Il principio
unico che racchiude tali incontestabili postulati è la necessità delle riforme,
in primis l’urgenza di modifica della legge elettorale. Ecco il primo grande
totem. E’ indubbio che il porcellum sia un sistema da rigettare , ma non perché , come sostengono
tutti, non dà la possibilità ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti, nominati dai
partiti. Non è questo lo scandalo! Perché in un sistema di collegi uninominali
i candidati chi li sceglie se non i partiti stessi? Chi deve
essere eletto viene inserito in un
collegio così detto sicuro, per cui alla fine della fiera, anche con questa
finta botta di democrazia ad occupare lo scranno ci va comunque chi decide il partito.
Altro tormentone,
quello che sta rendendo Renzi popolarissimo, riguarda la certezza della
vittoria. Con il sistema elettorale basato sulle elezioni comunali già il
giorno dopo lo scrutinio si sa chi ha vinto.
Ma è
sufficiente sapere chi ha vinto in modo così rapido? Mica siamo in un agenzia di scommesse in cui
si deve conoscere subito il vincitore , magari se si è imposto con un over, o con un under. E’ importante sapere chi ha vinto per fare
che cosa . Dovrebbero essere le cose da fare e non chi le fa al centro della questione.
Lo scandalo vero del porcellum è il premio di maggioranza. Ed è
una piaga questa che affligge molti altri sistemi elettorali. Il
premio di maggioranza viola il principio di eguaglianza dei cittadini. Questo
infatti conferisce un peso maggiore al
voto di quegli elettori che si sono espressi per gli schieramenti che hanno
ottenuto il premio. Nell’ultima tornata elettorale
la questione emerge con chiarezza alla
Camera (al Senato grazie al complicato
sistema di attribuzione del premio su base regionale la faccenda è ingarbugliata)
, in cui Pd e Sel con poco meno del 30% dei consensi hanno conseguito una larga
maggioranza. Considerato che un elettore su quattro si è astenuto, come può
essere legittimata una maggioranza eletta solo da un elettore su quattro?
Si tira in ballo la
storia della governabilità, della stabilità di governo. Ripeto la domanda: governabilità per fare che? Ricordo che la tanto sbandierata governabilità
non è garantita neanche quando in Parlamento regna una maggioranza bulgara.
Nell’ultimo governo targato Pdl, la maggioranza era netta sia alla camera che al senato, eppure Berlusconi,
dopo la ribellione di Fini, è stato costretto al mercato delle vacche per
mantenere in piedi il suo governo, solo
la compravendita di deputati e senatori, agevolata dai temporeggiamenti di
Napolitano, ha garantito la governabilità
di un esecutivo devastante per il nostro Paese.
Qui si innesta un altro luogo
comune, cavallo di battaglia delle truppe penta stellate: il vincolo di mandato
che si vorrebbe imporre per impedire che un parlamentare passi armi e bagagli
allo schieramento opposto. Personalmente sono d’accordo con i padri
costituenti, i quali avevano previsto la libertà, per un eletto, di cambiare schieramento.
Un Senatore e un Deputato devono essere liberi di poter scegliere il
cambiamento di sponda, qualora non ritenessero l’operato del proprio partito
non più rispondente al programma
proposto agli elettori per ottenere il consenso. Certo quando a provocare il cambio di campo
sono sostanziose prebende, la questione assume tutt’altro aspetto. Ma in questi
casi il vincolo di mandato non c’entra nulla, c’entra invece e molto l’onorabilità
del Parlamentare.
I padri costituenti, hanno pensato e scritto la Costituzione
dando per scontato che i destinatari
fossero persone per bene e non venduti corrotti. Ed ecco che alla fine ci siamo
arrivati al nocciolo del problema. La governabilità non è assicurata dal
sistema elettorale. Detta grossolanamente, in un sistema maggioritario i partiti si accordano prima delle elezioni convergendo in
coalizioni, nel proporzionale la trattativa avviene dopo il voto. Sempre
e comunque si deve dialogare, mediare. Ora, e qui ripropongo il
tormentone, dialogare e mediare per fare
che? Per risolvere i problemi dei cittadini, o per mantenere in piedi i propri
elefantiaci e costosissimi apparati?
Infatti nel primo caso ci troveremmo di fronte a dirigenti responsabili,
brave persone, che alla fine comunque riuscirebbero a trovare delle soluzioni
in favore dei cittadini , nel secondo caso, invece un accordo sarebbe irraggiungibile
perché gli interessi di bottega non sono mai destinati a conciliarsi fra di
loro. Ecco, il problema della
governabilità sta tutto qui. Non c’entra il sistema elettorale, c’entra se in
parlamento siedono brave persone o no.
Piuttosto in una ipotetica riforma
elettorale vedrei bene l’adozione
di un quorum come nei referendum. Un
risultato elettorale è valido se
conseguito con una percentuale di votanti non inferiore al 60% degli aventi
diritto. Al di sotto di questa soglia chi vince, non avendo la fiducia della maggioranza dei cittadini,
non è legittimato a governare . In questo caso tutti i candidati dovranno essere rimossi e interdetti
a ripresentarsi. Si ripeteranno le elezioni con nuovi candidati. Si
creerebbe il caos? Meglio il caos che questa melma. Del resto in Belgio sono
stati per diverso tempo senza un governo vivendo tutti felici e contenti.
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