Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 18 luglio 2015

L’acqua di Colleferro ad ACEA, cosa cambia?

Rete per la Tutela della Valle del Sacco

Nello scorso mese di maggio il Comune di Colleferro ha ceduto gli impianti del servizio idrico comunale al nuovo gestore ACEA ATO2 SpA.
“Era un passaggio dovuto”, ha tenuto a precisare l’ex Commissario Straordinario Dott.ssa Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi. In effetti nel lontano 2003 il comune di Colleferro decise di entrare a far parte dell’ATO 2 LAZIO CENTRALE ROMA (uno dei cinque ambiti in cui era diviso il territorio della nostra regione per la gestione del servizio idrico integrato), insieme ad altri 111 comuni, ambito affidato appunto ad ACEA ATO 2 SpA.

La gestione prima di Acea.
Nel 1997, in attesa di ACEA, il nostro servizio idrico è stato privatizzato e dato in gestione ad Italcogim SpA.
In realtà il contratto che il comune di Colleferro stipulò con Italcogim era piuttosto anomalo rispetto a quanto riportato nella normativa. La legge Galli, infatti, stabiliva che la tariffa del servizio idrico dovesse comprendere tutti i costi (principio del “full recovery cost”), da quelli per il personale a quelli per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Imponeva anche un guadagno sicuro del 7% su tutti gli investimenti che avrebbe effettuato il gestore. Quest’ultima vergognosa clausola è stata cancellata dal referendum di giugno 2011 ma surrettiziamente reintrodotta con il nuovo sistema tariffario stabilito dall’AEEGSI (Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico), sotto la voce “oneri finanziari”.
Il contratto con Italcogim prevedeva che il comune avrebbe comunque avuto un ruolo rilevante nella gestione, soprattutto relativamente alle spese di manutenzione e innovazione dell’acquedotto: a partire da pochi metri tubo, spettava al comune la riparazione.
Nelle nostre bollette, quindi, non venivano caricati parecchi oneri, che pagava direttamente il comune o comunque un ente pubblico con i propri fondi. Ad esempio,  il pozzo n. 9, costato più di un milione di €, è stato interamente finanziato dalla regione Lazio.
Questi investimenti, come le opere di pronto intervento, erano comunque gestite da delibere comunali, consultabili sul sito istituzionale. L’amministrazione comunale, con i suoi pregi e difetti, era un interlocutore raggiungibile: la nostra associazione è stata più volte ricevuta dall’ufficio tecnico per chiarimenti su eventuali problemi occorsi all’acquedotto. Velo pietoso invece sul gestore privato, che si limitava a gestire la bollettazione, controllare le infrastrutture ed effettuare le analisi dell’acqua.

Arriva Acea ATO 2 SpA
Con l’avvento di ACEA entreremo nel nuovo regime tariffario: in bolletta verranno conteggiati anche gli investimenti (in tutto il territorio dell’ATO) e i relativi guadagni garantiti per il gestore e il conto sarà di conseguenza molto più salato, verosimilmente avvicinandosi al 50% di aumento. Acea però al momento non gestirà gli impianti di depurazione e fognatura, per cui rimane al momento incerto il modo in cui questa voce entrerà in bolletta.
Svanirà anche la possibilità di controllo da parte dei cittadini sulla gestione del servizio idrico, che verrà completamente delegato alla società di gestione senza possibilità di alcuna interlocuzione in merito.
Anche i sindaci, che hanno un relativo potere decisionale nell’assemblea dei sindaci dell’ATO, hanno poca voce in capitolo dal momento che il comune di Roma ha un peso decisionale estremamente più significativo rispetto agli altri comuni dell’ATO 2.
E se il buongiorno si vede dal mattino, qualche preoccupazione sorge subito dalla chiusura degli sportelli al pubblico diffusi sul territorio: dai primi di luglio al 30 settembre l’utenza si potrà rivolgere solo alla sede centrale di Roma, fatto che ha destato le ire di diversi sindaci dell’ATO, come quello di Subiaco:"In un momento in cui le politiche commerciali di Acea Ato 2 risultano già estremamente penalizzanti per i cittadini - ha commentato il sindaco di Subiaco Pelliccia - con richiesta di conguagli e bollette pazze, oltre al danno aggiungiamo anche la beffa: nel periodo estivo, in cui la popolazione del comprensorio aumenta sensibilmente, anziché implementare ulteriormente il servizio si chiude lo sportello per oltre due mesi".

Chi è Acea?
Acea ATO 2 SpA fa parte di Acea SpA, la multiutility che i occupa di importanti servizi pubblici come acqua, rifiuti e energia elettrica. Il suo assetto azionario, al 31 dicembre 2014 è il seguente:
Roma capitale 51%
Mercato 18,64%
Caltagirone 15,86%
Suez Env. Comp. 12,48%
Norges Bank 2,02 %
Benché la maggioranza sia in mano al comune di Roma, a dettare le regole della società sono gli altri componenti dell’assetto azionario. Quella che una volta era l’acqua del sindaco, ora è l’acqua di banche, costruttori e multinazionali.
Nel settore idrico i ricavi nel 2014 sono stati 653,8 milioni di €, con un risultato operativo di 221 milioni. Il settore elettrico presenta ricavi per 2073,7 milioni con un risultato operativo di 4,4 milioni.   Questo dato rende conto del peso del settore idrico sul piano dei profitti.

La legge regionale 5/2014: una possibile ancora di salvezza
Per salvare l’acqua dal mercato è fondamentale che siano approvati i decreti attuativi della legge regionale 5/2014 sulla “Tutela, gestione e governo pubblico delle acque”, che permette la gestione pubblica dell’acqua con la partecipazione dei cittadini. La legge ne prevedeva l’emissione entro il 2014, ma ancora non si è visto nulla.
Risulta cruciale soprattutto l’approvazione degli Ambiti di Bacino Idrografico (ABI). Gli esperti del movimento per l’acqua del Lazio hanno realizzato una proposta che rispetta la struttura dei bacini idrografici sul piano regionale, identificando in particolare quello della Valle del Sacco. Tale proposta è stata fatta propria da 10 consiglieri con la proposta di legge 238 del 2015. Sollecitato fortemente dai comitati, dopo mesi di inutili confronti, l’assessore Refrigeri si è impegnato per la giunta ad emettere una propria proposta.
Il 20 luglio ci sarà un incontro in regione con tutti i capigruppo, il presidente del consiglio regionale, il presidente della commissioneambiente e l’assessore Refrigeri per un definitivo chiarimento.
Se non ci sarà l’approvazione del nuovo assetto regionale degli ambiti la Regione sarà commissariata e verrà costretta a creare un ambito regionale nel quale ACEA, avendo più del 23% diventerà l’unico concessionario del servizio idrico. A quel punto verrà vanificata la volontà dei cittadini che hanno proposto la legge di iniziativa popolare e del consiglio regionale che ha votato la legge all’unanimità.
Vi terremo informati sugli sviluppi della legge regionale e del nostro servizio idrico.

Brasile La crisi del governo Dilma e l'alternativa che i lavoratori devono costruire

Zé Maria (presidente del Pstu, sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale)
 
 
Nelle ultime settimane la crisi del governo diretto dal Pt [Partito dei Lavoratori, fondato da Lula, ndt] si è aggravata. I bassi indici di popolarità, la mancanza di sostegno nella società, l'estrema fragilità, fanno assomigliare il governo a un equilibrista sulla fune, mentre deve affrontare nuove denuncie per corruzione nel quadro di una crisi economica che si sta rivelando profonda. La mancanza di appoggio nella società accresce la crisi politica e rende fragile la base di sostegno politico del governo nel parlamento, generando continue crisi che riducono le stesse capacità del governo di gestire la crisi economica capitalistica.
La crisi economica colpisce il governo del Pt, per un lato spingendolo a intensificare gli attacchi ai diritti e alle condizioni di vita dei lavoratori, riducendo così a nulla la sua base di sostegno tra le masse popolari; dall'altro lato, la profondità della crisi e il rischio di perdere il controllo su di essa induce settori delle grandi imprese e delle banche, che finora hanno sostenuto il governo evitando che guadagnasse peso la proposta di impeachment, a manifestare dubbi sulla capacità di Dilma di neutralizzare le lotte e la resistenza dei lavoratori e quindi di saper applicare a fondo il pacchetto di misure fiscali e di far avanzare l'economia del Paese assicurando i profitti padronali.
 
La Dichiarazione di una parte della sinistra
E' in questo scenario che l'opposizione borghese si fa avanti, inasprisce gli attacchi contro il governo del Pt con l'intento di indebolirlo per garantire una vittoria dell'opposizione nelle prossime elezioni. Ed è in questo medesimo quadro che dirigenti del Psdb (e anche alcuni del Pmdb) [i principali partiti dell'opposizione borghese, ndt] tornano a parlare di un allontanamento della presidente, della convocazione di nuove elezioni in cui far vincere Aecio Neves [leader del Psdb, ndt] o puntare su un governo guidato da Michel Temer (Pmdb) in accordo con il Psdb e altri partiti, in un tentativo di governo di unità nazionale.
In definitiva, quindi, l'opposizione borghese usa le denunce di corruzione e l'erosione dell'appoggio popolare a Dilma per attaccarla e indebolire ancora di più il governo del Pt.
E' da qui che nasce, in settori della sinistra, organizzazioni sindacali e movimenti sociali vicini al Pt, la campagna attorno all'idea che "la destra sta preparando un golpe contro il governo perché la destra vuole attaccare i diritti dei lavoratori e imporre una politica conservatrice al Paese". Questa campagna, espressa nella Dichiarazione che si può leggere a questo link
http://bit.ly/1eD9UD6 è guidata dalla direzione del Mst [Movimento dei senza terra, ndt], insieme con la Cut [il principale sindacato del Brasile, diretto dal Pt, ndt] e altri movimenti, e conta con l'appoggio esplicito della sinistra del Pt, di Lula e della stessa direzione del Pt, tutti ad agitare questo spettro del golpe per difendere il governo con la scusa della "difesa della legalità democratica".
 
La ricollocazione della classe operaia all'opposizione
E i lavoratori, come si collocano in questo quadro?
I lavoratori sanno di essere loro a pagare il conto della crisi economica, di essere loro a compensare le perdite dei profitti di banchieri e industriali e sanno quale è il costo della politica economica del governo del Pt. Dalla rielezione di Dilma nell'ottobre scorso, questo governo non ha fatto altro che attaccare i diritti dei lavoratori, delle masse povere. Questo appare evidente nel pacchetto di misure fiscali adottato, nei tagli ai diritti (indennità di disoccupazione, pensioni, ecc.) e agli investimenti sociali, nell'aumento della disoccupazione, dell'inflazione, delle privatizzazioni, ecc. Le due ultime misure adottate dal governo innalzano l'età pensionabile e consentono la diminuzione di salario in caso di riduzione della giornata lavorativa.
E' questo lo scenario che spiega la costante erosione del sostegno popolare al governo, ricollocando la maggioranza della classe, e in particolar modo della classe operaia, all'opposizione di Dilma.
Questo processo di rottura col governo ha origine nelle grandi manifestazioni del giugno 2013, ha continuato a crescere da allora e si approfondisce a ogni nuova misura assunta dal governo. E' stato emblematico (per quanto trascurato dai media) il rifiuto opposto dai lavoratori della Mercedes Benz di San Bernardo all'accordo proposto dal padronato e dal sindacato, accordo che diminuiva il salario e i diritti con la scusa di preservare i posti di lavoro. Più del 70% dei lavoratori hanno votato contro.
Ed è enorme la rabbia dei lavoratori, particolarmente nei settori più sfruttati da quando governa Dilma. E' questo che spiega perché è accolta con grande simpatia nelle fabbriche e nei cantieri edili l'idea di cacciare questo governo quanto prima.
Una alternativa dei lavoratori può essere costruita solo nella lotta contro il governo del Pt. Per questa ragione, l'indicazione di "lottare contro la destra", sostenuta dai settori che hanno firmato la citata Dichiarazione, che chiamano i lavoratori a difendere il governo, non ha nessun senso. E' esattamente questo governo il principale responsabile dei mali che affliggono la vita delle masse popolari in questo momento: ed è importante sottolineare che in questo, governo e opposizione borghese stanno attuando con una perfetta unità e sintonia. Tutto il "modello economico" applicato dal governo del Pt ha come scopo garantire il pagamento alle banche del cosiddetto "debito pubblico", assicurando i profitti delle grandi imprese e gli interessi delle multinazionali. Ossia, gli interessi di quella "destra" che alcuni a sinistra dicono di voler combattere.
 
Non esiste nessun "governo in disputa"
E tutto ciò succede per le scelte di fondo fatte storicamente e sviluppate fino ad oggi dal Pt. Tra le quali, in primo luogo, quella di aver stretto un'alleanza con le grandi imprese per vincere le elezioni e governare. Se ci si allea con banchieri e industriali per governare non si può al contempo sostenere i diritti e gli interessi dei lavoratori. Il governo Dilma non è ostaggio di banchieri e industriali, è ostaggio della sua scelta di governare insieme a loro. Il riflesso di questa scelta di fondo è la decisione di voltare le spalle alle masse popolari e alle loro lotte, per governare attraverso le istituzioni parlamentari. Tutto ciò non poteva dare un risultato differente. Non si tratta di inveire contro il parlamento perché è un covo di conservatori: il parlamento è sempre stato questo ed esiste esattamente per svolgere questo ruolo, per preservare gli interessi dei ricchi e dei potenti. Il problema è piuttosto che il Pt scelse di incentrare lì la sua politica, alleandosi con i vari esponenti politici della borghesia. Da scelte simili, cosa poteva discendere? Un governo progressista?
E' bene chiarire che non esiste nessuna possibilità di un differente governo del Pt, basato su un altro "modello economico", che difenda gli interessi dei lavoratori. Non esiste nessun governo "in disputa", che possa "svoltare a sinistra" sotto la pressione dei movimenti sociali. Sono già 12 anni che i lavoratori brasiliani vengono ingannati con questa prospettiva: quanto è ancora necessario per concludere che si tratta di una illusione reazionaria il cui obiettivo è ostacolare e ritardare la lotta dei lavoratori? Come non vedere che il cosiddetto progetto "democratico e popolare", tanto più nell'epoca del capitalismo decadente, è di destra anche se lo sta facendo un governo che si presenta come "di sinistra"?
I compagni e le organizzazioni che sostengono la Dichiarazione che abbiamo citato non accettano le nostre conclusioni, per quanto oggi risultino evidenti. Così finiscono col difendere, in realtà, il sostegno al governo in carica, come se ciò costituisse una alternativa dalla parte dei lavoratori che, viceversa, sono attaccati precisamente da questo governo e dalle forze sociali che lo sostengono. E' così che questi compagni e queste organizzazioni, quando criticano il governo o alcune sue politiche, lo fanno cercando sempre di difenderlo "contro la destra".
Invece di chiamare i lavoratori nelle piazze per sconfiggere le politiche del governo e l'offensiva dei padroni contro i nostri diritti, invece di convocare uno sciopero generale contro le misure che il governo sta attuando (tra cui la contro-riforma previdenziale), queste organizzazioni [della sinistra riformista e centrista, ndt] non perdono occasione per ostacolare o deviare la lotta dei lavoratori, fanno di tutto per evitare che i lavoratori si scontrino con il governo che essi difendono: è questo il caso della Cut, del Mst, della Une [Unione nazionale degli studenti, sigla diretta dal Pt, ndt], del Pc brasiliano e di altri.
 
Siamo davanti a un "golpe della destra"?
La Dichiarazione a cui ci riferiamo sostiene che l'opposizione borghese starebbe organizzando un "golpe" per imporre un governo "di destra", per poter attaccare i diritti dei lavoratori e imporre una politica conservatrice al Paese. E che, per questo, bisogna difendere il governo del Pt contro l'opposizione borghese.
Il primo problema con lo scenario dipinto da questi compagni, è che esso non ha niente a che fare con la realtà. Quali sarebbero le misure che il governo del Pt ha preso o starebbe per prendere che vanno a favore dei lavoratori e contro le banche, le grandi imprese, le multinazionali? Ce ne si indichi almeno una.
No, la realtà è che non esiste nessuna misura di questo tipo. Al contrario, i banchieri e i grandi industriali hanno guadagnato più denaro durante i governi del Pt che con qualsiasi altro governo. E' lo stesso Lula a vantarsi della cosa. Una buona parte di questo viene dalla montagna di denaro che i governi del Pt destinano ogni anno per il pagamento del debito estero e interno ai banchieri, e per i sussidi e gli incentivi fiscali alle grandi imprese, così come dai frutti degli attacchi fatti ai diritti dei lavoratori, dai tagli allo stato sociale, alle pensioni, ecc.
L'industria agroalimentare ha ricevuto quasi 190 miliardi di real per finanziare il prossimo raccolto, e la riforma agraria con il governo Dilma non è meno lontana di quanto lo era con il governo di Collor de Mello [politico reazionario che governò nei primi anni Novanta, ndt], di triste memoria. Il Psdb [Partito socialdemocratico del Brasile, fondato da Cardoso, in realtà, al di là del nome, su posizioni di centro, nelle ultime elezioni ha candidato Aecio Neves, arrivato al ballottaggio contro Dilma, ndt] vuole, sicuramente, privatizzare la Petrobras: ma lo smantellamento dell'impresa, la privatizzazione della Pre-sal e della stessa Petrobras che Dilma sta facendo non sono forse la stessa cosa?
Il potere mediatico è nefasto: in particolare la rete televisiva Globo. Ma quando Lula entrò in carica nel 2003, la rete stava fallendo e fu salvata dal governo. Oltre a un miliardo di real in quel momento, è bene ricordare che la Globo ha ricevuto anche 6,2 miliardi di real in pubblicità dal governo federale, dal primo mandato di Lula ad oggi.
E' corretto denunciare la natura conservatrice e reazionaria del potere giudiziario. Ma chi fu che - accettandone le regole - nominò la maggioranza dei componenti dell'Alta corte? La destra? No: furono Lula e Dilma.
E' corretto denunciare gli attacchi dei padroni dell'agroalimentare e del Psdb contro le comunità indigene. Ma possiamo dimenticare che è stato proprio il governo Dilma quello che meno ha fatto per la riconsegna delle terre alle comunità indigene?
Certo, c'è una onda di criminalizzazione delle lotte e delle organizzazioni dei lavoratori, e ciò è evidente con i governi diretti dal Psdb negli Stati del Paranà e di San Paolo. Ma non è forse vero che abbiamo visto la medesima repressione attuata contro le mobilitazioni durante i mondiali di calcio, nelle manifestazioni contro la privatizzazione della Pre-sal: e tutto ciò per ordine diretto del governo federale di Dilma che ha impiegato persino l'esercito?
La legge contro le "organizzazioni criminali", approvata con l'appoggio del governo e promulgata da Dilma, è lo strumento per criminalizzare le azioni di lotta dei lavoratori e dei giovani. I picchetti di sciopero vengono classificati come "cospirazione". E l'area politica che sostiene il governo in parlamento è responsabile di queste misure tanto quanto l'opposizione borghese. O qualcuno può forse sostenere che è stata l'opposizione da sola ad approvare l'abbassamento dell'età per cui si risponde di reati penali [dai 18 ai 16 anni, ndt]? O le misure di terziarizzazione? Lo stesso Eduardo Cunha, del Pmdb [Partito del Movimento Democratico brasiliano; Cunha è noto per le sue crociate reazionarie e omofobiche, ndt], famigerato presidente della Camera dei deputati, ha acquisito la forza per ricoprire il ruolo che ricopre dopo dieci anni di governo del Pt. E' stata Dilma, per guadagnare voti e "governabilità", a dare spazio ai settori più reazionari della società, vietando le campagne contro l'omofobia nelle scuole, abbandonando la difesa della legalizzazione dell'aborto, ecc.
No, in realtà, non c'è nessun preparativo di golpe per difendere gli interessi della borghesia, attaccare i diritti dei lavoratori e imporre una politica reazionaria per il Paese. E questo perché tutto ciò già viene fatto. Già vengono difesi gli interessi della borghesia, già vengono attaccati i diritti dei lavoratori, già vengono imposte politiche reazionarie al Paese. E tutto ciò viene fatto dal governo del Pt e dai suoi alleati (banchieri e padroni) e da larga parte della sua maggioranza nel parlamento. Alcuni settori minacciano ora di lasciare la nave solo perché la nave sta affondando in un mare di denuncie di corruzione, perché è sempre più evidente il fallimento del governo e perché c'è un crescente rifiuto di massa del governo, che diminuisce la capacità di controllo della situazione da parte di Dilma.
 
La Cut, i partiti della sinistra e le organizzazioni popolari devono rompere col governo!
Per difendere i lavoratori e affrontare la destra, la Cut e l'Mst devono rompere con il governo. La Cut, l'Mst e le altre organizzazioni che hanno sottoscritto la Dichiarazione che abbiamo citato hanno una grande responsabilità nell'attuale scenario politico. E' necessario osservare che, al di là di una critica essenzialmente retorica alle politiche del governo, queste organizzazioni stanno agendo nei fatti per difendere il governo contro le critiche che gli vengono mosse. E' questo che spiega la posizione vacillante di questi settori nella lotta contro le misure varate da Dilma che riducono le tutele per i disoccupati. E' questo che spiega perché queste forze si sono rifiutate di convocare uno sciopero generale che avrebbe potuto sconfiggere quella e altre misure reazionarie del governo. Potremmo fare qui una lunga lista di episodi che mostrano lo stesso atteggiamento. Ma è sufficiente vedere come la Cut ha sostenuto apertamente il cosiddetto Ppe [Programma di protezione del lavoro, ndt], anzi, in realtà ha persino aiutato il governo nel formulare una proposta che, non solo non protegge il lavoro ma ammette riduzioni salariali perché i padroni possano preservare i loro profitti in questo momento di crisi economica. Questa centrale sindacale, la Cut, è passata così nel campo dell'aperta collaborazione con il governo, contro gli interessi dei lavoratori.
Per invertire questa situazione, perché la Cut si collochi nel campo della difesa dei diritti dei lavoratori, è necessario che rompa con il governo, dato che questo è, oggi, il principale strumento del grande capitale per imporre i suoi piani contro i lavoratori e le masse popolari del nostro Paese. Questa è la necessità primaria per la Cut, dato che senza questo il suo ruolo sarà sempre più nefasto per le lotte e l'organizzazione della nostra classe. E' necessario rompere col governo e chiamare i lavoratori alla lotta per sconfiggerlo. I sindacati e i movimenti legati alla Cut devono fare la loro parte, esigendo questa rottura; ma laddove la Cut dovesse rimanere legata al governo, sono i sindacati e i movimenti che devono rompere con questa centrale sindacale, per raggiungere quanti stanno operando per costruire nelle lotte della nostra classe la sconfitta delle misure del governo e una alternativa dei lavoratori per il Paese. Lo stesso vale per i partiti e le organizzazioni politiche della sinistra socialista brasiliana. Senza rompere in forma categorica con il governo non c'è modo di difendere nei fatti i diritti dei lavoratori.
 
Il sostegno dell'opposizione borghese alla politica del governo
L'opposizione borghese diretta dal Psdb e dal Pmdb non è una alternativa per il Paese.
Il Psdb ha già governato il Brasile e ha solo arrecato danni ai lavoratori e al Paese. Cosa sarebbe un governo di Aecio se non una ripetizione (persino in peggio) del governo di Cardoso, di triste memoria? E qualcuno, in coscienza, potrebbe sostenere che un governo diretto dal famigerato Eduardo Cunha potrebbe portare qualcosa di buono?
E' una vera fiera dell'ipocrisia la "indignazione" esibita da Cardoso e Aecio Neves davanti alle telecamere quando tuonano contro la corruzione che, dicono, si è impadronita del Brasile. Certo, è vero che la corruzione si è impadronita del Paese: ma non da oggi. Oggi vediamo le stesse pratiche corrotte che già attuava il governo di Cardoso quando costruiva la sua base di sostegno politica. O ci siamo dimenticati della compravendita di voti che fece per garantirsi la rielezione? delle privatizzazioni "al limite della irresponsabilità" che furono fatte dal suo governo? Aecio Neves sta denunciando il finanziamento che Dilma ha ricevuto durante la sua campagna elettorale: ma egli stesso ha ricevuto lo stesso tipo di finanziamento, dalle medesime aziende (in quantità simili). E' solo puro cinismo!
Non a caso questi partiti sono in piena sintonia col Pt quando si tratta di far passare il pacchetto di misure fiscali e gli attacchi ai lavoratori che sono stati approvati dal parlamento. Essi sono i rappresentanti più diretti del grande padronato e dei banchieri di questo Paese: per questo appoggiano la politica economica del governo Dilma. Per la stessa ragione, sono stati la punta di lancia nell'approvazione alla Camera delle misure di terziarizzazione.
Se rimanesse qualche dubbio su cosa sarebbe un eventuale governo diretto da questi signori, basti vedere come i governi del Paranà e di San Paolo (entrambi diretti dal Psdb) hanno reagito di fronte all'ultimo sciopero dei lavoratori della scuola [inviando la polizia militare a sparare pallottole di gomma sui manifestanti, ndt]; o come questi due governi siano coinvolti in innumerevoli scandali di corruzione.
Per i lavoratori, un governo di questi signori sarebbe uguale o peggio del governo del Pt.
Per questa ragione i lavoratori non possono lasciarsi ingannare dalle litanie di questa gente. Già nelle elezioni dell'anno scorso molti lavoratori disgustati dal governo del Pt hanno votato Aecio Neves, pensando che questo avrebbe potuto portare a un cambiamento. Ma è stato un inganno: lo stesso Aecio continua a ripetere sulla stampa che il governo Dilma sta copiando il suo programma. Se fossero al governo, farebbero le stesse cose che fa il Pt. Abbiamo bisogno di una alternativa della nostra classe, contro il governo del Pt che è in carica, ma anche contro la destra che si organizza sotto le bandiere del Psdb e del Pmdb. Insomma: basta con Dilma, Aecio, Eduardo Cunha, Temer, Calheiros, Pt, Psdb e Pmdb!
 
I compiti della sinistra
Di fronte all'ampio processo di rottura dei lavoratori con il governo e con il Pt, quali sono i compiti della sinistra brasiliana?
Si tratta forse di difendere il governo del Pt "contro la destra", ignorando l'esperienza concreta e il sentimento dei lavoratori in relazione al governo? Dovremmo forse convincere i lavoratori che essi non possono ribellarsi agli attacchi ai loro diritti che il governo del Pt sta infliggendo, per "non fare il gioco della destra"? E' questa la via che ci propongono appunto i firmatari dell'appello che abbiamo citato.
Noi siamo in totale disaccordo con questa proposta. In primo luogo, perché la "destra" è già, in gran parte, nel governo del Pt. Questo governo non è "di sinistra". Chi sono i vari Joaquim Levy, Katia Abreu, Michel Temer [ministri del governo Dilma, ndt], e un lunghissimo eccetera, se non i rappresentanti diretti dei banchieri, degli industriali, del grande padronato nel governo? E un governo basato sull'alleanza con i padroni governa per i padroni, per i loro interessi, non certo per gli interessi dei lavoratori. In secondo luogo, è necessario dire che la posizione delle organizzazioni firmatarie del citato appello apre il cammino a un ulteriore rafforzamento dell'influenza dell'opposizione borghese tra i lavoratori e le masse popolari, perché lascia i lavoratori soli nella lotta di opposizione al governo del Pt (che, ripetiamolo, è oggi rifiutato dalla grande maggioranza dei lavoratori e delle masse popolari).
Noi pensiamo che la rottura dei lavoratori con il Pt e il suo governo è progressiva e deve essere stimolata. Che dobbiamo aiutare a promuovere e organizzare le lotte della nostra classe per cacciare quanto prima questo governo, cercando di costruire nelle lotte una alternativa classista e socialista (contro il Pt e contro la destra), per sostituire il governo. Pensiamo che i lavoratori hanno il diritto di cacciare il governo del Pt, tanto più che furono i lavoratori che elessero questo governo che li sta tradendo. E pensiamo che la nostra classe ha bisogno di liberarsi anche dei vari Neves, Cunha, Calheiros, Temer, che difendono l'identico "pacchetto fiscale" a favore dei banchieri.
 
Serve un governo dei lavoratori!
E' necessaria una alternativa di classe e socialista per il Brasile. Rompere con questo governo è indispensabile per lottare in modo coerente in difesa dei diritti dei lavoratori; e lo è tanto più se vogliamo costruire una alternativa di classe e socialista perché siano i lavoratori a governare il Paese.
La classe lavoratrice deve e può costruire una alternativa della nostra classe per realizzare quanto è necessario. Una alternativa indipendente dalla borghesia, classista e socialista, che realizzi le misure che sono necessarie perché le masse popolari possano avere una vita degna, a partire dal cessare di pagare il debito ai banchieri. E' necessario nazionalizzare le banche, la terra, interrompere le privatizzazioni e ri-nazionalizzare quanto è stato privatizzato, espropriare le aziende che licenziano, ecc. Tutto ciò è necessario perché si possa avere lavoro, riforma agraria, diritto alla sanità, all'educazione, alla casa, alla pensione, al tempo libero, alla cultura e diritti sociali per tutti.
Per questo è necessario stimolare e organizzare la lotta dei lavoratori e delle masse popolari contro il governo e contro l'opposizione borghese, per difendere i diritti e gli interessi della nostra classe. E' nel corso di queste lotte che costruiremo le condizioni per un governo dei lavoratori, senza padroni, che ponga fine allo sfruttamento e all'oppressione capitalistica. Un governo che si appoggi sulle lotte e sulle organizzazioni dei lavoratori e delle masse popolari del nostro Paese: unica via per poter cambiare il Brasile.
Non possiamo ripetere l'esperienza del Pt, cioè quella di allearsi con i padroni e tentare di governare il Paese attraverso le istituzioni come il parlamento. I lavoratori nelle piazze, in lotta: ecco il primo requisito per cambiare davvero le cose.
Avremo la forza e il tempo per riuscire a fare tutto ciò? Dipende. Dipende dagli sviluppi della lotta dei lavoratori e dei giovani e dalla capacità di questa lotta di sbarrare la strada alle alternative della borghesia (un governo del Pt o della destra tradizionale). Ma dipende soprattutto dalle organizzazioni della classe operaia, dato che il ruolo della direzione del movimento è ancora più importane in momenti come questo. Dipende, dunque, da quanto farà la maggioranza della sinistra brasiliana che, al momento, è in definitiva schierata per la difesa del governo del Pt.
Non c'è modo di prevedere il risultato di questa lotta. Ma ciò che la sinistra socialista non può smettere di fare è la sua parte, cioè stimolare e aiutare i lavoratori a costruire la loro strada per uscire dalla miseria a cui il capitalismo e i suoi governi ci condannano. In ogni caso, per questa via non potremo che accumulare coscienza, organizzazione e, pertanto, forza per le lotte future.
 
La battaglia del Pstu: per lo sciopero generale, per una prospettiva rivoluzionaria
Il Pstu ha fatto e sostenuto il fronte unico e l'unità d'azione con qualsiasi organizzazione ogni qualvolta ciò fosse possibile e necessario per lottare in difesa dei diritti dei lavoratori minacciati dal governo e dal padronato. E continueremo a farlo, dato che questa è una necessità della nostra classe: ma sempre respingendo ogni tentativo di legare la difesa dei diritti dei lavoratori con la difesa del governo, dato che è proprio il governo che attacca i lavoratori.
Per questo sosteniamo l'appello ai sindacati fatto dalla Csp Conlutas: è necessario convocare uno sciopero generale nazionale per sconfiggere gli attacchi del governo e della borghesia ai diritti dei lavoratori. Al contempo ci impegnamo costantemente perché le lotte si sviluppino e si generalizzino, e avanzino fino a creare le condizioni perché i lavoratori assumano il governo del Paese.
Questa è la nostra strategia, dato che gli attacchi ai nostri diritti non cesseranno né con questo governo del Pt né con un governo dell'opposizione borghese. Dobbiamo costruire una alternativa di classe e socialista per il Brasile, sostenuta dalle lotte e dalla organizzazione indipendente dei lavoratori, per non ripetere il cammino che ha condotto il Pt lì dove è oggi. Solo così sarà possibile porre fine allo sfruttamento e all'oppressione a cui il capitalismo condanna i lavoratori e i giovani.
Ma questa lotta non riguarda solo i militanti del nostro partito. E' la lotta di tutti coloro che vogliono lottare per il socialismo nel nostro Paese.
E' su questi temi e sui passi concreti che come Pstu proponiamo che chiamiamo a riflettere i militanti del Pt e tutta la sinistra brasiliana, in questo momento senza precedenti che stiamo vivendo in Brasile.

venerdì 17 luglio 2015

Eutanasia archeologica, evaporazione dei secoli

Luciano Granieri


Il 23 luglio prossimo, se il Popolo Ciociaro (generato dal Popolo Volsco, annesso al Popolo della Roma Imperiale) non si darà una mossa, il sindaco e la giunta daranno il via libera all’edificazione di un ecomostro sul sito archeologico delle terme romane. Proprio il 23 è convocato il consiglio comunale che dovrebbe ratificare l’eutanasia di questo immenso patrimonio culturale. Per scongiurare il   saccheggio di una ricchezza pubblica, il Comitato “Io difendo le terme romane” ha organizzato un programma di incontri con la  cittadinanza per informare e sensibilizzare sul genocidio storico che una giunta ed un sindaco, pronti a svendere tutto ciò che valorizza  culturalmente e socialmente Frosinone, vogliono mettere in atto. E proprio da questi  incontri il Comitato  intende fare   appello alla popolazione affinchè intervenga in massa al consiglio incriminato per fare pressione e convincere i consiglieri che il bene della città non si ottiene seppellendo  importanti reperti archeologici.  All’eutanasia a mezzo cemento del patrimonio archeologico, segue l’evaporazione della memoria. Con l’alienazione di necropoli ed insediamenti abitativi volsci,  sta evaporando la memoria frusinate  del VI secolo avanti cristo, l’era dei Volsci.  Sta evaporando il II secolo dopo Cristo, l’età imperiale con l’occultamento definitivo delle terme romane. Se si continua di  questo passo forse si perderà la memoria del XV secolo, del XVII. Magari evaporerà anche il  XXI secolo, se un giorno qualcuno deciderà di abbattere il palazzo di De Mattheis, quella sorta di eco mostro che ha sepolto una buona parte delle terme romane. Francamente però per quest’ultima evaporazione non ci cospargeremo il capo di cenere, forse ce ne faremo una ragione, o addirittura festeggeremo, perché non tutti i secoli sono degni di essere ricordati. Qualche sparizione, magari  parziale, potrebbe essere bene accetta.


Appello Internazionale per la ricostruzione di Kobanê e per l'apertura di un corridoio umanitario

Rete Kurdistan Italia, Uiki Onlus


Il 15 settembre 2014 i Daesh hanno lanciato la loro prima ingente offensiva contro il cantone curdo di Kobanê, in Siria. La popolazione curda, guidata dalle forze di autodifesa del popolo ( YPG e YPJ) ha organizzato una grande difesa contro l'attacco. La resistenza di uomini e donne all'interno di Kobanê, è stata una battaglia per la democrazia, per i diritti umani, per un futuro comune, per la legittimazione e l'uguaglianza delle donne nella società . Il supporto della Coalizione Internazionale è stato prezioso ma non sufficiente.

Kobanê è stata liberata dopo 134 giorni di resistenza, ma tra il 25 e il 27 giugno l' ISIS ha compiuto l'ennesima strage contro l'umanità: più di 200 civili, la maggior parte dei quali donne e bambini, sono stati brutalmente assassinati. La minaccia non è stata quindi rimossa.

La città risulta quasi completamente distrutta: i servizi essenziali quali acqua ed elettricità, i rifornimenti di cibo e i le cure sanitarie sono ai minimi livelli o addirittura inesistenti. Lo Stato Islamico inoltre, dimostrando ulteriormente la sua brutalità, ha dislocato migliaia di mine per impedire il ritorno della popolazione nelle proprie terre. 

Pertanto è necessario garantire ai rifugiati la possibilità di rientro nella propria città in modo sicuro, sostenendo la ricostruzione delle infrastrutture basilari, al fine di assicurare loro una vita dignitosa.Nonostante la liberazione il cantone è ancora sotto embargo. 

Kobanê è circondata da Daesh. Il confine con la Turchia risulta quindi fondamentale. La popolazione di Kobanê ha urgentemente bisogno di un corridoio umanitario per ricevere gli aiuti necessari al fine di proteggere,rifornire e ricostruire la propria città. 


Appello ad andare a Suruç lungo il confine con Kobanê dal 12 al 17 Settembre 2015



Per promuovere la riduzione della violenza, per sostenere la stabilità in Siria e nelle regioni liberate dal terrorismo, constatando l'urgenza dell'apertura di un corridoio umanitario, al fine  di esercitare pressioni nei confronti dell' ONU,che implementando la Risoluzione 2165 del 14 Luglio 2014 art.2 potrebbe essere in grado di garantire l'apertura di un ulteriore valico di confine, invitiamo singoli attivisti, istituzioni, sindacati, partiti politici, ONG, autorità locali e internazionali alla partecipazione di una grande carovana internazionale.

Martedì 15 settembre,anniversario del primo attacco di Daesh al cantone di Kobanê, saremo tutte e tutti a Suruç, in Turchia, nella città gemella di Kobanê e a pochi chilometri dal confine siriano, per esprimere il nostro appoggio politico e umanitario.  

Invitiamo quindi a partecipare ad una manifestazione internazionale anche con automobili, furgoni e carovane sia in grado di portare la propria solidarietà e il proprio contributo per la ricostruzione di Kobanê, a difesa dell' umanità e contro la barbarie. 



Ci vediamo il 15 settembre a Suruç

giovedì 16 luglio 2015

Riprendiamoci le Terme Romane

Luciano Granieri, Osservatorio Peppino Impastato 

Nessuna conquista è per sempre. La storia ha ampiamente dimostrato che diritti acquisiti dai cittadini con le lotte, se non adeguatamente difesi vengono  perduti. E’ ciò che sta accadendo nella nostra città. Il 14 settembre 2011 il Consiglio comunale di Frosinone votò all’unanimità una delibera di iniziativa popolare, presentata da cittadini e associazioni, nella quale si accoglieva la proposta di rendere fruibile  alla collettività  il complesso delle Terme Romane e l’area adiacente alla Villa Comunale anch’essa di rilevante interesse archeologico. Il sito allora era minacciato da una colata di cemento che il grande costruttore edile,  vero e storico  padrone della città,  voleva riversare sull’area per realizzare un complesso polifunzionale denominato “I portici”.  Grazie  all’approvazione della  delibera e all’impegno di cittadini e associazioni, la minaccia fu sventata. Oggi l’incubo si rinnova . Il sindaco e la giunta, nel consiglio convocato in seconda seduta per l 23 luglio prossimo a partire dalle 18,30,  a distanza di 5 anni, riproporranno il piano edificatorio dell’area, con la conseguente definitiva distruzione delle terme romane e dell’intero sito archeologico. L’osservatorio Peppino Impastato rivolge un accorato appello ai consiglieri comunali affinchè non votino lo scempio. Non si macchino della responsabilità di calpestare la sovranità popolare ignorando  la delibera approvata all’unanimità nel 2011 firmata da 750 cittadini. Non si rendano complici della cancellazione di una immensa ricchezza. La valorizzazione delle terme romane, con la strutturazione di un parco archeologico attrezzato, potrebbe costituire una occasione di sviluppo fuori dal comune. Sfruttando la permanenza in serie A della squadra di calcio, il sito potrebbe accrescere la sua notorietà, diventare una ricchezza consolidata,  fonte di buona e stabile occupazione. Qualora  il piano edificatorio dovesse passare nel passaggio consiliare del 23 luglio, non solo verrebbe sepolta  un pezzo di  storia della nostra città, ma sarebbe seppellita definitivamente un grande opportunità di sviluppo basata sulla promozione turistica. Se la sentono i consiglieri di assumersi la responsabilità di bloccare   una così grande fonte di ricchezza per la popolazione? Se la sentono i consiglieri di sacrificare l’interesse di un’intera cittadinanza per tutelare l’interesse del solito noto costruttore padrone di Frosinone?  Non ne siamo certi. Per questo rivolgiamo un appello a movimenti e cittadini, affinchè ricordino alle istituzioni comunali di esprimersi nell’interesse della collettività. Invitiamo la cittadinanza  a  partecipare  agli eventi organizzati in tutti gli angoli della città. Invitiamo inoltre tutti coloro che hanno a cuore le sorti di Frosinone ad  essere presenti  alla manifestazione del 23 luglio 2015 in Piazza VI Dicembre, in occasione del consiglio comunale  con cartelli, striscioni ed altre espressioni di contestazione. Salvare le terme romane significa salvare il passato, e salvaguardare una grande opportunità di sviluppo per il futuro. 

La privatizzazione è un deserto che avanza. Fermiamola

Acqua Pubblica Comitato Provinciale di Frosinone


mercoledì 15 luglio 2015

Valle del Sacco, lo IARC dice che il Lindano può provocare cancro, il Betaesaclorociclosano è un suo sottoprodotto.

Rete per la Tutela della Valle del Sacco

Cambia il quadro di riferimento sui possibili effetti della contaminazione nella Valle del Sacco, sappiamo per certo che i cittadini della Valle del Sacco sono stati contaminati da Beta-esaclorocicloesano (β-HCH).

Questa sostanza è stata riscontrata, dagli studi epidemiologici, in un’alta percentuale di popolazione, 137 persone su 246 nella prima indagine, confermata nel rapporto di sorveglianza successivo su un numero più rappresentativo di campioni, circa 800.

In un estratto dall’Istituto Superiore di Sanitàil beta-esaclorocicloesano (β-HCH) è uno degli isomeri dell’esaclorocicloesano. E’ una sostanza organica clorurata persistente, sottoprodotto della produzione dell’insetticida lindano (γ-HCH) che è stato ampiamente usato durante gli anni ‘60 e ’70.  Per le sue proprietà lipofiliche e la persistenza nell’ambiente, il β-HCH può provocare fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione nella catena alimentare.
Fino a ieri: studi su animali hanno dimostrato che i pesticidi organoclorurati, incluso il β-HCH, sono neurotossici, causano stress ossidativo e danneggiano il cervello. Studi sull’uomo hanno evidenziato che il β-HCH e gli altri isomeri vengono rapidamente assorbiti dal tratto gastrointestinale, attraversano la placenta e si trasferiscono nel latte. 
Per semplificare gli studi correlati alle sostanze HCH si affermava che queste sostanze erano tossico nocive: la IARC aveva classificato gli HCH nel gruppo 2B (possibile cancerogeno) sulla base di evidenza inadeguata di cancerogenicità nell’uomo e di evidenza sufficiente (per il grado tecnico e per l’isomero α) o limitata (per gli isomeri β- e γ-HCH) negli animali. 

Oggi non più.

L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha valutato la cancerogenicità del insetticidi gamma-esaclorocicloesano (lindano) e diclorodifeniltricloroetano (DDT) e l'erbicida acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4-D), (quest’ultimo non insistente nel nostro territorio).

Dopo aver accuratamente esaminato la più recente letteratura scientifica disponibile, un gruppo di lavoro di 26 esperti provenienti da 13 Paesi si sono riuniti il 23 giugno 2015 e hanno classificato il lindano come “cancerogeno per l'uomo” (gruppo 1) “E’ stata riscontrata una sufficiente evidenza della cancerogenicità del lindano per il linfoma non-Hodgkin (NHL).”.
Il DDT, invece, è stato classificato come “probabilmente cancerogeno per l'uomo” (gruppo 2A), sulla base di prove sufficienti può provocare il cancro negli animali da esperimento con limitata evidenza di cancerogenicità per l'uomo.
Gli studi epidemiologici hanno trovato associazioni positive tra esposizione al DDT e NHL, cancro ai testicoli e cancro del fegato. E’ stata provata anche una forte evidenza sperimentale che il DDT può provocare danni al sistema immunitario e agli ormoni sessuali.

Ci troviamo quindi di fronte ad una evoluzione in negativo sui possibile effetti da esposizione al pesticida prodotto dalla Snia BPD nei passati decenni, sotterrato nel comprensorio industriale di Colleferro, migrato nel fiume Sacco le cui acque utilizzate per irrigare i campi hanno determinato bioaccumulo nel ciclo alimentare, di conseguenza in quello biologico.

A questo punto si potranno e si dovranno fare ulteriori ricerche per spiegare gli alti tassi di incidenza tumorali descritti negli studi epidemiologici e utilizzati dallo studio SENTIERI, tenendo sempre presente che a Colleferro i pesticidi e di conseguenza gli scarti industriali si accompagnavano con le produzione chimico e belliche, oltre all’amianto utilizzato per le carrozze ferroviarie.

Lo studio SENTIERI nel 2011 concludeva così: nel complesso nel SIN del Bacino Idrografico del Fiume Sacco si è osservato un eccesso di mortalità per tutte le cause.

Siamo consapevoli del fatto che l’accumulo di evidenze sugli effetti dell’inquinamento delle matrici ambientali sulla salute umana può produrre l’effetto paradossale di una crescente rimozione di problemi che non si possono affrontare individualmente o nel privato dell’ambito familiare.

Questa considerazione ci riporta alla necessità di avere un sistema sanitario che ci permetta di condividere le esperienze e le conoscenze, la salute e la malattia, un sistema sanitario che si apra alla partecipazione dei cittadini, che apra le proprie porte e sia trasparente nel suo funzionamento, in ogni sua articolazione dai medici di base, agli ambulatori ai reparti ospedalieri più sofisticati.
La relazione è parte della cura, i nostri corpi non sono macchine da riparare, la prevenzione è possibile se è condivisione delle pratiche e delle conoscenze, coordinamento tra tutte le funzioni sanitarie.
Ciò non è possibile se una logica aziendalistica è dominante nella ristrutturazione del sistema sanitario regionale e nuovi tagli alla spesa sanitaria si decidono a livello nazionale.
Tutti assieme cittadini e istituzioni dovremo ragionarne, a lungo.

martedì 14 luglio 2015

Messaggio alla Città

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta della Città di Frosinone

Nel gennaio del 2011 la Consulta delle associazioni della Città raccolse il disperato appello, fino ad allora rimasto inascoltato, di 22 associazioni (Frosinone bella e brutta, Comitato provinciale Arci, Ass. italiana pazienti anticoaugulati, Società operaia di mutuo soccorso, ass. oltre l’occidente, Ass. culturale zerotremilacento, Lega ambiente Frosinone, Unione italiana dei cechi e degli ipovedenti - sez. Frosinone, wwf Lazio, Ass. scient-net. Sylvatica, Libera Frosinone, Centro studi Tolerus, Archeo club Alatri, Fai- delegazione di Frosinone, Conoscere il territorio, Ass. il ponte, Ass. re.tu.va.sa, Ass. anpi Frosinone, Comitato civico laboratorio scalo, Frosinone 2020, Italia nostra onlus- sez. ciociaria), sottoscritto successivamente da 661 cittadini, per salvare le terme romane e l’area archeologica adiacente la villa comunale, da una colata di cemento di circa 34.854 mc. per la realizzazione di un complesso polifunzionale denominato “I Portici”.
Quasi cinque anni  di continuo studio e ricerca, di elaborazione e di proposta, di duro  impegno e di iniziativa della Consulta, dell’associazionismo e dei cittadini hanno impedito l’edificazione di questo “mostro”.
ORA   IL   RISCHIO   SI   RIPRESENTA. Il Sindaco e la Giunta ripropongono con forza ed insistenza al Consiglio comunale, che si riunirà in seconda convocazione, alle ore 18.30 del 23 luglio 2015, l’edificazione di quell’area. Se la proposta verrà approvata si distruggerà per sempre, come già avvenuto per l’anfiteatro romano di viale Roma, la valorizzazione e la fruibilità delle terme romane e dell’intero sito archeologico.
Le associazioni, i cittadini ed i loro eletti non possono e non devono permettere che ciò si verifichi.
Ai consiglieri comunali si chiede di riscattare l’onda della vergogna subita dalla Città, allorquando fu deliberato dal Consesso cittadino di far crescere un palazzo sopra l’anfiteatro romano. BOCCIANDO QUESTO SCIAGURATO DISEGNO, essi   dimostrano di essere al servizio della Città e che il loro ruolo si identifica con i grandi valori della sua storia e della sua cultura. È ora che il Consiglio comunale manifesti di non essere subalterno ai poteri forti e che i padroni non possono più mettere in mora, minacciare e diffidare gli eletti del popolo.
Alle associazioni ed ai cittadini  chiediamo di partecipare agli eventi organizzati in ogni angolo della Città e di essere presenti  alla manifestazione del 23 luglio 2015 in Piazza VI Dicembre con cartelli, striscioni ed altre espressioni di contestazione.
CHI AMA FROSINONE NON PUO’ TIRARSI INDIETRO. SALVARE LE TERME ROMANE VUOL DIRE SALVARE UNA CITTA’ ALLO STREMO


Frosinone 14 luglio 2015
Francesco Notarcola – Presidente della Consulta della Città di Frosinone


Le masse popolari greche hanno detto NO... ma Tsipras e il governo di Syriza hanno detto SÌ

Dichiarazione del Segretariato
della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
«Non è per questo che abbiamo votato no», si lamentava Anna, un'impiegata di banca. «La gente è molto delusa. Sono le stesse misure che c'erano prima del referendum», afferma Panayiota, che serve nel bar del quartiere.
La delusione che sentono queste due lavoratrici greche (e sicuramente anche noi milioni che in Grecia e nel mondo abbiamo appoggiato il NO nel referendum e abbiamo festeggiato il suo trionfo) è più che giustificata. Dopo questa grande vittoria, che ha mostrato la fermezza delle masse popolari greche e il loro essere disposte ad affrontare la Troika (Fmi, Ue e Bce) e i suoi diktat, il governo di Syriza è tornato a capitolare presentando una proposta essenzialmente uguale a quella che era stata rifiutata ampiamente nella votazione di domenica 5 luglio scorso.
Non c'è altra parola per definire la posizione di Syriza che tradimento delle aspirazioni di quelli che la portarono al governo (come espressione deformata della durissima lotta degli anni passati) e anche del risultato della recente votazione. È stato un tradimento annunciato giacché Alexis Tsipras, appena concluso il plebiscito, non lo ha considerato un mandato popolare di lotta e rottura ma una base per «negoziare migliori condizioni».
In realtà non ha nemmeno negoziato “migliori condizioni”: ha capitolato suo tutta la linea accettando le pretese principali della Troika come mantenere il debito estero al suo valore attuale (senza nessuna cancellazione o riduzione), la modifica del sistema pensionistico, l'aumento delle imposte sul turismo e la continuazione delle privatizzazioni.
E quello che è più importante, in cambio di un rifinanziamento del debito puramente contabile per tre anni (è un rifinanziamento di cui beneficeranno le banche e i Paesi creditori giacché non arriverà nessun reale quantità di denaro nelle casse dello Stato), Syriza accetta che la Troika assuma la direzione reale dell'economia del Paese. La stessa cosa che fecero, a loro tempo, i governi del Pasok e di Nuova Democrazia. Non è casuale che i deputati di questi partiti abbiano appoggiato nel parlamento la proposta del governo.
Il governo di Tsipras ha ipotecato quasi tutto il suo mandato e lo ha legato al carro della Troika. Con ciò (alla stessa maniera dei suoi predecessori), ha deciso di trasformarsi nel vero amministratore coloniale del Paese e si prepara per attaccare ancora di più i lavoratori e le masse popolari greche, come già aveva fatto confiscando i soldi degli ospedali e dei municipi per pagare il debito estero. Triste finale per chi aveva generato tante aspettative di cambiamento.
Le ragioni del tradimento
Denunciamo questo tradimento del governo di Syriza nei confronti dei lavoratori e delle masse popolari greche. Ma non ci coglie di sorpresa: avevamo avvertito su questa pressocché certa possibilità in numerosi articoli e dichiarazioni. Per esempio, in uno degli ultimi interventi  pubblicati  nel  maggio scorso, segnalavamo:
«Per intendere questa politica, è necessario partire da alcune definizioni centrali. La prima è il carattere di classe dell'attuale governo greco. Un carattere che, in un ottica marxista, non può essere definito per l'ideologia o per l'origine di classe dei suoi membri ma dal carattere di classe dello Stato che amministra e difende. Secondo questo criterio, quello di Syriza è, senza dubbio, un governo borghese senza nessuna intenzione di cambiare  lo Stato capitalista greco. [...]
Si tratta di un governo borghese “atipico” che denominiamo di fronte popolare. Cioè, un governo in cui il ruolo principale è assunto da organizzazioni operaie o piccolo-borghesi di sinistra che dirigono il movimento di massa e che governano con settori minoritari della borghesia. In realtà, il governo Syriza non è una novità storica: è l'attualizzazione di vecchie formule di governi di collaborazione di classe, utilizzate molte volte in passato, specialmente in periodi di grande mobilitazione di massa, per cercare di manovrare in queste situazioni e sconfiggere l'ascesa delle lotte. Solo che ora il posto precedentemente occupato in quei governi dai partiti socialdemocratici o dai vecchi (sedicenti) partiti comunisti è occupato da nuove formazioni come Syriza (o che aspirano a quel ruolo, come Podemos in Spagna). [...]
La seconda definizione è che la Grecia è un Paese semi-coloniale. Cioè, è un Paese con accordi politici ed economici che lo subordinano all'imperialismo, come quelli espressi nel carattere della sua adesione all'Unione europea e alla zona euro (il che ha significato, ad esempio, la distruzione della sua principale industria: la cantieristica navale) o attraverso il debito estero e le sue conseguenze (i sacrifici per pagarlo e la supervisione permanente della politica economica). Nella sua subordinazione all'imperialismo, la situazione della Grecia è simile a quella dei Paesi latinoamericani. [...]
Il governo di Syriza, di fronte all'alternativa secca tra il rispondere alle aspirazioni delle masse popolari greche o capitolare alla troika, ha optato per quest'ultima, la strada della capitolazione. È così ha ancora una volta dimostrato che ogni governo che non rompa con la borghesia e l'imperialismo finisce per essere (più prima che poi) strumento del capitale finanziario. » (1)
Che fare, ora? 
Molti lavoratori greci che confidavano in Syriza e nel governo di Tsipras si sentono delusi. Ma questa delusione non deve portare alla paralisi bensì a riprendere il cammino della lotta dura che si è percorso contro i governi del Pasok e Nuova Democrazia, alla volontà di lotta che si è riaffermata nella votazione di domenica 5 luglio.
A tutti i lavoratori, alle lavoratrici e alle masse popolari greche, diciamo che non c'è altra strada che la loro mobilitazione e la loro lotta, nell'indipendenza dal governo. È necessaria un sciopero generale in difesa delle rivendicazioni elementari dei lavoratori e contro i piani di austerità negoziati dal governo di Tsipras con l'imperialismo.
È necessario costruire organismi di fronte unico che, nelle strade, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, possano combattere i piani della Troika e tutte le misure di austerità. Così si andranno costruendo le basi per un vero governo della classe operaia, sostenuto nella mobilitazione dei lavoratori, delle lavoratrici e delle masse popolari e con il sostegno internazionale. Questa è l'unica via per sconfiggere l'attacco imperialista e costruire una soluzione operaia per la Grecia e l'Europa. Le lavoratrici e i lavoratori greci devono da subito preparare la mobilitazione contro qualsiasi possibile piano e misura di austerità che il governo Syriza-Anel (sostenuto oggi di fatto dal Pasok e da Nuova Democrazia) applicherà in conseguenza dei suoi accordi con l'Ue e la Troika.
Quelli che all'interno di Syriza (come la Piattaforma di Sinistra-Dea) sono stati contrari alla firma del nuovo accordo (e hanno votato contro questa proposta nel parlamento) non possono continuare a spargere illusioni su questo governo: diventa improrogabile rompere con esso, organizzare l'opposizione operaia e popolare (insieme alle altre organizzazioni di sinistra che non fanno parte del governo) e costruire il fronte unico dei lavoratori, independente dal governo e per lottare contro di esso. E, più che mai, è necessario fare appello alla solidarietà dei lavoratori e delle masse popolari europee per portare avanti questa lotta, alzando la bandiera di un'Europa unita dei lavoratori e delle masse popolari, opposta a questa Ue dell'imperialismo e delle servili borghesie nazionali.

- NO è NO!
- Sospensione immediata del pagamento del Debito Estero!
- NO a qualsiasi piano o misura di austerità!
- Fuori la Troika dalla Grecia!
- Per l'immediata nazionalizzazione delle banche!
- No al patto Syriza-Pasok-Nd!
- Per un Piano di Salvataggio dei lavoratori, delle lavoratrici e delle masse popolari!
- Per un governo dei lavoratori e delle masse popolari!
- Per l'unità della classe operaia europea per affrontare i piani di austerità!
(1) "Il governo di Syriza prende soldi dagli ospedali per ripagare il debito", quihttp://www.alternativacomunista.it/content/view/2149/

traduzione dallo spagnolo di Giovanni “Ivan” Alberotanza

lunedì 13 luglio 2015

Il riformismo è una tigre di carta

Redazione militant blog


Questa mattina, anticipato da un tweet del primo ministro belga, è arrivato l’accordo tra la Grecia ed il resto dei paesi dell’eurozona. Questa volta, di fronte a quella che può essere definita senza timore di smentita una capitolazione incodizionata di Atene  nemmeno i fan più accesi di Tsipras potranno riuscire a vedere il bicchiere mezzo pieno… anche perchè i cosiddetti “creditori” si sono presi pure quello. Innalzamento delle pensioni, aumento dell’IVA, liberalizzazioni e privatizzazioni, “riforma” del mercato del lavoro, taglio dei salari. Una scure neoliberista sta per abbattersi su una popolazione già martoriata da anni di austerità. Basterà qui ricordare come proprio grazie alle ricette dei “creditori” dal 2009 ad oggi: gli stipendi sono stati ridotti del 37%, le pensioni fino al 48%, i dipendenti pubblici sono diminuiti del 30%, la spesa per consumi è scesa del 33% e tutto questo non ha potuto che determinare pesanti effetti recessivi sul PIL che è sceso per 18 trimestri consecutivi, con una perdita totale del 27%  a fronte di una disoccupazione “ufficiale” del 27% ed un 34% di lavoro nero. Come se non bastasse l’eurogruppo ha subordinato il varo del programma di “aiuti”  alla realizzazione in tempi celeri, celerissimi, (entro mercoledì) delle prime riforme, ed ha imposto la costituzione di un fondo di garanzia a tutela dei creditori di 52 miliardi di euro da realizzarsi attraverso la privatizzazione di alcuni assets pubblici. In altre parole la Grecia è stata ipotecata e commissariata. Tutto questo a soli 7 giorni da un referendum popolare che, al di la delle interpretazioni di comodo e delle formulazioni bizantine, aveva detto chiaramente No ad ogni ulteriore dose di austerità. Ma probabilmente sta proprio qui il nodo della questione. La partita che si è giocata in questi mesi e che sembra essersi chiusa a favore di Bruxelles, è stata una partita politica prima ancora che economica. Come abbiamo scritto altre volte, in termini assoluti il debito greco è ben poca cosa (poco più di 300 miliardi) se confrontato con quello di altri paesi come ad esempio l’Italia (più di 2000 miliardi) e procedere ad una sua ristrutturazione avrebbe avuto un peso limitato sulle economie degli altri paesi. Bruxelles ha però voluto parlare a nuora perchè suocera intendesse e il messaggio è stato chiaro e inequivocabile: non è possibile nessuna deroga all’impianto mercantilista dell’Unione Europea. A chi durante la conferenza stampa gli faceva notare che i termini dell’accordo erano ancora più duri di quelli rigettati dalle urne oggi Junker rispondeva sibillino: lo avevamo detto che dopo il referendum le condizioni sarebbero peggiorate. Una lezione dunque, che deve servire da monito per tutti gli altri paesi, ma una lezione che crediamo debba essere analizzata e fatta propria anche dai compagni e da chiunque non si rassegna allo stato di cose presenti. Le vicende greche di questi ultimi mesi sono state la dimostrazione in corpore vili di quanto una parte purtroppo ancora minoritaria della sinistra di questo paese va dicendo da tempo: l’Unione Europea è irriformabile ed al suo interno non esiste alcuno spazio per una qualsivoglia mediazione sociale anche se solo blandamente riformista.  Il limite strategico di Tsipras sta proprio nell’aver creduto di poter restare nell’euro e nell’UE e al contempo, forte del mandato elettorale, ripristinare la sovranià popolare. una contraddizione insanabile che adesso sta pagando duramente. E più di lui la sta pagando il popolo greco.

Disastro in Europa

Paul Krugman – 12 luglio 2015. Fonte:http://znetitaly.altervista.org/
Ovviamente le notizie dall’Europa sono terribili, con grande confusione su che cosa sta esattamente accadendo. Ecco come penso stiano le cose anche se non ho fatto alcuna indagine indipendente.
1. Tsipras si è apparentemente lasciato convincere, qualche tempo addietro, che l’uscita dall’euro era del tutto impossibile. Pare che Syriza non abbia nemmeno preparato alcun piano d’emergenza per una moneta parallela (spero di scoprire che non è così). Ciò lo ha lasciato in una posizione negoziale impossibile. Sento addirittura persone che dovrebbero sapere di cosa parlano che Ambrose Evans-Pritchard aveva ragione, cioè che Tsipras sperava di perdere il referendum, per avere una scusa per capitolare.
2. Ma una sostanziale resa non è sufficiente per la Germania, che vuole il cambiamento di regime e l’umiliazione totale e c’è una considerevole fazione che vuole semplicemente cacciare la Grecia e apprezzerebbe più o meno uno stato fallito come monito per gli altri.
3. Non so se un qualche genere di accordo possa ancora essere approvato; anche se lo sarà, quanto potrà durare?
Il fatto è che tutti i saggi che dicono che la Grecia è impossibile, che porterebbe a una completa implosione, non sanno di che cosa stanno parlando. Quando dico questo non intendo che necessariamente sbaglino; penso che sbaglino ma chiunque sia sicuro di qualcosa, qui, si sta illudendo. Quello che invece intendo è che nessuno ha una qualche esperienza di ciò cui stiamo assistendo. E’ impressionante che la saggezza convenzionale interpreti erroneamente il parallelo più prossimo, l’Argentina del 2002. La narrazione consueta è completamente sbagliata: l’abbandono del legame con il dollaro NON ha causato il crollo economico, bensì lo ha piuttosto seguito, e la ripresa è iniziata molto presto.
Ci sono solo alternative terribili a questo punto, a causa dell’inconcludenza del governo greco e, molto più importante, della campagna totalmente irresponsabile di intimidazione finanziaria scatenata dalla Germania e dai suoi alleati. E immagino di doverlo dire: a meno che la Merkel non trovi miracolosamente un modo per offrire un piano molto meno distruttivo di qualsiasi cosa abbiamo sentito, la Grexit, per quanto terrificante sia, sarebbe migliore.
Ovviamente il post è stato pubblicato prima della definizione dell'accordo che  prevede oltre alla macelleria sociale l'ipoteca sul Partenone ndr

domenica 12 luglio 2015

"Contro la capitolazione alla Troika, fuori dall'Eurozona"

fonte:   http://oracostituente.it/ Traduzione di Enea Boria

Di seguito la traduzione in italiano del testo diffuso alcune ore fa dalla Piattaforma di Sinistra di Syriza in polemica con le scelte della maggioranza del partito e di una parte del governo di Atene

In questo momento critico, il governo Syriza non ha altra scelta che respingere il ricatto delle “istituzioni“ che cercano di imporre un programma di austerità, di deregolamentazione e privatizzazione. Il governo deve dichiarare alle “istituzioni” e deve annunciare al popolo greco che, anche all’ultimo momento, senza un compromesso positivo riflesso in un programma che ponga fine l’austerità, fornisca liquidità sufficiente per l’economia, porti alla ripresa economica, e comprenda una maggiore cancellazione del debito, è pronto a seguire un percorso progressivo di alternativa che metta in dubbio la presenza del nostro Paese nella zona euro, ed insieme interrompa il rimborso del debito.
Al fine di affrontare le pressioni e le richieste inaccettabili dei creditori, il processo che potrebbe portare la Grecia fuori dalla zona euro è un problema serio e complesso, che avrebbe dovuto essere sistematicamente redatto dal governo e da Syriza. Tuttavia, a causa dei tragici blocchi che hanno prevalso sia nel governo che nel partito, questo non è stato fatto. Ciò non di meno, anche ora il governo può e deve rispondere al ricatto delle “istituzioni“, ponendo la seguente alternativa: o un programma senza ulteriore austerità, fornendo liquidità, e che porti alla cancellazione del debito, o l’uscita dall’euro ed il default sul rimborso di un debito ingiusto e insostenibile.
Se richiesto dalle circostanze il governo ha, ancora oggi, la possibilità e il minimo di liquidità che è necessario per attuare un programma di transizione per la moneta nazionale, che le consentirà di attuare i suoi impegni verso il popolo greco, e in particolare per adottare le seguenti misure:
1) La riorganizzazione radicale del sistema bancario, la sua nazionalizzazione sotto controllo sociale, e il suo riorientamento verso la crescita.
2) Il rifiuto completo dell’austerità fiscale (avanzi primari e bilanci equilibrati) al fine di affrontare in modo efficace la crisi umanitaria, coprire i bisogni sociali, ricostruire lo stato sociale, e portare l’economia fuori dal circolo vizioso di recessione.
3) L’attuazione delle procedure che portino ad uscire dall’euro e alla cancellazione della maggior parte del debito. Ci sono scelte assolutamente gestibili che possono portare ad un nuovo modello economico orientato verso la produzione, la crescita, e la variazione dei rapporti di forza sociali a vantaggio della classe operaia e del popolo.
L’uscita dalla zona euro nelle condizioni attuali è un processo difficile ma fattibile che consentirà al paese di seguire un percorso diverso, lontano dai programmi inaccettabili inclusi nel pacchetto Juncker.
Dobbiamo sottolineare che l’uscita dall’euro non è un fine in sé, ma il primo passo di un processo di cambiamento sociale, di recupero della sovranità nazionale e del progresso economico coniugata alla crescita e alla giustizia sociale. Fa parte di una strategia globale basata sulla ricostruzione produttiva, il rilancio degli investimenti, e la ricostituzione dello stato sociale e lo stato di diritto. Di fronte al comportamento intransigente dei creditori, il cui scopo è quello di costringere il governo di Syriza alla piena resa, la fuoriuscita dall’euro è una scelta politicamente ed eticamente giusta.
Uscire l’euro è, infine, un percorso che comprende il confronto con potenti interessi nazionali ed esteri. È per questo che il fattore più importante per affrontare le difficoltà che si presentano è la determinazione di Syriza ad attuare il suo programma, traendo forza dal sostegno popolare. Più in particolare, alcuni degli aspetti positivi dall’uscita comprendono:
  1. Il recupero della sovranità monetaria, il che significa automaticamente recuperare la capacità di fornire liquidità all’economia. Non c’è altro modo per tagliare il cappio della Banca centrale europea sulla Grecia.
  2. L’elaborazione di un piano di sviluppo basato sugli investimenti pubblici, che però permetterà anche degli investimenti privati ​​paralleli. La Grecia ha bisogno di una nuova e produttiva relazione tra il settore pubblico e privato e di entrare in un percorso di sviluppo sostenibile. La realizzazione di questo progetto sarà possibile una volta che la liquidità viene ristabilita, combinata con il risparmio nazionale.
Dobbiamo sottolineare che l’uscita dall’euro non è un fine in sé, ma il primo passo di un processo di cambiamento sociale, di recupero della sovranità nazionale e del progresso economico coniugata alla crescita e alla giustizia sociale. Fa parte di una strategia globale basata sulla ricostruzione produttiva, il rilancio degli investimenti, e la ricostituzione dello stato sociale e lo stato di diritto. Di fronte al comportamento intransigente dei creditori, il cui scopo è quello di costringere il governo di Syriza alla piena resa, la fuoriuscita dall’euro è una scelta politicamente ed eticamente giusta.
Uscire l’euro è, infine, un percorso che comprende il confronto con potenti interessi nazionali ed esteri. È per questo che il fattore più importante per affrontare le difficoltà che si presentano è la determinazione di Syriza ad attuare il suo programma, traendo forza dal sostegno popolare. Più in particolare, alcuni degli aspetti positivi dall’uscita comprendono:
  1. Il recupero della sovranità monetaria, il che significa automaticamente recuperare la capacità di fornire liquidità all’economia. Non c’è altro modo per tagliare il cappio della Banca centrale europea sulla Grecia.
  2. L’elaborazione di un piano di sviluppo basato sugli investimenti pubblici, che però permetterà anche degli investimenti privati ​​paralleli. La Grecia ha bisogno di una nuova e produttiva relazione tra il settore pubblico e privato e di entrare in un percorso di sviluppo sostenibile. La realizzazione di questo progetto sarà possibile una volta che la liquidità viene ristabilita, combinata con il risparmio nazionale.
  3. Riconquistare il controllo del mercato nazionale da prodotti importati, rivitalizzare e valorizzare il ruolo delle piccole e medie imprese, che restano la spina dorsale dell’economia greca. Allo stesso tempo, le esportazioni saranno stimolate con l’introduzione di una moneta nazionale.
  4. Lo Stato sarà liberato dalla morsa dell’Unione monetaria europea a livello di politica fiscale e monetaria. Sarà in grado di raggiungere una sostanziale abolizione dell’austerità, senza vincoli irragionevoli sulla fornitura di liquidità. Ciò permetterà anche allo Stato di adottare misure che porteranno la giustizia fiscale e la redistribuzione della ricchezza e del reddito.
  5. La possibilità di crescita accelerata dopo i difficili mesi iniziali. Le risorse che sono diventate inattive durante i sette anni di lungo periodo di crisi possono essere rapidamente mobilitate per invertire la disastrosa politica del memorandum, se non vi è liquidità sufficiente e una stimolazione della domanda. Questo aprirà la possibilità di una diminuzione sistematica della disoccupazione e un aumento del reddito.
Infine, lasciando la UEM, la Grecia non diventerà meno europea, essa semplicemente seguirà un percorso diverso da quello seguito dai paesi del nucleo dell’Unione europea, un’opzione che è già in fase avanzata in paesi come la Svezia e la Danimarca. L’uscita dalla EMU non solo non isolerà il nostro paese ma, al contrario, permetterà di acquisire un nuovo ruolo sulla scena internazionale. Un ruolo basato sull’indipendenza e la dignità, molto diversa dalla posizione di un paria insignificante come dettato dalle politiche neoliberiste del memorandum.
Il processo di un’uscita dalla UEM richiede naturalmente legittimità politica e il sostegno popolare attivo. Il referendum ha dimostrato la volontà del popolo di respingere una volta per tutte l’austerità a prescindere dalle sfide poste dai dominanti esteri e nazionali. È ormai chiaro che il nostro governo sarebbe sostanzialmente costretto a uscire dall’euro a causa del rifiuto finale dell’UE di accettare proposte ragionevoli sulla riduzione del debito, l’eliminazione di austerità, e il salvataggio dell’economia greca e della società, come dimostra il nuovo ultimatum inviato dopo il referendum.