Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 23 giugno 2017

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2017: OLTRE IL VOTO, QUALI PROSPETTIVE PER LE AMMINISTRAZIONI LOCALI

Agenzia stampa CARC



Finito il primo turno (11 giugno) delle elezioni amministrative che hanno coinvolto circa 1000 comuni del paese (tra cui venticinque comuni capoluogo di provincia), il prossimo 25 giugno ci sarà il ballottaggio nei comuni con più di 15mila abitanti. Solo in 3 comuni capoluogo (Palermo, Cuneo e Frosinone) è stato eletto il sindaco al primo turno.

Quali sono gli aspetti più salienti dell’esito del voto dell’11 giugno?
– la crescita dell’astensionismo che passa dal 66,8% del 2012 al 60,1% dell’11 giugno;
– i partiti delle Larghe intese (PD, FI, AP, ecc.) si sono presentati (o camuffati) con ammucchiate di liste civiche per cercare di carpire più voti possibili, ma cresce il distacco e il discredito delle masse popolari nei loro confronti;
– il Movimento 5 Stelle (M5S) si è candidato in 225 comuni, ha aumentato il numero dei voti rispetto al 2012, è presente al ballottaggio in due città capoluogo (Asti e Carrara), e per quanto riguarda la percentuale dei voti va dal 3,2% di Parma al 16,3% di Palermo e 18,1% di Genova;
– le liste della sinistra borghese alternative ai partiti delle Larghe intese (Liste DemA- De Magistris, Beni comuni, ecc.) dove erano presenti hanno ottenuti modesti risultati (intorno al 5%).
Sul M5S pesa la politica di sostanziale condiscendenza dei sindaci e delle Amministrazioni locali (a partire da Roma e Torino) ai dettami e alle regole imposte dai governi dei vertici della Repubblica Pontificia. Le Giunte Raggi e Appendino invece di usare il potere politico per dare forza alla mobilitazione popolare e attuare misure nell’interesse delle masse popolari e dell’ambiente (attuare le parti progressiste della Costituzione del 1948) si sono fatte garanti degli interessi dei vertici della Repubblica Pontificia. La contraddizione  principale che si pone all’interno del M5S è: essere una forza di governo “normalizzata” (espressione della legalità del sistema di potere vigente nella Repubblica Pontificia) o essere una forza che vuole rompere qui e subito con questo sistema e costruire Amministrazioni Locali di Emergenza. Amministrazioni che attuano da subito e dal basso (con la partecipazione attiva e con un ruolo di primo piano dei lavoratori e delle masse popolari) tutto  ciò che è possibile attuare (in materia di lavoro, casa, ambiente, salute, istruzione e cultura, diritti politici e sindacali) delle disposizioni progressiste della Costituzione, anche disobbedendo alle leggi del governo centrale e facendo fronte alle sue manovre, facendo leva sul fatto che la Costituzione è ancora in vigore, confermata dalla stragrande maggioranza del popolo italiano con il referendum del 4 dicembre 2016. Questa è l’azione che i sindaci e gli altri amministratori locali in combinazione con le organizzazioni operaie e popolari devono fare da subito, estendendo e generalizzando misure legislative e iniziative in materia di lavoro, salvaguardia del patrimonio economico, ambientale e culturale, applicando misure per rendere effettiva la funzione sociale delle proprietà privata e pubblica, del diritto ad una abitazione dignitosa, alla salute e all’istruzione previste dalla Costituzione.  Ad oggi il M5S appare più intenzionato a seguire la prima strada: ne è dimostrazione tanto la questione della legge elettorale in combutta con PD-PDL, quanto le scelte della Giunta Raggi a Roma (dagli affaristi e politicanti nella Giunta al recente appello al Prefetto per una moratoria sull’ingresso di migranti a Roma, che ha fatto gongolare la destra xenofoba e reazionaria, fino agli sgomberi degli spazi sociali occupati – tra questi, la sede del Forum Acqua Pubblica e il Centro di accoglienza dei transitanti Baobab, ad oggi giunto al ventesimo sgombero).
Sulle liste della sinistra borghese pesa la radicata concezione elettoralista e di sponda elettorale delle lotte nelle istituzioni della borghesia invece di promuovere la crescita del numero di organismi operai e popolari e sostenerne il lavoro per attuare dal basso e da subito le parti progressiste della Costituzione.
La borghesia e i media di regime gongolano sulla disfatta del M5S e sul presunto rafforzamento dei partiti delle Larghe intese. Ma la realtà è che quando non c’è un punto di riferimento e di raccolta dello sdegno e della mobilitazione popolare  (nel programma e nell’azione, nel fare subito quello che è possibile fare per gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari senza aspettare di vincere le elezioni) la situazione continua a marcire e continuano a proliferare affaristi e politicanti dei partiti delle Larghe intese e della sinistra borghese. La linea di poter cambiare le cose per via elettorale (o quando il M5S andrà al governo) senza la mobilitazione delle masse popolari è seminare illusioni o imbrogliare: a dimostrarlo è il triste epilogo del governo Tsipras.
L’unica linea efficace e di prospettiva anche sul terreno elettorale per chi vuole lavorare con possibilità di successo è principalmente dedicarsi a promuovere la crescita del numero di organismi operai e popolari e sostenerne il lavoro e la loro organizzazione: i sindaci e gli amministratori progressisti o vanno su questa strada o faranno la fine di quello che, con tutta evidenza, è avviata a fare Virginia Raggi a Roma.
La questione politica che emerge con sempre maggiore chiarezza è che la questione non è conquistarsi più autonomia locale ma prendere in mano le redini del paese e che i sindaci e le città “ribelli” devono lavorare affinché le masse popolari organizzate instaurino un loro governo di emergenza che attui misure di emergenza su lavoro, ambiente, casa e diritti, un governo che rompe con la Comunità Internazionale e le sue istituzioni (Nato, UE, BCE e FMI).
La costruzione del movimento di “attuazione dal basso e da subito delle parti progressiste della Costituzione” deve essere indirizzato e deve lavorare con l’obiettivo di prendere in mano il governo del paese, con un governo d’emergenza popolare deciso ad attuare le parti progressiste della Costituzione. Un governo costituito dalle organizzazioni operaie e popolari e da uomini di loro fiducia, alternativo alle istituzioni e ai partiti che in questi anni si sono opposti e continuano a opporsi all’attuazione delle parti progressiste della Costituzione. Istituzioni e partiti della Larghe intese che sono artefici o complici della devastazione e del saccheggio del paese.
I risultati delle elezioni amministrative sono favorevoli alla costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza principalmente perchè:
– in tutto il paese, aumentano i sindaci e gli amministratori locali pronti o intenzionati a “disobbedire” alle politiche centrali antipopolari che violano la Costituzione e stanchi “dell’ordinaria amministrazione” che impone loro di essere sottomessi alle autorità centrali e vessatori delle masse popolari. Un esempio in questo senso è il fronte che si sta ampliando all’interno del progetto “Attuare la Costituzione – Un dovere inderogabile”  e la costituzione di “Ciotta per l’attuazione della Costituzione”, che promuovono l’assemblea che si terrà a Latina il 30 giugno (dopo quella di Napoli del 14 maggio scorso)
– in tutto il paese, la mobilitazione delle masse popolari per fare fronte alla soluzione di problemi che le istituzioni provocano e non risolvono, si moltiplica e si eleva. Per quanto oscurata dai mass media (interessati alla disinformazione, ai giochi e alle beghe di palazzo), l’attività dei comitati e degli organismi popolari è incessante ed è il principale perno su cui promuovere una nuova governabilità dal basso. In questa campagna elettorale si sono infatti moltiplicate le iniziative che hanno messo al centro l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione: dall’assemblea nazionale dei comitati in difesa della Sanità pubblica del 18 giugno ad Arezzo, alle iniziative contro il Decreto Minniti-Orlando, per l’acqua pubblica, per l’ambiente e salute, per la nazionalizzazione di Alitalia e dell’Ilva, ecc. Sono questi i temi che  i cittadini e le masse popolari organizzate hanno messo al centro del dibattito elettorale.
– questi risultati elettorali metteranno alla prova tutte quelle liste e quei candidati che hanno basato la propria campagna elettorale nel segno della rottura e della discontinuità con le prassi e le regole del teatrino della politica borghese, collegandosi alle masse popolari e impegnandosi a occuparsi, caso per caso, delle questioni “urgenti”. Stare fuori dai giochi pone tutti ad un bivio: ritirarsi di buon grado per non aver guadagnato una poltrona oppure mettersi alla testa, con ancora più determinazione, della costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza? Entrare in  consiglio comunale e farsi risucchiare dalla burocrazia della Repubblica Pontificia o usare quel ruolo al servizio delle masse popolari per denunciare gli intrallazzi di palazzo e rafforzare, promuovere e alimentare la mobilitazione popolare?
I candidati delle Liste Dem-A (movimento politico promosso da De Magistris che punta ad estendere l’esperienza napoletana) e le formazioni del M5S che non vogliono sottomettersi e subire le regole e la prassi vigente nella Repubblica Pontificia devono mettersi a lavoro, valorizzare e raccogliere il consenso ottenuto facendone strumento di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari: devono organizzare e mobilitare le masse popolari per individuare le misure d’emergenza da adottare e adottarle direttamente, con iniziative dal basso.
Questa è l’ottica con cui bisogna guardare ai risultati di queste elezioni, cioè per come e quanto possono contribuire alla rinascita del paese, alla costruzione Amministrazioni Locali di Emergenza e ad un governo d’emergenza popolare deciso ad attuare le parti progressiste della Costituzione.

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