Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 23 dicembre 2017

Natale in solitudine 1992

Non ho mai avuto un particolare trasporto per le feste natalizie. Mal sopporto l'ipocrita buonismo che pretende di infarcire rapporti sociali spesso incattiviti da una condizione di  precarietà  . Non capisco come possa accadere che a Natale anche i cattivi possano diventare buoni. Comunque, colto da una botta di "conformismo" , mi azzardo a proporre una poesia natalizia. Ovviamente è un componimento completamente in linea con il mio modo di essere, "mood" si direbbe in inglese. 

Spero possa piacervi. 

Buon Natale  a tutti,  a chi ci crede e a chi no, a chi è contento e a chi è incazzato.

Luciano Granieri.


Michael  L. Newell
traduzione di Luciano Granieri

Il lento cadere della neve attraversa
le mia finestra mezza aperta
mi  ricorda l’anno ad  Amman
stavo seduto per ore
guardando il triste candore profondamente

avvolgere i campi abbandonati della fattoria,
circondare  il mio appartamento
mentre il tranquillo sound  di Miles 
stava plasmando e dava forma alla mia sofferenza
migliaia di miglia lontano da casa

in un gelido Natale  dove nessuno
si sarebbe potuto scorgere  sulla strada
o attraverso le finestre delle case dei vicini
automobili  distanti sul lato più lontano 
dei campi vuoti sembravano come giocattoli

mossi lentamente da bambini:
una tranquilla brezza scivolava
attraverso una finestra rotta per riempire
le pause nell’assolo di Miles
e il mio piccolo cane dolcemente russava;

un gutturale accompagnamento, una singolare
percussione, e mi cullavo, ciondolavo la testa
non appena prendevo  il ritmo della neve,
del vento,del cane, della tromba con la sordina
il vento gemeva come in  una risposta

ad un’improvvisa raffica; tutto  il visibile
e l’invisibile mi apparve solitario
e gli anni chiusi  nel ricordo rotolarono fuori
 come fiocchi di neve soffiati dal vento
come un assolo di tromba scolpito nel sound

di un genio della musica; è strano come il dolore
l’aspro panorama, il cadere della neve e un triste
assolo di tromba possano sembrare una benedizione capace di creare
 una  bellezza che  guida   l’ascoltatore in  un sonno di pace

come la notte insinuata attraverso  i campi avvolgeva  la mia mente

Khilda,  Amman, Giordania

Contro le crisi occupazionali, riportiamo il conflitto dentro le fabbriche.

Luciano Granieri


Foto di Paolo Ceccano



Antivigilia di Natale, gli operai dell’Ideal Standard di Roccasecca, non gradiscono il regalo che la multinazionale di Orcenico ha gentilmente loro recapitato. Dopo che le maestranze hanno sostenuto sacrifici per salvare  la produzione dello stabilimento ciociaro - rinunciando a parte dello stipendio - dopo che, grazie all’eccellenza dei manufatti realizzati ,  l’azienda ha sempre ottenuto commesse e realizzato profitti, i lavoratori , insieme al premio di produzione,  si sono visti recapitare la lettera di licenziamento. 

E’ l’ennesima devastazione  di una macelleria sociale che sta flagellando il nostro territorio. Dopo il mancato rinnovo del contratto a 530 addetti della Fca di Piedimonte San Germano, arriva la mannaia su ulteriori 500 famiglie sacrificate in nome del maggior profitto realizzabile trasferendo all’estero la produzione. 

Non basta ricordare agli amministratori pubblici del nostro territorio che sotto la loro ineffabile gestione in soli due mesi si sono persi più di mille posti di lavoro. Non basta sottolineare che i  Tavoli di Lavoro e Sviluppo per la Ciociaria, aperti in Regione per risolvere la crisi occupazionale,  si sono rivelati una presa in giro, oltre che la scusa per elargire ulteriori  regalie ai padroni. 

Bisogna che la lotta torni ad essere il primo obiettivo delle forze che concretamente vogliono opporsi all’inesorabile declino  del nostro territorio. E’ necessario riaprire il conflitto dentro le fabbriche, rimettere al centro della lotta nei  luoghi del lavoro negato. E’ ineludibile  riaffermare con forza, che causa della  continua precarizzazione delle vite di coloro che non hanno voce in capitolo è il capitalismo. Se non ci si libera di questa dittatura, che in nome del profitto ferisce a morte la dignità  delle  persone, non sarà possibile ipotizzare un futuro decente, né aprire prospettive politiche  di ampio respiro. 

Questo  bisogna cominciare a gridarlo  davanti alle fabbriche, spiegando agli operai che, col capo chino, gravato dalla precarietà delle proprie esistenze, escono dai capannoni , come un futuro dignitoso  possa diventare orizzonte possibile , ma  si potrà  realizzare  solo con una forte e ferma lotta al capitalismo e al potere della finanza. 

La fiaccolata di ieri sera a Roccasecca, organizzata da movimenti politici, sindacali, associazioni,  in solidarietà con gli operai Ideal Standard, deve andare oltre gli aspetti solidaristici pure importanti. Deve costituire l’inizio di un conflitto permanente. 

E visto che si avvicinano le elezioni per rinnovare il consiglio regionale, l’impegno della lotta per il lavoro dovrebbe essere al centro dei programmi di quelle forze, intenzionate a candidarsi, che si definiscono anticapitaliste. 


O si è sinistra anticapitalista, o non si è sinistra.


P.S. Un plauso va alla federazione Provinciale di Rifondazione Comunista che continua imperterrita  a lottare insieme ai lavoratori licenziati o a rischio licenziamento nel nostro territorio.  

FISCAL COMPACT, TOSCANA PRIMA REGIONE D'ITALIA CONTRARIA. APPROVATA LA PROPOSTA DI Sì-TOSCANA A SINISTRA. FATTORI: "UN VOTO STORICO"

Tommaso Fattori


Un voto storico”, così Tommaso Fattori, capogruppo di Sì-Toscana a Sinistra e presidente della Commissione per le politiche europee e gli affari internazionali del Consiglio regionale, commenta l’approvazione dell’Ordine del giorno, presentato assieme al collega Paolo Sarti, che chiede al Parlamento d’impedire che il Fiscal Compact venga elevato al rango di vero e proprio Trattato della UE. Tutti i Parlamenti nazionali sono infatti chiamati a pronunciarsi a breve, dando una valutazione  rispetto alla così detta ‘efficacia’ o inefficacia del Fiscal Compact e sui suoi effetti. L’atto impegna la Regione Toscana “a farsi portatrice nei confronti del Parlamento italiano di un giudizio negativo rispetto agli effetti del Fiscal Compact” e a chiedere “che sia aperta una discussione sul superamento di trattati e regolamenti che hanno imposto un indirizzo liberista alle politiche dell’Unione europea, caricando gran parte del peso delle conseguenti misure di austerità su Regioni ed Enti locali”.
“Le politiche di austerità – afferma Fattori – stanno massacrando il welfare e i servizi pubblici, ossia tutti quei servizi che sono legati a bisogni e diritti fondamentali dei cittadini, dalla sanità ai trasporti, dall’edilizia residenziale pubblica all’istruzione e alla ricerca, per non dire della spesa sociale e della lotta alla povertà. Ma l’austerità ha anche bloccato la possibilità di far investimenti pubblici anticiclici, necessari per uscire dalla crisi e per avviare una vera conversione ecologica della nostra economia”.
L’Ordine del giorno è stato approvato nel corso della discussione della manovra finanziaria regionale 2018, che risente dei vincoli derivanti dal FiscalCompact e dal rispetto del pareggio di bilancio, che hanno fra le altre cose introdotto l’obbligo di conseguire un avanzo di bilancio molto consistente. Continua Fattori: “Siamo da tempo imprigionati in un circolo vizioso fatto di tagli ai servizi, stagnazione, paralisi degli investimenti pubblici regionali. Le misure di austerità sono state scaricate principalmente sulle Regioni e sugli enti locali attraverso il Patto di stabilità interno, i tagli ai trasferimenti erariali, i tagli lineari delle così dette spending review, e l’impatto è devastante”.
“Proporrò che la Regione Toscana nel 2018 si faccia capofila di un’ iniziativa transnazionale delle regioni europee contro le politiche di austerità e per un’altra Europa. Dobbiamo invertire la rotta, impedendo la completa desertificazione dei diritti e l’inarrestabile crescita delle disuguaglianze. Potremmo dire che il Fiscal compact, le politiche di austerità, il ricatto del debito sono state armi assai efficaci, dipende sempre dai punti di vista: sono state efficaci per chi ha perseguito l’obiettivo di privatizzare beni comuni e servizi pubblici ed operare un gigantesco trasferimento di risorse dal basso verso l’alto, dalle classi medio-basse verso i ricchi. Una sorta di redistribuzione della ricchezza al contario.”

“Aderisci anche tu alla campagna nazionale contro il Fiscal Compact firmando la petizione a questo link: http://www.stopfiscalcompact.it ”

venerdì 22 dicembre 2017

Spiritual canto natalizio religioso o inno di lotta?

Luciano Granieri




Nell’approssimarsi del Natale molteplici sono le esibizioni di gruppi gospel  e spiritual   programmati in Provincia  e in tutta Italia.

Nel marasma dell’ubriacatura natalizia - che produce  il grumo  luccicante e sfavillante di una celebrazione , diventata per lo più orgia commerciale - Gospel, Spiritual, Bianco Natale,  Piano-Piano-Buono-Buono” sono un tutt’uno.  Mi dispiace rovinare la magia   delle feste natalizie, ma Go Down Moses , poco c’entra con Tu scendi dalle stelle .  

Tanto per cominciare  lo Spiritual , pur  simile nelle modalità esecutive, è  profondamente diverso  dal Gospel, ed entrambi non hanno molto a che fare con la celebrazione della nascita di Gesù.  L’origine  dello   Spiritual  risale ad un periodo posto a cavallo fra l’800 e l’inizio del ‘900 del secolo scorso.  

Possono definirsi canti  religiosi? Si ad una prima e distratta analisi, ma se andiamo ad approfondire vengono alla luce alcuni elementi sorprendenti.  In quel  periodo,  nell’America profondamente schiavista, le piantagioni di tabacco e cotone del sud  pullulavano  di schiavi neri. Fu proprio la venerazione di quel Dio sceso in terra a  costituire, nelle intenzioni degli aguzzini bianchi,  il principale mezzo di repressione verso gli afroamericani . Il Cristo redentore diventava Cristo controllore e spesso repressore. 

In sostanza  la religione si rivelò uno dei mezzi più efficaci per neutralizzare gli schiavi. Da un lato consentiva a chi  passava la sua misera vita fra i campi e le baracche di frequentare la Chiesa.  Un luogo “diverso”  e  atto a lenire  quella frustrazione pericolosa, possibile causa di ribellione. Dall’altro era necessario che i neri discendenti di realtà tribali rispettassero il Dio del loro padrone e conquistatore. Una figura particolare quella del  padrone, il quale era considerato come   tramite fra lo schiavo e  Dio stesso,   dunque degno della stessa venerazione. 

La schiavitù era ammessa dagli organi ecclesiastici che davano delle letture molto personali ed interessate della Parola di Dio. Nel 1835 il dottore in teologia  E.D. Simon  , professore  al Methodist College Randolph Marcon in Virginia dichiarò:”Le Sacre Scritture affermano in modo inequivocabile il diritto di proprietà degli schiavi con tutte le conseguenze che ne derivano. E’chiaramente ammesso il diritto di comprarli e venderli….l’istituto della schiavitù non è immorale e poiché  i primi schiavi furono legalmente costretti in schiavitù altrettanto legale è il diritto di mantenere i loro figli in schiavitù come indispensabile conseguenza…. la schiavitù esiste in America, perciò è fondata sul diritto” Disobbedire e ribellarsi al padrone, quindi, equivaleva a ribellarsi a Dio. Un proclama degno del miglior Trump.  

Ma come spesso accade  strumenti di prevaricazione  si trasformano nel loro contrario, cioè in mezzi di ribellione. La  religione usata come repressione originò una delle forme pre-jazzistiche più famose, lo Spiritual  per l’appunto.  In realtà i padroni bianchi delle piantagioni del sud, ancora non sapevano  quanto fosse   rischioso costituire   luoghi di aggregazione  per esercitare un  controllo più stringente su una collettività vessata  . Infatti proprio la condivisione di storie precarie e subalterne,  all’interno di un  luogo di socializzazione comune ,  può accendere la rivolta. Lo capiranno gli ultraliberesti un secolo più tardi   quando, grazie allo smantellamento della fabbrica fordista,  e all’imposizione  della messa a valore di ogni singolo afflato di vita individuale, posero  il seme della disgregazione della classe operaia.  

Ciò che avvenne fu che le parole della Bibbia, su cui si basavano i testi degli inni,  vennero reinterpretate dai neri e usati come  battaglia e ribellione. I principi dell’amore e della giustizia, così ampiamente dettagliati nel “libro dei libri”, fecero capire ancora meglio quanto ipocrita fosse la posizione dei padroni, per i quali, l’unico vero amore era quello per il profitto e per i propri privilegi.  Gli stessi sorveglianti, presenti alle cerimonie, pur intuendo  come questi inni rivestissero  ben altri significati rispetto a  quanto formalmente si voleva cantare, erano consenzienti. Era una forma di sfogo che avrebbe consentito agli schiavi di affrontare con miglior spirito e con minor desiderio di rivolta  il duro lavoro dell’indomani. 

Ma accadde che i primi  pastori neri incaricati di guidare le funzioni (in genere ex schiavi o schiavi un po’ più istruiti) sarebbero divenuti in breve tempo veri e propri “capi” per il loro popolo. Infatti, oltre ad occuparsi delle anime dei  fedeli, erano fatalmente indotti anche ad occuparsi dei loro bisogni materiali e patrocinare le loro problematiche. Diventarono guide  delle maggiori rivolte come il leggendario Nat Turner che capeggiò una sommossa a Southampton in Virginia nel 1831 . La  ribellione  provocò la morte di ben 56 bianchi e l’intervento dell’esercito che soffocò nel sangue la sollevazione. 

Uno  fra i tanti Spiritual    che esprime non certo atmosfere extraterrene ma un ben definito spirito di ribellione è : When the Saints Go Marchin’in. Un brano  che molti credono essere un classico del jazz neworleanista, mentre altro non è che il simbolo di un vero proprio canto di battaglia: “Oh quando la luna tramonterà nel sangue ,Oh quando la luna tramonterà nel sangue Signore io voglio essere dei loro quando la luna tramonterà nel sangue “

Il seme della ribellione non è presente solamente  nella trasposizione  di brani della Bibbia in inni  di lotta, ma anche nel modo prorompente con cui questo grido esplodeva dal luogo di culto. Il  classico canto  celebrativo degli inni   religiosi europei era contaminato dall’incedere armonico   tipico di alcuni Stati del Sud,  e dal  ritmo africano.  Si immagini il risultato sonoro  di un espressione del genere quando veniva eseguita nelle Chiese, costruite in genere di legno, con lo shout, l’urlo, dei partecipanti  accompagnato dal battito delle mani e dei piedi o, addirittura ,da una vera e propria danza  sul pavimento di legno.   

Altro  tipo di espressione è il Gospel. A differenza dello Spiritual l’oggetto di questa forma  travalica l’aspetto religioso. E’  influenzato anche dal canto profano e non poche similitudini mostra  di avere con il Work Song. Di fatto si tratta   più di una lamentazione corale guidata da una voce intonante, che di un vero e proprio inno religioso. Un messaggio canoro  che risuonava   comunque, sia nelle cerimonie notturne alla luce dei falò, sia in quelle diurne organizzate collettivamente all’aperto. Mentre nello Spiritual si fusero simbolicamente  liturgia e ribellione  , nel Gospel il lamentoso,  doloroso ululato a voce spiegata , sovente rabbioso,  potente,  risuonava nei campi e nelle vallate, portando a chi ascoltava una voce diversa. Un richiamo  che, con forza, esprimeva l’anelito per un futuro nuovo di libertà.  

Dunque con lo spirito forzatamente buonista del  Natele  il  Gospel e lo Spiritual non hanno nulla a che vedere. Sono delle vere e proprie espressioni di lotta, di liberazione   definite riadattando  le metafore religiose ,da esaltazione del divino, a strumenti di ribellione. Se andrete in questi giorni ad ascoltare un coro gospel, e andateci perché comunque è una forma  musicale straordinaria, tenete presente che è un’espressione di rivolta verso il Bambinello, considerato più  strumento di sfruttamento dai padroni bianchi piuttosto che un’esaltazione della natività. 

Ma non ditelo agli amministratori locali che in pompa magna organizzano concerti per le feste mettendo tutto insieme appassionatamente  “Go Down Moses “con il sanguinario Maresciallo Radetzky , vedi mai  che a qualcuno  di loro venisse in mente di applicare la legge Minniti e cacciare questi noiosi negri  tarantolati e ululanti dalle piazze illuminate. Buon Natale.

 And Good Vibrations



mercoledì 20 dicembre 2017

Sulle prossime elezioni politiche La posizione del Pdac

dichiarazione del Comitato centrale
del Partito di Alternativa Comunista
 

Siamo a poche settimane dall’inizio della campagna elettorale per le elezioni politiche della primavera del 2018 e il quadro dei contendenti al governo del Paese è ormai definito, nonostante sia difficile azzardare previsioni oggi su chi riuscirà a spuntarla.
 
I quattro schieramenti che si contenderanno il governo del Paese per i prossimi anni sono anti-operai: si va dal centro-destra unito attorno alla figura egemone di Berlusconi, nonostante al momento non possa candidarsi e nonostante i malumori mai totalmente sopiti di Salvini, al Pd di Renzi post-scissione, che nei sondaggi è sceso ai suoi minimi storici e che tenta di arginare la perdita di voti verso Mdp cercando coperture a sinistra e trovando i resti di Verdi e Psi che si uniscono in una lista comune con i «civici» prodiani. La lista «Liberi e uguali» guidata da Pietro Grasso, ex-magistrato e attuale presidente del senato, e formata da Articolo 1-Mdp di D’Alema e Bersani, Sinistra italiana di Vendola e Fratoianni, oltre che Possibile di Civati, altro non è che la riproposizione del progetto politico del Pd senza Renzi: nonostante i sondaggi lo accreditino a percentuali piuttosto basse attualmente, pare che la Cgil, o almeno alcune delle sue componenti, possano mobilitarsi a sostegno della candidatura di Grasso, confermando peraltro ancora una volta come la direzione di questo sindacato sia totalmente subalterna alle politiche padronali. Da ultimo, ma non per importanza, il Movimento 5 stelle che in questa legislatura ha dimostrato quanto già sostenevamo, cioè che il suo progetto non è alternativo, ma è assolutamente compatibile con questo sistema economico, e anzi i suoi tratti reazionari divengono sempre più manifesti, così come il fallimento delle sue esperienze di governo locale come nel comune di Roma. Nulla di buono potrà venire dalla vittoria elettorale di nessuno di questi schieramenti.
 
A sinistra dei contendenti «ufficiali» è nata una lista, chiamata «Potere al popolo», promossa dal centro sociale di Napoli Je so’ pazzo (storicamente alleato del sindaco De Magistris), ma ispirata dietro le quinte da Rifondazione comunista. A questa lista ha aderito anche Sinistra anticapitalista. Si tratta però dell’ennesima riproposizione di una lista riformista senza nessuna prospettiva, che si è formata per tutelare l’esistenza delle sue varie componenti: i centri sociali per contrattare meglio con le amministrazioni locali, Rifondazione per cercare disperatamente di rientrare in parlamento per ridare così ossigeno a un partito che è in agonia per aver per anni sostenuto governi e giunte di centrosinistra, e che vorrebbe utilizzare eventuali eletti per sostenere nuovamente il centrosinistra, a cui oggi si proclama alternativo.
 
Di fronte a questo quadro, sarebbe necessaria una lista operaia, che parta dalle poche ma importanti lotte che ci sono nel Paese, con un programma classista e rivoluzionario, che serva ad aggregare i lavoratori alle avanguardie politiche e di lotta, a unificare il proletariato nella costruzione del partito che serve per lottare per quel programma. Sfortunatamente le norme elettorali restrittive ideate dal parlamento borghese non permettono la presentazione di tale lista, se non al prezzo di cessare completamente ogni altra attività nei prossimi mesi: non è questa la nostra concezione del momento elettorale, che deve essere un momento di propaganda per il programma, ma deve anche essere al servizio delle lotte reali, perciò cessare l’intervento nelle lotte per presentarsi alle elezioni per noi è, in questo contesto, inammissibile.
 
Due liste «comuniste» hanno dichiarato la loro intenzione di presentarsi alle prossime elezioni, nonostante gli ostacoli posti dalla legge. Il Partito comunista di Marco Rizzo (di orientamento stalinista) non ha in realtà nulla di comunista ed è guidato da un ex-parlamentare che ha sostenuto attivamente non solo il governo borghese di Prodi, ma che ha sostenuto D’Alema quando bombardava la Jugoslavia in una guerra imperialista voluta dalla Nato. Vi è poi il cartello elettorale denominato «Per la sinistra rivoluzionaria», inizialmente promosso da tre organizzazioni: Sinistra anticapitalista (Sa), Pcl e Sinistra classe rivoluzione (Scr). Queste tre forze avevano annunciato poche settimane fa di voler presentare un programma «rivoluzionario» a queste elezioni. Tuttavia, dopo una serie di comunicati congiunti, Sinistra anticapitalista ha abbandonato questo cartello per accodarsi alla lista «Potere al popolo», che Pcl e Scr definiscono correttamente come un tentativo di Rifondazione e altri di raccogliere forze per risalire sul carrozzone del centrosinistra. Non ci stupisce l'atteggiamento di Sinistra anticapitalista, dato che quando aveva parlamentari arrivò anche a dare un sostegno «critico» al secondo governo Prodi: ma l'accordo e poi la rapida rottura di Sa con Pcl e Scr, per andare a sostenere un progetto chiaramente riformista, dovrebbe far riflettere su quale è il programma effettivo che questo cartello, ora portato avanti solo da Pcl e Scr, intende presentare alle elezioni. In effetti, proprio sulla questione strategica centrale, quella che riassume il senso stesso del programma dei rivoluzionari, cioè la questione della prospettiva di potere, altrettanto ambigua è la posizione di Scr che da anni ha abbandonato il principio marxista dell'indipendenza di classe da qualsiasi governo nel capitalismo, arrivando a definire come «influenzabili» - e quindi da sostenere «criticamente» - la dittatura venezuelana di Chavez e Maduro o la giunta borghese di De Magistris a Napoli. Quanto al Pcl, diede nel 2011 il proprio sostegno al secondo turno elettorale tanto a De Magistris (candidato sindaco a Napoli) come a Pisapia (candidato sindaco a Milano). Per questo ci sembra che il programma di questa «sinistra rivoluzionaria» non sia nei fatti né rivoluzionario né funzionale, nell'immediato, allo sviluppo delle lotte: non casualmente Pcl e Scr da anni fanno insieme una invisibile «opposizione» alla burocrazia all’interno della Cgil, che nei fatti si traduce in un adattamento anche in ambito sindacale.
 
Mancando l’alternativa rivoluzionaria in queste elezioni, il Partito di Alternativa Comunista inviterà ad astenersi dal voto, nella consapevolezza che le elezioni sono un momento secondario della lotta di classe e che è dalle mobilitazioni nei posti di lavoro e nei territori che deve ripartire il conflitto sociale che bisogna riaccendere per provare a rivoluzionare dalle fondamenta questa società capitalista basata sullo sfruttamento. In questo senso parteciperemo alla campagna elettorale propagandando un programma che parta dagli interessi immediati e storici della classe lavoratrice.
 

COME CAMBIARE LA REALTA’ DEL PAESE : QUALE LOTTE E QUALE PARTECIPAZIONE ?

Umberto Franchi



   Credo che per capire la realtà che stiamo vivendo ed il cosa fare, sia essenziale partire da queste considerazioni:



Primo: i vari governi che si sono succeduti dalla metà degli anni 80,  ed il padronato (tutto), con un accelerazione negli ultimi 10 anni,  hanno ricercato la competitività del sistema impresa,  attraverso:

 la riduzione di tutti costi , non solo quello del lavoro, ma anche quello della prevenzione e sicurezza scontando la morte di 1000 lavoratori  l'anno; 



quello dell'abbandono di uno sviluppo compatibile con la natura e la persona, nonché i danni causati all’ambiente a causa di scelte distruttive scellerate;

 quello della deregolamentazione di ogni regola nel lavoro (flessibilità) allungamento orari, incremento carichi e ritmi, e ben 48 forme di lavoro precario, l’abolizione di ogni diritto di chi lavora attraverso la cancellazione dell’art. 18 e la legge jobs act;

la frantumazione dell'organizzazione del lavoro, con la nascita  delle piccole imprese, con le  esternalizzazioni delle attività in false cooperative, aziende in appalto, subappalto, conto terzi, ecc…;


la riduzione sistematica  dei salari, e pensioni con gli operai che nella metà degli anni 80 avevano i salari più alti d'Europa ed oggi sono  diventati quelli che guadagnano meno;


la deregolamentazione e depenalizzazione del testo Unico sulla prevenzione e sicurezza a tutela  di chi lavora e della prevenzione e  nei luoghi d lavoro.

Assieme a ciò c’è stata la privatizzazione e svendita delle imprese significative a partecipazione Statale, la distruzione dello stato sociale con particolare riferimento alle pensioni e sanità pubblica.


Secondo: Questa situazione ha anche   indebolito la competitività del  sistema economico produttivo, Italiano creando uno sviluppo profondamente distorto.
La ripresa attuale è segnata dall’incremento delle esportazioni , ciò significa che la competitività con i Paesi Esteri dipende  dal basso costo del lavoro, non certo dall’innovazione tecnologica, mentre aumentano i poveri del 200% negli ultimi 5 anni, ed aumentano le disuguaglianze tra i diversi cittadini italiani.



In sostanza le imprese anziché investire i propri capitali nello sviluppo “alto” ricerca, innovazione di processo e di prodotto, ecc... hanno preferito non rischiare i propri capitali ed investire nelle attività speculative, parassitarie, finanziarie colpendo diritti e salari.

Terzo:  questa realtà , da una parte ha nettamente indebolito la forza di contrattazione dei lavoratori, ma non ha  cancellato la centralità del lavoro, ed è ancora la classe operaia  il “Soggetto ” principale del cambiamento.


 Ora la centralità delle scelte che i governi di centrodestra e centrosinistra, nonché   della  Confindustria , hanno  avuto una accelerazione con il  progetto Confindustriale  del 2010, chiamato “Libro Verde” , tutto fondato sull'ideologia liberista con al centro lo slogan “liberare il lavoro, liberare l'impresa” , progetto che da una parte ha  mirato, riuscendoci,  a eliminare ogni tutela individuale e collettiva dei lavoratori, continuando a fare pagare i costi della crisi ai soliti “noti” (il mondo del lavoro ed i pensionati) e dall'altra ha cercato e continua a cercare di cancellare il ruolo contrattuale  del sindacato come lo abbiamo conosciuto negli anni passati , per farne un soggetto del tutto subordinato.


Come abbiamo visto nell’ultimo confronto Governo Sindacati, la CISL e UIL hanno detto ok alle proposte del governo, divenendo del tutto complici alle scelte di governo perdendo ogni dignità, mentre la CGIL ha detto NO mantenendo la dignità,  ma chiamando alla mobilitazione su un progetto minimalistico e perdente, che non intacca minimamente le scelte del Governo. 



Sono convinto  che chiunque vinca le prossime elezioni tra centrodestra, centrosinistra e M5S,  la prossima mossa di chi governerà agirà in conformità a quanto richiesto dalla Troika Europea e dalle Confindustria  , cioè  quello  di eliminare il Contratto Nazionale (sia per quanto riguarda la copertura salariale del potere d'acquisto, che il l'autonomia contrattuale delle Categorie),  per sostituirlo con il contratto aziendale basato sulla “produttività”,    per arrivare infine alla cancellazione del sindacato ed alla definizione dei rapporti di lavoro attraverso il solo contratto individuale, senza più il bisogno di fare un contratto collettivo solidale.

In questa prospettiva il sindacato non finirà ma verrà mutato geneticamente diventando il sindacato dei servizi e dell'assistenza che collabora in modo del tutto subordinato  all'azienda ed alle sue decisioni di comando, con risorse economiche assicurate dagli Enti Bilaterali.

Se questa è la realtà , occorre anche rilevare che  da una parte si è nettamente indebolita la forza di contrattazione dei lavoratori, ma non ha  cancellato la centralità del lavoro, ed è ancora la classe operaia  il “Soggetto ” principale del cambiamento.

Se è chiara  che la realtà è questa , cosa fare per mutare   la sua prospettiva?

   Il capitalismo  per ottenere le leve del comando ed attuare le cose sopra descritte  non ha usato soltanto le piattaforme digitali e i mass-media, spesso  carpendo la volontà dei cittadini , non ha  usato soltanto i poteri forti lobbisti, non ha usato solo   la corruzione che è entrata in ogni rango del sistema, non ha usato anche il pensiero unico liberista entrato con forza anche nei partiti della “sinistra riformista” , ma ha usato  ed usa   con forza anche la moderazione sindacale  creando continua debolezza  e divisioni dei lavoratori.

Quindi   quando sento parlare con molta enfasi sulla necessità della partecipazione orizzontale alle scelte ed ai programmi della sinistra radicale , alla elaborazione delle proposte attraverso l’autovideo,  alla votazione delle piattaforme, tramite la rete, dimenticando che è nei luoghi della produzione che si può decidere il come e per cosa si lavora, che si può decidere quale conversione economica/ecologica imporre a chi ha il potere economico e a chi governa ,  che è nella fabbrica che  si può decidere con quanti si lavora ,  con quale ambiente, con quale diritti, con quale salari, con quale  sistema organizzativo. Cioè se non si capisce che ogni cambiamento politico parte necessariamente  dalla forza lavoro esistente, non arriveremo da nessuna parte !

Di conseguenza la partecipazione, prima ancora che tramite la rete, va ricreata nelle aziende, dove i lavoratori possono riunirsi in assemblea e discutere decidendo le cose da fare, nelle scuole, nelle piazze, ecc… con l’obbiettivo principale   dalla rimessa in discussione e distruzione di tutte le leggi che hanno indebolito la forza lavoro nelle aziende private e pubbliche compreso le scuole.



 Questo significa che lo sforzo massimo dei movimenti esistenti, della sinistra radicale,  quella sindacale , delle Persone che si dicono “Compagni” , dei lavoratori,  deve necessariamente puntare a ricreare iniziative di lotta ed il conflitto per modificare i rapporti di forza esistenti e puntare al cambiamento radicale.



Cosa che non può essere svolta con il solo utilizzo del WEB  ed è  in questo quadro, che  anche le elezioni sono solo un momento , che non rivestono la massima importanza  !

Credo quindi  che ogni altra impostazione finalizzata a puntare tutto sulle prossime elezioni , non smuoverà la realtà ed anche le prossime elezioni al massimo segneranno l’esistenza testimoniale di chi faticherà a prendere il Quorum.

lunedì 18 dicembre 2017

Commenti alla decisione della Consulta sui conflitti di attribuzione, sull'Italicum e il Rosatellum

Felice Besostri

Di seguito  il comunicato ufficiale e i commenti degli avvocati Felice Besostri e Enzo Palumbo, affinché ci si renda personalmente conto dell'interpretazione di non totale chiusura della decisione della Corte. Occorre tenere conto, che al fine di evitare una decisione del Senato analoga a quella della Camera sono stati presentati i primi due conflitti relativi alla legge n. 52/2015 e che il terzo ricorso depositato in data 30 ottobre u.s. individuava il Rosatellum con il numero di Atto Senato affinché ci fosse una pausa d riflessione da parte del Presidente della Repubblica con eventuale rinvio alle Camere con messaggio motivato come prevede l'art. 74 Cost.. Il prossimo Parlamento, se dura 5 anni, nel 2022 dovrà eleggere o riconfermare, un'eventualità che dopo il precedente Napolitano  non è più da escludere, il Presidente della Repubblica, eleggere un giudice costituzionale e i membri laici del CSM. Il sospetto, che sia rinnovato con una legge elettorale incostituzionale, andava evitato: è un problema  di legittimazione politica sostanziale in un periodo di disaffezione verso le istituzioni, se l'esempio della Sicilia, meno del 50% elettori alle urne,  dovesse essere seguito nelle prossime elezioni politiche.



ITALICUM E ROSATELLUM: INAMMISSIBILI I CONFLITTI

Nella camera di consiglio di oggi, la Corte costituzionale ha discusso, in sede preliminare di ammissibilità, quattro conflitti di attribuzione riguardanti le procedure di approvazione delle leggi elettorali cosiddette Italicum e Rosatellum.
Tre conflitti sono stati presentati da alcuni soggetti che si sono qualificati allo stesso tempo come elettori, soggetti politici, parlamentari e rappresentanti di un gruppo parlamentare (Movimento 5 Stelle).
Nessuno dei tre ricorsi individua in modo chiaro e univoco né la qualità in cui i ricorrenti si rivolgono alla Corte né le competenze eventualmente lese né l’atto impugnato.
Tali gravi carenze degli atti introduttivi non mettono la Corte in condizione di deliberare sul merito delle questioni. Perciò ne è stata dichiarata l’inammissibilità.
Il quarto ricorso è stato proposto congiuntamente dal Codacons, da un cittadino elettore e da un senatore contro il Governo, per aver posto la questione di fiducia, alla Camera dei deputati, durante l’iter di approvazione della legge elettorale cd. Rosatellum.
Per ragioni analoghe anche tale conflitto è stato dichiarato inammissibile.
Inoltre, posto che un senatore non ha titolo per sollevare conflitto contro il Governo, per di più lamentando vizi del procedimento parlamentare seguito presso la Camera dei deputati, nessuno dei ricorrenti è, nel caso di specie, qualificabile quale potere dello Stato.

Roma, 12 dicembre 2017

Palazzo della Consulta, Piazza del Quirinale 41 Roma - Tel. 46981-4224/4511

LEGGE ELETTORALE:

AVV. BESOSTRI “LA CORTE COSTITUZIONALE NON CHIUDE TUTTE LE PORTE,
MA CHIEDE UNA MAGGIORE CHIAREZZA DA PARTE DEI PROMOTORI
DEI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE”

“ATTENDIAMO IL DEPOSITO DELLE MOTIVAZIONI PER UN GIUDIZIO DEFINITIVO”

Comunicato stampa
Roma, 12 dicembre 2017

“Le motivazioni della Corte costituzionale per quanto riguarda i ricorsi dei Parlamentari sul conflitto di attribuzione nei confronti dei Presidenti delle Camere non chiudono in maniera definitiva la possibilità di riproporli tenendo conto delle critiche sollevate dalla Corte sulla loro formulazione"afferma l'Avvocato Felice Besostri coordinatore degli Avvocati Antitalikum.

E commenta"Sembra quasi che la Corte si lamenti di non essere potuta entrare nel merito".

E aggiunge "In questa situazione di distacco dei cittadini dalle istituzioni, sarebbe bene che leggi elettorali nel loro contenuto e loro procedura di approvazione siano esaminati nel merito dalla Corte Costituzionale nella sua piena ed esclusiva autorità".

"Il prossimo Parlamento, se dura 5 anni, dovrà eleggere o confermare il Presidente della Repubblica, nominare i membri laici del Csm e un giudice della Corte Costituzionale. Sarebbe bene che godesse di una legittimazione politica sostanziale.La decisione di inammissibilità è meramente procedurale, nulla dice né direttamente né indirettamente sulla legittimità costituzionale del Rosatellum, che resta incostituzionale,perché ancora una volta la grande maggioranza se non la totalità dei Parlamentari sono nominati dai partiti e non eletti dai cittadini".

Entrando nel merito dei principali profili di incostituzionalità del Rosatellum afferma"Voto disgiunto, assenza di scorporo e norme a favore dei Parlamentari uscenti non sono un buon segno di sviluppo democratico,che deve sempre consentire il sorgere di nuovi soggetti politici che interpretino meglio le aspirazioni dei cittadini".

E conclude "Attendiamo il deposito delle motivazioni per un giudizio definitivo.Ritenteremo con altri strumenti come un nuovo conflitto di attribuzione, assolutamente inedito, e con i ricorsi ai Tribunali, come già fatto con l’Italicum".




COMUNICATO STAMPA AVV. ENZO PALUMBO

Commentando il comunicato della Corte Costituzionale sui conflitti di attribuzione proposti contro l’iter legislativo dell’italicum e del rosatellum, Enzo Palumbo, vice coordinatore degli Avvocati impegnati contro le ultime leggi elettorali, ha dichiarato:

“Il comunicato della Corte è interessante, nella misura in cui riferisce che la Corte ha ritenuto inammissibili i primi tre ricorsi perché non individuano “in modo chiaro e univoco né la qualità in cui i ricorrenti si rivolgono alla Corte né le competenze eventualmente lese né l’atto impugnato” e poi che “Tali gravi carenze degli atti introduttivi non mettono la Corte in condizione di deliberare sul merito delle questioni”.

Sulla base di questo sintetico comunicato, sembra lecito dedurre che la Corte non abbia escluso, in linea di principio, che un gruppo parlamentare possa proporre un conflitto di attribuzione, a condizione che sia chiaramente individuata la qualità del ricorrente, le competenze legislative compromesse e l’atto parlamentare contestato.

Tale conclusione è rafforzata da quanto viene riferito in ordine al quarto conflitto, che è stato ritenuto inammissibile anche perché “un senatore non ha titolo per sollevare conflitto contro il Governo, per di più lamentando vizi del procedimento parlamentare seguito presso la Camera dei deputati”, proprio perché la lesione riguarda il rapporto tra il parlamentare e la Camera di appartenenza.

Quando l’ordinanza della Corte sarà resa nota anche nelle sue argomentazioni, si potrà valutare compiutamente la portata della decisione.

Tuttavia, già oggi si può affermare che resta aperto il percorso del conflitto di attribuzione quando un gruppo parlamentare subisca una lesione pregiudizievole delle sue prerogative legislative, il che si è certamente verificato nella misura in cui le otto votazioni di fiducia con cui il rosatellum è stato approvato alla Camera e al Senato hanno impedito la votazione sugli emendamenti proposti da quello specifico gruppo.

Se c’è ancora un gruppo parlamentare disposto a rivendicare le sue prerogative dinanzi alla Corte Costituzionale, non mancherà certamente il supporto tecnico-giuridico degli avvocati che sono impegnati in tanti Tribunali italiani nel tentativo di riportare a ragionevolezza costituzionale la normativa elettorale”.


Roma 12.12.2017

Lettera aperta ad Emma Bonino sulla privatizzazione dell'Atac

Enzo Russo



A fronte dello sfascio dell’Atac non c’è da stupirsi se anche Emma Bonino e i Radicali raccolgano firme per la liberalizzazione del trasporto pubblico locale (TPL) della Capitale. In Europa e in Italia soffia ancora un forte vento di destra. Nella UE fin qui non hanno vinto i partiti antieuropeisti ma, come in Francia, non hanno vinto i partiti di sinistra. In Italia a causa degli errori del Partito Democratico di Renzi si profila una vittoria del centro-destra nelle prossime elezioni politiche sempre che la coalizione riesca a mettere in campo un gruppo dirigente all’altezza del compito. In suddetta prospettiva, è naturale che arrivino proposte come quella della liberalizzazione del TPL della Capitale con “valenza politica nazionale” e quella ideologicamente affine della imposta ad aliquota nominale costante, alias, flat rate tax. Due proposte di destra che massacrerebbero le classi sociali con redditi medio bassi in nome di un presunto aumento dell’efficienza ottenibile semplicemente con la riduzione del perimetro di intervento dell’operatore pubblico a tutti i livelli di governo.
Mi dispiace ma non posso condividere la linea della privatizzazione del TPL. Non vedo come si possano introdurre in generale elementi di concorrenza in questo complesso e difficile settore. Viene citato il caso delle nettezza urbana in alcune grandi città ma si tratta appunto di un servizio facilmente suddivisibile a livello di Municipi o gruppi di municipi. Può anche darsi che in aree metropolitane si possa fare qualcosa del genere almeno per alcune zone e aree di grandi città ma non vedo come tale suddivisione del servizio TPL possa funzionare in Comuni di media e piccola dimensione. Il TPL è un servizio particolare che richiede una forte integrazione e coordinamento di linee ed orari difficile da operare anche da parte di un unico gestore. È illusorio pensare che tale complessa funzione possa essere meglio attuata perché ci sono più operatori in concorrenza tra di loro. Il TPL deve essere prodotto a costi inferiori a tutte o quasi le altre alternative esistenti. Il problema fondamentale è quello di minimizzare i costi di produzione dato un prefissato livello di qualità del servizio rispettando certi standard anche di trattamento del personale addetto, alias, evitando il dumping sociale praticato, ad esempio, dalle compagnie aeree low cost con sede sociale in paesi a fiscalità di favore e che, comunque, ricevono sussidi dalle Regioni italiane. Resta il fatto non trascurabile che una società privata deve remunerare il capitale investito e dovrebbe assicurare le tariffe le più basse possibili per favorire la mobilità di quanti non dispongono o non possono accedere a mezzi alternativi di trasporto. Se così resta valida la teoria tradizionale dell’impresa pubblica che remunera il capitale impiegato con le economie esterne che crea in termini di bassi costi del trasporto pubblico, decongestionamento del traffico privato, di minore inquinamento, di protezione dell’ambiente di cui tiene conto nel suo bilancio sociale.  Un’impresa privata non ha alcun interesse a investire il suo capitale per produrre in perdita.   Non c’è teoria dei mercati efficienti che può giustificare il contrario.
Per l’impresa pubblica è una questione di management serio e responsabile che deve garantire la mobilità di giovani, studenti e lavoratori con bassi redditi o disoccupati e inattivi in cerca di lavoro evitando inefficienze e sprechi.  Deve affrontare un problema di contesto ossia, di regolazione appropriata di tutto il traffico locale pubblico e privato sapendo che se quest’ultimo è libero, anarchico, non disciplinato, impedirà il corretto funzionamento di quello pubblico. C’è un problema complesso di integrazione e coordinamento di tutti i sistemi di trasporto a livello di area metropolitana e/o di area vasta specialmente per quella che insiste intorno alla Capitale. È vero che il mercato privato svolge in un modo o nell’altro questa funzione per gli operatori privati ma qui si tratta, come detto, di coordinare gli operatori pubblici con quelli privati e si tratta anche di minimizzare la produzione di diseconomie esterne e proteggere l’ambiente. Il che richiede anche una programmazione dello sviluppo urbanistico, delle reti e delle infrastrutture di ogni tipo. Sono problemi che vanno affrontati con approccio programmatorio di tipo globale, sistemico in un’ottica di medio e lungo periodo. Cambiare l’assetto proprietario di una società di TPL non porta da nessuna parte come abbiamo visto con le altre società miste seguendo il criterio liberista della UE, del partenariato pubblico-privato. Non mi pare che in Italia dette società abbiano dato buona prova di se. Sono servite ad assumere senza concorsi, alias, con procedure privatistiche più adatte ad alimentare le clientele politiche. Non di rado sono diventate un veicolo di corruzione diffusa ovviamente con le dovute eccezioni. Non ultimo, occorre che le esistenti autorità amministrative indipendenti che controllano la qualità di tutti i servizi pubblici locali siano veramente attrezzate con personale competente e indipendente e non come succede a volte con personale proveniente dalle stesse strutture che dovrebbero controllare – come mi è capitato di vedere recentemente esaminando il caso Roma. Come molti sanno, a livello locale e non solo, c’è un gravissimo problema di controlli di gestione durante ed ex post sulle imprese pubbliche, miste, non profit e quanto altro largamente sottovalutato dai politici e dall’opinione pubblica.
Certo la liberalizzazione potrebbe escludere il modello delle società miste. Ma il TPL resta un bene pubblico locale e mi viene in mente l’analogia con la fornitura dell’acqua. Abbiamo il sistema degli acquedotti pubblici che perdono per strada all’incirca la metà dell’acqua. Servono ingenti investimenti pubblici per ridurre questi sprechi. La UE aveva dato delle indicazioni sul tasso di remunerazione (7%) che bisognava riconoscere agli investitori privati. C’è stato il referendum che ha bloccato la partecipazione dei privati all’efficientamento e alla gestione congiunta degli acquedotti. Il risultato è che continuiamo a sprecare una risorsa quanto mai preziosa. 

Lo ripeto il settore del TPL è ben più complesso per i motivi detti sopra. Richiede un approccio programmatorio di tipo sistemico. Privatizzare non significa necessariamente liberalizzare. Tra l’altro significa ridurre la trasparenza perché mentre per le imprese pubbliche i dati sono immediatamente disponibili, non così per quelle private al netto dei falsi in bilancio in entrambi i settori. Ritengo che anche un’impresa pubblica locale possa essere gestita bene secondo i più appropriati criteri del bilancio sociale. Servono la volontà politica ed un adeguato controllo sociale.  

domenica 17 dicembre 2017

"Valutarlo? Come faccio a valutarlo?" I Blindfold test di Miles Davis giugno 1964

fonte: Jerry Jazz Musician traduzione Luciano Granieri

Il sito Jerry Jazz Musician propone una pagina di giornalismo storicamente rilevante per gli appassionati di jazz. Recupera, cioè, l'articolo uscito nel giugno 1964  sulla storica rivista di  jazz "Down Beat" in cui il critico musicale Leonard Feather  riporta i risultati  e i giudizi  con cui Miles Davis commentò il blindfold test che lo stesso Feather gli sottopose . Tutti gli appassionati di jazz sanno cos'è un blindfold test, ma siccome non tutti coloro che frequentano questo blog,  pur apprezzando la musica afroamericana, sono maniacalmente addentro alle cose jazzistiche spiego brevemente cosa s'intende per blindfold test. E' un gioo divertente in cui   a jazzisti famosi vengono fatti ascoltare brani di loro colleghi, senza rivelare l'autore  e l'esecutore del pezzo che stanno sentendo  . E' il jazzista ascoltatore che deve indovinare chi sta suonando  e valutare la sua esecuzione. Le moderne tecnologie consentono di corredare il vecchio articolo del Down Beat con la pubblicazione  dei  brani fatti ascoltare a Miles Davis. Per cui si possono  sentire i pezzi  che Miles commentò e valutò in quell'intervista.  Gli autori di Jerry Jazz Musician sono però ottimisti. Infatti nella loro introduzione segnalano che solo il brano "Ah Spain" dell'orchestra di  Rod Levitt, tratto dall'Lp "The Dynamic Sound Patterns", non è disponibile su Youtube. In realtà anche  altri brani sono stati rimossi dalla piattaforma , per cui volta per volta, per sostituirli,  ho trovato qualcosa di simile  utile  comunque  a  far capire all'ascoltatore ciò che fu sottoposto a  Miles Davis.
Good Vibrations
 Luciano Granieri  



Nel giugno 1964   il Blindfold Test  del Down Beat  , organizzato dal pianista, compositore, produttore e giornalista Leonard Feather, il quale  inventò  questa  particolare rubrica  pubblicandone una prima edizione nella rivista Melody Maker alle fine degli anni '30, mette alla prova la capacità di audizione di Miles Davis.

Sebbene Feather scrisse nell’introduzione che Davis  “ non è animato da una tendenza automatica a voler  buttare a mare ogni cosa” egli appare in una rara forma in   quell’occasione.  Le sue osservazioni sono brillanti, feroci, pungenti, sarcastiche, insultanti perfino . E ciò si ritrova già nei commenti del primo disco. Miles prende di mira artisti  e case discografiche, stili musicali e critici.  Senza reticenze.

Con il beneficio della moderna tecnologia , con un'unica eccezione, la musica che Feather fece sentire  a Miles Davis è qui  disponibile per il vostro piacere d’ascolto.
_______________ 

Down Beat, Giugno, 1964

Blindfold Test

di Leonard Feather

Miles Davis è insolitamente selettivo nelle sue abitudini d’ascolto. Questa attitudine non dovrebbe essere interpretata come il riflesso di un qualsiasi tipo di misantropia. Egli si trovava perfettamente ben disposto nel giorno dell’intervista riportata qui sotto; è solo accaduto che i brani selezionati, per la maggior parte non gli fecero molta impressione.

Clark Terry, per esempio, è un vecchio amico e un idolo del Davis di Saint Louis. L’orchestra di Duke Ellington è sempre stata nella lista delle sue  formazioni  preferite .

Davis non mostra un’automatica tendenza nel voler criticare ogni cosa, come l’analisi dei più recenti  blindfoldtest  confermerà (21 settembre 1955, 7 agosto 1958).

La traccia   di Cecil Taylor è stata  proposta dopo un ripensamento perché stavamo discutendo un artista che ha impressionato i critici.  Ho detto che mi sarebbe piaciuto fargli ascoltare un esempio . 

Questo fu l'unico pezzo su cui Davis non dette informazioni.


I Brani:

1. Les McCann-Jazz Crusaders
“All Blues”
(Pacific Jazz)
Wayne Henderson, trombone; Wilton Felder, tenor saxophone; Joe Sample, piano; McCann, electric piano; Miles Davis, composer. 
(Il brano in questione è stato rimosso da Youtube. Di seguito propongo, tratto dallo stesso Lp "Jazz Waltz" , la traccia "Blues For Yna Yna". Le sonorità dovrebbero essere simili. Per una migliore valutazione si può ascoltare l'All blues originale  davisiano al seguente link All blues n.d.r)
Miles Davis: "Di cosa supponi si possa trattare? Questo non è nulla. Non sanno che farci con questo materiale  – o lo suoni blusey,  o lo suoni su una scala. Non fai note piatte . Non l’ho scritto per farci suonare sopra delle note piatte – sai, come un  terzo  minore. O gli suoni contro un accordo intero  oppure….ma non provare a suonarlo  come tu lo suoneresti , ah , “Walkin’ the Dog” capisci cosa intendo?

Il trombonista:  il trombone non è fatto per suonare come fa lui . Siamo nel 1964 non nel 1924. Forse se il pianista  avesse eseguito  il pezzo  per conto suo, qualcosa sarebbe accaduto.

Valutarlo? Come faccio a valutarlo"

---------------------

2. Clark Terry
“Cielito Lindo”
(from 3 in Jazz, RCA Victor)
Terry, trumpet; Hank Jones, piano; Kenny Burrell, guitar
(Anche questo video è stato rimosso da Youtube, in sostituzione ho scelto una versione di Celito Lindo, sempre eseguita da Clark Terry e Kenny Burrell, ma con il quintetto di Ed Thigpen nel 1966. Il gruppo comprende, oltre a Thigpen alla batteria, Terry alla tromba, Burrell alla chitarra, Herbie Hancock al piano e Ron Carter al contrabbasso, guarda caso gli ultimi due   protagonisti del quintetto di Davis  in quel periodo. Chissà su questa esecuzione quale giudizio avrebbe espresso Miles, in particolare sul pianista che qui  è uno dei suoi preferiti? n.d.r.)

Miles Davis: "Clark Terry giusto?  Sai a me è sempre piaciuto  Clark. Ma questo è un disco triste. Perché fanno dischi come questo? Con una chitarra così e un fottuto pianista triste. 

Non c’è nulla per la sezione ritmica , non hai sentito  che è confuso? Tutti ciò di cui avevano bisogno era un basso e Terry.

Questo è ciò che fotte la musica , capisci. Le case discografiche, fanno troppi dischi così tristi man."

----------------------

3. Rod Levitt
“Ah! Spain”
(from Dynamic Sound Patterns, Riverside)
Levitt, trombone, composer; John Beal, bass
(Non è stato possibile reperire, brani di Rod Levitt quindi non possiamo ascoltare il pezzo che fu proposto a Miles. n.d.r.)

Miles Davis:  "Era un’idea  carina ma non c’hanno fatto niente, il bassista  era un figlio di puttana, però.

Cosa stavano cercando di fare, copiare Gil?  Non hanno il feeling spagnolo  - non si muovono . Procedono per terzine, ma ci sono tutti quegli accordi mancanti  - e non ho mai  sentito niente di spagnolo dove ci sono   figure che sono andate.
Questa è della vecchia merda man. Il suono somiglia alla Steve’s  Allen TV band.
 Date  alcune  stelle solo per il bassista". 
(le stelle sono il  metro di valutazione. Il massimo del  gradimento è indicato con 5 stelle n.d.r.)
_________________

4. Duke Ellington
“Caravan”
(from Money Jungle, United Artists).
Ellington, piano; Charlie Mingus, bass; Max Roach, drums. 



Miles Davis: "Cosa posso provare a dire su questo brano?  E’ ridicolo. Capisci  il modo  in  cui riescono a fottere la musica? 

C’è un'asimmetria . Non si completano l’uno con l’altro. Max e Mingus possono suonare insieme ma fra di  loro . Mingus è un bassista  infernale e Max è un batterista infernale. Però Duke non può suonare con loro e loro non possono suonare con lui. 

Ora come fai a dare delle stelle ad un pezzo del genere?  Le case discografiche dovrebbero essere prese a calci nel sedere. 

Qualcuno dovrebbe prendere un cartello di protesta e sbatterlo in testa ai  manager delle case discografiche"

________________

5. Sonny Rollins
“You Are My Lucky Star”
(from 3 in Jazz, RCA Victor).

Don Cherry, trumpet; Rollins, tenor saxophone; Henry Grimes, bass; Billy Higgins, drums. 
(Anche questo brano è stato rimosso da Youtube. Sono però riuscito a trovare un video del 1962 in cui lo stesso quartetto, con Bob Cranshaw al posto di Henry Grimes al basso, esegue il brano "Dearly Beloved". Il sound dovrebbe essere lo stesso di "You are My Lucky Star" n.d.r.)


Miles Davis:  "   Ora perchè hanno dovuto finirla in questo modo? Don Cherry mi piace, Sonny Rollins mi piace e il  pezzo è una buona idea. Il ritmo è carino . Non mi sono molto curato dell’assolo  del bassista. Cinque stelle  significa veramente  ottimo ?  E solo buono, nulla più, dagli tre stelle."



___________

6. Stan Getz – Joao Gilberto
“Desafinado”
from Getz-Gilberto, Verve
Getz, tenor saxophone; Gilberto, vocal. 




Miles Davis:   "Gilberto e Stan Getz hanno fatto un album insieme? Stan qui suona bene. Mi piace Gilberto.  Non solo particolarmente pazzo di certa bossa nova. Mi piace il samba. E mi piace Stan perché ha così tanta pazienza nel modo di suonare questa  melodia. Altri musicisti non riescono a trarre molto da una canzone,  ma lui ci riesce.  Quanta ispirazione  prende dalle molte suggestioni che possiede e che molti altri musicisti non hanno!

Così per Gilberto, potrebbe leggere un giornale e suonare bene , darò, a lui solo, cinque stelle.

_____________
7. Eric Dolphy
“Mary Ann”
(from Far Cry, New Jazz).
Booker Little, trumpet; Dolphy, composer, alto saxophone; Jaki Byard, piano. 



Miles Davis:   "Dovrebbe essere Eric Dolpjy nessun altro potrebbe suonare questa porcheria. La prossima volta che l’incontrerò gli camminerò sui piedi, puoi scriverlo. Penso che sia ridicolo, un fallito figlio di puttana."

Leonard Feather: "Down Beat non riporterà questa parole. (Ma io li convnicerò)"

Miles Davis:   "Emette solo un lugubre  shhhhhh, questo è tutto. La composizione è oscura , il pianista  li fotte intromettendosi e non puoi sentire, come si suppone,   che le frasi vengono accentuate. E’ un disco orrendo ed è possibile che determini   un altro fallimento della casa discografica.  Il funzionamento è giusto se tu ti appresti a suonare in un certo modo, come Freddie Hubbard o Lee Morgan, ma devi metterci qualcosa, dovresti disporre di una lunga sezione ritmica. Non puoi cominciare  a suonare tutto solo sulle ottave.

Il  pianista è triste. Devi pensare quando suoni; devi aiutare tutti gli altri  - non puoi suonare solo per te stesso. Devi suonare  insieme a chiunque ti stia accanto. Se sto suonando con Basie devo provare a supportare quello che sta facendo – quel  feeling particolare. 
_____________
8. Cecil Taylor
“Lena”
(from Live at the Café Montmartre, Fantasy).
Jimmy Lyons, alto saxophone; Taylor, piano. 



Miles Davis:   "Toglilo ! E’ della fottuta merda, man. Tanto per cominciare  ci trovo alcuni cliche di Charile Parker……non  hanno una forma. E’ questo ciò che stanno osannando i critici?  Loro, i  critici migliori, è meglio che vadano a prendersi un caffè.  Se non hanno  niente da sentire  potrebbero ammetterlo . Prendere   qualcosa del genere e dire che è grande, solo perché qui non c’è nulla da ascoltare, è come uscire e andare a puttane."

Leonard Feather:  "Quest' uomo dice di essere stato influenzato da Duke Ellington"

Miles Davis: "Io non distribuisco cattiverie , dovrebbe essere Cecil Taylor. Giusto? Non mi interessa chi lo ha inspirato, questa immondizia non è nulla. Sai in primo luogo non conosce il modo toccare il piano. Non ha il tocco con cui  dovrebbe emettere un  suono relativo a  qualunque cosa lui pensi  stia venendo fuori .

Non posso dire che è influenzato da Duke, ma spingere  il pedale dell’acceleratore  sul piano come per fare una corsa , mi sa molto di vecchio stile. E quando l’alto sassofonista siede lassù…e suona senza alcun tono, è la ragione per cui non compro nessun disco del genere.