofe ricorrente, sui cittadini sta per abbattersi il solito tsunami.
Un pugno di notabili, acquattati dietro i soliti partiti, fanno incetta di avvocati, medici e di chiunque abbia un “pacchetto” di clienti, cui offrire un posto in prima fila per sedere in silenzio in Consiglio Comunale.
Poi, sempre i capi bastone dei soliti partiti, fanno a gara per accaparrarsi candidati tra le famiglie “numerose”, puntando a mettere in piedi il numero più alto possibile di liste elettorali, non importa se assolutamente strampalate.
Non mancanno, ancora, i pruriti di qualche aspirante notabile che si costruirà attorno la sua brava lista sedicente “civica”.
E i programmi?
Sono solo una noiosa incombenza burocratica, carta, che in campagna elettorale meriterà al massimo qualche accenno.
E i riferimenti politici, le parti sul campo di pallone in cui ci si schiera?
Sono utili solo ad assicurarsi il voto di quello zoccolo duro che non ha ancora capito che gli uni e gli altri, useranno pure strumenti diversi, ma suonano la medesima musica.
Ancora una volta, anche nel 2017, succedetutto questo, ancora una volta il voto sarà quello di clienti e familiari, al massimo di amici. Certamente non quello di cittadini.
Eppure il risultato di questo ricorrente tsunami è già sotto gli occhi di tutti.
Frosinone è in fondo a tutte le classifiche sulla qualità della vita. Frosinone è uno dei posti dove si vive peggio in Italia. Frosinone è una piccola città che non è a misura d’uomo ma è a misura di affare e malaffare, di clientela e di favore.
Il lavoro, la casa, i servizi sociali, l’acqua, la sanità, i trasporti, i rifiuti, la scuola, la viabilità, il tessuto urbano, la cultura e tutto il resto sono solo, da una parte, il terreno di caccia del sistema degli appalti e degli affari del privato e, dall’altra, gli ambiti in cui i diritti dei cittadini vengono ridotti a favori utili a costruire il consenso personale dell’amministratore.
Chi in questi anni si è impegnato in prima persona, dalla sanità all’acqua, dal lavoro ai rifiuti, cittadino tra i cittadini, a difesa dei diritti delle persone e con l’idea di una città finalmente a misura d’uomo; che in questi anni si è scontrato con il muro di gomma di istituzioni sorde ai diritti ed ai bisogni dei cittadini, almeno, non dovrebbe accettare che nel 2017 si ripeta, come una sorta di castigo divino, quanto avvenuto nel passato.
Ma oggi la situazione è ben più grave che nel passato.
Queste elezioni comunali cadono al termine di un processo di cosiddetta riforma delle autonomie locali che nella sostanza e nella forma svuota le concrete possibilità per le comunità di governare il proprio territorio, di scegliere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. In una frase: di decidere della propria vita.
Le politiche di bilancio adottate da tutti i governi, sedicenti di destra e di sinistra, hanno scaricato il debito sui territori strangolando le amministrazioni.
Le cosiddette riforme, dalla Delrio alla Madia, svuotano e trasformano i comuni – meglio, le unioni dei comuni o gli Ambiti Territoriali Ottimali, cioè organismi gestiti da nominati – in stazioni appalti in cui gli stessi contratti, i capitolati tecnici, i costi e le tariffe sono decise altrove, da “autorità” non elette da nessuno, pagate dai gestori e sotto il diretto controllo della Presidenza del Consiglio.
Queste cosiddette riforme fanno dell’erogazione dei servizi un fatto meramente economico cui i cittadini devono sempre più trovare soluzione sul mercato ed ai prezzi di mercato. Trasformano cioè i diritti in bisogni cancellando dal governo della cosa pubblica la stessa nozione di qualità della vita, scambiando magari questa con l’andamento del PIL.
In pratica questo tsunami elettorale è dunque chiamato, in ossequio alla legislazione vigente o in fase di promulgazione, a nominare il collegio dei liquidatori dei diritti dei cittadini, il commissario fallimentare dell’ente locale.
Allora, denunciare i meccanismi perversi e niente affatto democratici delle elezioni, auspicare un cambiamento, cercare di far eleggere qualche persona perbene, predisporre in tutta buonafede il miglior libro dei sogni in forma di programma elettorale è assolutamente inutile e in ultima analisi deleterio, perché finisce per riconoscere ad istituzioni ademocratiche e deprivate di ogni capacità di autonomia di governo, una funzione ed un ruolo che nei fatti non sono praticabili se non violando programmaticamente le leggi ingiuste che ne impediscono la reale attuazione.

Cosa sarebbe stato necessario fare? 
 Sarebbe occorso che i cittadini, a cominciare da coloro che, cittadini tra i cittadini, sono impegnati nel concreto delle mille battaglie che segnano le facce della qualità della vita, si fossero assunti il compito di costruire un’alternativa fondata sulla partecipazione diretta dei cittadini al governo della città.
Non l’ennesima lista elettorale, perché è ora che nessuno deleghi la propria rappresentanza a nessun notabile; che nessuno voti per fare un favore al parente o all’amico; che nessuno si offra di fare numero per assicurare a questo o a quel capo-bastone quella manciata di voti che spera di raccattare.
Si sarebbe dovuto aprire un dialogo tra tutte le associazioni, in tutti i quartieri, in tutti gli ambiti specifici, per costruire un programma di governo condiviso, scritto con i cittadini e fondato sull’obiettivo di rendere Frosinone a misura d’uomo ed un posto dove sia gradevole abitare.
Si sarebbe dovuto individuare, insieme, dal basso, coloro che si sarebbero candidati ad attuare nell’istituzione questo programma, non come delegati a fare ma come terminali istituzionali dei cittadini e della loro volontà.
Si sarebbe dovuto immaginare un’amministrazione determinata – anche ad andare in galera a testa alta - a perseguire il bene comune e la giustizia, a dispetto dei poteri forti e delle leggi ingiuste –.
Si sarebbe dovuta costruire un’amministrazione di lotta che, a dispetto dei poteri economici e dei governi … governasse con i cittadini e per i cittadini.
Sarebbe stato evidente come questo percorso sarebbe stato incompatibile con l’attuale quadro politico ed istituzionale e non sarebbe stato riducibile alle logiche della politica politicante.
In un quadro totalmente estraneo alle vecchie logiche di schieramento, gli unici valori irrinunciabili sarebbero stati quelli che accomunano tutte le associazioni che lavorano nel sociale: solidarietà, democrazia, partecipazione, equità, integrazione, accoglienza, giustizia sociale e pace.

Queste stesse cose le ho dette mesi fa.
Ma non c’è stata la volontà per tentare questa follia.
C’è stato chi, stolidamente, non vedendo o fingendo di non vedere la corrosione dell’istituzione, ha scelto di fare il compitino delle domandine ai “candidati”, finendo per fare da megafono alla solita fiera delle banalità e delle intenzioni che lastricano le vie dell’inferno.
C’è stato chi, mosca cocchiera, s’è aggregato al carro trainato dal PdR – proprio quello della Delrio e della Madia – finendo per fare l’utile idiota nella speranza di conquistare uno strapuntino in consiglio.
Ci sono i pentastellati, che almeno sono fedeli a loro stessi, ma che confondono la giustizia con la legalità …

… Io, mi preparo a sopravvivere a questo tsunami, sapendo che domani, comunque vada, avrò comunque una controparte nell’istituzione e, a testa alta, mi astengo.  

Nessun commento:

Posta un commento