Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 11 settembre 2010

l'11 settembre che nessuno ricorda (Ken Loach)

da una segnalazione di Nando Simeone.






« Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento. » 
(Estratto dall'ultimo discorso radiofonico di Salvador Allende, poche ore prima della sua morte, l'11 settembre 1973 )

Nel settembre del 1973, i continui scioperi, l'altissimo tasso di inflazione e la mancanza di materie prime avevano precipitato il paese nel caos.

L'11 settembre di quell'anno, le forze armate cilene guidate dal Generale Augusto Pinochet, misero in atto il golpe cileno del 1973 contro Allende. Durante l'assedio e la successiva presa del Palacio de La Moneda, Allende decise allora di uccidersi piuttosto che arrendersi a Pinochet.

Tuttavia non sono del tutto chiare le circostanze della sua morte: la versione ufficiale, confermata dal suo medico personale è che il Presidente si tolse la vita con un fucile AK-47 donatogli da Fidel Castro, mentre altri sostengono che fu ucciso dai golpisti di Pinochet mentre difendeva il palazzo presidenziale.

Negli anni Ottanta il suo medico personale diede in un'intervista (trasmessa dalla trasmissione televisiva Mixer di Giovanni Minoli) una versione dettagliata dell'accaduto. Secondo il racconto del medico, che era insieme con Allende all'interno della Moneda, a seguito del bombardamento aereo e del successivo incendio, Allende disse a coloro che con lui difendevano la Moneda dalle finestre del primo piano di uscire dal Palazzo ormai indifendibile rimanendo solo nell'ufficio. Il medico rientrò poco dopo nell'ufficio, proprio nel momento in cui Allende si stava uccidendo con una scarica di mitragliatore alla testa dal basso in alto. In particolare il medico disse di aver visto la parte superiore della calotta cranica di Allende volar via per effetto della scarica.

In seguito al colpo di stato, in Italia ci furono molti scioperi in solidarietà con Allende e il popolo cileno. Italia e Svezia non riconobbero mai il regime di Pinochet, e per tutti i 17 anni di dittatura ufficialmente rimasero in carica gli ambasciatori accreditati da Salvador Allende.

Il colpo di Stato, che molti cileni speravano proteggesse la costituzione, ora si manifestava in tutto il suo orrore. Pinochet avrebbe di fatto regnato, non democraticamente eletto, per i successivi diciassette anni. La violazione dei diritti umani da parte del suo governo è stata, così come testimoniano precise prove documentali, sistematica prassi quotidiana, e alla fine del lungo periodo di dittatura si stimarono più di 3000 vittime (anche non cilene), fra morti e desaparecidos e circa 30.000 persone torturate (le cifre sono tratte dal Rapporto Rettig, un'inchiesta ufficiale condotta in Cile dopo la fine della dittatura di Pinochet, nel 1990).

Documenti ora declassificati indicano altresì come la CIA, il servizio di controspionaggio degli Stati Uniti d'America sia stato "longa manus" del governo di quest'ultimo Paese, appoggiando il rovesciamento con la forza di Allende, e ha incoraggiato e alimentato l'uso della tortura da parte del dittatore Pinochet.



Allende vive en la memoria:

Contestazione alla Gelmini a Bologna

dal Canale Youtube nikilnero



Alla festa della libertà i poliziotti in tenuta antisommossa hanno accolto i cittadini che manifestavano contro la riforma della scuola e sono volate manganellate.
La Gelmini alla fine non si è presentata, è stata rimpiazzata dalle ballerine brasiliane.




Finisce un esperienza se ne apre un'altra

della Rete Antifascista Metropolitana



Nel corso della nostra ultima riunione abbiamo preso una decisione, quella di porre fine all'esperienza della Rete Antifascista Metropolitana.
Circa due anni fa un gruppo di attivisti e attiviste che intendevano dare continuità all'originaria ipotesi di rete cittadina ampia e trasversale in grado di mobilitarsi e mobilitare unitariamente sulle tematiche legate all'antifascismo, diede vita al Ram-lab, un laboratorio antifascista che,
pur agendo con dinamiche da collettivo politico, mantenesse invariata la tensione iniziale, proponendo alle strutture di movimento e a tutte le persone antifasciste percorsi di dibattito, di analisi e di attivazione condivisi. Sotto questo di punto di vista le cose non sono andate come
speravamo e ormai possiamo tranquillamente affermare che l'ipotesi di rete antifascista nella nostra città è venuta meno, nonostante le innumerevoli relazioni create, nonostante i numerosi momenti condivisi con tanti e tante. Non è certo però venuta meno la volontà di affrontare quelle determinate tematiche ne tanto meno intendiamo interrompere un percorso di ricerca e di intervento politico che ha prodotto una serie di letture e di azioni a nostro avviso molto valide. Affrontare la tematica
dell'antifascismo uscendo dalla sclerosi della guerra fra bande ma inquadrando invece il fenomeno nel contesto più ampio della deriva autoritaria che investe il nostro paese e il nostro continente,
sviscerando a questo proposito il ruolo delle formazioni della destra radicale. Questa impostazione ci sembra assolutamente ancora in grado di produrre consapevolezza e di dare respiro a percorsi di attivazione. Come disse qualcuno ? Ricominciare da capo non significa ripartire da zero?. In questo
senso dalle ceneri della RAM sta nascendo una nuova aggregazione che chiamerà al confronto le persone interessate, che proporrà iniziative, che si relazionerà con chi vorrà condividere chiacchiere e fatti concreti. Un grazie a tutti coloro che hanno fatto vivere la Ram nella città di Roma e
un arrivederci a presto agli antifascisti e alle antifasciste. Ci becchiamo in giro.





Questa è la mia promessa

di Rebecca Vilkomerson,  Jewish Voice for Peace


Dear Luciano,
Tonight, the Jewish year of 5770 will come to an end, and a new year will begin.
One of the most beautiful elements of Jewish tradition is the opportunity during this time to look back and look forward - to acknowledge our wrongs of the year past, to honestly assess our actions, to think about what our hopes are for the next year, and how we will try to fulfill them.
We invite all of you - Jews and non-Jews alike - to take a moment, reflect, and share with us your hopes, dreams, and promises for the future on our website, This Is My Promise.
Our promise to you this year is to be more powerful, more courageous, and more effective in building a fierce and fearless movement for justice for all peoples in Israel and Palestine.
That's why we are so deeply gratified to start the year with such extraordinary news.
One, we are greatly honored that Rabbis Brant Rosen and Alissa Wise will be the co-chairs of Jewish Voice for Peace's new Rabbinical Council. You can learn more about the Council here, and download prayers and reflections that you can use during this holiday. We know they will help you spark a dialog and raise awareness.
Two, a brave group of Israeli actors, writers, playwrights and directors recently declared that they would not cross into the West Bank to perform in an illegal settlement. You could think of it as their promise for the year. They were immediately vilified by Prime Minister Bibi Netanyahu and countless others and asked us for support.
We went to our friends in the arts world and the amazing happened: more than 150 of the bright lights in American film and theater stood up to support these artists of conscience, including people like Stephen Sondheim, Hal Prince, Tony Kushner, Julianne Moore, Mira Nair, Cynthia Nixon, Mandy Patinkin, Ed Asner, Wallace Shawn, Jennifer Tilly,  Eve Ensler, Vanessa Redgrave and so many more.
No matter what happens next, this is already a breakthrough in shining a bright light on the illegality of the Israeli settlements, and the necessity of taking a stand for human rights and international law. And because it is happening now, at the New Year, I can't help but consider the meaning of standing up for what is right in this world - and that for our brothers and sisters in Palestine, the consequences of speaking their conscience is so much greater.
And so...I'm making a promise this year: To remind the world to fight for justice for Palestinian prisoners of conscience. To continue to stand in solidarity with the brave Israelis who are speaking out. To do everything we can to continue to build a movement that fights for equal rights - nothing more, nothing less - for everyone, Palestinian or Israeli.
And in the end, we face the new year with great hope. Our movement is stronger than ever, and the tide is turning. What is your hope for this year? Tell us at www.thisismypromise.org.
Shanah Tovah - Happy New Year - may it be a year of sweetness, peace, and justice for you, your family, your loved ones, and the world.

And to our Muslim friends Ramadan Kareem and Eid Mubarak.  




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Stanotte l’anno ebraico del 5770 si avvia alla conclusione ed un nuovo anno inizierà.

Uno dei più belli elementi della tradizione ebraica è l’opportunità, durante questo periodo di guardarsi indietro e di guardere avanti per riconoscere le nostre colpe dell’anno passato, per valutare onestamente le nostre azioni, per pensare a quale siano le speranze per il nuovo anno e come cercheremo di realizzarle. Invitiamo tutti voi ebrei e non ebrei di concedersi del tempo, riflettere e condividere con noi le vostre speranze, sogni e promesse per il future sul  nostro sito web   THIS IS MY PROMIS  
La nostra promessa per voi quest’anno sarà quella di essere più determinati più coraggiosi e più efficaci nella costruzione di un movimento forte e coraggioso  per la giustizia di tutti i popoli in Israele e in Palestina.

Questo perchè siamo così profondamente gratificati di iniziare l’anno con alcune notizie straordinarie.

Uno: Siamo profondamente onorati che i rabbini Rabbin Brant Rosen e Alissa Wise saranno insieme i presidenti del nuovo consiglio Rabbinico di “Jewish Voice for Peace” E’ possibile saperne di più sul consiglio  CLICCANDO SU QUESTO SITO  e scaricare le preghiere e le riflessione che potreste usare durante queste feste. Sappiamo che vi saremo di aiuto a promuovere il dialogo e la sensibilizzazione

Due: Un gruppo coraggioso di attori israeliani, scrittori drammaturghi e registi ha recentemente dichiarato che non avrebbero attraversato la Cisgiordania per esibirsi in un insediamento illegale. Potreste pensare che questa è la loro promessa per l’anno nuovo. Sono stati immediatamente vilipesi dal primo ministro Bibi Netanyahu e da molti altri e hanno chiesto  a noi di aiutarli. Siamo andati presso i  nostro amici del mondo dell’arte ed è successo qualcosa di sorprendente più di 150 fra le stelle luminose del cinema e del teatro americano si sono sollevati per aiutare questi artisti di coscienza incluse persone come Stephen Sondheim, Hal Prince, Tony Kushner, Julianne Moore, Mira Nair, Cynthia Nixon, Mandy Patinkin, Ed Asner, Wallace Shawn, Jennifer Tilly,  Eve Ensler, Vanessa Redgrave e molti altri. Non importa cosa accadrà dopo questo è già un passo avanti per accendere una luminosa luce sull’illegalità degli insediamenti israeliani e sulla necessità di schierarsi a favore dei diritti umani e le leggi internazionali. 

E dal momento che ciò sta accadendo adesso per il nuovo anno non posso fare a meno di considerare il significato di battersi per ciò che è giusto in questo mondo e che per i nostri fratelli e sorelle in Palestina la conseguenza di far parlare le proprie coscienze à tanto più grande. Quindi sto facendo la mia promessa in questo anno di ricordare al mondo di battersi per la giustizia e i prigioniero Palestinesi in coscienza di continuare a schierarsi in solidarietà con i coraggiosi israeliani che stanno protestando per questo di fare più che possiamo  per continuare a costruire un movimento che si batte per l’uguaglianza dei diritti ne più e ne meno per tutti, Palestinesi e Israeliani. E alla fine ci poniamo di fronte al nuovo anno con grande speranza. Il nostro movimento è più forte che mai. Il vento sta cambiando. Qual’è la vostra speranza per quest’anno? Comunicatecelo sul sito  www.thisismypromis.org .
Shanah Tovah - Happy New Year - può essere un anno di dolcezza, di pace e di giustizia per voi, la vostra famiglia, i vostri cari, e il mondo. E per i nostri amici musulmani Ramadan Kareem e Eid Mubarak.

 

venerdì 10 settembre 2010

Bonanni cacciato da Torino

- dal Partito dei Carc

Gli squadristi della CISL, DIGOS e celere cercano di impedire la contestazione al capo del sindacato giallo, senza riuscirvi.

Ieri - 9 settembre - è toccato a Bonanni lasciare il palco che vergognosamente gli è stato offerto dal PD a Torino. Lo ha lasciato scappando, inseguito da fischi, grida e un fumogeno: le “armi” con cui lavoratori, precari, studenti, compagni e compagne hanno contestato il capo della CISL, all’indomani dei plausi e delle soddisfazioni espresse per il colpo di mano di Federmeccanica, che ha stracciato il CCNL forte proprio della porcata firmata da CISL, UIL e UGL nel 2009, l’accordo separato sulla contrattazione dei metalmeccanici.
Unanime il coro di solidarietà a Bonanni e di condanna ai contestatori (“squadristi”) da parte di tutte le forze del teatrino della politica: da quelli che dal PD guardano a destra (Bersani, Letta) a quelli che da sinistra guardano al PD (Vendola). Anche Di Pietro si è rimangiato in fretta e furia le parole con cui aveva benedetto la contestazione a Schifani avvenuta pochi giorni prima sempre a Torino, sempre alla “festa” del PD. Forse Bonanni è meglio di Schifani? O forse la ricetta Marchionne ha sedotto e convinto anche Di Pietro?
A colpi di contestazioni “impreviste” (innumerevoli quelle alla Gelmini nel corso di un anno, solo negli ultimi 15 giorni è toccato a Dell’Utri a Como, a Schifani, a Franceschini, fischiato a Roma dai precari della scuola in presidio di fronte al Parlamento, a Bossi, alla festa della Lega a Cuveglio (VA), a Maroni, al Berghem Fest) e di contestazioni annunciate (aspettando la Gelmini a Bologna) inizia a mancare la terra sotto i piedi dei politicanti borghesi e dei sindacalisti filo-padronali.
La risposta delle masse popolari agli arbitri, ai ricatti e al disastro della crisi sta mettendo paura ai lacchè dei padroni, perché non si tratta di episodi sporadici e isolati. Sono circondati. E adesso dobbiamo cacciarli!
Più le mobilitazioni popolari diventano un problema di ordine pubblico, più contribuiscono a rendere ingovernabile il Paese, tanto più portano scompiglio nel teatrino della politica borghese, infondono coraggio e combattività fra le masse e, in definitiva, creano le condizioni favorevoli a un governo di emergenza popolare.
Per questo motivo ai lavoratori, ai precari, agli studenti, ai compagni e alle compagne che hanno contestato Bonanni va il nostro incondizionato sostegno: con la loro iniziativa hanno mandato un segnale di solidarietà agli operai FIAT, a tutti i lavoratori e a tutti i settori popolari in mobilitazione.

Tranquillità sociale a rischio

da Associazione Politico- Culturale 20 ottobre




La tranquillità sociale e sindacale in fabbrica e nel mondo del lavoro è fortemente a rischio”. A lanciare questo preoccupante allarme è l’Associazione Politico Culturale “ 20 Ottobre” dopo essere venuta a conoscenza delle ultime “mosse” della Federmeccanica che ha revocato il contratto di lavoro.
“Si è verificata una cosa molto molto grave – afferma preoccupato Oreste Della Posta, esponente di spicco dell’Associazione. In questi giorni infatti Federmeccanica ha disdetto il contratto collettivo nazionale del 2008 firmato da tutti i sindacati. Facendo questo – spiega – da oggi in avanti si fa riferimento al contratto non firmato dalla Fiom. Questo perché la Federmeccanica si è allineata alle posizioni della Fiat ed all’accordo separato di Melfi”.
“ Questo è di una inaudita gravità in quanto la Fiom, che non ha formato il contratto, è il maggior sindacato del settore metalmeccanico con i suoi 400mila iscritti. Tutto ciò – continua Oreste Della Posta – non è democratico ed aumenta ed esaspera la conflittualità all’interno del mondo del lavoro e mette a repentaglio i rapporti da impresa, sindacati e lavoratori”.
“Ciò – dice – non è accettabile e non serve al mondo dell’impresa e del lavoro soprattutto in un momento di crisi profonda che stiamo vivendo. Così facendo ne pagheranno le conseguenze i soliti noti: i lavoratori, i precari, i disoccupati. Tutto in nome dei una maggiore produttività. Noi pensiamo – afferma Della Posta – che la ricetta sia un’altra. Bisogna dare maggior impulso ai salari sostenendoli, ed in particolare è necessario sostenere in consumi. Il problema non  sono i salari. Per capirlo basta guardare la Germania che, nonostante i salari più alti di tutta l’Europa sta uscendo molto velocemente dalla crisi senza creare fratture sociali”.
“E’ necessario – dice – che tutte le parti si siedano intorno ad un tavolo e di comune accordo cerchino soluzioni che possano ridare slancio alle imprese, all’occupazione ed ai salari. Per questo facciamo appello a tutti  per una grande manifestazione unitaria in  difesa della pace sociale e dei diritti dei lavoratori soprattutto nella nostra Ciociaria dove il settore metalmeccanico è fortemente in crisi e le mosse di Federmeccanica non fanno altro che aggravare la situazione e mettere a rischio la pace sociale. È un rischio che non possiamo assolutamente correre e per evitarlo – conclude Oreste Della Posta – c’è bisogno della mobilitazione di tutti: lavoratori, politica e sindacati.

Storie di Operai

- di Luc Girello, musiche e testi (qui tradotti in italiano) di Daniele Sepe.

Le storie che gli operai raccontano ai  giovani figli  alternativi  i quali  non capiscono. Il guaio è che non capiscono neanche i sindacati, per cui se vola qualche fumogeno non ci si deve lamentare.








Padre:
Uah che giorno come mi brucia la fronte, vieni qua siediti che adesso ti racconto
Abbiamo urlato erano male intenzionati, ci siamo picchiati alla rinfusa, un padre vicino ad un altro padre, un fratello un passo che muove un altro passo, di fretta nella ressa la massa operaia, compagni tra la polizia che porta guai, fuori l’ambasciata americana il caos, il corteo è inseguito con i manganelli, il bello è che nel parapiglia colpivano dove capitava, sul destino di duemila famiglie, figlio mi ascolti, di questi tempi l’operaio non vale niente, è una vita di stenti a questi uomini spregevoli abbiamo detto senza paura “ladri sono tornati i minatori”

Figlio:
Ma papà alla tua età, i tempi cambiano questo non si fa, le nuove idee possono elaborare modelli nuovi  di sicurezza sociale, viaggiare, globalizzare democraticamente partecipare, fuori dai recinti dobbiamo guardare, portare alla ribata no ribaltare.

Padre:
Ragazzo ma mi hai capito, aspetta ricominciamo, a terra sei caduti, ti si è formata  al guerra in testa! Roma abbiamo lasciato con il traghetto per la Sardegna, tutti a piangersi il lavoro con le bestemmie , ieri le miniere oggi l’alluminio, ci buttano fuori e per le famiglie è uno stermino, Porto Vesme domattina occupiamo lo stabilimento, ecco il trattamento, questo impero di furfanti vive sulla precarietà, passandosi la responsabilità di quà e di la, “sentite adesso dovete pagarla l’elettricità” e la multinazionale fa il ricatto e non ci sta, il governo fa bla bla, niente si muove, Papi nell’alcova e noi fuori dall’Alcoa, teniamo pure il cappellaio a corte, un Cappellacci alla corte e chi t’è mmuorto.

Figlio:
E dai papà per carità, brutalità non è la modalità la nuova sinistra è il futuro politico, fa un discorso e un percorso autocritico, non ideologico, non demagogico, cambiare con i tempi è fisiologico, no manganelli, nuovi modelli si fa politica ad alti livelli.

Padre:
Ti sei rimbecillito, davvero non hai idea, per te la scala mobile è solo quella dell’Ikea, il 70’ le 150 ore, io ora con te me la sbrigo e  mi ci vuole un quarto d’ora, il sudore, lo statuto dei lavoratori, ti tolgo i soldi dalla paghetta e ti fai in culo, le manifestazioni, la militanza, sei troppo stronzo.

Figlio:
Polemiche a parte noi giovani democratici  di sinistra, parteciperemo in manera massiccia per vivificare democraticamente le prossime elezioni, portando alla ribalta l’espressoini i volti e le personalità che possono incarnare il vero spirito del giovane democratico italiano che vive per e nella società contemporanea....

Padre:
Ma vedi un po’ questo e gli do pure da mangiare! La laurea in scienze politiche a cosa ti è servita, nottate a fare “l’alternativo” la mattina si sveglia alle undici, se ci fosse tua madre, ma sai che tidico, vai a lavorare, vai a rubare.

Coro:
un bullone un culo e un culo un bullone
un bullone un culo e un culo un bullone
un bullone un culo e un culo un bullone

Eternit Magia

Fotopost di Luciano Granieri.



Ricordate questo filmato del 17 luglio 2010. Documentava la fabbrica all'amianto. Un sito abbandonato rigurgitante eternit sul cui cancello arrugginito c'era il cartello che indicava una zona ad alto rischio per la presenza di polvere d'amianto in concentrazione superiore ai limiti di esposizione.
Finite la vacanze siamo ritornati sul luogo del delitto per verificare   in che condizioni era l'eco mostro.

Ebbene, come a luglio, la malsana costruzione giace indisturbata lungo l'autostrada nè più e nè meno come l'avevamo trovata.




Anzi ,all'amianto si mischiano, per profumare  l'aria, i fumi della fabbrica Marangoni.





Anche all'interno non esiste ombra di bonifica tutto è velenoso come prima.




Eppure a seguito della nostra denuncia qualcosa è avvenuto. Il sito non è più a rischi le concentrazioni di amianto sono rientrati nei limiti di esposizione, anzi non esiste più la polvere di amianto. Come è possibile se tutto è rimasto come prima?
SEMPLICE SUL CANCELLO NON C'E' PIU' IL CARTELLO DI PERICOLO E DUNQUE NON C'E' PIU' IL PERICOLO.
Si sa sono i cartelli che creano il pessimismo. C'è una alta concentrazione di polvere d'amianto? 
Si rimuove il cartello che indica il pericolo di intossicazione e il sito diventa salubre come un passo dolomitico, altro che spendere milioni di euro per la bonifica.






BASTA CON I BALLETTI SULLA PELLE DEI CITTADINI: PORTIAMO DAVANTI AL GIUDICE ACEA E SINDACI

da coordinamento  per l'acqua pubblica di Frosinone


Come preannunciato a luglio, Il Coordinamento per l’Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone apre i propri sportelli, oltre che per continuare ad informare e difendere gli utenti con l’esame delle fatture e la predisposizione dei reclami, anche per consentire finalmente a tutti i cittadini di porre in essere un’azione concreta contro il gestore del Servizio Idrico Integrato, ACEA ATO5 S.p.A. e contro quei sindaci che in questi anni, con le loro azioni e con le loro omissioni, hanno consentito che i cittadini subissero i danni e le angherie che hanno dovuto patire.
I nostri sportelli sono in grado di determinare quanto sarebbe stato, anno per anno, il giusto importo da pagare per il servizio ricevuto e, per differenza, le somme che ogni singolo utente potrà richiedere sia al gestore e sia ai sindaci pro-tempore degli 86 comuni dell’ATO, che sono chiamati a rispondere in solido.
Ci auguriamo che i sindaci assumano finalmente il loro ruolo a tutela dei loro amministrati e, anche così sollecitati, pongano in essere concrete azioni volte a ottenere il ripristino dei diritti ed il ristoro dei danni subiti dai loro cittadini. Non crediamo, però, che questo gestore, neanche di fronte ad una simile ipotesi, si dimostri finalmente affidabile operando un ravvedimento operoso e pertanto stiamo organizzando il passaggio successivo, ovvero il ricorso al giudice perché qualcuno, finalmente, imponga nella gestione di un bene primario come l’acqua, il rispetto dei diritti e la tutela degli interessi dei cittadini.
E’ infatti intollerabile continuare ad assistere al balletto macabro tra istituzioni, gestore e segreterie tecniche, cui siamo costretti ad assistere ormai da anni: le somme indebitamente pagate dai cittadini sono per centinaia di milioni di euro, i danni patiti dal comuni e dai cittadini per le inadempienze del gestore e la complice ignavia dei sindaci sono almeno di ulteriori decine di milioni e ancora di decine di milioni di euro sono gli oneri concessori ed i mutui che ACEA non ha versato nelle disastrate casse di comuni.
Di fronte ad una simile devastazione, lo ribadiamo, nessuno si illuda che, in luogo della doverosa risoluzione per colpa del contratto, si possa trasformare tutta questa vicenda nel gioco dell’oca con la predisposizione nelle segrete stanze della Segreteria Tecnica Operativa – quella stessa su cui pende la famosa richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica - di un nuovo Piano d’Ambito, cucito a sanatoria su misura per questo gestore.
Nessuno si illuda di poter continuare a banchettare sulle nostre tasche, sul nostro territorio e sula nostra salute. Non lo permetteremo.
Sabato 11 il Coordinamento organizza ad Anagni un altro seminario formativo per tutti coloro che vogliono
avviare ulteriori sportelli per i cittadini.
Chiunque sia interessato può contattare il coordinamento alle e-mail cap.frosinone@gmail.com e fulpica
@gmail.com o telefonare ai numeri 338 2164837 e 338 9950937

IL COORDIMANETO PER L’ACQUA PUBBLICA IL COMITATO REFERENDARIO
DELLA PROVINCIA DI FROSINONE 3 QUESTITI PER L’ACQUA PUBBLICA
Primo elenco degli sportelli di aiuto ai cittadini
(altri sono in fase di definizione ed altri si aggiungeranno dopo il seminario di domani ad Anagni)
Frosinone, via Marittima 225 c/o sede USB, il martedì dalle 17.00 alle 19.00
Frosinone, c/o avv. Scaccia, piazza Caduti di via Fani 2, il giovedì dalle 16.00 alle 18.00
Anagni, c/o Ass. Cult. Humanitas, vicolo San Michele 21 (orari da definire)
Broccostella, c/o il Municipio il lunedì dalle 10.00 alle 12.00
Cassino, Campo Boario via Verdi 19 c/o sede VAS, il sabato dalle 11.00 alle 13.00
Ceccano, c/o la Stazione Ferroviaria (I piano) il lunedì e il mercoledì dalle 10.00 alle 12.00
Fiuggi, Pro-loco , via G. Garibaldi c/o p.zza Trento e Trieste il giovedì dalle ore 10.00le ore 12.00
Fontechiari, c/o l’ambulatorio medico, il mercoledì dalle 9.00 alle 11.00
Isola Liri, via Bebi Baisi 10 il martedì e venerdì dalle 10.00 alle 12.00
Pofi, via Roma 29 il lunedì dalle 9.00 alle 12.00 e il venerdì dalle 17.00 alle 19.00
San Giorgio a Liri, c/o Sala polivalente del Comune, il sabato dalle 16.30 alle 18.00
Villa Latina: c/o Agenzia Reale Mutua Assicurazione Venerdì dalle ore 16 alle ore 19
Sora Viale San Domenico, 144 ex 22 il Martedì e il Venerdì dalle 9 alle 12,30 e dalle 16.00 alle 18,30
Torrice, via San Martino 58, il martedì dalle 16.00 alle 18.00 (dal mese di ottobre)
Vicalvi, c/o il Municipio, il mercoledì dalle 11.00 alle 12.30
Veroli: località Case Panetta,47 (Quattro strade Casamari) il Lunedì, Mercoledì, Venerdì ore 9 -12,30 / 16 – 18,30
Via per Castelmassimo,357 – Via Cavoni snc (Martedì e Giovedì ore 9 – 12,30 / 16 – 18,30)

giovedì 9 settembre 2010

gelmini go home

 da Bologna Prende Saperi 
I compagni e le compagne di Bologna della rete nazionale Red Net, aderiscono alla mobilitazione di questo venerdì 10 settembre, in occasione dell’arrivo a Bologna del ministro Gelmini, invitata alla festa regionale del PDL- Emilia Romagna che si sta svolgendo in questi giorni in città.
Questo evento segna l’inizio di una nuova mobilitazione, determinati  a voler difendere la scuola e i diritti dei lavoratori in essa.

Alla dichiarazione di guerra dei padroni bisogna rispondere con l'unità delle lotte

di Franco Turigliatto - Portavoce Nazionale Sinistra Critica  (www.sinistracritica.org)



La decisione della Federmeccanica di disdettare il contratto dei metalmeccanici col pieno sostegno del governo e dei sindacati complici apre una nuova fase dello scontro di classe nel nostro paese.
Marchionne non ha avuto difficoltà a far prevalere nella associazione dei padroni metalmeccanici italiani e nella Confindustria la linea della Fiat, dell’attacco diretto al contratto nazionale, ai diritti del lavoro. Il modello di Pomigliano di flessibilità selvaggia, di ricatto e intimidazione, di libero sfruttamento dei lavoratori senza più tutele, deve diventare la regola in tutte le aziende. E’ in questo modo che il capitalismo pensa di poter affrontare le turbolenze di sistema economico più che mai in crisi garantendosi nuovi profitti sulla pelle e la vita dei lavoratori.

Quando i padroni parlano di “fine della lotta di classe” intendono dire che solo loro hanno il diritto 
di praticarla contro i lavoratori e che questi devono subirla senza reagire come nuovi schiavi.
I padroni hanno infatti dichiarato una vera e propria guerra sociale contro la classe lavoratrice
che va di pari passo con quella del governo Berlusconi (la distruzione della scuola pubblica, la
controriforma delle pensioni, il collegato lavoro alla finanziaria, i tagli selvaggi agli enti locali, ecc, i continui regali fatti alla casta degli intoccabili, i ricchi e i potenti di ogni risma).

Berlusconi e Marchionne sono le facce di una medesima medaglia, quella della prevaricazione dei 
diritti sociali e democratici, dell’assalto alle condizioni di vita delle masse in nome del mercato, dei profitti. Sono i volti di una borghesia avida, incapace di garantire lavoro e salari decenti per tutti, e di progettare un futuro; insieme vanno combattuti.
A costoro va data subito una risposta di lotta e di mobilitazione, unificando le tante lotte in corso, a 
partire dalla convergenza tra i metalmeccanici e i precari della scuola, mobilitando dal 
basso tutte 
le energie della classe lavoratrice, dandosi un comune appuntamento per il 16 ottobre che non sia la 
conclusione, ma l’inizio di una forte stagione di lotta di classe, quella dei lavoratori.
Gli operai, i precari della scuola, la Fiom e i sindacati di base che in questi mesi hanno cercato di 
resistere all’offensiva padronale non devono essere lasciati soli.
Non è più il tempo di furberie, di “si, ma” di pericolosi distinguo. Tutte le forze politiche e sociali che nel nostro paese vogliono difendere realmente la democrazia e i diritti sociali devono prendere posizione netta, devono dire chiaramente se stanno dalla parte della classe lavoratrice o dalla parte di Marchionne e della Confindustria impegnandosi a fondo per costruire un movimento di massa contro il governo Berlusconi e contro tutte le forze padronali.

mercoledì 8 settembre 2010

Lettera al Sindaco Alemanno

- di Luciano Granieri


Roma, 8 set. (Adnkronos) - ''Le forze politiche hanno una massa d'urto. Pensate se io e Berlusconi portassimo 10 milioni di persone a Roma...''. Umberto Bossi assicura che contro un eventuale governo tecnico, la Lega e il premier potrebbero "portare 10 milioni di persone a Roma".


Leggendo questa notizia ci è venuto da scrivere al sindaco di Roma Gianni Alemanno.

 Egregio  Signor Sindaco di Roma, Camerata Gianni Alemanno,

Le scriviamo per invitarLa  ad appoggiare con decisa fermezza  la scelta del  governo tecnico. Ma ci pensa che svolta sarebbe per le magre casse comunali un corteo di dieci milioni di persone? Forse la sua idea di far pagare i manifestanti che vengono a Roma
potrebbe avere in questo caso la definitiva consacrazione. Altro che la   TASSA SULLE CAZZATE  che Lei dice ad ogni piè sospinto!!!!. “NON POSSONO PAGARE SOLO I ROMANI” Con queste parole Lei annunciò la tassa sui cortei. Parole Sante!!!! Facciamo pagare anche questi barbari nordici, fascisti, avvinazzati, questi grassi maniaci del “ghe pensi mi”, queste leggiadre pulzelle della Escort League  che per la poltrona hanno dato via quello che ci si mette sopra alla poltrona!!!!!  Un Popolo di dieci milioni di evasori fiscali  che va in piazza a difendere le leggi del Premier senza neanche sapere cosa prevedono le leggi del Premier. Dunque caro sindaco facciamo due conti; 500 euro per dieci milioni fa CINQUE MILIARDI!!!!  . Sarebbe la svolta. Potrebbe obbiettare che 500 euro a persona è una cifra troppo alta? Ma come! Sono belli, furbi e ricchi cosa vuole che sia per loro sborsare 500 euro?  A proposito! Noi che manifesteremo  con la FIOM il 16 ottobre prossimo  faremo un esproprio proletario di suolo pubblico per cui non pagheremo neanche un centesimo. SAREMO IN PIAZZA PER RIDARE DIGNITA’ al lavoro e per combattere chi vuole eliminare tale  dignità allo scopo di rendere i lavoratori schiavi del profitto.  Quindi anche per l’importanza della piattaforma rivendichiamo il diritto di non pagare. QUANDO SI VA IN PIAZZA LO SI FA PER LE COSE SERIE MICA PER LE CAZZATE. Certi che presterà la dovuta attenzione a quanto scritto. Salutiamo Romanamente

“Se Vedemo”

Luciano Granieri Redattore del Blog AUT -Frosinone





Se la politica scopre il precario

di Fiorella Farinelli   da Sbilanciamoci.info



In molti saltano sul carro dei precari, Gelmini tira dritto. Ma come affrontare il moloch dei 240.000 in lista d'attesa? Cominciando con la prima emergenza: gli ex supplenti annuali a spasso. Mentre mancano 80.000 insegnanti nei ruoli delle scuole, quasi tutti a Nord. Ma va cambiato radicalmente il sistema delle assunzioni

Di Pietro, Bersani, qualche giorno fa dal palco di Mirabello anche Fini. Tutti a dichiarare sacrosante le battaglie e le ragioni degli insegnanti precari. Tutti, anche chi ha votato a scatola chiusa i tagli di Tremonti e i “derivati” di Gelmini, solidali – finalmente - con chi digiuna, protesta, presidia. E’ bene, naturalmente. Può aiutare a contrastare l’arrogante indifferenza del ministro dell’istruzione, a fare della mobilitazione dei precari un punto di forza per ottenere un qualche rimedio ai punti dolenti prodotti da alcuni tagli: le classi troppo numerose, i disabili senza sostegno, l’asfissia di tante attività didattiche di pregio. Ma sarebbe anche meglio, in verità, se entrassero in campo anche altri, per esempio la Lega: sempre pronta ad attribuire agli insegnanti che vengono dal mezzogiorno le cause di una discontinuità di insegnamento che lede i diritti degli studenti, e però curiosamente muta rispetto al record di posti vacanti che c’è nella scuola secondaria delle aree settentrionali ( il 23% contro il 19% della media nazionale ). Migliaia di posti di lavoro che potrebbero essere ricoperti in modo stabile – con indubbi vantaggi per la didattica – se le immissioni in ruolo di chi ha i giusti titoli, Tremonti regnante, non si dovessero fare con il contagocce. O se, almeno, gli incarichi potessero diventare da annuali a triennali, come propone pragmaticamente qualche sindacato. Sono più di 80.000 , solo nella scuola media e superiore, i posti vuoti, e però le immissioni in ruolo degli insegnanti quest’anno non saranno, alla fine, più di 10.000 .
Ma c’è da fidarsi della politica? Sul precariato scolastico, sia a destra che a sinistra, bisogna dire che di lungimiranza se ne è vista quasi sempre molto poca. Al centro non c’è stata mai la qualità della scuola, e neppure l’efficienza. Negli ultimi trent’anni, a prevalere è stata immancabilmente una logica di tutela delle “legittime aspettative” di chiunque metta un piede nella scuola. Anche con supplenze brevi e sporadiche, anche se nei lunghi anni di attesa del mitico primo incarico annuale si sono trovati altri percorsi di lavoro, anche se i titoli professionali sono e restano deboli o inesistenti. L’anzianità di attesa, insomma, invece che la costruzione delle competenze professionali e la selezione dei migliori, dei più motivati, dei più preparati. L’alimentazione incessante di un bacino sempre più vasto e confuso di precari invece che un ordinato e programmato ricambio generazionale. Una truffa, in primo luogo, per un numero enorme di persone , visto che per esaurire per via fisiologica gli oltre 240.000 attualmente iscritti alle graduatorie – età media 38 anni - occorrerebbero non meno di tre lustri. E, recentemente, anche una poderosa muraglia, in una scuola dove l’età media è di 52 anni, innalzata contro l’ingresso nella scuola dei giovani laureati. Se infatti con l’ultimo governo Prodi le graduatorie sono diventate “ad esaurimento” – chi è dentro è dentro, e chi è fuori non può entrare – ma non c’è stato il tempo per dare il via alla prevista formazione universitaria degli insegnanti e a una sensata riforma del reclutamento, con Gelmini si è prodotto il peggio del peggio. Cioè la chiusura d’imperio dell’unico spiraglio di ingresso per i giovani aspiranti all’insegnamento nella secondaria, le Scuole di specializzazione universitarie istituite dal ministro Moratti e sempre contrastate, in nome appunto delle “legittime aspettative”, dai sindacati e dagli iscritti alle graduatorie. In sostanza, è dal 2007 che nessun giovane laureato, anche tra i disposti ad aggiungere ai cinque anni di università altri anni di corso, a superare esami e a svolgere tirocini guidati e valutati, può aspirare a entrare nella scuola per la via maestra. Un disastro, insomma, che Gelmini attribuisce per intero alle politiche del passato, ma a cui in verità negli ultimi due anni non si è fatto niente per porre un qualche rimedio. Né bandendo concorsi almeno per le graduatorie esaurite o in via di esaurimento – ce ne sono molte, soprattutto di materie scientifiche e tecnologiche, e non solo nel Nord – né mettendo in atto nuovi percorsi di formazione professionale universitaria per gli insegnanti della secondaria. Il suo regolamento sulla formazione iniziale dei docenti, presentato urbi et orbi con la massima solennità, infatti, non solo non è ancora attuativo, ma ha di nuovo rinviato l’attesa riforma del reclutamento. L’argomento è che bisogna aspettare una revisione delle classi di concorso che non è ancora completata.
La verità è che non c’è il coraggio di avviare una gestione strategica del personale, basata sulla formazione e sulla valutazione delle competenze professionali necessarie a una scuola di qualità, e di fare finalmente scelte analoghe a quelle in vigore in gran parte dei paesi avanzati, dalla Danimarca alla Gran Bretagna. Sganciando le supplenze dal reclutamento. Programmando le assunzioni con accesso a numero chiuso alla specializzazione universitaria. Attribuendo validità concorsuale ai percorsi formativi universitari e al tirocinio nelle scuole. Rinunciando a un centralismo inefficiente con l’attribuzione alle scuole della competenza del reclutamento da albi regionali di professionisti. Asciugando le graduatorie da tutti coloro che non hanno titoli validi e immettendo in ruolo sui posti vacanti quelli che invece li hanno. Bandendo, nella fase di transizione, concorsi aperti a tutti per coprire i posti dove le graduatorie provinciali sono a secco.
Un’impresa indubbiamente improbabile, per un ministro come Gelmini, evidentemente interessata a tutt’altro. Ma c’è da dubitare che la consapevolezza della serietà della questione e del suo valore strategico per un miglioramento netto della qualità e dei risultati del nostro sistema di istruzione ci sia anche nei personaggi o nelle forze politiche che oggi si sbracciano a sostenere le lotte dei precari della scuola. Di quale precariato si parla? Di quale formazione, di quale reclutamento? Che cosa si ha in mente per sbrogliare il pasticcio che si è formato in tanti anni di politiche corporative e irresponsabili? Occorrerebbe una chiarezza di proposte che al momento non c’è, e che invece sarebbe dovuta non solo alla scuola ma anche a chi – i precari “storici” da un lato, i giovani laureati dall’altro – ne sono le prime vittime. Non serve un ennesimo polverone sul “precariato”, imbastito solo per ragioni politiche o elettorali, vuoto di idee, senza una precisa direzione di marcia. Fare riferimento, come si legge ogni giorno sulla stampa, alle centinaia di migliaia di iscritti nelle graduatorie, all’enormità di questa bolla fatta di aspettative deluse ma anche di inerzie, serve solo a portare acqua agli argomenti di Gelmini, alle sue dichiarazioni di impraticabilità di una soluzione immediata e definitiva del problema. Al suo lavarsene le mani, di fronte alla serietà del debito pubblico e degli impegni governativi di risanamento. Con larghi consensi, c’è da scommetterci,da parte di un’opinione pubblica disorientata dalle continue denunce di inefficienza e di cattivo uso delle risorse nell’intero settore pubblico.
All’ordine del giorno, del resto, oggi c’è un’altra emergenza. Molto precisa, molto specifica, molto grave. Sono più di 10.000, secondo i conti dei sindacati, gli insegnanti che lo scorso anno hanno avuto un incarico annuale, o almeno fino al termine delle lezioni, e che oggi rischiano di restare senza lavoro. Sono precari che, se ci fossero stati i concorsi, avrebbero dovuto da tempo essere di ruolo e che ora con tutta probabilità stanno per essere ricacciati nell’inferno delle supplenze brevi perché i posti di insegnamento tagliati per il prossimo anno scolastico sono 25.600 e le nuove immissioni in ruolo solo poche migliaia. Sono insegnanti che a una scuola che vede un incremento degli iscritti e che vive una quantità enorme di problemi irrisolti servono come il pane. Non si dovrebbero accettare, come è successo l’anno scorso, i palliativi della leggina salva-precari, le soluzioni avvilenti di un affidamento dei licenziati alle Regioni e dei progettini di utilizzo inventati qua e là per giustificare una sorta di cassa integrazione. E’, tra l’altro, anche questa una spesa pubblica, che però ha unicamente una funzione di copertura, serve cioè solo a non smentire le tabelle di tagli imposte da Tremonti.


Ma il tavolo negoziale chiesto dai sindacati, a una settimana dall’inizio del nuovo anno scolastico, ancora non c’é. E il ministro, finora, ha addirittura rifiutato ogni incontro con le delegazioni dei precari. Un problema serio, che richiede anche alle forze politiche il massimo di lucidità e responsabilità.

Per un boicottaggio di Israele moralmente coerente

da Forum Palestina.


Comunicato della Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI)
7 settembre 2010 



In seguito al recente annuncio dell’inaugurazione di un centro culturale all’interno di Ariel, la colonia ebraica quarta per grandezza nel territorio palestinese occupato, 150 importanti accademici, scrittori e figure di intellettuali israeliani hanno dichiarato che  “non prenderanno parte ad alcuna attività culturale che si svolga al di là della Linea Verde, non parteciperanno ad alcun dibattito o seminario o conferenza in qualsiasi ambito accademico all’interno degli insediamenti” ("150 academics, artists back actors' boycott of settlement arts center," Haaretz, 31 August 2010).

Alcuni di loro sono arrivati al punto di ripetere un dato di fatto, che cioè tutte le colonie israeliane costruite su terra palestinese occupata rappresentano una violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e che ciò costituisce un crimine di guerra.



Questa presa di posizione assunta da decine di accademici e artisti israeliani ha suscitato un vespaio di polemiche nella sfera pubblica israeliana, attirandosi il rimprovero trasversale dell’intero quadro politico e specialmente dell’establishment accademico e culturale. Tutti i maggiori teatri si sono affrettati a dichiarare il loro rifiuto di boicottare Ariel motivandolo con il pretesto di dover essere al servizio “di tutti gli israeliani”. Gli amministratori delle università hanno fatto eco a queste dichiarazioni o hanno scelto il silenzio, continuando a fare affari come sempre con Ariel e gli altri insediamenti. I termini della querelle tuttavia, pongono una serie di problemi ai sostenitori dei diritti dei palestinesi. Nello stesso momento in cui diamo il benvenuto ad azioni di protesta dirette contro qualsiasi manifestazione del regime israeliano di colonialismo e apartheid,  noi crediamo che questi atti debbano essere moralmente coerenti e saldamente ancorati al diritto internazionale e ai diritti umani universali.




Innanzitutto pensiamo che focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle istituzioni degli insediamenti porti ad ignorare e a mettere in ombra la complicità di tutte le istituzioni accademiche e culturali nel sostenere il sistema di controllo coloniale e di apartheid sotto il quale il popolo palestinese soffre. PACBI ritiene che sia assolutamente evidente la collusione tra l’establishment accademico e culturale israeliano e i principali organi oppressivi dello stato israeliano. Focalizzare l’attenzione unicamente su istituzioni chiaramente complici, quali i centri culturali di una colonia della Cisgiordania, serve solo a proteggere dall’obbrobrio le principali istituzioni israeliane e, in ultima analisi, dal crescente movimento di boicottaggio globale che in modo consistente prende di mira tutte le istituzioni complici.




Inoltre, la scelta di un approccio che mira ad un ben noto insediamento coloniale nel cuore della Cisgiordania occupata, distoglie l’attenzione da altre istituzioni costruite su terre occupate. Si dovrebbe chiedere ai sostenitori di questo boicottaggio particolarmente selettivo: è accettabile invece tenere una conferenza o fare uno spettacolo nella Hebrew University, il cui campus situato sul Monte Scopus occupa terra palestinese nella Gerusalemme Est?


Se ciò che guida questo movimento è l’opposizione all’occupazione militare israeliana, allora come mai è stato ignorato, tanto per fare un esempio, il deprecabile soffocamento di istituzioni culturali nella Gerusalemme occupata?  Nel 2009, la Lega Araba con il supporto dell’UNESCO ha dichiarato Gerusalemme “capitale culturale araba” per quell’anno. Le celebrazioni che durante l’anno dovevano tenersi in vari punti della città per evidenziare  il ruolo storico e culturale di Gerusalemme all’interno della società palestinese ed oltre, sono state bloccate e talvolta fisicamente aggredite dalle forze di sicurezza israeliane, nel perenne sforzo di soffocare qualsiasi espressione dell’identità palestinese all’interno della città occupata. Con delle scene degne dei romanzi di Kafka, delle attività organizzate in ogni parte di Gerusalemme Est sono state senza esitazione cancellate, per cui artisti, scrittori e intellettuali palestinesi hanno dovuto far ricorso a tecniche underground, clandestine, per celebrare  il patrimonio culturale e popolare della città. 




Se dietro al recente appello di boicottaggio diretto contro Ariel c’è il ruolo degli artisti e degli intellettuali in quanto voci della ragione morale, noi chiediamo: dov’erano queste voci nel momento in cui istituzioni accademiche e culturali venivano senza alcuna giustificazione distrutte durante la guerra israeliana di aggressione contro Gaza del 2008-2009?



Non è passato inosservato in Israele il fatto che il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) stia acquistando sempre più peso a livello internazionale come maniera efficace di resistere all’oppressione coloniale israeliana. In questo contesto, ci si può perdonare l’affermazione che tutti questi recenti tentativi di restringere il mirino del boicottaggio contro Israele non siano altro che il tentativo deliberato di evitare un danno più grande. Risulta quindi ancora più urgente ribadire la coerenza morale delle ragioni e dei principi della campagna di boicottaggio palestinese contro Israele.  

I principi del movimento del BDS nascono dalle richieste dell’Appello palestinese al BDS, firmato da più di 150 organizzazioni della società civile palestinese nel luglio 2005, e, relativamente al campo accademico e culturale, dall’Appello palestinese al boicottaggio accademico e culturale di Israele, lanciato un anno prima nel luglio 2004. Questi due appelli al BDS ed al PACBI insieme rappresentano i documenti strategici più autorevoli e con il più ampio consenso che siano emersi in Palestina da decenni; tutte le parti politiche, le organizzazioni sindacali, studentesche, e delle donne, i gruppi dei rifugiati all’interno del mondo arabo li hanno sottoscritti e li sostengono.  Entrambi gli appelli sottolineano la prevalente opinione palestinese che la più efficace forma di solidarietà internazionale con il popolo palestinese siano l’azione diretta e la continua pressione mirata a porre fine al regime coloniale e di apartheid israeliano, così come il regime di apartheid del Sudafrica fu abolito, attraverso l’isolamento internazionale di Israele condotto per mezzo del boicottaggio e delle sanzioni, forzando Israele ad obbedire alle leggi internazionali e a rispettare i diritti dei Palestinesi.




Chiediamo a coloro che proclamano di avere a cuore la coerente applicazione del diritto internazionale e il primato dei diritti umani, di riconoscere l’insieme delle complicità accademiche e culturali invece di andar dietro solo al dettaglio di un caso isolato come Ariel, e di agire di conseguenza.







Questo documento della Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) è stato pubblicato per la prima volta nel numero di sett. 2010 del Bollettino del BRICUP,  British Committee for Universities for Palestine (BRICUP) newsletter. E’stato ripreso e pubblicato sul sito www.electronicintifada.org il 7.09.2010.