Vorremmo ragionare con calma, riflettere attentamente, senza posizioni precostituite da difendere né eroismi radicali da rivendicare, sulla presa di posizione ufficiale della segreteria romana di Sel dopo l’azione ai gruppi consiliari di PD e SEL di ieri. Vorremmo ragionare con calma, ripetiamo, soprattutto perché con alcune persone che stanno dentro quel partito, che ancora definiamo “compagni” nonostante tutto (ed è un “nonostante tutto” grande come una casa: crediamo converranno con noi che non si può essere governanti della città all’interno di una giunta come quella Marino, alleati del PD, fautori di un’operazione politica post e anti comunista, ecc, e stare dalla stessa parte di chi prova ad organizzare – nel suo piccolo – le forze del lavoro in una prospettiva rivoluzionaria), abbiamo vissuto molti anni nelle strade, nei centri sociali, nelle lotte di questa città. Evitiamo di personalizzare la polemica, il problema è politico e collettivo, non di questo o quell’esponente del partito vendoliano, quello si “partito” personale e leaderistico.
Ieri, ripetiamo, insieme a tutta la sinistra antagonista romana, quella stessa sinistra di classe che porta avanti le lotte sociali e politiche della città, abbiamo deciso di portare la nostra rabbia politica contro i mandanti degli sgomberi dell’altro ieri, e più in generale responsabili dell’attuale, concreto, effettivo, modello di sviluppo europeo. Anche, soprattutto, in vista della campagna contro Unione Europea e il suo squallido teatrino elettorale che si appresta ad invadere i media mainstream. Una contestazione dura, e come ogni contestazione ha vissuto i suoi momenti imprevisti, mal gestiti e via dicendo. Ovviamente non c’è nulla di cui scusarsi. Diversi compagni all’ospedale, identificazioni di massa, sgomberi violenti senza alcuna mediazione politica, e potremmo continuare scendendo sempre più nel particolare o, viceversa, allargando verso il generale, stanno lì evidenti a dimostrare chi sono gli aggrediti e chi gli aggressori. Mentre assessori, consiglieri ed esponenti del partito di SEL si davano alla macchia, noi eravamo sui tetti di quei palazzi a lottare contro avversari purtroppo molto più forti di noi. Il minimo che potevamo fare era un’analisi complessiva della situazione, un’analisi politica che chiamasse in causa il principale responsabile dell’attuale situazione socio-economica del paese. E i suoi alleati, purtroppo per loro, portano in dote la responsabilità politica di qualsiasi cosa faccia il partito asse del sistema istituzionale italiano. Se ciò che temete è un allargamento della prospettiva, bene noi lavoriamo proprio in questa direzione: non esiste politica locale, esiste una direzione generale nella quale si lavora, anche nel proprio piccolo.
La cosa che fa più rabbia, in questi casi, è la facile previsione del diverso comportamento che avrebbe avuto SEL se fossimo stati nell’imminenza della tornata elettorale. Sempre la solita trita dinamica: quando occorre mostrarsi per racimolare voti, ogni esponente di SEL si trasforma nel paladino dei movimenti, più duro dei duri, più antagonista degli antagonisti; quando per le elezioni c’è ancora tempo, si rispolverano i comodi abiti salottieri della sinistra che inaugura fontanelle e recinti per cani mentre tutto il mondo che li circonda viene giù in fiamme (ma evidentemente il nostro mondo e il loro non sono comunicanti).
Bene, fatta questa premessa, è necessario prendere atto delle parole espresse da alcuni esponenti del partito vendoliano. Hanno definito “squadristi” compagni che portano avanti, a Roma e non solo, la lotta per la casa; precari e studenti giustamente incazzati che di fronte alla ritirata politica delle classi subalterne decidono comunque di organizzarsi e lottare; ma soprattutto, hanno definito “squadristi” buona parte dei militanti politici della città, quegli stessi che poi vengono esaltati o coccolati quando si avvicina il momento di contarsi nelle urne, quegli stessi compagni che da anni formano il muro al dilagare della violenza neofascista in città, quegli stessi compagni che hanno visto morire tra le loro braccia compagni accoltellati dagli squadristi, quelli veri. Se si pretende ancora di far parte di una determinata cornice politica, bisognerebbe avere la capacità di pesare le parole che si pronunciano, perché mentre per qualcuno sono solo un moto ideale fatto di libri e di riferimenti storici, per qualcun altro (quelli che erano presenti ieri alla contestazione, ma non solo ovviamente) quelle parole sono il senso concreto della quotidianità. Noi la parola squadrismo la subiamo nelle strade, non dalle dichiarazioni sui media.
C’è però un’altra cosa che salta agli occhi del delirante comunicato, e cioè il triste tentativo di dividere i buoni dai cattivi, il movimento compatibile da quello incompatibile, i compagni presentabili da quelli impresentabili. Sapendo benissimo – ed è qui la tristezza infinita dell’operazione criminalizzante – che ieri c’erano proprio quei compagni che poi ci si vanta di frequentare quando si arriverà, fra un mese, a richiederci il voto con la penosa operazione intellettualistica della lista Tsipras. Essendo ben consci, i vari “intellettuali” di partito, che operazioni del genere favoriscono la repressione meglio di qualsiasi indagine della digos. Gli esponenti di SEL vogliono dunque le denunce e il carcere per i compagni presenti ieri? Vogliono partecipare all’ondata repressiva, contribuire agli arresti, stare dunque anche soggettivamente dalla parte del nemico di classe (oltre che oggettivamente, sia detto chiaramente)? Se questo è quello che vogliono, confermassero quelle assurde prese di posizioni filo-repressive. Altrimenti dicessero apertamente che ciò che è avvenuto ieri rientra nella dura dialettica politica, pertanto da risolvere politicamente e non con l’aiuto di polizia e magistratura. Lasciassero la parte del questore a PD e affini, e affrontassero politicamente quei nodi che si stanno stringendo attorno a un tentativo politico evidentemente fallimentare.
Per quanto ci riguarda, siamo contenti di constatare che da ieri il fossato apertosi tra sinistra di classe e riformismo liberale si sia allargato a dismisura. E che si sia fatto un ulteriore passo in avanti verso la definizione del principale responsabile politico dei nostri tempi, che non può essere in alcun modo oggetto di alleanze ma solo foriero di contraddizioni. Se una volta avremmo definito il contrasto tra SEL e avanguardie sociali e politiche una tipica contraddizione in seno al popolo, da tempo questa ha preso le forme della contraddizione tra il popolo e i suoi avversari. Forse è il caso che i “compagni” di SEL riflettano su queste parole.
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