Finalmente abbiamo scoperto chi intralcia le riforme, chi si mette di
traverso alla modernizzazione ormai irreversibile della forma istituzionale dello Stato. Sono i professori. Quei vecchi
tromboni alla Rodotà, alla Zagrebelsky, alla Carlassara, con la fissa dell’equilibrio
dei poteri, ma soprattutto con l’ossessione della rappresentanza e della
partecipazione. Per farla breve son quei dinosauri che si battono per i diritti sanciti nella
Costituzione.
Questa fondamentale
scoperta è stata fatta pochi giorni fà dalla ministra per le riforme costituzionali
e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. A dire il vero un po’ mi sento gratificato ad
essere apostrofato con l’immeritato appellativo di “Professore”. Infatti se per l’onorevole Boschi sono stati i professori a bloccare le riforme
Costituzionali ebbene il sottoscritto era fra quei 15 milioni e ottocentomila individui che nel 2006 hanno
votato contro la Riforma Costituzionale partorita delle illuminate menti dei
caciottari di Lorenzago. Eravamo evidentemente tutti professori.
D’altra parte essere in compagnia, all’interno
di questo esclusivo club accademico, con colui che fece fallire le riforme proposte
dalla bicamerale di D’Alema e della successiva bozza Violante, cioè Silvio
Berlusconi (non propriamente un professore), non è che sia molto gratificante. Il dubbio sorge spontaneo: o l’onorevole
ministro Boschi ha un concetto molto allargato del concetto di professore, o ha la memoria corta. Più probabile è questa seconda ipotesi.
Una che ha la memoria corta però, e pretende di riformare la Costituzione
dovrebbe studiare un po’. Quella
Costituzione che si intende riformare, scippando ai cittadini la prerogativa di
votare i Senatori e i consiglieri provinciali, nel nome di un risparmio di
denari che è populistico e tutto da dimostrare,
è stata scritta da dei signori , che hanno rischiato la vita, hanno
patito nelle carceri fasciste, hanno sacrificato ogni secondo della loro
esistenza all’impegno politico e
sociale.
I sopracitati signori sono
stati eletti , con il preciso scopo di scrivere la Costituzione, da un popolo composto
per lo più da partigiani, da gente che aveva lottato e sofferto per un mondo di
libertà. Non a caso la nostra
Costituzione è un esempio impeccabile di equilibrio fra i diritti e il dovere di ciascuno di rispettare i diritti di tutti. Come si
permettono questi sedicenti giovani renziani , con tutto il rispetto per i giovani, dalla
memoria corta, di disquisire su certe materie che per lo più ignorano.
Che ne
sanno costoro di come si attacca un
volantino, di come si organizzano manifestazioni. Come si permette questa gente imboscata nelle
segreterie locali, da cui ha spiccato il
volo verso alti lidi attaccata al carro
dell’imbonitore di turno , di esprimere certi giudizi? Non facciamoci imbrogliare da questi giovani
ciarlatani.
Il percorso non è nuovo. E’ il solito vecchio e odioso piano atto a disinnescare la partecipazione
politica sancita nella Costituzione. Una
legge elettorale che mortifica la partecipazione, l’alienazione del diritto di votare organi
istituzionali intermedi di prossimità territoriale e di eleggere i senatori,
lasciando tutto in mano a sindaci e governatori è un ulteriore strappo alle
prerogative democratiche e al perseguimento di quanto era sancito nei patti
pidduisti.
Già perché tutto ciò non è affatto nuovo, è il vecchio piano partorito dalla triste compagnia di Licio Gelli.
Noi che la memoria ce l’abbiamo quel piano non l’abbiamo dimenticato.
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