Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 31 dicembre 2020

Facciamo il 2021 migliore del 2020

 Rigenerare Frosinone

E’ ormai diventato luogo comune etichettare il 2020 come anno terribile, uno dei peggiori vissuto dall’umanità. Intendiamoci tale luogo comune ha un radicamento forte nella realtà. La malattia pandemica ha sfibrato molte donne e uomini nella salute e nella possibilità di trovare il necessario   per campare (non tutt* in verità) . Si fa dunque   molto affidamento sulle benefiche congiunture che il 2021 porterà in dote. Ma per dirla con Gianni Rodari, l’anno nuovo “avrà di certo quattro stagioni, dodici mesi, ciascuno al suo posto/ un Carnevale e un Ferragosto/ e il giorno dopo del lunedì/ sarà sempre martedì…….per il resto anche quest’anno/ sarà come gli uomini lo faranno”.

Appunto. Nonostante la grave crisi sanitaria, trasformatasi in crisi sociale, abbia indicato agli uomini di non fare ciò che è stato fatto fino alla diffusione della malattia, molti di loro, soprattutto coloro i quali hanno responsabilità governative , non solo non ne hanno tratto insegnamento, ma, da come si stanno mettendo le cose,  continueranno sulla stessa strada. Faranno il 2021 peggiore del 2020.

Sono fosche previsioni, è vero, allora vorrei provare a trovare qualcosa di positivo su come alcune  donne e  alcuni uomini hanno agito nel 2020  in presenza di una situazione drammatica senza precedenti.  Azioni  che potranno, e dovranno,    essere replicata in modo più efficace nel 2021. Diverse persone,  a seguito del morbo e della conseguente crisi economica e sociale, hanno, finalmente,  acquisito la consapevolezza che un sistema basato sulla dittatura del mercato, sulla mercificazione dei diritti inalienabili quali, tutela della salute, difesa ambientale del territorio, istruzione, lavoro - inteso come contributo alla collettività e non come sfruttamento -   non solo non assicura protezione,  ma aggrava in modo drammatico le conseguenze di una pandemia deflagrata su un tessuto sociale sfaldato e diviso, fra pochi che hanno molto e molti che hanno poco. Questo sparuto gruppo di  donne e uomini  ha pensato alla costruzione di un altro schema di vita  basato sulla cura delle persone e del luogo in cui vivono, piuttosto che sull’accumulazione  sfrenata della ricchezza.

Ad esempio nella nostra città alcuni  cittadini,  consapevoli della necessità del cambio di rotta si è aggregato in un collettivo  politico dal nome evocativo: “Rigenerare Frosinone”.  Rigenerare il territorio, non seppellirlo con  opere nocive, quanto profittevoli per le lobby della speculazione fondiaria e finanziaria.

Rigenerare il sistema sanitario, smembrato dagli interessi privati di chi vuole arricchirsi sulla salute della collettività.

 Rigenerare i rapporti sociali a cominciare dai Comuni, riformando  le  loro modalità di finanziamento,  imprigionati, come sono,  nella trappola del debito che li costringe   a cedere  a privati la gestione di  beni e servizi, con il conseguente aumento dei costi a fronte di uno scadimento delle attività di sostegno alla collettività.

Rigenerare le politiche del nostro Comune, che ha indirizzato le poche risorse lasciate dal patto di stabilità interna, all’ottenimento del consenso, piuttosto che alla salvaguardia dei cittadini.  

Rigenerare il substrato democratico e partecipativo, combattendo la deriva accentratrice che ha intaccato  le dinamiche legislative degli enti locali e da ultimo il Parlamento con  l’approvazione della riforma costituzionale sulla riduzione del numero di parlamentari.

Rigenerare Frosinone ha tratto linfa dalla consapevolezza che i processi di rigenerazione dovevano riverberarsi  concretamente sul territorio.  Ha provato a coinvolgere anche le forze di opposizione attive, (o passive?) nel consiglio comunale senza grandi risultati. Per cui  il nostro impegno si è dispiegato autonomamente  sulla condivisione del bilancio economico dell’ente con i cittadini, sulla pianificazione di proposte  alternative alla politica dei tagli alla cultura, ai servizi, alla mobilità scolastica,   messa in campo dalla giunta. Una politica che  comunque non sta evitando il dissesto, ma lo sta  ulteriormente aggravando. E siamo rimasti sorpresi su  come il bilancio economico di un ente,  argomento di per se ostico, si stato compreso da molti cittadini.

Costante è stato il nostro impegno, insieme ad altre associazioni, per la salvaguardia del territorio, attraverso la battaglia per la difesa e la riqualificazione di siti storici, come la “Fontana Bussi”, e oasi di bellezze naturali, come la cascata dello “Schioppo” sul fiume “Cosa”. Porzioni di città devastate dall’incuria e dalla speculazione edilizia.

Ci siamo battuti, e ancora lo stiamo facendo, per evitare che sulla martoriata Valle del Sacco siano edificati impianti di smaltimento rifiuti nocivi per la salute e salvifiche per le tasche dei soliti noti.  

Abbiamo collaborato con l’associazione  Comunità Solidali”, per liberare la Certosa di Trisulti, bene di proprietà pubblica, dall’occupazione di un soggetto privato, intenzionato a usare quei luoghi allo scopo di  aprire una  scuola d’indottrinamento per suprematisti bianchi. Occupazione resa possibile, ahimè, da una scellerata procedura di affidamento della Certosa,  messa in atto  dal Ministero dei Beni Culturali.

 E ancora, corroborati da una sentenza della commissione tributaria provinciale di Frosinone, nella quale si stabilisce che il tributo TARI dal 2015 al 2018, è stato troppo elevato rispetto al servizio svolto dalla ditta di smaltimento rifiuti, stiamo organizzando una campagna per indicare ai cittadini come farsi restituire i soldi spesi in eccesso. Perché un servizio come il trattamento dell’immondizia non può essere il pretesto per lucrare sulle tasche già vuote di gran parte della collettività.

Ci siamo, inoltre, schierati contro la riforma costituzionale per la riduzione del numero di parlamentari invitando a votare No al referendum, convinti di essere di fronte all’ennesimo strappo al principio di rappresentanza democratica che tanto dà fastidio alle consorterie elettoralistiche, sempre più impegnate ad allontanare dai cittadini le modalità di decisione che li riguardano. Quest’ultima è stata una battaglia persa ma, se non altro, abbiamo avuto il merito di rendere dubbio il risultato di un referendum, la cui vittoria dei Si sembrava schiacciante.

Ecco, possiamo dire che  le associazioni le donne, gli uomini che hanno agito dentro Rigenerare Frosinone, hanno cercato di rendere il 2020 meno disastroso di quello che è stato, e siccome siamo pienamente d’accordo con Gianni Rodari, continuiamo ad operare in modo che molte altre persone si impegneranno a fare il 2021 migliore del 2020 seguendo la strada da noi e da molti altri, a livello nazionale, indicata.

 

mercoledì 16 dicembre 2020

Frosinone.Rimborso Tari, secondo appuntamento.

 Rigenerare Frosinone



Sabato 19 dicembre al partire dalle ore 17,00, il nostro gruppo politico, in un evento pubblico che si terrà in P.zza Cervini (Via Aldo Moro) a Frosinone, illustrerà alla cittadinanza  le modalità per ottenere dal Comune di Frosinone il rimborso dell’80% della TARI per gli anni 2015-2016-2017-2018.

La sentenza numero 358/2020, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone il 9 novembre scorso, ha sancito che la tariffa per lo  smaltimento dei rifiuti è risultata eccessiva  in rapporto al servizio svolto dal gestore. Per quegli anni l’importo del tributo da corrispondere doveva essere del 20% rispetto all’imponibile richiesto. La mancanza di controllo del Comune sul corretto espletamento del servizio ha arrecato un enorme danno ai cittadini di Frosinone gravati di un onere tributario eccessivo. Ciò a dimostrazione del fatto che i servizi fondamentali - come ad esempio la tutela della salute, la salvaguardia idrogeologica del territorio, l’erogazione idrica e il trattamento dei rifiuti -diventano scadenti, e con  un costo elevato per la collettività, quando vengono affidati al privato e quindi consegnati alla logica del profitto. Ed è ancora più grave il fatto che gli enti locali, in primis i comuni, non controllino l’effettivo rispetto del contratto di gestione,  rilevandone  le criticità,  e ponendo in essere le necessarie contromisure  a difesa dei cittadini.

Anche il Comune di Frosinone, rispetto allo smaltimento e trattamento  dei rifiuti, non ha vigilato sulla correttezza del servizio svolto, avallando una tariffa abnorme. Per questa ragione invitiamo tutti i cittadini a chiedere il rimborso dell’80% della tariffa. Sul come fare invitiamo tutta la cittadinanza  a partecipare al nostro incontro del 19 dicembre a Piazza Cervini.

Rigenerare Frosinone.

Documento sulla vicenda rifiuti

il modulo per richiedere il rimborso

Un'altra via

 Luciano Granieri



Il Natale del Covid. Si moltiplicano   foto che ritraggono  gente inzeppata  nelle vie delle compere, immagini che fanno indignare molti operatori sanitari e indurre   gli organi governativi  ad inasprire  i  tempi  e modi  della clausura.  Ciò  causa l’isteria   di chi deve decidere rimanendo prigioniero di un terribile corto circuito:  comprare-ma non assembrare. 

Siamo preda di una diffusa, quanto fallace, suggestione  per   cui l’esercizio della libertà individuale si esplica nel  consumare, nel  fare incetta di merci, anche le più inutili. Se non si possono percorrere le vie del commercio, non si può   uscire, dunque si rimane prigionieri, vittime di una libertà negata. 

Ma è proprio vero?  

Il nostro Paese è  ricco di bellezze naturali, architettoniche , paesaggistiche.  Disgraziatamente sull’altare dell’affollamento,  officiante il  Dio consumo, sono stati sacrificati  musei, teatri , cinema.  Ma  c’è rimasto tutto il resto.  

Si  potrà, forse inaspettatamente,  scoprire che a pochi chilometri da casa esiste un borgo, un bosco, una sentiero di  montagna da percorrere a piedi o con le ciaspole. Insomma si potrà scoprire che bearci  delle bellezze di cui i nostri  territori  abbondano -anche se stiamo facendo di tutto  per distruggerle - non costa nulla,   mentre  il costosissimo telefonino di ultima generazione sarà destinato a rimanere un sogno artificiale dentro una  vetrina abbagliante di luci. Roba per pochi ricchi,  che tanto se lo comprano su Amazon,  ma che genera   un assembramento di masse abbagliate dal mito del possiedo-sfoggio, quindi sono.  

Una domanda sorge spontanea: Ha senso affollare le vie degli acquisti, soffrendo   la sorda  frustrazione di poter comprare, poco o nulla di ciò che si desidera,  rimpinzando  assembramenti  le cui conseguenze   imporranno restrizioni su chi magari avrebbe voluto andare al cinema o a teatro?  Si può anche uscire, respirare, spaziare, insomma essere liberi, senza affollarsi per lo spritz, ma   frequentando le   meraviglie  dei propri territori. 

E’ più bello non ci si assembra e, oltre tutto, è gratis.

Di seguito la testimonianza dell'altra via, quella che abbiamo percorso in queste domeniche in cui si raccomandava di "NON AFFOLLARSI"


lunedì 14 dicembre 2020

Svegliatevi

Comitato per la Democrazia Costituzionale



Il direttivo del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale esprime una forte preoccupazione per il blocco delle iniziative parlamentari per l'approvazione di una nuova legge elettorale.

Governo e maggioranza sono attraversati da tensioni e le destre sono all'attacco per ottenere nuove elezioni prima del “semestre bianco”, durante il quale il Presidente della Repubblica non può sciogliere le camere.


Il rinvio dell'approvazione di una nuova legge elettorale ha portato alla conseguenza grottesca che il governo ha avviato la ridefinizione dei collegi e delle circoscrizioni elettorali, vista l'entrata in vigore del taglio del parlamento (5/11/ 2020) e quindi della collegata legge elettorale, imposta nel maggio 2019 dalla Lega e votata anche dal Movimento 5 Stelle.


Questa legge - come abbiamo denunciato durante il referendum costituzionale - è una spada di Damocle sull'esito delle prossime elezioni. Senza una nuova legge elettorale ci troveremo a votare con le regole ancora più maggioritarie del Rosatellum che renderebbero il parlamento ancora meno rappresentativo della volontà delle elettrici e degli elettori. Infatti la Lega ha ottenuto che il maggioritario fosse prevalente in modo da costringere tutto il centro destra ad un fronte unico e tentare di arrivare al 35/40 % dei voti che le darebbe la maggioranza in parlamento, pur rappresentando una minoranza di elettori.


Se si votasse con questa legge prima del semestre bianco il centro destra a trazione leghista potrebbe perfino eleggere da solo il Presidente della Repubblica, ottenere una maggioranza parlamentare sufficiente a modificare la Costituzione, con l'obiettivo di   dare più autonomia per le regioni, anche in modo differenziato, e di imporre il presidenzialismo. Obiettivi scritti nel programma elettorale delle destre nel 2018.


Questa situazione di stallo è quindi pericolosa, ma la maggioranza sembra non avvertire la gravità delle conseguenze del blocco della discussione parlamentare.


La maggioranza attuale si era impegnata, durante la campagna referendaria, ad approvare una nuova legge elettorale per superare almeno alcune storture provocate dal taglio del parlamento, ma finora è tutto bloccato e la proporzionalità incerta.

  

Chiediamo con urgenza l'approvazione di una legge elettorale proporzionale che consenta ai cittadini di scegliere direttamente i loro rappresentanti, superando le liste bloccate di nominati dall'alto, obiettivo che si può raggiungere con modalità diverse.


Così esiste il serio rischio di consegnare l'Italia alle destre anche per responsabilità della confusione nella maggioranza sulla legge elettorale.

 

venerdì 11 dicembre 2020

Bazookiamoci

 Luciano Granieri



Chrstine Lagarde, la presidente della Bce, ha annunciato l’aggiunta di altri 500 miliardi al fondo PEPP per l’emergenza pandemica, fino a marzo 2022. Ciò significa che la Banca Centrale acquisterà debito pubblico italiano dalle banche,dagli istituti bancari,   a tasso zero,  per 80 miliardi di euro.

 Facciamo due conti. Il Mes sanitario, qualora lo accettassimo ammonterebbe a 37 miliardi a tassi agevolati, ma sarà subordinato al rispetto delle regole che disciplinano il ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell’ambito dell’Ue”. Ovvero l’immediato ritorno all’avanzo primario (entrate in tasse superiore alle uscite in spesa sociale), deregolamentazione del lavoro, tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni

Del resto a questa tagliola ci siamo già consegnati, accettando i 127 miliardi di prestiti inseriti nel Recovery Fund. Da un lato 80 miliardi, a tasso zero,  che arriveranno entro il 2022  senza condizionamenti sulle nostre politiche finanziarie da parte della UE, dall’altro 127 miliardi, più eventuali 37 che ci pongono sotto la ghigliottina  ordoliberista europea di derivazione tedesca. I 127 arriveranno, fra l’altro,  a babbo morto, sicuramente non entro il 2022. Ha senso, visto il bazooka della Bce, metterci in mezzo alle forbici sociali della UE? Evidentemente no. 

Il debito pubblico aumenterebbe ugualmente, anche se senza interessi in questo frangente, ma almeno saremmo padroni del nostro destino. Però  vediamolo un attimo sto’ maledetto debito.  146 miliardi vengono da lontano, non sono il frutto di una gestione allegra della finanza pubblica , ma semplicemente il risultato del processo di annullamento della progressività fiscale che, dal 1974 ad oggi, ha considerevolmente ridotto l’imposizione fiscale ai più ricchi facendo mancare i 146 miliardi di cui sopra. Somma  che abbiamo dovuto recuperare con l’emissione di debito pubblico per un importo totale, compreso interessi, di 300 miliardi. 

Inoltre dei 2.500 miliardi di debito accumulato, la parte prodotta dal deficit di spesa è di 266 miliardi, solo l’11%. Il resto sono interessi, guadagno per gli strozzini legalizzati dei fondi d’investimento. Appunto in piena pandemia, non si potrebbe fare in modo di bloccare il taglieggio, evitando di pagare un  pizzo  pari a 70 miliardi l’anno (il doppio del Mes)? 

Resta il fatto che gli 80 miliardi della Bce sono comunque ad interessi zero. Dunque se c’è da emettere debito pubblico a tasso nullo, emettiamolo pure, non avremmo condizionamenti politici. Certo che se la Bce facesse lo sforzo anche di assumere il costo per interessi dei paesi membri, l’Europa “SOCIALE” avrebbe una sorta di concretezza. Ma interessa un progetto simile ai burocrati di Bruxelles?

martedì 8 dicembre 2020

No all'indigestione da biodigestori

Rigenerare Frosinone



 SALUTE O PROFITTO?


E’ in atto nel nostro territorio: La Valle del Sacco (zona Sin per l’emergenza ambientale) una sorta di assalto alla diligenza per riempire la “Seveso del Sud” di biodegestori anaerobici. Un esercito di impianti pronti a trattare circa 500 mila tonnellate di rifiuti organici. La faccenda è venuta alla luce in modo eclatante quando si è appreso che è in valutazione presso la Regione Lazio il progetto per la costruzione di un ennesimo biodigestore anaerobico presentato dalla società “Maestrale” del gruppo Turriziani.

                                        L’impianto dovrebbe sorgere in una zona vicina all’uscita dell’autostrada nell’area di competenza dall’Asi di Frosinone (Agenzia per lo sviluppo Industriale). L’obiettivo di queste attività è generare, dallo smaltimento dei rifiuti organici, energia, attraverso la produzione di biogas, e concime per l’agricoltura attraverso gli scarti del procedimento. Detta così sembrerebbe un’ottima cosa.

 Non vogliamo addentrarci in trattazioni tecniche, ampiamente spiegate dalle associazioni cittadine in un senso e nell’altro. E’ il sistema che privilegia il profitto alla salute a dover essere respinto, tra l’altro in un territorio già fortemente compromesso e il cui ciclo dei rifiuti è oggetto di pesante presenza di dubbiose società i cui vertici entrano e escono dalle patrie galere, mentre i cittadini silenti pagano tributi a servizi mai effettuati. Su questi punti bisogna ricucire il tavolo della “società civile” senza rincorrersi in una gara a chi avrebbe più titoli per trattare il tema o a chi avrebbe scheletri nell’armadio.

 Per completezza d’informazione aggiungiamo che l’impianto in questione è tarato per trattare 50.000 tonnellate di rifiuti all’anno, quando Frosinone ne produce 3.500, e la Provincia intera 42.000. Senza contare che tutte gli altri progetti in piedi, e in attesa di autorizzazione dalla Regione Lazio: Recall Patrica, quelli che interessano il comprensorio di Anagni, Roccasecca e Colfelice con accordi fra Saxa Gres e Saf, l’Air green di Ferentino; questi sono pronti a trattare le 500 mila tonnellate già citate.

 Salta immediatamente agli occhi la sproporzione fra il bisogno di smaltimento di organico della città di Frosinone (3.500) con l’impianto che si vuole costruire vicino all’autostrada (50.000). Fra la necessità di trattamento dell’intera Ciocaria (42.000 per 500 mila abitanti) e la disponibilità della batteria di biodigestori in attesa di essere realizzati nel territorio provinciale (500 mila buoni quindi per 5 milioni, l’intera popolazione della Regione Lazio!).

 Dunque la Ciociaria come immondezzaio del Lazio.

 Del resto un biodigestore anaerobico per garantire profitti non può essere sottodimensionato, anche perché dalla capacità di trattamento dipendono gli incentivi pubblici per le energie rinnovabili, e i contributi UE per l’economia circolare. Quindi tutto ciò non serve ai cittadini, ma al profitto di pochi industriali.

 Considerato che tutta questa attività si giustifica economicamente solo grazie ai contributi statali ed europei, cosa accadrebbe, o, ahimè, accadrà qualora il piano d’incentivazione dovesse interrompersi? Ci sarebbe, come già successo, la fuga di questi imprenditori verso nuovi lidi di profitti e al territorio rimarrebbero ulteriori enormi ecomostri inermi. A quel punto si interverrà con altri 50 e passa milioni di euro per la bonifica?

In realtà un biodigestore in sé potrebbe anche non essere così nocivo, a patto che tratti rifiuti ben caratterizzati, diciamo così, puri, usando un ossimoro, ma in 500mila tonnellate potrebbe entrare di tutto, anzi entrerà di tutto. Non si produrrà anidride carbonica, ma sicuramente tutta una serie di altre schifezze.

 L’insediamento di piccoli impianti, con una puntigliosa selezione della qualità dei substrati, e dunque dei relativi prodotti di scarto - concime di qualità in questo caso -, sistemi di trattamento rispondenti esclusivamente ai bisogni di un Comune o, al più, di qualche comune, potrebbero essere soluzioni plausibili. Soluzioni però oggi inammissibili, perché non garantirebbero i profitti che derivano dagli incentivi, dai tributi dei cittadini su cui graverebbe il costo del conferimento, dalla vendita dell’energia... Dunque percorsi impraticabili.

Ma impraticabile per chi? Per i capitani d’industria che cavalcano e depredano la Valle del Sacco. Allora sarebbe ora, secondo noi, che una volta tanto si considerasse prioritario l’interesse dei cittadini invece di tutelare la smania di profitto dei soliti noti.

 Pare che siano in arrivo 209 miliardi di Recovery Fund, per avere i quali ci consegneremo senza fiatare ai tecnocrati di Bruxelles. Di questi 77 dovrebbero essere spesi per la riconversione green. Chi decide la loro allocazione? Per difendere la salute di tutti o incrementare il profitto di pochi?

E’ indubbio quindi che si è contro un sistema che consegna la Valle del Sacco, nonostante il Sin, nonostante una cronica patologia da inquinamento, a sfruttatori di ogni risma: va da sé essere decisamente contro il biodigestore della “Maestrale”.

 Facciamo un appello ai Comuni, parte in causa come enti attivi compresi nell’ambito territoriale dall’ASI - fra cui Frosinone, zona a cui afferisce il biodigestore della “Maestrale” - affinché si adoperino per cambiare le norme tecniche di attuazione al PTR (Piano Territoriale Regolatore) dell’ASI, a cui si sono consegnati, senza colpo ferire. Sprovvisti come sono di piani regolatori qualificanti le destinazioni d’uso delle varie porzioni di territorio.

 In particolare ci riferiamo al comma C dell’art. 8 del PTR, in cui sono previste nel comprensorio zone per impianti tecnologici di smaltimento rifiuti. E soprattutto l’art.13 in cui il consorzio ASI ha la facoltà di concedere deroghe alle norme d’insediamento delle attività produttive ad alto impatto ambientale. Norme che il Comune interessato dall’insediamento in questione, avendo recepito il PTR, deve accettare obbligatoriamente. E come sappiamo, tutti gli enti comunali afferenti nel consorzio ASI hanno recepito tale piano con tanto di avvallo alla Valutazione Ambientale Strategica.

 Ha dunque un bel strillare il sindaco di Frosinone, e professare con forza la sua opposizione al biodigestore, se non si decide a invocare, insieme agli altri primi cittadini dei comuni compresi negli agglomerati ASI, cambiamenti sulle norme tecniche del PTR. Richiamare il principio di precauzione come primo responsabile della salute dei cittadini è cosa buona e giusta, ma inutile ai fini di una moratoria sull’insediamento di siti inquinanti nell’area cittadina.

Bisognava pensarci prima. Oggi si deve avere la forza, in quanto sindaci di paesi compresi nel consorzio, di imporre un deciso cambio di rotta nella gestione del territorio da parte dell’ASI, che ricordiamo è guidata da Francesco De Angelis, dirigente PD. A quanto pare nessuno, a parte urla e lamenti vari, ha avuto il coraggio di intraprendere questa azione dirompente.

Sarebbe ora di cominciare.


lunedì 7 dicembre 2020

SUL MES, MECCANISMO EUROPEO DI STABILITA’

 Paolo Maddalena




Il MES nacque da un Trattato intergovernativo il 2 febbraio 2012, quando ci si accorse che la disposizione dell’articolo 123 del  Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Trattato di Lisbona), secondo il quale: “è vietato agli Stati membri e alla BCE di salvare Stati Europei in difficoltà”, aveva prodotto effetti negativi per l’intera zona euro. Un motivo, dunque, egoistico, secondo lo stile neoliberista e non solidaristico, che ispira da tempo l’azione dell’UE. Si pensò di dare a detto Trattato intergovernativo anche l’appoggio dell’Unione, ma senza trattarlo come facente parte del “diritto europeo”, con una aggiunta all’art. 136 del Trattato di Lisbona, del seguente tenore: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”. Insomma a favore degli Stati forti e dei poteri forti.

Nostro compito è stabilire se l’attuale “revisione “del Trattato intergovernativo giovi o non all’Italia.

Prescindendo dalla storia, ben nota, di questo meccanismo (nascita nel 2012, proposta di “Regolamento” nel 2017 da parte della Commissione per far entrare detto Trattato nel “diritto Europeo, fallimento di questo tentativo e  convergenza verso una semplice “revisione” del MES) , ciò che oggi ci interessa è lo stato della discussione e la risposta che noi dobbiamo dare.

In proposito è da ricordare che Camera e Senato, il 19 giugno 2019, hanno invitato il governo a “non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato, e, in particolare, di opporsi ad assetti normativi che finiscano di costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti e automatici”. E’ da sottolineare, inoltre che il Presidente del Consiglio Conte ha dichiarato che l’Italia “non può concedere sul fronte del MES senza ottenere anche sugli altri fronti”.

Il grosso pericolo sta nel fatto che questa “revisione” si inserisce in un processo di “decomposizione” del “Diritto vigente”, facendo in modo che gli stessi strumenti usati per crearlo (le leggi dei Parlamenti), provvedano ora a distruggerlo con l’approvazione di leggi evidentemente incostituzionali. La istituzione del MES si pone chiaramente in questa direzione, soprattutto perché prevede la “immunità” penale, civile e amministrativa dei suoi componenti. Il Diritto non può ammettere immunità, poiché il suo cardine è “l’eguaglianza economica e sociale” di tutti i cittadini. Eliminato questo cardine, i poteri forti faranno in modo che essi siano al di sopra del Diritto, siano effettivamente “Sovrani”. E, una volta distrutta la “sovranità” degli Stati, nessuno potrà contrastarli. Saranno essi “la legge vivente”, che impone ai sudditi la propria volontà. E non può sottacersi che la politica seguita dall’Unione Europea, insieme con il Fondo Monetario Internazionale, va proprio in questa direzione, avvantaggiando i forti sui deboli e gli Stati forti sugli Stati deboli, come nel caso in esame.

 Questa finalità distruttrice dell’eguaglianza, e quindi della stessa civiltà, è dimostrata anche dal fatto che la istituzione del MES prevede due linee di credito, che vanno proprio nella direzione sopra indicata:

a)      “assistenza finanziaria precauzionale”, riguardanti i Paesi (forti) con situazione finanziaria solida e con un debito sostenibile”, assistenza che si concede a seguito di una “lettera di intenti”;

b)      “concessione di credito soggetto a condizioni rafforzate”  (tra i quali rientrerebbe l’Italia), da concedere mediante un ”memorandum di intesa”, secondo criteri da stabilirsi da parte del MES e della Commissione Europea.  

Il Ministro dello sviluppo economico  Patuanelli, palesando convincimenti neoliberisti, si è sbracciato nel far ritenere che il “testo non presenta profili critici per l’Italia” e che sarebbe opportuno concentrare l’attenzione su altri aspetti del citato pacchetto, e in particolare sull’introduzione di una “garanzia comune” dei depositi e sulle sue condizioni, che non devono essere penalizzanti per l’Italia. Si tratta in particolare della “garanzia comune” (back stop) al “Fondo di risoluzione unico delle banche”, sotto forma di una linea di credito rotativo. Tale “garanzia comune” (back stop) dovrebbe “sostituire” “l’attuale strumento di ricapitalizzazione diretta” delle istituzioni finanziarie. Si tratterebbe di una soluzione che anticiperebbe  il completamento “dell’Unione bancaria” (che, secondo noi) metterebbe la nostra finanza interamente nelle mani dei Paesi forti, togliendoci ulteriori spazi di sovranità). Infine, secondo il Ministro Gualtieri il testo revisionato escluderebbe che il MES si occupi di “politica economica” dei Paesi membri (invece è vero il contrario).

Quello che è certo è che il Parlamento ci ha  visto bene e che il Governo dimostra la sua debolezza nei confronti dell’Europa.

Restando sul piano del sistema economico vigente, dunque, il MES è da respingere, poiché, entrando noi nella seconda “linea di credito”, aumentiamo il nostro “debito”, e, quindi, le conseguenti “privatizzazioni “ e “svendite” del “patrimonio pubblico”, il quale costituisce un “elemento strutturale” della “essenza”dello “Stato comunità” e della “sovranità” del Popolo.

Si pensi, ad esempio, che l’attuale Sistema economico dà via libera a Società di investimenti come la Black Rock, la quale ha un patrimonio di 6000 miliardi di euro e dispone di un sistema di analisi, detto ALADDIN, capace di effettuare 200 milioni di calcoli in una settimana, per valutare i dati economici finanziari, ed è capace di calcolare ogni secondo il valore di azioni, di valute estere, di titoli di credito, in miliardi di portafogli di investimento. In questo modo le sue “scommesse vanno a colpo sicuro” e non  corrono alcun rischio. Detta Società è l’esempio più calzante della “dannosità” dell’attuale sistema economico predatorio neoliberista”, il quale dà la possibilità ai più potenti, non di produrre beni, ma di “rastrellare” i beni esistenti, senza compiere nessun lavoro, anzi provocando la perdita di lavoro a migliaia e migliaia di lavoratori onesti. Questo è intollerabile e tale sistema va eliminato. Non è una impresa facile, ma possibile. E votare contro il MES  significa cominciare a prendere coscienza di questo globale e angoscioso problema.

Dobbiamo avvertire subito, tuttavia, che l’attuale “sistema economico predatorio neoliberista”, che dà così tanto spazio alla “speculazione”, è contro la nostra Costituzione e che tutte le leggi che sono state emanate in suo favore, vanno portate alla Corte costituzionale per il loro annullamento, facendo valere il “potere negativo del Popolo sovrano”, del quale, come è noto, parlava Dossetti, uno dei più influenti Padri Costituenti. 

 

Il MES, al’incontrario, dà un forte impulso alla realizzazione del “sistema economico predatorio e speculativo”, voluto dal  “pensiero neoliberista”, il cui fine ultimo è la distruzione del “patrimonio pubblico” e la “privatizzazione” di tutto, in modo che venga distrutta la “Comunità politica e l’uomo diventi uno “schiavo” dei poteri forti.

A differenza del “pensiero Keynesiano” e del relativo “sistema economico produttivo”, che segue la “Natura” e la “solidarietà”, predicando la distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale, nonché l’intervento dello Stato (cioè di tutti i lavoratori) nell’economia, il pensiero “neoliberista vuole la ricchezza nelle mani di pochi, tra questi una forte “concorrenza” e “vieta l’intervento dello Stato nell’economia”, lasciando peraltro campo libero alla “speculazione” .  Suo erroneo presupposto, come ha lucidamente posto in evidenza Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sì”, è “lo sviluppo illimitato”, in base al quale si giustificherebbe il “consumismo”, cioè il fatto che i beni prodotti devono continuamente essere “consumati” (prescindendo dal fatto che le risorse sono limitate), per rendere “continua” “l’accumulazione del danaro”, eretto come fine ultimo del mercato generale, libero e globalizzato. Dunque, tutto nel mercato. Ma il mercato non ci concepisce come “persone”, ma unicamente come “consumatori” e “produttori”, incatenati in quel circolo vizioso senza via d’uscita, dove se non si consuma non si produce e si crea disoccupazione. Quindi siamo invitati a un “consumo forzato” dove il consumo non è la fine di un prodotto”, ma “il suo fine”. Insomma ogni prodotto ha in sé il dispositivo della propria “autodistruzione” per non interrompere la “circolarità consumo-produzione” che è essenziale al mercato. L’effetto è stato quello di erigere il “mercato a legge universale degli scambi”, che ha avuto come conseguenza che il “danaro”, da “mezzo” per soddisfare i bisogni e produrre i beni, è diventato “il fine ultimo”, per conseguire il quale, si vedrà di volta in volta se soddisfare i bisogni e in che misura produrre i beni e mantenere l’occupazione. Si è verificata una “eterogenesi dei fini”. E noi che oltre il mercato abbiamo anche i “diritti umani”, facciamo prevalere il primo sui secondi. Così le nostre società vanno in rovina (questo è l’avviso di Umberto Galimberti).

E’ utile, inoltre, tener presente che le caratteristiche del “sistema economico predatorio neoliberista” sono le seguenti:

a)      Sviluppo illimitato, senza tener conto della limitatezza delle risorse.

b)      Il colpo di genio della “finanza creativa”  che ha trasformato la “scommessa” in danaro contante, come le cartolarizzazioni e i derivati, affidando la “produzione della moneta” alle “banche” e producendo la “finanziarizzazione” dei mercati.

c)       Assoluta libertà dei mercati.

d)      Conquista delle Istituzioni economiche internazionali e europee.

e)      Liberalizzazioni.

f)       Privatizzazioni.

g)      Svendite.

h)      Concessioni di servizi pubblici essenziali e fonti di energia.

i)        Delocalizzazioni di imprese.

j)        Licenziamento di operai.

k)      Aumento del debito pubblico.

l)        Diminuzione delle spese.

m)    Rallentamento della circolazione monetaria.

n)      Austerity.

o)      Moneta presa a prestito.

p)      Perdita della sovranità monetaria.

q)      Perdita del patrimonio pubblico.

r)       Distruzione dello Stato comunità.

Si deve sottolineare, tuttavia, che il “sistema economico predatorio neoliberista”, affermatosi in periodo di crescita economica, adesso, in fase di decrescita, mostra tutti i suoi difetti, ponendo in luce tutta la sua potenza distruttiva. L’esperienza che i vari Stati Europei stanno vivendo nella difficile lotta contro il contagio del corona virus dimostra quanto danno abbia apportato ai Paesi economicamente meno forti, questo “sistema economico”, foriero di tante disuguaglianze e egoismi, in contrasto evidente con i principi di solidarietà, dei quali pure parlano, ma inutilmente, i Trattati Europei.

 

Nei confronti dell’appena descritto sistema economico vigente, è evidente che Il MES assume la funzione di un “tassello” per mantenere un equilibrio economico finanziario che oramai mostra tutti i suoi limiti, ed è per questo che la guardinga Germania ha già provveduto a stabilire che la sua “esposizione” ai rischi, nell’ambito di questa Istituzione, non potrà andare oltre l’ammontare del suo contributo.

In fondo il MES è una Super banca, che assume anch’esso dei rischi e che finirà di rifarsi sul tracollo dei Paesi più deboli che accedono ai suoi finanziamenti.

D’altro canto, trattandosi in pratica di una banca di investimento, il MES dovrà ricorrere alla “speculazione”, al fatto antigiuridico che danneggia i poveri e avvantaggia i ricchi.

I contratti aleatori  (di assicurazione, compravendita di cosa futura, rendita vitalizia, giuoco, scommessa) sono tutelati, se e in quanto non producono effetti verso terzi, e non come i contratti di cartolarizzazione o di derivati che producono gravi effetti su cittadini inconsapevoli. Né si dimentichi che Il Bail in e la direttiva Bolkestein vanno proprio in questa direzione.    

 

Firmare il Trattato di revisione del MES significa restare nell’ambito di questa insano sistema economico predatorio neoliberista. Dunque non bisogna assolutamente firmarlo.

 

Quello che ci sentiamo di chiedere alle Camere è una inversione di rotta su questo tema: anziché insistere nell’elaborazione del dannoso sistema economico predatorio neoliberista, esse dovrebbero agire per smontarlo pezzo per pezzo, votando leggi che contraddicano tutte le caratteristiche di questo insano sistema, che sopra abbiano elencate.

Pregiudiziale, a nostro avviso, è dare una ”definizione costituzionalmente orientata” del concetto di “proprietà privata”, di cui all’ormai obsoleto e giuridicamente scorretto art. 832 del codice civile, interpretandolo in modo conforme all’art. 42, comma 2, Cost., secondo il quale “la proprietà privata” “è riconosciuta e garantita dalla legge”, “allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, e all’art. 41 Cost., secondo il quale le negoziazioni “non possono svolgersi contro l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà, alla sicurezza, alla dignità umana”. Si tratta di norme precettive e imperative, che consentono l’annullamento dei contratti contrari all’utilità pubblica, ai sensi dell’art. 1418 del codice civile.  

 

lunedì 30 novembre 2020

Come farsi rimborsare i soldi della TARI dal Comune di Frosinone.

 Rigenerare Frosinone




Sabato mattina, 28 novembre, eravamo in Piazza Vittorio Veneto per informare la cittadinanza di Frosinone che, dal 2012 fino al 2018,  hanno pagato una tariffa TARI più alta dell’80% rispetto a quanto dovuto. 

Infatti, in base all’art.24 del regolamento, inserito nei capitolati d’appalto 2014-2017 e 2017, l’importo del tributo era dovuto al 20% dell’imponibile in presenza di un servizio svolto in grave difformità rispetto alla disciplina di riferimento, ovvero DPR 158 aggiornato nell’art 205 del codice per l’ambiente

Il dispositivo citato prevedeva il raggiungimento di almeno il 65% di raccolta differenziata già dal 2012. Come evidenzia il rapporto ISPRA , il Comune di Frosinone è rimasto intorno al 15% per il periodo che va dal 2014 al 2017 e al 47,38% per il 2018. Risulta chiaro, quindi, come il servizio sia stato svolto in grave difformità rispetto alla norma. 

Tale evidenza ha avuto supporto giuridico in base alla sentenza 358/2020 della Commissione Tributaria di Frosinone che ha accolto l’istanza di un cittadino il quale, avvalendosi delle prerogative sopra descritte ha corrisposto la tariffa al 20%, sancendo la correttezza del pagamento a fronte della contestazione dell’Ente.

 In particolare la sentenza stabilisce un principio fondamentale, quello della corrispettività della tariffa rispetto al servizio erogato. Nella conferenza stampa di sabato, aperta ai cittadini, abbiamo spiegato come agire per richiedere il rimborso della quota eccedente (l’80%) in base del pronunciamento  della Commissione Tributaria Provinciale. Abbiamo predisposto un modulo che, dopo aver distribuito sabato mattina, è a disposizione dei cittadini scaricandolo dal seguente link richiesta rimborso TARI   o ritirabile presso l’Associazione Oltre l’Occidente in Via Aonio Paleario, presso “Spazio Arte Rigenesi in Piazza Garibaldi . E'  possibile recuperarlo anche nelle prossime iniziative che organizzeremo in altri quartieri della città. 

Come fare?  Bisogna compilare la richiesta con i propri dati anagrafici, e gli importi da rimborsare. Una volta redatto, il documento va depositato presso l’ufficio protocollo del Comune di Frosinone. Se, entro 90 gg dalla notifica, l’Ente non risponde, il cittadino può ricorrere presso la commissione tributaria Provinciale di Frosinone in pubblica udienza. Per ulteriori informazioni ci si potrà rivolgere alla nostra organizzazione, Rigenerare Frosinone, nelle sedi indicate. 

Assolto il dovere d’informazione vorremmo proporre qualche riflessione. In merito alla partecipazione, come al solito, la cittadinanza di Frosinone non è stata molto presente. Eppure si trattava di assumere informazioni per riavere indietro dei soldi ingiustamente pagati. Sicuramente dietro il momento informativo si dipanavano considerazione politiche:  in merito alla responsabilità dell’ente sulla gestione dell’appalto rifiuti, ed in generale dell’esternalizzazione dei servizi. Una pratica che ha segnato dolorosamente la quotidianità della cittadinanza. 

Ma è possibile che il contrasto con l’Istituzione, indipendentemente dal colore di chi la guida, è così terribile e sconveniente anche se si tratta di recuperare dei soldi? Speriamo che nei prossimi appuntamenti, in cui provvederemo alla distribuzione dei moduli,  la partecipazione sia maggiore. 

In relazione agli organi d’informazione la situazione non è migliore. A parte la presenza dell’inviato de “il messaggero” e il giornale on line "Uno e Tre "il cui resoconto si può leggere al seguente link   Tari: Sentenza a favore del cittadino ricorrente,ci  siamo trovati di fronte al solito deserto. In realtà il fatto che almeno un giornale cartaceo abbia risposto testimonia la rilevanza di quanto volevamo comunicare. 

Infine un discorso inerente il consiglio comunale. Ringraziamo i tre consiglieri d'opposizione  presenti,  Fabiana Scasseddu, Marco Mastronardi e Daniele Riggi, per i loro contributo e la loro predisposizione all’ascolto. Ma sarà un caso che essi siano fuori usciti dai loro schieramenti di riferimento? (rispettivamente dalla lista del candidato sindaco Cristofari, supportata dal Pd, dal Movimento 5 Stelle, e dal Partito Socialista). Una domanda sorge spontanea. Il fatto che la cittadinanza sia stata gravata di un tributo eccessivo, reiterato nel tempo, per lo svolgimento di un servizio importante come lo smaltimento dei rifiuti, con tanto di legittimazione di una sentenza di una commissione tributaria, e si illustri le modalità per sanare l’errore, interessa agli esponenti dei partiti di minoranza presenti in consiglio comunale? Interessa al Pd, al Movimento 5 Stelle, a Possibile, al Partito Socialista? 

E’ inutile discutere sulla crisi dei partiti, se questi si mostrano lontano dai cittadini già a partire  dalle istituzioni democratiche di prossimità come i Comuni . Evidentemente su questo versante la crisi è irreversibile. Prossimamente comunicheremo data e ora dei prossimi appuntamenti.



giovedì 26 novembre 2020

Frosinone. TARI: pronunciamento esplosivo

 Rigenerare Frosinone

La gestione dei rifiuti negli ultimi anni è costata ai cittadini di Frosinone per ogni anno il doppio previsto dall’appalto: uno sproposito! Essa, nonostante l’elevato costo, ha mai funzionato? Non solo. Dopo le indagini e gli arresti che hanno coinvolto il comune di Frosinone durante la prima consiliatura Ottaviani, il servizio è proseguito tra dubbie proroghe e pronunciamenti vari tra tribunali amministrativi e consiglio di stato, avversi al reiterato affidamento dell’appalto a Sangalli.

Sabato 28 novembre 2020 alle ore 11,00 il movimento “Rigenerare Frosinone” indice una conferenza stampa aperta alla partecipazione di movimenti e cittadini, in Piazzale Vittorio Veneto nella quale illustrerà una nuova puntata, interessante, prorompente, della lunga, lunghissima vicenda della malgestione dei rifiuti a Frosinone.

La sentenza n.358/2020 del 09/11/2020, infatti, emessa dalla sezione 3 della Commissione Tributaria di Frosinone, accoglie  il  ricorso di un cittadino il quale  ha corrisposto per l’anno 2017 il 20% del tributo avvalendosi della facoltà, inserita nel regolamento comunale TARI, di ridursi il tributo a fronte del mancato rispetto delle percentuali stabilite per legge della raccolta differenziata, prevista nel capitolato di appalto a cui la ditta Sangalli si doveva attenere.

Tale disciplina  è costituita dal DPR 27.04.99 n.158 nel quale si indicano gli obiettivi di raccolta di differenziata obbligatori quantificati nel 65% fin dall’anno 2012 in poi.  I risultati  raggiunti in merito dall’Ente, del 18% per il 2015, 17,2% per il 2016, del 17,79 per il 2017, giustificano ampiamente il pagamento del 20% del tributo, così come riconosciuto dalla sentenza citata 358/2020.

A tal proposito si inviterà la cittadinanza a richiedere la restituzione dell’80% della TARI indebitamente corrisposta. Nel corso della conferenza stampa, verranno indicate le modalità e le procedure  necessarie a richiedere tale  rimborso.

Rigenerare Frosinone.





mercoledì 18 novembre 2020

Lunga vita al debito

 Luciano Granieri



Polonia e Ungheria  stanno ponendo ostacoli sulla definizione  del bilancio  europeo per il settennato 2021-2027. In tal modo bloccano anche tutta la procedura del Recovery Fund, che da quel piano trae le  sostanze  a garanzia dei  titoli di debito comuni  da  emettere  sul mercato finanziario per strutturare la dotazione economica  della misura. 

E’ un problema, perché l’Italia su quei soldi ci conta,e su di essi ha basato la prossima  manovra finanziaria. Ci sarebbe anche l’opzione Mes che, sottostando noi  alle dinamiche di controllo finanziario  rafforzato da parte del  Consiglio Europeo, già attivate per i prestiti interni al procedimento del Recovery Fund, potrebbe  essere considerata . Insomma visto che  per acquisire i soldi a prestito del pomposo programma “Next Generation EU”,  autorizziamo i burocrati europei a farci le pulci, tanto vale aderire pure al Mes.

Nonostante il patto di stabilità sia stato sospeso, il principio di moderazione fiscale e sostenibilità del debito va comunque rispettato. Siccome la nostra situazione debitoria ammonta a  2.000 miliardi di euro, bisogna fare attenzione. 

E’ opinione comune e diffusa  che stiamo caricando sulle spalle delle  prossime generazioni  un debito enormemente gravoso costringendo i nostri figli, nipoti e pronipoti a sobbarcarsi un impegno finanziario che li ridurrà in povertà. Ma di grazia, qualcuno mi sa dire quale sarà la generazione così disgraziata a cui toccherà l’onere di restituire tutto? A  mio figlio sicuramente no, neanche a suo nipote, e nemmeno al suo pronipote. La verità è che questo debito non lo pagherà nessuno. O meglio, verrà ripagato con il ricorso sistematico ad altro debito secondo una dinamica che non avrà mai fine. 

Tranquilli! Nessuno pagherà mai, a meno che i creditori, il giorno del poi ed il mese del mai, chiederanno di rientrare immediatamente. Se è così, basta semplicemente immettere sul mercato finanziario altri titoli di debito. Tanto a mantenere bassi gli  interesse ci pensa la Bce, attraverso il Q.E. il famoso bazooka. 

Senza contare che attraverso il debito si possono recuperare un bel po’ di soldini oltre che assicurare beni e servizi necessari ad una vita dignitosa per i cittadini . Alcuni esempi . In piena pandemia si possono assumere nuovi medici e infermieri a tempo indeterminato e regolarizzare i  precari, in modo da disporre di un organico di operatori sanitari sufficiente a combattere il Covid. Assunzioni con remunerazioni adeguate, superiori anche a quanto offrono i privati. In questo modo, si avrebbe un maggiore gettito fiscale sull’Ipref, ad esempio. 

Si potrebbero costruire nuove strutture sanitarie tanto da incrementare l’impegno delle ditte incaricate alla loro realizzazione , le quali assicurerebbero un maggiore gettito fiscale sull’IVA  grazie all’aumentato   acquisto  dei materiali necessari. E potrei continuare. 

Tutto giusto, ma come la prenderanno i creditori? A lor signiori va benissimo, se si considera che, a fronte di un debito di 2.000 miliardi,  il patrimonio finanziario degli italiani che ci fanno credito è di 4.000 miliardi di euro. In pratica ci guadagnano anche, loro e molto. 

Qualcuno potrebbe obiettare, perché allora si demonizzano così tanto gli Stati che fanno debito (per altro una consuetudine comune a tutti i Paesi UE), imponendo moderazione fiscale e controllo delle istituzioni europee sulle politiche finanziarie delle singole Nazioni affinchè la situazione debitoria non aumenti? 

Semplice, perché, se ancora non è chiaro, la questione del debito non è economica, ma politica.  Con il ricatto del debito troppo alto si impone ai governi di privatizzare i servizi, di limitare la spesa sociale a favore dell’assistenza privata,  di mercificare  acqua e tutela della salute, di annullare i diritti dei lavoratori implementando quell’enorme esercito di riserva fatto di precari e di lavoro nero, utile ad alimentare la moderazione salariale e a consentire la delocalizzazione delle aziende. 

Insomma grazie al ricatto del debito i ricchi continueranno ad essere più ricchi e i poveri sempre più poveri. 

Quindi evviva il debito, lunga vita al debito.

martedì 17 novembre 2020

Covid e piccola borghesia impoverita

 Un'analisi sociale del negazionismo



di Fabiana Stefanoni

La diffusione di teorie negazioniste del Covid è un dato di fatto. Benché il fenomeno abbia indubbiamente degli aspetti psicologici – quando una realtà è difficile da accettare si tende a negarla, costruendo un mondo immaginario che offre un'illusoria consolazione – sarebbe riduttivo considerarlo solo dal punto di vista della psiche individuale. È evidente che si tratta di un fenomeno sociale: il negazionismo si sta diffondendo in ampi strati della popolazione e, soprattutto, sta diventando l'ideologia di gruppi, movimenti e partiti politici che danno vita, in alcuni Paesi, anche a manifestazioni di massa. In questo articolo cercheremo di spiegarne, quindi, l'origine sociale. Crediamo che la causa principale della diffusione del negazionismo stia in una caratteristica tipica del capitalismo nelle fasi di crisi e decadenza: l'impoverimento di massa della piccola borghesia e delle classi medie (drasticamente accelerato dalla pandemia).

Destre negazioniste
Col termine «negazionismo» ci riferiamo a un'insieme di convinzioni, teorie, atteggiamenti volti a negare, in modo più o meno sfacciato, l'esistenza di un'emergenza sanitaria (cioè di una pandemia) che richiede misure di tutela straordinarie. Lo spettro dei sostenitori di questa ideologia è piuttosto ampio e include settori apparentemente eterogenei dal punto di vista della collocazione economica e culturale.
Le espressioni più stravaganti (e pericolose) sono rappresentate dai cosiddetti movimenti No Mask, che hanno dato vita soprattutto in alcuni Paesi europei – Germania, Francia, Spagna, Inghilterra – a partecipate manifestazioni di protesta contro le misure di quarantena (che sarebbero lesive della «libertà individuale»): queste manifestazioni sono state in molti casi egemonizzate da gruppi di estrema destra, neonazisti o populisti (anche in Italia i partiti di estrema destra hanno promosso manifestazioni contro la «dittatura sanitaria», benché per ora meno partecipate che in altri Paesi). In alcuni casi, queste convinzioni si affiancano a bizzarre teorie complottiste (come quelle sugli imperscrutabili poteri del 5G) e a convinzioni xenofobe e reazionarie (gli «untori» sarebbero gli stranieri, in particolare cinesi e immigrati africani).
Posizioni sfacciatamente negazioniste hanno anche espressioni istituzionali, in particolari nei Paesi governati da leader populisti e di destra: in Brasile, ad esempio, è lo stesso presidente Bolsonaro a farsi portavoce del negazionismo. Similmente Putin e l'ormai ex presidente Trump hanno spesso propagandato teorie di questo tipo, affermando esplicitamente che non esiste alcun serio pericolo legato all'epidemia.
Vogliamo aggiungere che si tratta di un fenomeno eterogeneo anche dal punto di vista culturale: non sono esclusivamente persone ignoranti, alla «Angela da Mondello», quelle che hanno cercato di farci credere che il virus non esiste o comunque non è pericoloso. Rientrano nel novero anche medici, intellettuali, artisti, giornalisti rinomati. E non si tratta di scomodare solo i casi grotteschi (i Zangrillo e gli Sgarbi di turno, per intenderci): in Italia il messaggio che il virus non rappresentasse una minaccia ha avuto più portavoce di quanto oggi si voglia far credere (e non solo a destra).
Per spiegare questo fenomeno sociale, per spiegare cioè perché l'ideologia negazionista si stia diffondendo in ampi strati della società dando vita anche a manifestazioni di massa (come in Germania), occorre guardare alla società, e precisamente a una classe sociale: la piccola borghesia.

Piccola borghesia e crisi economica
Quando parliamo di piccola borghesia (o classi medie) ci riferiamo a un gruppo sociale ampio ed eterogeneo, che comprende tutti gli strati sociali intermedi tra la classe operaia e la grande borghesia industriale e finanziaria: commercianti, piccoli esercenti, artigiani, funzionari,  intellettuali, manager, proprietari di piccole aziende a gestione famigliare, piccoli e medi proprietari terrieri, ecc. È una classe eterogenea, che comprende sia settori ricchi, che per condizioni economiche e stile di vita si avvicinano alla grande borghesia (pensiamo ai manager, per esempio), sia settori poveri, che si confondono col proletariato (e talvolta col sottoproletariato). Marx la definiva una «classe intermedia all'interno della quale si smussano gli interessi delle due classi» e che per questo «si immagina di essere superiore ai contrasti di classe» (1).
Nelle fasi di profondo cambiamento storico e, in particolare nei momenti di crisi economica (come quello che stiamo vivendo), la piccola borghesia si impoverisce, così come si ingrossano le file del sottoproletariato. In queste fasi, si registrano frequentemente fenomeni – di carattere ideologico e politico – come questi di cui stiamo parlando.
Se la classe operaia, per responsabilità delle sue direzioni opportuniste, resta in disparte e non scende in campo da protagonista nella vita politica, la piccola borghesia si prende la scena. Si tratta di una classe decisamente più debole della classe operaia: quest'ultima controlla nei fatti i mezzi di produzione e di trasporto e può, con le sue azioni di sciopero e di lotta, cambiare il corso politico degli eventi. La piccola borghesia non ha questa forza: è una classe atomizzata, disorganizzata, i cui membri sono isolati e rinchiusi in un orizzonte ristretto, talvolta angusto («pulviscolo di umanità», la definiva Trotsky). Eppure, è una classe che, se il palcoscenico è libero, può farsi sentire, anche rumorosamente: come diceva Marx, non si fa riguardi nel presentare sé stessa come «superiore ai contrasti di classe».
Tornando al contesto attuale, negli ultimi anni, soprattutto nei Paesi imperialisti, la piccola borghesia ha subito un impoverimento di massa. Già negli anni scorsi, i malumori di questo ampio strato sociale – che essendo numericamente consistente, ha un peso visibile nelle elezioni – ha dato vita a fenomeni politici nuovi, sedicenti «né di destra né di sinistra» (dal M5S nostrano al Podemos dello stato spagnolo), e ha portato ai vertici degli Stati personaggi grotteschi privi di qualsiasi spessore politico (da Di Maio a Conte, da Trump a Bolsonaro).
Se, parafrasando Marx, la storia mondiale sembra essersi ridotta, di elezione in elezione, a un susseguirsi di buffonate (2), la ragione sta anzitutto nel fenomeno sociale che abbiamo descritto. Insofferenti per il drastico peggioramento delle proprie condizioni di vita, le masse piccolo-borghesi, incapaci per la loro composizione eterogenea e frammentata di un'espressione politica realmente autonoma, hanno trovato l'unica unità possibile in un voto di protesta, esprimendo il loro consenso a figure tanto limitate quanto limitato è, per forza di cose, l'orizzonte di vita del bottegaio: alla sera i conti devono quadrare, costi quel che costi in termini di rispettabilità, cultura e intelligenza.  

E venne il Covid...
La pandemia ha dato un ulteriore duro colpo alle condizioni di vita delle classi medie e, in particolare, dei suoi settori più poveri. Quando vanno al governo, i partiti che pure devono le loro fortune elettorali al malessere della piccola borghesia si accodano al carro della grande borghesia: non sviluppano una politica autonoma, ma finiscono per sostenere politiche a vantaggio della grande industria e della finanza. I governi di tutto il mondo, inclusi quelli con una presenza significativa di partiti a base piccolo-borghese (come il M5S o Podemos), hanno attaccato duramente con le loro politiche non solo la classe operaia, ma anche questi strati intermedi. Dovendo scegliere tra la grande borghesia industriale e finanziaria e le altre classi sociali, questi governi non hanno avuto dubbi su da che parte stare: enormi risorse pubbliche sono state elargite alla grande industria, mentre a salariati, commercianti, lavoratori autonomi sono state sottratte persino le briciole. Le timide misure di quarantena adottate dai governi di tutto il mondo raramente hanno posto all'ordine del giorno la chiusura delle fabbriche, mentre si chiudono i ristoranti, i bar e i piccoli esercizi commerciali senza alcun sussidio economico degno di questo nome.  
Sull'onda della delusione, constatando che le sue tasche sono sempre più vuote, la piccola borghesia può mettere in campo azioni di protesta, come sta avvenendo in Italia con le manifestazioni contro le misure di lock-down. Sul piano ideologico – della mentalità, come si usa dire – le teorie negazioniste del Covid trovano in questa classe pauperizzata un terreno fertile. Se già prima era difficile, per il ristoratore o il piccolo negoziante, sbarcare il lunario, la chiusura dell'attività e le conseguenti perdite economiche sono uno spettro da esorcizzare. «Se il Covid mi chiude la bottega, allora il Covid non esiste! Se l'obbligo di mascherina va di pari passo con la perdita di clientela, togliamoci le mascherine!»: così sarà indotto a ragionare il piccolo borghese che attorno agli affari del suo esercizio ha costruito tutto il senso della sua vita.
Non è un caso che gruppi fascisti e dell'estrema destra abbiano approfittato della situazione per farsi portavoce del malessere di questi settori. Al loro fianco si sono affiancati persino settori di «sinistra» che, non avendo una prospettiva di classe e di sistema, vedono in ogni protesta un segno positivo di ribellione (3). Intendiamoci: la piccola borghesia è realmente una vittima delle vergognose politiche borghesi dei governi. Soprattutto, è un settore che ha sempre svolto un ruolo importante nelle rivoluzioni: Trotsky negli anni Trenta del secolo scorso scriveva che, affinché una crisi sociale possa sfociare in rivoluzione, «è necessario che le classi piccolo borghesi si dirigano con decisione verso il proletariato» (4). Ma non possono essere alla testa delle mobilitazioni: devono trovare nella classe operaia organizzata una salda guida per l'azione nella lotta, che possa rappresentare, nella testa del piccolo borghese, un'alternativa radicale e credibile alle allettanti sirene dell'estrema destra.

La classe dominante lascia fare
Se la base di classe dell'ideologia negazionista sono le classi medie, è al contempo vero che la classe dominante – quella cioè che detiene i mezzi di produzione, quindi la grande borghesia – appare totalmente incapace di contrastarla. Al contrario, ha gettato nei mesi scorsi il concime che è servito per dare forza e vigore a queste teorie reazionarie. Non volendo mettere in atto misure efficaci e reali di quarantena generalizzata, preoccupata essenzialmente di mantenere attive la produzione e la compravendita delle merci (e quindi di conservare alti tassi di profitto), ha assecondato, in accordo coi suoi governi, la falsa convinzione che fosse possibile «convivere col Covid».
I governi borghesi di tutto il mondo, chi più chi meno, hanno avallato l'idea che la pandemia non rappresenti un reale pericolo per le masse popolari: da Macron a Sanchez, da Conte alla Merkel tutti i principali leader dei Paesi capitalistici hanno giustificato l'allentamento delle misure di quarantena con discorsi volti a occultare l'esistenza di una pandemia in pieno corso. Gli argomenti usati sono stati i più disparati: dall'argomento che il virus era stato sconfitto (mentre invece si registravano centinaia di contagiati) fino alla falsa credenza che fosse mutato (o comunque meno mortale e pericoloso).
La grande borghesia, si sa, controlla anche i mezzi di comunicazione: e non a caso in Italia tutta la stampa borghese e tutte le trasmissioni radio-televisive (intervallate da pubblicità che ci invitavano a comprare come se la vita fosse tornata all'assoluta normalità) hanno offerto un non trascurabile sostegno al discorso negazionista. Per mesi hanno occultato o minimizzato i dati sul Covid, lasciando intendere che l'emergenza fosse finita. In Italia l'enorme spazio mediatico che hanno avuto personaggi da baraccone come Zangrillo, ospiti spesso di trasmissioni di orientamento opposto a quello del gaglioffo berlusconiano (pensiamo all'Annunziata o alla Gruber, entrambe fedelissime alla linea del Pd), non è stato casuale: creava confusione nelle coscienze delle masse sempre più povere e desiderose di tornare alla «normalità». «Il virus è clinicamente morto», «No, non è morto ma si è indebolito», «Zangrillo esagera però effettivamente col caldo le cose vanno meglio», «il virus sembra meno aggressivo», ecc: bastava accendere la tv o la radio per sentire ripetere ossessivamente argomenti di questo tipo. C'è poco da stupirsi se poi, in questo marasma di idee, i giovani andavano in discoteca o a farsi un aperitivo di gruppo sui Navigli. Se i fatti vengono presentati in modo nebuloso e ambiguo, tanto vale credere alla versione che costa meno sacrifici.
Nella migliore delle ipotesi, si è creata ad arte una pericolosa confusione in merito ai pericoli del Covid: e questa confusione è risultata molto utile ai profitti della borghesia. Credere che l'emergenza fosse finita è servito a riattivare il mercato: chi, del resto, si sarebbe comprato una macchina o una casa nuove sapendo di dover passare un inverno come quello che stiamo vivendo, in cui si rischia di morire di fame oppure di Covid?
Se ora ci troviamo ogni giorno con centinaia di nuovi morti, con decine di migliaia di nuovi contagiati, con gli ospedali al collasso, sappiamo chi ringraziare: i capitalisti hanno preparato il piatto, i mass-media lo hanno condito e, infine, il governo lo ha servito!

Il ruolo della classe operaia
Ancora una volta, nella storia, la soluzione è nelle mani della classe operaia. Solo la classe lavoratrice, diretta dal partito rivoluzionario, potrà offrire una via d'uscita dal disastro in corso. Già a marzo, gli operai in Italia hanno dato prova di non essere destinati al ruolo di spettatori passivi: sono scesi in campo, hanno organizzato scioperi a oltranza, con adesioni che non si vedevano da anni, spesso in contrasto con le stesse indicazioni dei loro dirigenti sindacali (che li invitavano alla rassegnazione). Anche in questi giorni gli operai stanno organizzando dure lotte e scioperi, di cui poco si parla: dalla Whirlpool di Napoli all'Ex-Ilva di Genova fino alla Sevel (gruppo FCA) di Atessa. Numerosi scioperi sono in corso in altri settori, da quello socio-educativo alle poste, dai trasporti alla sanità. È da queste esperienze, che bisogna organizzare e generalizzare, che possono crearsi le basi per una ripresa della lotta di classe anche in Italia, in grado di trascinare anche i settori di piccola borghesia impoverita in una prospettiva di rovesciamento del capitalismo.
In tanti, anche nel proletariato, si erano fatti delle illusioni sulla fine dell'emergenza sanitaria. Le idee dominanti sono le idee della classe dominante e contaminano anche le coscienze dei salariati. La realtà si presenta ora per quello che è: una realtà amara. Ma quando viene lacerato il velo dell'inganno, quando il mostro si toglie la maschera – il capitalismo che sacrifica milioni di vite umane per la sete di profitto – si apre anche la possibilità di un cambio di coscienza nelle avanguardie delle lotte. Le lavoratrici e i lavoratori stanno frequentando una dura scuola, che ha per loro pesanti costi in termini di vita e salute. Ma è, al contempo, una scuola di verità: la fine dell'illusione che questo sistema possa ancora garantire un'esistenza dignitosa può divenire l'inizio di una trasformazione rivoluzionaria.

Note
(1) K. Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte (1852).
(2) Il riferimento è a un celebre passo delle Lotte di classe in Francia, dove Marx definisce l'elezione di Luigi Bonaparte a presidente della Repubblica francese (10 dicembre 1848) una «buffonata della storia mondiale» (l'accostamento non è peregrino dato che quel risultato elettorale ebbe come causa principale il malcontento dei contadini).
(3) È il caso ad esempio di alcuni centri sociali, ma anche di alcuni settori sindacali, che si sono accodati alle manifestazioni contro le chiusure di attività commerciali. Approfondiremo in altri articoli il ruolo di settori intellettuali nonché di numerose organizzazioni politiche e sindacali della sinistra nell'avallare pericolose politiche di sostegno alle riaperture (in particolare in relazione al tema dell'apertura delle scuole, dei teatri, dei cinema).
(4) L. Trotsky, “E ora?” (1932).