Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 13 luglio 2013

1963-2013: 50 anni di FBT. Si festeggia con il contest

Ufficio Stampa AMD communication
Alessandra Giovagnoli 


FBT,  è alla ricerca di una band a cui affidare un prestigioso endorsement per festeggiare i suoi primi 50 anni di attività, lancia un contest in collaborazione con Accordo.it, aperto a ogni genere di band pronta a mettersi in gioco e divertirsi. Ecco il bando, tempo tre mesi, non resta che sfoderare strumenti e registratore.


L'azienda italiana leader nel settore dell’amplificazione detentrice anche dei brand FBT e QUBE, distributrice esclusiva di marchi di prestigio (Sabian, Pearl, Crafter, Phonic, Jts, Kempton, Cicognani…), compie i suoi primi cinquant’anni di attività. Fondata nel 1963 a Recanati, da piccolo laboratorio artigianale è cresciuta fino a diventare un punto di riferimento per l’amplificazione a livello nazionale e internazionale, vero gioiello del made in Italy

Per festeggiare questo traguardo, FBT lancia in collaborazione con Accordo un contest dedicato alle band di qualunque genere, che si concluderà con l'assegnazione di un endorsement della produzione marchiata FBT consistente in un impianto di amplificazione audio completo in comodato d'uso alla band giudicata più interessante da una giuria di esperti. La band sarà inoltre invitata a suonare sul palco di SHG 37 a Milano, presso l’hotel Quark il 10-11 novembre 2013.



IL BANDO: Il gioco è aperto alle band che comprendano almeno due elementi. Non ci sono vincoli sul genere musicale, anzi diversità e unicità sono considerati un valore.




COME PARTECIPARE

  •  La band deve scegliere un brano, italiano o straniero, che sia stato pubblicato nel 1963
  •  Il brano deve essere arrangiato nello stile della band e registrato in un file video (formato .mov o .mpeg) che contenga la traccia musicale su immagini, slideshow o semplice sfondo monocromatico
  •  



PRESELEZIONE
I video saranno caricati sul canale YouTube AccordoTV per una prima selezione, che avverrà parte in base al numero di "like" ricevuti (non saranno conteggiati i "dislike"), parte a giudizio insindacabile della redazione di ACCORDOI video saranno caricati appena ricevuti, quindi prima arriveranno, più tempo avrà la band per promuoverli e far aumentare i "like". 

 


SELEZIONE FINALE
Il riconoscimento offerto da FBT sarà inviato alla band considerata migliore scelta da una giuria composta da:

  •   musicisti professionisti
  •   redazione di ACCORDO
  •   professionisti legati ai marchi distribuiti da FBT

I criteri principali di selezione saranno l'originalità, la qualità artistica, la creatività.

Il contenuto video avrà un valore secondario ai fini del giudizio. 





DURATA DELL'INIZIATIVA

I video potranno essere inviati da subito fino alle 23.59 del 30 settembre 2013.

IL RICONOSCIMENTO ALLA BAND SELEZIONATA comprende un endorsement della produzione marchiata FBT consistente in un impianto di amplificazione audio completo in comodato d'uso alla band giudicata più interessante da una giuria di esperti. La band sarà inoltre invitata a suonare sul palco di SHG 37 a Milano, presso l’hotel Quark il 10-11 novembre 2013.


Per la democrazia nella GCIL

 Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)


La CGIL è ridotta a reprimere e perfino espellere i suoi aderenti più combattivi, comunisti, sindacalisti onesti e lavoratori avanzati!
Trasformare gli attacchi della destra CGIL in uno strumento per estendere il coordinamento e l’azione di orientamento, organizzazione e mobilitazione delle RSU, dei delegati e degli operai più avanzati e combattivi!
La CGIL è dei lavoratori, non della Camusso e degli altri nipotini di Craxi ed ex soci di Sacconi complici del padronato e del governo Letta-Belusconi-Napolitano!
Dopo mesi di voci di corridoio e avvertimenti ufficiosi, l’11 luglio alla compagna M.Elena Muffato (militante del P.CARC, esponente della Rete 28 Aprile e iscritta alla Fisac CGIL) è stata consegnata la lettera di espulsione dalla FISAC CGIL che riportiamo qui di seguito.
In ottemperanza a quanto stabilito dal Collegio Statutario Nazionale CGIL in data 9 u.s., prot. 2013/585, in relazione alle sue reiterate dichiarazioni e alle evidenze documentali di appartenenza al Partito dei CARC, in applicazione  dell’art. 3 dello Statuto CGIL, si ritiene interrotto il suo rapporto associativo con la nostra Organizzazione.
Cordiali saluti.

La Segreteria Regionale Fisac Campania: Nadia Corradetti, Ciro De Biase, Gabriella Dell’Aversano, Pierluigi Sessa, Paolo Scognamiglio, Franca Marano
Il Segretario Generale Fisac Campania: Susy Esposito
Il Segretario Nazionale Fisac: Agostino Megale
Il Segretario Generale CGIL Campania: Franco Tavella

L’art. 3 dello Statuto della CGIL recita che:  “(…) A tutela dell’organizzazione la domanda di iscrizione viene respinta, a cura delle Segreterie  delle strutture alle quali l’iscrizione viene richiesta che ne daranno informazione ai Centri  regolatori, nei casi di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o  appartenenza ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto  (organizzazioni segrete, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o  razzista, organizzazioni terroristiche). Analogamente e sulle stesse situazioni si procede, a cura delle Segreterie delle stesse  strutture, nel caso di iscritte/i determinando l’interruzione del rapporto associativo con la CGIL (…)”.


Diamo per scontato che la CGIL non arrivi ad arrampicarsi sugli specchi fino a includere il nostro partito tra “le “organizzazioni criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o  razzista” o ad annoverarci tra le “organizzazioni segrete” (il P.CARC ha sedi note e aperte in varie città italiane, propaganda e diffonde la sua stampa, i suoi militanti sono conosciuti, da vari anni a questa parte partecipa anche alle competizioni elettorali, ecc.), quindi la direzione della CGIL ha deciso che siamo un’organizzazione terrorista?
Passi che gente educata e selezionata in base ai servizi resi a padronato e autorità contro lavoratori, pensionati e precari (alla Mauro Moretti per intenderci, segretario nazionale della CGIL Trasporti promosso amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato: la strage di Viareggio è il suo principale “fiore all’occhiello”!) non sappia più neanche dove stia di casa la solidarietà di classe.
E passi pure che la direzione CGIL ignori che i terroristi deve andarli a cercare nei consigli di amministrazione delle aziende, delle banche e delle società finanziarie, al governo, nei palazzi del potere, in Vaticano, in Confindustria, ai vertici del nostro paese: lì ci sono i responsabili del disastro in cui versa il nostro paese, degli otto milioni di persone che vivono in povertà, delle migliaia di persone che ogni anno muoiono di miseria, di lavoro, di malattia, di carcere, di emigrazione, di maltempo, di disastri ambientali, di disperazione e altrettante che sono emarginate dalla vita sociale e condannate a vivere di espedienti o di elemosine.
Ma evidentemente nel loro livore anticomunista i vertici CGIL hanno persino dimenticato che nell’ottobre scorso la Corte d’Assise di Bologna ha chiuso (con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”) l’ottavo procedimento giudiziario per associazione sovversiva con finalità di terrorismo (art. 270 bis) aperto dal sostituto procuratore di Bologna Paolo Giovagnoli nel quadro della trentennale persecuzione contro l’area politica di cui il P.CARC fa parte (la carovana del (nuovo)Partito Comunista italiano). La Camusso e chi per essa hanno deciso di prendere il posto di Giovagnoli?
Come è scritto in uno dei tanti messaggi di solidarietà giunti alla nostra compagna, e di cui ringraziamo tutti,  “ la CGIL ha espulso Maria Elena... Non per indegnità morale, per essersi appropriata delle risorse sindacali illegittimamente, avrebbero sistemato la cosa in altro modo; alcuni dirigenti hanno fatto carriera così. Maria Elena è stata espulsa non perché ha disertato le lotte sindacali; ci sono dirigenti della CGIL che organizzano il contrasto alle iniziative conflittuali. Maria Elena è stata espulsa dalla CGIL perché è comunista, e ha voluto sperimentare la linea di ricostruzione comunista dei CARC.
Un tempo, così è scritto nella storia nobile della CGIL, i comunisti erano alla direzione di questo sindacato; la CGIL era uno dei pochi luoghi sociali e culturali dove i lavoratori comunisti trovavano accoglienza e protezione organizzativa per combattere per le loro condizioni salariali e normative, per un mondo di uguaglianza e cooperazione.
Maria Elena è stata espulsa senza appello e segnalata con lettera raccomandata ai suoi padroni, proprio nel settore selvaggio e feroce del credito e delle assicurazioni. Una vergogna senza precedenti. Una delazione e istigazione alla repressione contro una comunista che viene dal sindacato dove i comunisti dovrebbero essere a casa loro.
La reazione deve essere estesa e profonda, perché è in discussione la possibilità di opporsi al sistema dominante che ha stracciato salari e pensioni, ha stabilito un ricatto occupazionale e previdenziale su intere generazioni di giovani, ha estirpato qualsiasi potere di controllo sindacale e politico dei lavoratori in fabbrica e sul territorio.
Maria Elena sta dentro la storia della CGIL, i dirigenti che l'hanno espulsa no!!
Vincenzo Gagliano (già componente della Segreteria CGIL Campania)”.

I compagni della Rete 28 Aprile napoletana e pugliese, in un appello pubblicato in versione sintetizzata e ridotta sul sito nazionale, hanno denunciato che il provvedimento contro M.Elena (allora erano solo “avvertimenti ufficiosi”) non è un caso isolato, ma “fa il paio con l’espulsione a Padova di Francesco Doro e Andrea Berruti (RSU, esponenti della Rete 28 Aprile) e con analoghi provvedimenti che colpiscono altri compagni e compagne che orbitano intorno alla Rete 28 aprile, con le ritorsioni di qualche tempo fa contro alcuni compagni de “ La Cgil che Vogliamo” (un delegato della Fincantieri di Ancona che la CGIL sospese perché aveva spedito dalla sede CGIL un volantino firmato “CGIL che vogliamo”), l’allontanamento di Maurizio Scarpa dalla segreteria nazionale Filcams, la sospensione di Mauro Caffo che contestava il giro della Padania organizzato dalla Lega, la sospensione di Ezio Casagranda, Fulvio Flammini e Franco Tessadri dalla CGIL in Trentino, il trasferimento forzoso di Eliana Como dalla FIOM di Bergamo a Roma,  la destituzione di Sergio Bellavita dalla Segreteria Nazionale FIOM, l’esclusione di Giorgio Cremaschi dagli interventi alla riunione dei Direttivi unitari CGIL, CISL e UIL del 30 aprile scorso”.


La lotta per la democrazia in CGIL contro l’espulsione di M.Elena e degli altri comunisti, sindacalisti onesti e lavoratori combattivi per la democrazia in CGIL è una lotta che va condotta senza se e senza ma, anche dalla Rete 28 Aprile e dal resto della sinistra CGIL. Nella lettera di espulsione di M.Elena si parla di “reiterate dichiarazioni ed evidenze documentali”, nella fase degli “avvertimenti ufficiosi” la compagna era stata avvisata che  sul   suo conto era stato redatto un dossier per certificare le “buone ragioni” che avrebbe avuto la CGIL per espellerla. Se due più due fa quattro, vuol dire che all’interno della CGIL opera una struttura di spionaggio e dossieraggio: la CGIL a scuola di Valletta? Questa è una delle opere che ha contribuito a ridurre il più grande sindacato del nostro paese, il sindacato con la storia più illustre, i cui uomini e donne hanno contribuito alla sconfitta del nazi-fascismo, ad un’azienda sempre di più al servizio della pace sociale e della concertazione a danno dei lavoratori. Chi sono coloro che spiano e denunciano le/i compagne/i più combattivi per farli fuori dall’organizzazione perché “disturbano i manovratori”? Questi signori dobbiamo denunciarli pubblicamente ai lavoratori, perché vanno isolati e messi nelle condizioni di non poter più continuare indisturbati la loro opera! Nei mesi scorsi i mass media si sono dedicati a tempo pieno alle espulsioni di Grillo, alle grida “sull’emergenza democratica e la repressione del dissenso interno” al Movimento 5 Stelle, siamo curiosi di vedere se (coerenza? deontologia professionale?) andranno a chiedere conto alla Camusso e al resto della direzione CGIL dei provvedimenti disciplinari e delle espulsioni che fioccano a destra e a manca e a indagare sui sistemi e le strutture di spionaggio e dossieraggio interne alla CGIL!
I lavoratori ancora iscritti alla CGIL sono in numero crescente insofferenti della complicità dei sindacati di regime con i padroni e il governo che penalizza nei diritti, nel reddito, nelle condizioni di lavoro anche chi ha ancora un lavoro stabile, sono in numero crescente insoddisfatti dei risultati della linea di resa della Camusso a braccetto con Bonanni e Angeletti (taglio pensioni, innalzamento età pensionabile, esodati, eliminazione dell’art. 18, contratti a perdere e  riduzione del ruolo del CCNL, ecc.). Per questo la CGIL è ridotta a reprimere ed espellere i suoi aderenti più combattivi: cerca di impedire che diventino centro di organizzazione e mobilitazione degli iscritti scontenti della linea di resa del sindacato. Per questo cerca di gestire in segreto e con minor pubblicità possibile i provvedimenti disciplinari e amministrativi interniPer questo ha gestito le trattative che hanno portato all’accordo su “rappresentanza e democrazia” in modo clandestino (né i delegati né tantomeno gli iscritti sono stati consultati e nemmeno informati dei contenuti su cui il gotha dei sindacati di regime stava trattando). La Camusso e gli altri nipotini di Craxi ed ex soci di Sacconi hanno portato a un livello superiore la trasformazione della CGIL di Di Vittorio in stampella del regime dei padroni e dei governi che si sono alternati nell’eliminare i diritti e le conquiste strappate dagli operai e gli altri lavoratori con la Resistenza antifascista e le lotte degli anni successivi, quando il movimento comunista era forte nel nostro paese e nel mondo. Ma il ruolo, la forza e l’utilità che la CGIL per il padronato e il governo del pilota automatico   dipendono dal seguito e dal consenso che ancora hanno tra i lavoratori, i pensionati, i precari. Questo è il loro tallone d’Achille! Su questo dobbiamo e possiamo fare leva. Non solo per rispedire al mittente le espulsioni e gli altri provvedimenti contro i comunisti, i sindacalisti onesti e i lavoratori combattivi, ma soprattutto per rafforzare ed estendere il coordinamento e l’azione di orientamento, organizzazione e mobilitazione delle RSU, dei delegati e degli operai più avanzati e combattivi! In questo modo la direzione della CGIL sarà costretta a ballare alla loro musica, a rincorrerli (i due sabati di blocco alla FIAT di Pomigliano ne sono una conferma) oppure saranno spazzati via!
Mobilitarsi e mobilitare
- per difendere ed estendere i diritti sindacali e costituzionali che i lavoratori hanno conquistato a prezzo di dure lotte, contro l'accordo sulla rappresentanza e la linea di collaborazione, concertazione, complicità con padronato e governo di cui l'accordo sulla rappresentanza è parte integrante che è la linea che ha portato all'innalzamento dell'età pensionabile e al taglio delle pensioni, agli esodati, all'eliminazione dell'art. 18, ai contratti a perdere, ai licenziamenti, alla disoccupazione e precarietà galoppanti, ecc.
- per contrastare in modo pubblico, organizzato e collettivo gli attacchi, pressioni, ricatti, ritorsioni con cui i Marchionne grandi e piccoli cercano azienda per azienda di intimidire, far indietreggiare, espellere, ecc. quei delegati CGIL (e non solo) che sostengono senza se e senza ma gli interessi e i diritti dei lavoratori, promuovono la loro organizzazione e mobilitazione
- per la democrazia interna, contro le espulsioni, sospensioni, ecc. di comunisti, sindacalisti onesti e lavoratori combattivi con le quali la direzione della CGIL usando metodi degni di Valletta cerca di contrastare lo sviluppo di un vero movimento sindacale che si fa promotore e organizzatore della resistenza e lotta contro la crisi, i suoi effetti e i suoi responsabili.
Non sono i comunisti, i sindacalisti onesti e i lavoratori combattivi incompatibili con lo Statuto della CGIL, è la linea della direzione CGIL e la caccia alle streghe che essa conduce contro i comunisti, i sindacalisti onesti e i lavoratori combattivi che è incompatibile con gli interessi e i diritti dei lavoratori; sono coloro che sostengono pratiche contro una efficace mobilitazione dei lavoratori per farla finita con la crisi, i suoi effetti e i suoi responsabili ad essere indegni e incompatibili con la CGIL di Di Vittorio!
La battaglia per la democrazia nei sindacati è strettamente connessa a quella per la democrazia nella rappresentanza sindacale ed entrambe sono parte integrante della più generale lotta per farla finita con la crisi del capitalismo e l’arroganza dei Marchionne!

Unire le forze, tenere in mano l’iniziativa, passare dalla difesa all’attacco!
Da Pomigliano alla Val di Susa, dal S. Raffaele di Milano all’Ilva di Taranto, dall’Irisbus d Avellino all’elezione del leader NO PONTE a sindaco di Messina, dal No Muos di Niscemi alle occupazioni di case: convogliare i mille focolai di protesta, ribellione e lotta intorno all’obiettivo di cacciare il governo del golpe bianco e del pilota automatico e instaurare al suo posto un governo d’emergenza popolare che assegni a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso e a ogni azienda compiti produttivi secondo un piano nazionale!
Organizziamoci per vincere!

venerdì 12 luglio 2013

Corteo Roma sud contro la crisi: manganellate a precari e disoccupati davanti la festa dell’Unità!

http://www.indipendenti.eu/


Siamo partiti da Piramide con un corteo territoriale che rivendicava casa, reddito e diritti, abbiamo segnalato lungo il corteo i luoghi che generano precarietà e rappresentano il governo dell’austerity.Dopo aver calato un lungo striscione sulla Piramide, comunicato con il quartiere di san paolo/ostiense, amico e solidale, circondati da decine di poliziotti, carabinieri e finanza in assetto antisommossa, abbiamo denunciato le politiche di precarizzazione dentro Telecom, sanzionato agenzie di Equitalia e banche, salutato le occupazioni di casa come l’ex caserma del porto fluviale o le ultime occupate in zona dentro il ciclo di lotta avviato con lo tsunami tour come lo studentato e casa dei precari Alexis.
Insieme agli studenti di Roma tre abbiamo sanzionato il rettorato contro i processi di privatizzazione dell’università pubblica avviati negli ultimi venti anni all’interno di quelli più ampi e complessivi del neoliberismo selvaggio, comunicando come il diritto allo studio sia necessario riaffermarlo dentro i nuovi diritti sociali e di cittadinanza. Arrivati al parco Schuster, blindato dalla celere, abbiamo contestato e assediato la festa del PD che da giorni è al centro di polemiche e contestazioni dei residenti e abitanti del quartiere.
 La contestazione ha rivendicato  l’utilizzo libero e pubblico del parco oltre a denunciare le responsabilità politiche del partito democratico, stampella del Pdl, complice e promotore delle politiche di austerity, d’impoverimento e precarizzazione generale. Un partito e il sindaco Marino che non rappresentano i romani, visto il risultato dell’astensionismo nell’ultima tornata elettorale.
Abbiamo ricevuto come risposta le manganellate della celere schierata davanti alla festa, nella migliore tradizione del PD, riportando due feriti e diversi contusi, mentre all’interno veniva interrotto un dibattito contro la crisi.  In ogni caso la manifestazione si è difesa, continuando il suo percorso fino alla fine continuando a comunicare con il territorio di Roma Sud. Riteniamo gravissime le responsabilità delle forze dell’ordine e dei dirigenti del partito democratico che ancora una volta hanno fatto capire la distanza siderale che esiste tra partiti e popolazione.
Questo corteo voleva essere un punto di partenza di un percorso nel nostro territorio dedicato a tutti, giovani e meno giovani, disoccupati, precari e cassintegrati che ogni giorno sono costretti al suicidio dalle politiche dellagovernance.
Per questo torneremo presto a farci sentire, organizzando la nostra rabbia.

Di che parlano quelli del Pd?

Luciano Granieri


Di cosa parlano oggi quelli del Pd?

I loro antenati, Bordiga, Gramsci, Terracini, Togliatti,  parlavano di III  internazionale, di Partito Comunista Rivoluzionario, parlavano dei consigli di fabbrica ,  di lotta di classe  erano gli strenui difensori del lavoro contro il capitale.

Dopo,  decenni più tardi, si parlava di lotta partigiana, antifascismo, costituzione, si discuteva se il primo articolo della Carta  dovesse  recare la frase “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ,oppure se in luogo della parola lavoro dovesse essere scritto “ lavoratori”

E poi ancora,  la generazione dopo i progenitori di quelli del Pd, discuteva   della presa di distanza dall’Unione Sovietica in relazione alla primavera di  Praga, la discussione aspra provocò scissioni, si  discettava di realismo sovietico.

Ancora qualche anno dopo i genitori di quelli del Pd, da Berlinguer  ad Ingrao e Amendola, discutevano sulla possibilità di costruire un aggregazione comunista europea che vedesse coinvolti  il partito comunista  francese di Marchè e quello spagnolo di Carrillo. Ma soprattutto si discuteva di compromesso storico con la DC di Aldo Moro. Si parlava dell’opportunità di appoggiare o prendere le distanze dal conflitto sociale che infiammava le strade europee e italiane , che vedeva fianco a fianco studenti e lavoratori impegnati nella  lotta per il diritto  a condizioni di lavoro umane,  ad una scuola pubblica di qualità e ad un sistema sanitario pubblico efficiente.  Si cominciava a sentire il peso di quella falce e martello disegnata sulla bandiera.

In seguito, fra  i fratelli più grandi di quelli del Pd, si fece largo una sorta di pentimento  per la militanza comunista. Sotto i colpi reaganiani  e thatcheriani,  l’anticapitalismo divenne un feticcio, un concetto vecchio, la  lotta di classe iniziava a fare posto alla pacificazione con i detentori, non solo dei mezzi di produzione,  ma anche dei profitti finanziari. Si discuteva di keynesismo, di capitalismo buono e liberismo cattivo. Gli  operai cominciarono a non riconoscersi più nel partito. Anzi finalmente, grazie anche all’impegno dell’attuale  Presidente della Repubblica,  caddero  i  tabù della falce e martello sulla bandiera e della parola comunismo nell’acronimo del partito. Vecchi  armamentari ormai  usati da altre formazioni uscite dalla galassia centrale. Era l’epoca di Occhetto con un D’Alema che iniziava la sua scalata.

Di cosa parlano quelli del Pd oggi?

I più consumati di loro trenta anni fa cominciarono a discutere di antiberlusconismo , di conflitto di interessi, di patito liquido.  Una grande questione fu quella del superamento del contrasto fascismo/ antifascismo, con la riabilitazione dei ragazzi di Salò.  Si iniziava a  parlare di riforme e a discutere, con quelli che ancora avevano la falce e martello sulla bandiera e si definivano comunisti, di probabili alleanze per battere Berlusconi.

Nell’era subito  successiva, da una parte si discettava di Antiberlusconismo  e ancora di conflitto di interessi, dall’altra si valutava la possibilità di sedersi al tavolo con l’inquisito Berlusconi per fare le riforme istituzionali. Spuntò l’idolatria del sistema bipolare e cominciò a far capolino  il concetto di premier indicato  dal popolo.  Iniziarono  i finanziamenti  pubblici  e scuole e ospedali  privati  e cominciò  l’attacco ai diritti dei lavoratori.  Finalmente i fascisti ricoprivano ruoli di governo.

In una sequenza veloce i fratelli maggiori di quelli del Pd cominciarono a discutere…sempre di Antiberlusconismo,ma anche di rompere definitivamente con i dissidenti che a loro tempo scelsero di chiamarsi comunisti e di sfoggiare la falce e martello sulle loro bandiere. Già bandiere, perché anche questi si  erano ulteriormente divisi. Iniziò l’era di Veltroni  e la  contrapposizione con D’Alema. Si discusse di primarie per scegliere il segretario del partito e il candidato più attrezzato per  battere  Berlusconi .  Si subì una legge elettorale pessima, si dissolse ulteriormente il legame con la base dei militanti che cominciava a non capirci più niente.

Di cosa parlano quelli del Pd oggi?

L’altro ieri parlavano di antiberlusconismo, di conflitto di interessi,  l’era della primarie raggiunse il punto di massimo successo . Si discuteva sulle regole della consultazione popolare , per soli iscritti o per  iscritti e simpatizzanti,   alo sccopo di scegliere il candidato premier . Questa parola ormai, in dispregio aperto con il dettato costituzionale,  riempiva ogni discorso. Ci si legava mani e piedi al capitalismo finanziario i cui interessi sono rappresentati dalla troika Ue Bce e Fmi. Ai militanti non si pensava ormai più anzi le loro istanze provocavano fastidio

Di cosa parlano quelli del Pd oggi?

Ieri parlavano di antiberlusconismo di conflitto di interessi, di impresentabilità di Berlusconi e dei suoi, scagnozzi, di ineleggibilità.

Quelli del Pd oggi, condividono il governo con Berlusconi, obbediscono ad ogni suo capriccio e ricatto, subiscono le vicende giudiziarie del delinquente di Arcore, sono la sua migliore garanzia.  Gli hanno concesso la scelta del Presidente della Repubblica e,  ubbidienti, accordano  la sospensione dei lavori parlamentari ai suoi scagnozzi. Sospensione decisa dai Berluscones  per protestare contro  magistrati  che pretendono di giudicare il loro capo per confermargli  in via definitiva lo status delinquenziale di mega evasore   fiscale .  Per il conflitto di interessi poi sono  proprio quelli del Pd che scrivono una legge all’acqua di rose  per disinnescare la mina dell’ineleggibilità, così come definita nella norma del 1957, in base alla quale Berlusconi  non potrebbe sedere in Parlamento.

Di che cosa parlano quelli del Pd oggi?

Non di antiberlusconismo, né di conflitto di interessi. Non dei diritti dei lavoratori, e delle classi più deboli, né di anticapitalismo.

Di cosa parlano quelli del Pd oggii?

DEL NULLA!!!!

E quale potrà essere il futuro di un partito che

NON HA PIU’ NULLA D DIRE?

Video Cronache da Hebron

http://www.btselem.org/

Le forze armate israeliane arrestano un bambino palestinese di 5 anni per aver tirato una pietra contro un'auto di coloni israeliani. E' successo a Hebron.

Video footage: Soldiers detain Palestinian five-year-old in Hebron

Published: 
 11 Jul 2013
B'Tselem has written urgently to the Legal Adviser in Judea and Samaria, demanding his response to a grave incident in which soldiers detained a five-year-old boy in Hebron for two hours, after he threw a stone. The soldiers threatened the child and his parents, handcuffed and blindfolded the father, and handed the boy over to the Palestinian Police. Detaining a child below the age of criminal responsibility, especially one so young, has no legal justification.
On Tuesday, 9 July 2013, at around 3:30 P.M., seven soldiers and an officer detained Wadi' Maswadeh, who is five years and nine months old (his birthdate on his mother's ID card: 24 September 2007) close to 'Abed checkpoint, near the Tomb of the Patriarchs in Hebron, after he threw a stone. B'Tselem field researcher Manal al-Ja'bari, who was present at the scene, recorded the entire event on video. After local residents who had gathered at the spot tried to intervene, the soldiers put the crying child into a jeep with another Palestinian resident and took him home. When they reached the house, the officer informed Wadi's mother that he intended to hand him over to the Palestinian Police. The mother refused to let them take the child before his father, Karam, came home. About half an hour after Wadi' was detained, Karam Maswadeh came home. The officer informed Maswadeh that he was arresting his son in order to hand him over to the Palestinian Police. Meanwhile, Wadi'a had spent the entire time hiding behind a pile of mattresses in the house and crying. The parents made it clear to the officer that the child is five years old, but the officer insisted on taking him to the DCO and threatened them, saying that the army would arrest the father if they did not comply. The soldiers then made Karam and his son leave the house and walk to the army camp on a-Shuhada street.
The first part of the incident, recorded by B'Tselem's field researcher Manal al-Ja'bari 




In his testimony to B'Tselem, Karam Maswadeh said:
"When I got home, I saw several soldiers standing at the entrance to my house. An officer came up to me and ordered me to get my son, Wadi'a. Before I got home, the soldiers had tried to persuade my wife to hand Wadi'a over, but she had refused to do it until I came back. The officer told me that he was going to arrest Wadi'a and hand him over to the Palestinian Coordination. I asked him: "Why arrest a five-year-old boy?" A soldier standing next to the officer showed me a stone and claimed that my son had thrown it, and that it had hit the car of a settler who was driving north, near 'Abed checkpoint. I tried to persuade the officer not to take Wadi' to the DCO, but he said that if I didn't bring him, I'd be arrested. […] I went inside the house and got Wadi', who was hiding there. He was crying."





Wadi' and his father were taken to the army base, where they were detained for half an hour. Then, the soldiers handcuffed and blindfolded Karam and walked him, in full public view, together with his son, to the Policeman's checkpoint (56), where the soldiers detained them for another thirty minutes. At that point, a lieutenant colonel arrived whom the father, who speaks Hebrew, understood to be an Israeli coordination officer from the DCO. The officer questioned Wadi' and asked him why he had thrown stones. He also reprimanded the soldiers for arresting the father and son in the presence of video cameras, and complained that "you're harming our public image". The officer made it clear to the soldiers that, when detainees are held with cameras around, they must be "treated nicely". Then, one of the soldiers untied the father's hands, removed his blindfold and gave him water. A few minutes later, an officer from the Palestinian DCO and several Palestinian policemen arrived. The soldiers handed Karam and Wadi' Maswadeh over to them, and the two were taken to a Palestinian police station, where they were briefly questioned and released.
The second part of the incident, documented by a B'Tselem volunteer 'Imad abu-Shamsiyeh:




Father and son detained at checkpoint



Officer arrives






Transfer to Palestinian Police
In her letter to the Legal Adviser to Judea and Samaria, B'Tselem Director Jessica Montell stated: "The footage clearly shows that this was not a mistake made by an individual soldier, but rather conduct that, to our alarm, was considered reasonable by all the military personnel involved, including senior officers. It is particularly troubling that none of them apparently thought any part of the incident wad problematic: not the fact that they scared a five-year-old boy out of his wits, nor threatening him and his parents to "hand him over" to the Palestinian Police, nor threatening to arrest the father on no legal grounds, nor handcuffing and blindfolding the father in front of his son.".
Based on B'Tselem's ongoing experience, there appears to be a procedure in which soldiers detain Palestinian minors suspected of stone throwing and transfer them to the Palestinian Police, at the Palestinian DCO. In the case at hand, the soldiers apparently acted according to that procedure, which does not, and cannot, have any legal grounds when the minor is below the age of criminal responsibility.
In the military judicial system in the West Bank, the age of criminal responsibility is 12, as in Israel. The legal meaning is that the security forces are not allowed to arrest or detain children under that age, even when they are suspected of having committed criminal offenses, and the authorities must deal with the law breaking in other ways. Indeed, B'Tselem has documented many incidents in which Israel minors under the age of criminal responsibility threw stones at Palestinians, and no measures were taken against them. Under the Convention on the Rights of the Child, which Israel signed, minors must be protected in criminal proceedings, especially when they are so young.

Tre giorni di violenza ad opera di esercito e coloni Israeliani nelle Colline a Sud di Hebron


http://www.operazionecolomba.it/

Raid militare nel villaggio di Jinba, in Firing Zone 918, durante la notte del 4 luglio; esercitazioni militari vicino al villaggio di At Tuwani il 5 luglio; coloni picchiano un uomo con ritardo mentale nel villaggio di Tuba il 5 luglio; due palestinesi e quattro attivisti israeliani arrestati nel villaggio di Umm Al Kheer il 6 luglio.

At Tuwani – Durante la notte tra il 3 e il 4 luglio, trenta soldati con cinque jeep militari hanno fatto incursione nel villaggio palestinese di Jinba, situato nell'area che l'esercito israeliano chiama Firing Zone 918. I soldati provenivano dall'avamposto israeliano di Mitzpe Yair e dalla base militare adiacente al villaggio. Insieme ai soldati c'erano due coloni che accusavano i palestinesi di aver rubato una pecora dall'avamposto israeliano. I soldati sono entrati, hanno perquisito e messo a soqquadro diverse case palestinesi rompendo serrature e porte di metallo; hanno lanciato bombe sonore, tra le quali una è stata tirata dentro una casa e una ha colpito un uomo che stava dormendo all'aperto. Durante il raid quattro ragazzi sono stati picchiati dai soldati con le armi e tre uomini sono stati portati e detenuti nell'avamposto israeliano di Mitzpe Yair per diverse ore. L'ultimo di essi (Mahmoud Isa Ibrahim Rabai) è stato rilasciato alle 9 del mattino.



Il 5 luglio, tra le 10 e le 12.30 circa 50 coloni scortati da otto soldati sono passati camminando attraverso i villaggi palestinesi di Al Birkeh, At Tuwani e Ar Rakeez dicendo di essere in visita alle antiche rovine israeliane della zona e si sono fermati in diversi punti tra case e persone palestinesi.

Nel pomeriggio hanno avuto luogo esercitazioni militari nella valle palestinese di Humra, molto vicino al villaggio palestinese di At Tuwani e all'avamposto israeliano di Havat Ma'on. Le esercitazioni consistevano in corse, finte sparatorie e primo soccorso di feriti. Erano presenti 3 camionette dell'esercito e 18 soldati. L'azione si è verificata tra le 16 e le 17.30. I soldati hanno minacciato volontari di Operazione Colomba e palestinesi che si trovavano sulla propria terra. E' stato intimato loro di andarsene perché era in corso l'esercitazione.

Gli stessi soldati si sono spostati su una collina tra il villaggio palestinese di Tuba e l'avamposto israeliano di Havat Ma'on, dove sono rimasti fino alle 19. Intorno alle 18 un colono israeliano ha guidato un quad attraverso il villaggio di Tuba per poi tornare nell'avamposto. Dieci minuti più tardi una macchina con quattro coloni è entrata nel villaggio e si è fermata vicino ad un pastore palestinese (Meher Isa Aliawad, un ragazzo di 20 anni mentalmente ritardato) che stava pascolando il suo gregge su terra palestinese. L'uomo vedendo i coloni è scappato verso casa sua mentre questi gli hanno lanciato pietre, ferendolo gravemente al braccio sinistro. I coloni in macchina sono dopo poco tornati nell'avamposto israeliano.

Il 6 luglio intorno alle 11:45 un pastore palestinese (Heir Suliman della famiglia Eid Hadartin) è stato arrestato mentre stava tornando con il suo gregge nel villaggio beduino di Umm al Kheer. I soldati non hanno dichiarato quale fosse l'accusa contro di lui. Durante le proteste dei palestinesi, quattro attivisti israeliani sono stati detenuti e portati alla stazione di polizia di Kiryat Arba. Due donne palestinesi sono svenute e portate via in ambulanza. Un altro palestinese (Bilal Salem dalla famiglia Eid Hadartin) che cercava di raggiungere l'ambulanza è stato arrestato.

Ciononostante le comunità palestinesi delle Colline a sud di Hebron sono fortemente impegnate nello scegliere la nonviolenza come mezzo di resistenza all'occupazione.

brano ; SPIRITUAL JOHN COLTRANE
John Coltrane- Sax soprano, Jimmy Garrison -Contrabbasso, McCoy Tyner - pianoforte,
Eric Dolphy - Clarino basso, Elvin Jones -Batteria
 foto di http://www.operazionecolomba.it/

Editing: Luciano Granieri




giovedì 11 luglio 2013

Festa della città che resiste

per il Partito della Rifondazione Comunista                                                                   Riccardo Palma – 
Segr. Circolo Cassino “M. De Sanctis

Nei giorni dal 12 al 14 luglio 2013, a Cassino in Piazza Labriola, si terrà la 3^ edizione della “Festa della Città che Resiste” che anche quest’anno diviene la festa provinciale del Partito della Rifondazione Comunista.
E' una scadenza importante al fine di consolidare i rapporti politici instaurati con i settori del movimento, con i collettivi studenteschi, con le rappresentanze del mondo del lavoro, con le associazioni e con i soggetti dell'autorganizzazione sociale. E' anche uno strumento fondamentale di autofinanziamento e per cementare i rapporti tra le compagne e i compagni e che consente di trasmettere e difendere i valori di eguaglianza, di libertà e di solidarietà che caratterizzano la nostra storia e il nostro modo di amministrare. Attraverso la Festa il PRC si dota di uno strumento aperto alle nuove prospettive, ai giovani e agli indipendenti di sinistra, occupati in diversi settori: dall'impiegato all'operaio metalmeccanico, dallo studente universitario all'artigiano, dal pensionato al precario e disoccupato ed altro, dal momento, che abbiamo l'obiettivo di divenire un polo di aggregazione anche per elettori che non sono ortodossamente comunisti, ma che sono sensibili alle tematiche ambientaliste, all'uguaglianza sociale, allo sviluppo sostenibile e ai temi propri della Sinistra, di chi si batte per riaffermare i valori fondanti della Repubblica ltaliana, contenuti nella nostra Carta Costituzionale e derivati dalla Resistenza antifascista. Valori di eguaglianza, libertà, democrazia, fratellanza, solidarietà, giustizio sociale, diritti individuali e collettivi, diritto di cittadinanza per gli strati più poveri della popolazione.
            La Festa per il PRC è anche un articolazione della propria proposta politica nazionale che come  Partito si vuole lanciare nel paese a partire da una campagna politica concernente il PIANO per il LAVORO e la CONTESTAZIONE dei TRATTATI EUROPEI.
            Il Piano per il Lavoro prevede la costruzione di 2 milioni di posti di lavoro attraverso l’intervento pubblico diretto, il finanziamento della riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali, una seria politica industriale e del credito per garantire il mantenimento degli attuali posti di lavoro, un piano di riconversione ambientale dell’economia.
            La contestazione dei trattati europei prevede la richiesta di sottoporre a referendum i trattati europei in modo che il popolo si possa esprimere sulle politiche economiche e sociali di cui è fatto oggetto.
Ma la Festa della Città che Resiste è anche, e soprattutto, un momento di confronto nella costruzione di una nuova sinistra capace di amministrare, quando è questo il mandato assegnatogli
dall'elettorato, come di costruire modelli di alternativa quando è collocata all'opposizione. Una forza, quella del Partito della Rifondazione Comunista, che indica la strada dell'unità della sinistra ma anche della chiarezza della collocazione e dei contenuti alternativi della propria proposta politica.
Quindi, quello della Festa, è un appuntamento politico di riflessione, proposta, iniziativa e confronto che caratterizzeranno i 3 giorni della manifestazione ma, non dimentichiamoci che una Festa, è anche, appunto, un momento di festa, di divertimento, di musica e sperimentazioni artistiche e comunicative. Una grande occasione per stare insieme e per fare e dire cose nuove e diverse.

Una occasione importante per rilanciare la politica provinciale e quella cittadina. Per noi, compagne e compagni di Rifondazione Comunista di Cassino, una occasione ed una opportunità doppia che ci viene offerta di concerto con i vertici provinciali e nazionali del Partito. Un'evidente valutazione positiva sull'azione e sul lavoro sul territorio di Cassino, un investimento sul futuro ma anche, uno stimolo ed una cassetta degli attrezzi volta a fare di più e meglio per i prossimi mesi. Partecipando alle diverse serate della Festa, si capiranno sia le proposte più generali che quelle che riguardano la comunità ed il territorio provinciale e del cassinate. Sarà per noi, e faremo di tutto perché lo sia, l'inizio di una nuova fase della politica di rinnovamento della città, una città che resiste al ritorno della vecchia politica, che resiste al ritorno alle vecchie logiche e che resiste al tentativo di far appassire la sua primavera.

mercoledì 10 luglio 2013

INTERVISTA A KANSAS CITY 1927

fonte: http://www.isbnedizioni.it/


Abbiamo fatto qualche domanda a Diego Bianchi e Simone Conte
Dopo il successo del volume dello scorso anno, è finalmente arrivato in libreria il secondo capitolo delle cronache calcistiche in romanesco di Diego Bianchi e Simone Conte. 
In occasione dell’uscita di Kansas City 1927. Anno II abbiamo fatto alcune domande agli autori, che ci hanno risposto nel loro inconfondibile stile.



Che cosa si prova al secondo anno di Kansas, dopo l’incredibile successo del primo?
Er successo planetario non c’ha cambiati. Viviamo sempre a Beverly Hills, se spostamo in Cadillac, se guardamo le partite co Jay-Z e je spiegamo er forigioco pe l’ennesima volta, la vita de sempre insomma.

Come vi hanno accolto sul web, sulla vostra pagina facebook, dopo che siete venuti allo scoperto?
De Diego più o meno s’era capito, e pe molti è stata na conferma gradita, de Simone alcuni tuttora continuano a pensà che sia Valerio Mastandrea o Johnny Palomba. Ogni tanto glielo chiede pure la madre: «Ma sei tu Johnny Palomba vé?»

Che commenti avete avuto invece - se ne avete avuti - da Ercapitano?
Ercapitano l’abbiamo incrociato alla festa de Natale della Roma, dove siamo andati a legge una scheda nostra ai diretti interessati. C’abbiamo avuto l’ardore de chiedeje de interpretasse in uno dei dialoghi che gli abbiamo attribuito, ha declinato cortesemente con un «no no fate voi che è mejo», poi ogni tanto lo vedevamo ride. Se sia stato pe cortesia o pe vero divertimento non lo sapremo mai, come tutto ciò che riguarda Ercapitano, anche questo sarà compreso appieno solo nei secoli a venire. 

Come lo vedete Rudi Garcia, che idea vi siete fatti di lui?
Di lui abbiamo scritto: «er francoandaluso, così de primo acchitto, c’ha fatto na buona impressione. E comunque mo volente o nolente er capo è lui, e non è lui che deve pagà le colpe de du anni de prese per il culo parziali o integrali che ce so state rivolte, per cui mo tutti co Rudi e pure convinti, poi se tireranno le somme. Mo ce serve uno che ce sgomberi la testa dai pensieri brutti e ce rimetta a posto er cervello ripartendo dalle basi, un Rudi Mentale». Ecco, al momento stamo ancora così, in standby e in attesa de vedé qualcosa, e soprattutto de vedé che squadra c’avrà in mano.

Fantamercato: chi vorreste l'anno prossimo nella Roma?
Batistuta e Falcao.



Stekelenburg al Fulham, come lavete presa? A chi griderete Esci Francoooo il prossimo anno?
Franco è na categoria dello spirito, vedremo se chi arriverà se meriterà de esse Franco pure lui. Magari a sto giro capita uno che quando glielo gridi te sente pure.

Come è nata la collaborazione con Zerocalcare?
Sentivamo il bisogno di una voce competente, di un esperto di calcio, di un uomo di sport. Poi abbiamo pensato che pure un uomo de plumcake potesse fa al caso nostro, e gli abbiamo somministrato una serie di temi estratti dalle nostre schede chiedendogli di andare a ruota libera. Noi siamo molto contenti del risultato. Lui vive con disagio l’essersi misurato con un tema del quale non carpisce tutte le sfumature, un disagio che alimentiamo quotidianamente con mezze frasi tipo «Ah, Zeman l’hai disegnato così... sta cosa creerà problemi».

Cosa si prova ad andare alla cena di Natale della Roma?
Sei mediamente meno elegante e meno in forma de chi te circonda. Te dai un contegno, fai lo sciolto come fanno quelli intorno a te, fingi de riconosce Svedkauskas e Lucca, fingi de non andà in tachicardia quando saluti Ercapitano, capisci perché tutti vogliono bene a Lobont, cose così.

L’anno prossimo ci saranno ancora le vostre schede, vero?
Come l'anno scorso, sta cosa la decideremo a settembre.

E @joseangel?
Gli auguriamo le migliori soddisfazioni nel prossimo campionato di Formula Uno.















Finanziamento pubblico, democrazia interna ai partiti e altro ancora.

Luciano Granieri


Grazie all’invito di Giuseppina Bonaviri,   coordinatrice della Rete la Fenice,  ho potuto prendere parte ieri sera  al convegno organizzato dalla    Fondazione Etica e dalla stessa  Rete la Fenice e dalla Fondazione Etica, sul tema riguardante il finanziamento pubblico e la democrazia interna ai partiti. 

Al dibattito,  presentato da Giuseppina Bonaviri, hanno partecipato Paola Caporossi, vice presidente della  Fondazione Etica ed autrice del libro: “Finanziamento pubblico e democrazia interna dei partiti: non facciamoci ingannare”, Gregorio  Gitti,  Deputo di  Scelta civica e autore di una proposta di legge sulla modifica del finanziamento pubblico ai partiti, Gennaro Migliore Capogruppo Sel alla Camera e Arturo Parisi già ministro della difesa. Al termine di questi interventi ne è scaturito un dibattito al quale ha  preso la parola anche il sottoscritto. 

Voglio ringraziare Giuseppina Bonaviri per aver organizzato questo incontro. Nel totale deserto di momenti di confronto e informativi, nell’aridità della proposta politico divulgativa che invade la nostra città, eventi come questo  organizzato  dalla Rete la Fenice sono oasi di risurrezione sociale e culturale. Fra l’altro, tenuto conto dell’assopimento che attanaglia la coscienza civile dei cittadini di Frosinone, c’è da constatare con soddisfazione che l’assemblea è stata abbastanza partecipata, con la presenza  di molte persone oltre  quella dei soliti pochi afficionados , di politici locali, quali Sara Battisti, segretaria provinciale sotto tutela del Pd, Marina Kovari candidata a sindaco di  Frosinone alle scorse amministrative  nella coalizione comprendente Sel, Domenico Belli segretario cittadino sempre di Sel,  Il sindaco di Pico e segretario provinciale di Rifondazione Comunista Ornella Carnevale, Orlando Cervoni dei Comunisti italiani. 

A dire il vero, l’unica a partecipare attivamente al dibattito è stata Sara Battisti, gli altri un po’ defilati hanno assistito senza intervenire.  L’argomento trattato era alquanto spinoso . Gli invitati al convegno hanno offerto i loro contributi che si possono dividere a grandi linee in due categorie. Parisi e Gitti si sono concentrati maggiormente su aspetti tecnici di funzionamento della proposta di legge   (Gitti) e su un analisi della dinamica culturale che ha portato i partiti a discutere sul’abolizione del finanziamento ,  anche con analisi di tipo etimologico e di senso delle parole “legittimità” e “abolizione” (Parisi) .  

Paola Caporossi e Gennaro Migliore    hanno considerato l’aspetto del rapporto fra i partiti e i cittadini. Personalmente mi hanno appassionato  di più le argomentazioni di questi ultimi. Paola Caporossi, autrice del libro  “Finanziamento pubblico e democrazia interna dei partiti: non facciamoci ingannare”,   si è mostrata favorevole al finanziamento pubblico ai partiti, ma con modalità quantitative, di raccolta  risorse e di trasparenza completamente diverse da quelle attuali.  Prendendo esempio dal sistema tedesco la Caporossi proponeva  un sistema di raccolta  fondi da  svilupparsi direttamente fra la  gente, in modo da costringere dirigenti e militanti a tornare a confrontarsi con i cittadini sul territorio, a  questa fonte si aggiunge  un ulteriore contributo statale pari a quanto raccolto fra la popolazione. 

Gennaro Migliore invece poneva l’attenzione ad un tipo di sovvenzione che riguardasse i  servizi ai partiti.  Ovvero la possibilità da parte dei movimenti  politici di avere a disposizione gratuitamente  gli immobili dove collocare le sedi. Oppure il totale finanziamento sull’affitto di palchi e strutture necessari ai comizi, o anche contributi sull’organizzazione di convegni e dibattiti. In pratica per il capogruppo  alla Camera di Sel, è  fondamentale non tanto disporre di un trasferimento di risorse in denaro, quanto avere la disponibilità economica per organizzare tutti quegli eventi necessari a fare politica  sempre, ogni giorno e non solo in vista delle elezioni. 

Un elemento che ha accomunato gli interventi è stato quello relativo  alla responsabilità dell’attuale legge elettorale sulla forma organizzativa dei partiti. L’opinione era che se non si cambia una legge che consente alle burocrazie di partito di scegliere i propri candidati, i partiti non cambieranno mai le loro forme organizzative interne. A mio parere il discorso è da rovesciare. Ossia proprio perché i partiti sono diventati comitati  elettorali hanno necessità di una legge che consenta loro di nominare  i candidati.

 Nel mio intervento ho sottolineato come sia curioso, per quanto condivisibile,  che i dirigenti di partiti, mossi dalla necessità di reperire i fondi tornino i a frequentare le piazze per chiedere sovvenzioni ai cittadini. Un partito, militanti e dirigenti compresi dovrebbe stare sempre a contatto con la gente, per ascoltare le necessità e proporre soluzioni, poi eventualmente, accertate le l bontà di queste interazioni, chiedere i soldi. Un'altra parte del mio intervento ha riguardato la competenza della classe dirigente. Problema sollevato da Gregorio Gitti. Ho voluto mettere in evidenza che i migliori dirigenti di partito, oggi razza estinta, nascevano dalla  militanza vera, quella che si realizzava restando vicino alla gente ascoltandone le aspirazioni e i bisogni. Oggi essendo venuto meno la forza militante che non alberga ormai quasi in nessun partito, manca l’anello di congiunzione fra popolo e dirigenza partitica. I militanti, quelli che hanno combattuto per i referendum sui beni comuni, che continuano a battersi in Val di Susa contro il TAV, e gli atri impegnati  in un’infinità di lotte, non stanno più nei partiti, spesso li osteggiano, perché hanno paura di diventarne vittima. 

Un esempio concreto si è rivelato l’evolversi della campagna referendaria  per i beni comuni, dove i partiti si sono aggregati solo a vittoria ottenuta. Prima Sel e poi Pd, hanno cavalcato questa lotta di civiltà per poi abbandonarla, quando a referendum vinto non si sono adoperati affinchè la volontà popolare inequivocabile espressa da quella consultazione venisse rispettata. 

  I contributi filmati, riguardano altri argomenti. Nel corso delle interviste non ho potuto ignorare temi  come il finanziamento del progetto F35 e l’occupazione delle Camere da  parte dei berluscones, indignati e  offesi dal fatto che dei giudici vogliono portare a termine finalmente un dei processi che riguarda il loro capo. Su questo ho intervistato sia  Migliore che Parisi. Un ultimo video è relativo all’intervento di Gennaro Migliore sul finanziamento pubblico e sulla democrazia interna ai partiti.

martedì 9 luglio 2013

Giganti in fuga

 di Vincenzo Comito. fonte http://www.sbilanciamoci.info/

Quasi 1500 dipendenti in esubero e due stabilimenti italiani che si avviano verso la chiusura. Per cercare di risolvere la crisi della Indesit, che rischia di essere esplosiva, servirebbe un'alleanza con un produttore asiatico e un programma di interventi da parte dei poteri pubblici per sostenere le attività di ricerca e innovazione.


La crisi dell’Indesit è un brutto segnale, perché mostra quali grandi difficoltà si frappongano oggi all’opera delle nostre imprese anche in settori che una volta erano all’avanguardia delmade in Italy. L’industria nazionale degli elettrodomestici bianchi è stata in effetti a lungo il principale polo produttivo europeo per tali attività. Comunque, anche dopo tutte le difficoltà degli ultimi anni, il settore impiega ancora oggi 130.000 addetti tra occupati diretti ed indiretti e appare al secondo posto, dopo l’auto, nella classifica delle attività manifatturiere più importanti del nostro paese. Ma esso, come quello dell’auto, è minacciato di una sostanziale estinzione.
I processi di globalizzazione e di evoluzione tecnologica, l’evoluzione dei mercati internazionali, le debolezze e i ritardi delle strategie imprenditoriali nazionali, la mancanza di politiche industriali adeguate alla sfide del presente, si coniugano per ottenere una miscela che potrebbe rivelarsi esplosiva.
Il progetto di ristrutturazione
La notizia che sta sullo sfondo è nota. Qualche settimana fa il gruppo Indesit ha presentato un piano per “la salvaguardia e la razionalizzazione dell’assetto di Indesit Company in Italia”. In tale quadro, l’azienda ha dichiarato che 1425 lavoratori su di un totale di 4300 dipendenti del gruppo in Italia erano in esubero e che due stabilimenti sarebbero perciò stati chiusi. Per affrontare in qualche modo la vertenza, la società marchigiana parla di contratti di solidarietà e contemporaneamente di nuovi investimenti per portare gli stabilimenti nazionali residui all’avanguardia con produzioni di alta gamma.
Indesit ha giustificato le drastiche misure annunciate, tra l’altro, con il fatto che in Italia, dove la società produce il 30% dei suoi elettrodomestici, dal 2007 ad oggi i ricavi sono diminuiti del 25%. Da notare che l’Indesit vende soltanto il 15% della sua produzione nel nostro paese. Per altro verso, l’azienda ha dichiarato che in Italia sarà concentrata la produzione dei modelli a maggiore contenuto tecnologico, mentre verrà trasferita, in particolare in Polonia ed in Turchia, quella dei modelli per la fascia meno elevata. Naturalmente la Borsa ha subito festeggiato per la bella notizia ed il valore del titolo il giorno dopo è aumentato.
Non sono prese in conto nel calcolo degli esuberi le probabili ricadute occupazionali sulla rete di imprese della componentistica, molto importante nel settore e che contribuisce a mantenere un adeguato livello di competitività all’attività delle imprese finali.
Le ragioni della crisi e il mercato degli elettrodomestici bianchi
La Indesit Company è specializzata nella produzione di lavabiancheria, lavastoviglie, frigoriferi, ecc. Essa è la principale realtà nazionale nel settore, con una concentrazione pressoché totale delle vendite e della produzione nel nostro continente.
Il gruppo occupa oggi 16.000 dipendenti, possiede 16 stabilimenti, oltre che in Italia, in Polonia, Regno Unito, Russia, Turchia. Il 27% degli occupati si trova nel nostro paese, il 29% in Russia, il 19% in Polonia, il 15% in Gran Bretagna e Irlanda, il 6% in Turchia.
Il fatturato complessivo è stato nel 2012 pari a 2.886 milioni di euro, sostanzialmente analogo a quello dell’anno precedente. Il risultato economico netto si aggira sui 60 milioni di euro di utili, di nuovo sostanzialmente come nel 2011. Dal punto di vista finanziario l’impresa appare ben capitalizzata e con relativamente pochi debiti. Essa non sembra quindi sulla carta come un’azienda da buttare.
I volumi produttivi del settore nel nostro paese sono stimati a fine 2012 in 14 milioni di pezzi, meno della metà dei 30 milioni raggiunti nel 2002. La pesante riduzione, se dipende in parte dalla saturazione del mercato e dalla crisi, è in relazione anche alla progressiva dislocazione delle fabbriche verso l’Est Europa, alla ricerca di costi più bassi del lavoro e comunque di prossimità ai grandi centri di consumo. I big coreani, Samsung e LG, hanno collocato i loro impianti europei in Polonia, mentre la cinese Haier ha varato uno stabilimento nella Repubblica Ceca. Si teme che gli impianti di altri produttori ora collocati in Italia facciano la stessa fine. Del resto, già adesso nei principali stabilimenti nazionali, oltre che della Indesit, della Electrolux, della Whirlpool, della Candy, i lavoratori usufruiscono da parecchio tempo degli ammortizzatori sociali (Possamai, 2013). Sono in crisi praticamente tutti i distretti di produzione degli elettrodomestici.
Il mercato mondiale è comunque in continuo sviluppo, sia pure con delle oscillazioni congiunturali. Così, secondo una stima, esso è passato dai 130 miliardi di dollari del 2005 ai circa 180 che dovrebbero registrarsi nel 2013. Come in molti altri settori, tale crescita è alimentata per una parte consistente dallo sviluppo dei paesi emergenti, in particolare della Cina. Su di un totale di 490 milioni di pezzi usciti dalle linee nel 2012 a livello globale, le imprese di tale paese sono responsabili per la produzione di circa 250 milioni di unità.
Anche a livello di imprese, alla tradizionale dominazione di quelle statunitensi (Whirlpool, General Electric) ed europee (Bosch, Electrolux), con qualche presenza giapponese (Toshiba), si va sostituendo una crescente penetrazione di quelle coreane (Samsung, LG) e cinesi (Haier), che tendono a conquistare i primi posti nella classifica dei produttori. Va peraltro sottolineato che il maggiore tra essi, la Haier, controlla intorno all’8% del mercato mondiale, che rimane quindi ancora abbastanza frammentato e soggetto a ulteriori processi di accorpamento.
Ad un business tradizionalmente costituito da produttori specialisti su base nazionale e continentale se ne va ora in effetti sostituendo uno in cui sono fortemente presenti imprese molto grandi e molto diversificate, per le quali gli elettrodomestici bianchi rappresentano solo un parte dell’attività totale; le imprese che dominano il mercato hanno poi delle presenze commerciali e produttive su basi mondiali.
Un’azienda come la Samsung nel 2013 dovrebbe ottenere profitti netti complessivi per più di 30 miliardi di dollari, contro un fatturato Indesit di soli 2,8 miliardi di euro ed utili per 60 milioni.
Sui mercati maturi come quello europeo la domanda è eminentemente di sostituzione. Ci troviamo comunque in una situazione con una debole differenziazione di prodotto, con basse barriere all’entrata, con un’offerta frammentata, un forte potere del consumatore. Per sostenere la pressione competitiva, accentuata dalla presenza di un eccesso strutturale di capacità produttiva, i vari gruppi tendono a puntare sul riconoscimento della marca, sull’efficienza energetica, sull’innovazione tecnologica, che porta in particolare ad un crescente contenuto di elettronica, su di un adeguato servizio alla grande distribuzione, nella quale si concentra una fetta crescente delle vendite.
Nei prossimi anni si dovrebbe progressivamente affermare il settore degli elettrodomestici “smart”, caratterizzati da interconnessione, intelligenza, longevità. In ogni caso, appare già oggi evidente una crescente polarizzazione dei prodotti tra quelli “premium” e quelli da primo prezzo.
Cosa si può fare
L’azienda non sembra aver reagito con adeguata forza e tempestività ai mutamenti del mercato che si andavano delineando nell’ultimo periodo e quindi l’attuale situazione della Indesit appare strategicamente molto difficile da governare.
Si registrano delle dimensioni ridotte del gruppo rispetto alla gran parte dei concorrenti principali, una presenza rilevante soltanto in alcuni mercati europei, un suo inserimento in una fascia di mercato non sufficientemente caratterizzata per prodotti “premium”, come invece, ad esempio, la Bosch e la Miele, né, d’altro canto, l’azienda è nota per politiche di prezzo aggressive. Essa per di più non è in grado di presentarsi al mercato con una gamma di produzioni molto diversificata, come diversi grandi produttori asiatici. Questo con l’aggravante di essere collocata in un paese che funziona molto male.
Servirebbe probabilmente un’espansione anche verso altri continenti, una più forte presenza nella fascia alta del mercato – ciò che comporterebbe grandi investimenti sulla qualità, sull’innovazione tecnologica, sulla distribuzione -, mentre sarebbe comunque necessaria una rilevante crescita delle dimensioni aziendali.
Probabilmente l’azienda non potrebbe riuscire a fare tutto questo da sola. Per migliorare la sua collocazione sul mercato sarebbe presumibilmente importante, tra l’altro, l’alleanza con un medio produttore asiatico. Si potrebbero così unire le forze per raggiungere una massa critica sui fronti della ricerca ed innovazione, della diversificazione dei mercati, delle risorse finanziarie.
Naturalmente sarebbe poi necessario un programma di interventi per il settore da parte dei poteri pubblici, che dovrebbe prevedere, oltre che incentivi alla vendita per i prodotti a più elevato livello tecnologico (misura già in parte messa in campo), un forte sostegno alle attività di ricerca e di innovazione, una riduzione del carico contributivo sul costo del lavoro; esso dovrebbe anche incoraggiare una politica di alleanze con altri produttori.


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