Riflessioni di
Loretta Pistilli, Associazione Culturale Gruppo Logos
In occasione del
26 ottobre 2012, centenario della fondazione della BPD.
Tutte le scienze che hanno per
oggetto l'uomo, tanto quelle fisiche quanto quelle dello spirito, hanno da
sempre cercato di capire e di spiegare le cause della guerra. Ciò ha prodotto un
tale florilegio di teorie esprimenti ciascuna il proprio dogma esclusivo, che
si è finito per ammettere l'impossibilità di pronunciare sulla guerra una parola
esaustiva e definitiva.
Col che s'intende affermare la
dimensione costitutiva del linguaggio stesso di un discorso sempre aperto sulla
guerra, sebbene continuamente ridefinito alla luce dell'accadere storico.
Occorre parlare ancora e ancora, malgrado il rischio, incombente ad ogni
istante, di rimanere invischiati in una coazione a ripetere parole ormai rese
inadeguate e insoddisfacenti da un uso troppo spregiudicato. Occorre parlare
ancora e ancora, per esprimere la nostra rivolta contro una retorica della
guerra fatta di gesti plateali, che liquida in modo tanto sbrigativo il problema
dell'uomo come costruttore di guerre. Una retorica delle corone di alloro e
delle cerimonie pomposamente allestite a tutto vantaggio di un pensiero unico,
che declina la guerra come giusta e i morti come effetti collaterali. Di fronte
a questa violenza del pensiero dominante, il processo di neutralizzazione della
menzogna
realizzabile mediante un discorso altro, non riconducibile alla cultura ufficiale e nella quale siamo immersi, diventa indispensabile per la nascita di un nuovo paradigma, in cui soltanto si annuncia la verità fondamentale così come la sperimenta chi subisce la guerra: la certezza della morte. Nel villaggio globale, esplodono conflitti del tutto inediti rispetto al passato, conflitti di tipo etnico, religioso, economico, legittimati da un potere autoreferenziale, che spesso interviene con azioni di polizia internazionale in difesa dei "diritti umani" mai casualmente coincidenti con gli interessi del potere medesimo.
realizzabile mediante un discorso altro, non riconducibile alla cultura ufficiale e nella quale siamo immersi, diventa indispensabile per la nascita di un nuovo paradigma, in cui soltanto si annuncia la verità fondamentale così come la sperimenta chi subisce la guerra: la certezza della morte. Nel villaggio globale, esplodono conflitti del tutto inediti rispetto al passato, conflitti di tipo etnico, religioso, economico, legittimati da un potere autoreferenziale, che spesso interviene con azioni di polizia internazionale in difesa dei "diritti umani" mai casualmente coincidenti con gli interessi del potere medesimo.
A fronte di tutto questo, il
pensiero sulla guerra non può prescindere dalla dimensione dell'etica, che,
coniugandosi con quella della politica, può mettere in atto un salutare processo
di rinnovamento della prassi democratica, nonché di smascheramento dell'agire
politico privo di tensione ideale e pago solo degli allori e delle parole
altisonanti.
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