Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 6 agosto 2011

I pescatori di Arugam Bay

Luciano Granieri


 Sri Lanka  nel febbraio del 2002  la firma del cessate il fuoco  fra il governo centra le di Colombo e le tigri Tamil  pose una tregua alla sanguinosa guerra civile stava sconvolgendo il paese. Questa specie di armistizio rese praticabili i collegamenti verso la costa orientale in particolare verso Arugam Bay .  La spiaggia  era abitata da una comunità di pescatori . Decine di famiglie dimoravano  in capanne costruite sulla spiaggia . Tenevano le barche vicino alle loro abitazioni ,  facevano asciugare i pesci su foglie di banano distese sulla sabbia , vendevano direttamente il pescato  ai ristoranti e il ricavato permetteva loro di vivere decentemente.  La zona vicino  alla spiaggia di Arugam bay era popolata da grandi alberghi che con l’attenuarsi della guerra civile vedevano aumentare i flusso di turisti. Per  gli albergatori  la presenza dei pescatori sulla spiaggia era una iattura. Le capanne infatti nascondevano il panorama ai clienti i quali erano pure infastiditi dall’odore dei pesci morti.  Alcuni proprietari di alberghi iniziarono a premere sul governo  per far spostare capanne e barche su un’altra baia meno popolare fra i  turisti. I pescatori si opposero sostenendo  di aver vissuto li per generazioni .  Arugam Bay per loro era più che un attracco per le barche: era acqua fresca, corrente elettrica, scuola per i loro figli e acquirenti per i loro pesci. La tensione fra albergatori  e pescatori crebbe notevolmente fino a quando il terribile tsunami  del dicembre 2004 pose fine alla diatriba . Morirono 350 persone  delle 4000 che abitavano Arugam Bay, capanne e barche furono spazzate via dalla furia dalla natura. Quando l’emergenza si placò, alle famiglie di pescatori , che tornarono dove un tempo sorgevano le loro capanne , fu proibita  la ricostruzione delle  case . Il governo aveva promulgato nuove leggi, per cui non si poteva edificare neanche una capanna sulla spiaggia . Ogni costruzione doveva essere posta almeno a duecento metri dalla riva per questioni di sicurezza.  Ma per i pescatori  in quel lembo di terra a 200 metri  dalla costa non c’erano  aree  disponibili. Fu così che la comunità, per l’emergenza determinata dalla devastazione dello tsunami ,  rinunciò ad ogni proposito bellicoso abbandonò la spiaggia e accettò di vivere segregata in campi temporanei  sporchi e malsani  ricavati nell’entroterra.   Al posto delle capanne  c’erano tetre  baracche di alluminio.  Il caldo insopportabile spesso li induceva a dormire all’aperto, si nutrivano delle modeste razioni di cibo che il governo forniva  ed erano guardati a vista dai soldati.  Nel frattempo agli alberghi fu consentito di  espandersi proprio su quella splendido lungo mare che dava da vivere ai pescatori.  Qualunque albergo o villaggio poteva  costruire in riva al mare purchè  definisse la propria costruzione,  non importa quanto elaborata, come “rifugio anti tsunami”.  In questa storia ci siamo noi. Siamo i pescatori di Arugam Bay,  che per colpa di uno tsunami  ripetuto, nel nostro caso non casuale ma  determinato dalla  crisi economica  provocata dagli  albergatori  del capitale finanziario,  ci ritroviamo sfrattati dalla spiaggia. In quella spiaggia  c’era la possibilità di vivere dignitosamente del proprio lavoro, mandare i  figli a scuola , guardare con un minimo di fiducia al futuro.  Oggi in quella spiaggia ci sono i signori della finanza. Gente che in nome dell’accumulazione ha distrutto intere comunità e sta divorando anche il più piccolo granello di sabbia.  Noi siamo relegati nelle baraccopoli, in un recinto in cui  si diffondono epidemie mortali, come la mancanza di lavoro, l’impossibilità di curarsi adeguatamente dalle malattie, di far studiare i propri figli più grandi e di mandare all’asilo quelli più piccoli. Nella baraccopoli ci si scanna per ottenere  quel poco di cibo che il governo federale elargisce,  si  alimenta una guerra fra di noi  poveri relegati dentro le baracche di alluminio.  E chi si è adoperato nel convincerci che il nostro diritto di stare sulla spiaggia doveva essere sacrificato  in nome di un emergenza che non era stata provocata da noi? Chi in questa storia fa la parte del governo centrale di Colombo?  Tutti i governi   i cui autorevoli membri sono in combutta con gli albergatori  speculatori finanziari   che  continuano a procurare tsunami ripetuti per toglierci altre spiagge. Ma ciò che fa veramente accapponare la pelle è vedere correre  in aiuto dei governanti e degli albergatori una parte di quei pescatori che con noi abitavano sulla spiaggia.  E’ drammatico vedere la pescatrice Camusso  seder e affianco dell’albergatrice  Marcegaglia e degli altri albergatori banchieri per convincere il governo e i finti oppositori del governo che l’emergenza tsunami non finirà se non si  sgombreranno   altre spiagge e non si riempiranno  altre bidonville. Per noi pescatori di Arugam bay diventa difficile capire perché insieme a quelli che ci  hanno cacciato dalla   spiaggia c’è anche gente che viveva con noi e prometteva di impegnarsi affinchè la spiaggia non ci fosse rubata.   

Per saperne di  più sui pescatori di Arugam Bay, consulta il libro
Shock Economy di Naomi Klein

Turi è sceso dall'albero

Simonetta Zandiri




Turi è sceso dall'albero all'arrivo di Don Ciotti. Molti abbracci hanno accolto Turi, quelli di 
altri digiunanti e altri NO TAV. Non mi hanno convinto le parole di Don Ciotti, che ha 
esordito con  un "IO NON SO SE TAV O NON TAV"... Peccato. Mi sarei aspettata qualcosa di 
diverso, almeno  per Turi, se non proprio per il movimento!

Assestamento di Bilancio.“Dimenticati i problemi della gente”

Ivano Peduzzi: Prc Fds


“I veri problemi, quelli che interessano la gente, quelli su cui realmente i legislatori hanno il compito di lavorare, sono stati dimenticati in questo assestamento di Bilancio”. E’ quanto afferma il capogruppo della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio, Ivano Peduzzi. 

“Quello che invece il centrodestra al Governo della nostra Regione non ha dimenticato – continua Peduzzi - sono gli amici degli amici, per cui c’è sempre modo di elemosinare qualcosa. Per alimentare questi favoritismi è stata impedita la discussione su elementi chiave contenuti nei nostri emendamenti, che avrebbero permesso di risparmiare decine di milioni di euro attraverso la riduzione dei costi della politica. Non è stato apportato nessun taglio ai privilegi, ai vitalizi e alle consulenze inutili. L’unica stangata, in compenso, ha riguardato gli asili nido, messi in ginocchio dall’approvazione di norme indecorose che riducono del 35-40% gli spazi per i bambini e aumentano sensibilmente il numero di bambini per educatrice. Questo è il disegno della giunta Polverini, che non tocca la casta ma favorisce le fondazioni private e alimenta uno sperpero di denaro pubblico responsabile di una crisi senza precedenti. Il tutto – conclude Peduzzi – è stato approvato con l’aggravante di una metodologia che straccia le regole del confronto e del dibattito democratico”. 

venerdì 5 agosto 2011

GIOELE, MAESTRO DI PACE

Franca Dumano


Profondamente addolorata dalla morte di Gioele, scrivo per lui un ultimo saluto e un ringraziamento.

Grazie a Gioele per il suo insegnamento di pace, articolato su vari livelli: teorico, teologico,pratico.
Brillante  studioso e  seguace del pensiero di Martin Luther King e di Gandhi, cultore dei valori costituzionali, della laicità e dei diritti civili.
 Teologico - per le ore preziose in cui mi spiegava passi biblici, mi consigliava letture, tesseva le trame della bella esperienza del gruppo ecumenico, “profeta di giustizia”(come è stato definito dal pastore battista Salvatore  Rapisarda in un affettuoso ricordo) , apriva per me le porte del Deuteronomio, mi faceva conoscere lo spirito critico Karl Barth e la sua applicazione del metodo dialettico hegeliano alla teologia, mi faceva amare D. Bonhoeffer e scoprire la via della teologia della “secolarizzazione” di Harvey Cox, mi illuminava sul ruolo dell'apostolo Paolo ( a me fino ad allora antipatico per un passo poco felice sulla donne chiacchierone)
 Pratico - per le tante occasioni in cui cercava di spiegarmi come contenere la mia rabbia e farla canalizzare in progetti costruttivi, maestro illuminato nella quotidiana di risoluzione di conflitti realistico, pragmatico, sincero; per la sua attività nel gruppo di lavoro per la pace, in anni bellissimi e intensi in cui accanto  a lui scoprivo il mondo e il pacifismo, scrivevo la tesi sui filosofi della pace, scoprivo il pensiero di Aldo Capitini. Intorno a noi, nonostante mobilitazioni massicce,  il primo intervento italiano nella guerra del Golfo Persico cambiava per sempre gli scenari mondiali, inaugurava  una triste stagione di interventi “umanitari” mai conclusa, implodeva nella filosofia della pace di Bobbio e nella vanificazione degli strumenti di pace internazionali..
La sua luce interiore brillava negli interventi pubblici e nelle nostre riunioni serali a Sant'Angelo in Villa, il suo radicalismo mi affascinava e sfiorava la purezza.
La sua autorevolezza e la sua disarmante sincerità sedavano conflitti in me e intorno a me, generavano spunti di riflessione cui ancora penso e che spero di essere in grado di trasmettere a mio figlio.  
La sua solidarietà era reale, concreta, profondamente ancorata ai suoi ideali, ma semplice e diretta.
Non ho potuto partecipare all'abbraccio degli amici e della famiglia  a Sant'Angelo in Villa del 31 luglio; in  rete ho letto il bell'intervento di Paolo Iafrate  e la giusta associazione di Armando Mirabella  fra Gioele e Andrea Coccia, indimenticabili punti di riferimento nella nostra e in altre generazioni;  mi unisco alle loro parole di ciociari impegnati nel quotidiano, ma con un'altra prospettiva.
Scrivo da Carrara, (dove vivo da qualche anno) “lontana” dalla terra di origine, vedo le cose da un'altra ottica, più distaccata per alcuni aspetti e più sentimentale per altri.  A Carrara  proseguo la mia 'esperienza di “migrazione” iniziata nel 1994, con la vincita del concorso in Procura a Torino  e il conseguente, repentino trasferimento.  Trasferimento “protetto” da Gioele,in tutto e per tutto, che mi mise in contatto con la straordinaria accoglienza battista di suoi colleghi piemontesi,mi aprì le porte magiche delle valli valdesi,  mi rassicurò sull'esperienza del distacco, raccontandomi gli anni degli studi teologici a Rivoli, delle albe intraviste dalla finestra della stanza degli studi  o nelle passeggiate di riflessione, non mancando di descrivermi la tensione ideale e politica degli anni 60 a Torino e riuscendo a farmi amare questa città,  ancora prima di arrivarci.
Mi raccontò ancora dell'esperienza di Ginevra, come membro del Comitato centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese) della fecondità mentale ed emozionale che si realizza parlando una lingua diversa dalla linguamadre. Le sue riflessioni sulle esperienze all'estero (Haiti; ad es) furono illuminanti per me in discussioni sulla vita dei primi migranti che incontrammo per il corso di italiano  a Frosinone.
 Molte altre volte nella mia vita mi sono rivolta a lui e alla sua esperienza; maestro di francese prima delle partenze per i miei viaggi di volontariato in Mali e maestro di speranza e volontà di cambiamento per i miei disastrosi ritorni; pragmatico maestro di pace in conflitti interpersonali, familiari, associativi.
 Da Gioele ho sempre trovato solidarietà, accoglienza e conforto,anche nella triste esperienza della malattia e della morte di mia madre.
Grazie Gioele e grazie Stefania di aver cantato per me “We shall overcame” in una riunione lontana nel tempo del gruppo della pace.
Grazie, maestro di pace.


Ci uniamo alle parole di Franca Dumano . Ricordiamo Gioele associando la sua pesonalità ad  un grande del Jazz. John Coltrane. Un artista che ha trovato nel profondo dellla sua anima, in una intensa meditazione intimista  l'ispirazione per suonare della grande musica. Il brano è Equinox. Insieme a John Coltrane al sax tenore ci sono i suoi compagni storici di sempre:
McCoy Tyner - Pianoforte
Steve Davis -Contrabbasso
Elvin Jones-Batteria

Luc Girello

Turi, il no tav pacifista rampante è in grave pericolo!

Simonetta Zandiri

Turi è ancora sull'albero, resiste da più di 24 ore. E' in digiuno da giorni, ora anche senza liquidi. La sua tenacia ed il suo spirito di sacrificio hanno permesso di far girare un appello a tutti i giornalisti perché raggiungessero il presidio e dessero voce a chi vuole che anche le ragioni del movimento NO TAV trovino spazio. Sul posto è arrivata una troupe di Sky, ma Turi non si accontenta. Turi continua la sua lotta NON VIOLENTA, abbracciato a quell'albero così fragile, ad un'altezza di quasi 30 metri. Intorno alle 15:30 i vigili del fuoco, approfittando di un momento di calma, hanno tentato una manovra per fare scendere il nostro pacifista rampante: alcuni uomini sul cestello si sono preparati ad avvicinarsi alla cima dell'albero, ma il manovratore ha forzato la mano ed il cestello ha urtato con violenza i rami già fragili, rischiando di far cadere Turi. A poco o nulla sono valse le grida degli attivisti NO TAV presenti sul posto, che hanno filmato tutta la scena. Pochi istanti dopo ecco ritentare la manovra, stesso impatto violento, stesso esito: mettere in grave pericolo la vita di Turi. Il cestello è ora accanto alla cima dell'albero, i rami sono flessi pericolosamente (sono molto secchi) e la vita di Turi è ancora in pericolo. Lui non scende, non demorde e ormai è chiaro che è pronto a tutto, anche al gesto più estremo. Non ci sono parole per descrivere una situazione sempre più grave, tra manovre forzate e pericolose commesse dai Vigili del Fuoco ed il complice silenzio dei media. Ripetiamo l'appello a tutti i giornalisti, TURI chiede di poter parlare ai media, chiede di mettere fine a questo assordante silenzio che copre le peggiori violenze di uno stato che ha dichiarato guerra ai cittadini. Ognuno risponda alla propria coscienza, per la vita di quest'uomo valoroso. Turi, un pacifista, un no tav, un uomo coerente. 


TG MADDALENA, in diretta dal presidio di Chiomonte

Massimo Moriconi - confessioni di un artista umano

Roberto Fasciani : fonte http://www.guitar-nbass.com


Massimo Moriconi non ha certo bisogno di presentazioni, ma per chi non lo sapesse siamo al cospetto di uno dei nomi più importanti del panorama musicale italiano, e direi anche internazionale. Il suo curriculum infinito vanta tra i tanti gente del calibro di Chet Baker, Mina, Billy Cobham, “Toots” Thielemans, Massimo Urbani, Paolo Fresu, Enrico Rava... in pratica i nomi più importanti del jazz internazionale e del pop; inoltre è uno dei più apprezzati didatti italiani. massimo-moriconi-2
Oggi di Massimo scopriamo un'immagine più nascosta e molto profonda: non solo il grande musicista ma una persona che ama la vita in tutte le sue sfumature, passionali e metafisiche, e che ha scelto come mezzo di interazione con essa proprio la musica.
Ci siamo incontrati nella scuola “Percentomusica” a Roma (di cui è direttore didattico), e l'intervista è iniziata proprio parlando del rapporto che c'è tra persona e musica...
- Io credo che ci sia uno stretto collegamento tra come si è e come si suona; per te questo ha un senso?
- Sì, secondo me nella maggior parte dei casi succede questo. Durante la mia carriera ho attraversato 2-3 generazioni di musicisti e ho notato che se nella vita una persona è fatta in un modo allora questo si riflette nella sua musica. Forse è anche per questo motivo che per una produzione un musicista viene chiamato al posto di un altro che magari è più bravo. Io per esempio durante le sessions con musicisti che non conosco penso sempre che sto con la mia squadra, ci sto dentro al massimo... per me è sempre un gioco e mi diverto da morire! E questo viene notato. Una cosa che ho imparato, nella vita come nella musica, è che si cresce tanto quando ascolti gli altri: suonare per sé stessi non ha senso, ma se ascolti il batterista lui ti può dare un input che codifichi e rispedisci al chitarrista e così via... allora viene fuori la musica. L'importante è sapersi relazionare. Capita che alcuni musicisti fortissimi stanno nel giro per qualche anno e dopo spariscono perchè non sanno relazionarsi con gli altri; parlandoci ho notato che questo deriva proprio dal loro carattere.
Inoltre credo che se uno studia un pò di meno ma vive di più allora suonerà meglio, studiare e basta ti porta a fare le cose in modo limitato, direi. Anche nell'insegnamento ascolto molto i ragazzi e imparo moltissimo; se non facessi così mi priverei di tutte le infinite variabili che esistono nella musica. Con 21 lettere sono stati scritti milioni di libri, ma pensa a tutte le combinazioni che possiamo avere con le note... molto più complesso! E le combinazioni le trovi nelle persone che hai di fronte.

- Infatti spesso ci troviamo di fronte grandi nomi della musica che non hanno studiato ma sempre e solo suonato...
- Per me la verità sta nel mezzo, è importante sia studiare che suonare; nel jazz ci sono stati musicisti che prima suonavano e poi codificavano quello che avevano appena fatto... Adesso abbiamo un'enorme mole di studio, metodi ecc. ed è una cosa buona. L'importante è non fare in modo di studiare e basta, non serve suonare solo sulle basi ma interagire con i musicisti che ti possono cambiare il fill invece di fare sempre le stesse cose come invece farebbe una base. Il salto di qualità negli allievi lo vedo quando cominciano a suonare tanto con i gruppi, pensano di meno e suonano di più. Più tecnica studi più diventi una macchina, ma le dinamiche e l'espressività le acquisisci suonando con le persone... io stesso all'inizio studiavo molta tecnica, poi col tempo ho scoperto che ogni nota, a seconda di quando, come e a chi la dici assume un significato diverso.

- Riesci a essere così libero nell'approccio al pop che sembra essere più “quadrato” del jazz?
- Il pop non è quadrato... mi intimorisce sempre suonare pop, con il jazz invece  non mi succede. Nel pop è semplice il risultato, non il processo col quale è stato fatto. Accorgimenti come appuntamenti, note puntate ecc. sono tutte cose stabilite, e se ne cambi una allora il giro non funziona più. Invece nel jazz può capitare qualcuno che suona troppe note, e se uno di questi viene a registrare un disco pop suonando molto meno allora si notano note calanti, crescenti... Molti che che si credevano grandi musicisti col pop si sono ridimensionati... Il pop è molto impegnativo per il suono, il timing, e poi devi creare! E' l'idea che conta, così come nel jazz vero, comunque... B.B. King conosce due scale ma ha fatto la storia della musica, altri invece sanno tutte le scale ma ti annoiano. Io nel jazz sono più concentrato ma nel pop mi chiedo sempre se mi verrà in mente qualcosa, se avrò il suono giusto... i particolari della nota, insomma. Credo che non si possono fare differenze sui generi musicali, secondo me ci sono solo culture differenti e ognuna di queste ha la propria musica, il proprio cibo, le proprie donne, e tutte hanno pari dignità, basta solo conoscerle. Ogni giorno della mia vita ho scoperto sempre cose nuove, sono una persona aperta a tutto e a tutti e ho la curiosità di consocere quello che il mondo mi offre.

- Vanti collaborazioni al top in campo pop e jazz... qual è secondo te la cosa che accomuna i grandi della musica?
- I grandi sono quei musicisti che ti prendono con tutti i pregi e difetti, tutta la tua persona. Chet Baker e Mina sono quelli che mi hanno dato di più. Ad esempio, una volta Mina mi guardò stupita quando le chiesi se una mia take le fosse piaciuta... lei mi rispose che ero io il responsabile del mio basso, quindi se piaceva a me piaceva pure a lei! In seguito non le ho mai più chiesto nulla... E questo ti mette fiducia ma anche una grande responsabilità che però ti fà dare il massimo. La cosa più bella è essere sé stessi, e lei vuole questo da me. Questo crea un insieme che rende la musica magica, e se ognuno conosce il suo ruolo allora è bello.

- Quanto la tecnologia ha inciso nel mondo della musica?
- Ora va tutto più veloce, dopo pochi anni di studio si crede di saper già suonare... ma servono tempi di maturazione per imparare a suonare come si deve. Le tecnologie moderne hanno un pò offuscato il modo di interagire con gli altri (pensate ad esempio a registrare un basso solamente col click senza le altre tracce...). Io preferisco viverle con gli altri queste sensazioni, ma un ragazzo magari dà per scontato che suonare da soli a casa serva a crescere... il fatto è che se stai da solo hai sempre ragione, non hai mai problemi! Invece mettersi in discussione interagendo con gli altri è la cosa fondamentale. Bisogna distinguere le cose che si sanno e quelle che si sanno fare... io sò solo quello che so fare.

- Come definiresti la parola musica?
- Per me la musica è espressione dell'uomo, il linguaggio più universale che esiste... possiamo comunicare con persone di tutto il mondo, se suono un blues con un giapponese ci capiamo benissimo. E' come una lingua, serve per esprimere degli stati d'animo; i grandi che hanno inventato certi tipi di musica erano in stati d'animo particolari, appunto. Non vedo la musica come un'entità ma come una cosa che nasce dentro di noi, che prima di essere musicisti siamo uomini, con tutte le esperienze che abbiamo vissuto. Grandi musicisti come Clapton e Santana si sono evoluti nel tempo perchè oltre a suonare hanno vissuto molto, in ogni nota puoi sentire tutta la loro esperienza di vita; questo ci fa capire quanto conta vivere per poter dire qualcosa.

massimo-moriconi-3- Spesso mi trovo nella situazione in cui, mentre suono, mi sembra di essere una specie di “tramite”, come se non fossi io a suonare ma sia la musica stessa a dirmi cosa devo fare...
- Quella si chiama ispirazione... sin dagli inizi della storia l'uomo ha sempre avuto questa inclinazione: pensate ai ritmi tribali e ai canti attorno al fuoco delle tribù, vere e proprie jam sessions! E' uno strumento che appartiene a tutti, ma chi studia riesce ad esprimere meglio cosa sente in quel momento; poi a seconda delle invenzioni allora l'uomo si adegua; pensate alla scoperta dell'elettricità... sono arrivate le chitarre elettriche! Ma tutto nasce dall'uomo, non è una cosa esterna.

- Sei anche un grande didatta, e il tuo amore per l'insegnamento è una cosa che gli allievi percepiscono molto. Basta questo per essere un bravo insegnante, data la responsabilità del ruolo?
- Serve non generalizzare: bisogna vedere chi hai di fronte, ogni allievo è unico e quindi rivedo il modo di dire le cose che alla fine sono sempre le stesse... devi trovare il modo giusto per far sì che che l'allievo faccia le cose con voglia, motivarlo. Dare input e farli camminare da soli, altrimenti si creerebbero molti piccoli “Moriconi”. Jim Morrison diceva “Io non sono nessuno ma nessuno è come me”, e questo riassume molto il concetto. Mantenere l'unicità del proprio essere è importante, rimanere originale è una scelta anche se notiamo una globalizzazione persino in questo, dati i modelli odierni.

- Quindi l'imporre un modo di essere su un altro si trova anche nella musica?
- Si, ora c'è un grande appiattimento perchè abbiamo sempre gli stessi modelli... Un tempo tutti stavano in fissa per il tapping, ma poi B.B. King era l'unico che vendeva dischi! Ci vuole l'anima, non solo la tecnica, trovare un bilanciamento è importante. Pensate a Eddie Van Halen: lì trovo tutto, idee, melodia, tecnica, passione... per me è il massimo. Quando invece tendi a fare note su note allora non è proprio suonare. Durante la rivoluzione del '68 c'era musica di tutti i tipi, e questo rifletteva il grande cambiamento da un mondo chiuso e cattolico a uno più aperto... quando ho visto Woodstock mi sono innamorato non solo di Hendrix e Santana, ma anche del pubblico, tutti andavano d'accordo, facevano l'amore nel sacco a pelo senza che nessuno li giudicasse... ora invece vediamo  politici che negano le verità dell'altro e peggio. Fortunatamente sono cresciuto in un ambiente in cui c'era dialogo e comunicazione, ma vedo che di questi tempi o stai da una parte o dall'altra; si parla di cose senza averle prima sperimentate... La paura di essere giudicato in base ai modelli odierni ti limita come persona e musicista. Ci vorrebbe un altro '68!

- Le tue più grandi soddisfazioni professionali?
- Le ho avute da una vita molto densa e varia, senza tempi morti... quando andavo a fare un disco avevo una vitalità che mi permetteva di suonare al meglio, con entusiasmo. Tutta la mia musica è nata dalla mia vita privata, e quasi ogni giorno provo un'enorme felicità ma anche sorpresa per la mia vita; ogni cosa mi rende felice, anche fare quest'intervista. Mi godo ogni cosa che faccio, dalla più piccola alla più grande, cerco di dare un gran significato a tutto perchè non voglio abituarmi alle cose. Sesso, amici, cibo, lavoro e salute, questi sono i pilastri della mia vita.

- Ci sono musicisti che dicono di vedere forme e colori mentre suonano... tu cosa ne pensi?
- Può darsi, non so... Diciamo che prima di pensare a queste cose se mi serve sto concentrato sul tempo e sugli accordi se la struttura è difficile da seguire... ma poi su un pedale di Mi7 magari posso vagare di più con la mente. Certi meccanismi devono diventare naturali, poi uno 
 vede quello che vuole. Comunque sia io penso alla... si può dire???



Nel video Massimo Moriconi suona con:
Mauro Bottini - Sax Tenore
Paolo Tombolesi -Pianoforte
Stefano Micarelli -Chitarra
Massimo Manzi: Batteria

giovedì 4 agosto 2011

La Strage dell'Italicus

Da un articolo di Gianluca Versace de Il Gazzettino



4 agosto 1974. Nella notte una bomba esplode nella vettura numero 5 dell'espresso Roma-Brennero. I morti sono 12 e i feriti circa 50, ma una strage spaventosa è stata evitata per questione di secondi: se la bomba fosse esplosa nella galleria che porta a San Benedetto Val di Sambro i morti sarebbero stati centinaia. Racconta un testimone della strage: «Il vagone dilaniato dall'esplosione sembra friggere, gli spruzzi degli schiumogeni vi rimbalzano su. Su tutta la zona aleggia l'odore dolciastro e nauseabondo della morte». I due agenti di polizia che hanno assistito alla sciagura raccontano: «Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c'era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti. Dentro doveva già esserci una temperatura da forno crematorio. 'Mettetevi in salvo', abbiamo gridato, senza renderci conto che si trattava di un suggerimento ridicolo data la situazione. Qualcuno si è buttato dal finestrino con gli abiti in fiamme. Sembravano torce. Ritto al centro della vettura un ferroviere, la pelle nera cosparsa di orribili macchie rosse, cercava di spostare qualcosa. Sotto doveva esserci una persona impigliata. 'Vieni via da lì', gli abbiamo gridato, ma proprio in quel momento una vampata lo ha investito facendolo cadere accartocciato al suolo».
I neofascisti non nascondono di essere gli esecutori. Un volantino di Ordine nero proclama: «Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti». Gli investigatori brancolano nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra, Aurelio Fianchini, evade dal carcere di Arezzo e fa arrivare alla stampa questa rivelazione: «La bomba è stata messa sul treno dal gruppo eversivo di Mario Tuti che ha ricevuto ordini dal Fronte nazionale rivoluzionario e da Ordine nero. Materialmente hanno agito Piero Malentacchi, che ha piazzato l'esplosivo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, Luciano Franci, che gli ha fatto da palo, e la donna di quest'ultimo, Margherita Luddi».
Eppure la polizia era informata da tempo che Mario Tuti era un sovversivo e una donna aveva addirittura dichiarato a un giudice che l'autore della strage era proprio lui. Risultato: la denuncia archiviata e la donna mandata in casa di cura come mitomane. Il giudice che aveva raccolto e insabbiato la dichiarazione si chiamava Mario Marsili ed era il genero di Licio Gelli, il gran venerabile della loggia massonica P2.
Si entra così nei misteri della polizia e dei governi-ombra che per alcuni anni hanno condizionato la vita italiana. Il dubbio che la P2 sia implicata nella vicenda induce il giudice bolognese Vella a diffidare della magistratura aretina. Scrive Giampaolo Rossetti, un giornalista che si è occupato per mesi della vicenda: «Arezzo era città di protezione per i fascisti». Basti pensare alla frase strafottente pronunciata da Luciano Franci, il luogotenente di Mario Tuti, rivolgendosi a un camerata che piagnucolava dopo l'arresto: «Non preoccuparti, da queste parti siamo protetti da una setta molto potente». Una setta, ci spiegò poi il giudice Vella, che puzzava di marcio ed era al centro di un potere occulto collegato alle più oscure vicende della vita italiana. Per saperne di più il giudice Vella si rivolse anche ai Servizi segreti, ma per mesi non ottenne risposta. Protestò e allora l'ammiraglio Casardi, capo del servizio militare, gli scrisse rimproverandolo di ignorare «le norme che regolano il nostro servizio». «Le conosco anche troppo» gli rispose Vella, «ed è questo che mi preoccupa». Probabilmente se i Servizi segreti l'avessero aiutato, il giudice sarebbe subito arrivato a Tuti.
Comunque, all'inizio del '75 viene emesso un mandato di cattura contro Mario Tuti, che però riesce a sfuggire all'arresto. Aspetta che i tre carabinieri andati per arrestano suonino alla porta e poi spara loro addosso uccidendone due e ferendo il terzo. L'uomo riesce ad espatriare, prima ad Ajaccio e poi sulla Costa azzurra. La polizia francese lo rintraccia a Saint-Raphael dove ha luogo di nuovo uno scontro cruento, al termine del quale il terrorista viene arrestato. Al processo terrà un contegno sprezzante. Anni dopo, nel 1987, sarà lui a capeggiare una rivolta nel carcere di Porto Azzurro che terrà l'Italia con il fiato sospeso per alcuni giorni.
Le indagini sull'Italicus e su piazza della Loggia hanno spezzato il fronte dell'omertà. I balordi della provincia nera parlano, ma quando il giudice Tamburrino di Padova o il giudice Arcai di Brescia chiedono conferme o aiuti ai Servizi segreti per indagare sulle alte complicità cala la serranda del «segreto di Stato». Le protezioni di cui godono i fascisti sono sfacciate. Valga questo esempio: il 19 luglio del '75 viene arrestato a Milano l'avvocato Adamo Degli Occhi, capo della «maggioranza silenziosa», movimento d'ordine. I carabinieri di Milano chiedono alla Questura di Brescia, che conduce le indagini sulla strage di piazza della Loggia, se devono perquisire l'alloggio dell'avvocato, ma la Questura dice che non è il caso. Intanto un giornalista fascista, Domenico Siena, è entrato nell'alloggio e ne è uscito con due valigie. Dirà che aveva preso effetti personali da far arrivare in carcere all'avvocato. Il dubbio che fossero carte compromettenti è più che lecito.
da "Gli anni del terrorismo" di Giorgio Bocca (pagg. 291-293)

“Maria Fida Moro ha rivelato ieri un particolare inquietante. Suo padre, il 4 agosto 1974, era salito sul treno Italicus, ma prima di partire venne fatto scendere per firmare delle carte. Poche ore dopo ci fu la strage sull'Appennino. Il vero obiettivo era Aldo Moro?
L'obiettivo della strage dell'Italicus ... L'obiettivo della strage dell'Italicus sarebbe stato Aldo Moro. Un'ipotesi inquietante che, a trent'anni dall'attentato che provocò una strage, viene avanzata dalla figlia dello statista democristiano, Maria Fida Moro. L'annuncio choc è stato dato ieri sera nel corso di una trasmissione di Tele Serenissima, alla quale era presente anche Luigi Bacialli, direttore del Gazzettino. È stata la stessa Maria Fida Moro a telefonare e spiegare al conduttore Gianluca Versace che quel giorno (il 4 agosto del 1974) suo padre era addirittura salito sul treno alla stazione di Roma e stava per partire, quando all'ultimo momento un suo collaboratore gli disse di scendere per firmare alcune carte. Così il treno partì senza di lui. Poche ore dopo, quando l'Italicus percorreva la lunga galleria appenninica di San Benedetto Val di Sambro, una bomba ad orologeria esplose provocando la strage rivendicata da Ordine Nero. Per Moro il destino riservava un'altra morte violenta: il 9 maggio del 1978 venne ucciso dalle Brigate Rosse, dopo un lungo periodo di prigionia.
L'episodio è anche raccontato nel libro "La Nebulosa del caso Moro" che sta per uscire. "Alla fine del libro ho citato un episodio tanto vero quanto non suffragabile, mio padre salì e scese immediatamente dall'Italicus. Fino all'ultimo ero in forse se inserirlo nel volume perché ero certa che sarebbe stato strumentalizzato, ma non prima che "La nebulosa" fosse in libreria".
Maria Fida Moro ha fatto capire di non aver mai rivelato prima questa clamorosa versione sulla strage dell'Italicus, perché sconsigliata da persone a lei vicine. Il collegamento, tra la presunta presenza di Moro e la strage sul treno, non era mai emerso.”

Bene l'apertura al confronto con Scalia

  Alessandra De Giorgi

Dipartimento Comunicazione CODICI

AEROPORTO FROSINONE, CODICI E RETUVASA: BENE L’APERTURA AL CONFRONTO DELL’ON. SCALIA
A SETTEMBRE UN INCONTRO PUBBLICO

“Apprezziamo l’apertura al confronto dell’On. Scalia, principale sostenitore del progetto dell’aeroporto di Frosinone – commenta Luigi Gabriele, Segretario Provinciale Codici – Siamo disponibili ad un incontro pubblico che prevediamo di organizzare a settembre, subito dopo lo stop estivo. Con l’occasione ognuno potrà servirsi dell’apporto dei propri tecnici. Lo scopo – sottolinea ancora Gabriele – sarà quello di fornire la massima informazione ai cittadini e, discutendone pubblicamente, capire la fattibilità o meno dell’opera”.

“Leggiamo con piacere - aggiungono il coordinatore provinciale Retuvasa e responsabile ambiente CODICI Francesco Bearzi e il presidente Retuvasa Alberto Valleriani -  oltre che della importante e piena condivisione del nostro dossier da parte degli onn. Bonelli e Peduzzi, della pronta disponibilità a un confronto pubblico sulle criticità del progetto aeroportuale e della relativa Variante da parte dell’on. Francesco Scalia, che esprime il legittimo desiderio siano presenti i tecnici del CNR che hanno curato il Rapporto ambientale commissionato da Aeroporto di Frosinone spa funzionale alla VAS. Opportuno tra gli altri siano invitati i tecnici dell’ENAC, da cui dipende in definitiva l'autorizzazione all'apertura dell'aeroporto, che già hanno espresso parere negativo sul progetto per motivi di sicurezza, rotte di volo, operatività, sostenibilità economica e sostenibilità ambientale”.



Frosinone, 4 agosto 2011

A proposito di aeroporti Il nodo strategico di Sigonella.

Antonio Mazzeo


Dal 1973 è una delle stazioni aeronavali chiave per gli interventi militari USA in Europa orientale, Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico ed una delle infrastrutture  estere che ha assorbito i maggiori investimenti da parte del Pentagono (poco meno di un miliardo di dollari negli ultimi 15 anni). Si tratta di Sigonella, la grande base dell’US Navy che sorge nella piana di Catania, oggi trampolino di lancio degli attacchi della coalizione internazionale a guida NATO contro le forze armate libiche fedeli a Gheddafi.
Congiuntamente ad un’altra base siciliana (Trapani-Birgi), Sigonella sta funzionando da vero e proprio hub per la movimentazione di uomini, mezzi e sistemi d’arma destinati allo scacchiere di guerra libico. Operano in particolare dalla stazione aeronavale gli aerei senza pilota UAV MQ-1 Predator che il Pentagono sta utilizzando per bombardare caserme, aeroporti, postazioni radar e centri di telecomunicazione. Secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra, nella base siciliana sono stati schierati due squadroni dell’US Air Force con velivoli Predator. Realizzati dalla General Atomics Aeronautical Systems Inc., i velivoli misurano 8,22 metri di lunghezza, raggiungono medie altitudini (sino a 9.000 metri sul livello del mare) e hanno un’autonomia di volo di 40 ore. I sensori ottici e i sistemi di video-sorveglianza possono individuare e fotografare qualsiasi target anche in condizioni di intensa nuvolosità. Ma più che aerei spia, i Predator sono un’arma letale in grado d’intercettare ed eliminare gli obiettivi con estrema precisione grazie ai missili aria-terra a guida laser AGM-114 “Helfire” di cui sono armati.
Per le missioni d’intelligence e per dirigere gli attacchi, il Pentagono utilizza pure un altro tipo di velivolo senza pilota, l’RQ-4 Global Hawk (“falco globale”), prodotto dalla Northrop Grumman. È il “grande fratello” teleguidato che intercetta ogni movimento sospetto in aree che si estendono per migliaia di chilometri quadrati, l’anello strategico delle catene di controllo e comando delle guerre del XXI secolo, quelle a costo zero – in termini di vittime - per gli eserciti che le scatenano, e dove restano invisibili i morti, civili e militari, dei paesi che le subiscono. Di dimensioni nettamente maggiori del Predator, i “falchi globali” godono di un’autonomia di volo di circa 30 ore e possono volare a 60.000 piedi di altezza in qualsiasi condizione meteorologica. Il viceammiraglio William Gortney, in un’intervista alla stampa statunitense, ha confermato che il Global Hawk “sta fornendo una sorveglianza continua del territorio libico, eseguendo missioni di volo dalla base aerea di Sigonella”. Dopo aver ingrandito con i propri visori di bordo le immagini captate e calcolate le coordinate geografiche dei potenziali obiettivi, il grande UAV invia le informazioni ai centri di analisi terrestri e agli aerei-radar AWACS della NATO (questi ultimi operativi da Trapani-Birgi) che stabiliscono i target da bombardare con i cacciabombardieri, i missili da crociera e i Predator.
Anche se il primo dei Global Hawk è giunto segretamente solo nell’ottobre del 2010, la base di Sigonella è destinata a divenire la “capitale internazionale” di questi velivoli destinati a coordinare i futuri attacchi, convenzionali e nucleari, contro ogni possibile obiettivo nemico in tre continenti (Europa, Asia ed Africa). Stando ai piani del Pentagono, nello scalo sarà pienamente operativo entro il 2012 un plotone di 4-5 Global Hawk, mentre altri cinque velivoli saranno consegnati entro il 2015 ai reparti della Marina USA di stanza in Sicilia. Il ruolo strategico di Sigonella nelle operazioni in Libia è consacrato pure dai velivoli per il pattugliamento marittimo P-3C “Orion”, gioielli dell’intelligence navale convertiti in aerei d’attacco: la US Navy ha dotato gli “Orion” dei missili aria-superficie AGM-65 “Maverick”, ampiamente utilizzati per distruggere le imbarcazioni libiche. Nella base sarebbero pure schierati gli aerei A-10 “Thunderbolt” e AC 130 “Spectre”, infernali strumenti di morte dell’US Air Force. Il “Thunderbolt” è armato con un cannone lungo più di sei metri, il GAU-8/ “Avenger” (vendicatore), in grado di sparare fino a 4.200 colpi al minuto. I proiettili di 30 centimetri contengono ognuno 300 grammi di uranio impoverito per perforare blindati e carri armati. Conti alla mano, ad ogni raffica l’“Avenger” disperde nell’ambiente più di 15 chili di microparticelle radioattive. Lo “Spectre”, invece, può essere dotato alternativamente di un cannone da 105 millimetri o da cannoncini da 40 e 25 millimetri con proiettili perforanti anti-carro. I sempre più numerosi arrivi nella base siciliana dei giganteschi aerei cargo dell’US Air Force, congiuntamente al dispiegamento dei velivoli senza pilota del tipo Global Hawk e Predator, rischiano di rendere ancora più sovraffollati gli spazi aerei della Sicilia e di buona parte del sud Italia, con prevedibile peggioramento delle condizioni di sicurezza per il traffico civile e le popolazioni che vivono nelle aree vicine all’installazione aeronavale. Sono in particolare gli UAV a porre pesanti interrogativi sui pericoli futuri, ma le ripetute denunce degli attivisti della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella non hanno condotto sino ad oggi a un serio dibattito pubblico sui rischi di questi sistemi a controllo remoto per le attività di decollo e atterraggio del vicino aeroporto civile di Catania-Fontanarossa, il terzo scalo in Italia come volume di passeggeri (oltre sei milioni di transiti all’anno). Diversamente era andata invece in Spagna, dove le autorità statali che in un primo tempo avevano candidato Zaragoza come “principale base operativa” del sistema AGS in alternativa a Sigonella, si erano poi ritirate perché “l’installazione dei velivoli senza pilota presentava molti inconvenienti al normale funzionamento del vicino aeroporto della città”, come dichiarato dal portavoce del governo Zapatero. “Dato che le aeronavi della NATO voleranno continuamente per catturare le informazioni, si potevano generare restrizioni al traffico aereo, saturazione nello spazio aereo e problemi durante gli atterraggi e i decolli”.
Sui pericoli rappresentati dalla proliferazione degli UAV non mancano gli studi e gli interventi scientifici anche dall’altra parte dell’Oceano. Nel documento The U.S. Air Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle - Strategic Vision, in cui l’aeronautica militare statunitense delinea la “visione strategica” sul futuro utilizzo dei sistemi di guerra, si ammette che “i velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali estreme e vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e non cinetiche”. “Il rischio d’incidente del Predator e del Global Hawk è d’intensità maggiore di quello dei velivoli con pilota dell’US Air Force”, si legge ancora, anche se si aggiunge essere “al di sotto dei parametri stabiliti nei documenti di previsione operativa per questi sistemi”. Il comandante Renzo Dentesano, pilota per quarant’anni dell’Aeronautica militate e di Alitalia (poi consulente del Registro aeronautico italiano e perito per diverse Procure della repubblica e studi legali in procedimenti relativi ad incidenti aerei) spiega che Global Hawk e Predator “non risultano in grado di assicurare l’incolumità del traffico aereo civile”, perché “sono stati progettati in modo tale che, pur disponendo a bordo di un sensore capace di “vedere”, secondo il principio ICAO di see and be seen, altro traffico in volo con il quale la loro traiettoria potrebbe interferire, non hanno la capacità completa di rispettare l’altro principio sul quale si basa la sicurezza dell’aviazione civile e cioè il protocollo see and avoid – vedi ed evita il traffico a rischio di collisione”. Per Dentesano, cioè, gli UAV “non sono in grado di variare la loro traiettoria di volo in senso verticale, salendo o scendendo di quota, come la situazione per evitare una collisione prontamente richiederebbe”.
Queste problematiche sono note alle autorità militari italiane. Durante un’ispezione compiuta nella base siciliana (31 marzo 2008) dal parlamentare di Sinistra Critica-PRC, Salvatore Cannavò, l’allora comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica militare, colonnello Antonio Di Fiore, aveva negato l’ipotesi d’insediamento a Sigonella dei Global Hawk in quanto “la gestione di quel tipo di aerei non è compatibile col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa”. Senza poi dimenticare che i velivoli decollano e atterrano a pochi chilometri in linea d’area dal cosiddetto “triangolo della morte” Augusta-Melilli-Priolo dove imperversano impianti chimici, raffinerie, depositi di carburante e munizioni per le unità navali USA e NATO, compresi i sottomarini e le portaerei a capacità nucleare.
Che Sigonella e dintorni siano ad altissimo rischio militare lo conferma la lunga lista d’incidenti verificatisi in questi anni: collisioni in volo, velivoli precipitati al suolo o nelle acque del basso Tirreno, atterraggi di fortuna su campi e strade siciliane, ecc.. Il peggiore dei disastri risale a ventisette anni fa. Il 12 luglio 1984, un quadrigetto C141B “Starlifter” dell’US Air Force precipitò in contrada Biviere, nel comune di Lentini (Siracusa), e nell’incidente morirono i nove membri dell’equipaggio. I militari statunitensi vietarono il soccorso ai mezzi locali e impedirono che giornalisti e fotoreporter si avvicinassero all’area. Massimo fu il riserbo sul carico trasportato dal velivolo e il segreto militare fu esteso pure alle cause di incidente. Per una quarantina di giorni, la strada statale 194 che collega Catania a Ragusa fu interdetta al traffico veicolare. Solo a seguito di uno studio del colonnello dell’US Air Force Paul M. Hansen sugli incidenti con oggetto i C141B (ottobre 2004), la Flight Safety Foundation di Washington ha pubblicato sul proprio data base una scheda di quanto accaduto a Lentini. La fondazione segnala che la destinazione del volo era la base aeronavale di Diego Garcia, Oceano indiano. “Immediatamente dopo il decollo da Sigonella – si legge nel report – il motore n. 3 del velivolo accusava una grave avaria. Il motore iniziava ad emettere dei rottami che causavano il danneggiamento del motore n. 4. I rottami entravano pure all’interno del compartimento di cargo, incendiando un pallet contenente vernici. L’incendio alle merci trasportate produceva uno spesso fumo velenoso che rendeva il controllo visivo dell’aereo estremamente difficoltoso. L’aereo finiva su un ripido terrapieno ed esplodeva ad appena 198 secondi dal decollo. Gli esami tossicologici effettuati dopo l’incidente indicavano che i membri dell’equipaggio avevano ricevuto potenzialmente livelli fatali di cianuro dal fumo assorbito prima dell’impatto”.
Dopo più di vent’anni, la Procura della Repubblica di Siracusa ha aperto un’inchiesta sull’incidente di Lentini facendo seguito alla denuncia dell’Associazione per bambini leucemici “Manuela e Michele” sull’altissimo tasso di malformazioni congenite e l’anomalo aumento di patologie leucemiche, tumori al cervello e alla tiroide, registrati tra il 1992 e il 1995 nel comprensorio dei comuni di Lentini, Carlentini e Francofonte. Secondo il Registro Tumori della Usl di Siracusa, infatti, il tasso di mortalità in quest’area è tre volte maggiore che nel resto d’Italia. A legare la vicenda del C-141B e lo sviluppo delle patologie oncologiche, l’ipotesi che a bordo del velivolo USA ci fosse un carico di centinaia di chili di uranio impoverito, utilizzato ancora sino a qualche tempo fa come contrappeso degli aerei da trasporto dell’US Air Force e di altri paesi NATO. 

La Casta Regionale

Associazione politico-culturale "20 ottobre"


Gli sprechi ed i privilegi della casata sembrano indignare alcuni politici nostrani solo in campagna elettorale. Il Consiglio e la giunta regionale del Lazio sono macchine produttrici di privilegi per eccellenza,. Macchine talmente rodate che la ,tendenza è quella di aggiungere nuovi sprechi a quelli storici ed intoccabili.
“Ecco perché ci indigna ma non ci stupisce la notizia che l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio, stia valutando di aumentare gli stipendi ai dirigenti che attualmente guadagnano tra i 200 mila ed i 100 mila euro all’anno. Facciamo appello perché il Presidente Abbruzzese si opponga a questa  proposta sciagurata”.
L’appello arriva dagli esponenti della Federazione della Sinistra in Consiglio Regionale, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile e viene completamene condiviso dall’Associazione Politico-Culturale “20 Ottobre” per voce del suo esponente di spicco, Oreste Della Posta.
“Invitiamo il Presidente Mario Abbruzzese ad apporsi a questi aumenti scandalosi e – dice Oreste Della Posta – a far visita ad uno dei pronti soccorsi della nostra Provincia e rendersi conto delle situazioni allarmanti e di sovraffollamento in cui versano. Ci auguriamo che questi aumenti non avvengano anzi- continua- vengano applicati ulteriori tagli per risparmiare quei soldi che possono essere destinati alla sanità Ciociara, ai trasporti e al lavoro”.

04/08/2011, Frosinone

mercoledì 3 agosto 2011

Appello per la Palestina: Non in Nostro Nome

Non in nostro nome


Sottoscrivete, fate sottoscrivere e fate circolare questo appello di indignazione Non in nostro nome Il governo italiano, con la recente visita del premier Berlusconi in Israele, ha reso il nostro paese complice dell’oppressione del popolo palestinese e delle possibili escalation di guerra israeliana in Medio Oriente. L’Italia sta fornendo ufficialmente armamenti, investimenti economici, collaborazioni scientifiche al governo israeliano condannato dalle istituzioni internazionali per la costruzione del Muro di segregazione, per i crimini di guerra a Gaza e l’occupazione coloniale dei Territori Palestinesi Noi, in quanto cittadini italiani, non accettiamo di essere considerati complici di questa politica di oppressione e di guerra Per questi motivi Chiediamo la revoca degli accordi militari, commerciali, scientifici, culturali tra le istituzioni italiane e quelle israeliane Chiediamo la revoca della partecipazione italiana ed europea al vergognoso embargo contro la popolazione palestinese di Gaza ormai da quattro anni sotto assedio Non c’è pace duratura senza giustizia Per le adesioni all’appello “Non in nostro nome” scrivete a: noninostronome@libero.it

“Dossier CODICI-Retuvasa mette a nudo la speculazione”

Dichiarazione congiunta dei consiglieri regionali Peduzzi(Prc/FdS) e Bonelli(Verdi)
Aeroporto di Frosinone
“Dossier CODICI-Retuvasa mette a nudo la speculazione”




“Il DOSSIER  sull’aeroporto di Frosinone, presentato ieri dalle associazioni Rete per la tutela della Valle del Sacco e CODICI, rappresenta una fedele ricostruzione dell’iter procedurale di un progetto tecnicamente irrealizzabile che si configura sostanzialmente come un’operazione urbanistica e speculativa”. E’ quanto dichiarano, in una nota congiunta, i capigruppo regionali PRC-FdS Ivano Peduzzi e Verdi Angelo Bonelli.
“Giustamente si richiama in primo luogo l’esito della Conferenza dei Servizi del 28 ottobre del 2009, quando emerse nei pareri di ENAC ed ENAV l’infattibilità del progetto per ragioni di sicurezza, rotte di volo e operatività, e quindi di sostenibilità economica. E’ lo stesso ENAC poi a sottolineare l’assenza di sostenibilità ambientale”.
“Viene ricordata nel dossier - prosegue Bonelli - la mia proposta di inserire la Valle del Sacco tra le aree ad elevato rischio ambientale, approvata in Consiglio regionale ma non in Giunta. La maggioranza regionale e provinciale finge di non vedere i cimiteri interrati di veleni che continuano ad emergere ad esempio in questi giorni a Ceprano. Per la Valle del Sacco è necessario pensare un modello di sviluppo diverso, che metta al centro il risanamento ambientale e gli eco distretti industriali come motore di green economy, valorizzando le potenzialità in termini di rilancio culturale ed enogastronomico, e dunque di turismo.
“L’operazione urbanistica sottesa alla Variante aeroportuale intermodale ha dei costi sociali inaccettabili – sottolinea Peduzzi. Si prevedono 223.000mc di Sottozona a servizi in area classificata dal Piano Paesistico Regionale come Parco Archeologico e la “riqualificazione urbanistica” dell’area del quartiere Scalo a Frosinone, chiudendo l’attuale stazione ferroviaria. Si espropriano centinaia di residenti di Ferentino a 900 euro al mq e si fantasticano collegamenti veloci e frequenti per l’aeroporto sulla tratta Roma-Frosinone-Cassino, notoriamente quotidiana odissea dei pendolari”.
“I nostri gruppi regionali -concludono Bonelli e Peduzzi– valuteranno ogni azione possibile volta a bloccare l’iter regionale del progetto e in particolare l’approvazione della Variante, sollecitando a sostenerla ogni forza politica sensibile ai temi della legalità e della giustizia sociale. 


Lo scempio laziale

di Paolo Berdini da "il manifesto" di oggi


 L’ultimo numero del  settimanale del sole “Sole 24 Ore”  dedicato al territorio, denuncia il fallimento dell’ulteriore  allentamento  delle regole portato avanti  dal governo Berlusconi. I numeri confermano che aver reso pressoché automatico i permessi di costruzione senza controllo da parte delle amministrazioni pubbliche, non ah fatto aumentare per nulla il numero delle iniziative edilizie in tutte le regioni. Segno evidente che il mercato è saturo e necessiterebbe di ragionamenti e politiche di ampio respiro. La giunta regionale del Lazio guidata da Renata Polverini non è tra i lettori dell’autorevole rivista e, guidata dal cieco furore contro le funzioni pubbliche, ha approvato il peggior piano casa tra le regioni italiane. Non c’è infatti il minimo disegno strategico nel distribuire a piene mani la rendita parassitaria fondiaria. Sono soltanto due i risultati ottenuti: il primo è quello di aver cancellato forse per sempre l’urbanistica dal panorama legislativo: dall’urbanistica al piano casa, come sostiene  Italo Insolera. Il secondo è quello di aver colpito duramente le poche forme di controllo pubblico su quanto avviene nelle città che diventeranno così più invivibili. Nelle zone a bassa densità, le uniche spesso che conservano un po’ di qualità, chi avrà le possibilità potrà aumentare altezza e volumetrie del proprio edificio. Gli altri, i vicini che non hanno le stesse possibilità economiche vedranno sparire spazi verdi, alberi, panorami. Avranno più traffico automobilistico e ne riceveranno un danno economico. I selvaggi che scrivono le leggi regionali saranno soddisfatti. Gli effetti su quanto resta del tessuto industriale regionale saranno devastanti. E’ previsto infatti l’aumento delle cubature dei capannoni industriali e la possibilità di riconvertirli in abitazioni. Al difficile percorso dell’innovazione tecnologica , alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi mercati, al rischio d’impresa viene contrapposta una gigantesca autostrada per dismettere tutto, lucrare rendita e portare i soldi nei paradisi fiscali.  Ci penserà Tremonti o chi per lui a farli tornare con generosissime aliquote. C’è poi l’aspetto più grave, forse quello per ci si sono battuti con maggior determinazione i pasdaran della Regione: aggredire le aree vincolate, cancellare i vincoli paesaggistici, minare la stessa sopravvivenza dei pochi e asfittici parchi regionali. Con la nuova legge si possono aumentare le cubature anche nelle zone sottoposte a vincolo di legge , costruendo addirittura alcune decine di nuovi porti; si possono agevolmente superare i vincoli dei piani paesaggistici che infatti non si approveranno mai; si può costruire anche nelle aeree pregiate dei parchi regionali . Infine, la ciliegina che ha fatto inorridire perfino l’ex presidente della regione Veneto  Galan, che pure dovrebbe uno stomaco di ferro per aver digerito l’alluvione di capannoni che funesta la regione che ha governato per tanti anni. Galan ha tuonato contro l’ennesimo condono edilizio mascherato presente nella legge. Ecco dunque il piano casa peggiore d’Italia: un miscuglio di incultura deroghe e condoni. Il Partito Democratico si è distinto per un emendamento vergognoso, a ulteriore conferma che dalla cultura del mattone e della speculazione non si sposta ed è identico alla destra liberista. Ma una novità si coglie dall’atteggiamento della sinistra. I verdi di Angelo Bonelli e Sel  hanno svolto con coerenza  il proprio ruolo di disegnare un’alternativa. Di una nuova cultura che ambisce a diventare maggioritaria basata su un concetto semplice: città e territori sono beni comuni.
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Da una segnalazione di Fabio Nobile


Occupata simbolicamente l'aula consiliare contro l'atteggiamento irresponsabile di questo centrodestra che paralizza il Consiglio e perché venga ritirato il piano casa.


 Questa notte, aula consiliare della Pisana



Una rivolta annunciata quella dei migranti del C.A.R.A. di Bari-Palese.

Rete Antirazzista Bari


Lunedì 1 agosto


Al fianco dei migranti del Cara di Bari-Palese
Una rivolta annunciata quella dei migranti del C.A.R.A. di Bari-Palese.
Stamattina eravamo con loro che hanno manifestato la loro rabbia fuori dal CARA. Eravamo con loro già da quando sono arrivati a Manduria, scappando da una guerra a cui l´Italia contribuisce con il suo arsenale, eravamo con loro quando sono arrivati al CARA di Bari e hanno deciso di fare domanda d'asilo. Abbiamo sentito le loro lacrime, le loro grida di rabbia quando hanno ricevuto il diniego in quanto non riconosciuti degni di asilo politico. Proprio così, perché per il Ministero dell'Interno non ha importanza se sei in fuga da una guerra, se la Libia è sotto i bombardamenti della Nato o di Gheddafi o dei ribelli e se è il paese il cui lavori da anni, se avevi una vita, non importa se in Libia ti danno la caccia sia gli uomini di Gheddafi sia i rivoltosi. Non importa insomma da dove vieni: non sei cittadino libico quindi non hai diritto d'asilo. L´attesa nel C.A.R.A. significa mesi di degrado terribile, senza doccia, con un solo pasto al giorno, isolato dalla città, senza possibilità di vita all'interno di una struttura militarizzata come il CARA di Bari (all'interno appunto di una
base dell'Areonautica). E dopo la penosa attesa arriva il diniego del permesso di soggiorno che significa ricevere la condanna definitiva del ritorno all'inferno da cui sei scappato.
Dopo aver chiesto alla Presidenza della Regione, agli Enti Locali, a esponenti politici, dopo aver occupato per due volte i binari, dopo aver manifestato in tanti sotto la Prefettura di Bari senza aver alcuna risposta se non un "si vedrà" stamattina è esplosa la rabbia. Non si può giocare con la vita delle persone, non si può giocare per equilibri politici con una vicenda umanitaria che quotidianamente assume i tratti della tragedia (mentre stamattina a Bari i migranti manifestavano il Mediterraneo ha fatto arrivare a Lampedusa un altro barcone con altri 25 morti a bordo). Non si può dire come ha fatto il Sottosegretario Mantovano semplicemente che "la violenza è intollerabile", per noi è ancora meno tollerabile attraversare il Mediterraneo scappando da una guerra, vedendo morire i tuoi compagni di viaggio, essere rinchiuso in una tendopoli dove la regola è lo stato di eccezione, e poi ancora attendere in una base militare per essere rispedito verso morte certa o abbandonato a una vita da clandestino. E´ intollerabile che dal 1991 ci siano solo risposte di politica emergenziale come l´ultima proposta della Regione Puglia che decide di chiudere la tendopoli di Manduria per riaprire la ex- base militare di San Vito dei Normanni, una discarica di amianto che si vuole trasformare in un´ennesima discarica umana. Stamattina eravamo al loro fianco e continueremo a camminare con loro imparando dalla loro determinazione la capacità di prendersi ciò che è dovuto senza indietreggiare, senza aver paura, assumendosi fino in fondo le scelte dei gesti che la rabbia ti costringe a compiere. 


martedì 2 agosto 2011

VIRGIL DONATI drum clinic - Monte San Giovanni Campano

Luciano Granieri

La storia che voglio raccontare comincia nel 1803 a New Orleans.  Nella città deI delta del Mississipi il forte di San Ferdinando, eretto dagli spagnoli nel centro della città, fu demolito con l’idea di allontanare la febbre gialla che si pensava fosse causata dall’acqua stagnante dei fossati e dagli insetti e animali che li popolavano, oltre che dal sudiciume dei bastioni. In breve tempo, nello spazio così ottenuto, sorse un parco che fu prima sede di manifestazioni bandistiche e di circhi equestri e in seguito parco pubblico aperto allo svago domenicale. Il suo nome era Congo Square. Per gli schiavi neri della città, e in seguito per il proletariato libero di colore, il parco divenne luogo di incontri e unico posto in cui si potevano ricreare le atmosfere festose di una cultura che ormai andava perdendosi, cantando e suonando in piena libertà. Gli strumenti erano di fattura artigianale e richiamavano alla memoria gli antichi fasti della percussione africana, le bambulas, tamburi fatti con barili e pelli di vacca, la washboard, normale asse da lavare sfregata ritmicamente, le claves, che, percosse tra loro, erano il sostegno ritmico per queste celebrazio­ni dionisiache in cui riti pagani come il voodoo si mescolavano a misticismi della nuova religione dominante, il cattolicesimo. Poi a qualcuno venne in mente di radunare gli strumenti a percussione compresi quelli di derivazione bandistica europea, (rullante grancassa e piatti) , attorno ad uno sgabello  e nacque così la prima batteria.  Da qui ha inizio una storia appassionante che ancora oggi non è finita e non finirà mai perché come sosteneva Dizzy Gillespie : “Tutto tornerà da dove è incominciato: un uomo che percuote un tamburo”. E la storia continua . Già dall’ 11 agosto prossimo, in quel di Monte San Giovanni Campano,  Virgil Donati, un drummer spettacolare,  trasferirà a noi tutti un po’ della sua maestria nel corso di una clinici che si terrà dalle 16,00 alle 18,00. Avete letto bene , ho scritto “Noi tutti” perché anche io sarò della partita. Vediamo se mi ricordo ancora qualcosa dell’arte dello schiatta pelli. Vi farò sapare.

VIRGIL DONATI drum clinic
Sala Teatro in p.zza Guglielmo Marconi
Monte San Giovanni Campano (FR)

FIERA DI STRUMENTI ARTIGIANALI "SOUND WAVE"
powered by ALATRI IN BLUES
11 AGOSTO 2011