Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 2 febbraio 2013

NOTAV Processo in AULA BUNKER, attivisti trattenuti all'uscita

Simonetta Zandiri


AULA BUNKER, processo NO TAV. 1° febbraio 2013
Centinaia di persone per esprimere solidarietà con i compagni e le compagne sotto processo, questa mattina hanno partecipato al presidio di fronte all'aula bunker del carcere di Torino, dove si sarebbe svolta l'udienza per unificare i due procedimenti per un totale di 52 persone, per le giornate di resistenza del 27 giugno e 3 luglio 2011.
Una lunga coda all'ingresso, l'apparato che avrebbe dovuto radiografare le nostre borse evidentemente era KO. I casi della vita? Così ci controllano uno ad uno, chiedendo i documenti all'entrata. Finalmente è il mio turno... cerco il documento ma l'agente in borghese sorride e avvisa il collega "non serve, la signora la conosciamo". In un aula bunker essere "conosciuta" non è una roba che mi fa sentire proprio bene.
Si entra. L'atmosfera è veramente cupa, il grigio è la tinta dominante, sullo sfondo tra un crocifisso e l'altro le due scritte che annunciano che "la legge è uguale per tutti". Peccato siano messe alle spalle dei giudici, così le leggiamo solo noi, che abbiamo capito da tempo che le cose non stanno proprio cosi'.
Da dentro ci avvisano che alcuni compagni non vengono fatti entrare, qualcuno ha "deciso" che eravamo troppi, peccato che almeno gli indagati avrebbero tutto il diritto di essere presenti in aula. Si informano gli avvocati, si tenta di impedire l'inizio dell'appello, ma niente da fare. Poco importa, quella legge uguale per tutti è, ancora una volta, dis-uguale per i NO TAV. Inizia l'appello, ma viene ignorato, una compagna si avvicina ad un microfono e chiede di poter leggere un comunicato a nome di tutti, la sua richiesta viene respinta ma lei non demorde. Inizia la lettura del comunicato, circondata dai compagni che la proteggono dall'arrivo dei Carabinieri, al quale il presidente ha chiesto di identificare la ragazza. Con voce decisa, in tanti iniziano la lettura: "La scelta di spostare il processo in questa aula bunker è in sintonia con l'ondata repressiva sostenuta e legittimata dalla campagna mediatica finalizzata a demonizzare il movimento NO TAV, tentando di indebolirlo e isolarlo dalle lotte che attraversano il paese. Trasferendo la sede del processo voi state tentando di rinchiudere la lotta NO TAV nella morsa della "pericolosità sociale" e delle emergenze. Noi invece, rivendichiamo le pratiche della lotta ribadendo le ragioni che ci spingono a resistere contrastando chi vuole imporre il tav militarizzando la Valle, con le conseguenti devastazioni umane, sociali e ambientali. Le nostre ragioni restano vive, e la vostra scelta di trascinarci in questa aula bunker non ci impedirà di portarle avanti. Per questo oggi scegliamo di abbandonare tutte/i quest'aula, lasciandovi soli nel vostro bunker. ora e sempre  notav!. A SARA' DURA!" è il grido conclusivo, con il quale gli indagati ed il pubblico lasciano l'aula bunker, è una piccola vittoria, ma all'esterno c'è il prezzo da pagare.
Una parte riesce ad uscire, altri no. Ci vengono chiesti i documenti e ci rifiutiamo di darli, visto che siamo tutti stati identificati all'ingresso non sembra sensata la richiesta all'uscita. Il cancello si chiude, alcuni sono fuori, altri sono dentro. Sale la tensione, parte qualche carica, ma nessuno ha intenzione di mostrare un documento per uscire. Dopo un tempo che sembra non finire mai arrivano gli avvocati del legal team, e siamo "tutti liberi".... Per condividere la sensazione di libertà si decide di fare una passeggiata intorno alle mura del carcere, per portare ai carcerati parole di solidarietà, messaggi di speranza.
Insieme, abbiamo di nuovo la sensazione che loro non vinceranno mai.
Purtroppo, però, non sanno perdere....


RIFIUTO DA PARTE DELL'ELETTORE DI RITIRARE LA SCHEDA ELETTORALE

#IONONVOTO - ASTENSIONISMO ATTIVO



Operazioni di voto dell'ufficio elettorale, RIFIUTO DA PARTE DELL'ELETTORE DI RITIRARE LA SCHEDA ELETTORALE
Circolare di ALCUNE PREFETTURE (Firenze, La Spezia, Reggio Calabria, Pavia, etc...) - 30 gennaio 2013

"La Direzione Centrale dei Servizi Elettorali, visti i numerosi quesiti e richieste di chiarimento in merito ad una possibile forma di ASTENSIONE DAL VOTO, con il possibile RIFIUTO DELLA SCHEDA ELETTORALE ed eventuale RICHIESTA DI VERBALIZZAZIONE DI DICHIARAZIONI DI ASTENSIONI O PROTESTE DI VARIO CONTENUTO, ha rappresentato quanto di seguito riportato.
In materia, le norme vigenti si limitano a disciplinare la procedura di voto, nonché i casi di nullità delle schede (articoli da 57 a 63 del D.P.R. n- 361/1957).
L'art. 62, infatti, prevede l'ipotesi in cui l'elettore non voti in cabina elettorale, facendone derivare la nullità della scheda. Ciò accade quando l'elettore registrato dal seggio elettorale, al quale ha consegnato la tessera elettorale e il documento d'identità, abbia ritirato la scheda e poi l'abbia riconsegnata senza entrare prima in cabina.
In tal caso, l'elettore dovrà essere CONTEGGIATO TRA I VOTANTI e la scheda dovrà ESSERE DICHIARATA NULLA e INSERITA nell'apposita busta secondo le istruzioni in dotazione ai seggi.
Invece, IL RIFIUTO DELLA SCHEDA NON TROVA UNA SPECIFICA DISCIPLINA NORMATIVA MA NON PUO' CERTAMENTE RITENERSI VIETATO: l'elettore, infatti, PUO' RICHIEDERE SPECIFICATAMENTE AL PRESIDENTE DEL SEGGIO ELETTORALE di VOLER VOTARE SOLO PER ALCUNE e non per tutte le consultazioni in corso (e di voler ricevere, quindi, solo alcune schede), OPPURE PUO' DICHIARARE DI VOLER RIFIUTARE TUTTE LE SCHEDE.
L'ipotesi che si evince dai quesiti e dalle richieste di chiarimento pervenute al predetto Ufficio sembra riguardare i casi in cui l'ELETTORE VOGLIA ASTENERSI COMPLETAMENTE DAL VOTO, RIFIUTANDO TUTTE LE SCHEDE E CHIEDENDO LA VERBALIZZAZIONE della PROPRIA ASTENSIONE DAL VOTO STESSO.
Al riguardo, la citata Direzione richiede che, IN TALI EVENIENZE, IL PRESIDENTE DEL SEGGIO - al fine di non rallentare il regolare svolgimento delle operazioni - possa PRENDERE A VERBALE la protesta dell'elettore e il suo rifiuto di ricevere la scheda, purché la verbalizzazione sia FATTA IN MANIERA SINTETICA E VELOCE, con l'annotazione nel verbale stesso delle generalità dell'elettore, del motivo del reclamo O DELLA PROTESTA, ALLEGANDO ANCHE GLI EVENTUALI SCRITTI CHE L'ELETTORE MEDESIMO RITENESSE DI VOLER CONSEGNARE AL SEGGIO.
Per quanto attiene la rilevazione del numero degli elettori, appare utile rammentare che COLORO CHE RIFIUTANO LA SCHEDA NON DOVRANNO ESSERE CONTEGGIATI TRA I VOTANTI DELLA SEZIONE ELETTORALE."

giovedì 31 gennaio 2013

Intervista ad Adriano Lotito, 20 anni, il candidato premier trotskista

Partito di Alternativa Comunista


Incontriamo Adriano Lotito, candidato premier di Alternativa Comunista, vent'anni, studente universitario a Bologna, protagonista delle lotte studentesche, la punta più avanzata (per ora) delle lotte nel nostro Paese. Adriano, la tua è una candidatura rivoluzionaria, controcorrente e dal forte valore simbolico, che rompe gli schemi ingessati di questa campagna elettorale. E' una candidatura che vuole rappresentare le nuove generazioni che sono scese in lotta in questi anni, dando vita a importanti e radicali momenti di lotta. Cosa dici ai giovani studenti che guardano al programma del nostro partito?
Come hai già detto, gli studenti e le studentesse che sono scese in piazza in questi mesi e in questi anni hanno rappresentato l’avanguardia più combattiva del conflitto sociale nel nostro Paese. In Italia purtroppo viviamo ancora una situazione piuttosto arretrata dal punto di vista della lotta di classe, sicuramente non paragonabile a quanto sta accadendo in Grecia o in Spagna. Ma le masse studentesche, che abbiamo visto lottare contro il governo Monti e le imposizioni della Troika lo scorso autunno, indicano indubbiamente che siamo in presenza di una prima radicalizzazione del conflitto. Decine di migliaia di studenti hanno occupato centinaia di scuole in tutto il Paese, hanno organizzato assemblee, coordinamenti, comitati di lotta, hanno elaborato idee e programmi su scuola e università, e più in generale, sull’organizzazione della società, alternativi alle politiche di austerità che ci ha imposto l’Europa dei banchieri, e che saranno continuate dal prossimo governo, probabilmente di centrosinistra.
L’appello che rivolgo a questi studenti è di non lasciarsi illudere dalle vie pacifiche e parlamentari, dal dialogo con le istituzioni e con i partiti tradizionali, ma di proseguire nel loro percorso di lotta. Gli studenti in lotta devono essere consapevoli che un altro mondo possibile esiste, ma non potrà mai nascere nei palazzi del potere, ma solo a partire dalle piazze, dalle scuole, dalle fabbriche in mobilitazione. E anche che queste lotte, per non rimanere isolate e perdenti sul nascere, devono coordinarsi e unirsi su un programma di classe, di rottura con il capitalismo e le sue istituzioni. Per realizzare tutto questo, bisogna che gli studenti e le studentesse abbandonino le pulsioni anarcoidi e il pregiudizio antipartitico che è stato una caratteristica delle passate mobilitazioni, e facciano una distinzione tra i partiti istituzionali e compatibili con questo sistema, e i partiti realmente rivoluzionari e antisistema. Alternativa Comunista è un partito di quest’ultimo tipo, un partito completamente disinteressato rispetto a poltrone in parlamento e opportunismi di varia specie, un partito che si pone il problema di unire le lotte e di abbattere il sistema. Noi non chiediamo il voto per andare a governare, ma facciamo appello a unire le lotte sotto una direzione rivoluzionaria. Una differenza di classe!
Qual è il programma del Pdac che rappresenti a queste elezioni? Pensi sia centrale l'unità di lotta tra lavoratori e studenti?
Le lotte che vediamo svilupparsi tutti i giorni per poter vincere devono unirsi e coordinarsi. Studenti-operai uniti nella lotta, per noi non è un vecchio slogan sessantottino, ma un’indicazione pratica fondamentale, la via maestra per rovesciare un sistema che scarica i costi della sua crisi principalmente sulle spalle di giovani e lavoratori, nativi e immigrati. Unirsi ai lavoratori per noi significa anche denunciare gli opportunismi delle direzioni sindacali, che cercano di dividere e frammentare il conflitto per gestirlo negli interessi del padronato. L’unità va creata sul terreno delle lotte, nelle piazze, nelle assemblee autoconvocate, non invitando i burocrati sindacali a parlare davanti agli studenti.
Detto questo, è chiaro che l’unità deve crearsi non sulla base di un programma qualsiasi, ma con una precisa caratterizzazione di classe. Per questo i nostri punti programmatici fondamentali sono: la nazionalizzazione senza indennizzo e la gestione operaia per le fabbriche che chiudono e licenziano; la nazionalizzazione delle banche; il rifiuto del pagamento del debito e l’uscita dalla Ue; l’abrogazione di tutte le controriforme di scuola e lavoro portate avanti in questi anni da centrodestra e centrosinistra; la scala mobile dei salari e dell’orario di lavoro; un reddito sociale per i disoccupati e un reddito studentesco per gli studenti e le studentesse che non possono permettersi di accedere all’istruzione (con mense, libri, trasporti e alloggi gratuiti); ma anche un grande piano di edilizia popolare e scolastica, perché non si può continuare a morire andando al lavoro o a scuola!
E’ evidente che tutte queste misure di emergenza nell’interesse di giovani e lavoratori potranno essere finanziate solo con la requisizione forzata dei grandi capitali in mano a banchieri e supermanager (si pensi che la metà della ricchezza complessiva italiana è in mano al 10% della popolazione!). Un programma rivoluzionario, insomma! Che prevede anche la cessazione delle missioni di guerra, l’uscita dalla Nato, la requisizione delle proprietà della Chiesa, la chiusura dei lager per gli immigrati (Cie) e la libera cittadinanza per tutti, l’estensione di servizi sociali pubblici, la desionizzazione del Paese mediante la rottura di ogni rapporto commerciale, diplomatico e culturale con lo Stato di Israele che è uno Stato fantoccio dell'imperialismo che occupa la terra di Palestina. Questi solo per citare i punti principali.
Qual è la differenza tra la tua candidatura e quella di Ingroia, sostenuta da Rifondazione comunista?
Il progetto ingroiano e la sua rivoluzione cosiddetta “civile” rappresentano il punto più basso e indegno raggiunto dalla sinistra socialdemocratica italiana. Come fa Rifondazione a giustificare il suo sostegno a una lista composta da sbirri, magistrati, avvocati di pentiti di mafia? E soprattutto con un programma colmo di contraddizioni e paradossi: si rifiuta il Fiscal compact senza rompere con l’Ue e la Troika; si parla di giustizia sociale e articolo 18 per poi delirare sul bisogno di "agevolare la libera iniziativa imprenditoriale"; si parla genericamente di “pace e disarmo” senza avanzare nessuna rottura con le istituzioni guerrafondaie di cui l’Italia è membro organico (Nato, Onu e la stessa Ue). Rifondazione si è sciolta in una lista e in un programma che collocano al primo posto la difesa della legalità: la stessa legalità in nome della quale si bastonano operai e studenti, la stessa legalità portata avanti dagli sbirri della Diaz e di Bolzaneto a Genova nel 2001 (e nei confronti dei quali Ingroia ha espresso la sua solidarietà). Il giustizialismo è un’ideologia che ha sempre caratterizzato la destra più reazionaria (non a caso il capolista al senato della lista Ingroia in Sicilia è Luigi Li Gotti, che può vantare una trentennale militanza nel Msi prima e in An dopo). Questa è una vergogna! Per fortuna questa volta Rifondazione ha voluto rinunciare alla falcemartello, così almeno non verrà ulteriormente macchiato il simbolo della lotta decennale del movimento operaio e comunista.
La tua candidatura di giovane studente è anche lontana anni luce da quella del Pcl, che candida a premier ancora una volta l'ormai sessantenne Ferrando. A parte l'evidente differena anagrafica, come spieghi a chi lo chiede le differenze tra il Pdac e il Pcl?
Il Pcl di Ferrando è un partito mediatico e profondamente viziato dall’elettoralismo. Un partito che ruota interamente attorno alla figura del leader guru, all’ennesima presentazione come candidato premier, in cerca unicamente di visibilità mediatica. Un partito che negli ultimi tempi ha visto esplodere le sue contraddizioni interne (federalismo, liderismo, elettoralismo) e che ha portato alla fuoriuscita di parecchi militanti e quadri dirigenti, alcuni dei quali confluiti in Alternativa Comunista. Mentre Ferrando inseguiva le telecamere, ossessionato com’è dal quinto potere, noi abbiamo intessuto relazioni con molte avanguardie di lotta, operaie e studentesche, abbiamo costituito comitati, abbiamo partecipato alla lotta degli immigrati contro l’ultima sanatoria truffa, abbiamo creato i Giovani di Alternativa Comunista, per approfondire il lavoro politico con gli studenti e le studentesse in lotta contro Monti. Per non parlare della lotta nei sindacati: mentre i dirigenti del Pcl chinano la testa davanti ai burocrati per conquistare le poltrone negli organismi dirigenti della Cgil, noi veniamo espulsi per la nostra lotta a favore dell’unità della classe lavoratrice. E ho detto tutto: ormai la differenza tra noi e il Pcl è chiaramente comprensibile anche all’esterno.
Nelle circoscrizioni dove la lista di Alternativa Comunista non è presente che indicazioni di voto dà il Pdac?
L'astensione: perché, come abbiamo detto fin qui, non ci sono altre liste che rappresentino realmente gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
Cosa ti auguri da queste elezioni? Pensi che dalle urne possa venire una risposta ai problemi di milioni di giovani, operai, disoccupati?
Riprendendo il discorso iniziale, noi non ci presentiamo con delle promesse elettorali, ma propagandando un programma di lotta, un programma che prevede la rottura dell’attuale assetto istituzionale, un programma che ha come modello le rivoluzioni in Egitto, in Siria e in tutto il mondo arabo. Questo sistema non può essere riformato, ma solamente abbattuto dalle lotte dei lavoratori e degli studenti. Ci presentiamo appunto per dar voce a queste lotte, per avanzare l’unica reale alternativa. Non ci potrà essere nessun cambiamento all’interno dei palazzi del potere; chiunque andrà al governo proseguirà nelle politiche di austerità, nello smantellamento dei diritti dei lavoratori e degli studenti, nelle politiche guerrafondaie, antioperaie e razziste che hanno caratterizzato i governi di tutti i colori, di centrodestra, centrosinistra e tecnici. L’unico cambiamento negli interessi dei lavoratori e delle nuove generazioni potrà partire solamente dalle piazze, dalle scuole e dalle fabbriche in lotta. Mentre tutte le altre forze politiche candidano imprenditori, banchieri, magistrati e sbirri, noi candidiamo nella nostra lista operai, studenti, immigrati, cassintegrati, disoccupati in lotta sulla base di un programma che vuole rovesciare il capitalismo, l’unico autentico responsabile di questa crisi economica e sociale. E’ questo l’appello che facciamo: riprendiamoci le scuole, riprendiamoci le fabbriche, liberiamo il lavoro e il sapere, riprendiamoci il futuro e finiamola con un sistema che offre solamente guerre, miseria e sfruttamento! L’unico governo che vogliamo, è un governo dei lavoratori!

In tanti anni di attivismo non mi sono mai trovata davanti a tanto pressappochismo e dire che i cittadini della Valle del Sacco ne hanno viste tante.

Partito di Alternativa Comunista


Incontriamo Adriano Lotito, candidato premier di Alternativa Comunista, vent'anni, studente universitario a Bologna, protagonista delle lotte studentesche, la punta più avanzata (per ora) delle lotte nel nostro Paese. Adriano, la tua è una candidatura rivoluzionaria, controcorrente e dal forte valore simbolico, che rompe gli schemi ingessati di questa campagna elettorale. E' una candidatura che vuole rappresentare le nuove generazioni che sono scese in lotta in questi anni, dando vita a importanti e radicali momenti di lotta. Cosa dici ai giovani studenti che guardano al programma del nostro partito?
Come hai già detto, gli studenti e le studentesse che sono scese in piazza in questi mesi e in questi anni hanno rappresentato l’avanguardia più combattiva del conflitto sociale nel nostro Paese. In Italia purtroppo viviamo ancora una situazione piuttosto arretrata dal punto di vista della lotta di classe, sicuramente non paragonabile a quanto sta accadendo in Grecia o in Spagna. Ma le masse studentesche, che abbiamo visto lottare contro il governo Monti e le imposizioni della Troika lo scorso autunno, indicano indubbiamente che siamo in presenza di una prima radicalizzazione del conflitto. Decine di migliaia di studenti hanno occupato centinaia di scuole in tutto il Paese, hanno organizzato assemblee, coordinamenti, comitati di lotta, hanno elaborato idee e programmi su scuola e università, e più in generale, sull’organizzazione della società, alternativi alle politiche di austerità che ci ha imposto l’Europa dei banchieri, e che saranno continuate dal prossimo governo, probabilmente di centrosinistra.
L’appello che rivolgo a questi studenti è di non lasciarsi illudere dalle vie pacifiche e parlamentari, dal dialogo con le istituzioni e con i partiti tradizionali, ma di proseguire nel loro percorso di lotta. Gli studenti in lotta devono essere consapevoli che un altro mondo possibile esiste, ma non potrà mai nascere nei palazzi del potere, ma solo a partire dalle piazze, dalle scuole, dalle fabbriche in mobilitazione. E anche che queste lotte, per non rimanere isolate e perdenti sul nascere, devono coordinarsi e unirsi su un programma di classe, di rottura con il capitalismo e le sue istituzioni. Per realizzare tutto questo, bisogna che gli studenti e le studentesse abbandonino le pulsioni anarcoidi e il pregiudizio antipartitico che è stato una caratteristica delle passate mobilitazioni, e facciano una distinzione tra i partiti istituzionali e compatibili con questo sistema, e i partiti realmente rivoluzionari e antisistema. Alternativa Comunista è un partito di quest’ultimo tipo, un partito completamente disinteressato rispetto a poltrone in parlamento e opportunismi di varia specie, un partito che si pone il problema di unire le lotte e di abbattere il sistema. Noi non chiediamo il voto per andare a governare, ma facciamo appello a unire le lotte sotto una direzione rivoluzionaria. Una differenza di classe!
Qual è il programma del Pdac che rappresenti a queste elezioni? Pensi sia centrale l'unità di lotta tra lavoratori e studenti?
Le lotte che vediamo svilupparsi tutti i giorni per poter vincere devono unirsi e coordinarsi. Studenti-operai uniti nella lotta, per noi non è un vecchio slogan sessantottino, ma un’indicazione pratica fondamentale, la via maestra per rovesciare un sistema che scarica i costi della sua crisi principalmente sulle spalle di giovani e lavoratori, nativi e immigrati. Unirsi ai lavoratori per noi significa anche denunciare gli opportunismi delle direzioni sindacali, che cercano di dividere e frammentare il conflitto per gestirlo negli interessi del padronato. L’unità va creata sul terreno delle lotte, nelle piazze, nelle assemblee autoconvocate, non invitando i burocrati sindacali a parlare davanti agli studenti.
Detto questo, è chiaro che l’unità deve crearsi non sulla base di un programma qualsiasi, ma con una precisa caratterizzazione di classe. Per questo i nostri punti programmatici fondamentali sono: la nazionalizzazione senza indennizzo e la gestione operaia per le fabbriche che chiudono e licenziano; la nazionalizzazione delle banche; il rifiuto del pagamento del debito e l’uscita dalla Ue; l’abrogazione di tutte le controriforme di scuola e lavoro portate avanti in questi anni da centrodestra e centrosinistra; la scala mobile dei salari e dell’orario di lavoro; un reddito sociale per i disoccupati e un reddito studentesco per gli studenti e le studentesse che non possono permettersi di accedere all’istruzione (con mense, libri, trasporti e alloggi gratuiti); ma anche un grande piano di edilizia popolare e scolastica, perché non si può continuare a morire andando al lavoro o a scuola!
E’ evidente che tutte queste misure di emergenza nell’interesse di giovani e lavoratori potranno essere finanziate solo con la requisizione forzata dei grandi capitali in mano a banchieri e supermanager (si pensi che la metà della ricchezza complessiva italiana è in mano al 10% della popolazione!). Un programma rivoluzionario, insomma! Che prevede anche la cessazione delle missioni di guerra, l’uscita dalla Nato, la requisizione delle proprietà della Chiesa, la chiusura dei lager per gli immigrati (Cie) e la libera cittadinanza per tutti, l’estensione di servizi sociali pubblici, la desionizzazione del Paese mediante la rottura di ogni rapporto commerciale, diplomatico e culturale con lo Stato di Israele che è uno Stato fantoccio dell'imperialismo che occupa la terra di Palestina. Questi solo per citare i punti principali.
Qual è la differenza tra la tua candidatura e quella di Ingroia, sostenuta da Rifondazione comunista?
Il progetto ingroiano e la sua rivoluzione cosiddetta “civile” rappresentano il punto più basso e indegno raggiunto dalla sinistra socialdemocratica italiana. Come fa Rifondazione a giustificare il suo sostegno a una lista composta da sbirri, magistrati, avvocati di pentiti di mafia? E soprattutto con un programma colmo di contraddizioni e paradossi: si rifiuta il Fiscal compact senza rompere con l’Ue e la Troika; si parla di giustizia sociale e articolo 18 per poi delirare sul bisogno di "agevolare la libera iniziativa imprenditoriale"; si parla genericamente di “pace e disarmo” senza avanzare nessuna rottura con le istituzioni guerrafondaie di cui l’Italia è membro organico (Nato, Onu e la stessa Ue). Rifondazione si è sciolta in una lista e in un programma che collocano al primo posto la difesa della legalità: la stessa legalità in nome della quale si bastonano operai e studenti, la stessa legalità portata avanti dagli sbirri della Diaz e di Bolzaneto a Genova nel 2001 (e nei confronti dei quali Ingroia ha espresso la sua solidarietà). Il giustizialismo è un’ideologia che ha sempre caratterizzato la destra più reazionaria (non a caso il capolista al senato della lista Ingroia in Sicilia è Luigi Li Gotti, che può vantare una trentennale militanza nel Msi prima e in An dopo). Questa è una vergogna! Per fortuna questa volta Rifondazione ha voluto rinunciare alla falcemartello, così almeno non verrà ulteriormente macchiato il simbolo della lotta decennale del movimento operaio e comunista.
La tua candidatura di giovane studente è anche lontana anni luce da quella del Pcl, che candida a premier ancora una volta l'ormai sessantenne Ferrando. A parte l'evidente differena anagrafica, come spieghi a chi lo chiede le differenze tra il Pdac e il Pcl?
Il Pcl di Ferrando è un partito mediatico e profondamente viziato dall’elettoralismo. Un partito che ruota interamente attorno alla figura del leader guru, all’ennesima presentazione come candidato premier, in cerca unicamente di visibilità mediatica. Un partito che negli ultimi tempi ha visto esplodere le sue contraddizioni interne (federalismo, liderismo, elettoralismo) e che ha portato alla fuoriuscita di parecchi militanti e quadri dirigenti, alcuni dei quali confluiti in Alternativa Comunista. Mentre Ferrando inseguiva le telecamere, ossessionato com’è dal quinto potere, noi abbiamo intessuto relazioni con molte avanguardie di lotta, operaie e studentesche, abbiamo costituito comitati, abbiamo partecipato alla lotta degli immigrati contro l’ultima sanatoria truffa, abbiamo creato i Giovani di Alternativa Comunista, per approfondire il lavoro politico con gli studenti e le studentesse in lotta contro Monti. Per non parlare della lotta nei sindacati: mentre i dirigenti del Pcl chinano la testa davanti ai burocrati per conquistare le poltrone negli organismi dirigenti della Cgil, noi veniamo espulsi per la nostra lotta a favore dell’unità della classe lavoratrice. E ho detto tutto: ormai la differenza tra noi e il Pcl è chiaramente comprensibile anche all’esterno.
Nelle circoscrizioni dove la lista di Alternativa Comunista non è presente che indicazioni di voto dà il Pdac?
L'astensione: perché, come abbiamo detto fin qui, non ci sono altre liste che rappresentino realmente gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
Cosa ti auguri da queste elezioni? Pensi che dalle urne possa venire una risposta ai problemi di milioni di giovani, operai, disoccupati?
Riprendendo il discorso iniziale, noi non ci presentiamo con delle promesse elettorali, ma propagandando un programma di lotta, un programma che prevede la rottura dell’attuale assetto istituzionale, un programma che ha come modello le rivoluzioni in Egitto, in Siria e in tutto il mondo arabo. Questo sistema non può essere riformato, ma solamente abbattuto dalle lotte dei lavoratori e degli studenti. Ci presentiamo appunto per dar voce a queste lotte, per avanzare l’unica reale alternativa. Non ci potrà essere nessun cambiamento all’interno dei palazzi del potere; chiunque andrà al governo proseguirà nelle politiche di austerità, nello smantellamento dei diritti dei lavoratori e degli studenti, nelle politiche guerrafondaie, antioperaie e razziste che hanno caratterizzato i governi di tutti i colori, di centrodestra, centrosinistra e tecnici. L’unico cambiamento negli interessi dei lavoratori e delle nuove generazioni potrà partire solamente dalle piazze, dalle scuole e dalle fabbriche in lotta. Mentre tutte le altre forze politiche candidano imprenditori, banchieri, magistrati e sbirri, noi candidiamo nella nostra lista operai, studenti, immigrati, cassintegrati, disoccupati in lotta sulla base di un programma che vuole rovesciare il capitalismo, l’unico autentico responsabile di questa crisi economica e sociale. E’ questo l’appello che facciamo: riprendiamoci le scuole, riprendiamoci le fabbriche, liberiamo il lavoro e il sapere, riprendiamoci il futuro e finiamola con un sistema che offre solamente guerre, miseria e sfruttamento! L’unico governo che vogliamo, è un governo dei lavoratori!

Cosa si nasconde nel declassamento nei 18 Siti di Interesse Nazionale del Decreto del Ministero dell’Ambiente dell’11.01.2013 prot.7


Rosamaria Chimisso
candidata alla Camera ed al Consiglio della Regione Lazio nella lista Rivoluzione Civile,A.Ingroia

In tanti anni di attivismo non mi sono mai trovata davanti a tanto pressappochismo e dire che i cittadini della Valle del Sacco ne hanno viste tante.
Dopo studi costosi, approfondimenti, tavoli tecnici, conferenze dei servizi dove partecipano rappresentanti di Enti locali e non, ognuno con il proprio bel gettone di presenza, il Ministero dell’Ambiente, emana un decreto che contiene un “errore”, voglio credere che sia solo un errore.

Cosa contiene il decreto? Si scopre che il Sito di interesse nazionale che abbiamo sempre considerato unico viene diviso in due aree nette e distinte:
1.Il polo chimico di Colleferro(sorgente dell’inquinamento)
2. Il fiume e le sue aree riparali larghe 100 metri dall’alveo.
E’ un utile “errore”: Non essendoci impianti chimici integrati come quelli per la produzione di fertilizzanti semplici e composti, categoria alle quali appartengono le produzioni che hanno lasciato sui terreni la molecola del  βCH (isomero del Lindano) le aree riparali non possiedono le caratteristiche di legge per essere considerate SIN, quindi si può procedere al declassamento e la Valle diventa Sito di Interesse Regionale;

Il polo industriale invece, all’improvviso si scopre che non è mai stato considerato ricadente all’interno del confinamento SIN. In altre parole l’area dove sono stati fatti i lavori di bonifica, dove è stato realizzato un barrieramento idraulico che deve essere costantemente monitorato, dove si sono spesi fondi pubblici importanti, non è mai stato un SIN.
Voglio pensare che sia solamente un errore, anche se gravissimo, in questo momento politico e di crisi di fiducia nelle Istituzioni.
Sappiamo che molti amministratori dei 18 siti d’emergenza che come il nostro, sono stati declassati,  sono seriamente preoccupati. Giustamente paventano che le Regioni, a causa della crisi economica ed i tagli di spesa,  difficilmente troveranno le risorse necessarie per proseguire le bonifiche.
Quindi è doveroso scandalizzarsi!
Non si accorge di nulla la Giunta Regionale del Lazio ed in particolare la Presidente Polverini che è di fatto il Commissario della bonifica.
Tacciono i Consiglieri regionali uscenti,evidentemente impegnati a ricollocarsi.
Tacciono tutti i Parlamentari che paventano scossoni penalizzanti sotto il profilo elettorale.
Se ne sono accorte solo le associazioni, persone che i documenti se li leggono!
Una cosa è certa: i cittadini stanno pagando a peso d’oro troppi preziosi consulenti che commettono questi “errori”.
Quanto è successo è gravissimo!  Peraltro se venisse rispettato quanto il Decreto prevede, sarà estremamente più semplice autorizzare impianti per bruciare Car fluff, altri rifiuti, o biomasse, ad esempio, nel cementificio di Colleferro,  la struttura industriale che peraltro incide sull’area con il massimo della concentrazione di inquinante.
Ci si aspetta un’immediata “errata corrige”

Il Ministero dell’Ambiente riscrive la storia della bonifica della Valle del Sacco


Alberto Valleriani - Presidente RETUVASA
Francesco Bearzi - Coordinatore RETUVASA Frosinone

Piangere oppure ridere? Questa l’alternativa di fronte al grottesco comunicato stampa del Ministero dell’Ambiente “Torna alle Regioni la competenza di 18 aree da disinquinare”, da oggi sul sito web dell’ente.
Dopo aver magnificato le conseguenze della trasformazione di 18 ex Siti di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) in altrettanti Siti di Interesse Regionale (SIR), parola d’ordine “Meno burocrazia, più velocità negli investimenti e più vicinanza ai cittadini e alle esigenze locali” - ma ci sembra invece che nella filosofia del provvedimento e nei riferimenti normativi a monte prevalga l’intenzione di dismettere competenze governative, con dequalificazione della rilevanza delle aree soggette a bonifica, e delega alle Regioni di compiti di coordinamento e di spesa che spetterebbero a istituzioni di livello superiore - il Ministero, guarda caso, si sofferma nello specifico su un solo SIN, quello della Valle del Sacco.
Riportiamo testualmente:

“Nel caso della valle del Sacco, la zona è distinta in due diverse aree. Una zona è l’area del polo chimico di Colleferro, per la quale nel 2005 era stata dichiarata l’emergenza socio-economica-sanitaria. Questa area non è compresa nel decreto perché non è mai stata classificata Sin ed era di competenza di un commissario straordinario. Il decreto invece trasferisce alla Regione Lazio una seconda area, l’ex sito di interesse nazionale della valle del Sacco: è una parte del territorio del bacino del fiume Sacco completamente distinta da quella dichiarata in stato d’emergenza; non vi sono attività industriali di dimensione significativa tale da poter essere considerata presupposto per la classificazione di sito di interesse nazionale”.

Ci si passino i termini, qui siamo di fronte ad affermazioni incredibili, che sembrano frutto di disinformazione o di incompetenza.
In primis - ricorda Alberto Valleriani, presidente RETUVASA - “il decreto istitutivo del SIN (L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 11 quaterdecies, comma 15 - ma cfr. già O.P.C.M. n. 3441 del 10 giugno 2005, in particolare art. 1) non esclude certo dai confini del SIN il polo chimico di Colleferro, origine della contaminazione stessa”.

In secundis - ipotizza Francesco Bearzi, coordinatore RETUVASA Frosinone - “gli autori del comunicato stampa forse identificano il SIN con la perimetrazione del bacino ripariale contaminato, ma si tratta di due cose ben distinte. La perimetrazione è complementare al SIN, non lo sostituisce. Identificando erroneamente il SIN con la perimetrazione delle aree ripariali, il Ministero fa bene a sostenere che non vi si trovano impianti industriali significativi, perché in tal caso dovrebbero essere ubicati sulle sponde del fiume Sacco. Si trovano invece tutti nel raggio di qualche chilometro e, come tutti sanno, ad eccezione, pare, dello stesso Ministero dell’Ambiente, gli scarichi industriali sono confluiti e continuano a confluire nel fiume Sacco, determinando criticità ambientali storiche e recenti”. 

A prescindere dalle affermazioni clamorosamente erronee riportate nel comunicato stampa ministeriale - concludono Valleriani e Bearzi - la Rete per la Tutela della Valle del Sacco ha già anticipato pubblicamente dieci giorni fa il cuore delle ragioni per cui il “declassamento” del SIN sembra risultare, alla luce della normativa, decisamente illegittimo, e in base alle quali RETUVASA e altre associazioni ricorreranno in sede giudiziaria.


mercoledì 30 gennaio 2013

Alle elezioni regionali non votiamo la vergogna

Luciano Granieri



Le parole dette da un assonnato e inebetito Berlusconi sulla bontà dell’operato di Mussolini , leggi razziali a parte, in occasione della sua inopportuna partecipazione alla cerimonia milanese in ricordo delle vittime della Shoah,  sono vergognose. Ma la vergogna scaturisce non per la persona  che ha espresso il concetto, un personaggio dall’ignoranza infinita, nè  dall’affermazione in sé. La vergogna  emerge sorda e dolorosa nel constatare, come sostenuto da Brunetta, che il pensiero di Berlusconi sul duce è comune a molti italiani. In fin dei conti quell’italietta borghese che ha permesso l’avvento del fascismo non  è mai morta. E’ vero se non ci fossero state le leggi razziali e la folle decisione di entrare in guerra al  fianco della Germania, Mussolini avrebbe governato  ancora a lungo. Quanto volte ho sentito raccontare da mio nonno, uno che strappò la tessera del fascio dopo il delitto Matteotti,  e da altri anziani  che la gente allora non si faceva troppi problemi. In fin dei conti se iscriversi al partito fascista, mandare i propri figli alle pagliacciate del sabato, consentiva di vivere facendosi gli affari propri , e  ottenere un lavoro anche misero ma utile a tirare avanti, quale era lo scandalo. Le squadracce? Le persecuzioni?  E a chi interessavano?  Anche oggi se votare qualche notabile post fascista, ex democristiano permette, non già di avere un lavoro, ma una bolletta della luce pagata,  dove sta lo scandalo. La verità è che il fascismo non è mai stato debellato, perché ha sempre fatto comodo. Utile a gravarsi del  lavoro sporco di repressione violenta contro il conflitto sociale disturbatore delle dinamiche di  espropriazione dei diritti della gente comune da parte della classe finanziaria e industriale. La vergogna vera è apprendere che il sindaco di Cesenatico spende del denaro pubblico per destinare uno spazio della cittadina all’esposizione di un busto di Mussolini. Vergogna vera è  veder sorgere ad Affile un mausoleo in ricordo del macellaio Maresciallo Graziani. L’insulto verso quei poveri cristi che hanno sacrificato la loro vita per permettere ad una massa incolta di liberarsi dal tiranno era inscritto nelle liste elettorali già dal 1946.    Infatti il simbolo della fiamma che arde sulla tomba del duce, logo del movimento sociale,  partito fondato dai reduci di Salò, faceva bella mostra di sé accanto ai simboli degli altri partiti, nonostante la costituzione ne vietasse l’esistenza.  E gli eredi di quei  reduci di Salò con il loro bagaglio di intolleranza razzista infestano ancora oggi con la  loro presenza le liste elettorali, senza che nessuna altra forza politica, a parte qualche innocuo sussulto di indignazione, si mobiliti per far  rispettare la legge che vieta ogni manifestazione pubblica di apologia del fascismo.  Questi spocchiosi reduci, grazie alla compiacenza e al lassismo di chi doveva e deve vigilare sulla tenuta democratica del nostro Paese, sono riusciti ad infettare con  il germe della loro disumanità un’ampia parte del mondo  giovanile, infiltrandosi nelle scuole,nelle curve degli stadi, partorendo sciagurate aggregazioni come CasaPound, i fascisti del terzo millennio. Si è talmente rovesciata la verità storica, per cui si deve sopportare  la nipote del duce che in una delle ultime  commedie elettorali televisive  rivendica rispetto per il fascismo e per  il nonno ritenuto un grande statista. Il sindaco di Roma è un altro enfant prodige  fascista fino alle midolla . La desolazione delle elezioni  regionali nel  Lazio emerge in tutto il suo squallore. Ben quattro candidati su dodici sono dichiaratamente  fascisti: Storace de “La Destra” , Di Stefano per “CasaPound”,  Fiore di “Forza Nuova” e Romagnoli candidato per la “Fiamma Tricolore” Questa gente non solo non dovrebbe essere ammessa alla contesa elettorale, secondo la legge  Scelba e la Costituzione, ma non potrebbe neanche esprimere pubblicamente la propria  insana posizione.  Purtroppo  se nessuno si oppone a questa deriva, limitandosi a versare lacrime di coccodrillo quando un Berlusconi o chi per lui straparla, e se comunque c’è chi è disposto a sostenerli e votarli,  i cittadini sinceramente democratici non possono fare altro che denunciare e purtroppo subire. Allora da questo piccolo spazio web non resta che lanciare un  appello.  Come già ho scritto più volte alle politiche praticherò l’astensionismo attivo.  Per le regionali ancora non ho preso una decisione, non so se andrò a votare e per chi voterò, ma nello scenario del voto regionale è indispensabile l’appello a non votare la “VERGOGNA” .  Accordare la propria preferenza ai soggetti sopra citati è antidemocratico e fuori legge . Se le istituzioni non lo hanno capito permettendo la candidatura dei post fascisti,  che sia  quella parte di popolo consapevole e non beota  a sancire l’incompatibilità democratica di questa gentaglia.

A che serve il pareggio di bilancio se mancano gli Holter ?


Francesco Notarcola –Presidente Consulta delle associazioni del Capoluogo
Renato Galluzzi- Coordinatore Cittadinanzattiva-Trib.difesa diritti malato
Antonio Marino– Presidente AIPA

E’  noto a tutti che le cardiopatie o patologie del cuore, colpiscono oltre il 50% dei cittadini. Una  ASL moderna  ed efficiente dovrebbe tenere in particolare considerazione l’organizzazione sanitaria di prevenzione  e cura di queste patologie in tempi clinici normali, per garantire la difesa della salute con interventi ed analisi tempestivi. 

Purtroppo non è così.
I dirigenti della ASL, che si vantano in ogni occasione di aver risparmiato e conseguito il pareggio  del bilancio, dovrebbero vergognarsi, perché questo  loro operare ha danneggiato e danneggia la salute dei cittadini. E’ scandaloso che in un ospedale, come quello del Capoluogo,  che doveva essere moderno ed efficiente, vi siano in dotazione all’U:O:C:  di cardiologia soltanto due apparecchi holter: uno, riservato agli interni ed uno riservato agli esterni. Un altro apparecchio è in dotazione alla Unità Semplice di prevenzione cardiologica di cui è responsabile  il dott. Aceti. Sono disponibili  quindi solo due apparecchi per eseguire gli elettrocardiogrammi dinamici.
L'ECG dinamico secondo Holter è una metodica diagnostica utilizzata per monitorare l'attività elettrica del cuore durante un intervallo di tempo più o meno lungo, solitamente corrispondente a 24-48 ore, ma con i registratori di ultima generazione sino ad un massimo di sette giorni. Essa prende il nome dal suo inventore, il fisico statunitense Norman J. Holter.

Due strumenti per i  2/3 della popolazione della provincia (Distretto di Frosinone più quello di  Anagni e Alatri). In conseguenza di tale realtà i tempi di attesa sono di circa un anno. Secondo il Piano nazionale sul contenimento delle liste di attesa pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 /11/2010 n.247, per questo tipo di analisi i tempi non dovrebbero superare i  60 gg.
Come fa l’ospedale di Frosinone a diventare DEA II livello con questi dirigenti e con questa organizzazione sanitaria?
Le ragioni di tutto questo sono la carenza di medici cardiologi e la mancanza di apparecchi, che guarda caso, costano solo mille euro  cadauno.  Non se ne potrebbero comprare dieci?
 In un ASL dove gli emolumenti di medici primari sfiorano i 14.000 – 15.000 euro   mensili e si spendono decine di milioni per l’acquisto di prestazioni aggiuntive e di lavoro straordinario non si trovano diecimila euro?
Chiediamo al Sindaco del Capoluogo ed a tutti i sindaci di far sentire la loro voce per  riportare la legalità e la  normalità in un campo minato per la salute dei cittadini.
A che serve un pareggio di bilancio quanto ci sono realtà di questo tipo?

Frosinone 30 gennaio 2013-01-30

No padroni day

NO AUSTERITY. COORDINAMENTO DELLE LOTTE






































 No Austerity è un coordinamento delle lotte. E' nato il 15 dicembre 2012, in occasione di un'assemblea autoconvocata di lavoratrici, lavoratori, immigrati, attivisti sindacali, studenti che in questi anni hanno partecipato e dato vita a momenti di lotta radicale nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole. L'assemblea si è svolta a Cassina de' Pecchi, cioè in una zona del milanese dall'importante valore simbolico. E', infatti, un territorio che ha visto nascere due importanti esperienze di lotta: la lotta delle operaie e degli operai della Jabil-Nokia, che da mesi occupano e presidiano la fabbrica per respingere i licenziamenti, e la lotta dei lavoratori dei lavoratori dell'Esselunga di Pioltello, che, dopo aver organizzato una resistenza durata lunghi mesi contro i licenziamenti e contro le provocazioni dei padroni, oggi continuano la mobilitazione con nuovi picchetti e presidi.

Le realtà di lotta che hanno promosso e partecipato all'assemblea del 15 dicembre
All'assemblea del 15 dicembre non erano presenti solo i lavoratori e le lavoratrici dell'Esselunga e della Jabil: molte altre sono le realtà sindacali e di lotta che si sono fatte promotrici di questa giornata. Tra loro, una delle realtà di fabbrica che per prima ha posto l'esigenza di un'assemblea autoconvocata: gli operai della Ferrari di Maranello (che fa parte del gruppo Fiat). Il 15 dicembre erano presenti sia delegati Fiom della Ferrari (non più riconosciuti da Fiat, dopo l'applicazione anche in Ferrari del "modello Pomigliano") sia rappresentanti della Flmuniti-Cub Ferrari. Oltre a loro, erano presenti, per citarne solo alcuni: gli immigrati del Coordinamento migranti di Verona e del Comitato Immigrati in Italia, gli operai della Marcegaglia (di Milano e di Casalmaggiore), gli operai della Same di Treviglio, i lavoratori del pubblico impiego (dai precari della scuola della Lombardia e dell'Emilia alla rsu Cub del Comune di Vicenza), attivisti sindacali della Lombardia e dell'Emilia (rsu della Fiom, della Cub, della Rete 28 aprile, della sinistra Cgil, di Usb; attivisti sindacali del Si.Cobas, ecc.). Sono intervenuti in assemblea ed hanno accolto l'appello a coordinare le diverse esperienze di lotta anche i lavoratori del Coordinamento Lavoratori Autoconvocati. Presenti anche realtà di movimento e dell'associazionismo: sono intervenuti rappresentanti del collettivi studenteschi e dell'associazione "Voci della memoria - No eternit" di Casale Monferrato, che da anni si batte per mantenere viva la "memoria" dello scempio ambientale e di vite umane provocato dall'amianto.
Nonostante l'assemblea si fosse posta l'obiettivo di creare un primo coordinamento tra le realtà di lotta del Nord, particolarmente importante è stata la presenza a Milano degli operai della Irisbus di Flumeri, una delle fabbriche che la Fiat ha deciso di smantellare, lasciando centinaia di operai senza lavoro. Gli operai della Irisbus hanno fatto un lungo viaggio per portare il loro sostegno a questa assemblea: nel loro intervento hanno sottolineato l'esigenza non solo di coordinare le lotte, ma anche far sì che la lotta contro i licenziamenti diventi parte di una lotta più generale contro questo sistema economico e sociale.
Significativa anche la presenza di un rappresentante delle lotte sindacali dell'America Latina, Dirceu Travesso, dirigente della Csp-Conlutas, il più grande sindacato di base dell'America Latina (3 milioni di aderenti). Travesso ha portato la sua solidarietà all'assemblea, rimarcando la necessità di estendere il coordinamento delle lotte anche sul terreno internazionale: per questo, No Austerity è stato invitato a partecipare a un incontro sindacale internazionale che si svolgerà a Parigi dal 22 al 24 marzo. L'incontro di Parigi, promosso da vari sindacati conflittuali di America ed Europa (tra cui la stessa Csp-Conlutas del Brasile, l'Union Syndicale Solidaires di Francia, la Cgt di Spagna, l'Odt del Marocco, ecc.) rappresenta un primo tentativo di unificare sul terreno internazionale le lotte sindacali.

Le decisioni dell'assemblea e la nascita di No Austerity
Nell'assemblea del 15 dicembre, le relazioni iniziali di alcuni dei promotori dell'assemblea (Stefano Bonomi, della Rete Operaia Val Seriana; Patrizia Cammarata, per la rsu Cub del Comune di Vicenza; Ramona Bartoloni, operaia della Jabil-Nokia; Paolo Ventrella, delegato Fiom Ferrari; Luis Seclen, delegato Si.Cobas dell'Esselunga di Pioltello; Moustapha Wagne, del Coordinamento Migranti di Verona; Fabiana Stefanoni, precaria della scuola di Modena) sono state seguite da un vivace di battito, con interventi delle varie realtà presenti in sala. E' stata discussa e integrata la piattaforma sulla base della quale l'assemblea era stata convocata e si è deciso, con votazione unanime, di dare vita a un coordinamento permanente tra le realtà di lotta presenti. Il nome deciso per il coordinamento è No austerity - Coordinamento delle lotte. Sono state anche votati, dall'assemblea, un coordinamento nazionale (che avrà il compito di decidere le prossime scadenze assembleari e di mobilitazione nonché di favorire la comunicazione tra le lotte), la piattaforma del coordinamento, la decisione di partecipare all'assemblea sindacale di Parigi.
Fin da subito, si sono indicate alcune scadenze importanti cui partecipare: dal sostegno alle lotte dei lavoratori delle cooperative (dall'Esselunga all'Ikea) e della Jabil fino alla costruzione di una manifestazione a Maranello, già nelle prime settimane del 2013, con la convocazione di un nuovo momento assembleare al fine di estendere il coordinamento alle realtà di lotta dell'Emilia Romagna. Tra gli obiettivi più importanti, ci sarà, ovviamente, quello di estendere No Austerity a tutte le principali realtà di lotta del nostro Paese, al fine di contrapporre alla frammentazione della lotte (di cui sono innanzitutto responsabili le burocrazie sindacali che rendono vittime i lavoratori e cittadini), una vera e solidale unità delle lotte, per respingere l'attacco padronale e favorire la crescita delle mobilitazioni di massa anche nel nostro Paese, sull'esempio di quello che avviene in altri Paesi europei (Spagna, Grecia, Portogallo). Prioritaria sarà, quindi, la promozione di momenti assembleari analoghi a quello di Cassina de' Pecchi anche al centro e al Sud: crediamo che solo unendo le lotte si possa respingere l'attacco dei padroni e dei governi esecutori delle politiche di austerity che, con i licenziamenti di massa e lo smantellamento dei servizi sociali, stanno distruggendo le vite di milioni di lavoratori in nome dei profitti di pochi.

martedì 29 gennaio 2013

Notte prima degli esoneri (Bologna-Roma 3-3)

Kansas City 1927





Consiglio per la lettura: accompagnare con l'ascolto di "Notte prima degli esami"


Io mi ricordo venti ragazzi con i gradoni
e quelle facce coi fiatoni
Sui colli dell’Austria, il Santone che li spezza
questa Roma è ancora nostra
come fanno i terzini sconosciuti a farsi comprare dai direttori sportivi
le bombe al Salvador non fanno male
è solo il greco che mena
è solo il greco che mena

Gli esami sono vicini, e Pallotta è troppo lontano dalla mia squadra
Bardini sembra Dante e Sabbatini Ariosto
classifica al solito posto, la Champions sembra strana
e qui nse sa chi allena sto fine settimana

Treqquattrotre, t’avesse preso prima
le tue mani su sto schema, mpo meno boemo
il tuo peccato originale, come se non lo sapessero l’americani
mo fermasse è roba mpo da cani
ma pure pià quei gò, da pipponi disumani
te fa prude le mani

Noooo te prego Malesani, notte de riflessioni
certo qualcuno ce pia pe cojoni
Notte di dirigenti col contratto in mano
e di Santone alla finestra
ma questa Roma è ancora nostra

notte di giovani portieri, di pizze prese
e di fuorigiochi
notte di sogni e di coppe dei campioni
notte di lacrime e preghiere
la difesa non sarà mai il tuo mestiere

e le madonne volano alte tra Boston e Trigoria
ma questa Roma è ancora nostra
Zdenek non fumare, guarda che te fa male
e l’odore è odore

Si spengono le luci qui sul campo
nessun amico intorno, che viene voglia di mollare
forse a cambià mpo ce faresti contenti
ma tu non puoi o nun te la senti
Perchè sei Santone
Perchè sei Santone
Perchè sei Santone...

Il programma elettorale del Pcl per le regionali


Partito Comunista dei Lavoratori 
Sez. di Roma “Vito Bisceglie” via Calpurnio Fiamma, 136 00173 Roma


 Il PCL si presenta alle elezioni regionali come forza autonoma e alternativa ai due schieramenti di centro-destra e di centro-sinistra.


Il nostro programma è apertamente anticapitalista. È il programma di un partito che si batte per un Governo dei lavoratori. Ciò non significa ignorare i temi “amministrativi” locali. Significa affrontarli in una logica di classe. Una logica che non parte dalla cosiddetta “compatibilità” degli obiettivi con l’attuale quadro istituzionale e sociale. Ma che parte dalle esigenze concrete dei lavoratori e di tutti gli sfruttati per rivendicare un’alternativa di società e di potere.
L’ambito regionale, nelle sue particolarità sociali e politiche, è solo lo specifico luogo di articolazione di questo programma generale.
NO AL “FEDERALISMO”  DEI GOVERNATORI
Tutte le forze politiche, senza eccezione, accettano il sistema istituzionale dei governatorati regionali (il sistema che ha favorito il proliferare di personaggi come l’Assessore lombardo Zambetti e il Consigliere laziale Fiorito). Un sistema che il progetto “federalista” mira a rafforzare ulteriormente, nel nome della “democrazia” e dell’“avvicinamento delle istituzioni” al popolo. Il PCL rifiuta questo sistema e la retorica ipocrita che l’accompagna. I governatorati sono una forma di presidenzialismo, che subordina il Consiglio regionale al potere del governatore grazie anche al sistema elettorale maggioritario. Non solo non realizzano la “democrazia” e il potere del popolo, ma concentrano tutti i poteri essenziali nelle mani del Presidente a scapito della rappresentanza democratica e del controllo popolare. Lo strapotere ventennale dei tanti Formigoni, Errani, Bassolino —coi noti risvolti nepotistici, clientelari, mal-affaristici—  è anche l’espressione del presidenzialismo regionale. La battaglia democratica contro i progetti dei poteri forti, sostenuti sia dal PDL, sia dal PD, è inseparabile dalla battaglia contro il presidenzialismo dei governatori. Come sul piano nazionale, anche sul piano regionale, il PCL rivendica un sistema elettorale pienamente proporzionale e il rifiuto di ogni subordinazione delle assemblee elettive al potere esecutivo.

ABBATTERE I PRIVILEGI DEI CONSIGLIERI REGIONALI
Tutte le forze politiche, senza eccezione, accettano i privilegi economici e istituzionali dei Consiglieri regionali, che talvolta sono addirittura superiori a quelli dei parlamentari nazionali (vedi le buonuscite). Il progetto federalista - votato in Parlamento da PDL, Lega e Di Pietro e sostenuto dal PD – ha, nei fatti, rafforzato ulteriormente questi privilegi. Il PCL respinge e denuncia questi benefici, (che, non a caso, nel Lazio ha visto come protagonista il trogloditismo politico della destra federale di Fiorito) che sono una forma della separazione dello Stato borghese dalla maggioranza della società. Nessun eletto deve godere di un privilegio economico e giuridico rispetto al suo elettore, tanto sul piano nazionale, quanto sul piano locale. Per questo rivendichiamo che lo stipendio di un parlamentare nazionale, come di un consigliere regionale, non possa superare i 2.000 euro netti. E che le consistenti risorse economiche così risparmiate vengano destinate alle esigenze del mondo del lavoro e dei disoccupati.
NO ALL’ASSISTENZIALISMO PUBBLICO DEL PROFITTO PRIVATO. PER UN VERO SALARIO AI DISOCCUPATI
Tutte le giunte regionali, e tutte le forze di governo, dispongono trasferimenti di denaro pubblico alle imprese private (la maggioranza guidata della Polverini anche nelle tasche dei singoli consiglierisic!): a sostegno di ‘ristrutturazioni’ antioperaie, delocalizzazioni, ecc. Il combinarsi della crisi capitalistica con il progetto “federalista ha esteso ulteriormente l’assistenzialismo verso le imprese da parte dei governi regionali. L’espansione dei bilanci regionali nel nord, vero obiettivo del federalismo leghista, si è tradotto, nelle stesse regioni settentrionali, in nuovi travasi di risorse pubbliche verso il profitto privato e le sue speculazioni sul territorio mentre, nelle regioni del Sud, ulteriormente impoverite, in un’ancor più marcata dipendenza dal capitale malavitoso delle organizzazioni criminali. Insomma, un formicaio o meglio, potremmo dire, “un formigoni” All’opposto, il PCL rivendica l’azzeramento dei trasferimenti pubblici al profitto privato e l’esproprio, senza indennizzo, delle aziende che licenziano. Le risorse economiche così risparmiate saranno utilizzate per assumere a tempo indeterminato i precari che lavorano in Regione e per finanziare un salario per i disoccupati in cerca di lavoro. Il PCL rifiuta il federalismo leghista, a cui oppone il controllo sociale dei trasferimenti pubblici agli enti locali, proporzionali alle necessità popolari e all’abbattimento delle disuguaglianze territoriali.
OCCUPARE, REGIONE PER REGIONE, TUTTE LE AZIENDE CHE LICENZIANO. PER IL BLOCCO GENERALE DEI LICENZIAMENTI
Tutte le regioni italiane sono investite da una drammatica crisi sociale legata alla chiusura delle aziende e ai relativi licenziamenti. Tutte le forze di governo, regione per regione, si occupano nel migliore dei casi di intercedere presso il governo nazionale per chiedere “aiuti” a favore dei padroni bancarottieri che operano nel “proprio” territorio, per cogestire passaggi di proprietà, per amministrare gli effetti sociali delle “inevitabili” chiusure di aziende. In qualche caso dispongono piccole elemosine per i lavoratori colpiti, al fine di “ammortizzare” la loro espulsione dal lavoro, e mostrare “buon cuore” per scopi elettorali. All’opposto, il PCL si occupa di promuovere, regione per regione, l’unificazione e la radicalizzazione della resistenza sociale. In ogni regione si contano aziende presidiate o occupate dai lavoratori, in uno scenario di drammatica frammentazione e di crescente disperazione. Il PCL si batte per coordinare le lotte in corso; per generalizzare l’occupazione operaia di tutte le aziende che licenziano; per istituire una cassa di resistenza a sostegno delle lotte; per favorire un’autentica ribellione sociale contro il profitto capitalistico. Per le sinistre “assessorili”, le Regioni sono solo ambiti istituzionali per accordi di governo con i partiti borghesi. Per il PCL sono un terreno di lotta di massa contro la borghesia, i suoi partiti, i suoi governi.
BASTA COI CLANDESTINI”?: PERMESSO DI SOGGIORNO A TUTTI I MIGRANTI. PER LA SICUREZZA SUL LAVORO E SUL TERRITORIO DEI LAVORATORI ITALIANI E DEI MIGRANTI
Tutte le forze politiche di governo —destra, centro, sinistra—  hanno varato e votato negli ultimi 15 anni leggi antimigranti. Il passato governo Berlusconi-Bossi ha rafforzato questa legislazione odiosa, istituendo il reato di immigrazione clandestina, e combinandola col tentativo di “istituzionalizzare” un’organizzazione para-militante xenofoba (le ronde padane). Lo scopo è fomentare la guerra tra poveri a tutto vantaggio dei ricchi e delle fortune elettorali leghiste. Il risultato è l’ulteriore precipitazione delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di proletari migranti, sempre più ricattati e ricattabili dai propri padroni, oggetto di aggressioni e deportazioni in caso di ribellione (vedi quanto accaduto a Rosarno), e per di più “usati”, mediante il ricatto del permesso di soggiorno, come strumento di pressione sui lavoratori italiani per peggiorare le condizioni di vita di quest’ultimi. Il PCL si oppone e si opporrà, regione per regione, a questa politica schiavista. Rivendica il permesso di soggiorno per tutti i lavoratori migranti come unica vera soluzione dell’immigrazione “clandestina”, a vantaggio degli stessi lavoratori italiani. Rivendica l’introduzione del reato di sfruttamento del lavoro nero di italiani e migranti: perché siano gli sfruttatori a finire in galera, non le loro vittime. Rivendica la formazione di strutture unitarie di controllo operaio e popolare sul territorio a tutela della sicurezza di lavoratori italiani e migranti: contro l’inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, contro le minacce xenofobe, contro le aggressioni della malavita, contro gli abusi quotidiani delle cosiddette “ forze dell’ordine” (fuori e dentro le galere), contro l’evasione fiscale dei padroni.
BASTA COL BUSINESS DELLA SALUTE. PER UNA SANITA’ INTERAMENTE PUBBLICA SOTTO CONTROLLO POPOLARE
La Sanità rappresenta il crocevia del potere regionale e la voce dominante del bilancio delle regioni. Tutte le forze politiche, senza eccezioni, accettano e/o gestiscono da decenni, sul piano locale, le politiche sanitarie nazionali e il sistema di fondo che le presiede: tutele e regalie alla sanità privata (ecclesiastica e laica), ticket e tagli sistematici alla sanità pubblica, clientelismi sfacciati e blocco delle assunzioni, esternalizzazioni e appalti, ricorso allegro ai derivati finanziari e all’indebitamento progressivo con le banche, giro vorticoso di corruzione e mazzette bipartisan (dalla Lombardia alla Puglia, passando per Abruzzo, Lazio e Calabria). Il PCL denuncia queste politiche perché respinge ogni forma di subordinazione della salute al profitto. Il PCL rifiuta l’attuale “patto per la salute” concordato tra governo nazionale e governi regionali di ogni colore (riduzione della spesa sanitaria regionale e nuove tasse regionali sui redditi popolari). Rivendica l’annullamento unilaterale del debito pubblico delle regioni verso le banche e le imprese farmaceutiche; l’abolizione di ogni finanziamento pubblico alla sanità privata e il carattere pubblico dell’intero sistema sanitario, col relativo esproprio, senza indennizzo, delle cliniche private; l’abolizione dei ticket e di ogni forma di mercato all’interno della sanità pubblica (vedi sistema intramoenia) e attorno ad essa (sistema degli appalti); l’estensione della sanità pubblica sul territorio, a partire dalla presenza diffusa degli ambulatori, col rifiuto di ogni “taglio sulla salute”; il ripristino di tutte le strutture sanitarie falcidiate negli anni passati dai governi regionali di centro-sinistra e centro-destra, a partire dai piccoli ospedali; l’estensione del servizio sanitario nelle regioni del Sud per evitare la migrazione sanitaria nel Nord di decine di migliaia di malati (coi relativi costi individuali e pubblici per le regioni meridionali); l’estensione dell’assistenza sanitaria agli anziani, residenziale e domiciliare; la ripresa delle assunzioni di personale medico e paramedico, a garanzia della qualità del servizio sanitario e delle condizioni di lavoro dei dipendenti; il carattere elettivo e revocabile dei direttori sanitari da parte dei lavoratori del settore, la cancellazione di ogni loro privilegio economico; un controllo sociale e popolare sul servizio sanitario da parte di lavoratori e utenti, quale condizione decisiva di svolta.
NO AL FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLA SCUOLA PRIVATA. PER UN’ISTRUZIONE INTERAMENTE PUBBLICA E LAICA SOTTO IL CONTROLLO DI LAVORATORI, INSEGNANTI, STUDENTI
Tutte le amministrazioni regionali hanno proceduto negli anni alla gestione dei tagli all’istruzione pubblica, e alla parallela corresponsione di crescenti risorse pubbliche alla scuola privata (confessionale e laica). I nuovi tagli massicci a scuola e università previsti dall’attuale governo (taglio alle spese di gestione ordinaria, aumento del numero di alunni per classe, riduzione del monte ore didattico, espulsione dei precari, abbassamento dell’obbligo scolastico) coinvolgono le giunte regionali in un ulteriore appesantimento dell’attacco alla scuola, combinato con un salto del processo di privatizzazione della pubblica istruzione (vedi Fondazioni). Il PCL si oppone su tutta la linea a queste politiche, perché respinge ogni forma di subordinazione dell’istruzione al profitto. Rivendica l’abrogazione dei finanziamenti pubblici a scuole e università private nella prospettiva di un’istruzione interamente pubblica e laica; il rifiuto della cosiddetta  “razionalizzazione della rete scolastica” intesa come pratica di tagli a fini di “risparmio” (chiusure e accorpamenti di istituti scolastici); l’estromissione di imprese e banche dall’amministrazione di istituti scolastici e università e un massiccio investimento pubblico nell’istruzione; la riduzione del numero di alunni per classe (tetto massimo 20 alunni), a garanzia della qualità didattica e dell’occupazione; un’opera generale di risanamento dell’edilizia scolastica, a garanzia delle condizioni di sicurezza; il carattere elettivo e revocabile dei presidi; un controllo sociale e popolare su scuola e università da parte innanzitutto dei lavoratori della scuola e dell’insieme della popolazione scolastica.
NO AL TAGLIO DEI TRENI REGIONALI E PENDOLARI. PER UN CONTROLLO OPERAIO E POPOLARE SULLE FERROVIE
Tutte le amministrazioni regionali sono state coinvolte in questi anni nell’operazione di demolizione del servizio ferroviario, in concertazione con le Ferrovie dello stato e il ministero dei trasporti. L’attuale progetto di Alta Velocità su un gruppo selezionato di linee “di lusso”, in concorrenza d’affari con la parallela iniziativa privata a guida Montezemolo, sta moltiplicando le chiusure di tratte ferroviarie regionali, e determina il forte rincaro di un servizio pubblico sempre più ridotto e scadente, e sempre meno sicuro. Il PCL rivendica la difesa del servizio ferroviario come servizio pubblico e popolare; un forte investimento di risorse pubbliche nella qualificazione delle ferrovie dello stato; il ripristino di tutte le tratte tagliate, a partire dalle linee dei pendolari; l’estensione del servizio ferroviario nel Meridione; la ripresa di consistenti assunzioni di personale ferroviario quale condizione necessaria per la riqualificazione del servizio, la sua sicurezza, la sua vivibilità per lavoratori e utenti; il carattere elettivo e revocabile dei dirigenti delle ferrovie da parte dei lavoratori del settore, e la cancellazione dei loro privilegi; un controllo operaio e sociale sull’intero servizio ferroviario ( qualità, copertura territoriale, costi, sicurezza).
NO AL NUCLEARE E ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ ACQUA. PER UN PIANO DI RISANAMENTO AMBIENTALE, SOTTO CONTROLLO POPOLARE
Tutte le giunte regionali hanno partecipato negli anni al saccheggio del proprio territorio, in veste di comitati d’affari di interessi privati: speculazioni, abusivismi, dissesto idrogeologico, inquinamento ambientale sono il lascito di queste politiche, con costi sociali enormi e autentici crimini. Oggi, il nuovo “piano casa” del governo all’insegna di una più libera licenza speculativa; il piano di privatizzazione dell’acqua; i progetti di “alta velocità” e soprattutto il programma di ritorno massiccio all’energia nucleare, prevedono un più diretto intervento dell’esecutivo nazionale nella gestione del territorio , un ancor più marcata subordinazione dei governi regionali alla volontà del governo, un salto di qualità dello scontro ambientale in Italia. Il PCL si oppone al saccheggio dell’ambiente e della salute nel nome del profitto. Rivendica un piano di riassetto idrogeologico del territorio, a partire dal Sud, con un forte investimento di risorse pubbliche sotto controllo popolare; la nazionalizzazione della grande industria edilizia, senza indennizzo, quale condizione necessaria di una svolta radicale nella politica abitativa e nel rapporto col territorio; il carattere interamente pubblico del servizio idrico, e un piano di riparazione della rete idrica nazionale; il rifiuto degli impianti nucleari, in ogni regione, con l’organizzazione di una radicale opposizione di massa al loro insediamento; un massiccio investimento di risorse pubbliche nelle energie rinnovabili, sotto controllo pubblico.

PER UN PIANO DI OPERE SOCIALI, REGIONE PER REGIONE, FINANZIATO DA GRANDI PROFITTI, RENDITE, PATRIMONI. PER UN PIANO DI OCCUPAZIONE E DI RINASCITA ,A PARTIRE DAL SUD, SOTTO IL CONTROLLO DI COMITATI POPOLARI
La battaglia per questo programma è inseparabile dallo sviluppo della mobilitazione operaia e popolare. Il PCL propone a tutte le sinistre politiche e sindacali, a tutte le associazioni ambientaliste e popolari, di promuovere, regione per regione, un censimento capillare delle necessità inevase delle classi subalterne sul territorio, e un relativo piano di rinascita ( risanamento edilizio, sicurezza degli edifici scolastici, riparazione della rete idrica, bonifica dei terreni inquinati e dell’amianto, sviluppo della rete ferroviaria, riassetto del territorio..), sino a comporre per questa via una piattaforma nazionale di lotta. Proponiamo che il censimento delle necessità del territorio avvenga attraverso la convocazione pubblica di assemblee popolari e si combini con la formazione di comitati popolari, quali strumenti di autorganizzazione di massa, e il loro progressivo coordinamento. Proponiamo che il “piano di rinascita” quantifichi, per ogni voce, le esigenze di nuove assunzioni e di nuovo lavoro, a vantaggio dei disoccupati e al servizio della società. Proponiamo che il piano di rinascita quantifichi, voce per voce, le esigenze di spesa e le possibili fonti di finanziamento: abbattimento delle spese militari, soppressione dei privilegi istituzionali, abrogazione dei privilegi ecclesiastici, tassazione progressiva dei grandi profitti, rendite, patrimoni, abolizione dei trasferimenti pubblici alle grandi imprese e alle banche. Il piano di rinascita del territorio, a partire dal Sud, può divenire uno strumento di egemonia del movimento operaio sulle domande delle masse popolari, sottraendole al populismo o al richiamo clientelare. E’ un terreno essenziale di lotta per la formazione di un blocco sociale anticapitalistico
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI
Tutte le forze politiche presentano, regione per regione, “programmi di amministrazione” della realtà esistente. Il PCL presenta un programma di rovesciamento di questa realtà.  Questo programma è e sarà inconciliabile con ogni formula di centrosinistra e con ogni localismo. La sua realizzazione implica la rottura complessiva del quadro sociale ed istituzionale esistente, a partire dalla completa autonomia del movimento operaio e popolare da ogni partito borghese e da ogni governo borghese, nazionale e locale. Solo un governo dei lavoratori potrà portare a compimento questo programma di alternativa anticapitalista. Il PCL partecipa alle elezioni- nazionali, europee, regionali- per presentare questo programma, estendere la sua riconoscibilità ed influenza nelle lotte in corso, favorire l’organizzazione attorno ad esso di un più vasto settore d’avanguardia della classe lavoratrice e dei giovani. Eventuali eletti del nostro partito, ad ogni livello, sarebbero solo una cassa di risonanza della lotta per un governo dei lavoratori. Tutti gli altri partiti vedono nella presenza istituzionale e nell’inserimento nei governi borghesi il fine ultimo della propria politica. Il PCL assume come fine della propria politica la conquista del potere da parte dei lavoratori e la costruzione di un altro Stato.