Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 18 settembre 2010

COMUNISTI RIVOLUZIONARI OGGI, CIOE' TROTSKISTI

di Claudio Mastrogiulio , Pdac Lega Internazionale dei lavoratori




Si è tenuto a Rimini, dal 10 al 12 settembre, il convegno sull'attualità del trotskismo organizzato del Partito di Alternativa Comunista in collaborazione con le altre sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale. Quello del seminario estivo di formazione su più giorni è da sempre un appuntamento fisso del Pdac. Oggi ancora più importante in una situazione generale, quella attuale, in cui a fronte della micidiale guerra sociale mossa dal padronato contro il mondo del lavoro e dei giovani, è sempre più urgente contrapporre un’adeguata risposta di classe. Risposta che potrà venire (questo il filo rosso del seminario) essere solamente dotandosi dello strumento del partito rivoluzionario. 
Quest'anno la tre giorni di studio e dibattito ha coinvolto, oltre a militanti e simpatizzanti, anche un discreto numero di compagni e compagne che partecipavano per la prima volta a una assemblea del Pdac, interessati a conoscere il partito. Il risultato è stato che la sala era colma, con tutti i posti esauriti


L'attualità del troskysmo per le lotte di oggi 


Il seminario di quest’anno, partendo dal settantesimo anniversario dell’assassinio per mano stalinista di Trosky, ha mostrato l’assoluta attualità, a distanza di un lasso temporale così importante ed a dispetto della sistematica opera di demolizione e falsificazione praticata dallo stalinismo e dal riformismo, del pensiero e dell’opera di Trosky. Tutto ciò ovviamente non con l’intento di santificare la figura del rivoluzionario russo, finendo magari per caricaturare il suo insegnamento e la portata storica del compito dei rivoluzionari, ma avendo al contrario ben presente come il processo di ricostruzione storica sia assolutamente necessario per un’analisi del presente. 
Per quanto riguarda il seminario, si è sviluppato intorno a una serie di relazioni, dai temi intrecciati.
La prima relazione è stata un’introduzione alla vita ed alle opere di Trosky, di Davide Margiotta, in cui si è descritta la figura del rivoluzionario sullo sfondo dei poderosi avvenimenti che ne hanno caratterizzato l’esistenza.
La seconda relazione, ad opera della compagna Patrizia Cammarata, ha presentato e descritto nei dettagli le circostanze trattate nel film su Trotsky, proiettato successivamente, con immagini d’archivio e l’intervista allo storico Pierre Broué.
La terza relazione, tenuta da Ruggero Mantovani, dal titolo “Trosky e il bolscevismo: dal 1903 alla vittoria dell’ottobre 1917”, ha trattato l’arco temporale che va dal secondo congresso del Posdr e la contestuale scissione tra bolscevichi (maggioranza in russo) e menscevichi (minoranza in russo), alla vittoria del proletariato russo sul governo borghese di Kerensky nell’ottobre del 1917.
La quarta relazione è stata di Fabiana Stefanoni, dal titolo: “Trosky contro lo stalinismo: dall’ultima battaglia con Lenin all’Opposizione di sinistra”. Fulcro di questa relazione l’analisi della concreta divaricazione tattica e strategica esistente tra la migliore tradizione del bolscevismo (Lenin e Trosky) e la sua sistematica negazione, vale a dire lo stalinismo.
A seguire, Alberto Madoglio si è occupato di “Trosky contro il fascismo e i fronti popolari (1927-1933)”, ricostruendo la politica stalinista di capitolazione nei confronti del nazismo prima (tattica del social-fascismo, che ha aperto la strada all’affermazione di Hitler in Germania nel 1933) e delle potenze capitalistiche mondiali liberali poi (politica dei fronti popolari in Francia e Spagna). Un tema, quest'ultimo, di grande attualità: essendo alle viste l'ennesima riproposizione di questa politica di collaborazione di governo con l'avversario di classe da parte della nostrana sinistra governista.
La sesta relazione, di Valerio Torre, dal titolo “Trosky e la battaglia per la Quarta Internazionale (1933-1940)”, ha trattato quella che lo stesso Trosky definì come la più importante delle battaglie che nella sua esistenza aveva combattuto. Una battaglia, quella contro lo stalinismo, che lo condusse, insieme ad altri, alla costituzione della sua creatura politica più significativa ed al contempo più sofferta; quella Quarta Internazionale nel cui solco e nelle cui ragioni storiche la Lit -Lega Internazionale dei Lavoratori coglie oggi le potenzialità per la nascita e lo sviluppo del partito rivoluzionario mondiale.
La settima relazione, tenuta da Francesco Ricci, dal titolo “Trosky, il partito e il programma rivoluzionario: ieri e oggi”, ha preso in considerazione l’effettiva attualità del troskysmo e del partito d'avanguardia. Un’attualità, ancor più nel quadro di una crisi capitalistica senza precedenti, che consente di ritenere necessario lavorare affinché vengano a crearsi le condizioni per la nascita e la crescita di quel partito rivoluzionario del proletariato che ancora oggi non c’è.
La relazione conclusiva, “Costruire la Quarta Internazionale oggi, costruire la Lit”, è stata tenuta dal compagno Felipe Alegria, dirigente del Prt, sezione spagnola della Lit, ed ha esplicitato il senso della battaglia odierna della Lega Internazionale dei Lavoratori come strumento per la ricostruzione della Quarta Internazionale.


Un dibattito con decine di interventi... e infine una "festa trotskista"
L'appuntamento seminariale è stato quindi un momento di riflessione collettiva utile per comprendere quanto fondamentale sia dotarsi di una solida formazione politico-teorica per poter rispondere all’immane compito che ci siamo prefissi: contribuire, consapevoli della preziosità del nostro patrimonio militante, alla crescita di un partito rivoluzionario su scala nazionale ed internazionale, nel vivo delle lotte di questi mesi. E in questo l’insegnamento di Trosky è assolutamente indispensabile. 
Il convegno di quest'anno è stato particolarmente importante anche perché è stato, di fatto, l'unico appuntamento di carattere nazionale (e con presenze internazionali) organizzato in Italia per il settantesimo anniversario della morte del grande rivoluzionario bolscevico. A quanto pare, nonostante altre organizzazioni rivendichino in qualche modo Trotsky, e per di più si definiscano sulla stampa come "maggiormente rappresentative" (chissà cosa vuol dire), nei fatti solo il Pdac è stato in grado di organizzare in Italia un convegno di tre giorni su Trotsky: un convegno con oltre cento lavoratori e giovani che hanno pagato di tasca propria soggiorno e viaggio.
Da segnalare, infine, che il seminario non è stato solo una sequenza di relazioni ma ha coinvolto attivamente i presenti in un dibattito con alcune decine di interventi che si sono succeduti nel pomeriggio di sabato. Tra questi, moltissimi giovani e giovanissimi (tra gli altri, salutati da forti applausi, gli interventi di alcuni compagni tra i quindici e i diciotto anni che hanno aderito al Pdac dopo una breve esperienza nel Prc); interventi di attivisti delle lotte politiche e sindacali di questi mesi, provenienti dalle diverse regioni del Paese. Ma, significativamente, l'ospite più applaudito è stato Ciro D'Alessio, degli operai in lotta della Fiat di Pomigliano, che ha portato una testimonianza dallo scontro di classe simbolicamente più importante di questa fase. Presenti anche compagni e compagne da altre sezioni della Lit: non solo dall'Europa ma persino dalla nostra sezione brasiliana, il Pstu.
E il sabato, meritato riposo dopo ore di studio e di dibattito: musica e canti (che hanno rivelato le capacità canore di alcuni relatori...) in una serata che, visto il senso del seminario, non poteva essere denominata altrimenti che festa comunista rivoluzionaria, cioè "festa trotskista".





Urla di silenzio

di Fausta Dumano.


Saletta Biondi, la galleria d’arte di Frosinone  apre i battenti dopo la pausa estiva con una mostra del giovane artista Giordano Colafrancesco. “Stati d’animo” è il titolo della mostra, il filo conduttore delle tele su tempera, principalmente, che colorano la fredda saletta. Una città Frosinone che ha il liceo artistico e l’Accademia meriterebbe di più.... come luoghi “d’arte” ma gli assessori alla cultura su questo argomento sono miopi.... e muti. Giordano è un studente all’ultimo anno dell’Accademia, un ex studente del Liceo Artistico . La passione per l’arte è “sbocciata” da piccolo, un artista poliedrico dalla musica al “Teatro di Guglielmo Bartoli” , l’artista di strada più carismatico del territorio. Anche la poesia è una passione di Giordano , che ha già pubblicato una raccolta. Un viaggio in Finlandia ha influenzato la sua anima, l’ha colpito e  i colori della Finlandia sono entrati nelle tele. Blocco Notes, la redattrice di Aut è attratta  dalla disposizione delle opere, dal “totem destrutturato” . Il giovane Giordano è un artista “orso”   molto chiuso, timido che cerca di celare la sua timidezza con quel brindisi augurale organizzato dagli amici . La saletta pullula di giovani artisti. Giordano non parla, lascia che a parlare siano le sue tele, che attraversano il dentro intricato della sua ingarbugliata anima. Blocco Notes , Giordano mi conduce nel labirinto, in un viaggio onirico verso l’isola che non c’è, ma che esplode dentro di noi con urla silenziose che si materializzano in una tela emblematica “Gli urli di Giordano” , ma nel silenzio del dentro l’alba giunge con “i colori luminosi” un “Cristo in preghiera”  Il riposo del guerriero. Ogni tela è uno stato d’animo  dell’artista , ogni opera pone interrogativi, un sussulto, una forte emozione, poi la calma, ma è una calma apparente perché Giordano ti scaraventa un’esplosione di colori . Il filo di Arianna per seguire il viaggio è intrecciato, proprio con la disposizione delle opere, si resta intrappolati nel centro.....Il gioco di colori cambia secondo l’angolazione con cui si percorre il viaggio . Blocco Notes, parole cancellate, parole strappate nel tentativo di comunicare le urla dell’artista che  nella solitudine del corpo dà voce alla sua anima. Un’artista che esprime l’inquitudine della società, che sembra calarsi nei personaggi rassicuranti, materni, nei paesaggi del sogno. La mostra resterà aperta fino al 22 settembre.






I labirinti di linee e colori  che traspaiono dalle opere  di Giordano Colafrancesco ci hanno richiamato alla mente i fraseggi di Lennie Tristano. Il pianista di Chicago, figlio di immigrati italiani di Aversa, ha attraversato con la sua personalità schiva tutte le forme del jazz;  dal bebop all ’avanguardia, passando per il cool e il postbop. E nessun jazzista interpreta meglio la poetica di Tristano come  l’amico Gerardo Iacoucci. Il pianista, compositore e direttore d’orchestra  di Veroli, docente di jazz presso il coservatorio Licinio Refice di Frosinone dal 1976, pur nella grande varietà improvvisativa del suo linguaggio, è uno dei migliori interpreti della musica di  Tristano . Nel brano che accompagna la clip “Indipendent lines” eseguito con il contrabbassista Stefano Canterano,  tratto dal CD  “Omaggio a Lennie Tristano” Gerardo Iacoucci, pur nella sua libera interpretazione, ci da un saggio degli intrecci  improvvisativi tipici della musica di Lennie,  i quali sembrano legarsi benissimo agli intrecci pittorici dell’artista   Giordano Colafrancesco.

Luc Girello.

venerdì 17 settembre 2010

LA TURBOGAS DI COLLEFERRO: UN SORPRENDENTE ITER AUTORIZZATIVO

da Rete per la Tutela della Valle del Sacco  http://www.retuvasa.org/

Può essere autorizzato un impianto con significativo impatto ambientale senza che la popolazione del territorio dove è ubicato sia a conoscenza di quanto sta succedendo? Certo, per esempio a Colleferro.
Il 26 Giugno abbiamo partecipato all’incontro pubblico intitolato “Turbogas: una centrale nel silenzio”. Titolo appropriato. Il silenzio delle amministrazioni a tutti i livelli: comunale, provinciale, regionale. Quelle amministrazioni che dovrebbero garantirci uno stato di diritto e l’esercizio concreto della democrazia. Democrazia è però una parola troppo lontana dai pensieri di chi amministra la nostra città; non menzioniamo neppure la democrazia partecipata.
Ci siamo trovati a valutare la possibile minaccia di una centrale a turbogas o cogenerazione a ciclo combinato quando i giochi erano già consumati. Qualcuno ha pensato bene di chiederci: “perché non siete intervenuti prima?” Le risposte sono due. Primo: non sapevamo nulla di quanto stesse avvenendo. Secondo: forse dovrebbero essere in primo luogo le istituzioni a dover informare un minimo la cittadinanza e a occuparsi di quanto è buono o meno per essa. Ora però abbiamo ricostruito i vari passaggi dell’iter amministrativo della centrale a turbogas. Crediamo sia bene i cittadini siano al corrente di come e da chi essa è stata approvata. 
La società Secosvim, controllata al 100% da Avio (Bilancio AVIO 2008), deposita gli elaborati di progetto il 20 Febbraio 2009 presso l’area Valutazione Impatto Ambientale della Provincia di Roma, il Comune di Colleferro e il Comune di Artena. Ottempera ai doveri di pubblicità il giorno stesso, sulla cronaca di un quotidiano locale a tiratura nazionale.
A questo punto, per legge, gli atti possono essere consultati per 60 giorni, termine entro il quale si possono far pervenire osservazioni al progetto. Ed ecco la prima anomalia: non ci risulta, quantomeno on-line, che il Comune di Colleferro abbia provveduto a pubblicare un avviso pubblico circa il progetto in corso di approvazione. In tale caso, si è trattato di una grave dimenticanza o di una omissione premeditata? E cosa doveva fare un cittadino per essere informato, un abbonamento annuale al quotidiano di cui sopra?
L’iter autorizzativo si avvia il 27 Maggio 2009, con la disamina di tutti i pareri legati alla Valutazione di Impatto Ambientale: paesaggistico, difesa del suolo, conservazione della qualità dell’ambiente, promozione della sostenibilità ambientale, vincoli idrogeologici, tutela dele acque, situazione emergenziale della Valle del Sacco con pronunciamento del relativo Ufficio Commissariale.
Il 23 Novembre 2009 si registrano pareri favorevoli all’unanimità, pur con le prescrizioni di rito. L’area VIA della Provincia esprime dunque anch’essa parere favorevole.
Non si perde un minuto. La pratica passa immediatamente al livello superiore, all’Ufficio Autorizzazione Integrata Ambientale (Autorizzazione Integrata Ambientale) della Provincia di
Roma, Dipartimento Tutela Aria ed Energia. Ne dà notizia il solito quotidiano il 26 Novembre 2009.
Il 30 Novembre 2009 il Comune di Artena chiede un rinvio della Conferenza dei servizi che dovrà prendere la decisione finale riguardo alle autorizzazioni. Rinvio negato dalla Provincia di Roma, che adduce l’impossibilità di una nuova convocazione e chiede la trasmissione di un parere scritto sulla pratica da esaminare.
Il Comune di Colleferro formula le sue prescrizioni il 17 Dicembre 2009, dopo aver richiesto il parere di compatibilità ambientale alla Regione Lazio, non ancora pervenuto alla Conferenza dei servizi della settimana precedente. Quante dimenticanze…
Altro fatto sorprendente. Un ente di controllo cardine come ARPA Lazio non formula in tempo il parere per quanto riguarda il Piano di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni. Ma come? Si rilasciare un’autorizzazione senza il parere di uno dei principali enti di controllo?  
Ed ecco che, con determina n° 8998 del 22 Dicembre 2009, viene concessa l’AIA dalla Provincia di Roma. Del procedimento così concluso i cittadini sanno poco o nulla.
L’AIA prende atto e specifica che l’impianto non è regolato da un Sistema di Gestione Ambientale e che quindi le attività di vigilanza e controllo di rispetto dei limiti di emissione e delle altre prescrizioni competono all’ARPA Lazio. Ma se l’ARPA Lazio non ha avuto il tempo di formulare un parere nei dieci mesi dell’iter burocratico, è possibile pensare che sarà in grado di effettuare i controlli necessari per una corretta gestione?
Tornando al Comune di Colleferro, le prescrizioni formulate sembrano inconsistenti, in quanto vengono richieste: non meglio specificate e quindi forse fantomatiche misure supplementari più rigorose al fine di assicurare il rispetto delle norme di qualità ambientale; la trasmissione da parte della Secosvim a cadenza da concordare dei dati relativi alle emissioni in atmosfera (è il minimo che si poteva richiedere…); un “certificato verde”, rappresentato dal fatto che la Secosvim dovrà concordare con l’Amministrazione comunale l’ubicazione di un’area di almeno un ettaro da sottoporre ad interventi di compensazione ambientale (superficie boscata).
Fin troppo facile ironizzare sul brillante operato della nostra Amministrazione, che andrebbe sicuramente sostenuta con una nuova campagna: Trova l’ettaro e se ci riesci piantala! Se la ricerca dovesse dare esiti negativi, si potrebbe mutuare la superficie boscata con aree verdi sui giardini delle terrazze delle nuove edificazioni spesso autorizzate - ci sembra – con una certa consuetudine dall’amministrazione comunale. Si potrebbe dunque promuovere anche la campagna Un albero in casa.
Certo, ironizzare sulla nostra amministrazione comunale è ormai come sparare sulla Croce Rossa.  
Ma non va dimenticato che la responsabilità principale del rapidissimo iter autorizzativo della centrale a turbogas ricade sulla Provincia di Roma. Il regalo di un impianto approvato a tempo di record prima della fine del 2009.
Perché tutta questa fretta? Lo intuiamo, ma ci riserviamo di spiegarlo in un prossimo comunicato stampa. E’ stato già lungo descrivere i passaggi salienti dell’iter autorizzativo. 

La "squola di Gelmini & Tremonti




giovedì 16 settembre 2010

Manifestazione per la tutela dei precari della Scuola

Per L'Assoc. 20 Ottobre  : Oreste Della Posta



L'Associazione Politico Culturale 20 OTTOBRE sarà presente alla manifestazione indetta  per  la tutela dei precari che si terrà il giorno 20 Settembre 2010 alle ore 15 presso l'Amministrazione Provinciale di Frosinone.
I tagli, che il Ministro alla Pubblica Istruzione Gelmini, ha fatto, hanno colpito anche la nostra provincia,infatti risultano nella scuola una perdita di 247 di personale ata(bidelli) e 420 insegnanti. Quindi per un totale di 667  posti di lavoro mancanti.
E non passa giorno che non si legge sui giornali di una perdita di posti di lavoro nel settore all'assistenza agli anziani,all'assistenza alle persone disabili per i tagli gli alla spesa effettuati dal Governo e di conseguenza dalla Regione lazio.
Tutto questo con aumento della disoccupazione a scapito di una peggiore qualità della vita.
Questo è gravato dal fatto che tutti gli indicatori economici, nella nostra Provincia stanno peggiorando, quindi si andrà avanti verso  un autunno che prevede ulteriori perdite di posti di lavoro nel settore manifatturiero.
Per tanto l'Associazione 20 OTTOBRE fà appello alle forze sane della nostra società, volontariato,chiesa cattolica e ai partiti, di aderire a tale iniziativa perchè difende i precari,affinchè si superi tale situazione.

Processo Damasco 2 “La Regione Lazio si costituisca parte civile”

da  Ufficio Stampa Fds Regione Lazio
Valeria Russo.


“Dando seguito ad una sollecitazione del Coordinamento Antimafia Anzio-Nettuno, abbiamo presentato oggi al Consiglio regionale una mozione per impegnare la Giunta a costituirsi parte civile davanti al Tribunale di Latina nel processo “Damasco2” contro il clan Tripodo”.  È quanto affermano Ivano Peduzzi e Fabio Nobile, capogruppo e consigliere regionale della Federazione della Sinistra.

“Vorremmo sperare – continuano - che la presidente Polverini, differentemente da quanto ha fatto con la Agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata, da lei bloccata da mesi, proceda subito a costituirsi parte civile senza farsi bloccare dal fatto che membri della maggioranza che la sostiene vi sono implicati”.

“Rassicuriamo invece Storace – proseguono i consiglieri - che ha tuonato ieri contro la nostra proposta di istituzione di una commissione regionale antimafia: non abbiamo scoperto oggi la mafia e non vogliamo trasformare i consiglieri regionali in carabinieri, ma far assumere alla Regione le sue responsabilità nella lotta al crimine organizzato”.

“Non da oggi, e non da soli, abbiamo denunciato che le mafie sono stabilmente radicate nel Lazio. Lui invece, che ha governato cinque anni, non se ne era mai accorto. Per questo ribadiamo la nostra proposta di istituire una commissione che proceda alla revisione della legislazione regionale nella direzione della lotta alle mafie, a partire, ad esempio, dalle normative sugli appalti”.

Fiscal drag: chi l'ha visto?

di Leopoldo Nascia da sbilanciamoci.info



C'è un grande assente nel dibattito sulle tasse: il drenaggio fiscale. Che dal '90 a oggi ha colpito i redditi più bassi: chi percepisce un reddito di 15mila euro oggi paga il 28% in più in termini reali, mentre il contribuente che guadagna 1 milione di euro riesce a pagare quasi il 10% in meno di Irpef
La riduzione delle imposte dirette è diventata, da diversi anni, il tema ricorrente nell’agenda politica, dando vigore ad un dibattito che ha individuato un ventaglio assai assortito di soluzioni e provvedimenti tra cui il taglio delle aliquote, i quozienti familiari e la deduzione di tutte le spese effettuate dagli individui. Nella proliferazione di proposte l’elemento che desta maggiore meraviglia è la scomparsa, sia dal dibattito più accademico sia dalla scena dei grandi mezzi di comunicazione di un termine assai diffuso negli anni 70 e 80: il drenaggio fiscale o fiscal drag. Il drenaggio fiscale è effetto dell'inflazione, che automaticamente comporta un aumento della pressione fiscale per la progressività delle aliquote: il reddito nominale viene spinto in scaglioni con aliquote maggiori pur mantenendo costante il suo valore reale.
L’effetto del solo drenaggio fiscale, con riferimento agli scaglioni d’imposta del 1990 aggiornati all’inflazione e al lordo di detrazioni, deduzioni e addizionali varie, spiega perché, in termini di valore reale, chi percepisce un reddito di 15mila euro oggi paga il 28% in più mentre il contribuente che guadagna 1 milione di euro riesce a pagare quasi il 10% in meno di Irpef.
Nel modello di politica economica degli anni settanta e ottanta, basato sulla vecchia ‘scala mobile’ il recupero del drenaggio fiscale era la pratica comune di ogni governo e avveniva quasi automaticamente per tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, lasciando all’evasione il compito di favorire autonomi e similari.
Oggi nessuna forza politica o sociale chiede più con forza la restituzione del drenaggio fiscale anche se, negli ultimi vent’anni, l’inflazione, seppure moderata, ha sempre avuto un segno positivo e, anche, nei mezzi di comunicazione nessuno rispolvera il drenaggio fiscale, scomparso dal lessico politico, preferendo soluzioni ‘più spettacolari’ come il taglio delle aliquote o addirittura l’aliquota unica.

Le domande che sorgono spontanee sono: quanto è il peso di vent’anni di mancata restituzione del drenaggio fiscale nel prelievo di ogni individuo? Il drenaggio fiscale è così secondario rispetto al resto delle riforme fiscali? e anche, la variazione delle aliquote Irpef effettuata negli anni dai governi di entrambi gli schieramenti ha compensato nei fatti l’effetto del drenaggio fiscale? E ciò è avvenuto per tutti i contribuenti o solo per qualche classe di reddito?
Per rispondere a tali questioni sono stati messi a confronto tre sistemi di aliquote Irpef, emblematici degli ultimi vent’anni: aliquote del governo Andreotti per redditi 1990, aliquote del governo Berlusconi per i redditi 2005 e il sistema di aliquote in vigore, stabilito dal governo Prodi e poi mantenuto dalla coalizione di centrodestra, per verificare l’ipotesi se con l’indicizzazione degli scaglioni del 1990 i contribuenti avrebbero pagato di più rispetto al 2005 e al 2009.
Gli scaglioni del 1990 sono stati deflazionati secondo il coefficiente annuale di rivalutazione dell’Istat per i valori del 2005 e del 2009 e, in seguito, è stato calcolato il prelievo fiscale (al lordo di deduzioni, detrazioni e addizionali territoriali perché di difficile stima individuale), per quattro classi di reddito annuale: 15.000, 30000, 100.000 e 1.000.000 euro (Tabella 1).
Dalla lettura della Tabella 2 si nota come le classi di reddito più basse, in cui si trovano la maggior parte dei lavoratori atipici, degli operai e degli impiegati, abbiano subito un prelievo maggiore sia con il sistema attuale, sia con quello del 2005, rispetto al sistema del 1990 depurato dal drenaggio fiscale.

Anche le classi di reddito alte (100000 euro annui), in cui si collocano la maggior parte dei quadri e dei dirigenti, hanno visto nel tempo peggiorare la loro posizione, rispetto agli scaglioni del 1990 depurati del drenaggio fiscale e solo i redditi milionari (1 milione di euro), ovvero le oligarchie degli amministratori di grandi società e i grandi imprenditori, riescono a pagare minori imposte nel 2005 e nel 2009 rispetto al sistema del 1990 aggiornato con l’inflazione, grazie alla struttura delle aliquote assai meno progressiva.
La tabella 2 mostra come sia evidente lo svantaggio per le classi di reddito più basse che man mano si riduce fino a diventare, per i pochi contribuenti milionari, un minore prelievo.
Se poi si proiettano gli effetti dell’inflazione, ad esempio con un tasso del 2% annuo, per i prossimi 10 anni, anche chi percepisce redditi lordi medio bassi, ad esempio 28mila euro del 2009, pari a 34160 euro del 2019, con gli scaglioni attuali, se non saranno indicizzati, avrà un’aliquota marginale del 38% per una parte consistente del proprio reddito.
Quindi il drenaggio fiscale anche se scomparso dal dibattito, non è venuto meno al compito di erodere i redditi della maggior parte dei contribuenti (in particolare i meno abbienti) e gli interventi sulle aliquote, con l’eliminazione della prima (10%) e dell’ultima aliquota (50%), hanno favorito solo i milionari, con evidenti effetti distributivi negativi.
Il drenaggio fiscale è stato un fattore molto rilevante nell’aggravio delle imposte dirette e, a sfatare alcuni luoghi comuni, si nota come l’Irpef dei governi Andreotti (redditi 1990) se oggi venisse riproposta nella versione depurata, sarebbe più favorevole per le classi medio basse e più severa per quelle più agiate, come invece, il governo Berlusconi abbia in realtà aumentato la pressione fiscale sulle classi medio basse e abbia favorito assai le persone con redditi più alti e come poi, il governo Prodi non abbia invertito tale tendenza.
Si deve aggiungere anche l’effetto negativo sulla tutela dei redditi reali dei lavoratori, che oggi contrattano ex post al lordo delle imposte dirette il recupero dell’inflazione ma poi, proprio a causa del drenaggio fiscale, scontano i propri aumenti su aliquote marginali Irpef sempre più alte.
L’interesse dello Stato a ‘fare cassa’, tramite gli effetti dell’inflazione, colpendo il maggior numero di contribuenti, anche se di reddito medio basso, unita alla scarsa propensione dei soggetti della politica a richiedere del recupero del drenaggio fiscale, argomento poco spettacolare e di difficile divulgazione, hanno contribuito ad un peggioramento della distribuzione dei redditi, anzi le misure recenti di tassazione secca dei redditi da affitto quasi stigmatizzano lo svantaggio che ha il contribuente che vive del proprio stipendio rispetto a chi appartiene a classi privilegiate con ampi patrimoni immobiliari.
Una politica alternativa al tanto strombazzato taglio delle aliquote, per diminuire l’onere fiscale per tutti e per essere ‘equa’, oltre, al provocatorio invito a tornare alle aliquote del 1990 con gli scaglioni aggiornati con l’inflazione, dovrebbe concentrarsi su tre punti:
  • Restituzione almeno parziale del drenaggio fiscale
  • Ripristino delle aliquote del 10% per i meno abbienti e del 50% per i più benestanti
  • Predisposizione di meccanismi di contrattazione salariale che in sede di recupero dell’inflazione considerino anche l’effetto fiscale sugli adeguamenti: tramite maggiori incrementi salariali o tramite la loro defiscalizzazione.

Tali misure, unite a una maggiore incisività della lotta all’evasione, possono ridare all’Irpef lo spirito di imposta equa come anche prevede la Costituzione Italiana, migliorare la distribuzione dei redditi, peggiorata in maniera vistosa negli ultimi vent’anni, e aumentare la coesione sociale del paese.

TURBOGAS TRA COLLEFERRO E ARTENA

dalla Rete per la tutela della Valle del Sacco



Mancanza di informazioni:

La mancata tempestività e trasparenza dell’amministrazione nell’informare i cittadini sul progetto della turbogas, ha impedito quel processo di partecipazione democratica del quale tanto si parla e che mai si applica. Un diritto leso ai cittadini. Le prime notizie sulla stampa non hanno lasciato tempo né per percorsi democratici condivisi, né per possibili osservazioni al progetto, impedendo così anche l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Una palese violazione alla convenzione di Aarhus (riconosciuta dall’Italia già dal marzo 2001). In questa vicenda emerge la portata del messaggio culturale “dell’inevitabilità del danno” ambientale, sanitario ed economico. Per resistere a quest’insana e sempre più diffusa cultura, esponiamo alcune delle considerazioni che la lettura dei documenti progettuali inducono a fare e che avremmo avanzato, se ce ne fosse stata data l’opportunità.

Energia:

La realizzazione della centrale turbogas di Colleferro non risulta inserita né sul Piano Energetico Regionale, né su quello Provinciale, strumenti di pianificazione istituzionale in materia energetica. La richiesta, dunque, sembra attribuibile alla sola società proponente e senza precise linee guida con cui tutelare ambiente e salute dei cittadini, il rischio di trasformare Colleferro in terreno di conquista è alto. Questo impianto, infatti, è il terzo proposto per Colleferro, le altre due turbogas a ciclo combinato sono state proposte rispettivamente da Edison - Fiat Energia per una potenza di 846MW e da Italgen – Italcementi per una potenza di 800MW. Dalle nostre informazioni ferme al 2008, il primo ha il procedimento sospeso, il secondo ha ottenuto parere favorevole alla VIA (Valutazione Impatto Ambientale) ma non ancora autorizzata. Allora, come ora, l’esclusione dei cittadini dalle scelte ambientali, si conferma una consuetudine. Vale la pena ricordare, che questi progetti erano proposti all’indomani del 2005, anno in cui si dichiarava l’emergenza ambientale per tutta la “Valle dei Veleni” individuando in Colleferro l’epicentro del disastro. Alla faccia della sostenibilità! Sarebbe interessante visionare sia i documenti di quei progetti, che speriamo definitivamente tramontati, sia i pareri rilasciati all’epoca dal Comune con le relative espressioni di voto dei singoli consiglieri.

Imprecisioni

La motivazione del progetto, è messa in stretta relazione al fabbisogno energetico/termico degli insediamenti operanti nel comprensorio ex Snia BPD. La società proponente nel redigerne l’elenco, non distingue, però, quelli in attività da quelli dismessi ormai da anni, come la Caffaro, quasi ci fosse necessità d’ispirarsi al principio, meglio abbondare che scarseggiare. Menzionare tra i bisognosi di energia, società in stretta relazione con i termocancrovalorizzatori che dovrebbero produrla, ha del paradossale, smascherando in maniera irriconoscente un assioma che a Colleferro impera da un decennio, la valorizzazione dei rifiuti attraverso la produzione di energia. Un clamoroso autogol. Spetta solo stabilire in quale porta, se in quella della turbogas, per eccesso di enfasi nel magnificare i vantaggi della sua realizzazione, o in quella dell’amministrazione che quell’assioma lo ha sempre esposto come il fiore all’occhiello.  In ogni modo si metta, il punto è da assegnare ai difensori dell’ambiente. Nello studio comunque rimane l’oggettiva assenza dei dati del fabbisogno elettrico e termico. Sul versante termico, si legge solo che la turbogas avrà una potenza complessiva dello stesso ordine di grandezza dell’attuale, 82 MW termici contro gli attuali 66MW quantificando la differenza in circa il 20%. Per noi la differenza, se la matematica non è un’opinione, è più prossima al 25% (66 x 25% = 82,5). Questo è un dettaglio rispetto al versante elettrico, sul quale la società eclissa dal fornire percentuali e allora le facciamo noi. La turbogas produrrà circa 40 MW elettrici contro gli attuali 3,5 MW, un incremento di oltre il 1150%, certamente non un dettaglio ed anzi, come vedremo più avanti, è questo dato il cuore dell’intero progetto.

Confronto mancato:

Gli impianti di cogenerazione a ciclo combinato, sono presentati come valida scelta rispetto alle vecchie centrali alimentate ad olio o a carbone, potendo vantare in questo confronto, un favorevole saldo energetico ed ambientale. Nel caso di specie, evidenziamo che a Colleferro, non sussiste la necessità di dismettere alcun impianto con simili caratteristiche. L’affermazione, inoltre, evidenzia due aspetti: il primo è un’ovvietà, le migliori tecnologie disponibili sono più efficienti che quelle obsolete del passato, l’altro è connesso alla possibilità di un confronto oggettivo tra tecnologie diverse. Su questo punto rileviamo che sui tetti degli insediamenti presenti nel comprensorio in questione, salvo errori, non è installato alcun pannello solare, né tanto meno, a terra, sono presenti impianti geotermici. Queste tecnologie rinnovabili, che rappresentano concrete alternative che in questa vicenda non sono state considerate, oltre ad aprire inquietanti interrogativi hanno impedito l’oggettivo confronto tra cogenerazione e fonti rinnovabili. La priorità da perseguire, a nostro avviso, è produrre energia attraverso fonti rinnovabili da realizzarsi su superfici già esistenti per non consumare altro territorio e congiuntamente adottare strategie di efficientamento dei consumi energetici a partire dagli immobili. Un ordine di priorità coerente all’attuale normativa europea ed a quella derivata dei Paesi membri. Le fonti di energia non rinnovabili, sono da considerarsi una seconda scelta ed il metano non è fonte rinnovabile. Con questa scelta Colleferro si conferma sempre più “capitale dell’inferno”, dopo i termocancrovalorizzatori e l’impianto a biomassa, ora, anche la turbogas.

Ambiente e Salute:

Sul versante sanitario Colleferro non ha bisogno di presentazioni, le criticità ambientali per anni taciute, sono emerse in tutta la loro drammaticità nell’indagine epidemiologica svolta a seguito dell’emergenza ambientale del 2005. Tra amianto, betaesaclorocicloesano, PM10, diossina, mortalità e morbosità tumorali fuori media regionale, eccesso di ricoveri in età infantile ed il pessimo stato dell’acqua e dell’aria, ci domandiamo come s’inquadri il progetto turbogas e quale etica possa aver accompagnato la sua proposta e peggio ancora la sua autorizzazione. Lo studio d’impatto ambientale riporta come unico inquinante emesso l’ossido di azoto (Nox), come agente clima-alterante l’anidride carbonica (CO2), mentre è considerato ininfluente il contributo sulla concentrazione di particolato (PM 10). Per queste tecnologie, invece, riscontriamo pareri non univoci nella comunità scientifica. La turbogas di Mantova è l’esempio italiano per eccellenza, nonostante gli impegni progettuali la centrale Enipower, ha incontrato problemi a contenere nei limiti di legge gli inquinanti emessi, difficoltà riconducibili al sistema di abbattimento polveri che utilizza ammoniaca, la stessa proposta per Colleferro, anziché a secco considerata troppo costosa. Anche dai dati dello studio del dott. Armaroli, (ricercatore del CNR di Bologna) e del dott. Po (medico dell’unità operativa rischio ambientale di Bologna), queste tecnologie risulterebbero meno “pulite” di quanto ritenuto sinora. Conferme sulla dannosità per la salute arrivano anche da uno studio congiunto delle Università di Trento e Padova sulla turbogas di Montecchio Maggiore (Vicenza) dal quale si evincono rilevanti emissioni di ossidi di azoto, ossidi di carbonio e polveri. Alla luce di quanto detto, l’analisi sulle emissioni presentate per la turbogas di Colleferro risultano superficiali, fumose e bisognose di seri approfondimenti. Per quanto riguarda gli agenti clima-alteranti (CO2), lo studio promette di rispettare, almeno teoricamente non avendo ancora scelto la tecnologia, i limiti imposti dalla Legge, che moltiplicati per le ore di funzionamento dell’impianto (h 24) saranno pari a 340.000 mg/Nm cubo annui. Il dato, ammesso che sia rispettato, rientra nei limiti previsti dalla normativa, ma in assenza di un parametro di riferimento con il quale confrontarlo, non è possibile conoscere se contribuisce o no al miglioramento rispetto a quelle attuali. L’unica certezza ci è fornita dallo studio effettuato dalla società proponente l’impianto, quando afferma che la qualità ambientale (definita pessima) non subirà sostanzialmente alcuna variazione. Senza rievocare gli studi sulle turbogas di Mantova e Montecchio Maggiore, se gli effetti sono questi, viene da interrogarsi sull’effettiva utilità del progetto.

Sostenibilità o investimento?

Sono 42 i milioni di euro che le banche sono disposte ad investire, chiunque conosca la loro proverbiale prudenza, è legittimato a chiedersi da chi o cosa questo importo possa essere garantito. La risposta è a pagina 2 dello studio presentato dalla proponente, dove si afferma che l’energia elettrica prodotta in eccesso sarà esportata sul libero mercato nazionale. In un rigo si concentra il cuore dell’intero progetto. In altre parole, l’eccedenza sarà venduta sul mercato elettrico attraverso il meccanismo dei certificati verdi, ma ad ulteriore garanzia c’è un’anomalia tutta italiana. I certificati verdi non veduti saranno ritirati dallo Stato ad un prezzo addirittura maggiore rispetto a quello di mercato. Assurdo eppure è così, senza entrare in complessi tecnicismi, la garanzia alle banche e l’utile certo per la turbogas è assicurato dai nostri soldi, tutti, infatti, paghiamo una maggiorazione di oltre il 7% nella bolletta elettrica (componente A3), che costituiscono i vecchi CIP 6 oggi certificati verdi (CV), soldi che dovrebbero incentivare l’energia prodotta da fonti rinnovabili e che invece, in modo truffaldino, sono impiegati in modo anomalo come nel caso di Colleferro. Risorse pagate dai cittadini e sottratte alle fonti rinnovabili per andare nelle tasche dei soliti furbetti. Le banche investono perché garantite da un rientro certo e veloce del prestito, le società propongono per la certezza dei loro utili, (interessante sarebbe prendere visione del piano finanziario) ed a noi cittadini, come già accaduto in passato, non rimarrà che pagare anche il danno ambientale e sanitario che ci sarà lasciato.


Si salvi chi può:

Il sito individuato per la turbogas è a ridosso ad un recente insediamento abitativo nel quale risiedono principalmente giovani coppie con bambini in tenera età. Per questi neo residenti che non vedono garantita la tutela della loro salute, si prefigura anche un rilevante danno patrimoniale. Molti sono impegnati con mutui onerosi e di lunga durata e l’impianto, che occuperà oltre 4 ettari con un camino alto 40 metri, temiamo li condurrà in un vicolo cieco, senza via di fuga. Chi cercherà di portare in salvo almeno i propri figli vendendo la casa, farà i conti con la difficoltà nel trovare acquirenti e con un valore dell’immobile drasticamente abbattuto. Situazione ulteriormente aggravata dall’esistenza del debito contratto. Inoltre, quel confine amministrativo così prossimo con Artena, se funzionale alla turbogas per evitare la ricaduta delle emissioni sulla martoriata popolazione colleferrina, lascia presagire un futuro nefasto per quella artenese. Ancora una volta Colleferro si conferma esportatore di nocività, dopo il betaesaclorocicloesano con il quale ha inquinato acqua e terreni di interi paesi della provincia di Frosinone, ora allarga i suoi insani commerci puntando su Artena.           

mercoledì 15 settembre 2010

Carla Verbano presenta il suo libro Sia Folgorante la fine

da  RAABL   Rete Antifascista Antirazzista del Basso Lazio.

La Libreria caffè Ithaca, in collaborazione con la RAABL, ha invitato Carla Verbano a Presentare il suo libro "Sia folgorante la fine". L'incontro con i lettori avrà luogo sabato 2 ottobre dalle ore 19,00 alle ore 22,00 presso la libreria  caffè Ithaca  in Via Garibaldi n,62 a Frosinone.




È il 22 febbraio 1980. Valerio, diciannove anni, viene ucciso con un colpo di pistola alla nuca nella sua casa di Monte Sacro a Roma. I genitori sono nella stanza accanto, legati e imbavagliati. Dopo svariati tentativi di depistaggio l'assassinio è rivendicato dai Nuclei armati rivoluzionari, un'organizzazione neofascista, ma gli esecutori non saranno mai identificati. Chi era Valerio Verbano? Perché è stato ucciso? Vicino all'area dell'Autonomia operaia, stava raccogliendo un dossier sui collegamenti tra alcuni gruppi dell'estrema destra e settori della malavita cittadina, incluse vicinanze e coperture degli apparati statali. Il materiale, sequestrato durante una perquisizione, scompare dagli archivi alla morte del ragazzo. Ricompare sotto gli occhi del giudice Mario Amato, responsabile dell'indagine, che poche settimane dopo muore in un agguato. Alcune prove smarrite e altre, inspiegabilmente, distrutte; infine l'inchiesta si arena in un fascicolo denominato "atti contro ignoti". Del dossier Verbano non si è più saputo nulla. 

Intanto la mamma di Valerio, dallo stesso salotto in cui si svolse la tragedia, continua a chiedere giustizia: non solo per sé, ma per tutte le famiglie devastate dalle raffiche degli anni di piombo.

Manifestazione alla Fiat di Piedimonte per i tre operai licenziarti a Melfi

da Associazione Politico- Culturale 20 ottobre



Grande successo martedì per la manifestazione in difesa dei tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi licenziati e reintegrati per ordine del giudice dal management della casa automobilistica torinese.
Alla manifestazione, che si è svolta davanti ai cancelli dello stabilimento di Piedimonte San Germano hanno preso parte anche i tre operai i quali hanno tenuto un discorso,  in difesa del lavoro e dei diritti dei lavoratori, più volte interrotto dagli applausi e dall’entusiasmo dei tantissimi operai presenti durante il cambio turno delle 14.
I tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi hanno sottolineato l’importanza di una mobilitazione unitaria dei sindacati e della sinistra in difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori, non solo nel settore metalmeccanico. “Quello che è successo a noi – hanno detto – è solo la punta di un iceberg che pian piano emergerà. C’è bisogno di una mobilitazione decisa per far si che tali episodi non succedano in altri stabilimenti e soprattutto qui a Cassino”.
A raccogliere  l’appello è l’Associazione Politico Culturale 20 Ottobre che per voce del suo esponente di spicco, Oreste Della Posta, si schiera in difesa dei tre operai e dei diritti dei lavoratori.
“Era da anni che non si vedeva così tanta partecipazione ed attenzione da parte degli operai ad iniziative del genere davanti ai cancelli della Fiat” ha detto Della Posta che ha continuato dicendo che “ora come non mai c’è bisogno di unità, determinazione e coraggio da parte di tutti, sindacato e politica per fare quadrato intorno ai lavoratori, ai precari di tutti i settori. In particolare – ha continuato – nella nostra provincia di Frosinone che, a partire dall’autunno, sarà colpita da una dura crisi occupazionale soprattutto nel settore metalmeccanico. Crisi dalla quale il Governo Berlusconi, l’amministrazione Polverini e la politica di Marchionne non aiutano sicuramente ad uscire. Per farlo c’è bisogno di una sinistra unita che persegua una politica che porti a più salari, più diritti e più lavoro per tutti”.




Per dovere di cronaca musicale

di Luciano Granieri


Per dovere di cronaca musicale è corretto proporre  la parte strumentale del pezzo degli Area  “La Mela di Odessa”  Infatti  la struttura del brano eseguito dal vivo prevede: Dopo la presentazione, l’esecuzione della  fase strumentale, un happening, in cui Stratos, Fariselli, Capiozzo, Tavolazzi e Tofani, si mangiano una bella mela, e quindi inizia quella sorta di rap, che è possibile ascoltare nel post sul Liceo Artistico Statale “La Mela di Odessa”. In questa clip, si ascoltano  la parte strumentale e la mangiata di mela.  A tutti i bunghede e banghedisti, non perdetevi  il tempo che Giulio Capiozzo esegue all’inzio del brano. Un tempo dispari.....sdrucciolo....insomma diavolo di una batterista!!!! Ma come faceva a suonare così?  



martedì 14 settembre 2010

Frosinone, Liceo Artistico Statale "La Mela di Odessa"

di Luc Girello




Il Liceo artistico statale di Frosinone ha cambiato nome. Ci si è inspirati ad un pittore dadaista di nome Apple che, nel 1920 era  fermamente deciso a  raggiungere la  Russia per festeggiare la vittoria del proletariato dopo la rivoluzione . Non riuscendo ad ottenere  il visto necessario per partire, dirottò un transatlantico tedesco, pieno di ricchi borghesi, e fece rotta  verso Odessa. Una volta approdato sulle coste della città ucraina, i russi lo accolsero con grandi festeggiamenti , mentre i ricchi borghesi ,passeggeri del transatlantico, subirono la vendetta del proletariato.  Traendo spunto da questo episodio il nuove nome dell’istituto  è “Liceo artistico Statale la Mela di Odessa” Per celebrare meglio il pittore dadaista  comunista, Apple  l’istituto   è ornato   da  simboli e  icone comuniste, compresa una statua di Lenin. Del resto se ad  Adro nel bresciano una scuola è stata intitolata a Gianfranco Miglio ideologo leghista,  e la rosa celtica,  simbolo  fatto proprio dai seguaci del Carroccio , che lo hanno rinominato “Sole delle Alpi” , è stampato in ogni dove, dal tetto, ai tappeti e sui singoli  banchi, non si capisce perché a Frosinone non si sarebbe dovuta intitolare una scuola d’arte ad un pittore dadaista e comunista, esibendo i simboli a lui cari. Purtroppo la faccenda del liceo artistico di Frosinone è una  nostra provocatoria bufala , mentre invece ciò che è accaduto ad Adro è  tutto vero. Ci siamo comunque divertiti ad immaginare il Liceo Artistico Statale “La mela di Odessa”  e ne abbiamo tratto una foto clip commentata ovviamente dal brano degli Area che ricorda l’episodio  di Apple intitolato per l’appunto “La Mela di Odessa.” Nella presentazione del pezzo Demetrio Stratos, spiega la vicenda di Apple, ma sul disco (AreAzione) la narrazione viene tagliata proprio quando si illustrano le  nefaste sorti dei ricchi borghesi.  Oh Compagni!!!  non è meglio il liceo di Frosinone che la scuola di Adro? 




lunedì 13 settembre 2010

Una Bolla di Rimmel avvelenata

di Fausta Dumano




Blocco notes, macchinetta fotografica, un filo invisibile mi ha condotto nella parte alta del centro storico, a pochi metri dalla Prefettura in via del Plebiscito . La location è quella de “L’INSOLITO POSTO” le cui mura trasudano di storia e di ricordi piacevoli emozioni per “ quelli della mia generazione : l’ex Cat, l’ex sede di “Oltre l’occidente” . L’insolito posto è un locale dove ci si spinge per “una cucina insolita” e sempre diversa , elaborata dalla creatività della cuoca. Il cucinare è una delle arti che più mi intriga come “UTENTE e FRUITRICE” i miei propositi di dieta cadono  alle tentazioni “dell’insolita cuoca” . Appena varchi i primi scalini realizzo subito che nelle mura si respira un’aria particolare, è la vista il primo dei sensi che si sveglia nell’osservare le tele dell”INSOLITA  mostra” di Davide Cocozza. Il locale è anche una “galleria  d’arte” che ha già ospitato Rocco Lancia, il direttore artistico di ART QUBE . All’insolito posto fino al 10 ottobre  ci sono le tele di Davide Cocozza, un artista poliedrico della città, che non ha certo bisogno di presentazione. L’artista di LAPS, delle contaminazioni  artistiche, l’artista delle INVASIONI di Nostra Signora ART, l’artista che fotografa le mani per organizzare”la PACE” . Protagonista delle tele è il volto. Intrappolati davanti allo specchio virtuale dei colori, il nostro volto si intreccia con i volti di Davide. Volti di donna soprattutto, volti che sembrano sospesi di fronte allo specchio dell’anima, volti che comunicano, che narrano la loro storia. Ogni volto così intenso e denso meriterebbe il suo post, ogni volto è intrecciato alla vita dell’artista, il volto della mamma, il volto della zia, il volto dell’Amore di cui Davide è perennemente innamorato. Il leit motiv delle tele è dunque il volto, la parte del nostro corpo che è più esposta alle sensazioni e alle emozioni, la parte del nostro  corpo in cui il linguaggio non verbale si esprime . Dalla mia libreria si squaderna Tristano Scarpa con “Il corpo”  e il racconto sulla “faccia” mi accompagna tra volti STRA/VOLTI di Davide. Ogni tela è l’incipit di un racconto. Volti di donne che si interrogano, volti di donna con il  loro vissuto , volti di donna che “tornano alla mente”, volti catturati per strada , volti pescati tra le foto. Volti..... perché il volto è la parte più esplicita del nostro corpo, volti “nudi” anche quando sono sapientemente truccati, perchè Davide gioca con i colori con la luce e le ombre . “Volto su volto” perchè Davide si mette in gioco anche con il suo ritratto . Nonostante Davide sia “l’artista del pennello immediato” colpisce la rapidità con cui l’artista realizza la sua “creatura”  il prodotto è sempre un’espressione  complessa che ti conduce ad un groviglio di domande e di emozioni . Quella donna il cui trucco si         scompone è certamente la più emblematica, è il volto di donna  che attira e respinge nello stesso tempo. Volti emblematici, volti rassicuranti ì, volti che spingono a cercare la posizione fetale per rilassarsi nel sogno e nell’illusione . La mostra  è dedica a Milton la presenza-assenza  degli artisti di ART QUBE, Milton, Massimiliano Chiodi, l’artista irrequieto scomparso nella primavera scorsa. Milton ha lasciato in eredità a Davide “i colori” e quell’eredità materiale aleggiava  nell’insolita mostra. Circondata dai volti, il mio volto è “una seppia” che spruzza nel corpo le emozioni e le sensazioni che hanno folgorato il mio dentro  catturato dai sensi. L’insolita mostra un viaggio insolito  alla ricerca  della comunicazione.


Una donna, un volto una storia.....
Nella Piazza di Sabaudia, in una calda notte estiva , illuminata dalla luce della luna avevo promesso a Davide “una donna, un volto, una storia....” mentre lui con i pennelli materializzava la sua creatura. Attorno a lui una rivista da cui emergeva il volto della donna “plastificata” , una donna oggetto. Nel guardare quella copertina  nella mia mente si è squadernata Patty Pravo “Tu i fai girar come se fossi una bambola e poi mi butti giù...” l’immagine della donna di Davide  si liberava di quell’orribile trucco, che si scioglieva davanti ai miei occhi.... Davanti allo specchio la donna componeva l’inventario dalla sua vita, si intrecciavano i fantasmi delle vite che avrebbe voluto essere, mentre confondeva la scena del palcoscenico con quella reale. Più cercava di scacciare l’immagine virtuale più quell’immagine le tornava alla mente. All’inizio davanti allo specchio sembrava un’estranea che sia osservata da qualcuno. I denti mordevano la bocca  come se fosse tenera carne, abbandonando l’immaginazione nelle curve nel corso di una conversazione di fronte a un caffè mantenuto caldo nel thermos . Davanti allo specchio menzionando la stranezza e l’audacia nel condurre il rituale , celando lo stupore attraverso gli occhi che seguivano pietra dopo pietra tutti i tratti della sua strada dissestata. Una bolla di rimmel avvelenata scendeva dal volto per...






Foto di Pamela Musa Ricozzi


Il brano è “Autoritratto” tratto dal CD “Chanson”
Enrico Rava – Tromba
Rita Marcotulli-Piano
Richard Galliano –Bandoneòn
Enzo Pietropaoli –Contrabbasso

Luc Girello