Opere
musicali che si pongono il problema della deindustrializzazione e dell’
impoverimento dell’Italia sono rarissime. E(x)stinzione
della Enten Eller Orkestra (pubblicata in un doppio cd della Splasc(h) Records,
Historical Performance) documenta una profonda militante riflessione su un tema
che è complesso rendere attraverso il linguaggio delle note, delle parole, delle
immagini. Vi si parla della fine della Olivetti a Ivrea, del nucleare di Trino
Vercellese, dell’amianto assassino di Casale, dei cantieri navali in dismissione
di Monfalcone: delle zone d’origine dei musicisti del gruppo (Masimo Barbiero,
Maurizio Brunod, Alberto Mandarini, Giovanni Maier) si articola una riflessione
generale che “vuole essere un poetico sguardo su un mondo in disfacimento e un
gridi di denuncia” in cui la musica si rapporta e intreccia alle fotografie di
Luca D’Agostino e ai testi di Franco Bergoglio ( con riferimenti di Pasolini e
Camus). E(x)stinzione è stata
presentata in prima nazionale il 29 marzo 2012 all’Open Jazz Festival di Ivrea
e del Canavese; è diventata un album ed è stata riproposta il 18 ottobre all’Open
Word Jazz & Foto Festival, collegata al convegno “Post luoghi, post idee, post musiche: pieni
e vuoti della contemporaneità: introdotto e moderato da Bergoglio, e con il sindacalista Giorgio Airaudo, il
filosofo e scrittore Neri Pollastri e il critico e
storico musicale Claudio Sessa. Tutto nasce
da un’idea del batterista e percussionista Massimo Barbiero che, da
giovane, aveva lavorato all’Olivetti: “Vi
rimasi per quindici anni vedendone la
caduta, lo smantellamento e gli
sciacalli che ne mordevano i resti. Noi dipendenti provammo difendere quello
che si poteva. Ma altrove avevano già
svenduto tutto” (in Dialogo di Olivetti,
musica e altre cose di F. Bregoglio, in “Sicurezza e lavoro” n.2 – 2012).
Da alcuni anni Barbiero promuove
convegni presso l’Associazione archivio storico Olivetti proprio sul
perduto spirito di quella che è stata definita la “comunità olivettiana” e la
vivacità dell’arte che vi ruotava attorno, ben diverse dalla desertificazione industriale
odierna. Il batterista-.percussionista ha, però voluto trovare una dimensione sonora e pluralistica al problema: ha quindi
chiesto al trombettista del gruppo Enten Eller, Alberto Mandarini, di scrivere
musica originale per l’orchestra d’archi “B.Bruni” di Cuneo nonché di
occuparsi degli arrangiamenti e della
direzione; ha, poi, commissionato al fotografo Luca D’Agostino una serie di scatti che documentassero i luoghi delle
deindustrializzazione e al saggista e
scrittore “al servizio del jazz” Franco Bergoglio (autore del notevole Jazz! Appunti e note del secolo breve ,
Costa & Nolan 2008) testi che chiarissero lo coordinate del progetto. Il
tutto si è concretizzato nella prima di Ivrea del 29 marzo con il gruppo al completo
(Barbiero, Mandarini, il chitarrista Maurizio Brunod e il contrabbassista
Giovanni Maier), gli ospiti Laura Conte (voce o recitativi), Marcella Carboni
(arpa), Giancarlo Schiaffini (trombone), Carlo Actis Dato (ance) e l’orchestra
d’archi “B.Bruni”. La serata ,
registrata integralmente, è diventata il doppio cd delle Splasc(h). I
recitativi sono asciutti, scandiscono la narrazione per squarci esistenziali (La scena gli artisti…), storici ( Muri di pillole ), e filosofici (Post, Capannoneide, Ode alla fabbrica vuota);
vi si innestano i brani scritti dai musicisti del gruppo che accolgono i
suoni/soli caratterizzanti dei solisti. Yluc Song (canzone dolente), Praxis (sperimentalismi e riff
urlati), Mostar (arpeggi e voci per
guerre dimenticate) (nel video ndr), Torquemada (sonori furori espressionistici), Per Emanuela (melodia polifonica per
ottoni corde e percussioni), Porte basse
(funky ipnotico) (nel video ndr), Genetic Deficit (pulsione
swing e tema contemporaneo), Isengard (lirismo limpido), Denique
caelum (sofferto tema che, con
accenti chapliniani, spinge comunque a guardare oltre). Lo foto di D’Agostino - in un allucinato, iperrealistico
bianco/nero – accentuano un senso di
perdita e smantellamento che si ricollega a una storia di entropia del lavoro
umano, in un faticoso, alienante operare. Musica, parole, immagini mostrano, in
ogni caso, la fine di un’epoca e di un’idea di sviluppo e crescita dalla cui
analisi è necessario ripartire per un’Italia (e un mondo) augurabilmente
diversi. E(x)stinzione . “L’Illusione
di quei capannoni che prima erano città
di operai e ora cadono a pezzi – sostiene nel booklet Massimo Barbiero – o diventano
“altro” non è niente più di un pensiero che si interroga, come dovrebbe fare la
filosofia e l’arte, sul “senso” di tutto
quanto; e non per avere risposte, ma perché domandare, cercare,illudersi di
aver trovato rimane l’unica strada. L’improvvisazione, il jazz, questo concerto
con un’unica giornata di prove, la stessa del concerto… crediamo sia anche
questo”.
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