Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 2 dicembre 2017

Le questioni sollevate dallo sciopero in Amazon

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


Lo sciopero nel giorno del “Black Friday” dei lavoratori e delle lavoratrici di Amazon del centro di distribuzione di Castel San Giovanni (Piacenza), il più importante in Italia, ha squarciato il velo che maschera il commercio elettronico e i favolosi profitti realizzati con i metodi più disumani da questi colossi della distribuzione.
Sono le grandi banche le principali mallevadore del commercio elettronico, le stesse che attraverso la stampa borghese rassicurano il piccolo dettagliante che se ne sente minacciato.

Con l’invenzione di nuove giornate dei saldi, per svuotare i magazzini degli articoli invenduti e poterli riempire con i nuovi, e l’introduzione di consuetudini nordamericane, si vorrebbe camuffare l’acuirsi della crisi di sovrapproduzione, aggravata dalle scarse capacità di consumo dei lavoratori.

I lavoratori e le lavoratrici del centro di Castel San Giovanni sono animati da un grande spirito di lotta contro le condizioni di lavoro estenuanti e intollerabili, le vessazioni subite da parte dei supervisori e contro le calunnie velenose riversate su di essi dal sistema mediatico asservito al capitale.

Essi hanno dimostrato una grande dignità scioperando, in un clima di aperta minaccia, contro una di quelle potenti multinazionali statunitensi che dettano la legge ai governi dei paesi in cui si installano.

Una nuova schiavitù oggi affligge i proletari del commercio.

I movimenti sempre più estesi delle masse lavoratrici fanno sì che la classe capitalista da una parte ricorra in misura sempre più frequente alla violenza aperta, e dall’altra scateni una campagna demagogica senza precedenti. Servendosi dei sofisticati mezzi di comunicazione, della pubblicità e delle agenzie riformiste, la propaganda borghese cerca di allontanare i lavoratori dalla lotta rivoluzionaria, di adescarli con gli “articoli nuovi”, di limitare il loro orizzonte alla stretta cerchia del consumo materiale e di coprire la povertà con il manto delle illusioni di un benessere generale. 

Lo scopo di questa propaganda è di allontanare milioni di lavoratori dagli acuti problemi socio-politici e di spingerli in una lotta quotidiana per il conseguimento di uno standard di consumo relativo. La gara per l’acquisto di nuovi articoli non deve lasciar tempo e forze per altri interessi più elevati. Il capitale monopolistico cerca in ogni maniera di privare gli uomini della vera cultura e di spingerli verso la degenerazione spirituale e l’istupidimento.

I consumi senza alcuna necessità sociale, i gusti asociali, costituiscono la sostanza di ciò che l’industria borghese produce in massa al fine di manipolare la coscienza sociale.
I lavoratori e le lavoratrici del commercio sono le prime vittime di questa demagogia.

La lotta di questo settore del proletariato è giusta, la loro rivendicazione di salari aumentati, di rallentamenti dei ritmi infernali, di più pause e diversa regolamentazione dei turni ha una base oggettiva e va appoggiata dall’intero movimento operaio e sindacale.

Il “welfare aziendale” – nel quale spicca il sistema truffaldino di legare la concessione di benefit alla durata della permanenza nell’azienda e di conseguenza alla capacità di adeguarsi ai sovraccarichi e ai mutamenti del processo lavorativo - con il quale la direzione di Amazon tenta di mascherare lo sfruttamento e di fornire ai lavoratori un incentivo a lavorare di più per l’azienda, comincia ad incontrare l’opposizione decisa della massa sfruttata.

La lotta dei lavoratori Amazon ha messo in risalto, tra le altre cose, il risultato cui ha condotto la politica di tradimento dell’aristocrazia operaia. I capitalisti usano l’arma del “costo del lavoro” per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Così, nel caso della lotta intrapresa dai lavoratori di Castel San Giovanni, il padronato ha sferrato contro questi ultimi una campagna per rinfacciargli una condizione privilegiata di lavoratori del commercio, quando in realtà percepiscono il minimo tabellare del settore, di pochi euro superiore a quello da fame fissato dal contratto della logistica.

Un’altra questione si è imposta con lo sciopero. Nel centro d’imballaggio di Castel San Giovanni lavorano duemila lavoratori con contratto a tempo determinato e altrettanti con contratti di somministrazione per il periodo natalizio (da ottobre a dicembre).
A questi lavoratori temporanei è stata resa praticamente impossibile la partecipazione allo sciopero per il timore di finire su una lista di proscrizione aziendale ed essere licenziati in tronco.

Questa micidiale arma di ricatto deve essere strappata dalle mani dei capitalisti, poiché essa rende più difficile la riuscita degli scioperi e distrugge la forza immensa dell’unità dei lavoratori. La pratica della solidarietà di classe e del blocco dei cancelli, assai efficace nelle realtà della logistica, si impone nei magazzini come quella dell’occupazione si impone nelle fabbriche.

I comunisti marxisti-leninisti vogliono porre la questione più generale. Essa è la questione dell’unione di tutti i lavoratori, senza alcuna limitazione di appartenenza partitica e sindacale, men che mai di nazionalità e di credo, in un fronte unico di lotta contro il capitalismo generatore di sistemi di sfruttamento sempre più disumani ed odiosi.

Perciò riteniamo sia necessaria la formazione nei luoghi di lavoro di organismi di lotta permanenti, elettivi e rappresentativi di tutta la massa proletaria, per provvedere alla sua difesa e consolidare l’unità fra i lavoratori dinanzi ai colpi del capitale, formando un possente movimento di opposizione di classe alla borghesia in vista di un obiettivo politico generale: il Governo operaio e degli altri lavoratori sfruttati.

I comunisti e i proletari avanzati devono portare questa parola all’interno delle fabbriche, dei cantieri, dei magazzini, delle organizzazioni sindacali di cui fanno parte, perché diventi coscienza, solidarietà e organizzazione di classe dei lavoratori.

Di qui la necessità di un’organizzazione politica guidata dal marxismo-leninismo e basata sul movimento operaio, che costituisca un serio embrione di Partito indipendente e rivoluzionario del moderno proletariato. Anche di questo ha parlato lo sciopero in Amazon! 

venerdì 1 dicembre 2017

Tutto si ascolta nella pittura –l’arte di Jazzamoart

Jerry Jazz Musician traduzione di Luciano Granieri




In un mondo in cui tutto accade velocemente – l’informazione, gli eventi politici, le catastrofi ecologiche,gli scandali delle celebrità- l’arte si consolida  come uno dei più importanti  valori in grado di salvarci dal  caos e dalle disgrazie esistenziali”
Jazzamoart


L’artista visuale Jazzamoart di Guanajuato, Messico per lungo tempo ha  attirato i più assidui collezionisti di jazz, con  la sua originalità, la sua  audacia ed un gioioso stile pittorico. Forse l' artista espressionista che più  interpreta  il jazz, il critico Antonio Rodriguez ha scritto che  la pittura di Jazzamoart “ contiene reminiscenze dello stile di Jackson Pollock e l’espressività  riprende i  terrificanti elementi del lavoro di  Willem De Kooning” Mentre Jose Luis Cuevas lo descrive come “ se egli fosse stato un  folle danzatore di jazz che scopre le origini della terra ogni volta che le dita dei suoi piedi si piegano su di essa “. Il suo lavoro dai colori pieni comprende l’astratta interpretazione dei musicisti e il contesto in cui si esibiscono.  I musicisti spesso indossano delle maschere  che simbolizzano, secondo l’artista “la molteplicità dell’identità umana quella vita è invenzione ed improvvisazione”



giovedì 30 novembre 2017

L’ora dei lacchè e dei ciarlatani

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia



Dopo la sua designazione a candidato premier, Luigi Di Maio, stando a quanto la stampa borghese fa trapelare, ha chiesto ostinatamente un incontro in Vaticano, il quale conserva delle prerogative nell’approvazione dei capi del governo, nella scelta degli aspiranti alle più alte cariche della burocrazia statale e nella loro carriera.
Ha ottenuto un abboccamento segreto e senza pubblicità fuori delle mura vaticane con un emissario della Santa Sede.
Di lì a poco, è volato a Washington, dove ha svolto colloqui al Dipartimento di Stato e con gli uomini del Congresso, repubblicani e democratici: gli USA sono potenti protettori della borghesia italiana dalle minacce della rivoluzione. A Washington si è recato in visita dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Parolin.
L’esponente del M5S prosegue con il tradizionale servilismo dei politicanti nostrani, e il suo nome può figurare ora a buon diritto nella lunga lista di capi di governo e di personaggi politici che hanno compiuto questi pellegrinaggi presso i centri della reazione e della controrivoluzione mondiale per ottenerne l’approvazione.
D’altro canto non si contano i convegni organizzati dalla cerchia del capitale finanziario monopolista nei quali Luigi Di Maio non si sia recato per esporre i programmi di governo.
Del contenuto dei suoi ultimi colloqui nulla o poco si sa. Ma i risultati si possono arguire con una certa facilità.
La stampa borghese motteggia con un’aria sorniona su questa smania di governare di Luigi Di Maio e degli altri capi del M5S. I gruppi dominanti non ritengono i nuovi “salvatori della patria” in grado di concludere granché, e li relegano in un ruolo di riserva.
Ma Luigi Di Maio non demorde e scrive il 23 novembre scorso una lettera in cui fa le lodi del presidente francese Emmanuel Macron:
“Presidente Macron, il Movimento 5 Stelle crede profondamente, proprio come Lei, in una rifondazione dell’Europa che ci riporti alle missioni originarie che la comunità continentale si era data: la pace, la stabilità, il progresso economico, la tutela e la promozione dei popoli.”
Dopo un “modello Rajoy” presentato al Forum Ambrosetti, egli passa con l’abilità di un funambolo della politica a un “modello Macron”.
Noi non apparteniamo a coloro che seminano l’illusione che voci dissenzienti possano levarsi dalla cerchia dei capi del M5S.
E nemmeno a coloro che sostengono che solo il 23 novembre è stata posta la pietra tombale sulla speranza di vedere nel Movimento 5 Stelle un’organizzazione in grado di portare cambiamento e offrire un argine all’attacco capitalista concertato dalle organizzazioni sovranazionali e attuato dai governi neoliberisti di centrosinistra e di centrodestra.
Questo movimento è un’espressione della frazione media e piccola della borghesia italiana ed è attestato nel campo della difesa dell’economia capitalista e della sua rappresentazione politica nel corrotto Stato di democrazia parlamentare. Per la sua stessa origine, su questo movimento, fin dalla sua nascita, ha esercitato la propria influenza economica, politica e ideologica l’oligarchia finanziaria più reazionaria.
L’imperialismo e la reazione sono l’orizzonte politico della cerchia cui appartiene Luigi Di Maio.
La nascita di un’unione di Stati del Mediterraneo, con al centro l’Italia, è la via profetizzata da questa cerchia per dare sfogo alle ambizioni del decrepito imperialismo italiano.
Con il motto: “C’è sempre stato un buon rapporto” questa cerchia vuole pubblicamente rendere noto alla Chiesa cattolica che essa non ha nulla da temere. Infatti, per conservare questo buon rapporto, occorre in primis non danneggiare in alcun modo la formidabile forza economica dello Stato del Vaticano e venire a patti con la sua vasta organizzazione che sostiene il capitalismo ed è da esso sostenuta, per i molteplici legami tra classe dominante e istituzioni religiose.
Le elezioni politiche si avvicinano. È l’ora dei ciarlatani, dei venditori di fumo, delle grandi promesse che non verranno mai mantenute perché la borghesia non è più in grado di garantire lo sviluppo capitalistico.
Finché la vita sociale, economica e culturale, dipenderà dalle leggi interne ed esterne del capitalismo e dell’imperialismo, che agiscono spaventosamente e in modo imprevedibile e incontrollabile, la società italiana continuerà a decomporsi senza possibilità di arresto e di equilibrio.
La rivoluzione socialista è l’unica via di uscita dalla disumanità capitalista. Noi siamo fermamente convinti che dal seno stesso della classe operaia sorgerà l’organizzazione di rivoluzionari educati dalla dottrina del marxismo-leninismo che potrà condurre alla vittoria le grandi masse del nostro paese.

mercoledì 29 novembre 2017

APPELLO DELLA RETE SOSTENIBILITÀ E SALUTE

I Fondi Sanitari “integrativi” e sostitutivi minacciano
la salute del Servizio Sanitario Nazionale


C’è accordo generale nell’auspicare un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) efficiente, che riesca a garantire cure efficaci per tutti in tempi rapidi e medici interessati e attenti alla nostra salute.
Tuttavia i tagli alla spesa pubblica avviati negli ultimi decenni e aumentati a seguito della crisi economica stanno incidendo fortemente sulle scelte di politica sanitaria e sul finanziamento del SSN sottraendo risorse importanti per lo stato di salute sia del SSN che dei cittadini di cui dovrebbe tutelare il diritto alla salute.
Negli ultimi anni inoltre, sull'onda di un trend internazionale intensificatosi in seguito alla crisi, accanto al SSN si è assistito all'emergere di un “servizio sanitario privato” in grado di erogare servizi e prestazioni fruite da una crescente quota di cittadini “assicurati”, che oggi si stima arrivino a 14 milioni.
Questo “servizio sanitario privato” comprende un variegato settore non profit, costituito da fondi sanitaricasse mutue e società di mutuo soccorso,previdenze sanitarie garantite dai datori di lavoro; e il settore for profit delle assicurazioni sanitarie commerciali. La logica in apparenza è semplice: dove non arriva il SSN, in seguito ai tagli progressivi, si crede possa arrivare tale servizio privato, integrando eventuali mancanze del SSN, fornendo uno strumento per la sua sostenibilità e costituendo un nuovo “pilastro” nella tutela della salute dei cittadini.
Su questa scia, di fronte all'arretramento del SSN, le organizzazioni e i cittadini che ne hanno la possibilità assicurano se stessi e le proprie famiglie, senza essere consapevoli che questo “servizio sanitario privato” rappresenta una delle maggiori minacce attuali per il nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Le casse dello Stato infatti finanziano (tramite incentivi, detrazioni fiscali e oneri deducibili) la crescita di questo “servizio sanitario privato” a scapito del buon funzionamento del SSN. Per cui non solo si sottraggono risorse preziose al principale pilastro a reale tutela della salute di tutti i cittadini, il SSN; ma le fasce di popolazione più avvantaggiate dal punto di vista socioeconomico e da quello di salute che accedono a questo nuovo “pilastro” sanitario, grazie ai privilegi fiscali scaricano parte dei costi su chi non può accedervi e non ne usufruisce, pur versando in condizioni di salute in media peggiori.

Inoltre, al contrario di quanto la legge istitutiva intendeva evitare, più che integrare l'offerta del SSN verso bisogni di salute dei cittadini, questo servizio sanitario privato tende a sostituirvisi erogando, duplicandole, prestazioni nella maggior parte dei casi già disponibili.

Ma i fondi sanitari, casse mutue, previdenze sanitarie garantite dai datori di lavoro e assicurazioni sanitarie commerciali peggiorano la sostenibilità del SSN anche per altri motivi.
Il primo riguarda l'(in)efficienza: gestire milioni di transazioni connesse a questo servizio sanitario privato è molto dispendioso per i professionisti sanitari e le amministrazioni pubbliche, che devono sacrificare parte delle proprie risorse, anche di tempo, per negoziare, stipulare e rinnovare i contratti, documentare le prestazioni eseguite, tenere conto dei diversi regolamenti, eseguire i controlli delle centinaia di fondi che costituiscono questo servizio sanitario privato.

Un’ulteriore e più subdola minaccia riguarda il modo con cui i cittadini si relazionano con la propria salute e con le prestazioni sanitarie. Tali servizi sanitari privati, per sopravvivere, hanno bisogno di vendere il maggior numero possibile di prestazioni. Per garantire la propria sopravvivenza e sviluppo, inducono i cittadini a consumare un numero di prestazioni che permetta loro di avere ricavi sufficienti. C’è però spesso molta differenza tra il numero di prestazioni di cui necessitano tali servizi sanitari privati per sopravvivere e svilupparsi e ciò di cui i cittadini hanno davvero bisogno per una buona salute. Questi servizi sanitari privati finiscono così per aumentare il bisogno dei cittadini di consumare prestazioni anche non necessarie per la salute (quando non dannose), ma fondamentali per il mantenimento degli utili. All'aumento dell'offerta di prestazioni anche non necessarie fa così seguito un aumento della domanda.
Questo “secondo pilastro” è caldeggiato con l’intento dichiarato di ridurre le spesa sanitaria pubblica. Ma si può invece osservare che i paesi dotati di “sistemi assicurativi” (anche non profit, di tipo mutualistico) molto sviluppati, pur non avendo affatto migliori esiti di salute, hanno sia la spesa sanitaria totale, sia quella pubblica in media maggiori rispetto ai paesi in cui la presenza di fondi sanitari e assicurazioni commerciali è tuttora inferiore, come accade nei paesi con un SSN. Per l’aumento di transazioni amministrative improduttive e l’induzione di consumi sanitari anche futili, dove è più forte la componente privata del Servizio Sanitario la spesa sanitaria totale è maggiore (sia in termini percentuali sul PIL che come spesa totale). Ma è maggiore anche la spesa sanitaria pubblica, in netto contrasto con l'obiettivo dichiarato di ridurla, ed è persino maggiore la spesa privatacomplessiva (se non si considera solo quella pagata in modo diretto dai cittadini, ma le si somma la spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni).
Non si dimentichi, infine, che il SSN italiano è nato anche perché le mutue erano andate in fallimento e sono state liquidate.

In considerazione della minaccia rappresentata per il SSN da tale sanità sedicente “integrativa”, la Rete Sostenibilità e Salute chiede agli enti pubblici, ai sindacati, ai cittadini, ai partiti politici di invertire la rotta, prima che l'attuale politica finanziaria e sanitaria determini la completa insostenibilità per il SSN e che molti cittadini siano esposti a un eccesso di prestazioni inutili e persino iatrogene, mentre tanti altri si trovino nell'impossibilità di potersi curare.
Pur riconoscendo i benefici che potrebbero derivare da servizi sanitari privati che si limitassero a offrire, a chi è libero di associarsi, prestazioni di efficacia provata e solo integrative all’attuale offerta del SSN, la Rete Sostenibilità e Salute chiede che cessino i privilegi fiscali destinati ai fondi sanitari, che alcuni vorrebbero estendere anche alle assicurazioni.

Le risorse derivanti dalla cessazione di tali privilegi fiscali sarebbero meglio destinate al potenziamento degli aspetti lamentati dai cittadini come inefficienze del SSN, a partire dalla riduzione delle liste di attesa per le prestazioni di efficacia provata, e dall'erogazione di assistenza domiciliare e cure odontoiatriche.


Rete Sostenibilità e Salute

GDL Diritti Umani Psicologi del Piemonte
Federspecializzandi
Fondazione Allineare Sanità e Salute
Italia che Cambia
Rete Arte e Medicina
Società Italiana Medicina Psicosomatica
Vivere sostenibile

PRIMI FIRMATARI
-        Prof. Ivan Cavicchi - Docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Tor Vergata di Roma
-        Dr.ssa Nicoletta Dentico - direttrice di Health lnnovation in Practice (HIP)
-        Aldo Gazzetti – Forum per il Diritto alla Salute Lombardia
-        Prof. Elena Granaglia - Professore ordinario di Scienza delle Finanze (SECS/P03) presso la Facoltà/il Dipartimento di Giurisprudenza di Roma3

3 dicembre assemblea nazionale dei Comitati

Coordinamento Democrazia Costituzionale



Domenica 3 dicembre si tiene l'assemblea Nazionale dei Comitati territoriali e delle Associazioni aderenti al Coordinamento Democrazia Costituzionale per celebrare ad un anno di distanza la vittoria del NO, e per discutere e rilanciare l’azione politica e civica del CDC, sempre nel quadro della difesa e dell’attuazione della Costituzione
Programma (in via di definizione):
– 10.00 – 13.00 Assemblea plenaria
– Rinfresco con un brindisi per festeggiare la ricorrenza.
– 14.30 Insediamento di tre gruppi di lavoro su:
1. Approfondimento sulla Legge elettorale
2. Due Leggi di Iniziativa Popolare su Art. 81 e Scuola
3. Costituzione, antifascismo e antirazzismo.

martedì 28 novembre 2017

Frosinone, parte la sinistra unitaria, verso quali lidi?

Luciano Granieri




Domenica 26 novembre si è svolta a Frosinone l’assemblea   per la designazione  dei delegati provinciali  di Mdp-Si-Possibile   che  il 3   dicembre prossimo prenderanno parte    alla  “Grande Assemblea Popolare” che, dal Pala Atlantico di Roma,  lancerà la lista unitaria alla sinistra del Pd.  Grande entusiasmo è tracimato sui  social network da parte dei partecipanti all’assise ciociara .  Fra i vari interventi voglio citarne uno  che su FB enfaticamente così si esprimeva  :” Con la spinta di MDP, Sinistra Italiana e Possibile oggi è nata una Sinistra unitaria anche a Frosinone. Valutatela.  Non sottovalutatela”. Accolgo volentieri l’invito e azzardo una valutazione che si deve inevitabilmente allargare  al quadro nazionale. 

In tutta Italia si sono svolte  158 assemblee della stessa natura di quella di Frosinone, sono state coinvolte oltre 42 mila persone.  Il risultato delle designazioni  è ancora parziale perché sono in svolgimento  e si concluderanno  nelle prossime  ore gli incontri  di  Bologna, Messina, Ragusa, Salerno e Avellino.  I delegati designati    alla plenaria nazionale del 3 dicembre saranno 1.500, la distribuzione  numerica è  determinata proporzionalmente al  numero degli abitanti delle varie Province  e in base alla seguente  ripartizione di schieramento : 50% dei delegati ad Mdp, il 35% a Sinistra Italiana, il 15% a Possibile. 

Risulta evidente come a farla da padroni siano  i seguaci di Bersani  e Speranza, quelli cioè che hanno votato Il Jobs Act, la Buona Scuola, la riforma costituzionale Renzi - Boschi, per poi schierarsi al referendum contro il  dispositivo che loro stessi avevano votato. In buona sostanza, Mdp ha contribuito ad approvare  tutte quelle norme che la   costituenda lista unitaria della sinistra si propone di abolire. Segnalo ai militanti di Possibile, fortemente    impegnati  l’anno scorso nel  referendum contro le trivelle che i loro maggiori azionisti nella lista unitaria si sono distinti  insieme a Renzi in un’opera massiccia di boicottaggio della consultazione contro la trivellazione dei fondali marini. 

Se i convitati di Frosinone sono di bocca buona non altrettanto si può dire per i loro sodali a livello nazionale.  Sinistra Italiana registra defezioni importanti  di dirigenti e militanti da Firenze, Ancona, Cosenza, Chieti. Polemiche e ,in qualche caso,  tessere stracciate, hanno caratterizzato lo scenario nazionale  del Partito di Fratoianni . Molti   gli iscritti  di Si e Possibile in uscita,   delusi dal fallimento del percorso assembleare aperto,  avviato dall’appello del Brancaccio di Falcone e Montanari,  sposato dai diasporati del Pd, e abortito nella culla in nome degli interessi oligarchici di  formazioni partitiche  francamente irrilevanti.  

Fra i 1.500 delegati figurano  di diritto, quindi non designati dalle assemblee, consiglieri regionali, senatori e deputati. In questo caso i numeri dovrebbero essere certi ma non è così. Infatti alla Camera si aspetta il voto sulla finanziaria per verificare quanti deputati di Mdp  aderiranno al gruppo di Pisapia  ormai pronto ad un accordo con Renzi.  E meno male che una delle pregiudiziali doveva essere quella che escludeva ogni tipo di abboccamento  con l’ex presidente del consiglio. 

Ricordo che il famoso percorso unitario della sinistra alternativa al Pd è nato dall’appello di Anna Falcone e Tomaso Montanari, i quali hanno constatato  come  il cosiddetto popolo della sinistra non diserta le urne quando è chiamato ad esprimersi sapendo che il proprio voto potrà realmente incidere e quando la proposta politica è credibile e chiaramente orientata, così come è accaduto  per il referendum costituzionale. 

Proprio l’esperienza referendaria veniva richiamata dall’avvocata e dal  critico d’arte, nell’appello del  Brancaccio,  come base su cui costruire un programma condiviso, basato sullo spirito costituzionale. Una proposta attorno alla quale comporre un’aggregazione unitaria, i cui programmi e  organismi dirigenti venissero decisi da  assemblee locali , partecipate, in cui membri di partiti già costituiti, movimenti e cittadini godessero  di  pari dignità. Come si vede ciò che sta per nascere è il frutto di un processo assolutamente avulso, estraneo a queste dinamiche, tanto che “quelli del Brancaccio” se ne sono tirati fuori. Troppo tardi forse, non valutando tempestivamente   il grande errore di fidarsi di gente che li voleva usare per ricostruirsi una verginità politica. 

Auguri all’assemblea di Frosinone i cui partecipanti si dicono orgogliosi di aver fatto nascere una sinistra unitaria. Auguri perché il destino di un gruppuscolo destinato si e no ad un 6% di consensi, nel contesto della legge elettorale vigente, sarà quello, o di perdersi  o, più realisticamente, di consentire a quei quattro cinque soliti noti di riciclarsi nel mercato delle vacche da poltrona e rivendersi  al nuovo (vecchio) padrone: il Pd di Matteo Renzi, con buona pace della lotta all’astensionismo di sinistra.

Anna Falcone a Frosinone il 1 dicembre.

Dionisio Paglia   
sddefault




 E se il percorso del Brancaccio ripartisse dall'assemblea di Frosinone?


La classe politica, che non va demonizzata, e la società civile, che non va santificata, si incontreranno alle 17:00 di venerdì 1 dicembre a Frosinone presso il Salone di Rappresentanza della Provincia su iniziativa di due testate giornalistiche, per parlare delle criticità del nostro territorio e per verificare se sussistono le condizioni per ravviare quel percorso dal basso partito dal Brancaccio e che si proponeva di formare una lista unitaria a sinistra del PD per le prossime elezioni politiche.

Tutto ciò avverrà alla presenza di Anna Falcone che insieme a Tomaso Montanari aveva lanciato l'appello del Brancaccio il 18 giugno scorso, dando vita ad "Alleanza popolare per la democrazia e l'uguaglianza". Dopo la celebrazione di numerose assemblee in tutta Italia, si doveva fare il punto della situazione il 18 novembre scorso, ma l'assemblea nazionale è stata annullata perché, a detta dei due promotori, non c'erano più le condizioni minime per garantire lo svolgimento realmente democratico dell'assise. Alcuni partiti che pure avevano aderito all'appello di Falcone e Montanari hanno deciso di andare in maniera blindata ad un'assemblea nazionale prefigurando in maniera verticistica: leadership, candidature e programma politico.

Lo spirito del Brancaccio presupponeva che tutto ciò dovesse scaturire dal basso, da una libera assemblea non militarizzata dalle segreterie di partito, che doveva formulare i punti programmatici, i criteri per le candidature e le proposte per la leadership nazionale della lista unitaria.

Venerdì quindi oltre ad affrontare i problemi della nostra provincia: disoccupazione, malasanità, disservizi idrici, applicazione della Legge 107 (quella della cosiddetta 
Buona Scuola); forse si potrà verificare se classe politica  e società civile troveranno una mediazione alta per ridare voce a quei cittadini senza tessera, che hanno perso 
fiducia nelle istituzioni e che non vanno più a votare, non sentendosi rappresentati da nessuna forza parlamentare.

lunedì 27 novembre 2017

Acqua a Roma: avvio tavolo per la ripubblicizzazione AceaAto2 e utilizzo degli utili per investimenti

Coordinamento Romano Acqua Pubblica



Oggi la Conferenza dei Sindaci dell'Ato2 ha votato l'istituzione del tavolo tecnico per la ripubblicizzazione di Acea Ato2, che gestisce l'acqua di Roma e Provincia. Una richiesta che i comitati per l'acqua pubblica fanno dalla vittoria referendaria del 2011, e per la quale hanno presentato già delle bozze di studi di fattibilità. 

Proprio in virtù dell'esperienza maturata dal basso nei comitati acqua pubblica, diversi sindaci ne hanno chiesto l'inclusione tra gli attori ufficiali del tavolo, non prevista dalla proposta iniziale firmata dalla sindaca Raggi, e scoraggiata anche in aula dal suo delegato, che ne ha suggerito la partecipazione solo come auditori. La proposta è passata solo dopo averla messa ufficialmente ai voti, e il tavolo vedrà quindi la partecipazione attiva del comitato acqua pubblica, che auspichiamo si allarghi anche ad altri attori della società civile.

Questa è una partita che vogliamo giocare fino in fondo, e che ha solo un'epilogo possibile: l'uscita dei privati dall'acqua è necessaria, non solo fattibile. Ce lo spiega molto bene la crisi idrica vissuta la scorsa estate, che vede ancora decine di comuni in turnazione, mentre l'acqua scorre a fiumi dalle perdite della rete Acea, e gli azionisti continuano a intascare dividendi. Come si chiama questo se non il fallimento del "modello Acea"? 

Su questo tema in aula sia l'Ing Cecili (manager Acea) e l'ing Piotti (segreteria tecnica opertiva di Acea Ato2) hanno ribadito che è previsto un aumento degli investimenti di Acea sulla rete, e di conseguenza un aumento delle tariffe. Tale risposta ha giustamente suscitato l'indignazione di molti dei sindaci presenti, spingendoli a votare all'unanimità per chiedere alla società idrica l'utilizzo degli utili a scopo di investimenti, anche questa una richiesta avanzata a livello nazionale dal Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua, ma che qualunque persona di buon senso farebbe... tranne un gestore privato, evidentemente!

E' chiaro come i tempi siano maturi per invertire finalmente la rotta sulla gestione dell'acqua a Roma, come sempre più città europee stanno facendo. Ci auguriamo che questo spinga anche la giunta regionale del Lazio a dare finalmente attuazione alla legge 5, riformando i bacini idrografici come avrebbe dovuto fare già da tre anni a questa parte, e permettendo a sindaci e comunità locali di avere maggior peso decisionale sulla gestione di questo bene primario. 

Ora più che mai il tempo è adesso, lo ribadiremo all'Assessore Refrigeri durante l'incontro fissato per mercoledì 29, e alla prima seduta del tavolo per la ripubblicizzazione di Acea Ato2.
Sull'acqua pubblica, non un passo indietro!