Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 26 luglio 2014

Una storia straordinaria in un luogo straordinario che stà per sparire

Luciano Granieri

Io e il mio amico Andrea Zanchi, maestro di tennis per sbarcare il lunario, ma pianista di jazz dalle eccellenti ambizioni, passavamo interi pomeriggi a suonare  nella sala teatro    all’interno dello studentato  universitario di  Via Spinola vicino alla Garbatella. Un  pianoforte a mezza coda non del tutto messo male, e una batteria approssimativa,  erano gli strumenti dove io (come schiatta pelli)  e Andrea (al piano) provavamo   standards jazzistici cercando di ispirarci alle performance del trio di Keith Jarret con Jack De Johnnette alla batteria e Gary Peacock al contrabbasso. Ovviamente da noi non c’era il contrabbasso, ma con buona volontà e applicazione, fra un glissato, una spazzolata qua e là, andavamo avanti ad improvvisare su “Stella by Starlight””, “All the Thigs you are”  e altri pezzi. 

Andrea era amico di Enrico Pieranunzi, uno pianista jazz di fama internazionale. Spesso prendeva lezioni da lui. Dopo aver suonato rimanevamo seduti nel giardino della casa dello studente a parlare  della necessità di trovare un contrabbassista, ma anche di tante altre cose inerenti la  nostra musica preferita. Fantasticavamo sulla possibilità un giorno di esibirci nei jazz club e nei festival estivi. Fantasie appunto, perché non ci sentivamo in grado di affrontare il pubblico, per di più senza contrabbassista. 

Una sera dopo aver suonato  di buona lena, Andrea mi invitò  ad un concerto di Enrico Pieranunzi . Non era la prima volta che assistevo ad una esibizione del pianista romano, ma in quella occasione particolare, grazie ad Andrea, avrei potuto conoscerlo.  La performance si sarebbe svolta all’Alexanderplatz. Un nuovo locale sito nel quartiere Prati a due passi dal Vaticano.  Non ero  mai stato all’Alexanderplatz, ero assiduo frequentatore del Music Inn, ma in quel nuovo jazz club non c’ero mai capitato.

 Con la Renault 4 di Andrea arriviamo un po’ troppo presto. Assistemmo  alla titanica impresa di Riccardo Del Fra impegnato a tirare fuori il contrabbasso da una vecchia station wagon. Gli demmo  una mano. Il locale non era grande ma molto accogliente. Mentre aspettavamo l’arrivo di Enrico, buttammo un’occhiata in giro. Era veramente un bel posto. Sobrio con il pavimento a scacchi, un arco che sovrastava il palco, tavoli e sedie in legno brunito a formare un’atmosfera calda e accogliente.  Siamo a metà degli anni ’80 il jazz italiano era in piena espansione e Roma stava diventando la capitale europea della musica afroamericana. Un locale come l’Alexanderplatz, avrebbe certamente contribuito ad arricchire la fama della Città eterna  come grande punto d’incontro dei grandi maestri del jazz mondiale.  

Arrivò  Enrico, insieme a Roberto Gatto, uno dei più grandi batteristi italiani in circolazione. A  questo punto  si capisce quale sarebbe stata la formazione che avrebbe accompagnato Pieranunzi quella sera, ma per chi non è addentro alle cose jazzistiche la ricordiamo. Suonavano Enrico Pieranunzi al pianoforte, Riccardo Del Fra al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria. Andrea mi presentò Enrico, ci parlò degli studi che stava facendo su Bill Evans, scherzammo con lui sulle nostre velleità di jazzisti in erba. 

Iniziò il concerto. Un set straordinario,  Mentre Riccardo Del Fra era impegnato in un assolo vedo che Enrico chiama Andrea. I due parlano fitto. Alla fine il maestro di tennis , con la faccia stralunata si avvicina e mi fa. “Enrico vuole che andiamo a suonare”. “Dove quando?” chiedo io. “ Nella pausa fra la prima e la seconda parte del concerto” è la risposta. “Che suoniamo, come suoniamo……” mentre balbetto queste parole incredulo Andrea aggiunge che Riccardo si unirà a noi con il Contrabbasso. 

Insomma alla fine ci facemmo coraggio salimmo sul palco. Suonammo “God Bless the Child” in una versione tendente al funky, così come proposto dal trio Jarrett, De Johnnette, Peacock  nel disco “Standards Vol.1. Ci facemmo prendere la mano e grazie al robusto contributo di Del Fra  ci divertimmo ad improvvisare  anche su “All Blues”  venne fuori una buona prestazione, per lo meno il pubblico parve gradire, ma soprattutto Enrico, Roberto e Riccardo ci fecero i complimenti.   Vivemmo il nostro quarto d’ora di gloria. Non so per Andrea, ma per me fu uno dei quarti d’ora più belli della   vita. 

Questa storia, inventata ma non troppo, fa parte di quelle storie  che possono nascere solo nel variegato mondo del jazz e in posti straordinari come l’Alexanderplatz.  l’Alexanderplatz, dopo aver ospitato musicisti del calibro di Chick Corea, Chet Baker, Billy Higgins, Michel Petrucciani, Michael Brecker,  e molti altri straordinari jazzisti, oggi sta per chiudere. L’8  luglio scorso è arrivato un avviso di sfratto per morosità.  20 mila euro fra affitti e bollette, impegni  che la famiglia Rubei, instancabile organizzatrice degli eventi, tutti portati avanti senza il minimo aiuto pubblico, non ce la fa più ad onorare. 

Per decenni  la passione di queste persone ha trasformato l’Alexnderplatz  nel più famoso jazz club della Capitale, dando lustro culturale alla città di Roma.  Ma se non si raccoglie la cifra necessaria entro il 28 luglio questo tempio del jazz, questa culla di sogni e di speranze è destinata a morire.  Non è un bel segnale se si affianca alla chiusura di musei e allo smantellamento di Cinecittà. E’ anzi il segno inequivocabile che la grande bellezza della Città eterna sfiorisce perdendo petalo dopo petalo.

 Eugenio Rubei proprietario del locale ha lanciato un appello a musicisti e appassionati per una raccolta fondi che raggiunga entro tre giorni la cifra richiesta per evitare lo sfratto . La risposta dei musicisti non si è fatta attendere. Hanno subito raccolto l’appello: Javier Girotto, Alfredo Paixao, Ada Montellanico, Marcio Rangel, Flavio Boltro, Nicola Angelucci, Antonello Salis, Ronnie Cuber, Ezio Stuardi e All Over Gospel Choir, Mauro Zazzarini e Fabio Mariani. Basterebbe un contributo minimo anche da parte del comune, degli aiuti per aprire una scuola di musica ad esempio. Ma il sindaco Marino è disposto ad aiutare musicisti e appassionati per far continuare a vivere questo tempio della cultura, questa fabbrica di sogni e creatività? Lo dobbiamo e lo vogliamo sperare.
                                                                                                                                                                           



La Costituzione strumento piegato al governo

Gaetano Azzariti. Fonte:Il manifesto.info

Povera Costi­tu­zione. Tra­sci­nata nel gorgo dei tec­ni­ci­smi parlamen­tari, sbal­lot­tata tra dik­tat e for­za­ture isti­tu­zio­nali, ogni equi­li­brio viene scon­volto. La costi­tu­zione – si dice – viene scritta in tempi sobri per­ché possa valere quando si è ubria­chi. Ma qui tutti appa­iono alco­liz­zati, facendo venir meno il senso del pro­prio agire. Alcuni – si dice dalle parti del governo — sareb­bero addi­rit­tura degli allu­ci­nati. Ma come si può pen­sare di cam­biare una Costi­tu­zione in que­sto clima? Basta riat­ti­vare la memo­ria per ren­dersi conto dello scarto tra ciò che sarebbe neces­sa­rio e ciò che è.
C’è qual­cuno che può imma­gi­nare Alcide De Gasperi o Pal­miro Togliatti in assem­blea costi­tuente che si con­fron­tano a norma di rego­la­mento, minac­ciando di con­tin­gen­tare i tempi («con­tin­gen­tare»: un’espressione inde­cente figlia di un tempo morto qual è il nostro). Biso­gne­rebbe lasciar discu­tere di Costi­tu­zione chi nella Costi­tu­zione crede. E qui non ci crede più nessuno.
La Costi­tu­zione sem­bra essere diven­tata solo uno stru­mento per imporre un’immagine e garan­tire una poli­tica di governo. Impo­sta al par­la­mento con la minac­cia del suo scio­gli­mento. Più della disci­plina di par­tito conta il timore di con­clu­dere anti­ci­pa­ta­mente la propria car­riera poli­tica. D’altronde il nuovo ceto diri­gente sta celer­mente pro­ce­dendo alla “rot­ta­ma­zione” (altro ter­mine inde­cente) della vec­chia e col­pe­vole casta. Non limi­tan­dosi ad epu­rare gli espo­nenti della poli­tica, ma un’intera classe diri­gente del Paese. Quel che non fu fatto da Togliatti dopo la guerra è ora rea­liz­zato dai nuovi gio­vani e arro­ganti governanti. In par­la­mento il ter­rore di essere messi da parte ha preso il sopravvento.
Così assi­stiamo ad una per­dita di dignità dell’istituzione par­la­men­tare. È stato rile­vato che – in fondo – i tempi di discus­sione sono stati ampi. Ma la qua­lità del con­fronto? In un par­la­mento com­mis­sa­riato dal governo la discus­sione è dro­gata. Si pensi alla irragionevolezza di quanto è avve­nuto in com­mis­sione e al lavoro dei rela­tori. Dopo un ampio con­fronto, che aveva fatto emer­gere una larga mag­gio­ranza con­tra­ria al dise­gno di legge pre­sen­tato dal governo, s’è fatto finta di nulla e, rimosso qual­che inco­modo, s’è adot­tato come testo base pro­prio quello del governo, mino­ranza in com­mis­sione. Desi­gnati i rela­tori, poi, que­sti – su loro stessa espli­cita ammis­sione – hanno lavo­rato facendosi “vistare” dal governo tutti gli emen­da­menti e con­cor­dando con il mini­stro per le riforme ogni pas­sag­gio. Che fine ha fatto l’autonomia dell’istituzione par­la­men­tare e quella dei nostri rappresentanti?
Ora, in aula, l’arma dell’ostruzionismo appare una con­se­guenza ine­vi­ta­bile. Ma nella lotta tra bloc­chi con­trap­po­sti chi ne uscirà mal­con­cia sarà la Costi­tu­zione. Impo­sta dalla forza dei numeri, ma pri­vata di una legit­ti­ma­zione discorsiva.
Fer­ma­tevi, ver­rebbe da dire. Ritor­nate a par­larvi. Senza con­fronto non ci sarà riforma costi­tu­zio­nale, ma solo squi­li­brio, fol­lia, irri­fles­si­vità. Rin­fo­de­rate il revol­ver e tor­nate al con­fronto paci­fico, tor­nate in com­mis­sione sti­pu­lando un accordo: nes­suno alzi i toni e si dia tempo al tempo. Rifor­mare una Costi­tu­zione non è que­stione da poco, né fatto per­so­nale. Si tratta di defi­nire un “ordine nuovo” che si pro­ietti verso il futuro. Oltre gli attuali gover­nanti: oltre a Mat­teo Renzi e a Gior­gio Napo­li­tano, anche al di là di Sil­vio Berlusconi.
È stato sba­gliato legare la riforma al rilan­cio eco­no­mico (che opera su tutt’altro piano), alla con­clu­sione dell’attuale pre­si­denza delle Repub­blica (che riguarda una scelta del tutto per­so­nale di chi attual­mente rico­pre la carica), alla rile­git­ti­ma­zione di un poli­tico scon­fitto (e afflitto da vicende giu­di­zia­rie del tutto estra­nee). La Costi­tu­zione non è nella dispo­ni­bi­lità dei sin­goli lea­der. Solo se si com­prende che in gioco c’è un bene più alto delle pro­prie ambi­zioni per­so­nali o delle pur legit­time pro­spet­tive poli­ti­che si può cam­biare la Costi­tu­zione. Il punto dram­ma­tico di caduta è che oggi que­sta con­sa­pe­vo­lezza non c’è.


                       

venerdì 25 luglio 2014

Comunicato Banda Bassotti

Banda Bassotti



Roma 21/07/2014. Comunicato della Banda Bassotti.
La Banda Bassotti annuncia pubblicamente l'imminente partenza per la regione del Donbass (tra Russia e Ucraina) a sostegno della lotta dei ribelli filo russi.

Protest at CUFI Conference

Jewish Voice for Peace

July 21, 2014: As bombs rain on Gaza, Jews, Palestinians and others disrupt Israeli Ambassador's speech at the Christians United for Israel (CUFI) Conference.

Roma Trastevere e il Cinema America occupato

Nel tessuto urbano di centri  grandi e piccole, ma sopratutto nelle città d'arte, molti quartieri dei centri storici, hanno registrato lo svuotamento della popolazione locale a vantaggio dell'insediamento di ricchi speculatori. Il flagello della globalizzazione si abbatte finanche sulla cultura e sulla tradizioni che nascono dai quartieri e che costituiscono fondamento di un'identità culturale e sociale specifica di una città. Una identità formatasi nel tempo attraverso storie collettive, processi di integrazione e solidarietà. Nell'alveo di questa specificità sociale si inserivano forme di economia particolare, basata sull'artigianato e sulle produzioni tipiche. Il processo di evoluzione culturale passava attraverso luoghi simbolo, mitici: cinema, teatri, ma anche piazze o altri luoghi cardine dell'aggregazione popolare. Oggi tutta questa specificità culturale sedimentata in secoli, passata attraverso tragedie, come i vari conflitti succedutisi nel corso della storia,  viene distrutta, asfaltata da una logica speculative e privatistica che, prima ha cacciato pezzi di popolo con il loro patrimonio culturale, e poi si è insediata con l'unico scopo di realizzare profitto da ambienti urbani  unici. Ciò che è stato ricostruito sul deserto creato dalla devastazione speculativa, è un coacervo di centri di profitto. Attività commerciali, spesso appartenenti a grandi multinazionali,  quando non alla criminalità organizzata che ormai è a buon titolo inserita nel catalogo speculativo neoliberista,  tutte uguali, tutte orientate allo sfruttamento di luoghi e persone.Ciò è quanto accaduto a Trastevere. Ma come spesso succede  anche quando la sconfitta globale per il popolo sembra inesorabile c'è qualcuno che resiste. Sono resistenti deboli, spesso disorganizzati, ma che comunque costituiscono una speranza  per  la  riconquista di spazi culturale e sociali indebitamente espropriati alla collettività.  Il video che segue realizzato per l'archivio audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, è una testimonianza di questi focolai di resistenza.

Buona Visione.
Luciano Granieri.





Realizzato da Emanuele Redondi e Paolo Palermo
Musiche: David Redondi
Produzione: Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico
Si ringraziano per la gentile partecipazione: Basilio Pennetta, Massimiliano Iachini, Francesco Lomonaco e Samuele Marcucci (Cinema America Occupato)

giovedì 24 luglio 2014

La solitudine dei sindaci primi, o presunti tali

Luciano Granieri


Tempi duri per il decisionista sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani. L’altro ieri si è ritrovato solo a celebrare un’assise  comunale disertata  da molti consiglieri della sua maggioranza dopo la diaspora di  sodali   e cortigiani, dispersi  in gruppi e gruppuscoli del tipo:  "Frosinone nel Cuore", "Città nuove", "Città vecchie",  "Nuove realtà", "Cirillo nuovo", "Mansueto vecchio".  
Ad essi si aggiungano le vendette  dei pasdaran forza italioti facenti capo a Magliocchetti , con il presidente del consiglio comunale al seguito.    L’opposizione? Non ci risulta.  Alla triste solitudine dei sindaci primi, o presunti tali, concorre anche l’abbandono della Vice Sindaco, Nicoletta Anastasio,  letteralmente abbagliata dall’impianto di illuminazione del ristrutturando“Casalen Bridge ”. Uno sfolgorante sistema di luci, così potente che quando gioca il Frosinone in notturna, tutta la città, o si dota di candele,  o rimane al buio. Troppo grazia al calcio, secondo la ex vice sindaco, per una città dove i problemi sono altri e molto più gravi della campagna abbonamenti del Frosinone. 

Neanche gli affari urbanistici sembrano arridere al primo cittadino. La principale famiglia di grandi muratori della città, pronta a seppellire sotto migliaia di metri cubi di cemento un importante sito archeologico, sfinita dalle continue proteste delle associazioni cittadine, pare voglia passare la mano. Infatti  i riflettori accesi dalla questione archeologica, non consentono  come accade da sempre, la libera e arbitraria corresponsione degli oneri urbanistici da parte dei grandi costruttori. 

Cioè in mezzo a tutto sto’ casino che almeno gli oneri concessori vengano pagati puntualmente, non come al solito “a babbo morto” anzi mummificato. E questo ai padroni muratori non va giù.  Per cui per colpa di quei rompicoglioni fanatici dell’archeologia, rischia di saltare un bel milioncino di euro di concessione urbanistica a cui il sindaco aveva fatto la bocca. 

Da ultimo l’affair viadotto Biondi. Quella dannatissima collinetta in continuo ed inesorabile sfarinamento, non può sopportare altri carichi. Gravato della ferraglia inclinata, da ciò che resta del viadotto Biondi, dal cementizio cappuccio ormai disfatto maldestramente posto sulla sommità, fiaccato  dallo sversamento di chissà quanti scarichi fognari abusivi, il montarozzo non sopporterebbe neanche il peso di una piuma. 

Per cui l’idea di costruire un ponte mobile del tipo utilizzato dai militari, per ripristinare una via di comunicazione di fondamentale importanza  per la città, è rischiosa. Ma come sappiamo il sindaco Ottaviani una ne fa e cento ne pensa. Ecco pronta la soluzione. Un ponte poggiato su elenchi telefonici e realizzato con i pezzi dell’Ikea, potrebbe ovviare all’eccessivo peso. L’originale progetto è stato spiegato dal sindaco stesso al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.  Chissà che non possa funzionare?

Contro l'aggressione sionista!

dichiarazione del Segretariato Internazionale della Lit-Quarta Internazionale
Israele continua i suoi feroci attacchi contro la Striscia di Gaza, attraverso intensi e continui bombardamenti aerei. Allo stesso tempo, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato che non esclude un'invasione di terra del territorio palestinese [si tenga presente che il testo, che qui presentiamo tradotto, è stato scritto la settimana scorsa - ndt].
Israele mente dicendo che bombarda solo “obiettivi militari”. Gli attacchi hanno già provocato quasi 200 morti –in maggioranza civili– tra cui molti anziani, donne e bambini. Come uno specchio della realtà uno dei luoghi bombardati dall'aviazione è stato un bar in cui dei residenti palestinesi assistevano in tv alla partita di calcio tra Argentina e Olanda, dei Mondiali di calcio in Brasile.
I media occidentali e pro-imperialisti tentano di mostrare ciò che sta accadendo come il risultato di due popoli di religioni diverse (palestinesi ed ebrei) che “non si riconoscono” a vicenda e che, per questo, “non possono vivere in pace”. Ma la realtà buca questa cortina di fumo e le immagini e le informazioni dimostrano con assoluta chiarezza che il vero aggressore è lo Stato sionista e le sue forze militari, armate fino ai denti, contro un popolo che, a confronto, è praticamente disarmato.

Una lunga storia di usurpazioni e aggressioni
Per comprendere l'attuale “questione palestinese” è necessario vedere come è stato creato lo Stato di Israele nel 1948, e cosa significò la sua creazione per il popolo palestinese. Il sionismo, la corrente politico-ideologico che portò avanti la creazione del moderno Israele, giustificò le sue azioni con una grande falsificazione storica sostenendo: "in Israele si unirono 'un popolo senza terra' (quello ebraico) e 'una terra senza popolo' (la Palestina)". Con questa grande menzogna si sono giustificati i crudeli crimini commessi dal sionismo per “cancellare” il popolo palestinese dalla storia.
In un territorio ad assoluta maggioranza araba, durante i primi decenni del ventesimo secolo avevano cominciato a giungere gli immigrati ebrei europei, un processo questo incoraggiato dall'imperialismo (prima quello inglese e dopo quello statunitense). Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (1945), questo processo si è accentuato. Gli ebrei europei avevano sofferto un atroce genocidio da parte dei nazisti e il mondo era sconvolto da ciò. Questo giusto sentimento fu usato dall'imperialismo e dai sionisti a proprio vantaggio: chi avrebbe potuto opporsi alla creazione di uno Stato dove gli ebrei avrebbero potuto “vivere in pace” e “guarire le proprie ferite”?
Il controllo del Medio Oriente, detentore dei due terzi delle riserve mondiali di petrolio, aveva un valore strategico. Pertanto, gli Usa, oltre a contare sulle petro-monarchie alleate (come quella dell'Arabia Saudita), avevano bisogno di avere una “base propria”, un solido punto di appoggio per controllare la regione. Questo punto sarebbe stato lo Stato di Israele.
Ma nonostante l'aumento dell'immigrazione degli ebrei, gli arabi continuavano ad essere una preponderante maggioranza nel territorio: all'epoca, lì vivevano 1.300.000 arabi palestinesi e 600.000 ebrei. Nonostante ciò l'Onu consegnò a Israele il 52% della superficie, e ai palestinesi il 48%. Cioè, dalla sua stessa nascita Israele ha significato una usurpazione e un furto, perché i palestinesi dovettero cedere il 52% del loro territorio a una minoranza che, oltre tutto, era stata creata artificialmente. Anche nel territorio concesso a Israele, i palestinesi erano la maggioranza (950.000).
Restava, tuttavia, un problema aperto: cosa fare con il popolo palestinese che viveva in quella terra? La “soluzione sionista” fu il terrore e la realizzazione di una “pulizia etnica” per espellere i palestinesi dalle loro case e dalle loro terre. Organizzazioni sioniste armate (come Ergun e Lehi) attaccarono centinaia di villaggi palestinesi, uccidendo uomini, donne e bambini, come nel villaggio di Deir Yassin (vicino Gerusalemme). Sei mesi di “pulizia etnica” (sotto la benevolenza dell'imperialismo e dello stalinismo), ebbero come risultato che solo 138.000 palestinesi rimasero nel territorio israeliano. Il resto era stato espulso violentemente.
I palestinesi espulsi partirono quindi verso l'esilio nei Paesi arabi (specialmente Giordania, Libano e Siria) o per regioni più lontane, come gli Usa e l'America Latina. In questo modo, questo popolo finì per essere diviso in tre settori: quelli che vivono all'interno dei confini di Israele, coloro i quali vivono a Gaza e in Cisgiordania, e quelli che sono andati in esilio. Così nacque la tragedia (Nakba) di questo popolo, causata dalla creazione dello Stato di Israele. Così nacque, anche, la lotta per riconquistare il proprio territorio storico.

La falsa soluzione dei “due Stati”
Lo Stato di Israele è stato creato nel 1948 come un enclave militare imperialista in Medio Oriente. Da allora ad oggi la storia di Israele è stata l'aggressione permanente e la repressione contro il popolo palestinese e l'insieme dei popoli arabi. È stata anche la storia di una continua espansione e occupazione dei territori concessi dall'Onu ai palestinesi, riducendoli alla Striscia di Gaza e a una Cisgiordania tagliata come un “groviera” attraverso il Muro della Vergogna, che la accerchia e la priva delle migliori terre e fonti d'acqua.
L'imperialismo statunitense e l'Onu sostengono che l'unica soluzione agli scontri tra palestinesi e israeliani è quella dei “due popoli, due Stati”. Contano, anche in questo, sull'appoggio di papa Francesco. Questa proposta è appoggiata dall'organizzazione Al Fatah (che oggi governa la Cisgiordania), dall'Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), il fronte di Al Fatah e diverse altre organizzazioni, e gran parte della sinistra mondiale.
Perché è una falsa soluzione? In primo luogo, non è altro che la continuazione della risoluzione dell'Onu del 1947. Vorrebbe dire sancire e legalizzare a livello internazionale il furto e l'usurpazione che significò la creazione di Israele, anche se si adottasse sulla base dei confini precedenti la guerra del 1967. In secondo luogo, il popolo palestinese resterebbe definitivamente diviso in tre settori. Il primo di questi, il milione e mezzo di palestinesi che vivono all'interno di Israele, sarebbe condannato sempre più a sopportare isolato gli attacchi dei governi israeliani che vogliono cancellare la sua memoria e la sua storia, espellerlo direttamente, o lasciarlo in condizioni insostenibili, come coloro che oggi vivono a Gerusalemme Est. I tre milioni e mezzo di abitanti palestinesi di Gaza e della Cisgiordania, abitanti del futuro mini-stato “indipendente”, dovrebbero vivere in un Paese frammentato, senza alcuna autonomia economica praticabile, senza forze armate e con i suoi confini pattugliati dalle truppe della Nato. Infine, i cinque milioni che vivono fuori della Palestina vedrebbero definitivamente liquidato il loro diritto al ritorno.
Allo stesso tempo, questo mini-stato palestinese dovrebbe coesistere con il mostro militare sionista al suo fianco e con la sua permanente necessità di aggressioni per auto-giustificare la sua esistenza.
Per una Palestina Unica, Laica, Democratica e Non Razzista
Di fronte alla proposta dei “due Stati”, l'unica vera soluzione è la costruzione di una Palestina unica, laica, democratica e non razzista in tutto il suo territorio storico, parola d'ordine centrale del programma di fondazione dell'Olp negli anni '60.
Una Palestina senza muri ne campi di concentramento, a cui possano fare ritorno i milioni di rifugiati espulsi dalla loro terra e recuperare i propri pieni diritti i milioni che rimasero e sono oggi oppressi. Un Paese in cui, a loro volta, possano permanere tutti gli ebrei che siano disposti a convivere in pace e uguaglianza.
Ma questa proposta non può essere portata avanti e non ci sarà pace in Palestina fino a quando non sarà sconfitto definitivamente e distrutto lo Stato di Israele. Cioè, fino a quando il cancro imperialista che corrode la regione non sarà estirpato in maniera definitiva.
Chiamiamo i lavoratori e il popolo ebraico ad unirsi a questa lotta contro lo Stato razzista e gendarme di Israele. Tuttavia, dobbiamo essere coscienti che, per il carattere della popolazione ebraica israeliana, è più probabile che solo una piccola minoranza accetti questa proposta, mentre la stragrande maggioranza difenderà con le unghie e con i denti il “suo Stato” i suoi e privilegi e pertanto dobbiamo lottare contro di loro fino alla fine.
Le vere ragioni degli attuali attacchi
La scusa usata dal governo israeliano per lanciare il suo nuovo attacco è stato il rapimento e l'assassinio di tre giovani israeliani, i cui corpi sono stati trovati in Cisgiordania, pochi giorni fa. Finora, nessuna organizzazione palestinese ha rivendicato questo fatto e alcuni analisti stanno prendendo in considerazione la possibilità che sia una provocazione montata dagli stessi israeliani. Tuttavia, il governo israeliano ha addossato la colpa di ciò all'organizzazione Hamas.
La ragione di fondo di questi attacchi è un'altra. L'imperialismo statunitense (come quello europeo) stava spingendo per l'apertura di negoziati con i palestinesi nella prospettiva dei “due Stati”. Questo era lo scopo dei viaggi del Segretario di Stato degli Usa, John Kerry, e di papa Francesco. L'accordo tra le organizzazioni di Al Fatah e Hamas (come analizziamo più avanti) si ubicava in questa prospettiva.
Israele e il governo Netanyahu non vogliono aprire questi negoziati e tanto meno vogliono che Hamas si sieda a quel tavolo. L'attacco attuale è, quindi, una maniera di “bombardare” qualsiasi possibilità di trattativa immediata.
L'imperialismo ha una politica tatticamente diversa da quella del governo israeliano, e questi attacchi la mettono in crisi. Ma allo stesso tempo, gli Usa e l'imperialismo nel suo insieme non abbandonano –men che meno– il loro alleato strategico, difendendo il suo “diritto alla difesa” e, una volta di più, senza alcuna sanzione per i suoi crimini.
D'altra parte, la società israeliana sta attraversando una profonda crisi e una divisione che rompe lo “spirito nazionale ebraico” con il quale Israele è stato costruito. Soprattutto perché una parte dei fondatori dello Stato sionista (gli immigrati europei ashkenaziti e i loro discendenti) si è “imborghesita” e già non sembra più disposta a dare la vita per esso. Perciò l'attacco è anche un tentativo di superare questa crisi e recuperare lo spirito di “unità nazionale”, come sempre attraverso la guerra e l'aggressione ai palestinesi.

Le direzioni palestinesi
Dagli accordi di Oslo (1993), l'organizzazione Al Fatah e l'insieme dell'Olp capitolarono all'imperialismo e a Israele riconoscendo la sua esistenza e rinunciando alle loro parole d'ordine fondative. Si trasformarono così in amministratori di quella specie di bantustan (le false repubbliche nere create durante l'apartheid sudafricano) che sono i territori dell'Anp (Autorità Nazionale Palestinese). Nel mentre con la “polizia palestinese” hanno spesso collaborato con Israele nella repressione delle masse popolari.
L'organizzazione islamista Hamas, che governa la Striscia di Gaza, da parte sua, non ha mai tolto dal sua programma la parola d'ordine della distruzione di Israele e della riunificazione della Palestina. Inoltre è permanentemente attaccata da Israele, che la considera ancora un “organizzazione terrorista” e attacca costantemente la Striscia di Gaza. Tuttavia, il governo di Hamas nella Striscia ha represso tutte le espressioni di opposizione, incluse quelle che lottano contro Israele, come ha fatto con le manifestazioni di solidarietà alla rivoluzione egiziana nel 2011.
Allo stesso tempo, ha sempre cercato un accordo con Al Fatah e con il governo di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), accettando che questo continui ad essere presidente della Anp e che continui a negoziare accordi di sicurezza con Israele. Nei fatti questo significa accettare anche la politica dei “due Stati”. Questo è il significato della recente riconciliazione, che in pratica rappresenta una capitolazione di Hamas.
L'accordo Al Fatah-Hamas sarebbe quindi una maniera di mostrare all'imperialismo che c'è una direzione palestinese (con un “fronte unito” delle principali organizzazioni) capace di controllare il processo nei territori e governare il mini-Stato palestinese.
Con la loro politica, le direzioni di Al Fatah e di Hamas esprimono sostanzialmente gli interessi dei settori borghesi della Cisgiordania e di Gaza, per i quali la creazione del mini-stato palestinese potrebbe portare qualche beneficio. Ma lo fanno sacrificando gli altri due settori palestinesi. In sostanza gli esuli, che come abbiamo visto, perderebbero ogni possibilità di ritorno.
Per adempiere al compito storico di recuperare il territorio palestinese e conseguire l'obiettivo dichiarato della fondazione dell'Olp sarà necessario, quindi, l'emergere di nuove direzioni dalla lotta e dalle nuove generazioni di giovani (tanto nei territori come nell'esilio), sempre più lontane dalle vecchie organizzazioni e non disposte ad “ammainare le bandiere” storiche.
Diamo impulso ad una grande campagna internazionale per fermare la nuova aggressione israeliana
Ripudiamo questa nuova aggressione dello Stato sionista al popolo palestinese e esprimiamo ancora una volta la nostra solidarietà e il nostro appoggio ai palestinesi. L'isolamento internazionale di Israele (il vero aggressore) è sempre più grande.
In molte città del mondo arabo, in Europa e in America si stanno sviluppando mobilitazioni di solidarietà con i palestinesi. Facciamo appello a raddoppiare e aumentare questa campagna internazionale per obbligare Israele a fermare questa nuova azione genocida.
È inoltre necessario, esigere azioni concrete da parte dei governi, come la rottura delle relazioni diplomatiche e degli accordi commerciali privilegiati (come quelli che ha il Mercosur) con Israele, nel quadro della campagna che la Bds (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e altre organizzazioni stanno sviluppando.
Ciò è particolarmente importante nel mondo arabo. Il presidente egiziano Al Sisi, ha detto che appoggia la causa palestinese. Dobbiamo quindi esigere che apra incondizionatamente la frontiera tra Egitto e Gaza e permetta il passaggio di armi affinché Hamas e l'intera popolazione di quel territorio possano difendersi da questa aggressione. L'organizzazione libanese Hezbollah è stata l'unica che ha sconfitto militarmente l'esercito israeliano nel 2006. Ora però le sue forze sono impegnate in Siria nella difesa del dittatore Al Assad. Esigiamo che lasci la Siria e ponga tutta la sua forza ed esperienza militare per combattere insieme ai palestinesi contro Israele. Anche il dittatore siriano Assad dice di appoggiare i palestinesi (e questo è uno dei motivi centrali per cui viene difeso da gran parte della sinistra mondiale). Ma oggi la frontiera tra il suo Paese e lo Stato sionista è considerata una delle “più tranquille” dagli israeliani stessi. La smetta di attaccare i “ribelli” siriani e i palestinesi del campo di Yarmouk e aiuti i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania a fermare l'attacco israeliano!
Fermiamo subito l'aggressione israeliana!
Tutta la nostra solidarietà e appoggio al popolo palestinese!
Per una Palestina Unica, Laica, Democratica e Non Razzista!
(traduzione dall'originale spagnolo di Giovanni “Ivan” Alberotanza)

mercoledì 23 luglio 2014

Schiavismo al Senato

Luciano Granieri

Instancabili , indefessi, indomabili. Anche se con solo 5 voti a favore il Senato ha votato il forcing. Dalle 9,00 alle 24,00  presenti in aula, con solo un’ora e mezza di pausa, ma non per dormire, ma  per riunire i gruppi parlamentari , tutti i giorni sabati e domeniche comprese e se necessario anche a ferragosto. Sempre chini li sui banchi a spingere in avanti la  nave Italia. La fatica non può giustificare la defezione.   

La disoccupazione è  al 13%,  la crisi economica dilaga ,  tanto che le poche cose che gli italiani hanno potuto comprare con gli 80 euro sono già state depositate al banco dei pegni e i prossimi 80 serviranno a pagare i buffi fatti per mangiare . Il debito rispetto al Pil è arrivato al 136,5% , le banche non scuciono una lira, la sanità è al collasso,  non ci sono nemmeno i soldi per comprarsi le medicine e gli ospedali chiudono. 

E poi anche fuori dall’Italia, il Mediterraneo continua ad arricchire il suo mesto fondale di cadaveri, si moltiplicano le carrette del mare che depositano  il loro carico di morte sule nostre coste, gente stroncata, asfissiata dalle venefiche esalazioni  delle stive stracolme.   Impazza  l’aggressione Israeliana su Gaza con centinaia e centinaia di morti soprattutto fra i bambini.  Pezzi di cadavere sparsi in 15 chilometri sono il funereo lascito della crisi ucraina. 

E’ un momento difficile fuori e dentro i nostri confini , quindi è giusto che finalmente anche i Senatori si applichino 24 ore su 24 per alleviare le pene del proprio popolo. Resta però il fatto che, come si apprende dai giornali, fra  le ragioni della marcia forzata che il Senato si è imposto, non vi è traccia  alcuna di queste questioni.  

Non si discute di disoccupazione, né di crisi economica. In merito al debito/Pil, a parte la lamentazione di Padoan , ben al di fuori dalle stanze di Palazzo Madama, non si sente  un fiato. Per l’ennesima volta l’Europa ha risposto con una sonora pernacchia alla nostra richiesta di una maggiore flessibilità sul rispetto del fiscal compact e di quanto viene appresso. E noi zitti sotto.  Della crisi mediorientale, a parte la solita sviolinata agli assassini di Israele, niente  emerge. Sull’Ucraina poi nulla si leva dagli scranni del senato.

 Ma allora, di grazia, tutto sto’ casino, tutto sto’ stacanovismo a cosa è dovuto? ALLE RIFORME ISTITUZIONALI.  Mica chacchi !!!! Bisogna farle in fretta prima delle ferie non si può sprecare questa occasione. Ma perché che succede se non si approvano queste riforme subito? E se non si approvano proprio?  Peggiora la crisi economica?  Non si troverà più un posto di lavoro? Arriva la peste bubbonica?  Israele ci bombarda?  Arrivano  i cosacchi ad abbeverare  i cavalli a fontana di Trevi con tutto che  è chiusa per restauro? Ma a un povero disgraziato disoccupato, o a uno che non può arrivare a fine mese, che gliene può fregare delle riforme istituzionali? 

Con l’abolizione del Senato elettivo è prevista l’eliminazione dell’ stipendio  per i Senatori. Si risparmiano ben 500milioni di euro. Questo è il monito severo  che i  fautori delle riforme rivolgono agli ignoranti come me che non capiscono niente . E per risparmiare stì soldi  c’era bisogno di togliere ai cittadini la possibilità di eleggere i senatori, di aumentare i consiglieri comunali  e relativi emolumenti, di trasformare il Senato  in parcheggio per amministratori locali indagati, di aumentare le firme necessarie per la presentazione di referendum e leggi di iniziative popolari? Non bastava diminuire la paga a tutti, Senatori e Deputati, stabilendo un tetto massimo di 3.000 euro per ottenere un risparmio anche maggiore? Ai cittadini che gliene viene realmente? Nulla. 

Ma a lor signori…….Vuoi mettere il privilegio di togliere a milioni di cittadini incazzati la possibilità di eleggere qualche senatore un po’ troppo rompicoglioni.  E del sollievo di togliersi di mezzo quell’altra iattura delle leggi d’iniziativa popolare e dei referendum, ne volgiamo parlare? Se poi tutto questo lo combiniamo con una legge elettorale per cui basta rincoglionire pochi milioni di cittadini in  campagna elettorale per tenere in pugno la Camera dei deputati, e tanto basta , il senato non c’è, comandare il governo, scegliere presidente della Repubblica, membri del CSM e della Corte Costituzionale, che fai non vuoi approvare stà cuccagna entro l’estate? E allora avanti di corsa!!!! Remare, remare , vietato battere la fiacca. La navigazione verso il monopolarismo perfetto è ancora lunga e perigliosa.

Per una opposizione di sinistra in difesa della democrazia

Oreste della Posta segretario provinciale Comunisti italiani

La linea autoritaria assunta dal governo Renzi è sancita da alcuni provvedimenti chiari, quali la modifica del senato, non più elettivo ma di fatto nominato; la rinuncia all’inserimento delle preferenze nella nuova legge elettorale; il nuovo limite di firme stabilito a quota 100.000 come numero minimo per poter istituire un referendum abrogativo e le 250.000 firme necessarie per poter avanzare una proposta di legge di iniziativa popolare, obiettivo per il quale quindi non saranno più sufficienti le 50.000 firme previste dal vecchio disegno di legge. Tutto questo porta ad un indebolimento della democrazia e un allontanamento dei cittadini dalla vita pubblica a danno della democrazia. Possiamo affermare quindi con determinazione che si sta affermando una democrazia autoritaria con l’avvallo del presidente Napolitano ed il nulla osta di Berlusconi e Verdini, due distinti, onesti ed integri esponenti della politica italiana. L’Italicum, in tema di legge elettorale, presenta uno sbarramento talmente alto che mette a serio rischio la democrazia rappresentativa. Uno sbarramento del genere è possibile riscontrarlo soltanto in Turchia. Persino la Legge Acerbo voluta da Mussolini riuscì a determinare un minimo di rappresentanza, permettendo al Partito Comunista di eleggere con il 3,7% dei voti 3 deputati, tra questi c’era Antonio Gramsci. Quanto accade oggi ha il solo risultato di rafforzare i poteri del governo a scapito della dialettica politica. Occorre una mobilitazione per costruire una opposizione a questo disegno liberticidadi Renzi e Berlusconi. Facciamo appello a tutti coloro che vogliono costruire un’opposizione di sinistra affinché aderiscano ad un vasto movimento nella nostra provincia. Tutti gli interessati possono comunicare la loro adesione all’indirizzo di posta elettronica oreste36@alice.it oppure telefonando al numero 380.7025764.

martedì 22 luglio 2014

Le vittime che contano e quelle dimenticate

Maha Bader


Il rappresentante delle  cosiddetta ONU la burla, in una conferenza tenutasi a Tel Aviv non ha menzionato gli oltre 600 palestinesi uccisi dall’esercito israeliano, mentre ha espresso la sua solidarietà alle vittime di  Israele ( 25 soldati). I soldati Sionisti israeliani sono criminali, mentre  le nostre perdite sono civili, più della metà dei quali son bambini. Le nostre perdite sono intere famiglie spazzate via dalla faccia della terra come se non fossero mai esistite. Le nostre perdite sono distruzione e morte ovunque, distruzione di infrastrutture, acqua sudicia, mancanza di elettricità. Ban Ki Moon sta piangendo per 25 nazisti sionisti criminali israeliani, perché nessuna solidarietà  per bambini ed umani…?

Traduzione di Luciano Granieri

Stop armi a Israele

Appello

Premi Nobel, artisti e intellettuali chiedono un immediato embargo militare ad Israele
"All’instaurarsi di un rapporto di oppressione, la violenza ha già avuto inizio. Mai nella storia la violenza è partita dagli oppressi. ... Non ci sarebbero gli oppressi se non ci fosse stata prima una violenza per stabilire la loro sottomissione." Paulo Freire
Israele ha ancora una volta scatenato tutta la forza del suo esercito contro la popolazione palestinese imprigionata, in particolare nella Striscia di Gaza assediata, in un disumano e illegale atto di aggressione militare. L’assalto in corso di Israele su Gaza ha finora ucciso decine di civili palestinesi, ne ha ferito centinaia e ha devastato le infrastrutture civili, compreso quelle del settore sanitario che sta affrontando gravi carenze.
La capacità di Israele di lanciare impunemente attacchi così devastanti deriva in gran parte dalla vasta cooperazione militare e compravendita internazionale di armi che Israele intrattiene con governi complici di tutto il mondo.
Nel periodo 2008-2019, gli Stati Uniti forniranno ad Israele aiuti militari per un totale di 30 miliardi di dollari, mentre le esportazioni militari israeliane verso il mondo hanno raggiunto la somma di miliardi di dollari all’anno. Negli ultimi anni, i paesi europei hanno esportato in Israele miliardi di euro in armi e l'Unione europea ha concesso alle imprese militari e alle università israeliane fondi per la ricerca militare del valore di centinaia di milioni di euro.
Le economie emergenti come India, Brasile e Cile stanno rapidamente aumentando il commercio e la cooperazione militari con Israele, nonostante il loro sostegno dichiarato per i diritti palestinesi.
Con l'importazione da e l'esportazione verso Israele di armi, insieme al sostegno allo sviluppo di tecnologie militari israeliane, i governi del mondo stanno effettivamente inviando un chiaro messaggio di approvazione per l'aggressione militare di Israele, compresi i suoi crimini di guerra e possibili crimini contro l'umanità.
Israele è uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di droni militarizzati. La tecnologia militare di Israele, sviluppata per mantenere decenni di oppressione, è commercializzata quale "collaudata sul campo" ed esportata in tutto il mondo.
La compravendita di armi e i progetti congiunti di ricerca militare con Israele incoraggiano l’impunità israeliana nel commettere gravi violazioni del diritto internazionale e facilitano il radicamento del sistema israeliano di occupazione, colonizzazione e negazione sistematica dei diritti dei palestinesi.
Facciamo appello alle Nazioni Unite e ai governi di tutto il mondo ad adottare misure immediate per attuare un embargo militare totale e giuridicamente vincolante verso Israele, simile a quello imposto al Sud Africa durante l'apartheid.
I governi che esprimono solidarietà con il popolo palestinese a Gaza, il quale subisce il peso del militarismo, delle atrocità e dell'impunità israeliani, devono cominciare con l’interrompere tutti i rapporti militari con Israele. I palestinesi hanno bisogno oggi di solidarietà efficace, non di carità.
 Firmata:
Adolfo Peres Esquivel, Nobel Peace Laureate, Argentina Ahdaf Soueif , Author, Egypt/UK Ahmed Abbas, Academic, France Aki Olavi Kaurismäki , film director, Finland Alexi Sayle, Comedian, UK Alice Walker, Writer, US
Alison Phipps, Academic, Scotland Andrew Ross, Academic, US Andrew Smith, Academic, Scotland Arch. Desmond Tutu, Nobel Peace Laureate, South Africa Ascanio Celestini, actor and author, Italy Betty Williams, Nobel Peace Laureate, Northern Ireland Boots Riley, Rapper, poet, arts producer, US Brian Eno, Composer/musician, UK
Brigid Keenan, Author, UK Caryl Churchill, playwright, UK China Mieville, Writer, UK Chris Hedges, Journalist, Pulitzer Prize 2002, US Christiane Hessel, France Cynthia McKinney, Politician, activist, US David Graeber, Academic, UK David Palumbo-Liu, Academic, US Eleni Varikas, Academic, France Eliza Robertson, Author
Elwira Grossman, Academic, Scotland Etienne Balibar, philosopher, France Federico Mayor Zaragoza, Former UNESCO Director General, Spain Felim Egan, Painter, Ireland Frei Betto, Liberation theologian, Brazil Gerard Toulouse, Academic, France Ghada Karmi, Academic, Palestine Gillian Slovo, Writer, Former president of PEN (UK), UK/South Africa Githa Hariharan, Writer, India Giulio Marcon, MP (SEL), Italy Hilary Rose, Academic, UK
Ian Shaw, Academic, Scotland Ilan Pappe, Historian, author, Israel Ismail Coovadia, former South African Ambassador to Israel Ivar Ekeland, Academic, France James Kelman, Writer, Scotland Janne Teller, Writer, Denmark Jeremy Corbyn, MP (Labour), UK Joanna Rajkowska, Artist, Poland Joao Felicio, President of ITUC, Brazil
Jody Williams, Nobel Peace Laureate, US John Berger, artist, UK John Dugard, Former ICJ judge, South Africa
John McDonnell, MP (Labour), UK John Pilger, journalist and filmmaker, Australia Judith Butler, Academic, philosopher, US Juliane House, Academic, Germany Karma Nabulsi, Oxford University, UK/Palestine
Keith Hammond, Academic, Scotland Ken Loach, Filmmaker, UK Kool A.D. (Victor Vazquez), Musician, US
Liz Lochhead, national poet for Scotland, UKLiz Spalding, Author Luisa Morgantini, former vice president of the European Parliament, Italy Mairead Maguire, Nobel Peace Laureate, Ireland Marcia Lynx Qualey, Blogger and Critic, US Michael Lowy, Academic, France Michael Mansfield, Barrister, UK Michael Ondaatje, Author, Canada/Sri Lanka Mike Leigh, writer and director, UK Mira Nair, filmmaker, India Monika Strzępka, theatre director, Poland
Naomi Wallace, Playwright, screenwriter, poet, US Nathan Hamilton, Poet Noam Chomsky, Academic, author, US
Nur Masalha, Academic, UK/Palestine Nurit Peled, Academic, Israel Paola Bacchetta, Academic, US Phyllis Bennis, Policy analyst, commentator, US Prabhat Patnaik, Economist, India Przemyslaw Wielgosz, Chief editor of Le Monde Diplomatique, Polish edition, Poland Rachel Holmes, Author, UK Raja Shehadeh, Author and Lawyer, Palestine Rashid Khalidi, Academic, author, Palestine/US Rebecca Kay, Academic, Scotland Richard Falk, Former UN Special Rapporteur on Occupied Palestinian Territories, US Rigoberta Menchú, Nobel Peace Laureate, Guatemala Robin D.G. Kelley, Academic, US Roger Waters, Musician, UK Robin Yassin-Kassab, Writer, UK
Roman Kurkiewicz, journalist, Poland Ronnie Kasrils, Former minister in Mandela’s gov’t, South Africa Rose Fenton, Director, the Free Word Centre, UK Sabrina Mahfouz, Author, UK Saleh Bakri, Actor, Palestine Selma Dabbagh, Author, UK/Palestine Sir Geoffrey Bindman, Lawyer, UK Slavoj Zizek, Philosopher, author, Slovenia
Sonia Dayan-Herzbrun, Academic, France Steven Rose, Academic, UK Tom Leonard, Writer, Scotland Tunde Adebimpe, Musician, US Victoria Brittain, Playwright and journalist, UK Willie van Peer, Academic, Germany
Zwelinzima Vavi, Secretary General of Cosatu, South Africa

Staniamoli

Luciano Granieri


Secondo alcune anticipazioni riferite dal sito on line del quotidiano locale l’Inchiesta, (di seguito i link:link 1 e link2) la riunione della commissione sanità svoltasi  oggi in regione alla presenza dei sindaci della Provincia di Frosinone,  del direttore generale della Asl Isabella Mastrobuono e della  cabina di regia della sanità regionale guidata da Alessio D’Amato,  ha avuto uno svolgimento quantomeno burrascoso, peraltro documentato da alcune registrazioni effettuate dal consigliere del M5S Barillari. 

Da un lato, mentre giungono segnali sinistri dal fronte della sopravvivenza di alcune importanti strutture sanitarie,  il direttore generale a confermare, anche con piglio risoluto,   che non chiuderà più alcun presidio sanitario in provincia, dall’altro  Alessio D’Amato, a capo della cabina di regia della sanità regional,e a smentire lo stesso manager asl in relazione all’attribuzione  di  Dea di II livello all’Ospedale Spaziani di Frosinone e di  Dea di I livello all’ospedale di Sora. Secondo il segretario della cabina di regia della sanità regionale, le condizioni per realizzare ulteriori  strutture ospedaliere Dea di II e I livello in regione sono ampiamente presenti, ma per una   migliore dislocazione territoriale il Dea di II livello verrà realizzato a Latina, a sud, quello di I livello a nord, Belcolle in provincia di  Viterbo.  

Nella stessa commissione, secondo Barillari, i sindaci Morini di Alatri e Tersigni di Sora avrebbero attaccato duramente il presidente Zingaretti, accusandolo  di non mantenere la promesse. Dopo la manifestazione della settimana scorsa, promossa dal coordinamento per la sanità provinciale, con la marcia fin sotto la palazzina della direzione generale della Asl, il cerchio si sta stringendo.  Pur nelle sue pecche organizzative, di comunicazione e di partecipazioni indesiderate, la marcia della salute,  irrompendo in una situazione di ira e perdita della pazienza da parte dei cittadini mortificati dalle continue espropriazioni del  proprio  diritti ad una sanità decente ,  ha scoperchiato il vaso di Pandora. 

Il primo risultato ottenuto è la presenza, domani mercoledì 23 luglio, di Zingaretti ospite negli studi di Teleuniverso. Mai il presidente della Regione aveva partecipato ad una trasmissione televisiva presso un emittente locale della nostra Provincia per rispondere alle domande dei cittadini, soprattutto in materia di sanità.  

L’onda dilagante della protesta è stata, con più o meno secondi fini, cavalcata da molti  sindaci di varia estrazione politica, deputati, consiglieri regionali.  Nel polverone sollevato si trova di tutto. Dalle promesse disattese della Mastrobuono , alle accuse di romano-centrismo mosse all’amministrazione Zingaretti, dalla denuncia degli sprechi e della corruzione, all’abuso dell’utilizzo di  medici in prestazione straordinaria. Ma l’unica causa comune , evidenziata da tutti (sindaci, amministratori, consiglieri regionali, persino  al presidente  Zingaretti e la sua diretta esecutrice Mastrobuono) è l’entità  dei tagli alla sanità regionale,  il divieto di effettuare spese a causa del commissariamento della sanità Laziale, con conseguente messa in opera di un piano di rientro micidiale che vede, nell’impossibilità di assumere medici  e nel ridimensionamento delle strutture,  le sue devastanti linee guida . 

Se una buon programma di aggregazione  consiste nel partire dai punti condivisi, allora partiamo da qui. Tutti quanti insieme, sindaci, consiglieri, Zingaretti e la Mastrobuono:

1) Richiesta di scorporare il trasferimento di fondi che lo Stato centrale effettua verso le regioni  per sostenere il sistema sanitario, dal computo del pareggio di bilancio, quando non addirittura l’eliminazione del pareggio di bilancio dalla costituzione.
2) Pretesa  da parte della Regione Lazio di una moratoria sul piano di rientro del debito, fino a quando in tutta la Regione e in particolare nella nostra Provincia, non siano  raggiunti   i livelli essenziali di assistenza previsti per legge.
3) Costituzione  di una commissione d’inchiesta regionale per   identificare  i colpevoli  della drammatica situazione debitoria della sanità laziale, così come proposto dal M5S.
4) Rivalutazione  del rapporto fra sanità pubblica e sanità privata, ridistribuendo le risorse dalla prima alla secondo così come Costituzione comanda. 
5) Affiancamento al management della Asl di una commissione composta da esperti e movimenti di cittadini con potere deliberativo e prescrittivo, per controllare gli investimenti e le allocazione delle risorse nell’ambito dell’azienda, in modo da prevenire sprechi e regalie a tutela dell’interesse dei cittadini. 


Queste linee programmatiche,  a sentire le varie lamentazione, dovrebbero essere comuni a tutti. Allora invitiamo istituzioni regionali, presidente Zingaretti, manager Mastrobuono, sindaci di varia natura e colore a  supportare un tale programma. Se veramente l’obbiettivo è quello di raggiungere una sanità che assicuri i livelli essenziali definiti per legge ,  nessuno dovrebbe tirarsi indietro.  In caso contrario, sospetti e dietrologie verrebbero drammaticamente confermati. Basta con le chiacchiere dunque, proviamo a stanarla questa gente, proviamo a capire chi sta con chi altrimenti l’enorme massa e ondata di protesta che si è levata sarà destinata ad arenarsi. Come sempre. 

lunedì 21 luglio 2014

Considerazioni di una ragazza palestinese

Maha Bader

Una risposta a quelli che non vogliono che i palestinesi resistano in ogni modo possibile. Israele uccide i palestinesi sia che resistano  o meno.
    
                                           
Ho sentito  molte persone affermare che i Palestinesi sono stupidi nel perseverare  a sparare i razzi, perché ciò fornisce la scusa ad Israele a continuare l’indicibile carneficina. Mi piacerebbe rispondere.
1)      Questa affermazione  che tende a dimostrare  come  Israele non avrebbe ucciso senza il lancio dei razzi  palestinesi è palesemente falsa. La storia lo ha ciclicamente  dimostrato. Le ripetute violazioni delle varie tregue e le spese folli per uccisioni arbitrarie avvengono, quando gli israeliani  hanno  bisogno di aumentare la vendita di hardware militari (basta osservare e considerare l’immediato aumento di esportazioni militari che sta avvenendo oggi , proprio come ogni altra volta che hanno violentato Gaza)
2)      Questi razzi  sono per lo più dei petardi che non hanno ferito nessuno e spararli ha perfettamente senso. Se questa intrusione minima nella tranquillità della vita d’Israele è tutto ciò che possiamo fare allora è necessario  farlo. Se la maggior parte dei Palestinesi può rendere difficoltoso ad  una coppia israeliana godersi una giornata in spiaggia, o andare in palestra, o fare shopping, mentre loro dilaniano i corpi dei nostri figlie, è giusto che ciò venga fatto.
3)      E’ un’affermazione radicale quanto simbolica che evidenzia  la ferma  volontà di un popolo indigeno di vivere con dignità nella propria patria ancestrale.
4)      Sono minime azioni di autodifesa di un popolo contro il quale crimini indicibili non hanno mai cessato di abbattersi da 60 anni a questa parte.
5)      Affermare che Hamas sta costringendo Israele ad uccidere il popolo palestinese è come dire che una donna, solo perché vestita con abiti succinti, invogli un uomo a rapirla.
Questa storia di incolpare la vittima è propaganda sionista che non trova posto nei nostri discorsi

Traduzione di Luciano Granieri


La carica dei mille: la festa della raccolta firme

Le associazioni e i Cittadini della campagna Rifiutiamoci

Colleferro-
Sabato 19 è stata una giornata calda! Non parliamo solo della temperatura.
La mattinata è iniziata con un'azione dimostrativa da parte dei consiglieri di minoranza, che hanno calato uno striscione dal tetto del comune. Un innocuo striscione con la scritta “Basta Monnezza”, ha causato l'intervento delle forze dell'ordine, dei vigili e dei carabinieri, che hanno posto fine alla dimostrazione conducendo i consiglieri in commissariato. Un gesto pacifico e dimostrativo ha richiesto l'intervento delle forze dell'ordine; la semplice manifestazione delle proprie posizioni sembra sufficiente per passare una mattinata in commissariato.
Come realtà ambientaliste, impegnate da anni, per la difesa del territorio e per il rispetto della legalità all'interno degli edifici delle nostre istituzioni ci chiediamo se abbia senso perseguire chi lotta per la salute della propria città o se sia meglio rivolgere l'attenzione verso chi consapevolmente fa affari sulla pelle dei cittadini avallando politiche scellerate di gestione della cosa pubblica. Invitiamo le forze dell'ordine, nel pieno e legittimo esercizio delle proprie funzioni, a guardare cosa succede dentro il comune di Colleferro: un fiume di striscioni vi indicherà la strada.

A Largo San Francesco nel pomeriggio sale ulteriormente la temperatura.
Dalle 16:30 associazioni e cittadini che fanno parte della campagna RIFIUTIAMOCI continuano la raccolta firme per un referendum che ha un chiaro obiettivo: dire no all'impianto TMB di Colle Fagiolara. La partecipazione è massiccia da subito: alcuni cittadini si presentano prima dell'arrivo degli organizzatori, lì già dalle 16:00, sotto il sole sono già pronti a fare la loro parte con una firma. Una firma che è un gesto semplice ma ricco di significato, ognuna è il risultato dell'impegno delle associazioni e delle persone che ogni giorno si battono per un futuro migliore per la Valle del Sacco, a partire da Colleferro e passando per i paesi vicini. Passare l'intero pomeriggio a raccogliere delle firme ci fa capire ancora meglio cosa è che preoccupa i nostri concittadini e perché sono venuti a firmare.

L'idea di uno sviluppo sensato ed attento alle tematiche ambientali: ci si rende subito conto che qualcosa non va nel modo in cui i nostri rifiuti vengono gestiti: la seconda discarica più grande nel Lazio dopo Malagrotta sorge tra il Monumento Naturale della Selva di Paliano e l'Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato “Paolo Parodi Delfino”, una scuola superiore; l'inceneritore di Colleferro, costruito a meno di 200 metri dal centro abitato e col parere negativo della ASL, ha contribuito al peggioramento della qualità di vita generale di uomini, donne e, soprattutto, bambini ( fonte: http://www.eraslazio.it/impianti/colle-sughero-colleferro ). E' contro questa logica che si firma un referendum per abrogare tutte le delibere che consentirebbero ad un impianto di alimentare discarica ed inceneritori in un unico ciclo perverso dei rifiuti.

Oggi firmo perché a Colleferro non si deve più morire così” - Queste le parole di una persona che evidentemente ha sperimentato cosa significa essere vittime del luogo in cui si vive e in cui un giorno si avranno dei figli che vedremo crescere con la preoccupazione che l'aria che respirano e l'acqua che bevono gli possa fare male.

Firmo perché se non cambia questa città me ne andrò via” - Non ci si può sentire a casa se il luogo in cui vivi ti allontana. Cresce il numero di persone che sentono il disagio di vivere in una terra massacrata dove l'idea di sviluppo che domina è quella dell'economia della monnezza!

A fine serata la conta delle firme raccolte fornisce l'idea della partecipazione che c'è stata: in un solo pomeriggio 800 firme di cittadini residenti a Colleferro e se aggiungiamo anche la presenza consistente di persone dei paesi limitrofi arriviamo a un migliaio di persone in piazza che hanno scelto di unirsi perché stanche di dover barattare la loro salute con il profitto e gli interessi di chi gestisce un sistema al collasso.

Ci teniamo a ringraziare i consiglieri di opposizione per aver avanzato in consiglio comunale la proposta di Referendum cittadino sulla questione TMB e un grazie speciale va a tutti i cittadini che hanno partecipato e parteciperanno alla raccolta firme.
Il nostro impegno sarà sempre massimo e malgrado le difficoltà che ogni giorno incontriamo durante questa faticosa lotta, giornate come quella di sabato ci danno la forza e lo stimolo di andare avanti!

Vi invitiamo ai prossimi appuntamenti per raccogliere le firme:
Mercoledì 23 luglio, dalle ore 18:00 su Corso Filippo Turati
Giovedì 24 Luglio, dalle ore 17:00 sul Corso Filippo Turati

domenica 20 luglio 2014

INSIEME PER UNA SINISTRA DI OPPOSIZIONE

Il segretario provinciale del PdCI

Oreste Della Posta         

Ormai è chiaro a tutti che le politiche neoliberiste  che i governi hanno portato avanti, Berlusconi prima, Monti in modo scientifico poi, hanno  solo prodotto risultati negativi , basta citare alcuni dati:
il PIL 2007-2013 8,7%;                                
Ricchezza nazionale  persi 843 miliardi di euro  -9%
Produzione industriale 2007-2013 -25,5%
Numero aziende chiuse 2007-2013 120.000
Imprese artigiane 75000 chiuse;
Disoccupazione 2007-2013 dal 6%  al 12,7%;
Disoccupazione giovanile dal 20,3% al 43%
Salari media 21734 euro 23° posto paesi OCSE;
Debito pubblico che continua a galoppare 2007-2013 dal 103% al 132,9% nonostante che a pagare sono stati solo i lavoratori dipendenti, pensionati , precari,  piccoli artigiani e la piccola e media impresa mentre evasori-speculatori continuano a dormire sogni tranquilli.
Nella nostra Provincia, poi, questi dati sono ancora più drammatici, aggravati ulteriormente da una crisi industriale irreversibile che sta facendo assumere dal punto di vista degli indicatori economici-sociali i caratteri di una provincia del profondo sud..
Basti indicare che da noi la disoccupazione è salita  al 50% mentre nel resto della nazione si attesta al 43%.
In questo quadro riteniamo indispensabile costruire una sinistra unita ed un vasto movimento di opposizione a queste politiche neoliberiste di attacco allo stato sociale ai salari e alle pensioni, che stanno distruggendo e affamando il nostro Paese facendo scivolare nella povertà milioni di cittadini e famiglie, come ha ricordato l’ISTAT nel suo ultimo rapporto annuale.
Tutti coloro i quali condividono questo appello possono inviare una email di adesione al seguente indirizzo : oreste36@alice.it  cell. 3807025764.
Già sono arrivate le prime adesioni!