Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 24 giugno 2017

Il suono e il segno secondo Olga Tsarkova e Massimo Chioccia

Luciano Granieri

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Sarebbe bello riuscire a tradurre in segni, colori, sfumature, contrasti, le vibrazioni sonore che giungono dalle improvvisazioni  dei più grandi jazzisti del mondo. Sarebbe bello certo, ma  richiederebbe una sensibilità artistica fuori dal comune. E’ necessario mettere in sintonia due stimolazioni emotive distinte, percezioni di diversa natura. Il sentire, l’ascoltare,    devono tradursi nei gesti che producono segni sulla tela, elementi di una  traduzione visionaria in grado di  disegnare un arpeggio, una scala pentatonica, un glissato.  

Il giornalista musicale Ashley Kahn qualche tempo fa ebbe a dire: “Non è facile tradurre il suono in una immagine…..Olga e Massimo hanno trovato il modo di farlo”  Ma chi  sono Olga e Massimo? Kahn si riferiva a  Olga Tsarkova e Massimo Chioccia, due pittori di arte moderna, ma anche due appassionati di jazz. Passioni che, nel loro caso , si sono contaminate  dando luogo ad un’esperienza pittorica forse unica. 

Le opere  di Tsarkova e Chioccia hanno trovato grandi estimatori sia in Italia che oltreoceano. I due artisti  hanno firmato il manifesto per una delle manifestazioni di jazz più importanti al mondo, il Newport Jazz Festival. Da anni le loro opere sono esposte nel leggendario Birdland di New York. 

Olga Tsarkova  e Massimo Chioccia  sono una coppia oltre che nell’arte, anche nella vita. La loro bottega di Orvieto è diventato un crogiolo ribollente di creatività dove arte figurativa e musica si fondono creando qualcosa di veramente unico. I loro quadri, non solo riproducono  la forza improvvisativa che arriva dallo strumento musicale, ma anche il vasto campionario di espressioni,   movenze che i visi e i corpi dei musicisti, impegnati nel loro atto creativo, rimandano alla fantasia dei due artisti. 

Godere dell’opera di Olga Tsarkova e Massimo Chioccia e magari provare a ricondurre la stimolazione visiva a quella sonora guardando i loro quadri  di John Coltrane, di Parker, piuttosto che di Marcus Miller,  potrebbe essere un’esperienza stimolante. Io ho provato a farlo nel video che segue.

 Il brano che accompagna lo scorrere delle opere di Olga Tsarkova e Massimo Chioccia è “Detroit”, tratto dall’album di Marcus Miller “Renaissance”. Ho scelto un pezzo  non propriamente jazz, ma spiccatamente funky, perché la galleria dei musicisti ritratti da Olga è Massimo  va oltre il jazz, comprende anche rocker, bluesman e lo stesso Marcus Miller. Per cui un po’ di buon sano jazz-rock mi è sembrato più rappresentativo.

Good Vibrations



Chet and Trane

a cura di Luciano Granieri


John Coltrane e Chet Baker, due jazzisti agli antipodi. Coltrane è stato uno dei più prolissi  improvvisatori di tutta la storia del jazz. E’ una definizione che rubo a Miles Davis, il quale descriveva Coltrane come un fiume in piena, pronto a riversare la sua alluvione di arpeggi sulle percezioni emotive sugli ascoltatori.  Coltrane,  come Parker, non esauriva mai la sua vena creativa, neanche dopo aver suonato per ore. Prolisso  non è la definizione più giusta , perché a differenza di colui che parla molto  e spesso a vanvera, la musica di Coltrane era un profluvio carico di note, un torrente in piena mai banale, sempre gravido di una potenza creativa nuova, originale.  Anche Chet Baker aveva un potenziale di suggestione emotiva enorme. La sua musica, a differenza di quella di Coltrane,  toccava il cuore non attraverso arpeggi al fulmicotone o rivoluzionarie soluzioni armoniche, ma grazie all’intonazione di una semplice terzina, di una nota piegata. Chet Baker sapeva incantare con il suo attacco incerto, il suo incedere indeciso ma toccante. L’atmosfera che si crea ascoltando le note lunghe e sinuose della tromba di Baker,  il suo canto particolare e prezioso è unica, irripetibile.  Propongo di seguito due accorate poesie dedicata l’una a Coltrane da C. Freddington e l’altra dedicata a Baker scritta da Alant Yount. Accompagnate evidentemente da due eccellenti contributi filmati.

Good Vibrations.

John Coltrane,” by Olga Tsarkova


The Runner
Per John Coltrane

c. Freddington
L’incedere  del movimento  comincia.
Una mente chiara e consapevole e a fuoco
davanti c’è  il sentiero limpido   vuoto e silenzioso.
Lento all’inizio  dal respiro stabile
passo dopo passo attraverso un mutamento
esponendo  un motivo
soffiando duramente
come a costruire un' intensità
pensieri consapevoli entrano ed escono
il ritmo si affretta
il campo si restringe
la fatica è superata
la linea del traguardo è in vista e poi non lo è più
la mente, le dita, e il sassofono convergono
accelerando insieme
ogni differenza è abbandonata
solo il viaggio  rimane
avanzando  alla velocità della luce
verso il bisogno primario
l’ossessione di comporre
ll bisogno di creare.






Chet Baker by Olga Tsarkova

Quando sei volato fuori dalla finestra

una poesia dedicata a Chet Baker da
Alan Yount

Quando sei volato fuori dalla finestra
mi hai  costretto a rinunciare a te
(forse non avrei dovuto)
Quando il  recente film a te  dedicato  
è   uscito, ognuno di noi
ha creduto che Ethan Hawke
fossi tu in “born to the blue”
Quando la tua bocca e  le tue gengive
hanno soffiato con denti posticci
(hai dovuto acquisire un nuovo metodo
d’imboccatura)
è stato molto più di un film
stavo realmente precipitando  essendo
anch’io un suonatore di tromba.
Al momento
ho  molti dei tuoi CD ristampati
non potrei mai far uscire i brani dal mio cervello
mentre anch’io li sto suonando
*****
Pensando ancora alla tua fine ….
l’immagine nella mente  rimane immutabile…
tu stavi suonando e cantando “My Funny Valentine”
seduto sul davanzale
*******
Ascoltando molto più della tua musica
non avrei dovuto abbandonarmi a te
Tu troppo cattivo
sei sbiadito troppo rapidamente
…. E hai smesso di suonare
“il brivido è scomparso”
“staremo insieme ancora”
“perdiamoci”
Oppure lentamente “ti vedrò”
o ancora…anche…come sento
sul mio flicorno
 suonando  lievemente,
in una difficile tonalità calma e scomoda,
la sua canzone
“Tutto o niente”
“qualcosa che sarebbe potuta accadere”

venerdì 23 giugno 2017

Con la scomparsa di Rodotà la Costituzione perde uno dei suoi più illuminati paladini, e non solo.

Luciano Granieri





Lo straordinario movimento che il 4 dicembre del 2016 ha  fermamente difeso la Costituzione dall’ennesimo tentativo di disarticolazione in senso liberista, ha perso uno dei suoi magnifici e illuminati condottieri. Stefano Rodotà è morto oggi all’età di 84 anni.  Se ne è andato un autorevole giurista,  un politico  vero ,  non un  burocrate di una  qualsiasi indecorosa  holding elettorale. Era uno strenuo  paladino dei diritti civili, ma anche, e soprattutto. dei diritti sociali. Rodotà  ben sapeva che la praticabilità  dei diritti civili non era pienamente realizzabile   senza la “rimozione  degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,  impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Ho citato, non a caso,  l’art.3 della Costituzione, quello che il Professore preferiva. Nell’umile percorso politico e movimentista che ha contraddistinto una parte della mia vita, ho sempre  cercato  sui giornali un articolo, un’intervista, uno scritto del professor Rodotà, conscio che ogni suo intervento  poteva essere utile,  se non fondamentale,   per l’acquisizione di una solida cultura politica, sebbene Rodotà  si collocasse comunque all’interno di una concezione borghese delle istituzioni, così come, peraltro si posizione la stessa Carta Costituzionale. Ricordo il professore, più combattivo che mai,alla prima assemblea dei movimenti contro l’Italicum, per i referendum sociali  e contro la riforma Renzi Boschi. Era reduce da una brutta fattura al femore.  Lo ricordo fare impallidire, nella loro ignoranza e squallore i novelli riformatori, gli squallidi improvvisati  costituzionalisti, consci, solo per un attimo, davanti alla sapienza del professore, di tutta lo loro inadeguatezza. Una percezione che disgraziatamente svaniva una volta che l’arroganza e la prosopopea tornava sovrana ad occupare il centro delle menti appaltate dal potere economico e finanziario. Domani comprando i giornali sarà inutile cercare. Un novo articolo del professor Rodotà non ci sarà. E la sensazione che il mio percorso verso l’acquisizione di una cultura e una coscienza politica più piena e consapevole, abbia perduto una bussola fondamentale, lascia  dentro una profonda tristezza e un incolmabile vuoto.

L'intervento di Steano Rodotà, dopo quello di Maurizio Landini all'assemblea dei comitati per il No.

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2017: OLTRE IL VOTO, QUALI PROSPETTIVE PER LE AMMINISTRAZIONI LOCALI

Agenzia stampa CARC



Finito il primo turno (11 giugno) delle elezioni amministrative che hanno coinvolto circa 1000 comuni del paese (tra cui venticinque comuni capoluogo di provincia), il prossimo 25 giugno ci sarà il ballottaggio nei comuni con più di 15mila abitanti. Solo in 3 comuni capoluogo (Palermo, Cuneo e Frosinone) è stato eletto il sindaco al primo turno.

Quali sono gli aspetti più salienti dell’esito del voto dell’11 giugno?
– la crescita dell’astensionismo che passa dal 66,8% del 2012 al 60,1% dell’11 giugno;
– i partiti delle Larghe intese (PD, FI, AP, ecc.) si sono presentati (o camuffati) con ammucchiate di liste civiche per cercare di carpire più voti possibili, ma cresce il distacco e il discredito delle masse popolari nei loro confronti;
– il Movimento 5 Stelle (M5S) si è candidato in 225 comuni, ha aumentato il numero dei voti rispetto al 2012, è presente al ballottaggio in due città capoluogo (Asti e Carrara), e per quanto riguarda la percentuale dei voti va dal 3,2% di Parma al 16,3% di Palermo e 18,1% di Genova;
– le liste della sinistra borghese alternative ai partiti delle Larghe intese (Liste DemA- De Magistris, Beni comuni, ecc.) dove erano presenti hanno ottenuti modesti risultati (intorno al 5%).
Sul M5S pesa la politica di sostanziale condiscendenza dei sindaci e delle Amministrazioni locali (a partire da Roma e Torino) ai dettami e alle regole imposte dai governi dei vertici della Repubblica Pontificia. Le Giunte Raggi e Appendino invece di usare il potere politico per dare forza alla mobilitazione popolare e attuare misure nell’interesse delle masse popolari e dell’ambiente (attuare le parti progressiste della Costituzione del 1948) si sono fatte garanti degli interessi dei vertici della Repubblica Pontificia. La contraddizione  principale che si pone all’interno del M5S è: essere una forza di governo “normalizzata” (espressione della legalità del sistema di potere vigente nella Repubblica Pontificia) o essere una forza che vuole rompere qui e subito con questo sistema e costruire Amministrazioni Locali di Emergenza. Amministrazioni che attuano da subito e dal basso (con la partecipazione attiva e con un ruolo di primo piano dei lavoratori e delle masse popolari) tutto  ciò che è possibile attuare (in materia di lavoro, casa, ambiente, salute, istruzione e cultura, diritti politici e sindacali) delle disposizioni progressiste della Costituzione, anche disobbedendo alle leggi del governo centrale e facendo fronte alle sue manovre, facendo leva sul fatto che la Costituzione è ancora in vigore, confermata dalla stragrande maggioranza del popolo italiano con il referendum del 4 dicembre 2016. Questa è l’azione che i sindaci e gli altri amministratori locali in combinazione con le organizzazioni operaie e popolari devono fare da subito, estendendo e generalizzando misure legislative e iniziative in materia di lavoro, salvaguardia del patrimonio economico, ambientale e culturale, applicando misure per rendere effettiva la funzione sociale delle proprietà privata e pubblica, del diritto ad una abitazione dignitosa, alla salute e all’istruzione previste dalla Costituzione.  Ad oggi il M5S appare più intenzionato a seguire la prima strada: ne è dimostrazione tanto la questione della legge elettorale in combutta con PD-PDL, quanto le scelte della Giunta Raggi a Roma (dagli affaristi e politicanti nella Giunta al recente appello al Prefetto per una moratoria sull’ingresso di migranti a Roma, che ha fatto gongolare la destra xenofoba e reazionaria, fino agli sgomberi degli spazi sociali occupati – tra questi, la sede del Forum Acqua Pubblica e il Centro di accoglienza dei transitanti Baobab, ad oggi giunto al ventesimo sgombero).
Sulle liste della sinistra borghese pesa la radicata concezione elettoralista e di sponda elettorale delle lotte nelle istituzioni della borghesia invece di promuovere la crescita del numero di organismi operai e popolari e sostenerne il lavoro per attuare dal basso e da subito le parti progressiste della Costituzione.
La borghesia e i media di regime gongolano sulla disfatta del M5S e sul presunto rafforzamento dei partiti delle Larghe intese. Ma la realtà è che quando non c’è un punto di riferimento e di raccolta dello sdegno e della mobilitazione popolare  (nel programma e nell’azione, nel fare subito quello che è possibile fare per gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari senza aspettare di vincere le elezioni) la situazione continua a marcire e continuano a proliferare affaristi e politicanti dei partiti delle Larghe intese e della sinistra borghese. La linea di poter cambiare le cose per via elettorale (o quando il M5S andrà al governo) senza la mobilitazione delle masse popolari è seminare illusioni o imbrogliare: a dimostrarlo è il triste epilogo del governo Tsipras.
L’unica linea efficace e di prospettiva anche sul terreno elettorale per chi vuole lavorare con possibilità di successo è principalmente dedicarsi a promuovere la crescita del numero di organismi operai e popolari e sostenerne il lavoro e la loro organizzazione: i sindaci e gli amministratori progressisti o vanno su questa strada o faranno la fine di quello che, con tutta evidenza, è avviata a fare Virginia Raggi a Roma.
La questione politica che emerge con sempre maggiore chiarezza è che la questione non è conquistarsi più autonomia locale ma prendere in mano le redini del paese e che i sindaci e le città “ribelli” devono lavorare affinché le masse popolari organizzate instaurino un loro governo di emergenza che attui misure di emergenza su lavoro, ambiente, casa e diritti, un governo che rompe con la Comunità Internazionale e le sue istituzioni (Nato, UE, BCE e FMI).
La costruzione del movimento di “attuazione dal basso e da subito delle parti progressiste della Costituzione” deve essere indirizzato e deve lavorare con l’obiettivo di prendere in mano il governo del paese, con un governo d’emergenza popolare deciso ad attuare le parti progressiste della Costituzione. Un governo costituito dalle organizzazioni operaie e popolari e da uomini di loro fiducia, alternativo alle istituzioni e ai partiti che in questi anni si sono opposti e continuano a opporsi all’attuazione delle parti progressiste della Costituzione. Istituzioni e partiti della Larghe intese che sono artefici o complici della devastazione e del saccheggio del paese.
I risultati delle elezioni amministrative sono favorevoli alla costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza principalmente perchè:
– in tutto il paese, aumentano i sindaci e gli amministratori locali pronti o intenzionati a “disobbedire” alle politiche centrali antipopolari che violano la Costituzione e stanchi “dell’ordinaria amministrazione” che impone loro di essere sottomessi alle autorità centrali e vessatori delle masse popolari. Un esempio in questo senso è il fronte che si sta ampliando all’interno del progetto “Attuare la Costituzione – Un dovere inderogabile”  e la costituzione di “Ciotta per l’attuazione della Costituzione”, che promuovono l’assemblea che si terrà a Latina il 30 giugno (dopo quella di Napoli del 14 maggio scorso)
– in tutto il paese, la mobilitazione delle masse popolari per fare fronte alla soluzione di problemi che le istituzioni provocano e non risolvono, si moltiplica e si eleva. Per quanto oscurata dai mass media (interessati alla disinformazione, ai giochi e alle beghe di palazzo), l’attività dei comitati e degli organismi popolari è incessante ed è il principale perno su cui promuovere una nuova governabilità dal basso. In questa campagna elettorale si sono infatti moltiplicate le iniziative che hanno messo al centro l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione: dall’assemblea nazionale dei comitati in difesa della Sanità pubblica del 18 giugno ad Arezzo, alle iniziative contro il Decreto Minniti-Orlando, per l’acqua pubblica, per l’ambiente e salute, per la nazionalizzazione di Alitalia e dell’Ilva, ecc. Sono questi i temi che  i cittadini e le masse popolari organizzate hanno messo al centro del dibattito elettorale.
– questi risultati elettorali metteranno alla prova tutte quelle liste e quei candidati che hanno basato la propria campagna elettorale nel segno della rottura e della discontinuità con le prassi e le regole del teatrino della politica borghese, collegandosi alle masse popolari e impegnandosi a occuparsi, caso per caso, delle questioni “urgenti”. Stare fuori dai giochi pone tutti ad un bivio: ritirarsi di buon grado per non aver guadagnato una poltrona oppure mettersi alla testa, con ancora più determinazione, della costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza? Entrare in  consiglio comunale e farsi risucchiare dalla burocrazia della Repubblica Pontificia o usare quel ruolo al servizio delle masse popolari per denunciare gli intrallazzi di palazzo e rafforzare, promuovere e alimentare la mobilitazione popolare?
I candidati delle Liste Dem-A (movimento politico promosso da De Magistris che punta ad estendere l’esperienza napoletana) e le formazioni del M5S che non vogliono sottomettersi e subire le regole e la prassi vigente nella Repubblica Pontificia devono mettersi a lavoro, valorizzare e raccogliere il consenso ottenuto facendone strumento di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari: devono organizzare e mobilitare le masse popolari per individuare le misure d’emergenza da adottare e adottarle direttamente, con iniziative dal basso.
Questa è l’ottica con cui bisogna guardare ai risultati di queste elezioni, cioè per come e quanto possono contribuire alla rinascita del paese, alla costruzione Amministrazioni Locali di Emergenza e ad un governo d’emergenza popolare deciso ad attuare le parti progressiste della Costituzione.

mercoledì 21 giugno 2017

La crisi economica e il governo Gentiloni

Alberto Madoglio

Le ultime tornate elettorali che si sono svolte in questi mesi in Europa (Olanda, Francia e in diversi Land della Germania) hanno segnato una relativa battuta d’arresto delle forze populiste e reazionarie. Questa precaria stabilizzazione del quadro politico delle maggiori potenze del Vecchio Continente ha fatto sì che l’Italia sia tornata ad essere l’osservato speciale, principalmente per le sue debolezze economiche e per la sempre più marcata instabilità politica.
Fino alla consultazione referendaria dello scorso 4 dicembre la Commissione europea ha avuto un occhio di riguardo circa i problemi di bilancio del governo tricolore. Dopo il risultato elettorale e la caduta del governo Renzi, al quale è subentrato il nuovo premier Gentiloni, sono iniziate le trattative tra Roma e Bruxelles riguardo a come dovrà essere impostata la prossima manovra finanziaria. Il primo effetto ottenuto è stato il varo di una manovra correttiva relativa al 2016 di importo leggermente superiore ai 3 miliardi di euro. Attorno a questa manovra e alla sua entità si sono avute le prime frizioni tra il nuovo esecutivo e l’ex premier. Renzi è convinto, a ragione, che manovre finanziarie troppo in linea con le richieste di Bruxelles possano mettere a serio rischio la possibilità per il Pd di vincere le prossime elezioni (la cui scadenza naturale è la primavera del 2018). Ha quindi usato accenti polemici verso il governo e l’Europa, cosa che è resa possibile dal fatto di non avere dirette responsabilità di governo e quindi di poter pensare di ergersi a paladino degli interessi degli strati di popolazione più deboli.
Le politiche economiche del governo: nulla di nuovo sotto il sole
Al di là di queste scaramucce verbali che assomigliano più che altro a un gioco delle parti, il governo Gentiloni, così come chi lo ha preceduto, continua nell’azione di attacco alle condizioni di vita dei lavoratori. Nella manovra correttiva di cui sopra, il dato più significativo è che se il governo non sarà in grado di fare ulteriori tagli di bilancio, o di aumentare le entrate (presumibilmente con un aumento di tasse per lavoratori e pensionati), scatteranno le cosiddette clausole di salvaguardia che comporteranno un aumento dell’Iva, tassa sui consumi che grava in maniera più che proporzionale sui redditi più bassi.
E’ altamente improbabile che gli accorgimenti contabili che hanno evitato il verificarsi di questo aumento negli scorsi anni possano essere ulteriormente replicati. Anche nel caso che la Commissione di Bruxelles conceda flessibilità riguardo ai conti del governo (non chiedendo di portare il rapporto deficit/Pil all’1,2% rispetto al 2,6 dello scorso anno), saranno almeno 15 i miliardi che il Ministro dello Finanze dovrà trovare. E questo al netto di tutti gli aiuti che verranno decisi a favore di banche e grandi imprese.
Alcuni dati veramente sorprendenti confermano il carattere classista e antioperaio del governo in carica, che segue la linea tracciata da almeno un ventennio a questa parte. Mentre si continua ad affermare la necessità di contenere la spesa pubblica e di ridurre le voci di bilancio riguardanti sanità, istruzione e welfare state, lo scorso anno le spese militari hanno registrato uno spettacolare aumento di oltre il 10% (l’aumento medio nei Paesi Nato è stato di circa il 3).
Parte considerevole di questo aumento (400 milioni) è andato a beneficio dell’Arma dei Carabinieri. I Carabinieri sono un corpo militare che svolge anche funzioni di ordine pubblico, cosa senza uguali tra le “democrazie” occidentali. I finanziamenti di cui beneficia sono il segnale che il governo si prepara a una escalation nella repressione delle lotte nel prossimo periodo. I corpi repressivi sui quali si fonda il suo potere devono essere equipaggiati e pagati in maniera adeguata, nel timore che in caso contrario possano essere spinti a mettere in dubbio la fedeltà all’ordine borghese! Come ai tempi del ventennio fascista il governo al burro (stato sociale) preferisce i cannoni.
Regali a banche e imprese, ancora sacrifici per i lavoratori
Da un decennio i lavoratori pubblici hanno i loro stipendi bloccati. Nonostante persino la Corte Costituzionale nel 2015 abbia sancito l’illegittimità di mantenere questo blocco (convalidandolo tuttavia per il passato e sancendo lo scippo di circa 40 miliardi di euro dai salari pubblici), il governo fa orecchie da mercante. Con buona pace di chi si illude (Cgil in testa) che le sorti della lotta di classe tra capitale e lavoro si decidano nelle aule dei tribunali o in Parlamento anziché nelle piazze, grazie a scioperi e mobilitazioni.
Ma non solo. Dopo aver regalato venti miliardi alle imprese sotto forma di sgravi alle assunzioni che non hanno creato un solo posto di lavoro in più, e dopo aver concesso la stessa somma alle banche in crisi, con una modifica nel sistema di detrazione delle perdite consente al sistema bancario di ottenere un ulteriore miliardo .
Si potrebbe essere indotti a pensare che queste regalie abbiano avuto almeno il merito di creare condizioni per rendere più stabile il sistema del credito, ma così non è. Aumentano sempre più i segnali che vogliono Veneto Banca e Popolare di Vicenza incapaci di garantire la continuità aziendale e costrette ad andare in “risoluzione” come le quattro Popolari nell’autunno del 2015. Se ciò capitasse le conseguenze sistemiche, non solo per il settore del credito ma per tutta l’economia italiana, sarebbero imprevedibili.
Tre delle quattro Popolari di cui sopra sono state acquistate per un euro da Ubi Banca, la quale ha annunciato tagli del personale pari a un terzo degli impiegati entro il 2020. Lo scorso anno per la prima volta nel bilancio pubblico sono stati inseriti 700 milioni per il fondo esubero dei bancari. Fino al 2016 i pre pensionamenti erano pagati dai lavoratori e dalle banche, d’ora in poi saranno anche a carico della fiscalità generale; si regalano soldi alle banche, che tagliano salari e lavoratori, e scaricano i costi sulle casse pubbliche. Un vero furto legalizzato.
Oltre alle banche, si annunciano ulteriori regali alle imprese. Verrà quasi certamente cancellata la contribuzione previdenziale a carico delle aziende e dei lavoratori per un periodo di 3 anni in caso di assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 25 anni, mentre dovrebbe essere ridotta per tutti gli altri neo assunti. E’ un regalo alle imprese perché nel primo caso il costo della decisione (3 miliardi) sarà coperto dalla fiscalità generale, che grava pesantemente su lavoratori dipendenti e pensionati (mentre le grandi imprese hanno mille sistemi per evadere il fisco). Nel secondo, se non sarà previsto nessun intervento pubblico, le imprese continueranno a risparmiare, mentre i lavoratori potranno avere sì un minimo aumento salariale, ma ampiamente superato dalla riduzione dell’importo della pensione futura. In un sistema pensionistico come quello italiano, meno contributi significano pensioni ancor più povere di quelle che già si prevedono.
Le debolezze endemiche del capitalismo. La sola soluzione e’ la lotta di classe
La vera malattia dell’economia e della finanza italiane è il frutto della crisi che da un decennio ha colpito l’economia globale e delle debolezze intrinseche del capitalismo tricolore. Un’economia che cresce meno delle altre nelle fasi espansive (i dati Istat segnalano che nel primo trimestre 2017 il Pil cresce dello 0,2% a fronte di una media europea dello 0,5) e cala maggiormente in quelle recessive. Un debito pubblico che non accenna a calare: secondo la Banca d’Italia ha raggiunto la cifra di 2256 miliardi a marzo di questo anno. E ciò nonostante da tempo immemore la finanza pubblica registri avanzi primari: le entrate superano le uscite al netto del pagamento degli interessi sul debito.
Ciò è dovuto a peculiari caratteristiche dell’economia del Paese: una miriade di piccole e piccolissime imprese che causano una bassa produttività del lavoro e scarsi investimenti in ricerca e sviluppo. Un grande capitale che, di fronte alla competizione internazionale sempre più accentuata, si rifugia in settori più o meno protetti e che garantiscono rendite più o meno sicure: servizi (nel settore dell’energia o delle telecomunicazioni), gestione rete autostradale, investimenti nel settore immobiliare o nelle rendita legata al debito pubblico ecc.
La borghesia, essendo incapace o non volendo cambiare questa situazione, spinge i vari governi a colpire in maniera sempre più dura lavoratori, studenti, disoccupati, per garantirsi adeguate quote di profitti.
Ma questo rende chiaro che il nemico principale del proletariato italiano risiede all’interno dei confini nazionali, e che soffia sulle pulsioni xenofobe e razziste sempre più dilaganti: chi fa appelli all’unione nazionale contro gli appetiti famelici delle potenze straniere (francesi e tedesche che siano), vuole legare sempre di più i lavoratori al carro della borghesia del Belpaese. Che siano forgiate a Roma o altrove, le catene che ci rendono schiavi devono essere spezzate al più presto. Ne va delle sorti non solo delle classi subalterne qui da noi ma nell’intero continente europeo.

DOPO IL 18 ANDARE AVANTI NELL'ALLEANZA POPOLARE PER L'UGUAGLIANZA E LA DEMOCRAZIA

Umberto Franchi 


In Europa l'economia sembra in risalita e molti commentatori politici pensano che si allenterà la pressione per ridurre il debito pubblico, sulla concentrazione delle banche, sulle riforme liberiste delle pensioni e del mercato del lavoro, sulla flessibilità dei salari legati "alla produttività" , sulla riduzione del fisco, ecc... ma salvo qualche dosaggio decimale di circostanza, nel "tira e molla" tra i vari governi europei, la ristrutturazione in atto in ogni Paese andrà avanti perchè viene imposta dai poteri economici e finanziari forti e si sviluppa all'interno della Contesa Globale, dove l'Europa e gli Stati Uniti sono in declino rispetto al fronte dei nuovi giganti asiatici. Si pensi solo alla Cina ed al flusso dei capitali che va indirizzando... fino a comprarsi perfino il Milan di Berlusconi.
La  UE con i suoi poteri, è stata per decenni la scelta strategica delle classi dominanti del vecchio continente, perchè l'Europa serviva ai loro capitali , alle multinazionali, alla finanza,  per reggere lo scontro con gli altri colossi mondiali.  Oggi si apre un nuovo ciclo ?
Per capire come sia possibile oggi in Italia ed Europa, fermare l'esito della feroce ristrutturazione capitalista e della controrivoluzione che ha restituito alle classi dominanti il predominio e l´egemonia sulle scelte economiche, sociali, civili, culturali, ambientali, rimuovendo di fatto, anche il conflitto sociale che il secolo scorso ci aveva lasciato in eredità , occorre avere chiaro che il ciclo del declino Atlantico e della nuova fase strategica durerà molti anni con crisi tensioni, conflitti e soprattutto politiche di lacrime e sangue,  verso i lavoratori.
L'elezione di  Emmanuel Macron in Francia , con il suo intereagire  assieme alla Germania, nell'integrazione europea, viene riproposto in modo esplicito ancora una volta la "riforma del mercato del lavoro" che ridurrà diritti, salari, sociale.
Tomaso Montanari nella sua relazione introduttiva ha fatto giustamente un lungo elenco di scelte sbagliate effettuate , non solo dalle destre, ma anche dai governi di centro-sinistra che hanno portato  alla macelleria sociale, avviata in modo strisciante da circa 30 anni , con la perdita quasi totale dei diritti nei luoghi di lavoro, con  le nuove generazioni di soggetti subordinati e precari , con l'uscita dalla fabbrica, e dalla politica, con il non voto... 
In realtà, il problema che abbiamo in Europa, ma soprattutto in Italia, non è risolvibile attraverso le riforme temperate e nemmeno attraverso gli scarti ideologici del populismo e del sovranismo statalista.
Non ritengo nemmeno che la questione principale sia quella di fare presto, perchè è necessaria  la presentazione di una lista unitaria della sinistra e dei movimenti esistenti che hanno partecipato alla manifestazione del 18 a Roma, alle prossime elezioni.
Occorre capire che il voto  non basta più, perchè nella realtà che viviamo,  comunque le borghesie impaurite sosterranno i partiti che vogliono rappresentare "la difesa dell'Europa e la fortezza della  Resistenza Europea" nella contesa globale... mentre le classi subalterne si divideranno tra il non voto e la lotta tra i poveri...
Per questo credo che sia un errore pensare che oggi la priorità, sia quella di aggregare la sinistra che c'è,  (come avvenne  con la sinistra arcobaleno nel 2008)  ed andare alle elezioni.
Il punto centrale   non è tanto l'importanza di definire la lista della sinistra  ,  il " nuovo contenitore" per presentarci alle elezioni, ma costruire veramente nei territori un vasto movimento capace di rimettere al centro alcune questioni principali della nostra Costituzione, tra cui quella dell'art. 1 e art. 3  … e spendere  le nostre massime energie per fare ridivenire la questione del lavoro egemone , promuovendo iniziative aggreganti, lotte adeguate  ad ogni livello (fabbrica, territorio, generale). 
Dopo il 18 giugno di Roma , abbiamo quindi un primo compito primario:  quello di mettere assieme nei territori tutti coloro che hanno sviluppato la battaglia per il NO al referendum (Comitati) allargati ai partiti esistenti alla sinistra del PD non compromessi con le politiche renziane, le Associazioni, i Movimenti, le RSU, sviluppando da subito precise iniziative  e lotte dei territori , nei luoghi di lavoro e  più generali , coordinate a livello nazionale... con la nascita  di un gruppo dirigente di "Alleanza Popolare"...
 Solo da ciò che saremo in grado di sviluppare nei prossimi giorni , potrà rinascere la speranza della nascita del nuovo movimento  della sinistra unita  per diventare successivamente  lo strumento necessario per la  trasformazione sociale, politica, civile, culturale .

lunedì 19 giugno 2017

La Governabilità

Leonello Zaquini 


Ho provato: sono andato al bar in piazza ed ho chiesto “Cosa ne pensi della governabilità ?”. Nessuno mi capiva. Siccome sono consigliere comunale ho provato anche con altri consiglieri, durante un pausa del Consiglio. Stessa reazione incuriosita: “Cosa è?”
Il vocabolo stesso non esiste nella lingua del posto. Devi creare un neologismo che comunque sistematicamente non viene capito e pertanto lo devi spiegare.
Dopo vari tentativi arrivi a dovere dire: “Si tratta di avere la ‘maggioranza sicura  anche a prescindere da contenuti”.
A questo punto la reazione di sorpresa si trasforma in indignazione: “Ma quella è una dittatura !”. … Infatti.
Sono italiano, ma vivo in Svizzera. Più precisamente nella Svizzera francofona. In questo paese nessuno dispone della “governabilità” ed il concetto stesso, una volta spiegato, fa pensare ad una dittatura.
Per “avere la maggioranza "sicura” in quanto consigliere dispongo di un solo metodo: devo proporre qualcosa che sicuramente ottiene il consenso dei consiglieri riuniti in Consiglio.
E questo metodo non si può aggirare: non ho altre strade che questa. E può darsi che non basti ancora. Infatti, se in Consiglio decidiamo qualcosa che non piace ai cittadini, questi possono facilmente abrogare la nostra delibera.
Va precisato che quando dico “consiglieri” intendo ciascuno di loro individualmente, non i “gruppi consiliari”.
Infatti il “voto di squadra” non esiste. Quando una delibera è approvata o respinta i consensi ed i dissensi passano normalmente attraverso tutti i partiti.  E’ normale che sia così: infatti su ogni tema della vita cittadina si trovano pareri concordi e discordi anche tra gli elettori ed i simpatizzanti di uno stesso partito. E’ quindi naturale che questi pareri si rispecchino nell’organo legislativo. Altrimenti questo organo non sarebbe “rappresentativo” dei cittadini, ma di qualcosa d’altro.
Come si può vivere senza governabilità ?
Qualcuno in Italia (ma anche altrove) ha creato l’impressione che senza la “governabilità” sia impossibile decidere e che il tempo e la complessità delle decisioni si dovrebbe allungare in modo smisurato.
Invece è vero l’esatto contrario.
Nel mio Consiglio comunale decidiamo diverse decine di delibere all’anno: quelle che servono alla città per funzionare e ci si riunisce solo una volta al mese, la sera dalle ore 20 alle 23.
L’organo legislativo nazionale Svizzero, bicamerale, con un Parlamento eletto in forma rigorosamente proporzionale, produce circa lo stesso numero di leggi del Parlamento italiano (circa 60 all’anno) ma lo fa in un quarto del tempo. I parlamentari federali non lavorano a tempo pieno (il loro stipendio ne risente), ma solo durante alcune “sessioni parlamentari” di poche settimane ciascuna.
Legiferare per 8 milioni di persone e per di più di lingue, culture e religioni differenti non é affatto più semplice che legiferare per 60 milioni. Parlando tre lingue, in due camere, promulgano lo stesso numero di leggi ma lo fanno in un quarto del tempo. E’ legittimo domandarsi: come fanno? Come è possibile?
Lo ho domandato ad alcuni parlamentari svizzeri i quali mi hanno spiegato che nel loro Parlamento accade circa come nel mio Consiglio comunale:
una legge viene studiata in commissione, poi presentata in Parlamento, eventualmente emendata, poi votata: se passa passa, se non passa non passa.
Ho fatto la stessa domanda ad alcuni parlamentari italiani, che mi hanno confermato nel mio sospetto iniziale: una legge non è oggetto di un vero dibattito, ma di una “trattativa”, spesso extra parlamentare, tra i partiti. Le lungaggini sono inevitabili (ed il risultato non è detto si avvicini al “bene collettivo”.)
Ma la “Governabilità” ha anche un altro risvolto importante per l’economia.
Un esempio lo mette bene in evidenza.
Pochi anni fa gli organi decisionali federali competenti, avevano deciso di comperare 22 aeroplani da caccia. I cittadini sono intervenuti, hanno indetto un referendum il cui esisto è stato l’abrogazione della decisione proposta dal Governo ed approvata a larga maggioranza dal Paramento nelle sue due camere.
I 22 aeroplani da caccia non si comperano più.
Sia chiaro: nessuno può sapere se quella dei cittadini sia stata una decisione opportuna. Infatti nessuno può escludere, in futuro, un attacco di forze nemiche. E se, in quella circostanza, quei 22 caccia fossero proprio quelli che avrebbero fatto la differenza? Pare poco probabile, visto il contesto svizzero attuale, ma occorre riconoscerlo: nessuno può esserne assolutamente certo.
Ma una cosa è invece già oggi assolutamente sicura: in un paese dove la governabilità non esiste affatto tanto che manca il vocabolo stesso, la lobby dei venditori degli aeroplani trova qualche ostacolo in più nell’esercizio del suo mestiere.
I lobbisti della ditta costruttrice degli aeroplani da caccia lo hanno dichiarato apertamente. Pochi giorni dopo l’esito del voto era apparsa su un giornale una loro intervista dai toni accorati: “In un paese come questo noi non possiamo lavorare …”.
La concentrazione del potere decisionale è indispensabile per facilitare il mestiere del lobbista.
Infatti, se “la sera stessa della domenica” i funzionari di lobby e potentati potessero venire a sapere chi disporrà della “governabilità” durante la legislatura successiva, potrebbero meglio concentrare i loro sforzi ed il “rischio di non ritorno su investimento” potrebbe venire ridotto in modo significativo.
Il paese dove vivo é un paese industriale. Per alcuni anni di fila, nel 2013 e 14, il World economic forum lo ha classificato: “Primo paese  più competitivo al mondo” (nonostante il cambio sfavorevolissimo). Il paese é al 5° posto al mondo nella esportazione di macchine utensili: pur essendo un paese minuscolo confronto alla Cina e dagli USA questi altri colossi lo rincorrono e si piazzano rispettivamente al 6° ed all’8° posto.
Mancando la “governabilità”, comperare aeroplani da caccia in questo paese può anche risultare difficile e probabilmente anche per questo il debito pubblico è il 38% del PIL.

domenica 18 giugno 2017

Assemblea del 18 giugno organizzata da Anna Falcone e Tomaso Montanari un primo commento

Felice C.Besostri



L'assemblea del Brancaccio era molto centrata sull'Italia e gli unici accenni al quadro sovranazionale era il solito riferimento alla sinistra di successo nell'ordine Podemos, Mélenchon, Linke, Syriza ( quest'ultima non è più un'icona). Della Francia non si è parlato. Nel mio intervento, non pronunciato per ragioni di spazio vi era un passaggio, che trascrivo:

"Le ultime elezioni francesi, le presidenziali, ma ancora di più le legislative di domenica scorsa, 11 giugno, devono essere intese come un campanello dall’allarme ( per la prima volta hanno votato in meno del 50%), cioè allontanando dalle urne la maggioranza degli elettori, è possibile inventare un movimento politico, che conquisti la maggioranza di un Parlamento, tanto più artificialmente amplificata, quanto più il sistema elettorale è maggioritario. Ovviamente non basta un leader nuovo,  intelligente e con presenza mediatica, occorrono anche soldi, tanti soldi e troppi soldi di provenienza, da chi ne ha,  sono incompatibili con una vera democrazia. Da qui l’entusiasmo anche in Italia per MACRON, che ci sbarazza  dell’antinomia destra/sinistra, a favore di quella più funzionale al potere tra responsabili ed estremisti, tra europeisti e populisti."

Le preoccupazioni sono aumentate con il secondo turno delle legislative con un'astensione salita al 56,6%. Il sistema maggioritario nasconde il consenso reale. La distorsione maggiore avviene con il premio di maggioranza al Porcellum ovvero al ballottaggio dell'Italikum, se grazie agli avvocati antitalikum, che ho avuto l'onere e l'onore di coordinare, non avessero ottenuto la dichiarazione di incostituzionalità del premio di maggioranza, prima delle elezioni. Nei sistemi maggioritari, britannico o francese, almeno c'è l'obbligo di conquistare la maggioranza assoluta collegio per collegio, uno per uno.Ma se rappresenti meno del 15% degli aventi diritto dovrai tenerne conto e il tuo peso politico, anche internazionale, ne risente.   E' un problema di cultura politica, il cemento a sinistra da più di 25 anni è rappresentato dall'anti-berlusconismo e dall'anti-renzismo, fatto che non aiuta ad ampliare gli orizzonti mentali. Sempre nell'intervento scrivevo: 

"Una volta i liberali erano cosmopoliti, i democratici cristiani universalisti e la sinistra, socialista e comunista,internazionalista. Tutto questo si è perduto e se lo spazio dove estendere il nostro sguardo si riduce ai nostri orticelli, da quegli orizzonti, troppo angusti, non vedremo mai sorgere alcun sole dell’avvenire, nemmeno una fiammella di speranza.

E'indicativo che siamo nel paese dove la terza strofa di Bandiera Rossa  non la canta più nessuno : "Avanti popolo non più frontiere/ stanno ai confini rosse bandiere".
 Non c'è un ragionamento sullo stato complessivo della sinistra. I successi delle formazioni alla sinistra dei partiti del PSE, nascondono  il fatto che la somma dei voti delle sinistre è inferiore a quella dei soli socialisti quando erano il partito leader a sinistra: meditiamo.

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Di seguito riportiamo l'intero testo che il professor Besostri aveva preparato per l'assemblea, il testo è corredato da note e sottolineature che ovviamente non si sarebbero potute rilevare nell'intervento in assemblea. 



INTERVENTO AL TEATRO BRANCACCIO
ROMA 18 giugno 2017

Benvenuti a questo appuntamento promosso in modo non tradizionale dagli amici Anna e Tomaso. Se mi viene data la parola  è perché parlerò di leggi elettorali e della necessità, quasi maniacale,  che siano conformi a Costituzione perché è ormai pacifico dopo le sentenze della Consulta e della Cassazione[1], che come cittadini italiani, cui appartiene la sovranità, abbiamo il diritto “inviolabile e permanente” di votare in conformità alla Costituzione.

Le leggi elettorali sono molto tecniche, complicate e noiose, ma se scegliete voi ivostri rappresentanti, perché questi dovrebbero dare priorità ai vostri problemi e non agli interessi di chi li candida e nomina.
 Spero, tuttavia, che questo ruolo, che mi è preassegnato, finisca presto non perché non voglia impugnare la terza legge elettorale incostituzionale: la ragione principale per dedicarsi ad altro è che se fosse approvata una terza legge elettorale incostituzionale dopo il Porcellum e l’Italikum[2] e si votasse con una tale legge  sarebbe un segno inequivocabile che la nostra democrazia è compromessa e che negli organi  al vertice delle istituzioni si annidano i nemici della nostra COSTITUZIONE:
un GOVERNO, che la promuove, come ha fatto con l’Italikum magari ponendo la fiducia;
un PARLAMENTO, che l’approva e
un PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, che la promulga e
un PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, lo stesso, che sciolga le Camere e indica elezioni in modo da impedire di fatto un controllo di costituzionalità[3].
La legge affossata dal PD era in contrasto con la Carta in almeno 3 punti, che si potevano superare con:
 Voto disgiunto per collegio uninominale e lista circoscrizionale proporzionale;
2     Sblocco delle liste circoscrizionali, non necessariamente con le preferenze;
3     Soglia di accesso regionale e non nazionale per il Senato.

Ci sono anche altri problemi come il privilegio degli elettori trentin-altoatesini, il numero esagerato di sottoscrizioni per la presentazione di liste per i nuovi ed esenzioni  totali per  chi già c’è, il riequilibrio effettivo della rappresentanza di genere, ma non entriamo nei dettagli.

Personalmente vorrei potermi occupare dei miei nipotini e politicamente dello stato della sinistra in Europa, senza distinguerla tra occidentale e orientale o fuori/dentro la UE e nel resto del mondo, perché siamo in un mondo globale. 

Una volta i liberali erano cosmopoliti, i democratici cristiani universalisti e la sinistra, socialista e comunista, internazionalista. Tutto questo si è perduto e se lo spazio dove estendere il nostro sguardo si riduce ai nostri orticelli, da quegli orizzonti, troppo angusti, non vedremo mai sorgere alcun sole dell’avvenire, nemmeno una fiammella di speranza.

Ora abbiamo un’occasione storica perché il bipolarismo coatto è stato messo in crisi dall’annullamento delle due leggi, il Porcellum e l’Italikum, che lo volevano consacrare contro la Costituzione. Tuttavia sono convinto, che quelle decisioni, in particolare la prima del gennaio 2014, non sarebbero state possibili se il bipolarismo non fosse stato sconfitto prima nelle urne delle elezioni 2013, quando  votarono per i due maggiori partiti il 58,66% ( nel 2008 erano il 70,56%) degli elettori italiani , che ne inventarono  un terzo col M5S. 

Le ultime elezioni francesi, le presidenziali, ma ancora di più le legislative di domenica scorsa, 11 giugno, devono essere intese come un campanello dall’allarme ( per la prima volta hanno votato in meno del 50%), cioè allontanando dalle urne la maggioranza degli elettori, è possibile inventare un movimento politico, che conquisti la maggioranza di un Parlamento, tanto più artificialmente amplificata, quanto più il sistema elettorale è maggioritario. Ovviamente non basta un leader nuovo,  intelligente e con presenza mediatica, occorrono anche soldi, tanti soldi e troppi soldi di provenienza, da chi ne ha,  sono incompatibili con una vera democrazia. Da qui l’entusiasmo anche in Italia per MACRON, che ci sbarazza  dell’antinomia destra/sinistra, a favore quella più funzionale al potere tra responsabili ed estremisti, tra europeisti e populisti. 

Ma torniamo a noi e alle leggi elettorali: una legge elettorale è sempre una scelta politica, non tecnica. Se si chiede un premio di maggioranza per le coalizioni, significa, a sinistra, che ci si vuol alleare con il PD, un qualsivoglia PD, chiunque ne sia il segretario. L’Italia dopo tre Parlamenti eletti con una legge maggioritaria incostituzionale ha bisogno di un momento di verità e perciò di una legge elettorale proporzionale, non perché il proporzionale sia meglio in assoluto e sempre, ma perché soltanto un Parlamento eletto con la proporzionale può decidere come coniugare rappresentanza e stabilità.

Qui entra di prepotenza la questione  delle soglie di accesso, per le quali non esistono numeri pitagorici con significati simbolici, esoterici o magici[4].
In Italia storicamente abbiamo avuto una soglia del 4% introdotta dal Mattarellum per il riparto della quota proporzionale, la stessa soglia è stata prevista nel 2005  dal Porcellum  per la Camera( 8% Senato) ed estesa nel 2009 alla legge per il Parlamento Europeo.  Nelle leggi elettorali regionali  la soglia oscilla tra il 3% e il 5%. Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nell’Italikum è il 3%. Il 5% nazionale per la Camera e in violazione dell’art. 57 Cost. per il Senato è comparso nel Germanichellum. L’entità non  ha parametri costituzionali, se non quello dell’irrazionalità[5].

 Il limite dell’irrazionalità ad avviso degli avvocati antitalikum è superato per la soglia del 8% residuata per il Senato, che è composta dalla metà dei membri Camera  e che prevede già delle soglie naturali più alte  per la conquista sicura di un seggio nelle regioni con 1, 2, 7, 8, 9 o 10 senatori, cioè ben 11 su 20 regioni, la maggioranza. 

Altra questione non meno importante sono le firme di elettori da raccogliere per presentare le liste, che discriminano  i nuovi soggetti, rispetto a quelli già presenti in Parlamento e massime per i gruppi parlamentari esistenti al 1 gennaio 2014 alla Camera dei deputati grazie ad una norma transitoria nascosta nell’art. 2 c. 36 della legge n. 52/2014 e che il Germanichellum avrebbe esteso anche al Senato. Di tale favore a sinistra può beneficiarne soltanto Sinistra Italiana, per questo è bene che sia qui: potremo sentire che uso ne vorrà fare per facilitare un processo di aggregazione a sinistra, uso questo termine con perplessità, perché molti, di quelli che ho consultato, lo ritengono ambiguo e/o generico e preferirebbero un’unità per l’attuazione della Costituzione, perché basterebbe per soddisfare l'aspirazione alla giustizia sociale dare corpo al Secondo Comma  dell’art. 3 Cost. “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Cosa si può volere di più? I soviet  degli operai, di soldati e dei contadini?
Usiamo quindi con cautela la parola sinistra, che come sostantivo è accettabile, ma come aggettivo molto meno: tutti qui comprendiamo la differenza tra una lista di sinistra e una sinistra lista che ricordi l’Arcobaleno. 

Partiamo dalla Costituzione, di cui non abbiamo il monopolio, per costruire una lista civica e unita di sinistra aperta a tutti, anche a quelli che non si identificano in questa parte politica e, pertanto, larga, inclusiva e plurale.

Felice Besostri
avvocato socialista, coordinatore degli avvocati antitalikum




[1] Corte Costituzionale n. 1/2014 e n. 35/2017 e della Prima Sezione Civile  Cassazione n. 8878/2014.
[2] Rispettivamente legge n. 270/2005 e legge n. 52/2915.
[3] Per l’art. 61 Cost.” Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti. “ Dalla pubblicazione in G.U. dell’ordinanza di rinvio per una questione di legittimità cost. devono passare 20 giorni per la costituzione delle parti e da questo termine 25 giorni per la pubblica udienza a termini dimezzati, altrimenti 50.
[4]   Il 5% in Germania fu fissato in quella misura perché i comunisti del KPD/DKP erano di poco superiori al 4%  e i liberali oscillavano intorno al 6%.
[5] Un limite del 10% è desumibile dalla sentenza della Corte E. D.U.YUMAK E SADAK c. TURCHIA del 8 luglio 2008.