La mattanza del Luglio 2001 a Genova , rimane come un fantasma malefico che ogni tanto riemerge dal passato a disturbare i manovratori di turno. Se fosse per loro( i manovratori) quei fatti potrebbero cadere nell'oblio. La rassegna dell' "a volte ritornano" ha aggiunto al suo attivo una nuova puntata, questa volta messa in onda dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, che accogliendo il ricorso di Andrea Cestaro, vittima e testimone dei pestaggi alla Diaz ha decretato che la legislazione italiana è" inadeguata rispetto agli atti di tortura ". Cioè le forze dell'ordine all'interno della scuola Diaz, per le normative in vigore negli altri Stati Europei commisero atti di tortura , ma il reato in Italia non esiste. E rischia tutt'ora, anche in applicazione della legge approvata nottetempo alla Camera, di non esistere. Infatti nel testo arraffazzonato che dovrà passare all'esame del Senato, per essere considerate tortura le violenze devono essere provocate a persone private dalla libertà personale e sotto custodia delle forze dell'ordine. Le vittime delle torture della Diaz non erano private della libertà personale e non erano sotto custodia delle forze dell'ordine. Una deliberazione ben lontana da quanto ci chiede Strasburgo. In realtà l'introduzione del reato di tortura è una brutta tegola per il governo in periodo in cui, le ultime leggi approvate in materia economica e la dittatura del capitale finanziario imperante in Italia come nel mondo globalizzato, tendono a fomentare le rivolte sociali che vanno in ogni modo represse. La vocazione negazionista che ha investito i drammatici fatti del G8 a Genova è testimoniata anche dall'ostracismo che il documentario redatto per la Rai da Giusti, Freccero e Torelli, dal titolo "Bella Ciao" ha avuto per essere trasmesso. Di seguito riportiamo la storia i questa documentazione negata tratta da un articolo pubblicato su "il manifesto" da Marco Giusti, e postiamo l'intero documentario "Bella Ciao" ovviamente diviso per puntate, format imposto dal nostro account Youtube.
Luciano Granieri
Giusti, Freccero e
Torelli sono gli unici in Rai ad aver girato in tempo reale un documentario
completo sulle giornate, gli scontri e le torture del G8 di Genova nel 2001. Da
quell'iniziativa nacque un film, proiettato solo a Cannes nel 2001 e a Fuori
Orario nel 2006. La Rai, che l'ha realizzato e prodotto, non l'ha mai voluto
trasmettere in un canale generalista. Troppo forti quelle immagini. Immagini
vere.
. La penso come Carlo Freccero. Sarebbe giusto che Rai Uno trasmettesse
in prima serata Bella Ciao, il documentario sul G8 di Genova che
realizzammo io, Roberto Torelli e Carlo Freccero, allora direttore di
Rai Due, e che da allora non è mai stato trasmesso da una rete generalista.
Né, malgrado le tante richieste, dopo la proiezione a Cannes nel 2002
nel più totale disinteresse aziendale ma nella luce fin troppo clamorosa
dei media internazionali, venne mai mostrato a altri festival, rassegne,
né ebbe diffusione come film.
Sarebbe giusto sia per cosa racconta, sia per come lo
racconta, rappresentando anche i sentimenti che provavamo quindici
anni fa, sia per una sorta di risarcimento morale per i tanti che ci
lavorarono, meravigliosi operatori e tecnici della Rai che ci dettero
le immagini da loro riprese che nessuno prima di noi aveva voluto trasmettere,
e i tanti video maker indipendenti che ci passarono le loro riprese
per ricostruire una storia terribile di violenza e repressione che
ha segnato per sempre gli anni che seguirono.
Bella Ciao fu il primo film a raccontare senza censure i fatti di
Genova
Bella Ciao fu il primo film a raccontare senza censure i fatti di
Genova e ne rappresenta ancora, assieme a Diaz di Daniele Vicari, la documentazione
storica più completa.
E’ una storia complessa. Nell’estate del 2001, con il ritorno di Berlusconi,
ma in una Rai ancora in mano al centrosinistra, Zaccaria presidente
e Cappon direttore generale, sotto la direzione di Carlo Freccero
a Rai Due, stavo realizzando la seconda serie di “Stracult”. Uno dei
registi del programma, Roberto Torelli, mi aveva chiesto di seguire il
Social Forum che si sarebbe svolto a Genova nei giorni del G8, visto che
avevamo deciso di dedicare una puntata al movimento no-global. Roberto
avrebbe seguito anche le tre giornate del G8, pronto a riprendere quello
che poteva servire non solo alla nostra trasmissione. Avevamo pensato, con
Freccero, che era meglio avere una telecamera in più. Ma certo non dovevamo
essere noi a fare informazione.
Non si sa perché nessuno del gruppo di Santoro, allora a Rai Due,
ma in quei giorni in vacanza, e nessun altro da Rai Uno o Rai Tre,
tiggì esclusi, avesse voluto seguire il G8 e il Social Forum, malgrado
i ripetuti avvertimenti di un possibile scoppio di violenza
e la vicinanza con i fatti di Napoli.
Così, a due giorni dalla fine del G8, nello stupore generale, mentre
Santoro trasmetteva uno speciale sul sushi, eravamo i soli
a poter andare in onda, come “Stracult”, delle riprese assolutamente
inedite su Genova, che mostravano quello che era accaduto fuori dalla Diaz
e gran parte degli scontri. Facendo capire, magari, che avevamo qualcosa
in più di quel che realmente avevamo.
Il programma, intitolato Bella Ciao, doveva andare in onda
mercoledì 25 luglio, ma venne immediatamente sospeso.
Il motivo ufficiale, allora, era la mancanza di equilibrio politico.
Mancava la controparte. Una cosa buona, però, quel 25 luglio era accaduta.
IlTg1, col ritorno dalle vacanze di Albino Longhi, aveva deciso infatti
di mandare in onda nell’edizione delle 20 riprese mai viste degli scontri
a Corso Europa relative a sabato 21. Immagini senza commento, fortissime,
di una violenza che nessuno sospettava si fosse scatenata da parte della
polizia e della guardia di finanza. Immagini che arrivavano però con
5 giorni di ritardo, girate dagli operatori della Rai per i Tg.
E arrivavano lo stesso giorno (un caso?) della nostra “sospensione”.
Perché non le avevano mandate in onda prima?
Intanto, Bella Ciao, non era stato cancellato. Così decidemmo
di andare avanti con il programma. La vera rivoluzione a Genova era
stata mediatica, decine e decine di telecamere, di operatori esperti
e di ragazzi alle prime armi. Era possibile ricostruire ogni scontro,
ogni azione. Il materiale più forte, però, veniva proprio dagli operatori
della sede Rai di Genova, e ce lo dettero subito.
Molti pensavano che la Rai avesse in qualche modo bucato Genova, ma non
era vero. Ma c’era anche moltissimo materiale, inedito, che iniziava
a uscire dalle piccole società indipendenti presenti a Genova,
Charta, Indymedia, Radio Sherwood. Roberto Torelli aveva lavorato tutta
l’estate a questa ricostruzione. Io avevo cercato di dare al tutto una
forma, un montaggio, diciamo qualcosa di cinematografico. Carlo Freccero
ci aveva dato l’idea buona per iniziare: l’attacco alla Diaz, da lì sarebbe
partito il racconto delle giornate come un lungo flashback. E ci
aveva illuminato sul commento sonoro. Nessuna voce off, nessuna intervista,
solo le voci e i rumori veri della strada e una colonna sonora di canzoni
rock scelte da una ragazzina, mia figlia Elena, che aveva allora quattordici
anni e aveva appena finito la quarta ginnasio (oggi ne ha ventotto
e insegna Latino a Cambridge). I Blonde Redhead, gli International
Noise Conspiracy, i Kent, i Tool, i Blur. Quello che sentivano
i ragazzi. La musica funzionava per ricostruire l’energia giovanile
che si deve essere sentita a Genova.
Così, alla fine di agosto, eravamo pronti alla messa in onda, o a
presentarlo a un festival importante come Venezia. Chiamai l’allora
direttore della Mostra, Alberto Barbera, un mio caro amico. Senza neanche
vederlo, mi disse che lui e l’allora presidente Baratta (gli stessi che
ci sono oggi), per motivi diversi avevano deciso di non presentare nessuna
immagine di Genova a Venezia, né nostra né della pattuglia dei cineasti
italiani capitanata da Citto Maselli, che fece poi un film deludente sul G8
e sul Social Forum, escludendo quasi del tutto gli scontri.
Perché? Paura, pressioni, una distanza un po’ morettistica dai televisivi,
un tentativo di non accettare provocazioni di alcun tipo? Boh!
Intanto cerchiamo di mandare in onda “Bella ciao” a metà settembre,
quando i ragazzi sono tornati a scuola. Ma dopo l’11 settembre
i fatti di Genova erano diventati impresentabili in tv. O, forse, la
nuova situazione politica non permetteva questa messa in onda.
A novembre, grazie a Steve Della Casa, allora direttore del Festival
di Torino, si mostrò per la prima volta Bella Ciao in una versione
lunga in video, alla presenza di Heidi e Giuliano Giuliani. Due proiezioni
strapiene, di grande intensità emotiva.
Intanto, con il cambio di direzione alla Rai, Saccà al posto di Cappon,
ogni speranza di mandare in onda Bella ciao era andato perduto,
e Freccero era sicuro di andarsene da Rai 2 entro la primavera.
L’ultima possibilità era Cannes.
Con l’aiuto di Italia Cinema, mandiamo un video ai selezionatori.
A Cannes non accettavano video, programmi tv, ma se Bella ciao fosse
stato trasformato un film in 35 mm, la cosa sarebbe stata possibile. Dobbiamo
però saperlo in tempo per organizzare la stampa, che ha un costo. E dobbiamo
farlo stampare prima che Carlo Freccero lasci la rete. Claire Clouzot,
allora responsabile de “La Semaine de la Critique” a Cannes ci
chiama e ci dice che il film aprirà la sua sezione. Grazie al suo fax,
con l’aiuto di Frederick Fasano, riesco a far stampare una copia del
film e la vedo il giorno prima dell’addio di Carlo alla direzione di
Rai Due.
E’ uno strazio, ma il film è pronto. Tutto regolare, aziendalmente. Bella
Ciao può andare a Cannes, ufficialmente distribuito da Rai
Trade e prodotto da Rai Due. Se Rai Cinema, ovvio, non si offre di distribuirlo
in sala, lo fa Domenico Procacci della Fandango. Non ce la farà, perché
trova in Rai un muro di cavilli che ne impediscono la diffusione e la
vendita, ma almeno lo presenterà in anteprima al Politecnico. E da
quel suo impegno, magari, nascerà poi il progetto di Diaz.
Il film viene presentato a Cannes nell’edizione del 2002 con grande
rumore. Prime pagine sui giornali (ricordo l’Aspesi su Repubblica),
fischi a Sgarbi, presente in sala, che rimprovera al film di essere di
parte (“non si sentono i genovesi…”). L’intero staff di Rai Cinema, che
presentava lìL’ora di religione di Bellocchio, ci evita accuratamente.
E un po’ anche il cinema italiano impegnato che, Procacci a parte,
non vede di buon occhio il fatto che dei televisivi facciano un film
e lo portino a Cannes.
Guai a far della politica, per carità. Inoltre, allora, un documentario
non aveva ancora il diritto di essere visto in un festival. Ci chiedono in
tanti di distribuire il film all’estero, di presentarlo in altri festival.
Ma il permesso ci viene sempre negato.
Dopo la Fandango anche la Teodora vuole distribuire il film. Ma la risposta
è sempre no.
Bella Ciao è un film scomodo su una storia ancora più scomoda, con immagini
che non devono essere viste, ma che in mille modi si vedranno e circoleranno
in rete o in mille altre proiezioni.
Ma le tre reti generaliste della Rai non lo manderanno mai in onda
come doveva andare.
Finirà alle tre e mezza di notte su Rai 3 il 29 luglio del 2006
con una presentazione poco simpatica di Ghezzi. Poi Santoro, ritornato
in Rai, deciderà di usarlo a pezzi dentro una puntata di “Anno Zero”
dedicata a Genova.
Infine Carlo Freccero, diventato presidente di Rai Sat lo manderà in
onda su Rai Sat Movie nel luglio del 2008.
Non era quello che volevamo.
Bella Ciao avrebbe dovuto essere un motivo d’orgoglio per la Rai, un programma
ideato e concepito da uomini dell’azienda, con operatori interni, talmente
forte che diventa un film e viene presentato a un festival come
Cannes e viene richiesto in tutto il mondo.
Non del materiale da rimontare a piacimento dentro altri programmi.
Ma un caso unico nel panorama televisivo e cinematografico italiano.
E tale è rimasto. Nel bene e nel male.
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