Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 6 giugno 2020

L’election day seppellisce il dibattito sul referendum costituzionale


Dichiarazione di Alfiero Grandi, vicepresidente Comitato per il No al taglio del Parlamento

Il prossimo 8 giugno la Camera si pronuncerà sulla data delle prossime scadenze elettorali. Il governo, su pressione del Movimento 5 Stelle, vuole che le elezioni regionali e comunali si tengano in un'unica giornata (election day) insieme al referendum costituzionale riguardante il taglio dei parlamentari. Si tratta di una evidente forzatura, dovuta principalmente al fatto che il M5S ha capito che il taglio del parlamento non gli porta i consensi auspicati, quindi spera che le elezioni regionali e comunali possono incrementare il numero dei votanti in un referendum che come è noto non prevede il quorum.
Gli altri partiti della maggioranza hanno cambiato scelta nell’ultima votazione sulla legge di revisione costituzionale, che fino ad allora avevano osteggiato, per un puro accordo di governo.
Per giustificarsi hanno parlato, ma senza stabilire vincoli precisi, di ulteriori modifiche alla Costituzione, necessarie dopo il taglio dei parlamentari, che non si sa neppure se e quando verranno discusse.  Tanto meno è certa l’approvazione di nuova legge elettorale proporzionale. Quindi nessuno può oggi dire quale sarà la composizione del collegio che eleggerà il Presidente della Repubblica.
Pretendere che una modifica della Costituzione su un punto centrale come il ruolo del parlamento venga discussa e votata da sola, è il minimo. Un voto di valenza costituzionale non può mischiarsi con uno di valore politico-amministrativo.
Del resto nessuno può sostenere oggi, su basi motivate e certe, che votare in ottobre sarebbe più pericoloso che a settembre, non potendosi prevedere il decorso del Covid – 19.
Invece è certo che votare il 20 settembre renderebbe praticamente impossibile informare i cittadini e discutere del taglio dei parlamentari.
La situazione creata dalla pandemia e dalla drammatica crisi occupazionale ed economica che ne è seguita (fanno fede i dati dell'Istat), il rapporto con l'Unione Europea chiedono di rilanciare il ruolo di rappresentanza del parlamento, non il suo taglio. Un conto è operare aggiustamenti, esaltando il ruolo centrale del parlamento, un altro proporne il taglio, che è taglio alla democrazia.
La vittoria del No è l’antidoto per bloccare scelte sbagliate e controproducenti.

mercoledì 3 giugno 2020

Ministra Azzolina? Bocciata!!

di Ines Abdelhamid
(studentessa liceale)



A inizio di questa emergenza sanitaria, uno dei primi provvedimenti presi è stata la chiusura delle scuole.
Molto spesso la scuola viene presentata come istituzione che riesce ad abbattere le diseguaglianze socio-economiche e le barriere sociali. Niente di più falso. La pandemia ha fatto emergere ancora di più le differenze di classe sociale esistenti nella scuola, con la comparsa di studenti di serie A e di serie B.
Il governo, dall'inizio di questa pandemia, ha inscenato una vera e propria pantomima. Ma facciamo un passo indietro e partiamo dall'inizio.
A inizio marzo il governo chiude le scuole: inizia così la didattica a distanza, ma nelle prime settimane il governo non prende nessun provvedimento affinché tutti gli studenti possano partecipare alle video-lezioni. Ma i dati parlano chiaro: solo per il 22% delle famiglie ogni componente dispone di un pc o tablet, e nel mezzogiorno la percentuale scende al 14%. Inoltre – secondo dati Istat 2018 – il 26% delle famiglie non ha accesso alla banda larga da casa. Difatti uno studente su cinque non riusciva a svolgere le video-lezioni.
Solo dopo qualche settimana, il governo decide di investire 70 milioni di euro per permettere agli studenti meno abbienti gli strumenti necessari per la didattica a distanza. E' una somma insufficiente poiché equivarrebbe a poco più di 40 euro agli studenti meno abbienti. La ministra Azzolina, non curante di queste problematiche, rende obbligatoria la didattica a distanza. Ciò trova il disappunto di chi può accedervi ma la ministra ci rassicura, affermando che non si potrà bocciare. Peccato che, a meno di un mese dalla fine della scuola, la ministra si rimangi le sue parole, affermando che si potrà bocciare in caso uno studente non abbia partecipato alle video-lezioni, salvo chi aveva problemi tecnologici. La domanda che sorge spontanea è se le scuole si metteranno a verificare, casa per casa, la presenza di computer o tablet e il funzionamento della banda larga da casa: sicuramente no!

Il frutto di anni decenni di tagli imposti dal sistema capitalista
Ma perché il governo si è dimostrato così incapace di gestire il problema della scuola? In questo caso per rispondere servono due passi indietro.
La scuola pubblica ha subito vistosi e importanti tagli da parte di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Difatti, nel 2017, l'Italia è stata considerata uno dei Paesi con la spesa per l’istruzione pubblica più bassa. Dato ancora più sconcertante: solo il 26% delle scuole vengono ritenute agibili e rispettose delle norme di sicurezza. I programmi sono stati impoveriti a causa del processo di aziendalizzazione che sta subendo la scuola, culminato con la riforma della «Buona scuola» di Renzi.
Una scuola così fragile non poteva certo reagire ad una situazione di pandemia.
La scuola pubblica è stata lasciata indietro e con essa gli studenti proletari. Infatti sono stati stanziati ben 150 milioni di euro per le scuole paritarie, che vengono frequentate solo da 866 mila studenti, mentre per la scuola pubblica, che include ben 7,6 milioni di studenti, hanno stanziato solo 1,5 miliardi di euro. Questa somma non è sufficiente poiché non copre neppure i tagli che ha subito la scuola in tutti questi anni; solo quest'anno sono stati tagliati 1,8 miliardi di euro.
Il problema non è solo italiano. Lo stesso Economist afferma che la chiusura delle scuole amplificherà le diseguaglianze sociali. Nel Regno unito - secondo i dati della ong Sutton Trust - le scuole di élite vantano una frequenza vicina al 100% contro il 20% delle scuole pubbliche.
Ma il divario digitale non è l'unico problema. Gli studenti di estrazione proletaria hanno meno probabilità di avere genitori istruiti che li spingano a seguire le lezioni a distanza e che li aiutino con i compiti. D'altra parte, le famiglie più ricche hanno assunto insegnanti privati a tempo pieno.
Tutto il lavoro domestico ricade sulle famiglie e alcuni studenti dovranno trovarsi un lavoro per aiutare i genitori che lo hanno perso. Altri devono occuparsi dei fratelli più piccoli.

La scuola: specchio della demagogia del capitalismo e della «Fase 2»
Anche sugli esami di Stato, noi studenti non stiamo ricevendo risposte chiare e precise. L’esame di maturità si svolgerà in presenza, una follia. Tutto questo per cosa? Per fingere che con la «Fase 2» tutto sia tornato alla normalità, affinché Confindustria rimetta in moto la macchina del profitto.
La pulizia sarà affidata ai bidelli, che dunque saranno più esposti al contagio. Non verrà nemmeno misurata la temperatura corporea, ma si dovrà rilasciare una semplice auto-certificazione, e le mascherine bisognerà portarsele da casa. Una presa in giro!
Per mantenere la sicurezza bisognerebbe garantire come minimo che tutti gli studenti possiedano mascherine e guanti, ma questi dispositivi non vengono assicurati nemmeno per il personale sanitario. Non bisogna dimenticare che l'esame verrà svolto in ambienti stretti, e che non prevede semplicemente una discussione orale, ma anche compilazioni verbali, le discussioni tra i professori ecc., e questo significa che il virus avrà molte più probabilità di diffondersi.
Infine, gli studenti che vengono dalle periferie e dalle province dovranno prendere i mezzi di trasporto, spesso stracolmi; questo non permetterà il metro di distanza.
Questa è la scuola pubblica oggi nel capitalismo!
Noi studenti vogliamo una scuola realmente pubblica, gratuita, laica e universale.
Il sistema capitalistico entra in contraddizione con le necessità degli studenti. Un sistema basato sulla ricerca del profitto non potrà mai assicurare il diritto allo studio.

Il capitalismo ci sta privando di tutto: del diritto allo studio e della sicurezza e ci offre solo precarietà!