Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 14 ottobre 2013

16 ottobre 1968. Pugni chiusi contro il razzismo al potere.

Testo di Pasquale Coccia, tratto da Alias del 12 ottobre.  Video clip a cura di Luciano Granieri

L’idea di boicottare le Olimpiadi di Città del Messico  del 1968 venne ai dirigenti delle Pantere Nere organizzazione politica che negli Stati Uniti si batteva contro le discriminazioni  razziai e rivendicava il black power.La proposta fu avanzata da Edwards, dirigente delle Pantere Nere, ex discobolo e giocatore di basket, professore di sociologia all’università di San Josè in California.  Tutto era iniziato due anni prima delle  olimpiadi, quando nel campionato universitario di pallacanestro,  durante l’incontro fra la squadra Texas Western di El Paso e quella di Kentuky,  l’allenatore  Donald Lee Haskins schierò ben 7 afroamericani  su 12 giocatori, a disposizione. Fu uno scandalo. Fino ad allora i giocatori afro schierati in una partita di basket erano al massimo due e venivano impiegati sul terreno di gioco solo per pochi minuti nell’arco della partita. Haskins, un allenatore bianco privo di pregiudizi rasentò la provocazione, quando di lì a qualche settimana, proprio nella finale di campionato universitario schierò nel quintetto base solo giocatori neri. Per le autorità universitarie aveva  abbondantemente superato i limiti, e il rettore provvide a sciogliere la squadra di basket. Fu a seguito di quell’evento che Edwards propose di boicottare l’incontro di football americano tra la squadra della sua università e quella della Texas Western, proposta che ebbe un tale consenso da indurre il rettore della San Josè University ad annullare il match.  In seguito a quell’esperienza Edwards organizzò un incontro tra gli atleti afroamericani  di alto livello agonistico per valutare la possibilità di boicottare le Olimpiadi del ’68 di Città del Messico. A quell’incontro, svoltosi a Newmark, che faceva seguito ai disordini razziali accaduti nell’estate del ’67 parteciparono atleti neri di 42 città Usa e tra loro i velocisti  Tommie Smith , una sorta di Bolt di quei tempi, Carlos Evans, tutte figure di primo piano  dell’ atletica  nera americana. Pochi mesi prima delle olimpiadi di Città del Messico, un sondaggio pubblicato dalla rivista Life riportava che la gran parte degli atleti neri  che avrebbero preso parte alle olimpiadi erano a favore del boicottaggio.  All’inizio di luglio, anche il reverendo Jesse Jackson si dichiarò favorevole al boicottaggio. Ecco quanto dichiarò Tommie Smith, tra i più attivi per il boicottaggio, a una rivista specializzata di  atletica: “Ci sono state marce, proteste e altre manifestazioni per le condizioni dei neri in America. Non credo che questo boicottaggio possa risolvere il problema, ma penso che la gente saprà che noi non abbiamo  più intenzione  di lasciare le cose come stanno .  Il nostro obbiettivo di atleti non è quello di migliorare la nostra condizione personale, ma quella di tutta la nostra gente. Dovete considerare il boicottaggio come un passo su questa via. Non staremo ad aspettare che  i banchi escogitino qualcos’altro contro di noi. Ho lavorato molto a lungo per le Olimpiadi e mi dispiace che non se ne faccia più niente, ma penso che il boicottaggio sia una buna cosa e vale la pena sostenerlo”. In un incontro tenutosi a luglio ’68 tra gli atleti afroamericani selezionati  per le olimpiadi, il fronte a favore del boicottaggio uscì minoritario, appena 12 atleti si dichiararono a favore e 24 contrari. Per non creare divisioni e salvaguardare l’unità politica, Tommie Smith e altri accettarono l verdetto e unitariamente decisero di portare alle Olimpiadi una fascia nera sul braccio per ricordare le discriminazioni razziali, successivamente sostituita  da un distintivo con la scritta “Programma olimpico dei diritti umani”. Il 16 ottobre 1968 Tommie Smith, detto Jet, e John Carlos corsero i 200 metri  e si classificarono al primo  e al terzo posto.  Sul podio con la medaglia al collo, mentre le note  diffondevano l’inno americano alzarono il pugno chiuso e chinarono il capo. Entrambi infilarono il pugno  in un guanto nero, prima di alzarlo al cielo. Quel guanto nero non era il simbolo  delle Pantere Nere, come in tanti ancora oggi ritengono, ma fu messo per non sporcarsi le mani in vista  della premiazione, un gesto sprezzante nei  confronti del presidente del Comitato internazionale olimpico Avery Brundage , che sosteneva apertamente la presenza nel Cio della Rhodesia e del Sudafrica, due nazioni razziste che non consentivano agli atleti neri di gareggiare  nei  loro paesi . Inoltre Avery Brundage  aveva  ignorato il massacro  degli studenti universitari messicani, due settimane  prima in Piazza delle Tre Culture, i quali protestavano contro lo spreco di denaro per le olimpiadi e rivendicavano migliori  condizioni di vita. Quella di Tommie Smith e John Carlos sul podio olimpico  con il pugno chiuso e la testa china rappresenta una delle icone simbolo  del ‘900. Il gesto dei due velocisti ebbe una vasta eco in tutto il mondo e sortì un effetto di gran lunga maggiore  rispetto agli esiti che avrebbe avuto il boicottaggio olimpico. Le due Pantere Nere pagarono a caro prezzo il loro gesto. Il giorno successivo furono rimpatriati ed estromessi dalla squadra olimpica. Tommie Smith dovette aspettare 10 anni prima di trovare un lavoro come istruttore di atletica in un college americano . John Carlos non ebbe la forza di resistere e di lì a qualche anno si suicidò.



Brano:  Free.
Ornette Coleman : Sax Alto
Don Cherry: Pocket Trumpet
Charile Haden : Contrabbasso
Billy Higghins: Battteria
Il  brano che   si ascolta nella video clip è  il manifesto del Free Jazz.  Lo stile jazzistico che accompagnò la stagione delle Pantere Nere, del “Black Power”. Ornette Coleman e Don Cherry furono due dei maggiori esponenti di questo stile.  Cosa  fu, allora, cosa volle essere il free jazz?  E’ Archie Shepp, uno dei maggiori esponenti  di questa nuova cosa “New Thing” a dircelo: “…è finita per i figli ei bianchi : non balleranno più con la musica del pagliaccio nero. E’ finita con i battelli del Mississippi e l sale da ballo di Chicago o di Manhattan, con lo sfruttamento, con alcool, con la fame, con la morte….i figli del  battelliere e dell’emigrante hanno valicato i confini folkloristici dal jazz…”



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