Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 13 ottobre 2012

Il ministro Di Paola alla commemorazione di due torturatori

Daniele Maffione


Il Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, parteciperà alla commemorazione di due briganti neri della X MAS, Emilio Bianchi ed Andrea Gianoli, entrambi decorati di medaglie al "valor militare".

Tutte le istituzioni di Sondalo (SO), insieme ai vertici della Marina militare e dei reparti d'assalto, celebreranno la memoria di due torturatori di civili e partigiani, che servirono fedelmente Mussolini ed Hitler.

I Giovani Comunisti si mobiliteranno con l'ANPI e tutte le strutture democratiche ed antifasciste per impedire che venga sdoganato il revisionismo storico e cancellata la memoria delle atrocità compiute dai nazifascisti sul popolo italiano.


Bianchi e Gianoli non sono due "veri eroi", ma due porci assassini! Di Paola, che non è stato eletto da nessuno, si deve dimettere da Ministro della Repubblica italiana, fondata sull'antifascismo.

Il Capo dello Stato dovrebbe chiedere all'Ammiraglio di non partecipare in veste ufficiale a questa commemorazione oppure di destituirsi dalla sua carica istituzionale per alto tradimento nei confronti della memoria e della Costituzione!

Contro il governo Monti Per un'alternativa di classe che nasca dalle piazze

di Michele Rizzi


Il quadro della politica borghese in Italia non è del tutto definito. Infatti, rimangono libere ancora delle caselle da riempire per capire di quale governo si doterà la borghesia italiana il prossimo anno.
Stante l'inconsistenza del Pdl berlusconiano, alla ricerca di una formula (non ancora trovata) per tenere in piedi una baracca che fa acqua da tutte le parti, tra minaccia di scissione degli ex An e conflittualità perenni dei capi-bastone nazionali, la partita che si sta giocando è tra i sostenitori di un possibile governo Monti bis e i sostenitori di un esecutivo di centrosinistra, guidato dal segretario del Pd, Bersani, o dal suo sfidante alle primarie, Renzi.

I piani della borghesia
Un settore della grande borghesia italiana ha sicuramente interesse perché si mantenga un quadro politico di grande coalizione che assicura l'odierno governo Monti, capace di attuare le peggiori controriforme degli ultimi trent'anni, sia dal punto di vista pensionistico che lavorativo, con il placet dei sindacati concertativi che hanno di fatto appoggiato le sue politiche antioperaie. Il segretario Bersani e pezzi della borghesia “progressista” giocano invece una partita diversa che punta, oltre che a soddisfare le ambizioni personali del segretario Pd, ad offrire un quadro di governo allargato alla socialdemocrazia di Sel (con l'appoggio anche della triplice sindacale e della Fiom) che assicurerebbe un cuscinetto a sinistra come in passato è stata la Rifondazione comunista di Bertinotti con i due governi Prodi.
Quale delle due opzioni prevarrà? Al momento risulta difficile una previsione, anche perché il tutto sarà legato all'approvazione o meno di una nuova legge elettorale per le prossime politiche. In ogni caso entrambe le prospettive si porrebbero in continuità con le politiche antipopolari dell'odierno governo Monti.

Il progetto di Vendola…
Vendola ha deciso di presentarsi alle primarie del centrosinistra pur sapendo di avere poche possibilità da giocarsi, per tre motivi molto semplici. Il primo è fare un piacere a Bersani, poiché la sua candidatura, con il doppio turno alle primarie e il probabile appoggio vendoliano al segretario del Pd al ballottaggio, favorisce indubbiamente la vittoria del segretario del Pd che dovrebbe in seguito sdebitarsi. La seconda è legata alla necessità di rivitalizzare il suo partito, ormai in crisi, dopo un'ascesa durata quasi un anno. La terza è legata al tentativo di far rientrare l'Idv di Di Pietro nel centrosinistra, con l'appoggio dell'ex magistrato alla candidatura dello stesso Vendola.
Quale sarà la politica di Vendola nel prossimo governo di centrosinistra se l'opzione Monti bis dovesse essere battuta? Semplicemente esportare nazionalmente la politica fatta in Puglia. Una politica incentrata su finanziamenti alle scuole private, a padroni di ogni tipo, da Marcegaglia a Riva, passando per Caltagirone e Ryanair.
Tant'è che Bersani, lo stesso che ha contribuito con il suo partito a cancellare l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, considera molto affidabile il governatore pugliese.
Proprio sull'affidabilità di Sel e sul suo sindacato di riferimento, la Fiom, si gioca la partita di Bersani che sa di poter offrire alla borghesia italiana un nuovo governo di centrosinistra che possa continuare ad assicurare la salvaguardia degli interessi del capitalismo italiano ed europeo, senza la necessità di ricorrere ad un nuovo governo Monti.

e quello di ciò che resta della Federazione della Sinistra
A sinistra di Vendola, rimane una Federazione della sinistra ormai in disfacimento, divisa al suo interno tra quello che resta del Pdci, pattiani e Salvi, pronti a passare armi e bagagli con Bersani pur di ottenere una candidatura per il Parlamento; e il Prc, che al momento non sa cosa fare, diviso tra chi vorrebbe seguire la linea di Diliberto e chi auspicherebbe una rottura definitiva tra Idv e centrosinistra, al fine di creare un'alleanza con i dipietristi per tentare di raggiungere il quorum e rioccupare qualche poltrona parlamentare. Ma le novità che stanno emergendo sulla ipotesi di legge elettorale, con uno sbarramento al 5% e al 4% solo per le forze interne a una coalizione che raggiunga il 15% sembrano chiudere anche questa via.
Quanto a Bersani, non sa che farsene del Prc di Ferrero e l'Idv vuole (e in parte ha necessità di) rientrare (e forse attraverso Vendola ce la farà) nel centrosinistra. Quindi, al momento, Rifondazione non riesce a trovare una via d'uscita per tentare di salvare la carriera politica della sua burocrazia dirigente.

E il Movimento 5 Stelle di Grillo?
I grillini, forti di un consenso dovuto al rifiuto della politica borghese non trasformato in una coscienza di classe evoluta verso una mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, vedono crescere il consenso verso il comico genovese e il suo movimento frutto anche di posizioni qualunquiste e razziste e di conservazione delle politiche borghesi in ogni settore della vita pubblica.
Naturalmente, i fatti dimostrano che qualsiasi opzione politica dovesse vincere le prossime elezioni garantirà la prosecuzione delle politiche antioperaie dei precedenti governi in carica. L'agenda del capitalismo europeo ed italiano impongono queste scelte dure contro i lavoratori italiani per continuare a far pagare la crisi economica del capitalismo proprio a loro e non certo a chi l'ha generata, appunto i capitalisti.

La necessità delle mobilitazioni per spazzarli via tutti
Le lotte delle masse popolari spagnole e greche, oltre a quelle meno note ai media ma non meno importanti in Portogallo e in altri Paesi europei, ci rendono ottimisti circa la possibilità di una prossima esplosione della conflittualità sociale anche in Italia, che unifichi le varie vertenze che ci sono e che sono spesso frammentate e parcellizate, in direzione di un vasto movimento di lotta che diventi antigovernativo prima e anticapitalista e rivoluzionario poi.

venerdì 12 ottobre 2012

Un popolo di formiche derubate.

Francesco Gesualdi . “Centro nuovo modelli di sviluppo”
La fortuna del potere è costruita sull’incuria e l’incompetenza, non la propria, ma quella dei sudditi. Sicuro che nessuno verifica la veridicità dei fatti, ma che tutti ripetono a pappagallo le notizie ben confezionate , ne fabbrica di proprie, false e tendenziose, per affidarle ai ripetitori acefali affinchè le trasformino in luoghi comuni. In idee, cioè, che nessuno mette in discussione perché assorbite come verità incrollabili. E’ successo quando hanno voluto imporci una globalizzazione a misura di multinazionali, quando hanno voluto rifilarci un’Europa al servizio di banche e speculatori, quando hanno voluto scipparci l’acqua e gli altri beni comuni a vantaggio delle imprese private. E oggi sta succedendo col debito pubblico.

La vulgata tanto cara ai tedeschi, è che ci siamo indebitati perché siamo un popolo sprecone. Una comunità che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità usando i soldi degli altri per garantirci il diritto alla salute, all’istruzione, alla previdenza sociale. Questa idea è talmente radicata che nessuno (o quasi) osa contestare le politiche lacrime e sangue che oggi ci impongono . Anzi le salutiamo come la giusta punizione per i peccati commessi. Peccato, però, che il peccato non esista e lo dimostra una ricostruzione effettuata dal “Centro Nuovo modello di Sviluppo” sulla finanza pubblica degli ultimi 30 anni.

Nel 1980, il debito pubblico italiano ammontava a 114miliardi di euro pari al 56% del Pil. Quindici anni dopo lo troviamo cresciuto di 10 volte, più esattamente a 1150miliardi di euro. Effetto dei nostri sprechi? In parte si perché questo è un periodo in cui le spese per servizi e investimenti pubblici sono state superiori alle entrate fiscali. Ma solo per 140miliardi. Se il nostro eccesso di spese fosse stato la causa di tutti i mali, il debito pubblico avrebbe dovuto raddoppiare, non decuplicare. E allora cosa ha contribuito alla crescita incontrollata del debito? Risposta: gli interessi che in quel periodo oscillavano fra il 12 e il 20%. Bisognò attendere il 1996 per vederli scendere sotto il 9%. In parte l’Italia pagava per le scelta di Reagan che aveva bisogno di soldi per finanziare lo scudo spaziale. Non volendo alzare le tasse , si finanziava richiamando capitali del resto del mondo con alti tassi d’interesse. Gli altri paesi assetati di prestiti non avevano altra scelta che offrire di più. La politica di spese per servizi superiore alle entrate durò fino al 1992 e in ogni caso procurò un disavanzo complessivo inferiore al 6%. Poi, con l’eccezione del 2009-2010, la spesa per servizi è rimasta sempre al disotto delle entrate, permettendo un risparmio complessivo di 633miliardi di euro. Una cifra sufficiente ad assorbire non solo i disavanzi precedenti, ma anche il debito di partenza e continuare ad avere un avanzo di 370miliardi. Ma nonostante le politiche da formichine, il nostro debito è cresciuto all’astronomica cifra di 2000 miliardi. Solo per colpa degli interessi che nel trentennio ci hanno procurato un esborso pari a 2141 miliardi di euro. Dal che risulta che non siamo un popolo di spreconi, ma un popolo di risparmiatori spennati. Polli finiti in una macchina infernale messa a punto dall’oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi, con la complicità della politica. E poiché la politica è eletta da noi , ci troviamo nell’assurda situazione in cui scegliamo i nostri estorsori e li autorizziamo a sottoporci a ogni forma di angheria per servire meglio gli interessi degli strozzini. Una follia possibile solo perché viviamo nell’inganno dell’ignoranza. Per questo come Centro Nuovo Modello di Sviluppo abbiamo messo a ,punto un KIT FORMATIVO e abbiamo lanciato la campagna “Debito pubblico se non capisco non pago” con lo scopo di promuovere una corretta informazione e la nascita di gruppi locali che si dedichino alla formazione.

Ulteriore dettagli sui siti

La rivolta comincia dalla scuola

Luciano Granieri

Oggi novanta città italiane sono state invase dalla comunità scolastica pubblica. E’ giusto parlare di comunità perché   in questa fase gravissima per la scuola si è mobilitata  tutto l’insieme dell’istituzione che ha la responsabilità   del nostro futuro. La “comune” scolastica formata da insegnanti, studenti  e genitori raramente era scesa in piazza tutta insieme in  modo così coeso e deciso. Infatti la situazione è drammatica. Mai la scuola pubblica era stata così umiliata. Non si tratta solo dei tagli che due ministri ignoranti, espressione di due governi ignoranti, hanno inferto alla istruzione pubblica, -una terribile decurtazione di 8 miliardi orditi dalla Gelmini e l’attuale miliardo a carico del ministro in carica  Profumo – ma  è proprio l’istituzione scuola come centro di formazione della dignità della persona umana , capace di discernere quali siano i propri diritti e i propri doveri, ad essere degradata ad improduttivo bubbone pubblico da eliminare.  Le continue umiliazioni subite dai docenti investiti da una sistematica dequalificazione della loro professionalità,  lo scientifico  depauperamento dei programmi formativi,  cha halo scopo di demotivare gli studenti e scoraggiare i genitori, la pervicace azione di demolizione  dell’autorevolezza di alcuni istituti storici (vedi il liceo classico Norberto Turriziani di Frosinone) , accorpati l’uno all’altro senza che vi sia una compatibilità didattica, stanno minando dalle fondamenta l’intero istituto pubblico  dell’istruzione, dell’università e della ricerca . E’ l’ignoranza che sta prevalendo sulla saggezza. Prima la cialtroneria di un ministro sciatto, espressione di un esecutivo  becero, in cui si sosteneva che con la cultura non si mangia, e poi l’ignoranza tecnicistica del governo bocconiano al quale l’unica sapienza che interessa è quella relativa alla gestione dei fondi d’investimento,  stanno attuando un piano di devastazione drammatico . Un sistema in cui l’istruzione deve essere commisurata alla richiesta del mercato, e non alle aspettative di crescita della scienza e della conoscenza, insite in ogni persona umana,  è il primo e più importante elemento che concorrerà alla formazione di una società individualistica e frammentata, in cui a pochi eletti sarà concesso di esercitare coercizione sul resto della collettività. Ecco perché la lotta che punta al rovesciamento del sistema capitalistico deve partire dalla scuola. Da quell’istituzione pubblica in cui le coscienze si formano attraverso l’interazione di studenti insegnanti con la società civile attraverso il confronto, la condivisione dei problemi e la capacità di risolverli secondo pratiche solidali.  Dinamiche che nascono e si sviluppano solo nella “comunarda” scuola pubblica. Ed è proprio nella percezione del pericolo della propria sussistenza che tutto la comunità scolastica oggi è scesa in piazza come un corpo unico e inossidabile.  
Di seguito pubblichiamo la clip editata con le foto di Eugenio Oi sulla manifestazione della rete degli studenti medi tenutasi a Sora e le musiche dei Modena City Ramblers: (Altra Italia)  e degli Altan (Tommy Peoples – The Windmill – Finana McManus’s)

Il Pd di Frosinone a supporto del lavoratori della Multiservizi

Luciano Granieri



Venerdì scorso 5 ottobre presso l’auditorium comunale di Via Grappelli a Frosinone, alcuni membri autorevoli del Pd cittadino e provinciale , (il consigliere comunale Massimo Parlanti, Il consigliere regionale Francesco Scalia, Il Dott.Paolo Bartolini, l’ex assessore al bilancio Stefania Martini e l’ex presidente del consiglio comunale Dott.Venturi) hanno voluto incontrare sindacati e lavoratori della Multiservizi di Frosinone per offrire un contributo politico alla risoluzione dei gravi problemi occupazionali degli addetti di questa società ormai posta in liquidazione. Alla fine del mandato della giunta Marini, dove il Pd era forza di maggioranza, l’iter per la salvaguardia occupazionale dell’organico in forza alla Multiservizi prevedeva la costituzione di una nuova società “IN HOUSE” “LA SERVIZI STRUMENTALI” . Questo nuovo soggetto avrebbe dovuto essere finanziato per 3milioni e 500mia euro dal comune di Frosinone e per 900mila euro dal comune di Alatri, ossia i due enti che con la provincia di Frosinone e la Regione Lazio erano già azionisti della Multiservizi. Nel piano messo a punto dal comune di Frosinone, la Multiservizi avrebbe dovuto cedere quei rami d’azienda, che sovraintendono ai soli servizi direttamente erogati ai comuni finanziatori, alla nuova società. Uno degli ultimi atti della giunta di centro sinistra, prima di passare la mano ai nuovi amministratori di segno opposto, fu quello di mettere a bilancio i 3milioni e 500mila euro per finanziare la Servizi Strumentali , che venne costituita con tanto di ratifica notarile. Dopodichè si rimaneva in attesa di un passaggio tecnico presso la regione Lazio che avrebbe dovuto assicurare ai lavoratori assorbiti dalla nuova società lo stesso tipo di ammortizzatori sociali che avevano nella Multiservizi. Tale passaggio non è mai avvenuto perché nel frattempo il comune di Frosinone, cambiato il sindaco (Ottaviani Pdl), chiedeva un rinvio dell’incontro. La novità era che la nuova giunta di centrodestra non aveva ,e non ha, la minima intenzione di usare quei tremilioni e mezzo di euro per ratificare la costituzione della SERVIZI STRUMENTALI, ma intende cedere a privati l’erogazione di quei servizi comunque necessari per la città. D’altra parte neanche il sindaco di Alatri (Morini Pd) di segno politico opposto ha intenzione di investire i 900mila euro necessari alla costituzione della nuova società preferendo anch’egli, pur non ammettendolo esplicitamente, privatizzare i servizi. Alla luce di questa situazione il consigliere Massimo Parlanti a nome del gruppo consiliare e di tutto il Pd ciociaro ha preso l’impegno di fronte ai lavoratori della Multiservizi, di esercitare pressione sulla giunta di Frosinone affinchè confermi a bilancio i soldi (3.500.000 euro) per finanziare la SERVIZI I STRUMENTALI ed eviti la privatizzazione dell’azienda in maniera da assicurare gli attuali livelli occupazionali. L’impegno del Pd ciociaro nei confronti di oltre 200 lavoratori è sicuramente da apprezzare, ma la vera morale che si trae da questa vicenda è che nessun gruppo politico intende impegnarsi per ciò che realmente assicurerebbe un’occupazione stabile ai lavoratori della Multiservizi, oltre che un cospicuo risparmio per gli enti: L’assunzione diretta e la stabilizzazione dell’organico. Lo stesso Dott. Paolo Bartolini iscritto al Pd, ma anche consulente amministrativo della nuova società, ha ammesso che l’assunzione diretta consentirebbe al comune, che comunque ha necessità di quegli operatori, di risparmiare un bel po’ di denari. Il risparmio si realizzerebbe tagliando le spese per l’Iva e per il mantenimento di elefantiaci consigli di amministrazione forieri di sprechi quando non addirittura di malaffare, vedi la Multiservizi di Reggio Calabria, le cui infiltrazioni mafiose sono state una delle cause del commissariamento del comune. Ma ,sempre secondo il Dott. Bartolini, la Corte dei Conti , richiamando il patto di stabilità, non consentirebbe l’assunzione diretta perché l’aggravio dei costi per la gestione dell’organico aumenterebbe. In realtà nella famosa relazione della Corte dei Conti, dove si consigliava la chiusura immediata, non della Multiservizi posta in liquidazione, ma della Società Aeroporto di Frosinone oggi ancora in attività come idrovora di denari pubblici, il giudizio sula questione “assunzione diretta” era più articolato. Facendo riferimento a quanto predisposto in altri enti, se si pongono in relazione le voci di bilancio relative all’aumento dei costi per l’assunzione di ulteriore personale , con la diminuzione delle spese derivate dalla dismissione della corrispondente società in house il risparmio risulta evidente, dunque non vi sarebbe alcun impedimento ad assumere altri addetti. Non è altresì vero, come sostengono altri, qualora lo scoglio contabile venisse superato, che non sarebbe possibile stabilizzare i lavoratori Multiservizi, perché il comune in vista di nuove assunzioni dovrebbe indire un concorso pubblico aperto a tutti. Infatti l’attuale organico, quello che realmente presta la sua opera alla cittadinanza, è stato già assunto a mezzo selezione all’epoca della costituzione della Spa nel 1998, e comunque, andando sul concreto, quale lavoratore potrebbe essere più efficiente di un addetto che svolge il suo lavoro da quindici anni? Quello che più ci amareggia è che vengono usati artifici tecnici, complicate prescrizioni economiche per prendere in giro i lavoratori. Il comune di Frosinone sostiene che a causa della spending review non può destinare i 3milioni e mezzo di euro per la Multiservizi o quel che sarà, Il comune di Alatri sostiene che non è possibile la cessione del ramo d’azienda senza che prima venga risolta la soluzione debitoria della vecchia società, Il Pd di Frosinone sostiene che il patto di stabilità consente la costituzione della nuova società In House, ma non l’assunzione diretta. La Corte dei Conti invece, il VERO E UNICO organismo tecnico sostiene che la stabilizzazione oltre che possibile sarebbe anche auspicabile per i risparmi che procurerebbe. Dunque la questione è tutta politica. Il gruppo consiliare del Pd, quindi, per non alimentare il sospetto di usare i lavoratori allo scopo di mostrare un piglio deciso solo in apparenza nell’opporsi all’attuale giunta, s’impegni a fare in modo che tutti i lavoratori della Multiservizi vengano assunti direttamente, senza altri passaggi complicati e perversi attraverso società in house che garantiscono lauti guadagni ai dirigenti, per lo più di nomina politica, e riservano ai lavoratori, ulteriore precarietà e incertezza nel futuro.


Nei video.

L’Intervento del consigliere comunale Dott.Parlani, del consulente finanziario, nonché iscritto al Pd. Dott. Paolo Bartolini, di Severo Lutrario USB e Paolo Iafrate COBAS e dipendente Multiservizi.



giovedì 11 ottobre 2012

No Monti Day. Conto alla rovescia

Stefno Porcari http://www.contropiano.org/

Prosegue la marcia di avvicinamento alla manifestazione nazionale del 27 ottobre a Roma, il No Monti Day. Si susseguono le riunioni per risolvere i “dettagli” e verificare passo passo la crescita di una iniziativa che si annuncia superiore alle aspettative iniziali.

La notizia e l'appello di convocazione della manifestazione nazionale del 27 ottobre girano ormai da giorni sulla rete e nei social network (è stata aperta anche una apposita pagina su facebook No Monti Day e una PAGINA WEB), mentre i mass media ufficiali o ancora la snobbano o la evocano strumentalmente insieme ai fantasmi del 15 ottobre dello scorso anno.

Il punto sulla manifestazione sarà presentato dal comitato promotore con una conferenza stampa mercoledi 24 ottobre alla Galleria Alberto Sordi, praticamente sotto Palazzo Chigi, sede ufficiale del governo Monti ma più realisticamente ridotto a filiale dell'Eurotower della Bce a Francoforte e dei paludati uffici dell'Unione Europea a Bruxelles. L'ultimo diktat, quello che intende stoppare da subito qualsiasi modifica al nuovo sistema previdenziale voluto e difeso dalla Fornero (giudicato in compenso “ottimo” da un giudice inquietante come il Fmi), fa infatti riferimento alla incompatibilità di qualsiasi ritocco con i ferrei parametri previsti dal Fiscal Compact. Una tagliola che in Francia il “sinistro” Hollande ha appena fatto approvare dall'Assemblea Nazionale francese con la sola opposizione del Front de Gauche, della maggioranza dei Verdi e di una ventina di deputati socialisti che non ce l'hanno fatta a mettere la loro faccia su un provvedimento che implica il massacro sociale.

Il comitato promotore della No Monti Day non si limita però a utilizzare gli strumenti della rete e dei social network (i cui risultati si rivelano spesso più virtuali che reali) ed ha messo mano anche a strumenti di comunicazione più tradizionali, ma essenziali, per assicurare la massima partecipazione ad un corteo che si preannuncia più numeroso del previsto.

Sono stati stampati migliaia di manifesti in vari formati, numerosi pullman sono stati già prenotati, assemblee preparatorie sono in corso o in programma in molte città italiane per presentare e

spiegare il senso della manifestazione. E anche le adesioni crescono. Sono già trentatre le organizzazioni sindacali, politiche, sociali e civili che affiancano le firme di decine di persone rappresentative delle realtà del conflitto sociale nel paese: dall'Ilva di Taranto alla No Tav in Val di Susa. Stavolta, e convintamente, ci sono tutti i sindacati di base e conflittuali (Usb, Cobas, Cub, Unicobas e la Rete 28 aprile-opposizione organizzata Cgil). Ci sono maggiori o minori forze politiche della sinistra alternativa (dal Prc alla Rete dei Comunisti, dal Pcl a Sc ai Carc) e ci sono tante realtà collettive come il Comitato No Debito o i movimenti e i centri sociali di diverse città. Tra le decisioni prese nell'ultima riunione quella di un servizio d'ordine unico e unitario delle forze promotrici per assicurare la piena riuscita del corteo che partirà da Piazza della Repubblica e arriverà a Piazza San Giovanni per tenere l'assemblea popolare finale con tutte le realtà di lotta attive nel nostro paese.

Il Comitato promotore ci tiene a riaffermare che quella del 27 ottobre vuole essere una manifestazione “politica” e sociale apertamente dichiarata contro il governo Monti, i suoi provvedimenti e i trattati europei, ma che rivendica anche di essere pienamente alternativa al centro-destra e al centro-sinistra che al governo assicurano la piena collaborazione sia oggi che domani. Passa da qui il primo discrimine del 27 ottobre. Il secondo riguarda il ripudio chiaro e netto dei trattati europei che vincolano le scelte dei paesi aderenti all'eurozona e all'Unione Europea. Una particolare attenzione la manifestazione di Roma intende rivolgerla al collegamento con le mobilitazioni in corso negli altri paesi europei: Spagna, Portogallo, Grecia. Una dimensione europea del conflitto determinata dalla insopportabilità sociale dei diktat e delle misure antisociali imposte ai singoli paesi dalla Bce e dai governi e dai centri decisionali dell'Unione Europea.





Autorevole la candidatura di Zingaretti alla regione Lazio

Per l’associazione 20 ottobre Oreste della Posta

La cadidatura di Nicola Zingaretti alla presidenza della Regione Lazio è molto autorevole ed in grado di restituire dignità ad un Ente che è stato buttao nel fango dal Pdl e dal Centrodestra.
È necessaria una svolta sostanziale anche per riavvicinare i cittadini alla politica ed alle istituzioni dalle quali si devono sentire tutelati e non abbandonati e traditi.
Come Associazione ci aguriamo che la svolta sia anche nei programmi e soprtattutto si alcuni temi fondamentali quali:

1 una vera politca industriale che rilancio la PMI, vero cuore economico della Regione;

2- ridare slancio al trasporto pubblico

3- mettere al centro dell’azione politica la riduzione strutturale dei costi della politca in modo da destinare queste somme ai disoccupati, ai lavoratori, alle famiglie ed alle imprese in difficoltà;

4- avviare il piano di bonifica della Valle del Sacco e di tutta la provincia di Frosinone attraverso un programma che favorisca la green economy.

È necessario quindi un programma concreto di rilancio dell’economia che possa far leva su questi punti. Solo così, e con un centrosinistra uniti si può ridare dignità ad un’istituzione come la Regione Lazio, fondamentale per la nostra economia.
Ci appelliamo a tutti i cittadini, perché già dalla prossima tornata elettorale votini i paratiti che veramente rinnovano e che presentino un programma che abbia al centro il lazio, i disoccupati, i giovani ed i lavoratori. E’ ora di dire basta ai voti di “simpatia”




mercoledì 10 ottobre 2012

Perché chiediamo le dimissioni di Profumo

 Fonte: http://www.soggettopoliticonuovo.it


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10/10/2012
Inizia la raccolta delle firme contro il ministro e la sua controriforma. Per cambiare si muove il mondo della scuola dell’università e delle famiglie

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Quasi un anno di governo è sufficiente per giudicare l’operato del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo. Tutte le sue scelte confermano che egli è l’esecutore testamentario della legge Gelmini, vale a dire il prosecutore del più distruttivo attacco alle strutture della scuola e dell’università pubbliche mai realizzato nella storia della repubblica. Egli stesso ha dichiarato che tutte le sue iniziative sarebbero state realizzate «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ma è andato anche oltre. Egli continua a bloccare i concorsi universitari (sottobanco diminuisce la dotazione finanziaria per la loro applicazione), ha imposto nuovi tagli agli enti di ricerca, ha accresciuto il finanziamento alle scuole private, deliberato la possibilità di aumentare le tasse degli studenti universitari, ha prorogato i rettori in carica, al potere da decenni. Ma fa di peggio, perché sta fornendo all’opera di distruzione delle strutture della formazione un’ideologia ingannevole, quella che ha trovato espressione nel termine “merito”: che ovviamente è, in sé, criterio serio, rispondente alle aspettative di giustizia di tutti noi.
Tuttavia il merito, per il ministro, è quello che inizia a essere valutabile a partire dall’anno del suo avvento. Così nel recente bando di concorso per la scuola, le abilitazioni, i risultati di concorso, le specializzazioni (conseguiti nel passato dagli insegnanti), non hanno più alcun valore e i docenti devono essere di nuovo giudicati da chi oggi ne stabilisce i criteri a proprio arbitrio. Gli stessi titoli dei docenti universitari vengono valutati secondo parametri stabiliti quest’anno dall’Anvur, un organismo di nomina oscura, che in base a criteri privi di riscontro stabilisce che cosa è scientifico e cosa no, imponendo una classificazione delle sedi di pubblicazione delle riviste e case editrici, di 10 o 20 anni fa, sulla base di scelte arbitrarie e inaccettabili.
Nel frattempo, come mostrano i recentissimi dati dell’ Ocse, l’Italia precipita agli ultimi posti fra i paesi industrializzati per spese all’istruzione e per risultati. Il numero dei laureati/e cala ancora rispetto alla media europea, le immatricolazioni continuano a diminuire (meno 10% lo scorso anno). Le condizioni materiali della scuola pubblica sono degradate da aule sovraffollate, organici insufficienti, servizi inadeguati, edifici vecchi, quando non pericolanti. Come si risponde a questo quadro drammatico sotto la guida di Profumo? Alla Camera si sta tentando di trasformare in legge la cosiddetta “proposta Aprea”, che riduce gli organi collegiali e avvia una privatizzazione camuffata della scuola pubblica. Nel frattempo, ad inizio di anno accademico, si innalzano le tasse e aumentano gli sbarramenti all’ingresso nell’università dei nostri ragazzi/e con quiz cervellotici indegni di un Paese civile.
Occorre finalmente alzare lo sguardo e afferrare l’ampiezza e la radicalità della distruzione oggi in atto. L’ideologia del merito serve solo a disconoscere la formazione, la competenza già conseguita da milioni di giovani a cui non si è in grado di offrire una prospettiva di lavoro all’altezza degli studi compiuti. Essa serve a nascondere la responsabilità di una classe dirigente che negli ultimi 20 anni ha messo nell’angolo ben due generazioni di giovani studiosi. Tutti gli sbarramenti posti davanti ai ragazzi/e che vogliono avanzare negli studi e nella ricerca servono a camuffare una drammatica disoccupazione intellettuale di massa e farla percepire, da chi ne è vittima, come incapacità personale e mancanza di merito. Noi diciamo basta a questo gigantesco inganno. E diciamo basta al declino programmato dell’Italia, spinta verso la periferia del mondo.
Noi chiediamo le dimissioni di Profumo, uomo di copertura ideologica, che continua e persegue con l’inganno pubblicitario delle sue trovate la politica di demolizione dell’istruzione pubblica di massa intrapresa dal governo Berlusconi. La violenza della polizia contro le manifestazioni studentesche di questi giorni conferma una continuità politica che occorre spezzare.
Chiediamo il superamento totale del numero chiuso all’università; la chiusura dell’Anvur per manifesta incapacità di assolvere il suo compito. Chiediamo invece il ruolo unico della docenza universitaria con progressione di carriera basata sulla verifica scientifica dei risultati. Le procedure per l’idoneità alla docenza devono svolgersi al più presto secondo seri criteri di valutazione e senza automatismi. Chiediamo la revoca immediata del bando di concorso per gli insegnanti della scuola e il rispetto dei diritti acquisiti nel passato.
Chiediamo inoltre stanziamenti adeguati e immediati per borse di studio nella scuola e nell’università, per i dottorati e per assegni post-dottorato: un aiuto concreto e un segnale di incoraggiamento per migliaia di giovani ora privati di ogni prospettiva dignitosa. Dalla crisi si esce anche con lo slancio e la volontà della nostra gioventù.
Chiediamo un adeguamento delle risorse finanziarie destinate a scuola e università almeno a livello della media dei Paesi dell’Ocse. A chi dice che non ci sono i soldi rispondiamo che i soldi ci sono per le scuole private e cattoliche – in spregio alla Costituzione – ci sono, in abbondanza e senza valutazione, per l’Istituto Italiano di Tecnologia, creato dal governo Berlusconi, ci sono per grandi opere dannose come il sottopasso di Firenze, ci sono – oltre 60 milioni al mese – per la guerra in Afghanistan, ci sono per gli sperperi di un ceto politico predone che dissangua il Paese. Secondo il Sole 24ore del 21 settembre, se i docenti che svolgono attività professionali venissero pagati in regime di tempo definito, e non di tempo pieno come oggi, si risparmierebbero almeno 500 miliardi . «Non ci sono i soldi» è un ritornello per farci accettare la privatizzazione strisciante del sistema formativo. In realtà, il bilancio dello stato è oggi territorio di scorrerie di poteri e clientele, fonte di disuguaglianze e iniquità. I soldi ci sono per chi fa la voce grossa. Facciamo sentire la nostra.
Nell’approssimarsi di un momento cruciale della politica italiana, chiederemo a chi si candida a governare l’Italia, a tutte le forze democratiche, l’impegno ad abolire le legge Gelmini e ad avviare una riforma dell’università ispirata alla Carta di Roma1, al Quadrifoglio per l’Università2, del Documento per l’Università bene comune3, dei Sette punti fondamentali dei DP4
Tutte le associazioni e le realtà firmatarie di questo appello si costituiscono come forza stabile organizzata con l’intento di coinvolgere docenti, ricercatori, gli studenti e le loro famiglie. Esse non avanzano rivendicazioni settoriali. Rimettere al centro della vita nazionale il ruolo della ricerca e della formazione è la strada inaggirabile per sfuggire al declino del Paese. La gioventù colta è la nuova élite che deve risollevare le sorti dell’Italia.
Raccogliamo le firme in rete, ( www.amigi.org o altri siti) ma anche davanti alle scuole e alle università. Chiediamo ospitalità al nostro appello presso i banchetti dove si raccolgono le firme per i referendum contro la demolizione dello Statuto dei lavoratori. Facciamo del nostro movimento un interlocutore nazionale che dialoga permanentemente con i governi della repubblica.
(“L’Università che vogliamo”, “CoNPAss”, “Università bene comune”, “Alternativa”, “Fuoriregistro”, “Forum Insegnanti”, “Il tetto”).
Piero Bevilacqua, Angelo D’Orsi, Tonino Perna, Maurizio Matteuzzi, Giorgio Tassinari, Giuseppe Aragno, Francesco Aqueci, Laura Corradi, Francesco Coniglione, Alberto Lucarelli, Saverio Luzzi, Ugo Olivieri, Maria Rosaria Marelli, Raul Mordenti, Giorgio Pagano, Valeria Pinto, Francesco Pitocco, Enzo Scandurra, Patrizia Ferri, Fabio Minazzi, Alessandra Ciattini, Fabio Bentivoglio, Michele Maggino, Roberto Renzetti, Andrea Bagni, Domenico Rizzuti.

Studenti in piazza. L'autunno caldo riparte da qui


di Adriano Lotito (*)

Da quando è caduto il governo Berlusconi sembra che sia calato un omertoso sipario sui problemi dell’istruzione pubblica italiana. La stampa “progressista” che sembrava appoggiare gli studenti in lotta dell’Onda contro gli attacchi alla scuola della Gelmini, si è ritirata in un consapevole silenzio quando il “nemico” è stato sconfitto e si è insediato il governo Monti. Eppure gli studenti continuano a scendere in piazza, e non lo fanno per una sorta di inerzia del conflitto, ma semplicemente perché nel silenzio generale di politici, giornali e televisioni, stanno passando misure che porteranno alla totale privatizzazione e distruzione del nostro sistema scolastico e universitario. E’ necessario dunque portare a galla la verità e ripartire dalle lotte studentesche per costruire un autunno caldo e rivoluzionario anche nel nostro Paese.


Cosa è la proposta di legge 953: quando le scuole diventano aziendeDurante il precedente governo, la parlamentare Pdl Valentina Aprea (attuale assessore all’istruzione nella regione di Formigoni e della Minetti) elaborò una proposta di legge che intendeva consegnare definitivamente la scuola pubblica nelle mani dei privati. Un ddl che il Pd osteggiò con veemenza ai tempi dell’Onda, nel 2008, quando il problema era far fuori il prima possibile Berlusconi e i suoi. Eppure quella stessa proposta oggi si prepara a diventare legge nel silenzio generale, ad opera dell’attuale maggioranza di governo (Pd compreso) che ha delegato alla VII Commissione Cultura il compito di rimettere mano al ddl Aprea cambiandone il nome ma non la sostanza. Una proposta che diventerà legge senza nessuna discussione parlamentare, senza nessuna attenzione da parte dei media, e men che meno, senza tener conto della voce di studenti e docenti, i reali “portatori d’interesse” nella scuola.
Ma cerchiamo di capire nel dettaglio in cosa consista questa proposta. La pdl 953 sostituisce il Consiglio d’Istituto con il Consiglio dell’Autonomia: il Consiglio dell’Autonomia elaborerà uno “statuto autonomo”, diverso da scuola a scuola, relativo alla gestione dell’istituto, all’organizzazione degli organi interni e al rapporto tra le componenti che ne fanno parte. Questo significa demolire l’unitarietà dell’istruzione pubblica: sorgeranno differenze sensibili tra scuola e scuola, si approfondirà il divario tra scuole di serie A e scuole di serie B e verranno cancellati i già pochi spazi di democrazia reale di cui disponiamo oggi. Il diritto allo studio non sarà più garantito a livello nazionale, ma sarà di competenza delle singole scuole, che lo regoleranno (se ancora esisterà) in modo autonomo. Inoltre saranno le singole scuole a decidere se e come gli studenti dovranno partecipare al governo delle scuole: ci saranno ancora assemblee e rappresentanti studenteschi? Dipenderà da scuola a scuola, da preside a preside! L’organizzazione delle singole scuole assume poi una forte caratterizzazione aziendale, con partecipazione al Consiglio dell’Autonomia di esterni (che – soprattutto se erogatori di fondi – possono condizionare, in particolari zone, situazioni, contesti, la gestione e mettere in discussione principi di democrazia) e il rafforzamento – a fronte dell’indebolimento degli organi scolastici – del potere del dirigente. Insomma, la scuola diventerà in tutto e per tutto un’azienda, per di più privata! Quello che Marchionne e Fornero stanno facendo nel mondo del lavoro, Profumo lo fa nel mondo della scuola.

Studenti e studentesse in piazza: non è che l’inizio!A fronte di tutto questo i movimenti studenteschi hanno giustamente dissotterrato l’ascia di guerra dopo vari mesi di riflusso e immobilismo. La prima considerevole mobilitazione nazionale è stata quella del 5 ottobre, organizzata dall’area dell’Autonomia in varie città di tutto il Paese. Purtroppo il bilancio partecipativo non è stato il massimo: a Roma hanno manifestato circa tremila studenti, a Napoli quattromila, duemila a Torino e Milano. La repressione anche questa volta non è mancata: ci sono state violente cariche della polizia contro gli studenti a Roma, Milano e soprattutto a Torino, dove la polizia ha fermato e identificato 15 manifestanti (quasi tutti minorenni). Gli studenti sono stati brutalmente inseguiti e manganellati dalla polizia in diverse città, segno questo che tale era l’indicazione che veniva dal governo: stroncare sul nascere le proteste, soprattutto se vengono dalle nuove generazioni fortemente penalizzate e ipotecate sul futuro proprio dalle misure del governo dei banchieri. Manganellate: come per gli operai dell’Alcoa in lotta per il lavoro, così per gli studenti e le studentesse scesi in piazza lo scorso venerdì. Ma le lotte non si arrestano! La prossima grande mobilitazione nazionale è prevista per il 12 ottobre, organizzata dall’Unione degli Studenti, il sindacato studentesco che gli anni passati riusciva a portare nelle piazze anche mezzo milione di studenti.

Un programma di rivendicazioni transitorie per rovesciare il Governo Monti! I Giovani di Alternativa Comunista sono stati presenti il 5 ottobre nelle piazze di molte città, al fianco degli studenti in lotta, e parteciperanno a tutte le mobilitazioni che si organizzeranno nel prossimo periodo, a partire da quella del 12, in vista della giornata del No-Monti Day, il 27 ottobre a Roma. Ma lotteremo portando in piazza un programma diverso, un programma che non ci vergognamo a definire rivoluzionario, un programma di rivendicazioni transitorie che possa fare massa critica, nell’ottica del rovesciamento del governo Monti, per un governo dei lavoratori e per i lavoratori, l’unico che possa garantire l’uscita dalla crisi, l’uscita dal capitalismo.
Per realizzare questo programma è necessario coordinare le lotte di tutti i territori e di tutti i Paesi, unire i lavoratori e gli studenti, organizzare uno sciopero europeo contro la Troika e i suoi governi, bloccare totalmente la produzione, occupare scuole, fabbriche e università! Bisogna convincersi che solamente la lotta paga! Il nostro programma per quanto riguarda l’istruzione pubblica prevede vari punti che nel loro insieme segnano una netta incompatibilità con l’attuale ordine di cose: la cancellazione  di tutti i tagli a scuola e università pubbliche; la stabilizzazione di tutti i precari del mondo dell’istruzione; l’istituzione di un reddito studentesco che preveda il comodato d’uso dei libri di testo, l’accesso libero e gratuito a mense, trasporti e luoghi di cultura; l’abolizione delle misure repressive contro gli studenti che lottano; l’istituzione di un piano nazionale di edilizia scolastica utilizzando i fondi stanziati per Grandi Opere, Expo di Milano e missioni militari; la cancellazione di tutti i finanziamenti all’istruzione privata; per una scuola pubblica, laica, gratuita e di qualità, governata dagli studenti e dalle studentesse!
Questa è la proposta che facciamo per costruire un combattivo autunno di lotta anche nel nostro Paese, insieme agli studenti e ai lavoratori che non tollerano più un sistema sempre più fondato su crisi, miseria e distruzione del futuro per le nuove generazioni. Non ci avrete mai come volete voi!
(*) coordinatore nazionale Giovani di Alternativa Comunista

Si scrive lavoro, si legge democrazia.


Giuseppe Antonelli
Segreteria Provinciale del P.R.C.

Sabato 13 Ottobre inizieranno i Referendum sul lavoro e sulle pensioni, contro la barbarie della Ministra Fornero.
I due Referendum per ripristinare quanto abolito nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dalla Riforma del Lavoro messa a punto dalla Ministra del Welfare Elsa Fornero e l’articolo 08 della legge 138bis/201, sono battaglie importantissime per la democrazia, per i diritti e per il valore e la dignità del lavoro nel nostro paese. Perciò da Sabato 13 Ottobre in tutte i Comuni (con prima tappa a Cassino dalle ore 17 alle ore 20 sul Corso della Repubblica) della nostra Provincia di Frosinone, la Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista sarà presente con un proprio banchetto per la sottoscrizione dei due quesiti referendari. Si tratta di due quesiti referendari per chiedere il ripristino dell’articolo 18 nella sua formulazione originaria in tema di tutela in caso di licenziamenti ed il ripristino dei diritti minimi e universali previsti dal contratto nazionale di lavoro, a sua volta abrogato dall’articolo 08 della manovra finanziaria (decreto legge n.138 del 2011) del precedente Governo Berlusconi. A sua volta il Governo Monti ha cancellato l’articolo 18 che stabiliva il diritto al reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato, spiegando ai padri che facilitare i loro licenziamenti, avrebbe significato facilitare le assunzioni dei figli. Affermazioni del tutto non veritiere, perché ad oggi non abbiamo né un nuovo posto di lavoro, né nuove garanzie per i precari. Le 46 forme di assunzione atipica restano inalterate nel tempo con licenziamenti sempre più facili. Così facendo senza un’art.18 le imprese “senza scrupoli” avranno mano libera. L’articolo 08 della manovra Finanziaria del Governo Berlusconi dell’agosto 2011 (Legge 138 bis/ 2011) viola l’articolo 39 della Costituzione Italiana sulla democrazia nei luoghi di lavoro e tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama. Questa norma consente ai contratti aziendali (o territoriali) di derogare non solo ai contratti collettivi nazionali, ma a tutte le norme che regolano il lavoro: dalla disciplina delle mansioni a quella dell’inquadramento professionale, dall’orario di lavoro ai licenziamenti. Se l'azienda si accorda con le organizzazioni sindacali locali (deroghe in pejus del contratto nazionale e dello stesso statuto dei lavoratori) l’accordo le rende efficaci nei confronti di tutti i lavoratori e lavoratrici. Quest’articolo mira a trasformare il contratto aziendale, come fonte primaria del diritto del lavoro a discapito di quello nazionale. Di fatto riconsegna ai contratti aziendali materie importantissime, finora di esclusiva pertinenza del contratto nazionale. L'Articolo 08 infligge un colpo mortale alla democrazia, e quindi non c'è più certezza del diritto se nei posti di lavoro si realizzassero differenti modalità di fruizione ed esercizio di diritti. Si apre la strada ad una vera e propria giungla salariale e dei diritti del lavoro, precipitando il lavoro in una situazione peggiore degli anni ’50, quando ancora esistevano le famose gabbie salariali, contro le quali il movimento sindacale e la sinistra lottarono duramente pagando prezzi altissimi in termini di sacrifici, licenziamenti e discriminazioni. Le prossime settimane per noi comunisti saranno difficili. La nostra posizione su questi temi è sempre stata chiara e netta: sia sul giudizio dei singoli provvedimenti, che nelle nostre scelte politico/strategiche, che pongono il lavoro, i diritti, la sua dignità come pilastri fondanti del modello economico/sociale per cui ci siamo finora battuti e per il quale continueremo a batterci in ogni luogo politico ed istituzionale, in cui ci siamo ed in cui ci troveremo. I diritti del lavoro conquistati nel secolo scorso (la nozione di civiltà giuridica del lavoro) scritta con lo Statuto dei lavoratori nel 1970, afferma che il diritto alla non licenziabilità di un lavoratore senza giusta causa e giustificato motivo, è stata cancellata. Perciò il Prc vuole ripristinarla e difenderla, attraverso il Referendum Popolare, ma in un confronto democratico con le altre forze politiche di sinistra. Quando in una società la forza e l’arbitrio, sostituiscono i diritti del lavoro, è di fatto messa in gioco la qualità della democrazia. Dal 13 Ottobre raccoglieremo le firme nei nostri banchetti, che saranno organizzati in tutta Italia. Ne serviranno 500.000, ma il l’obiettivo è di concorrere a raccoglierne molte di più. E’ importante la mobilitazione di tutti, per dimostrare che questa battaglia non è solo in difesa dei diritti e della dignità dei lavoratori, ma anche della qualità della democrazia nel paese. Negli ultimi anni è prevalsa una concezione (in quei partiti liberali, riformisti e socialdemocratici), che indebolire la contrattazione collettiva, ridurre i diritti e le tutele, crei sviluppo e nuovi posti di lavoro. I risultati sono di tutt’altro avviso: ovvero disoccupazione e recessione crescente, fabbriche in crisi, declino industriale, perdita di competitività e soprattutto salari insufficienti per vivere. A questo punto servono: politiche attive sul lavoro, sull’innovazione, industriali, programmazione economica e investimenti pubblici. L’indebolimento dei diritti dei lavoratori, non produce un solo posto di lavoro in più. Produce invece, declino industriale ed un peggioramento della vita materiale di milioni di donne e uomini. La battaglia referendaria è soprattutto una battaglia di democrazia, per dare uno sbocco politico alle lotte dei lavoratori. È un’assunzione di responsabilità, per rimettere al centro dell’agenda politica e del Governo, il lavoro, le persone, i diritti ed a ricostruire una sinistra di governo che ridiventi in primo luogo, il punto di riferimento e di rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori.

La Cosa (Roma-Atalanta 2-0)


Kansas City 1927

Se ner giorno dela Oloffeim dela ssoria dela maja ssorica arivi in ritardo, capace che pe nattimo pensi d'avé sbajato ssadio, d'avé sbajato Oll, d'avé sbajato Feim. Perché pure se affacciasse ar manto erboso de mezzogiorno po provocà allucinazioni strambe, nun penseresti mai che, de tanta gloria passata radunata oggi fra ste mura, la maghinetta societaria che sta a fa er trionfale giro de campo rechi seco nientemeno che er fabbricante de saponette. "Scusa", chiedi ar signore che te sta vicino intento come te a cercà de capì se quella che saluta Sud, Distinti e Tevere sia la chierica divina o quella kawasakika, "ma quello chi è? Pare Lobont pare", aggiungi ridendo nervoso pe sgombrà er campo dalla bizzarra ipotesi."E' Lobont", risponde er signore perplesso ma assertivo. "Sai, è nfortunato", aggiunge poi cercando vagamente na spiegazione che non prenda in considerazione er fatto che se ogni domenica na maghinetta dovesse fa fa er giro de campo a ninfortunato dela rosa, le partite dela Roma nun comincerebbero mai. Solo che poi Lobont scenne co la gambe sua sotto la Nord e se va a fa le foto cor pupazzo Romolo e na serie de piccoli fan contenti come Lobont de fasse la foto cor pupazzo Romolo.

Ner mentre, in mezzo ar campo, ce sta na rosa intera che se scalla sotto la forca caudina de no striscione che dala Sud je ricorda che se oggi non sudano è mejo che sloggino, pensiero assemblato omettendo l'ovvia considerazione che se è maja de pippa, na maja sudata è più utile alla causa de na lavatrice che ala nostra. Ma tant'è, ner dubbio voi sudate, che la lavatrice de oggi deve lavà l'ennesima onta de unto bianconero che c'ha appena zozzati e un segnale va dato subito, adesso, mo, na cosa renziana der tipo tiè, io Santone ve rottamo sula panca le teste dei corpevoli: Burdisso, De Rossi e Osvardo oggi nun giocano ma guardano l'artri giocà, che se l'hanno fatto a Torino corendo o ponno fa pure comodi e seduti co me, e poi non è che perché noi non potemo più appellasse ala scusa der turnover pe giustificà na sconfitta allora non lo potemo fa mai, e che diamine.Perplesso ma complice o ssadio muto ar nunzio artoparlante sta, pensando che se la labirintite de Burdisso po trovà momentaneo riposo grazie all'entusiasmo de Marquinhos Tirammolla de Dios, se ala cipolla d'Osvardo se po forse concede er lusso de nturno de riposo causa presunta abbondanza offensiva, a Capitan Depresso e fuori forma risurta difficile trovà narternativa competitiva se l'arternativa in forma c'ha passo da bodyguard, forma de ciclope e visione polifemica.

Ma oggi se gioca così, co na spina dorsale nuova de zecca trapiantata dentro na squadra fino a mo smidollata, co tutti i rischi che comporta noperazione così delicata, primo fra tutti quello del rigetto. E infatti pe mezzora famo rigettà. Perchè i ragazzi, stanchi de sentisse dì che (Iuventu Ssadium escluso, dove nso proprio scesi in campo) giocano un tempo solo e poi calano, decidono de optà pe na rottura nela rottura e de non scende in campo pe i primi 30 minuti, hai visto mai a cambià l’ordine degli addendi cambiano le madonne? Passà dala Olloffeim ala Gallerydellorror è nattimo.Qui l’onestà intellettuale impone de non parlà de 4 occasioni in 16 minuti, perchè se la prima ariva ar nono e la quarta ar sedicesimo, i minuti so sette. E se in sette minuti rischi de pianne quattro dalla Talanta più sgarata, rattoppata, riammucchiatta a cazzo che la non breve storia della Talanta ricordi, allora vordì che er bagno de sangue in tera piemontese non solo non t’ha insegnato niente, ma magari t’è pure piaciuto.Dartronde c’è gente che paga pe fasse frustà da na donna in maschera, magari a noi ce piace fasse gonfià dalla Dea bendata.

La prima sveja ce la dà Ertanche Denis, che lanciato insieme a quer pischello De Luca se invola ner padre biologico, putativo, adottivo e spirituale de tutti i contropiede. Difesa imbullonata a metà campo in modalità “Coniamo naggettivo pe rende l’idea de quanto stamo alti”, Poropiris sbullonato quer tanto che basta pe rende l’escursione della difesa niente più che na gita fori area, e orobici (quanto ce piace usà le parole che se semo imparati co Tutto il calcio minuto per minuto) lanciati verso quello che nove su dieci è gò, spesso sotto forma de rigore co espursione de Franco.Ma mpo perchè Ertanche se intanconisce e nula passa, mpo perchè Franco sente che è arivato er momento de dimostrà che para pure sullo zero a zero, succede che, archiviata la stretta, l’Olimpico tributa er primo vero genuino e convinto applauso all’estremo nostro. Che tra sé e sé pensa: ammazza che stronzi, manco napplauso. Ma non ce sta er tempo de rammaricasse che subito c’ha da buttasse a sarvanne nantra quando er fio dei Tazenda schiaccia de testa. Ar che se dimo, vabbè, è passata a nottata dai, è stato un momentaccio, mo se ripiamo. “Ripiateve questo!” pare sillabare e sibilare manco troppo sibillino er pallone (e sarebbe pure ora de insegnaje l’educazione a sti cazzo de palloni, che c’è modo e modo) che Ertanche Stanco, co una de quelle occasioni che ce piace tanto chiamà “rigore in movimento”, sbatte a botta sicura a mezzo metro dar palo.Niente, oggi questo nce vo proprio purgà. Poi, pe chiude sto bouquet de fiori der male, Moralez se mimetizza tipo Ardogiovanneggiacomo fino a confondese cor dischetto del rigore (l’altezza è pressapoco quella) e risbuca fori ar momento giusto pe mettese de traverso e stampà er traversone sula traversa, rischiando de mannacce la domenica de traverso definitivamente.
Envece, incredibilmente, immutabilmente, a guardà il risultato pare proprio che in campo ce ne siano due de squadre. Roba da nun credece, roba che er Dio Culo (che non è na bestemmia ma la divinità più cara agli sportivi de ogni dove) oggi s’è messo na mano sur core, roba che a provacce magari ce scappa pure un gò.
Enfatti ce provamo.
Enfatti ce scappa.

Che poi a esse precisi quello che ce prova è uno. Sì poi segna nantro eh, per carità. Però famo a capisse, quell'artro, quello piccolo e secco, quello liscio, quello coi capelli sempre più a cazzo e che quando je lo fai notà te risponde "Aò ma allora El Sciaraui? Ma l'hai visto El Sciaraui? Io so l'Udc in confronto a lui", quello là dai, quello che vorebbe lasciasse ale spalle ladolescenza ma ancora non riesce manco a fasse cresce er pizzetto, ecco quello là, quello che ha segnato, avrebbe potuto passeggià in area pure fino a mo che stamo a scrive, ma se ncera uno vecchio fori e giovane dentro che je faceva sbatte la palla addosso, corcazzo che segnava. Ercapitano ormai l'ha capito, se vole lascià quarcosa dietro de lui quando ariverà er giorno che ce strapperà er core, allora li deve cresce a forza sti pupi, e non basta più l'assist geniale, l'imbucata che non t'aspetti, l'apertura de quaranta metri. No, serve ancora più premura co sti regazzini, e allora co l'equivalente calcistico der gesto de mettese du gocce de latte sur polso dar biberon, calcolando il preciso punto d'impatto tra pallone e corsa spensierata, je scava na palla che, obbediente come sempre quando sente la voce der padrone, lascia er piede vecchio pe lo stinco glabro e poi rotola felice in porta.
Nsoo meritamo proprio sto gò. Pe quello esurtamo come ossessi.
Quanto è bello rimette er piede fori dala fossa.
Quant’è bello segnà quando non too meriti.

Che poi però noi se sa come semo fatti, poi ce dispiace. E allora dici “dai provamo a meritasselo sto gò, famola na cosa”. E tanto se sentimo in colpa che pe annà pari famo forse la cosa più bella dall’inizio dell'anno. Famo na cosa che è pura Zemanlandia. Famo na cosa che vedi come potrebbe esse bella la vita tua ogni domenica.Er cigno pia palla, spiega le ali e fa partì un lancio de 60 metri tarmente preciso che qualcuno pensa "anvedi come je crescono in fretta i capelli Arcapitano", Lamela reputa la palla tarmente bona da decide de immolà ore de parucchiere co un solo colpo de testa, Destro ariva puntuale come la morte, le tasse e un treno de un paese che non sia l'Italia, se avventa affamato sur pallone e molla na caracca terificante in corsa che però, porca miseria zozza ascolana picena, manco stavorta je basta pe segnà e serve solo a lascià sula traversa le stimmate dela sfiga de sto ragazzo. Che robetta ao. Fico però.

E così, dopo avé rischiato de lavà l'onta co nindelebile colata de merda, annamo ar riposo addirittura in vantaggio de un gollonzo nonché vezzosamente rammaricati de non avé fatto er gollone subito appresso. L'intervallo c'ha er sapore de biurstel co la senape, che in fonno in fonno è pure ora de pranzo, e a panza piena è più facile accantonà immagini tanto brutte quanto recenti de primi tempi in vantaggio e finali de partita in bestemmiaggio. Che poi la verità è che er tradizionale calo fisico a sto giro latita, o perlomeno è mal comune, quindi mezzo gaudio. Noi tutto sommato nun famo gnente de clamoroso, forse puro perché stamo ar cospetto dell'avanzi della Talanta che na domenica fa ne ha piati cinque dar Torino, e però, nonostante noi se sia sempre noi, nonostante tutto tenemo. E nonostante tutto, a esse sinceri quer che basta pe rivelà che er Colosso è nudo, vor dì soprattutto nonostante er greco, che co lentezza andradica e precisione bergamasca, sbaja tutto lo sbajabile.

Namico in cerca de sintesi, a na certa s'illumina: "O vedi Taccidi? Pare la Cosa dei Fantastici 4". Sì, la Cosa. Stesso dinamismo, stessa agilità, stesso sguardo svejo, diversa efficacia nella risoluzione dei problemi, ma tutto ancora nse po avé. Vicino a lui Sturmentruppen 11 Florenzivolemo11florenzi è ormai paonazzo, porello, s'esprime a gesti e rantola attaccandose ale maje artrui, ma intorno coreno tutti comunque meno de lui paonazzo, la Talanta nun tira mai in porta e noi ce tiramo soprattutto da 40 metri, sempre e solo Corcapitano.
Ercapitano, va detto, a furia de tirà, lancià, scivolà, pressà, smarcà e assisteggià, sta a dà ar Santone ogni parte intima del suo corpicione, ma tanto è evidente che je la sta a dà facendo tutto er contrario de quello che je vorebbe fa fa Zema quanto è evidente che se sei Ercapitano e stai così, pure Zema deve abbozzà. Vedello giostrà come nela casa dele libertà de guzzantiana memoria è piacere e sollazzo pe noi e pe tutte le Olloffeim che in tribuna se guardano consapevoli der fatto che, se Ercapitano avesse smesso de giocà in uno quarsiasi dei momenti in cui er monnonfame o voleva fa smette, uno de loro oggi sarebbe stato de troppo.E quando Uncapitano giostra così, i cavallucci intorno devono pe forza spronasse ar punto da fa vedé ar monnonfame de cui sopra che non so solo brufoli, barba incolta e gel, ma anche talento da sboccià.

Quer talento che porterebbe chiunque avesse contro uno come Ladolescente a fasselo annà sur cazzo a prescinde da quarsiasi finta (e a noi a faccelo amà), quer talento da cui sembra sempre stia pe scaturì er primo de na serie interminabile de gò piceni de Destro che però manco oggi fa canestro.Succede così che quando l'imprecisione e la voja de strafà piega pure i più giovani latini, a esportà la democrazia de un più pacifico duazzero ce debba pensà un giovane vecchio americano. Er Lucido Bradley lesto resta sur tiro de Destro e dala cresta der forigioco funesto de destro incastra e de gò d'alabastro fa presto mostra. Va artresì detto che Er Lucido, fin qui, ha fatto er minimo indispensabile pe facce quasi rimpiagne nun dimo De Rossi ma financo la bonanima de Zio Perotta, che tosto e mesto ma comunque ligio alla causa zemagnana, a na certa subentra pe sbajà da par suo ogni pallone je rimbarzi addosso.E tutto ciò non sarebbe e non sarà un problema anche e soprattutto perché là dietro, er duo de catechisti saudagichi ora pro nobis e rimpalla e spazza in faccia a compagni e avversari ogni cuoio dal padan mal sospinto ar punto che, anche quando er diavolo se nasconde nei particolari den forigioco sbajato da Poropiris pe minà la funzione in corso, er gò de Denis è tanto valido quanto battezzato profano dar sempre sia lodato guardaligne che ce sarva dall'ennesima via crucis.

Ma siccome a noi de vince sereni e pallottolieri ar cospetto de Pallotta proprio non ce piace, più o meno mentre er dj del'Olimpico soffia via la porvere e scartavetra la muffa dar 45 giri de Grazie Roma, er Santone appiccia er microfono, divide le acque, scaglia la prima pietra. Armato de vittoria scamuffa e benedetta, decide che la lavatrice de cui sopra è sì pronta ma pe lavà i panni de casa in una famiglia tarmente allargata che purtroppo tocca comunque aspettà 24 ore pe fa sì che i cazzi nostra facciano er giro der globo terracqueo prima de ritornà a Trigoria. Da cui si evince con certezza che a Capitan Depresso non je va de giocà co la Roma e che noi tutti se semo tatuati na vena gonfia sur collo pe sbajo, e che Osvardo i gò non l'ha fatti pe noi ma pe le figurine Panini e de facce smitrajà in petto mentre s'acconciavamo i capelli come i sua c’è sempre sembrato na cifra vorgare, e che insomma sticazzi dele gerarchie, o con me o contro de me, a guera è guera, lasciate ogni speranza voi che entrate, per me si va nell’eterno dolore, gradone più, gradone meno. Insomma, quello che non ha mai detto manco Luigi Erico a fine stagione, er Santone lo serve ala settima de campionato su un piatto d'argento, leccornia inattesa pe gufi affamati. E a noi che tornamo a casa pe magnà in ritardo ma contenti, sentì sto autosputtanamento ce dispiace tanto quanto prende in considerazione l'ipotesi bizzarra che ce siano pezzi de core che non vonno più core pe noi. Ma se è vero che i nomi non contano, er concetto vale inevitabirmente pe tutti, a partì da chi ce lo ricorda.

Qua er punto non è sapè se er Santone dice er vero o se je rode pe artro, la verità la sanno solo quei tre. Er punto è che ste cose se le potrebbero dì tra de loro, specialmente sapendo che pe du settimane nse giocherà a pallone, e quindi sta città giocherà ar gioco suo preferito: parlà de quelli che giocano a pallone. E na parola detta oggi domani so 10, dopodomani so 100, e tra du settimane è na valanga de merda che, come nela migliore dele tradizioni, se saremo buttati addosso da soli dalla cima der monte corendo poi a perdifiato fino a valle pe beccassela tutta in faccia, pe poi lamentasse che ce tirano merda addosso.

Perché la Roma resta, giocatori, allenatori, dirigenti e presidenti passano, ma quei pochi posti prenotati nela Olloffeim der futuro toccherebbe sia meritasseli che evità de rottamalli prima der tempo. E se nun semo boni de fa pace, scudo e squadra manco co tre punti come quelli de ieri, quando un giorno sta Cosa indecifrata che semo mo sarà pure priva dele poche certezze che er nemico ce invidia, vive felici e contenti non sarà facile pe gnente.



Ma che c'entrano le primarie con la democrazia diretta?

 raul mordenti


Credo che la questione delle primarie abbia assunto un tale rilievo politico e mediatico (paginate e paginate sui quotidiani!) da rendere necessaria una seria discussione fra compagni/e. Vorrei conrtibuire a favorire questa discussione dicendo la mia, sperando che altri/e, magari con posizioni diverse, vogliano intervenire.
Dunque le primarie sono una istituzione americana che serve a designare un candidato Presidente all’interno dei due partiti democratico e repubblicano. Faccio notare che neppure la iper-presidenzialista Francia sceglie il candidato Presidente con le primarie, e meno che mai ricorrono a tale strumento altre democrazie europee, come la Germania o l’Inghilterra o la Spagna etc. Faccio notare ancora che negli Stati Uniti si eleggono con le primarie dei delegati (non è dunque affatto una votazione diretta o di primo grado!) e, specialmente in passato, è accaduto che le Convenzioni modificassero, o anche ribaltassero, i risultati delle primarie, da qui l’estrema importanza delle Convenzioni dei partiti che – queste sì! – nominano il candidato alla presidenza.
L’oggetto delle primarie di cui si parla adesso da noi è la candidatura a Presidente del Consiglio (e mi permetterei di proporre – già che ci siamo – di chiamare questa carica con questo suo nome costituzionale, e non “premier” e meno che mai “Capo del Governo” come dicevano di sè Mussolini e poi Craxi: le parole in politica contano, perché corrispondono a concetti). E già qui sorge un rilevante problema, giacché la designazione di tale carica spetta, per la nostra Costituzione al Presidente della Repubblica (art. 92 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri”). È il Presidente della Repubblica, non certo il popolo delle primarie e nemmeno l’elettorato, a scegliere il Presidente del Consiglio; fermo restando che il Presidente del Consiglio nominato deve avere la fiducia di entrambe le Camere, ed è una buona prassi, ormai consolidata, che prima di scegliere il Presidente del Consiglio il Presidente della Repubblica consulti i Gruppi parlamentari, che gli rappresentano gli orientamenti delle due Camere. Perché accade questo? Perché la nostra Repubblica è stata voluta dai padri costituenti come una Repubblica parlamentare, in cui cioè la sovranità popolare elegge un Parlamento e non una persona o un capo.
Per noi comunisti (ma, direi, per tutti i sinceri democratici) è assolutamente evidente quanto sia stata giusta e lungimirante questa scelta dei Costituenti, che avevano conosciuto il fascismo e volevano impedire che si potessero riproporre forme di potere personale, sempre anticamera delle dittature (e pensiamo che cosa sarebbe successo se Berlusconi avesse potuto sostenere legittimamente una diretta investitura popolare sulla sua persona!). Da questo punto di vista, oso dire che anche la dizione “Per Tizio Presidente” che compare nel simbolo di alcuni (troppi!) partiti è al limite della costituzionalità, perché (ripeto, ripeto!) l’elettorato non è chiamato affatto a eleggere un Presidente del Consiglio bensì a eleggere un Parlamento, il quale Parlamento poi darà, oppure negherà, la sua fiducia a un Presidente del Consiglio scelto, anzi nominato!, dal Presidente della Repubblica. E infatti secondo la nostra Costituzione sarebbe del tutto legittimo che, dopo aver consultato i Gruppi parlamenari, un Presidente della Repubblica desse l’incarico di formare il Governo a una persona diversa dal leader del Partito che ha vinto le elezioni (naturalmente purché questa persona abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento). Questo primo punto, che definirei di elementare cultura giuridica e costituzionale, mi sembra dunque già di per sé testimoniare contro il ricorso alle primarie, uno strumento improprio e, dunque, anche pericoloso, perché minaccia di turbare il delicato equilibrio costituzionale fra i poteri democratici dello Stato e di prefigurare (anzi di praticare già!) una Repubblica presidenziale, un “uomo solo al comando” legittimato personalmente dal voto popolare, che è l’esatto contrario di ciò che la Costituzione antifascista disegna.
Ma veniamo al secondo punto: la primarie americane, che piacciono tanto ai nostri “americani a Roma”, sono interne ai due partiti; lì è del tutto ovvio che i candidati siano esponenti del partito alla cui investitura aspirano ed è anche del tutto ovvio che (per una consolidata tradizione) i votanti appartengano a quello stesso partito. Qui invece si parla di “primarie di coalizione”, in cui potrebbero votare tutti quelli che in qualche modo si riconoscono in quella coalizione.
Se esaminiamo da vicino questa situazione ci rendiamo ben conto che ci troviamo di fronte al regno dell’assurdo. Intanto: di che coalizione si tratta? Quale è il suo programma? Quali i suoi confini? E, soprattutto, quali partiti ne fanno parte? Logica vorrebbe che prima ci fosse una coalizione e poi semmai questa, al suo interno, scegliesse il proprio candidato. Qui si propone, e si pratica, l’inverso: prima si sceglie il candidato Presidente e poi, se resta tempo, si definisce la coalizione e il suo programma. L’on. Tabacci, che è autorevole candidato alla primarie, fa parte oppure no della coalizione? E Vendola ne fa parte? In passato il PD rifiutò la candidatura di Marco Pannella con la (apparentemente ragionevole) obiezione che questi era esponente di un partito diverso. Questo argomento non vale più? Così come non vale più (e infatti si affretteranno a cambiarlo!) l’articolo dello Statuto del PD che afferma che il solo candidato di quel Partito alle primarie è il suo Segretario. Un’altra “stranezza”, degna di una comica finale e non certo di una democrazia seria: le primarie si dicono “di coalizione” ma le loro regole sono decise da un partito solo, il PD, che appunto ne sta discutendo in questi giorni (peraltro molto dopo l’inizio della campagna per le primarie!). Neppure l’esperienza insegna nulla: Forconi a Napoli vinse le primarie (lasciamo stare come) ma De Magistris, che non vi aveva partecipato, poi stravinse le elezioni vere. A Palermo la stessa situazione: Ferrandelli prevalse alle primarie ma poi (nonostante l’appoggio di Lombardo e di SEL) Orlando lo travolse alle elezioni vere; e altri analoghi esempi si potrebbero fare. D’altra parte l’esperienza romana di questi giorni parla chiaro: Zingaretti era un candidato credibile a fare il Sindaco: ma “qualcuno” – non certo le primarie – lo ha candidato invece “in mezz’ora” (come si è vantato l’on. Fioroni) a fare il Presidente della Regione Lazio, forse perché la carica di Sindaco deve essere scelta dal Vaticano. Le primarie allora si fanno solo se non servono a decidere davvero?
Si dice ora che per votare alle primarie occorrerà prima sottoscrivere qualcosa e lasciare il proprio nome e indirizzo: a parte che questo contraddice un altro pilastro della Costituzione (ma costoro neppure l’hanno letta, e comunque se ne fottono), cioè l’art.48 (“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”), la domanda che sorge è: che senso ha tale sottoscrizione? Ci si impegna così a votare poi alle elezioni per quella coalizione, tuttora indeterminata e inesistente? E chi può impedire all’elettore di cambiare parere nel frattempo? Un fatto è tuttavia certo: le primarie impegnano in modo ferreo a sostenere quella “coalizione” almeno chi vi partecipa. Non è infatti possibile pensare, nemmeno nell’attuale degrado dell’etica politica, che uno si candidi come leader di una coalizione e poi, se sconfitto, non appoggi leamente il vincitore! Lo stesso vale, naturalmente, anche per i Partiti. E dunque: Vendola e SEL, appoggeranno il berlusconico Renzi o il democristiano Tabacci se uno di costoro vincerà le primarie? Oppure qualcuno pensa che potrebbe accadere l’inverso? Siamo seri, compagni di SEL, nessuno di voi può crederlo. Se un obiettivo ragionevole è possibile rintracciare nella partecipazione alle primarie, questo può consistere soltanto nell’intenzione di alzare un po’ il proprio prezzo, cioè di poter partecipare comunque a qualunque coalizione guidata dal PD (e dall’“agenda Monti”) trovando all’interno di questa un po’ di spazio in più per sistemare più comodamente il proprio sgabello.
In conclusione: la democrazia diretta non c’entra proprio un bel nulla con questo incasinato balletto plebiscitario. Ormai è chiaro a tutti (almeno a chi voglia vedere onestamente le cose per quel che sono) che le primarie rappresentano solo un meccanismo che serve per umiliare ancora di più (come se ce ne fosse bisogno!) la democrazia costituzionale, la quale è fondata sul Parlamento e sui Partiti (sì, sui Partiti!), beninteso se, come il nostro, essi si sforzano di essere degni di questo onorato nome. Le primarie servono soprattutto per far pesare l’immenso potere mediatico e finanziario di alcuni “poteri forti” che (come dimostra il “caso” dello sciocco giovanotto democristian-berlusconico Matteo Renzi) sono perfettamente in grado, investendo soldi e consiglieri “di immagine” sufficienti, di creare dal nulla un candidato del nulla, e magari perfino di imporlo.
Io credo che tutto ciò sia l’esatto contrario di quel complicato ma esaltante processo di partecipazione cosciente che noi chiamiamo democrazia diretta, e credo che da tutto ciò la sinistra debba tenersi ben lontana, anzi non stancandosi di denunciare l’ennesima truffa “tecnica” e “americana” ai danni delle masse popolari.

L'Anpi Nazionale denuncia il Sindaco di Affile per apologia del fascismo


"Informiamo che la Segreteria Nazionale ANPIin data 20 settembre ha deliberato di sporgere formale denuncia presso la Procura della Repubblica di Tivoli contro il Sindaco di Affile, Ercole Viri, ed altri eventuali compartecipi, a seguito dell’erezione del monumento-sacrario a Rodolfo Graziani, per vari reati (apologia del fascismo, apologia di delitti ed altri reati previsti dalla legge Mancino). Con la denuncia si chiederà anche che la Procura compia accertamenti sulle modalità della realizzazione del monumento con fondi pubblici, ai fini di ulteriori valutazioni. E’ stato dunque dato mandato al legale dell’ANPI di procedere".
LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

martedì 9 ottobre 2012

Simonetta Zandiri

"Per creare una bomba di semi (seed-bomb) dovete fare questo: al centro di due fogli di giornale sovrapposti mettete poco terriccio insieme ai semi dei fiori che vorreste veder nascere. Poi avvolgete il tutto, date una forma sferica e bagnatela per bene con acqua. Compattate la sfera con le mani, infine fate due o tre buchi con una matita. Ora avvicinatevi ad un cantiere in disuso, ad una zona abbandonata, ad un aiuola poco curata e.. via! Lanciate le vostre flower-bomb. Dopo qualche settimana potrete apprezzare splendide fioriture in luoghi dimenticati!

I semi da acquistare sono a libera scelta. Io per esempio ho scelto di fare bombe contenenti semi di bocche di leone, nasturzio, margherita gigante e fiordaliso. Inoltre, sotto il consiglio dei Giardinieri Sovversivi Romani, ho comprato anche dei semi di girasole perchè (come mi hanno detto loro) sono i più economici e i più resistenti. Inoltre sono davvero spettacolari nel periodo della fioritura. Mezzo chilo di semi di girasole, destinati al consumo per volatili, mi è venuto 1 euro e 30 centesimi! Ho chiesto con discrezione al rivenditore se questi semi possono germinare. Mi è stato risposto: "certooo!". "

lunedì 8 ottobre 2012

Valle del Sacco, la risurrezione di un non luogo

Luciano Granieri. Collettivo Ciociaro Anticapitalista 


Sabato 6 ottobre a Colleferro  si sono dati appuntamento tutti coloro che sono stanchi di farsi sporcare l’aria, avvelenare l’acqua e vedersi scippare enormi porzioni di territorio dagli speculatori senza scrupoli principali artefici della dittatura liberista, malfattori protagonisti dell’accumulazione indiscriminata ottenuta mercificando e distruggendo quei beni che ad ognuno sono dovuti per diritto naturale. A Colleferro movimenti, associazioni, e singoli soggetti, hanno deciso, manifestando per le via della città e oltre, di gridare basta alla contaminazione del  territorio che mina la salute dei propri abitanti, che ruba il futuro ai giovani. Il luogo, Colleferro, è sintomatico di come queste dinamiche crudeli possano dispiegarsi nella loro potenza devastante. Siamo nella Valle del Sacco, (la Seveso del centro sud), In questa porzione di territorio convergono fabbriche che sversano veleni nel fiume Sacco, discariche nascoste di rifiuti tossici, siti industriali dismessi che continuano ad avvelenare con il loro carico di amianto inerme, discariche come quella di Colle Fagiolara, che cosparge di veleni il comprensorio di Colleferro, compresi gli studenti di una scuola costruita ai suoi piedi. Grazie al coordinamento per la difesa della Valle del Sacco, che ha organizzato la manifestazione riunendo insieme i cittadini, non solo dei paesi compresi nella Valle, da Ceccano a Colleferro, ma anche di altre realtà locali oppresse da strutture mefitiche come l’inceneritore di Albano, finalmente la gente comune di ogni età e genere ha potuto urlare la sua rabbia e rivendicare il proprio diritto a respirare, bere e vivere senza pagare alti prezzi in termini di salute e dignità umana . Così come già ampiamente annunciato eravamo presenti come Collettivo Ciociaro Anticapitalista, e abbiamo documentato lo svolgersi della manifestazione. Una nota a margine: durante il corteo abbiamo scambiato due parole con Francesco  Bearzi della Rete per la tutela della Valle del Sacco. In merito alla questione dell’aeroporto Frosinone Ferentino, Francesco ci invitava a tenere ancora alta la guardia, perché l’iter per la valutazione dell’impatto ambientale è ancora ben attivo e dunque il rischio che questo devastante piano speculativo possa giungere a termine è ancora molto alto.