Nelle ultime settimane si sono susseguite
numerose e radicali mobilitazioni in diverse nazioni della cosiddetta zona Euro.
In particolar modo, i Paesi maggiormente interessati da queste fiammate sono
stati la Grecia, il Portogallo e la Spagna. Cercheremo, nelle righe che
seguiranno, di imbastire un approccio di ordine generale che ci consenta di
affrontare la questione nella sua unitarietà.
Grecia:
avanguardia d'Europa
Già, perché di unitarietà della situazione
economica complessiva deve parlarsi, nella misura in cui questa pesantissima
crisi sta attraversando, con intensità diverse, tutto il continente europeo.
In Grecia, da ormai due anni si susseguono
manifestazioni oceaniche contro le inique imposizioni della Troika (Bce, Fmi ed
Ue), accettate dai diversi esecutivi ellenici. Le masse popolari greche hanno
ben compreso, molto più delle burocrazie dei partiti di sinistra (Siryza e Kke),
che il capitalismo in quanto sistema economico e di potere politico, non può
essere riformato. Le crisi che questo sistema ci costringe a subire non sono,
come già Marx scrisse più di centosessanta anni fa, di sottoproduzione ma, al
contrario, di sovrapproduzione. Dunque si assiste alla contraddizione per cui,
di fronte ad un sistema produttivo sostanzialmente attivo, vi sono milioni di
lavoratori non più in grado di acquistare la merce prodotta od addirittura
inoccupati. Strangolati come sono dalla disoccupazione galoppante, dall'aumento
dell'imposizione fiscale imposta dai governi borghesi, dallo smantellamento dei
loro diritti acquisiti, alle masse lavoratrici, europee ma non solo, non resta
altro che porsi in netta contrapposizione con le istituzioni pubbliche su cui
l'attuale sistema si sorregge. Da qui l'assalto al parlamento in Grecia (ma
anche, come vedremo, in Portogallo), alle sedi delle banche, ecc.
In questa fase entra in gioco il ruolo
controrivoluzionario giocato da dannosi rottami politici, come ad esempio, la
burocrazia del Kke che, come noto, ha rivendicato la propria azione di difesa
del parlamento di servi del capitale finanziario contro la giustificata e
genuina rabbia di classe dei manifestanti.
Giornata cruciale per la Grecia è stata quella di ieri, 18 ottobre, in cui il Paese è stato letteralmente paralizzato dallo sciopero generale. Durante la manifestazione, si sono susseguite diverse fasi di scontro contro la polizia, mandata in gran numero a militarizzare Piazza Syntagma, in cui ha perso la vita, per un infarto, un manifestante. Un'ulteriore dimostrazione di quale sia l'idea di democrazia che intendono elargire i padroni ed i loro governi. Repressione, arresti in massa, feriti e morti sono quello che quest'ordine economico-sociale è capace di offrire come risposta rispetto alle sacrosante rivendicazioni delle masse popolari.
Giornata cruciale per la Grecia è stata quella di ieri, 18 ottobre, in cui il Paese è stato letteralmente paralizzato dallo sciopero generale. Durante la manifestazione, si sono susseguite diverse fasi di scontro contro la polizia, mandata in gran numero a militarizzare Piazza Syntagma, in cui ha perso la vita, per un infarto, un manifestante. Un'ulteriore dimostrazione di quale sia l'idea di democrazia che intendono elargire i padroni ed i loro governi. Repressione, arresti in massa, feriti e morti sono quello che quest'ordine economico-sociale è capace di offrire come risposta rispetto alle sacrosante rivendicazioni delle masse popolari.
I motivi dello sciopero generale greco sono
sostanzialmente gli stessi da diversi mesi, con la protesta che si fa sempre più
accesa nei confronti del pacchetto di austerità (tagli degli stipendi, dei
servizi pubblici essenziali, cancellazione di diritti acquisiti, licenziamenti
in massa nel settore pubblico) richiesto dai creditori della Grecia in cambio
della tranche di aiuti da 31,5 miliardi di euro. Dunque, come sempre
capita, a pagare la crisi provocata dal capitale finanziario e dall'ingordigia
dei pescecani capitalisti, sono in primo luogo i lavoratori e i giovani
proletari. Ma non solo loro sono colpiti dal grande capitale. Per questo allo
sciopero di ieri (il quarto dall’inizio dell’anno) hanno aderito anche i liberi
professionisti, i commercianti, i medici ospedalieri, i dipendenti delle banche
e degli enti previdenziali, gli impiegati nelle imprese a partecipazione statale
e i marittimi. Quindi anche i traghetti da e per le isole sono restati
all’ancora nei porti. I mezzi di trasporto pubblici sono rimasti fermi per
tutta la giornata ad eccezione dei treni urbani che hanno prestato servizio
regolarmente dopo le 09:00 sino alle 21:00 per facilitare gli spostamenti di
coloro che hanno partecipato alle manifestazioni. Anche i controllori di volo si
sono astenuti dal lavoro per tre ore e dalle 10:00 alle 13:00.
Portogallo: le più grandi manifestazioni dalla rivoluzione "dei garofani"
In Portogallo, il 15 ottobre è stato un
giorno molto caldo. Il parlamento lusitano, infatti, ha presentato la legge di
bilancio per il 2013, che prevede 1 miliardo di euro di tagli alla spesa, 1,3
miliardi di riduzione delle prestazioni sociali e il licenziamento del 2% dei
dipendenti pubblici. Un'articolazione dell'intervento pubblico perfettamente
allineata alle politiche di macelleria sociale imposte dai governi di tutta
l'Europa, che apre anche in Portogallo la terza stagione di crescente
disoccupazione e dilagante recessione economica. Già dal tardo pomeriggio del 15
ottobre, diverse persone si sono radunate sotto il parlamento per invocare con
forza le dimissioni di un governo impegnato a far pagare la crisi economica alla
stragrande maggioranza delle masse popolari, che questa situazione non hanno
contribuito a crearla.
I nostri compagni del Mas, sezione portoghese della Lit, hanno attivamente partecipato alla mobilitazione e chiamano le masse popolari a partecipare alle prossime scadenze di lotta, prima fra tutte, quella del 31 ottobre, in occasione della visita della Merkel in Portogallo.
I nostri compagni del Mas, sezione portoghese della Lit, hanno attivamente partecipato alla mobilitazione e chiamano le masse popolari a partecipare alle prossime scadenze di lotta, prima fra tutte, quella del 31 ottobre, in occasione della visita della Merkel in Portogallo.
Spagna: un'ascesa impressionanteIn Spagna, la grande manifestazione del 26 settembre ha rappresentato un importante momento di ripresa delle lotte verso una fase ascendente. Diverse di migliaia di persone hanno circondato il parlamento scontrandosi apertamente con le forse repressive mandate da Rajoy. Questa radicalità fa il paio con l'avanzamento delle parole d'ordine della gran parte del movimento sceso in piazza. L'opposizione alle politiche di austerity, il rifiuto del pagamento del debito pubblico, la lotta contro i licenziamenti e l'aggravio fiscale imposto dal governo Rajoy rappresentano dei passi in avanti rispetto all'iniziale piattaforma del movimento degli Indignados, quando si chiedeva sostanzialmente una maggiore democrazia. Ora la gran parte delle masse è disponibile a mettere in discussione l'intero sistema capitalistico, e non solo le sue propaggini politiche, comprendendo come tra i due fattori vi sia un inscindibile nesso di dipendenza, con il sistema politico dominante che ha una funzione di vassallaggio vero e proprio rispetto ai potentati economici nazionali ed internazionali.
Importante è anche in Spagna il ruolo del partito della
Lit-Quarta Internazionale: Corriente Roja, alla testa di diverse manifestazioni
di queste settimane. Conferma che la costruzione delle lotte e la costruzione
del partito rivoluzionario non sono due processi separati ma, al contrario,
possono marciare solo congiuntamente: la radicalità e l'organizzazione delle
lotte necessitano di un partito; il partito può crescere solo nel vivo delle
lotte.
Certo la risoluzione della crisi di direzione del
proletariato è lungi dall'essere risolta. Ma è evidente che in Spagna e
Portogallo la questione è posta e le sezioni della Lit, coordinate con le altre
sezioni europee, stanno giocando un ruolo di primo piano.
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