Juan Cole – 21 febbraio 2014 fonte http://znetitaly.altervista.org/
I problemi che l’Ucraina sta vivendo (e che ebbero anche la Russia e l’ex Jugoslavia) nella sua politica post-sovietica, con una lotta tra autoritarismo e democrazia e tra un orientamento a Mosca e uno a Bruxelles, sono molto simili alle difficoltà che hanno assalito molti paesi del mondo arabo negli ultimi pochi anni.
Mi colpisce che normalmente non parliamo di tali difficoltà come di quelle di “slavi” o del “mondo slavo”. In inglese tendiamo a parlare di Europa orientale, usando una denominazione geografica. Russi, ucraini e servi, bosniaci e croati, parlano tutti lingue “slave” e nei passati decenni non era in effetti insolito parlare di loro come di slavi. (In qualche misura lo fa ancora la stampa russa). Robert Vitalis, dell’Università della Pennsylvania, sostiene che le categorie razziali sono state centrali, non per caso, in molte analisi di scienza politica negli Stati Uniti nella prima metà del ventesimo secolo.
Ma oggi la maggior parte del giornalismo sull’Europa orientale è più sofisticato di così. Questoarticolo di Euronews analizza le divisioni dell’Ucraina in termini generazionali e regionali. Così, i giovani sotto in trent’anni sono prevalentemente a favore dell’Unione Europea, mentre i più anziani che ancora sono in grado di ricordare l’Unione Sovietica, guardano spesso a Mosca. Quelli nell’ovest del paese favoriscono l’Europa, quelli nell’est favoriscono la Russia.
Alcuni giornalisti scelgono un terzo approccio, guardando all’economia. Questo articolo dell’IBT identifica problemi chiave nell’economia ucraina, tra cui scarsi investimenti stranieri diretti, alta disoccupazione, specialmente tra i laureati, una settore dei servizi gonfiato, dipendenza da combustibili importati, ecc. (Poiché l’Ucraina riceve il suo gas naturale dalla Russia, ciò dà a Putin una leva su Kiev).
Un’altra tendenza nella stampa occidentale consiste nel mettere in primo piano l’identità religiosa e nell’immaginare che le persone in Medio Oriente agiscano in base a “odi secolari”. Ogni volta che noi storici abbiamo esaminato odi secolari, abbiamo scoperto che la maggior parte delle volte le persone convivevano bene da decenni. Le lotte economiche sono più importanti di quelle settarie in Siria, ma si sovrappongono in modi che rendono facile scambiare i marcatori religiosi di identità per quelli importanti, quando è la classe sociale che è in discussione.
Immaginare che i problemi dell’Egitto risalgano ai suoi sultani mammalucchi o ai suoi califfi islamici non è molto utile. E’ molto più rilevante osservare i modi in cui i suoi problemi sono comuni all’economia del mondo post-sovietico.
L’economia dell’Ucraina mi pare particolarmente simile a quella dell’Egitto. Entrambi i paesi hanno un passato socialista, anche se lo stato egiziano probabilmente ha assorbito solo metà dell’economia, mentre in Ucraina lo stato ne possedeva probabilmente il 95% nel periodo sovietico. Tuttavia entrambi hanno lottato in direzione di una maggior apertura dell’economia al mercato, con tutte le iniquità che il processo comporta. Entrambi hanno un’elevata disoccupazione, specialmente tra i giovani laureati. Entrambi dipendono dagli idrocarburi di stati stranieri (la Russia per l’Ucraina, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti per l’Egitto) i quei patroni percettori di rendita stanno spingendo in entrambi i casi politiche autoritarie perché sono minacciati dalla democrazia e non vogliono che essa si realizzi nei pressi perché altrimenti ci sarebbe il rischio che si estendesse a essi.
Una grande differenza è che l’Ucraina è in declino demografico, con pochi giovani che stanno crescendo e il pericolo di un rapido invecchiamento. L’Egitto, dopo la sua rivoluzione, è tornato ad alte percentuali di nascite.
Le analisi occidentali del Medio Oriente spesso s’incentrano sulla razza (chiedendosi implicitamente “che cosa c’è che non va con quegli arabi?”). Ma pochi oggi chiederebbero: “Che cosa c’è che non va con quegli slavi?”. Concentrarsi sugli aspetti razziali è sempreessenzialista e sempre sbagliato. Anche se ci sono differenze culturali e storiche tra i popoli che li fanno giocare giochi linguistici diversi, tali differenze non hanno nulla a che fare con tratti biologici o parentali.
La buona analisi sociale guarda alle differenze generazionali, a quelle geografiche, a problemi economici. Questi strumenti analitici sono non-essenzialisti, poiché le considerazioni implicate cambiano nel tempo e consentono a genti che hanno un linguaggio comune di differenziarsi, tuttavia, le une dalle altre per altri aspetti. Questa analisi evita la fallacia del carattere nazionale.
Non sto sostenendo che è necessario smetterla di parlare di arabi e del mondo arabo. Quest’ultimo ha un quadro istituzionale nella Lega Araba, che raggruppa 21 paesi prevalentemente di lingua araba più, per qualche strano motivo, la Somalia. Ma generalizzare a proposito degli “arabi”, come è tuttora comune nella stampa occidentale, significa rendere razziale una categoria linguistica. I marocchini e i kuwaitiani non hanno in realtà molto in comune, se non il loro uso dell’arabo. I loro dialetti parlati sono a malapena reciprocamente comprensibili. Il Kuwait è una piccola prospera città-stato prevalentemente urbana e istruita di 3,2 milioni di persone (un po’ più popolosa della Lituania). Il Marocco è ancora una società largamente rurale di 32 milioni con un tasso di analfabetismo ancora elevato, un po’ meno popolosa della Polonia. Le loro strutture sociale, economie ed ecologie sono completamente diverse. Non sono la stessa “razza”.
Non ci sono comunque “razze” nel senso romantico del diciannovesimo secolo, di un gruppo di appartenenza relativamente non mischiato con un insieme di tratti caratteriali condivisi e una lunga residenza in un particolare territorio. In realtà tutti i gruppi umani sono estesamente mescolati gli uni con gli altri e i gruppi si sono mossi parecchio.
Perciò paragonare l’Egitto all’Ucraina può essere più utile che paragonare l’Egitto alla Tunisia, e ovviamente gli ultimi due non hanno avuto risultati politici simili.
In modo interessante, sia i dimostranti ucraini sia quelli egiziani parlano di scendere nelle pubbliche piazze usando lo stesso termine, “maidan”. Perché la piazza di Kiev è definita un “maidan”? Probabilmente perché la città fu parte del regno dell’Orda d’Oro mongola, che sotto gli uzbechi adottò l’islam nel 1300, assimilando alcuni termini arabi e persiani. Il mondo è più piccolo di quel che sembra.
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