Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 17 ottobre 2014

Non si spreca lo spreco.

Luciano Granieri




Il presidente del consiglio Renzi taglia le tasse con i soldi degli altri” Zingaretti dixit. E’ come se Renzi invitasse a cena qualcuno e poi gli lasciasse il conto da pagare. Zingaretti ha ragione, ma sui soldi degli altri avrei qualcosa da obiettare. Il Presidente della Regione Lazio intende con la parola "altri"   le finanze delle altre istituzioni, in questo caso le Regioni. 

In realtà  gli euro con cui si vuole finanziare questo mirabolante taglio  di   tasse sono dei soliti noti. La verità  è una sola ed è sempre la stessa. In questa manovra, come nelle altre che l’hanno preceduta,  si tolgono soldi al lavoro e alla spesa sociale,  per rimpinguare le casse della grandi aziende e delle lobby finanziarie.  Non è un caso che gli industriali si stiano fregando le mani. 

Per tornare al contenzioso Stato-Regioni la battaglia si svolge tutta sul rimpallarsi a vicenda la responsabilità su sprechi e mala gestione. Il governo accusa i presidenti di regione e i sindaci  di non controllare le spese inutili (nell'amministrazione  della sanità, dei servizi  e delle società in-house) i capi delle regioni rispediscono l’accusa al mittente ponendo in risalto i milioni gettati a vento  nella gestione dei  ministeri, difesa in primis. 

L’ipocrisia che trasuda da questa zuffa è intollerabile. Lo spreco è come la serva: serve. Lo spreco non sarà mai eliminato. E’ la principale fonte di foraggiamento del sottobosco dei grandi elettori. Da li viene il tesoretto necessario a pagare certe cambiali in bianco contratte in campagna elettorale. Lo spreco è importante soprattutto perché erode e depotenzia il servizio pubblico rendendo giustificabile e auspicabile l'intervento del privato. E Dio sa quanto i grandi speculatori abbiano necessità di impossessarsi dei servizi necessari alla cittadinanza per accrescere a dismisura i propri profitti!  

La gestione dell’acqua, o  di un presidio sanitario, sono attività remunerative sicure. Tutti hanno necessità di vivere in salute e di bere. I clienti non mancheranno mai, un campo  talmente vasto da offrire opportunità di profitto a tutti. L’autobus, il treno, la scuola, avranno sempre un bacino d’utenza da soddisfare. Dunque lo spreco nella gestione di servizi pubblici, serve a ridurre il valore del servizio stesso renderlo disponibile, per due lire, al salvatore privato. 

Gli sprechi , unitamente ai tagli di spesa imposti dallo Stato centrale, dissanguano talmente le casse degli enti locali, da costringerli, per  tappare i buchi di bilancio,  a svendere il proprio patrimonio immobiliare e demaniale a voraci speculatori fondiari e finanziari. Siamo dunque così sicuri che si vogliano eliminare gli sprechi? 

Facciamo un esempio pratico. Gli sprechi  della sanità pubblica provinciale, hanno giustificato, la redazione di un atto aziendale della Asl, che riduce ulteriormente, da quattro a tre, i poli ospedalieri attivi con una dotazione di 977 posti letto, ampiamente al di sotto della quota per territorio stabilita dalla legge nazionale. L’attività sanitaria riabilitativa è completamente sottratta ai presidi pubblici e regalata a colossi privati come le cliniche del gruppo San Raffaele di proprietà della famiglia Angelucci. 

Nella fattispecie proprio la convenzione con il San Raffaele  ha arrecato, in passato, alle casse regionali un danno di 41milioni e mezzo per la riscossione di rimborsi indebiti.   Un caso esemplare di spreco e mala gestione. Ma dal momento che, come abbiamo dimostrato, lo spreco è come la serva: serve, nell’attuale   atto aziendale si privatizza totalmente l’erogazione di prestazioni riabilitative proprio  a favore della  clinica San Raffale, già responsabile del citato danno di 41 milioni,  ed  della struttura privata  Città bianca. 

Evitiamo dunque  di prendere in giro, con argomentazioni false,  i cittadini ulteriormente mortificati ed impoveriti da una manovra spietata, il cui unico risultato sarà quello di aumentare disuguaglianza e ingiustizia.

Diffida alla Asl

Direttore Generale ASL Frosinone
Dott.ssa Isabella Mastrobuono
via Armando Fabi snc
03100 FROSINONE
Pec: direzionegenerale@pec.aslfrosinone.it
e, per conoscenza
Ministro della Salute
On. Beatrice Lorenzin
Pec: seggen@postacert.sanita.it
Presidente della Regione Lazio
e Commissario ad Acta per la Sanità
On. Nicola Zingaretti
Pec: protocollo@regione.lazio.legalmail.it
Prefetto di Frosinone
Dott.ssa Emilia Zarrilli
Pec: prefettura.preffr@pec.interno.it
Sindaci della Provincia di Frosinone
Loro Pec

Frosinone, 16.10.2014

Oggetto: atto di diffida stragiudiziale

I sottoscritti, aderenti al Comitato Provinciale Sanità di Frosinone, come elencati in calce
alla presente al termine del testo,
                                                               PREMESSO

1) Con Decreto del Commissario ad Acta n. U00247, del 25 luglio 2014 è stata adottata la
nuova edizione dei “Programmi Operativi 2013 – 2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio” che prevede:
- nel preambolo, fra i motivi che formano parte integrante e sostanziale del provvedimento, che: “la riorganizzazione dell’offerta assistenziale e ridefinizione della rete ospedaliera pubblica e privata per acuti e post acuti secondo lo standard nazionale di posti letto fissato dal D.L. 135/2012, pari a 3,7 posti letto per 1.000 abitanti” tra gli interventi attuativi dei nuovi Programmi Operativi 2013 – 2015;
che “la riduzione dell’offerta ospedaliera per acuti, principalmente, nell’area
metropolitana di Roma dove il numero di PL per abitante è al di sopra dello standard di 3 per 1.000,……”

2) Con Decreto del Commissario ad Acta n. U00251, del 30 luglio 2014, sono state adottate le “Linee guida per il piano strategico aziendale 2014-2016”. Le quali ribadiscono, fra i motivi che formano parte integrante e sostanziale del provvedimento, che: “TENUTO CONTO, altresì, che, con detti Programmi Operativi: a) si è ridefinita la rete ospedaliera pubblica e privata per acuti e post acuti per consentire il raggiungimento dello standard di 3,7 per 1.000 abitanti (di cuis 0,7 per riabilitazione e lungodegenza post acuzie) stabilito dal decreto legge 6 luglio 2012, n. 95”;

3) Con Decreto del Commissario ad Acta n. U00259, del 6 agosto 2014, è stato approvato l’Atto di indirizzo per l’adozione dell’atto di autonomia aziendale delle Aziende Sanitarie della regione Lazio”. L’atto in parola a p.6, al punto 1.6 “La Rete Ospedaliera” stabilisce che:“La stesura degli atti aziendali dovrà essere coerente con quanto previsto nei PO 2013-2015 e provvedimenti collegati. In particolare, dovrà tenere conto delle seguenti indicazioni: a) Adeguamento del numero di posti letto a quanto programmato, al fine di consentire il raggiungimento dello standard fissato dalla L.135/2012.”

4) Il Decreto del Commissario ad Acta n. U00247, del 25 luglio 2014, al punto 3.2.1. “AZIONE 1 : Riorganizzazione della rete ospedaliera” tra gli “Obiettivi Programmati” stabilisce che: “Al fine di consentire il raggiungimento dello standard fissato dalla L.135/2012, la Regione entro 60 giorni dall’approvazione del presente decreto, ridefinisce la rete ospedaliera pubblica e privata per acuti e post acuti..……………Per quanto concerne l’individuazione analitica del numero delle unità operative semplici e complesse si rimanda al provvedimento relativo alla stesura degli Atti aziendali.”. E tuttavia, pur indicando il numero totale di UOC e UOS da ridurre a livello regionale, il citato decreto non puntualizza analiticamente il numero di posti letto per Asl suddivisi per struttura e area assistenziale, e il ruolo specifico di ciascuna struttura nelle reti assistenziali.

5) Con il DPCM del 19.05.2005 e s.m.i., è stato dichiarato lo stato di emergenza socioeconomica e sanitaria in numerosissimi Comuni della Provincia di Frosinone e della Valle del Sacco come conseguenza della gravissima emergenza ambientale dovuta all’inquinamento del fiume omonimo, emergenza che tuttora permane. Nella Provincia di Frosinone sono inoltre presenti n.121 specifici siti ed aree sottoposte a bonifica ex Dlgs 152/2006 e n.21 stabilimenti industriali “ad alto rischio di incidente rilevante” di cui alla Direttiva Seveso, Dlgs n.334/1999 s.m.i., con la conseguente esistenza di piani di emergenza sanitaria la cui attuazione in caso di incidente è demandata e ricade anche sui presidi sanitari territoriali, fra i quali gli Ospedali. Il Rapporto Epidemiologico SENTIERI, reso nel 2011 dall’Istituto Superiore di Sanità del Ministero della Salute, ha confermato l’esistenza della grave emergenza sanitaria in atto concludendo che nel bacino del Fiume Sacco “si è osservato un eccesso di mortalità per tutte le cause”. 

In aderenza alla normativa vigente, è previsto che laddove sia accertato uno stato di emergenza sanitaria, l’investimento di risorse del comparto sanitario sul territorio interessato dalla crisi non può essere ridotto ma al contrario potenziato ed aumentato, poiché l’unico principio al quale fare riferimento non è il governo della spesa sanitaria ma quello, sovraordinato e preminente, della tutela della salute dei cittadini come garantito dell’Art.32 Cost. Oltre alla descritta emergenza, è molto probabile, essendo in corso relative indagini della Magistratura, che ne sussistano altre nel Lazio meridionale (zona del Cassinate) dovute all’interramento di rifiuti tossici. Inoltre, alle emergenze ambientali si deve aggiungere quella legata all’elevato rischio sismico di alcune zone della provincia quali, ad esempio, la Val di Comino. Tutto quanto sopra premesso, in vista della redazione della Proposta di Atto Aziendale, che codesta A.S.L. dovrà trasmettere alla regione entro il 15 ottobre p.v., con la presente si

                                                    I N T I M A  E  D I F F I D A

l’Azienda Sanitaria Locale di Frosinone, in persona del rappresentante pro tempore dott.ssa Isabella Mastrobuono, a voler redigere una proposta di Atto aziendale aderente alle disposizioni richiamate in premessa e pertanto che:

-preveda un numero di posti letto complessivo pari a 1.841 (di cui 348 posti letto riabilitazione e lungodegenza post acuzie ed i rimanenti posti letto per acuti) adeguato alla popolazione residente nella provincia di Frosinone di 497.678 abitanti;

-non riduca in alcun modo, nè quantitativamente nè qualitativamente, le unità operative complesse ospedaliere e le unità operative semplici ospedaliere; 

Inoltre, per tali motivi, si intima e diffida:

-dall’inserire nell’Atto Aziendale suddetto misure di depotenziamento dei servizi sanitari o reparti in essere nei quattro Ospedali esistenti.

-dall’operare qualunque diminuzione di servizi/offerta sanitaria nelle more dell’approvazione dell’Atto Aziendale.

Con l’avvertenza che in difetto si darà corso alle necessarie tutele nelle sedi opportune, nonché alle eventuali azioni di risarcimento dei danni a carico dei responsabili.

Osservatorio Peppino Impastato e altre associazioni.


giovedì 16 ottobre 2014

Una manovra di classe.

Luciano Granieri


Bando ai tecnicismi, siamo pratici. Chi ci rimette e chi ci guadagna nella manovra di Renzi?

Cosa succede a un lavoratore dipendente: Si  ritroverà gli 80 euro anche per l’anno prossimo. Non più liquidi in busta paga, ma attraverso il sistema delle detrazioni. Se è sposato con famiglia numerosa avrà un bonus per figlio, (se vuoi  convincere Alfano a votare il riconoscimento dei matrimoni gay, qualcosa gli devi dare in cambio). Il povero disgraziato però,  subirà l'aumento smisurato di tributi locali: IRPEF regionale e comunale, pagherà  molto di più i trasporti pubblici, treni e autobus, il bonus per i bimbi verrà dilapidato per l’asilo e per la mensa. Se poi disgraziatamente dovesse ammalarsi, la caduta in disgrazia è certa.

Cosa succede ad un disoccupato: Si suicida perché con il miliardo e mezzo stanziato per il salario minimo non  rimedia neanche il tozzo di pane quotidiano. Meglio gli schiavi, erano succubi del padrone ma almeno   il giaciglio in un pagliaio e una ciotola di minestra lo rimediavano.

Cosa succede al grande imprenditore: Può decidere di assumere un tizio  con contratto a tempo indeterminato usufruendo degli sgravi fiscali. Tanto poi può tranquillamente licenziare visto che, per il Jobs Act,  non corre nessun rischio di dover combattere con qualche giudice rompicoglioni. Oppure può decidere di assumere un altro tizio a tempo determinato.  Non è obbligato infatti, il padrone di cui sopra, a   giustificare  perché utilizza questa formula, e dopo 5 mesi, grazie al decreto  Poletti, può serenamente  liberarsi del malcapitato dipendente.

Cosa succede al governo Renzi  se le entrate sono inferiori rispetto a quanto  indicato  nella manovra (6miliardi e mezzo di recupero sull' evasione fiscale e 11 miliardi di sforamento del deficit strutturale):  Assolutamente nulla. E’ coperto dalla clausola di salvaguardia.

Cosa succede a tutti  noi se non si riescono a stanare gli evasori e se l'Unione europea ci cassa gli 11miliardi  e mezzo di sforamento dal deficit strutturale:   Dovremo  accendere un mutuo per fare il pieno di benzina, il pane sarà più prezioso dell’oro,  l’Iva raggiungerà costi stratosferici  e le varie deduzioni e detrazioni , 80 euro compresi, andranno a farsi benedire. Questo succede se scatta la clausola di salvaguardia.

Non c'è che dire un colpo epocale per la ripresa della crescita. Già....la crescita del portafoglio dei soliti noti.





mercoledì 15 ottobre 2014

Al fianco dei lavoratori della logistica in lotta !

Operai della logistica!


Oggi il SI Cobas vi chiama allo sciopero generale di tutta la categoria per conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro. È una grande prova di forza!
Questo non è uno dei finti scioperi generali organizzati da Cgil, Cisl e Uil, che servono solo a nascondere la volontà di questi sindacati di regime di non organizzare alcuna vera lotta, che si riducono a demoralizzanti passeggiate, e a cui, in ogni caso, queste finte organizzazioni dei lavoratori non vi hanno mai chiamato a partecipare, tenendovi separati dal resto della classe operaia in Italia.
Lo sciopero generale di oggi è invece una passo in avanti di un vero movimento di lotta operaia, che si è alzato in piedi, da sei anni, nel settore logistico, con dure battaglie fatte di scioperi a oltranza e picchetti contro i crumiri. Un movimento operaio che non è stato piegato dalle ritorsioni degli industriali – con le minacce, i licenziamenti, perfino i pestaggi da parte dei loro scagnozzi – né dalla repressione di questo loro sporco regime borghese, con le bastonate delle forze dell’ordine, gli arresti, le denunce, i fogli di via ai dirigenti del sindacato. Vere lotte operaie, con sconfitte ma anche importanti vittorie, che hanno dato al SI Cobas la fiducia di sempre più lavoratori.
Lo sciopero di oggi serve a far crescere e rafforzare questo movimento operaio nell’unico modo possibile: dimostrando l’importanza dell’unione della classe proletaria, unendo le tante singole battaglie aziendali in un unica grande lotta. L’UNIONE DEI LAVORATORI non è una bella frase ma significaUNIONE DELLO SCIOPERO!
A questo serve un VERO SINDACATO DI CLASSE: a far scioperare insieme sempre più lavoratori, superando i confini di azienda, di categoria, eliminando le false divisioni razziali, religiose, sessuali e nazionali, puntando all’obiettivo massimo di far scendere in sciopero a oltranza tutta la classe lavoratrice per gli obiettivi che da sempre la uniscono: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; forti aumenti salariali maggiori per le categorie peggio pagate; salario pieno ai lavoratori licenziati.
A tal scopo è fondamentale che il sindacato privilegi la sua struttura organizzativa territoriale, rispetto a quella aziendale, costruendo una rete di Case del Proletariato, come nella gloriosa tradizione delle originarie Camere del Lavoro, dove riunire i lavoratori e i militanti sindacali delle diverse aziende, quali membri della classe proletaria e non dipendenti di una singola impresa.
Il SI Cobas si è incamminato su questa strada. Si è rafforzato nel settore logistico e deve continuare a farlo. Ancora è confinato in questa sola categoria, anche a causa del razzismo, che mantiene i lavoratori italiani diffidenti verso i loro fratelli di classe immigrati.
Ma i proletari immigrati – che sono la parte più sfruttata della classe operaia – stanno insegnando ai lavoratori italiani come si lotta. Il capitalismo affonda ogni giorno di più nella sua crisi, che è irrisolvibile. Per restare a galla non può far altro che aumentare lo sfruttamento. Ciò avviene in tutti i paesi, con governi della sinistra come della destra, tutti borghesi. Ecco perché i proletari non hanno patria! Perché sono accomunati dagli stessi problemi e dallo stesso destino. Per questo la parola d’ordine più moderna, attuale e necessaria è sempre: Proletari di tutti i paesi unitevi!
I lavoratori italiani da anni subiscono gli attacchi della borghesia. Il cosiddetto “Job Act” – con il demansionamento, la videosorveglianza e la distruzione dell’articolo 18 – è l’ultimo capitolo di questa offensiva. Il capitalismo vuole la maggior parte dei salariati ricattabili e sfruttati come sono oggi gli operai delle cooperative della logistica.
Per questo, se gli operai della logistica rafforzeranno la loro lotta e il SI Cobas saprà rimanere sulla strada del sindacalismo di classe come sinora ha fatto, resistendo all’offensiva borghese tesa a distruggerlo, questo grande esempio sarà seguito da sempre più lavoratori di ogni categoria e condurrà alla rinascita del Sindacato di Classe, necessario alla difesa efficace della classe proletaria e, insieme al partito comunista rivoluzionario, alla liberazione dei lavoratori di tutto il mondo dal capitalismo.

W LO SCIOPERO GENERALE DEI LAVORATORI DELLA LOGISTICA !
PER IL RAFFORZAMENTO ORGANIZZATIVO DEL SI COBAS !
PER LA RINASCITA DEL SINDACATO DI CLASSE!

L’eterno cantiere fallimentare della sinistra riformista

Valerio Torre

“La lista Tsipras è morta. Uccisa dai radical chic alla Barbara Spinelli, che preferiscono le loro ridotte parigine alla politica”. Bacchiddu dixit (1). Come “Bacchiddu chi”? Possibile non ricordare la responsabile comunicazione della lista Tsipras che, alla vigilia delle elezioni europee, fece girare in rete una foto che la ritraeva in bikini per sponsorizzare con i propri attributi fisici il voto alla lista capitanata dal leader greco? Licenziata – sembra – su impulso della stessa Spinelli, è poi stata assunta nella redazione di Servizio pubblico, il programma televisivo di Santoro, beneficiata dalla notorietà acquisita in seguito a quest’evento.
Tuttavia, se ci sentiamo di condividere la prima delle affermazioni della Bacchiddu, riteniamo completamente errata la seconda.
 
Che ne è della lista Tsipras dopo il voto europeo?
È vero, la lista Tsipras è morta nella culla, ma non c’è nessun assassino. Si tratta, invece, di un caso di morte naturale. E annunciata dallo stesso percorso che ha portato alla nascita di questa rabberciata aggregazione elettorale (2). L’elezione di tre europarlamentari – uno solo dei quali riferibile a Rifondazione comunista, mentre gli altri due sono esponenti dell’intellettualità piccolo-borghese progressista liberale – ha rappresentato solo un accanimento terapeutico per protrarre l’asfittica esistenza della creatura che, al leader greco che le ha dato il nome, è servita come ulteriore piccolo mattone della sua scalata al governo del Paese ellenico.
Una scalata che si fa forte di altri due importanti tasselli aggiunti da Alexis Tsipras nello scorso mese di settembre. Dapprima, la sua presenza – salutata dalla calorosa accoglienza del gotha del grande capitalismo italiano – al Forum Ambrosetti di Cernobbio (il cenacolo della grande borghesia nostrana) (3), in cui ha civettato con Mario Monti, in un profluvio di vicendevoli complimenti (4). Quindi, solo pochi giorni dopo, la visita dal Papa (5).
E mentre Tsipras “gigioneggiava” con i poteri forti – terreni e… “ultraterreni” – per potersi accreditare come futuro premier responsabile e affidabile agli occhi della finanza internazionale, volavano gli stracci nella sua creatura italiana.
Da una parte, Sel di Vendola e Fratoianni, depuratasi della corrente capitanata da Gennaro Migliore che apertamente teorizzava l’ingresso diretto del partito nel Pd come sua ala sinistra, ha ormai praticamente rotto con la lista Tsipras e guarda a una possibile ricomposizione nel quadro di una “coalizione dei diritti e del lavoro” (6) tutta da costruire, con qualche renitente della sinistra Pd, i cascami di Socialismo 2000 (Patta, Salvi), la Fiom di Landini e la corrente di Claudio Grassi, ormai in libera uscita dal Prc. Il banco di prova di quest’ennesimo progetto riformista è stato la manifestazione a Roma il 4 ottobre scorso (7).
Dall’altra, Rifondazione comunista è ormai alle prese, appunto, con la scissione prossima futura. Lo scorso congresso del partito di Ferrero ha registrato un’ulteriore divaricazione fra la corrente del segretario e quella di Claudio Grassi. Recentemente, quest’area si è presentata all’esterno con sempre maggiore autonomia, costituendosi in associazione (“Sinistra Lavoro”) e celebrando nella kermesse nazionale di fine settembre il profilarsi della nuova coalizione cui abbiamo appena accennato (8).
Nel quadro di una lista Tsipras caratterizzata dalla gestione proprietaria degli “intellettuali” (Revelli, Spinelli, Viale) e totalmente paralizzata da dopo il voto europeo, incapace quindi di darsi persino una minima strutturazione, Rifondazione è alle prese con la propria crisi che si approfondisce ogni giorno di più, alimentando quella della lista che, a sua volta, rialimenta quella del Prc. Mentre il partito è dilaniato dall’ambiguità sull’atteggiamento da tenere rispetto alle prossime elezioni regionali (allearsi o no col Pd?), voci ricorrenti danno ormai per certa la prossima scissione dei grassiani (9), che assesterebbe così il colpo di grazia all’organizzazione di Ferrero.
 
Ross@: una storia che nessuno potrà raccontare
Un’altra vicenda nella sinistra italiana si intreccia con quella appena descritta, ed è quella relativa allo stato catalettico di Ross@, un ectoplasma formatosi dalle ceneri di un altro pateracchio riformista: il Comitato No Debito di Giorgio Cremaschi (10). Parliamo a ragione di “ectoplasma”, perché per definirla un’organizzazione occorrerebbe almeno un atto di nascita. Che invece, a distanza di un anno e mezzo dalla sua evocazione (11), non è stato prodotto. La storia di Ross@ si è dipanata in una serie interminabile di assemblee locali e nazionali, coordinamenti, comitati e riunioni varie, fino a che lo scorso 5 ottobre l’ennesima assemblea nazionale (svoltasi alla presenza di poche decine di attivisti) ha approvato un documento politico (12) e uno statuto da cui si apprende che Ross@ vorrebbe strutturarsi “non come associazione”, ma neanche come “un nuovo partito” (13), bensì … come movimento politico.
La ragione di questa reticenza sta, appunto, nel fatto che Ross@ non è mai effettivamente nata. Troppe sono state le ambiguità che ne hanno segnato il tragitto e che ne consacrano oggi la più assoluta indeterminatezza. L’avere, ad esempio, sin dall’inizio consentito il regime della doppia tessera ha fatto sì che i militanti di Rifondazione che avevano aderito in principio, si siano poi defilati quando è nata la lista Tsipras. Così pure è stato per i turigliattiani di Sinistra Anticapitalista, che oggi cantano il de profundis per Ross@ nella risoluzione del Coordinamento nazionale del 25 settembre (14). Del resto, è lo stesso documento politico approvato a prendere atto con rammarico della separazione che queste due organizzazioni hanno consumato ai danni della creatura di Cremaschi.
D’altro canto, un progetto politico così confuso e reticente nei suoi principi (15), raccogliticcio quanto basta per aver creato l’ennesimo calderone “anticapitalista”, non poteva che sfociare in un risultato come quello efficacemente descritto dal collettivo locale che più di tutti aveva ingenuamente creduto nel progetto di Ross@, spingendo per la sua formalizzazione ma trovando insormontabili ostacoli nella autoproclamata dirigenza (16). Peraltro, la risultante di un percorso così contorto, posticcio e ambiguo, sta nei numeri degli iscritti come risulterebbero dallo statuto: circa sessanta (17)!
Da tutto quanto abbiamo sinteticamente descritto, non possiamo che definire Ross@ come un’organizzazione mai nata e che, per i principi che s’è data, nemmeno avrebbe potuto incidere sulla realtà politica. Così come resta confermata, al di là delle intenzioni con cui all’epoca la formulò, la scaramantica osservazione che Giorgio Cremaschi fece nella relazione introduttiva dell’assemblea del maggio 2013, notando che, in fondo, non era stato esattamente bene augurante organizzare un atto di nascita proprio nel luogo che celebrò una ben più famosa sepoltura. Quella del più grande partito comunista occidentale: la Bolognina!
 
Le prospettive di fronte alla crisi del riformismo
Insomma, il quadro della sinistra riformista italiana è parecchio desolante. La crisi del capitalismo porta inevitabilmente con sé la crisi di ogni progetto riformista (più o meno di sinistra), perché quando il capitalismo non ha più briciole da distribuire è il ruolo stesso delle organizzazioni riformiste ad assottigliarsi fin quasi a scomparire. Eppure, al loro interno ci sono pur sempre decine e decine di attivisti onesti che per anni hanno davvero creduto, a prezzo di sacrifici personali, di costruire un partito che si ponesse l’obiettivo di cambiare questa società dominata dal capitalismo.
La storia ha dimostrato, senza possibilità d’appello, che solo un partito e un’Internazionale autenticamente rivoluzionari possono adempiere a questo compito. E, per quel che riguarda il nostro Paese, si tratta di porre urgentemente mano alla loro costruzione. I militanti del Pdac, come sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale, sono impegnati in questo compito, che non può però ricadere solo sulle loro fragili spalle. C’è invece bisogno di uno sforzo cui debbono dedicarsi, appunto, tutti quei compagni che, all’interno di Rifondazione o di altre organizzazioni, pensavano di costruire un progetto di reale cambiamento e invece preparavano uno scranno parlamentare o una qualsiasi altra utilità per il loro dirigente di turno.
È necessario che essi facciano un bilancio storico del riformismo in generale e delle loro organizzazioni in particolare. Potrà così liberarsi un indispensabile patrimonio di energie militanti che non devono assolutamente andare disperse, da mettere a frutto nella costruzione del partito rivoluzionario che ancora non c’è.
 
Note(1) Riferendosi alle numerose assenze a Bruxelles della neo eletta parlamentare (Il Corriere della Sera, 21 agosto 2014).
(2) Percorso che abbiamo diffusamente analizzato nell’articolo “‘L’altra Europa’ di Tsipras e dei riformisti nostrani. L’illusione di ‘democratizzare’ l’Ue imperialista”, alla pagina 
http://tinyurl.com/po4heas .
(3) La Stampa, 7/9/2014.
(4) 
Http://tinyurl.com/pw3nyeo . Oppure, http://tinyurl.com/py5yx7j .
(5) 
Http://tinyurl.com/l754ldj . Il sito greco Enikos definisce l’incontro “storico”: http://tinyurl.com/m35ynw4 .
(6) 
Http://tinyurl.com/px4jnb8 .
(7) Una dimostrazione in più dello sganciamento di Sel dalla Lista Tsipras è data dall’atteggiamento per le prossime regionali: già in Emilia e in Calabria, il partito di Vendola partecipa alla coalizione col Pd.
(8) Significativa la presenza dello stato maggiore di Sel in tutti i momenti di dibattito e, nel confronto di chiusura, quelle di Civati del Pd e di Vendola in persona, che con Grassi hanno discusso sul tema “Un’Italia senza sinistra o una nuova Sinistra per il nostro Paese?”. Di “sinistra nuova” parla esplicitamente Giorgio Airaudo, già braccio destro di Landini in Fiom e ora parlamentare di Sel (
 http://tinyurl.com/qarf3mj ), suscitando il malcelato fastidio di uno dei padroni della Lista Tsipras, Marco Revelli, che definisce il progetto vendolian-grassian-landiniano come “assemblaggio di semplici pezzi di classe politica” ( http://tinyurl.com/kkv4wuh ), contrapponendogli le “magnifiche sorti e progressive” proprio di quella Lista Tsipras ormai alla canna del gas!
(9) Vito Nocera, ormai riciclatosi nell’area Grassi, definisce senza mezzi termini quello di Rifondazione un “progetto che non esiste più” (
 http://tinyurl.com/qj9kltu ).
(10) La cui breve esistenza e, soprattutto, la cui scomparsa si sono dipanate nell’indifferenza generale.
(11) Un’assemblea svoltasi nel maggio del 2013 mise insieme in maniera raccogliticcia gli stalinisti della Rete dei comunisti (che occultamente costituiscono la micro burocrazia dirigente del sindacato Usb), i “turigliattiani” di Sinistra anticapitalista (metà dell’ex Sinistra critica), militanti di Rifondazione e “cani sciolti” vari. Il prodotto di quell’incontro fu il parto dell’acronimo Ross@ e null’altro, come si spiegherà nel testo.
(12) 
Http://tinyurl.com/m2j4fvt .
(13) Dal resoconto della riunione del coordinamento nazionale, a cura si Sergio Cararo: 
http://tinyurl.com/kwevyk4 .
(14) “Pensiamo … all’esperienza di Ross@, nata in un momento di maggior crisi delle altre forze di sinistra, a cui abbiamo partecipato attivamente, ma che ha avuto difficoltà ad essere credibile e politicamente forte in una serie di passaggi politici e sociali nello scorso autunno” (
 http://tinyurl.com/osz4844 ).
(15) 
Http://tinyurl.com/leoexls .
(16) 
Http://tinyurl.com/op9s3o9 . In questo testo si dà conto della “reazione scomposta … e poco democratica” di Cremaschi di fronte alla richiesta di chiarezza e alle proposte dei militanti di quel collettivo territoriale e si fa cenno a una tale serie di contraddizioni nello statuto da confermare la bontà dell’analisi che stiamo facendo di Ross@.
(17) Come denuncia lo stesso testo citato nella nota precedente.
 

PER UN 7 NOVEMBRE DI UNITÀ E LOTTA COMUNISTA!

COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA-LENINISTA
 Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista
Piattaforma Comunista

Il prossimo 7 novembre i comunisti, i rivoluzionari, i proletari coscienti di tutto il mondo ricorderanno e festeggeranno l’anniversario della immortale Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Ciò avverrà anche nel nostro paese.
In quanto comunisti (marxisti-leninisti), riteniamo la rivoluzione bolscevica non solo l'evento più importante della nostra epoca, che ha radicalmente cambiato il corso della storia e il volto del mondo, ma anche un evento profondamente attuale e colmo di preziosi insegnamenti per la lotta odierna delle classi sfruttate ed oppresse contro gli sfruttatori e gli oppressori.
Essa costituisce la dimostrazione concreta e valida a tutt’oggi, che è non solo auspicabile, ma anche possibile e necessario abbattere il dominio borghese e costruire la società socialista.
Nel periodo storico in cui viviamo, a causa della prosecuzione e dell’approfondimento della attuale crisi economica, le contraddizioni fondamentali e i mali incurabili del capitalismo si sono aggravati.
 Sfruttamento, disoccupazione, precarietà dei rapporti di lavoro, fame, miseria, guerre imperialiste, reazione politica, devastazione ambientale: l’agonizzante sistema dei padroni può offrire solo questo alle masse lavoratrici, alle giovani generazioni del pianeta.
L'imperialismo è capitalismo morente, al tempo stesso è il preludio della rivoluzione proletaria. Nessuna propaganda o manovra della borghesia può eliminare l’inconciliabile antagonismo fra lavoro e capitale, può mistificare e annullare le leggi di sviluppo della società. Fintanto che il modo di produzione capitalista continuerà ad esistere esso sarà anche gravido di un nuovo modo di produzione.
La sconfitta subita dal proletariato è dunque temporanea, la rivoluzione socialista ha solo sospeso la sua marcia e sicuramente tornerà all'ordine del giorno. Essa si presenta come l’unica via attraverso la quale il proletariato, liquidando la proprietà privata dei mezzi di produzione, può risolvere le contraddizioni intrinseche del capitalismo, abolire lo sfruttamento e costruire una nuova società realmente a misura d’uomo, dei suoi bisogni materiali e culturali.
La rivoluzione socialista, pur se non immediatamente realizzabile nel nostro paese, costituisce dunque la prospettiva concreta a cui dobbiamo prepararci sin da oggi all’interno dei conflitti sociali in atto e tra i proletari in lotta. Questo è l’obiettivo fondamentale che devono assumere con piena coscienza e responsabilità i sinceri comunisti e le avanguardie del proletariato per farla finita con la barbarie dell’imperialismo e sulle sue rovine edificare il socialismo, prima tappa della società comunista.
La Rivoluzione Socialista d’Ottobre ha altresì dimostrato il ruolo determinante del partito comunista, purché guidato dalla teoria marxista-leninista. Senza un partito d’avanguardia del proletariato, fondato sui principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario, la vittoria nella rivoluzione sociale del proletariato e la costruzione della società socialista sono praticamente impossibili.
L’Ottobre sovietico è dunque il fertile esempio che i proletari, i lavoratori oppressi, i giovani rivoluzionari, le donne del popolo, devono fare proprio e seguire, per dare un senso reale alle lotte di oggi, attingere nuove forze e conquistare la futura società.
Per queste ragioni è importante ricordare degnamente la Rivoluzione socialista d’Ottobre nel suo 97°
anniversario, rilanciando e mettendo in risalto tutto il suo significato, la sua importanza e la sua profonda attualità.
Sappiamo che talune forze si stanno già organizzando per organizzare proprie iniziative di celebrazione.
Questo è un fatto positivo. Tuttavia riteniamo che la modalità prescelta, quella cioè delle celebrazioni
separate, e spesso contrapposte, di partito o di gruppo, sia inadeguata rispetto i compiti che abbiamo di fronte.
Non è infatti possibile fare della Rivoluzione d’Ottobre un momento di divisione fra comunisti o peggio ancora pensare di trarne qualche vantaggio tattico. Chi antepone il “proprio orticello” agli interessi di sviluppo dell’intero movimento comunista ed operaio dimostra una totale incomprensione della necessità dell'unità, che ci indebolisce e ci impedisce di avanzare. Commette perciò un imperdonabile errore.
Noi non ignoriamo le reali differenze e le divergenze esistenti, che esistono e vanno trattate e discusse tra comunisti in modo adeguato. Proprio per questo riteniamo importante che tutti coloro che hanno a cuore la Rivoluzione d’Ottobre, che ne rivendicano la sua importanza storica ed attuale – anche se purtroppo sono stati separati da mezzo secolo a causa del predominio del revisionismo – si riapproprino in modo unitario della lezione dell’Ottobre.
Specialmente oggi, in un momento di dura offensiva capitalista, di reazione politica, di minacce di una guerra imperialista, si dovrebbe ricordare e festeggiare in modo unitario l’anniversario dell’Ottobre sovietico, in un’ottica di confronto aperto, serrato e propositivo sulle principali questioni all’ordine del giorno nel movimento comunista e operaio.
Dunque non una celebrazione retorica o storiografica, bensì un momento e un aspetto del lavoro
rivoluzionario da svolgere, soprattutto per favorire lo sviluppo di una coscienza di classe e rivoluzionaria tra la gioventù proletaria.
Proponiamo dunque a tutti i partiti e i gruppi che si richiamano al marxismo-leninismo, a tutti i sinceri comunisti e rivoluzionari, di dar vita ad una sola iniziativa pubblica su scala nazionale a Roma, l’8 oppure il 9 novembre 2014.
Una iniziativa unitaria di questo tipo potrà dare impulso al superamento della frammentazione esistente, contribuirà a sviluppare la solidarietà reciproca e il mutuo rispetto, a raggiungere un superiore livello di unità dei comunisti, che naturalmente dev’essere forgiata sui principi del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario, affinché sia reale e solida.
Noi pensiamo che questo sia il miglior modo di ricordare e festeggiare il 97° anniversario della Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Perciò invitiamo tutte le forze che sono d’accordo a scriverci per organizzare in tempi stretti una riunione, in modo da trovare una soluzione unitaria, eliminando gli ostacoli di ogni tipo che 7 ottobre 2014

COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA-LENINISTA
 Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista
Piattaforma Comunista
Per contatti: conuml@libero.it

martedì 14 ottobre 2014

Una sbruffonata da 30 miliardi

Luciano Granieri




Creerò un milione di posti di lavoro, toglierò le tasse sulla prima casa,  abolirò il cancro”. Questo era "l’altro".”Abbasserò le imposte sul lavoro, eliminerò lo statuto dei lavoratori”. Anche questo era "l’altro", ma anche "quello di adesso". Infatti quello di adesso, Matteo Renzi, in quanto a propensione alle vane  promesse mirabolanti non è per niente da meno rispetto all’altro, leggi Berlusconi.  

L’ultima sparata del funambolico turbo premier risale all’ultima esibizione innanzi agli industriali. L’impegno preso, con l’ennesima imposizione della propria faccia, riguarda  la riduzione dell’IRAP, con l’abolizione  totale dell’imponibile della quota lavoro, l’esenzione per tre anni dal pagamento dei contributi per le imprese  che procedono a nuove assunzioni a tempo indeterminato.  Musica soave per le orecchie dei padroni!  Ma secondo il turbo premier le notizia dovrebbe essere apprezzata anche dai sindacati. Per evitare di fare la figura del venditore di fumo Renzi indica come vengono finanziate queste misure. Il conto è il seguente: 10 miliardi  per il bonus di 80 euro da mettere nella busta paga l’anno prossimo, 6,5 miliardi per la riduzione Irap, e 1.5 miliardi di risparmi contributivi per le nuove assunzioni. Tutto ciò servirà a creare posti di lavoro e a sbloccare l’economia reale ? 

Neanche per idea. Infatti continuare sulla strada della diminuzione del  costo del lavoro per cercare di porsi allo stesso livello di Nazioni schiaviste, e per aumentare la competitività della aziende puntando solo sulla compressione  dei costi è sbagliato. Non lo dico io, lo dimostrano 30 anni di insuccessi ottenuti   da una politica simile. Ma proprio davanti agli industriale è arrivato l’annuncio shock altro che i 18 miliardi la manovra sarà di ben 30 miliardi. 

Di questi soldi,  sarà destinato  1miliardo ai Comuni con allentamento del patto di stabilità, 1miliardo e mezzo per il sussidio di disoccupazione universale (copertura assolutamente insufficiente, servirebbero almeno una ventina di miliardi), un altro miliardo e mezzo per l’assunzione di tutti gli insegnanti  precari, altri 500 milioni in detrazioni per famiglie numerose e la reintroduzione delle  agevolazioni per le tasse sulla casa.  

Se non si indica da dove arrivano questi soldi sembra tutta una buffonata. Tranquilli i soldi ci sono: 13 miliardi e mezzo dalla spending review,  6 miliardi fra recupero dell’evasione fiscale e tasse sul gioco d’azzardo e 11 miliardi e mezzo aumentando il debito. Ossia innalzando l’attuale rapporto deficit Pil dal 2,2 al 2,9 comunque  dentro i parametri di Maastricht. E’ tutto a posto, perché allora ciò non dovrebbe essere credibile?  

Cominciamo dalla fine. E’ vero che nel 2015 l’Italia registrerà un rapporto deficit/pil del 2,2, ma si tratta solo del deficit nominale, quello stabilito dalle regole di Maastricht.  Al deficit nominale il Fiscal Compact, attraverso un pacchetto di regolamenti (six pack e two pack) aggiunte il DEFICIT STRUTTURALE . Un indicatore che valuta lo stato economico del Paese e stabilisce se in una determinata situazione congiunturale  esista  una quota di deficit che non possa essere ripianato solo ed esclusivamente per mezzo della crescita. La sommatoria dei due deficit deve portare al 3%. Ebbene per il 2015 al deficit nominale 2,2 va addizionato quello strutturale che per l’Italia è dello 0,8. 


Il limite è già raggiunto e quindi  o vanno in fumo gli 11miliardi e mezzo o Renzi dice una bugia quando afferma che questa manovra rispetterà i parametri europei. 

Veniamo alla spending  review. Dovrebbe fornire un gettito di 13miliardi e mezzo.  L’operazione, se volta ad eliminare gli sprechi,  sarebbe una manna dal cielo. Si da il caso però che gli sprechi nelle amministrazioni pubbliche, sia a livello nazionale che locale, si generino nell’area grigia dei privilegi, delle prebende elettorali, del profitto dei privati. Una voce  troppo importante per la sopravvivenza dei comitati elettorali e dei loro capi finanziatori, per essere eliminata . Ad esempio pare che nella spending review prevista nella manovra   i tagli a danno della sanità saranno nell’ordine dei 3 miliardi. Solo nel 2013 la mala gestione  rilevata nel sistema sanitario ammonta  al doppio, 6 miliardi. Basterebbe recuperarli . Ma ciò è vietato. 

Un esempio eclatante risiede nell’atto aziendale che la Asl della Provincia di Frosinone sta per presentare alla Regione. Nel documento non si fa cenno alla riduzione degli sprechi che sono enormi,  non si fa cenno ad una revisione  delle convenzioni con i privati, troppo esose e spesso responsabili di condotte truffaldine,  ma è previsto un numero di posti letto notevolmente inferiore ai livelli stabiliti per legge e la completa alienazione dei laboratori di analisi pubblici, verso il profitto privato. 

 E’ evidente quindi che quei 13 miliardi incideranno sulla carne viva dei cittadini, attraverso la precarizzazione dei servizi , tagli ulteriori agli enti locali, i quali dovranno gravare sulla popolazione  aumentando ancora di più la tassazione locale e cedendo  pezzi di territorio alla speculazione fondiaria. bruciando completamente il miliardo che dovrebbero ricevere . Per i 6 miliardi rimanenti, dubito che si riesca ad operare una seria lotta all’evasione fiscale, stringendo accordi con certi personaggi dentro al Nazareno. 

In conclusione,  di quei trenta miliardi 11 e mezzo non sono ottenibili attraverso l’aumento del deficit, gli altri verranno ulteriormente scippati ai cittadini attraverso i tributi locali e la svendita  di proprietà pubbliche . Chi ne godrà saranno come al solito le imprese, attraverso un’ampia facoltà di licenziamento a fronte di sgravi fiscali enormi sulle eventuali assunzioni a tempo indeterminato, e il capitale finanziario che avrà la possibilità di speculare  e fare profitti con l’acquisizione di  proprietà e servizi pubblici.  Come potrà dunque essere definita la grandeur di questa  manovra di 30 miliardi se non una grande cialtroneria?


"Troppi cinque corpi di polizia". Renzi prepara la rinuncia di sovranità più importante

Cesare Sacchetti     fonte:http://www.lantidiplomatico.it/


Paesi Bassi sono il luogo dove l’Italia ha cambiato la propria storia negli ultimi 25 anni, non solo  legandosi al Trattato di Maastricht, con la cessione della sovranità monetaria e legislativa, ma per poter definitivamente abbandonare la veste di Stato sovrano era necessario rinunciare all’esclusività delle funzioni delle Forze Armate sul proprio territorio, con l’istituzione di una milizia sovranazionale.

Questo passaggio è avvenuto nel 2007 a Velsen, piccola municipalità dei Paesi Bassi, dove è stato firmato un trattato congiuntamente a Francia, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo che istituisce la gendarmeria europea, l’Eurogendfor, che andrà ad esautorare le Forze dell’Ordine nella gestione dell’ordine pubblico.
 
Uno scenario irrealistico, ma che è stato messo nero su bianco con la Legge di Ratifica N.84 del 14 maggio 2010, votata dal Parlamento con 443 voti favorevoli su 444 presenti, solamente un astenuto. L’Eurogendfor sarà la milizia che si incaricherà della gestione delle crisi (scioperi, manifestazioni) sul territorio italiano, e non risponderà più direttamente alle istituzioni parlamentari e al Presidente della Repubblica, il comandante in capo delle Forze Armate secondo la Costituzione italiana, ma obbedirà agli ordini del CIMIN, l’alto comando interministeriale composto dai rappresentanti dei ministeri delle parti firmatarie, che ha il compito di governare Eurogendfor come recita l’art.7 del Trattato: “I compiti generali del CIMIN sono i seguenti: a) esercitare il controllo politico di EUROGENDFOR, definire il suo orientamento strategico ed assicurare il coordinamento politico-militare tra le Parti e, ove opportuno, con gli Stati contribuenti; b) nominare il Comandante EGF ed impartirgli direttive”. 
 
Nelle democrazie costituzionali il controllo delle Forze Armate deve rispondere a criteri di trasparenza e sono previsti precisi meccanismi di controllo sul loro operato. Eurogendfor si colloca gerarchicamente al di sopra delle forze di polizia italiane, indirizzandone le attività ordinarie e persino d’intelligence:“ Eurogendfor potrà condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico, monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l'attivita' d'indagine penale;assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attivita' generale d'intelligence”. I servizi segreti italiani potranno trovarsi tagliati fuori nella gestione dell’intelligence, con gravi rischi per la sicurezza nazionale. 
 
Ma l’aspetto più inquietante è l’immunità penale che questo Trattato attribuisce ai membri della gendarmeria europea, per atti correlati allo svolgimento delle loro funzioni:” I membri del personale di EUROGENDFOR non potranno subire alcun procedimento relativo all'esecuzione di una sentenza emanata nei loro confronti nello Stato ospitante o nello Stato ricevente per un caso collegato all'adempimento del loro servizio (art.29 comma 3).” Le comunicazioni indirizzate a EGF non potranno essere intercettate dalla Magistratura italiana (art. 23) né tantomeno le autorità italiane potranno accedere agli archivi e perquisire gli edifici di Eurogendfor:”

Le autorità delle Parti non potranno entrare nei locali e negli edifici senza il preventivo consenso del Comandante EGF o, ove possibile, del Comandante della Forza EGF. Gli archivi di EUROGENDFOR saranno inviolabili.L'inviolabilità' degli archivi si estenderà a tutti gli atti, la corrispondenza, i manoscritti, le fotografie, i film, le registrazioni, i documenti, i dati informatici, i file informatici o qualsiasi altro supporto di memorizzazione dati appartenente o detenuto da EUROGENDFOR, ovunque siano ubicati nel territorio delle Parti.(art.21)”. In linea teorica EGF potrebbe avere già un archivio (illegale) dove vengono schedati cittadini che per qualche motivo sono sotto osservazione e ne è precluso l’accesso alle autorità italiane. L’obbligatorietà dell’azione penale alla quale è tenuta la Magistratura italiana in questo modo è annullata, e viene meno uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, attraverso il trapianto di una milizia sovranazionale sul territorio italiano con sede a Vicenza, le cui spese sono a carico dello Stato italiano come previsto dall’art.10 del Trattato, che non risponde all’autorità giudiziaria dello Stato, e non è tenuta ad osservare le sentenze emesse dai suoi tribunali. 
 
L’inviolabilità delle sedi e l’impossibilità di intercettare le comunicazioni della gendarmeria europea è una situazione di extra legem, ovvero la completa inefficacia degli atti giuridici nazionali nei confronti di un corpo che risponde a figure estranee all’ordinamento costituzionale. Il Trattato di Velsen rappresenta una chiara violazione della Carta, poiché le Forze Armate non debbono e non possono possedere un’immunità penale nell’esercizio delle loro funzioni, né tantomeno sono escluse dalla possibilità di essere intercettate e le loro sedi possono essere perquisite su mandato della Magistratura. 
 
La gendarmeria di Velsen non risponde alle leggi italiane e alla sua Costituzione. Chi ha concepito e firmato il Trattato ha pensato di istituire una forza di polizia che non appartenesse direttamente agli stati nazionali, da poter utilizzare violando le fondamentali procedure di controllo democratiche. Gli esempi di polizie che non rispondono a principi democratici, sono da rintracciare nel passato come la Gestapo della Germania nazista, o la Ceka dell’Unione Sovietica, vere e proprie polizie politiche incaricate di perseguire gli avversari dei rispettivi regimi. La gendarmeria europea è stata utilizzata ad Atene nel 2010 durante le manifestazioni contro la Troika, e non è da escludersi che possa operare prossimamente sul nostro territorio per reprimere il dissenso montante nei confronti delle politiche di austerità. 
 
E’ di questi giorni l’ipotesi di un riordinamento delle forze di polizia, con l’ipotesi che si fa strada relativa all’accorpamento dei vari corpi in ossequio ai tagli della spesa, ma è stata definita come impensabile o pura fantascienza l’opzione che l’Arma dei Carabinieri possa essere unita alle Forze di Polizia. Fantascienza? Non dimentichiamo che le Parti firmatarie del Trattato di Velsen sono chiamate a fornire effettivi all’Eurogendfor, perciò quale forza sarà stata scelta? Semplice basta leggere l'art.3 della Legge di Ratifica:” Ai fini del Trattato di cui all'articolo 1, la Forza di polizia italiana a statuto militare per la Forza di gendarmeria europea e' l'Arma dei carabinieri.”

lunedì 13 ottobre 2014

La foto storica

Simonetta Zandiri





















Dopo giorni e giorni di selfie con il vip di turno e foto con folle oceaniche al Circo Massimo ecco i soliti "truffatori" delle immagini che, il più delle volte, ledono il loro stesso movimento. Proprio nel momento in cui l'attacco al lavoro è massiccio, e mi riferisco all'articolo 18, alcuni attivisti hanno pensato bene di usare la foto "storica" di una manifestazione del 2002 in cui la CGIL dichiarò di aver portato in piazza due milioni di persone a protestare contro l'abolizione dell'art.18.

Una foto del 2002, usata da qualcuno per mostrare il "circo massimo" straripante nei giorni dell'iniziativa pentastellata.
Questa si chiama PROPAGANDA e, se non erro, è quella che si tenta di combattere.
Ergo sarebbe bene non usare gli stessi mezzi, a meno che il fine non sia proprio lo stesso.




domenica 12 ottobre 2014

Manifestazione scuola a Roma

Auto convocati Scuola Roma


Questa mattina (venerdì mattina ndr) Roma si è colorata degli striscioni festanti degli studenti e delle studentesse delle scuole superiori, della creatività della lotta di tante lavoratrici e lavoratori della scuola e anche delle bandiere sindacali di diverse sigle per la prima volta dopo tanto tempo insieme in piazza (Cobas, Flc, Usb, USI, Cub... c'era anche una delegazione della Fiom) chiamate dalle assemblee delle scuole e dei lavoratori autoconvocati a dare una risposta decisa all'ipotesi di aziendalizzazione della scuola e smantellamento dei diritti di chi ci lavora. 

Lo sciopero chiesto dalle assemblee autoconvocate è stato indetto da Cobas, Usi, Cub e Lavoratori autoconvocati, ma tante e tanti sono stati i lavoratori e le lavoratrici iscritti alla Flc (l'area di opposizione "Il sindacato è un'altra cosa"  ha dato indicazione di scioperare), all'Usb, ad altre sigle sindacali o non iscritti affatto ad alcun sindacato che hanno scioperato questa mattina. Lo testimoniano le scuole chiuse e le aule deserte di tanti istituti scolastici romani. 

Decine di migliaia di manifestanti hanno percorso il lungo corteo da piazza della Repubblica fino al MIUR a Trastevere, per portare la propria protesta contro la cosiddetta "buona scuola" proposta da Renzi e Giannini. Altro che consultazione plebiscitaria via web, sta crescendo nelle scuole un movimento di massa che rivendica l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari, il rinnovo del contratto di lavoro bloccato da sei anni, il rigetto delle divisioni falsamente meritocratiche, che servono ad assoggettare i docenti e tutti i lavoratori ai super-dirigenti scolastici, la scuola pubblica e laica contro i progetti di aziendalizzazione, di cancellazione degli organi collegiali di partecipazione democratica. 

Ora si tratta di diffondere la critica al piano scuola nelle scuole e di far crescere questo movimento convocando assemblee e collegi dei docenti dappertutto, per prendere posizione contro l'ennesimo attacco alla scuola pubblica. Bisogna lottare unitamente ai lavoratori del pubblico e del privato, come è stato proposto nelle assemblee per lo sciopero sociali e per rispondere all'insidioso attacco di questo governo guidato dal Partito Democratico contro i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori. Il piano scuola, la riforma della pubblica amministrazione e il Jobs Act sono parti di uno stesso disegno antipopolare e antidemocratico, che punta a riscrivere la costituzione materiale di questo Paese dopo aver fatto a pezzi quella formale. E' necessario al più presto un vero sciopero generale, che fermi il Paese e respinga al mittente l'attacco del governo. 

I lavoratori autoconvocati delle scuole di Roma e del Lazio e l'assemblea delle scuole continuano il proprio percorso di mobilitazione ed invitano tutte e tutti a partecipare all'assemblea che si terrà il prossimo mercoledì 15 ottobre alle ore 17,30 in via Efeso 2 a due passi dalla fermata della Metro B Basilica San Paolo.