Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 5 marzo 2016

Un 8 marzo di lotta contro l’obiezione di coscienza

Il Pdac lancia una campagna
a difesa del diritto di aborto

Commissione Lavoro Donne - Pdac
Il 22 maggio 1978 in Italia diventa legale l’aborto. Dopo una lunga battaglia condotta dal movimento di lotta delle donne e appoggiata da una grossa parte del movimento operaio di quegli anni, viene approvata la legge 194/78 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), considerata ancora oggi dai legislatori borghesi una delle leggi sul tema più avanzate a livello europeo.
Nonostante questa importante vittoria, il diritto delle donne ad accedere liberamente all’aborto è stato fin da subito duramente attaccato: ancora oggi, anche se trasversalmente nessuno sostiene di voler cambiare o abolire la 194, è palese il tentativo di renderla inefficace, sia dal punto di vista normativo attraverso linee guida, riforme, regolamenti ecc., ma soprattutto dal punto di vista della sua applicazione.
Il maggiore ostacolo alla 194: l’obiezione di coscienza
L’obiezione di coscienza ossia il diritto per il personale medico e sanitario di non praticare interruzioni di gravidanza sulla base di convinzioni ideologiche o religiose (art. 9), è oggi il maggiore ostacolo alla reale applicazione della 194.
Già qualche giorno dopo l’approvazione della legge, alcuni avevano paventato il rischio che un numero elevato di richieste di obiettori si sarebbe potuto trasformare in un “vero e proprio boicottaggio della legge”, intravedendone le ragioni nella assoluta mancanza di conseguenze per l’obiettore. La previsione purtroppo si è rivelata corretta. Oggi, in diverse aree del Paese, dove l'obiezione di coscienza dei medici raggiunge punte del 100%, è impossibile applicare la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. La cronaca riporta il caso dell'ospedale di Jesi, in provincia di Ancona: 10 ginecologi, 10 obiettori. Ma non mancano situazioni simili in altre Regioni, persino in Lombardia, dove 11 presidi ospedalieri su 63 - tra quelli con un reparto di ginecologia e ostetricia - contano la totalità dei ginecologi contrari all'IVG. Accade così a Roma, a Napoli, a Bari, a Milano, a Palermo.
Secondo quanto contenuto nell’ultima "Relazione sulla attuazione della legge 194/78" del ministero della Salute, in Italia l’obiezione di coscienza è in continuo aumento (si parla del 35% delle strutture ospedaliere che non praticano più IVG) con una media nazionale del 70%.
Ci sono regioni d’Italia dove l’obiezione è ancora più alta. La Calabria sta al 73%, il Veneto al 77%, la Campania all’82%, in Puglia gli obiettori di coscienza sono l’86% del totale, in Sicilia l’87,6 % e nel Lazio l’80%. In Basilicata si è arrivati al 90 % di obiettori e il Molise ha la maglia nera, con il 93,3%, che significa che in quella regione sono solo due i medici che applicano la legge 194 e praticano l’interruzione volontaria della gravidanza. Ma il dato che impressiona di più è che, se si escludono la Valle D’Aosta che sta al 13,3% e la Sardegna che sta al 49,7%, tutte le regioni di Italia sono sopra il 50%, anche le regioni con governi di centrosinistra, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche.
La lettura dei dati diventa anche più preoccupante se, oltre alle percentuali, si prova a prevedere cosa succederà con i pesanti tagli alla sanità pubblica: l’età media dei medici che oggi applicano ancora la 194, è molto alta e si calcola che quando andranno in pensione non ci saranno sufficienti giovani medici per sostituirli. Tra l’altro le nuove generazioni si inseriscono spesso già orientate verso la scelta dell’obiezione per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le convinzioni ideologiche o religiose: il medico non obiettore subisce discriminazioni sul posto di lavoro e pressioni psicologiche da parte dei colleghi, non riesce a fare carriera in quanto abortista e del proprio lavoro riesce a cogliere solo un aspetto, ripetendo quotidianamente in serie sempre la stessa operazione.
L’obiezione di coscienza si estende
L’aspetto più allarmante è che oltre a stratificarsi nella gerarchia ospedaliera con un raggio di copertura che va dal vertice di medici e anestesisti, passando per il personale infermieristico, fino alla base del personale ausiliario, l’obiezione di coscienza si sta estendo anche come campo di applicazione: la scelta non coinvolge più soltanto la pratica dell’IVG, ma persino la prescrizione di farmaci contraccettivi o di tecniche abortive alternative. L’adozione della RU486, per l’aborto farmacologico meno invasivo di quello chirurgico, è boicottata nei fatti dalla circolare che impone un ricovero più lungo (tre giorni) di quello previsto per l’intervento, con pazienti sottoposte a vere e proprie vessazioni psicologiche e fisiche, umilianti e dolorose (i forum in rete sono pieni di racconti ad esempio di personale obiettore che rifiuta persino la somministrazione di analgesici per lenire i dolori abortivi) e con l’impossibilità ad accedervi a causa della lunga degenza per le lavoratrici precarie, per le minorenni, per le immigrate, spesso non in grado di giustificare assenze prolungate sul posto di lavoro o in famiglia.
Oggi, in Italia, abortire seguendo la legge è spesso quasi impossibile. La percentuale di adesione all’obiezione di coscienza e la conseguente chiusura di numerosi presidi ginecologici, comporta trafile da incubo fra porte sbattute in faccia, pellegrinaggi alla ricerca di medici non obiettori, numeri da prendere al volo, prenotazioni, giornate perse, settimane che passano con il corpo che cambia e la gravidanza che procede inesorabile con conseguenze facilmente immaginabili. Questo significa che praticare l’interruzione di gravidanza è diventato per le donne italiane un percorso ad ostacoli e contro il tempo. La loro possibilità di autodeterminare la propria sessualità sia nella contraccezione sia nella maternità è sottoposta al ricatto di un’altra scelta, quella dell’obiezione di coscienza, frutto di una cultura maschilista che le preferisce succubi e relegate tra le mura domestiche ad accudire forza lavoro per il capitale.
La terra bruciata intorno: l’impoverimento dei consultori
L’attacco all’autodeterminazione delle donne fondamentalmente basato sul crescente ricorso all’obiezione di coscienza di medici e personale paramedico, avviene nel vuoto totale sul versante dei servizi, un vuoto ottenuto attraverso il depotenziamento progressivo dei consultori pubblici, fino a proposte di riforma di questi tese ad eliminare la funzione per cui sono nati, e l’ingerenza per legge delle associazioni antiabortiste nelle strutture sanitarie pubbliche (auspicata trasversalmente da settori cattolici del centrodestra e del centrosinistra).
La legge 194/78 che ha legalizzato l'interruzione volontaria di gravidanza sottolinea il ruolo centrale del consultorio nella promozione della procreazione responsabile, dell'educazione sessuale e della prevenzione dell'aborto. I consultori familiari sono stati istituiti e regolati dalla legge 405/75 e sono stati inseriti nelle unità sanitarie locali dal 1980 con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Queste leggi, anche se entrambe frutto di compromesso politico, nacquero sulla spinta del movimento delle donne degli anni ’70 e del movimento operaio che avevano posto e rivendicato, proprio in quegli anni, l’esigenza di partire dalle condizioni sociali e lavorative per una nuova scienza ed una nuova medicina.
La concezione del consultorio che ne emergeva, come struttura di base territoriale con organizzazione multidisciplinare e orizzontale, aperta alla partecipazione delle donne, forse ha avuto una applicazione parziale soltanto nei primi anni, quando i consultori erano gestiti e frequentati da quegli operatori, operatrici ed utenti che avevano lottato per ottenerli.
In realtà il sistema sanitario nazionale è stato sempre avaro di finanziamenti per queste strutture; nessun investimento è stato fatto, ed oggi, con la scomparsa dello stato sociale, con i tagli ai servizi pubblici, con la loro privatizzazione e soprattutto a seguito del riflusso del movimento di lotta delle donne, i consultori sono suscettibili di scomparsa ed esposti agli attacchi di chi, considerandoli “abortifici”, intende abolirli a favore di “altri” consultori familiari, magari gestiti dai fondamentalisti “centri di aiuto alla vita”.
La previsione di legge di un consultorio ogni 20.000 abitanti non è mai stata realizzata, con una particolare penalizzazione per le regioni del sud. I dati degli ultimi anni ci dicono che i consultori pubblici diminuiscono, mentre aumentano quelli privati. Questi vengono comunque finanziati da fondi pubblici, finendo per essere favoriti in quanto possono scegliere quali prestazioni erogare (ad es. i consultori cattolici possono rifiutare i servizi contraccettivi a favore della mediazione familiare), mentre i pubblici sono obbligati per legge ad erogare tutte le prestazioni. A ciò si aggiunga la frequente presenza di organici insufficienti, incompleti e non stabili, la presenza di operatori che praticano l’obiezione di coscienza rispetto all’aborto e che rendono impossibile la certificazione necessaria per l’intervento, l’accesso, già consentito in alcune regioni, di volontari del movimento per la vita, con la funzione di dissuadere le donne dall’interruzione di gravidanza.
L’attacco ai consultori dunque è una deliberata operazione di destrutturazione e di distruzione di un servizio pubblico, per poi affermare che non funziona, e infine darlo in pasto al mercato; è quel che avviene nella scuola, nei servizi, in altri settori della sanità e dell’assistenza. Sono le donne a pagare il prezzo più alto delle riforme in questi settori: da un lato come utenti sono penalizzate perché la mancanza di servizi ricade interamente sulle loro spalle, dall’altro perché sono i settori in cui sono maggiormente impiegate (paradossalmente una volta licenziate ed espulse dal mondo del lavoro, tornano in casa per dedicarsi alla cura di bambini, anziani e ammalati, per sopperire in questo modo le mancanze dello Stato).
Il dramma nel dramma: l’aborto clandestino
Da anni ormai nella relazione al parlamento sulla legge 194, si cita una stima di 15/20mila aborti illegali, un numero calcolato soltanto sul tasso di abortività delle donne italiane (6,9 per 1000) e sottostimato per stessa ammissione del ministero. Molti altri elementi però portano almeno al raddoppio di quella cifra, facendo salire la quota delle interruzioni di gravidanza clandestine a 40/50mila l'anno, per esempio parametrando le stime dell'illegalità al tasso di abortività delle immigrate, che è di 26,4 interruzioni ogni mille donne, tre volte quello delle italiane. Analizzando poi i dati Istat inoltre si vede con chiarezza quanto gli aborti spontanei sono aumentati, passando dai 55mila casi degli anni Ottanta, ai quasi ottantamila di oggi. E secondo molti studiosi questa impennata altro non è che il ritorno dell'aborto clandestino "mascherato", esattamente come avveniva prima della 194, quando le donne dopo aver tentato di "fare da sole" arrivavano in ospedale con emorragie e dolori, e i medici per salvarle completavano gli aborti, registrati come "spontanei".
Sul corpo delle donne è tornato a fiorire l'antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato: cliniche fuorilegge e contrabbando di farmaci.
L'aborto clandestino riguarda tutti i ceti della società. Ci sono gli aborti d'oro, quelli dei ceti elevati, che si svolgono in sicurezza negli studi medici (magari gli stessi che nel pubblico sono obiettori), oppure all'estero: Svizzera, Inghilterra, Francia, 400 euro per una IVG entro il terzo mese, circa 3000 per un aborto terapeutico (oltre la 22esima settimana) in clinica. Ma non tutte possono andare all'estero, non tutte possono pagare queste cifre: ci sono allora gli aborti delle donne povere, delle minorenni, delle clandestine, che si affidano ad ambulatori fuorilegge o che comprano le pasticche e, se qualcosa va male, si presentano al Pronto Soccorso affermando di aver avuto un aborto spontaneo. La percentuale di successo di questi solitari aborti, quasi sempre farmacologici e di cui si trovano dettagliate istruzioni in Rete, è alta: oltre il 90%, ma chi sbaglia rischia la vita o lesioni permanenti. Accedere ai servizi è sempre più difficile, una corsa a ostacoli, e le donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere, finiscono nella trappola dell'illegalità.
La correlazione tra l’impossibilità di applicare la 194 per l’alto ricorso all’obiezione di coscienza e questo circuito di clandestinità, è evidente e sotto gli occhi di tutti. Sottovalutare il legame esistenze tra aborto clandestino e obiezione di coscienza significa mentire su un problema reale che molte donne affrontano nel corso della loro vita. Significa riportare la condizione delle donne italiane a quella di circa quarant’anni fa, tragicamente al tempo in cui l’aborto nella sua clandestinità era un fatto puramente privato, da risolvere velocemente e nel silenzio più assoluto.
Oltre al danno anche la beffa: le multe
Ma c’è un’altra conseguenza del fatto che l’obiezione sia così elevata. Oltre alla sofferenza per una scelta che non è mai facile per una donna e al giudizio di colpa che le donne devono affrontare quando attraversano gli ospedali pubblici così pieni di obiettori, il Paese degli obiettori fa pagare alle donne un prezzo ancora più alto e beffardo.
Nel decreto n. 8 del 15 gennaio 2016 approvato dal Consiglio dei Ministri, cosiddetto decreto delle depenalizzazioni, c’è anche l’aborto clandestino, per il quale le donne verranno punite con una sanzione amministrativa compresa tra i 5mila e i 10mila euro, mentre il reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza viene cancellato.
In precedenza, secondo quanto stabilito dall’articolo 19 della legge 194, la multa nei confronti delle donne che praticavano l’interruzione di gravidanza in clandestinità era stata fissata a 51 euro. Una cifra simbolica che aveva lo scopo di consentire al sesso femminile di andare in ospedale in caso di complicanze e di denunciare coloro che praticavano gli aborti fuori dalle strutture pubbliche.
La conseguenza pratica di questa “depenalizzazione” sarà che le donne non andranno più a curarsi rinunciando alla propria salute né a denunciare chi compie atti illeciti, violando la legge. Anziché tentare di contrastare l’aborto clandestino, il governo decide di comminare sanzioni salatissime alle donne, quelle stesse donne che dovrebbero essere considerate le vittime di un’azione illegale e che spesso si configura ai limiti della violenza.
Come detto, le donne ricorrono all’illegalità o alla clandestinità perché spesso non hanno altra scelta. L’obiezione di coscienza è arrivata a livelli talmente alti da impedire alle donne l’esercizio di un diritto che ormai dovrebbe essere più che consolidato.
Ma a dimostrazione che in Italia l’obiezione di coscienza è un diritto consolidato, l’aborto invece no, arrivano le nuove multe previste dalla legge sulle depenalizzazioni che anziché affrontare il problema, puniscono in maniera ancora più aspra quelle donne che si trovano ad affrontare una delle difficoltà più grandi della loro vita.
La criminalizzazione dell'aborto è un'altra forma di violenza contro la donna
La società capitalista condanna le donne che praticano l'aborto. Questa stessa società che le condanna ha svilito la sessualità femminile in ambito pubblico e privato, ha prostituito la donna e la utilizza come oggetto sessuale e, allo stesso tempo, la censura quando esercita liberamente la sua sessualità. La maggior parte dei Paesi non garantisce un'adeguata educazione sessuale nelle scuole, né distribuisce gratuitamente gli anticoncezionali. Alle donne si chiede di essere sottomesse mediante false ideologie della classe dominante e dei settori più conservatori della società; in maniera cosciente si negano loro la conoscenza ed il controllo del proprio corpo, della sessualità e della riproduzione, non solo per mantenere il maschilismo come meccanismo di oppressione, ma anche per perpetuare lo sfruttamento della mano d'opera femminile che è più economica di quella maschile. Le donne della classe lavoratrice e dei settori più poveri della società, condannate ad avere gravidanze indesiderate, non possono garantire le minime condizioni materiali ed emotive per un giusto sviluppo armonico di questi figli. Il sistema capitalista condanna questi bambini a diventare facile preda dei peggiori mali della società: criminalità, tossicodipendenza, disoccupazione.
Il numero di aborti clandestini e delle morti di donne in relazione alla gravidanza conferma che le posizioni che criminalizzano l'aborto e che sostengono di difendere la vita non sono altro che ipocrisia. E' deleterio in particolare il ruolo della Chiesa cattolica - piena di soggetti che abusano di donne e bambini - che non solo contrasta la legalizzazione dell'aborto, ma anche l'uso del preservativo, condannando i suoi giovani seguaci al contagio dell'Aids.
D'altra parte, con posti di lavoro precari, gli unici cui ha accesso la stragrande maggioranza delle giovani lavoratrici, la gravidanza è causa immediata di licenziamento. Si tratta di un'altra forma di violenza contro le donne che vogliono essere madri.
Il Pdac lancia una campagna contro l’obiezione di coscienza
Come donne lavoratrici e sfruttate, insieme ai lavoratori e compagni maschi con cui lottiamo quotidianamente, vogliamo utilizzare questo 8 marzo per prendere coscienza che la violenza e gli abusi sono meccanismi di oppressione che servono a tenere in piedi lo sfruttamento del sistema capitalista contro migliaia di milioni di lavoratori e poveri del mondo. L’8 marzo è nato come giornata di lotta e tale deve restare: per questo abbiamo deciso di avviare proprio in questa occasione una campagna di mobilitazione contro l’obiezione di coscienza e per la sua abolizione, perché se un diritto deve prevalere su un altro, deve essere sicuramente quello delle donne ad autodeterminarsi rispetto al proprio corpo e alla propria sessualità.
Il Partito di Alternativa Comunista, sezione italiana della Lit-Lega internazionale dei lavoratori, pur riconoscendo la necessità di estendere e garantire il diritto di aborto al di là dei limiti della 194, si batte per garantirne l’applicazione in tutti gli ospedali attraverso l'abolizione dell'obiezione di coscienza e l'introduzione delle migliori tecniche per la salvaguardia della salute delle donne (pillola abortiva), per l’estensione alle minorenni del ricorso all’IVG senza autorizzazione genitoriale o dei tribunali borghesi, per l’accesso gratuito e senza prescrizione medica alla "pillola del giorno dopo" (senza l'obiezione di coscienza dei farmacisti), per l'esclusione del Movimento per la vita e delle altre associazioni antiabortiste dai consultori e dai reparti di ginecologia, per il potenziamento dei servizi pubblici a supporto delle donne, abolendo ogni finanziamento ai servizi privati e del privato sociale, per la sostituzione a scuola dell'ora di religione con un'ora di educazione alla sessualità, alla contraccezione e alla salute, per il controllo delle lavoratrici, delle giovani e delle immigrate sull'erogazione e la gestione di tali servizi.

giovedì 3 marzo 2016

Costituito il Comitato Locale per la Provincia di Frosinone del Coordinamento Democrazia Costituzionale

Comitato locale per la Provincia di Frosinone del Coordinamento Democrazia Costituzionale  



Si è costituito mercoledì 2 marzo 2016 il Comitato Locale per la Provincia di Frosinone  del Coordinamento Democrazia Costituzionale. Alla presenza dell’avvocato,   dottoressa Anna Falcone, membro del CDC e Vice presidente del  Comitato Nazionale per il NO alla riforma Costituzionale, si è svolta  presso la sala consiliare della Provincia di Frosinone, l’assemblea costitutiva del movimento.

E’ profonda convinzione dei fondatori del   Comitato Locale, che sia fondamentale  impegnarsi  a fondo per sconfiggere  la deriva autoritaria prefigurata dalla riforma Costituzionale Renzi-Boschi, in combinato  disposto con la nuova legge elettorale, in merito ai diritti inderogabili  previsti dal dettame Costituzionale.

 Il Comitato sarà attivo in tutto il territorio provinciale con lo scopo,  di spiegare alla cittadinanza  in quale modo  una riforma costituzionale, che nei fatti  sconvolge l’equilibrio e l’assetto democratico , sottrarrà abilmente ai cittadini  stessi, la prerogativa di partecipazione, per ogni decisione  politica, finendo al tempo stesso per incidere negativamente sulla vita quotidiana di ogni persona.

 Il nuovo Comitato, altresì,  organizzerà sul territorio la campagna referendaria per il NO alle riforme costituzionali, e predisporrà i banchetti per la raccolta  delle firme  necessarie, sia per la ratifica dello stesso referendum costituzionale, che per l’indizione del referendum abrogativo della legge elettorale ITALICUM. L’impegno, comporterà  un’organizzazione efficace, snella,  con ambiti  di partecipazione, quanto più allargata a  movimenti, associazioni e singoli cittadini, oltre a quelli già iscritti.

La dottoressa Anna  Falcone ha assicurato la massima disponibilità,  collaborazione e aiuto da parte del Coordinamento Democrazia Costituzionale.  Ora è necessaria la piena  operatività” hanno affermato i membri del Comitato Locale per la Provincia di Frosinone del  Coordinamento  Democrazia Costituzionale, è fondamentale   organizzare i banchetti per  la raccolta delle firme, eventi informativi nelle piazze e  puntare al coinvolgimento di soggetti del mondo accademico, istituzionale e giuridico interessati a condividere la difesa della democrazia nel Paese.  Nel corso dell’assemblea sono stati designati referenti  del Comitato Locale,  Dionisio Paglia e Luciano Granieri. 

I soggetti che, per ora,  fanno parte del  Comitato sono: ANPI – Aquino Prima di tuttto- Azione Civile – Aut Frosinone  - Comitato Possibile Altiero Spinelli – Comitato Possibile Pier Paolo Pasolini – Comitato Provinciale di Frosinone in difesa della Costituzione – Democrazia Atea – Associazione Culturale Oltre l’Occidente – Osservatorio Peppino Impastato – Partito Comunista dei Lavoratori – Prima Ceprano – Partito Comunista d’Italia – Partito della Rifondazione Comunista – Sel Cassino – Sinistra Lavoro  -

Il comitato si riunirà,  il prossimo lunedì 14 marzo alle ore 21,00 presso la sede di Democrazia Atea, in Via Vittorio Alfieri n.80 a Ceprano, luogo  designato come centro operativo del comitato stesso. Per informazioni , sulle modalità di iscrizione, sugli appuntamenti e sulle attività del Comitato  Locale per  la Provincia di Frosinone del Coordinamento Democrazia Costituzionale  è attiva la pagina  facebook consultabile al seguente indirizzo:


I video degli interventi a cura di Otello Martini.








APPROVATA RISOLUZIONE TRASPORTO GRATUITO PER I DISOCCUPATI GRAZIE A NOI MA IL GOVERNO RITARDA

Ufficio Stampa Deputato Luca Frusone M5S

“Approvata la risoluzione 5 Stelle che chiede al Governo di adottare misure che possano garantire l’accesso gratuito al servizio di trasporto pubblico locale e anche ferroviario per i disoccupati. Un'agevolazione sul trasporto pubblico garantirà a questi soggetti maggiore mobilità, flessibilità e tempestività, caratteristiche fondamentali nella ricerca di un lavoro.” – a dichiararlo è il Deputato 5 Stelle Frusone, che continua – “Sarebbe importante che tale proposta venisse recepita anche in Regione. Proprio di questi giorni è la notizia che sarebbero state approvate delle delibere sulle agevolazioni tariffarie per i pendolari, un segnale importante ma non sufficiente, soprattutto quando in Parlamento viene approvata una misura molto più stringente e attenta alle problematiche economiche e occupazionali. E’ proprio in considerazione della grave crisi economica che sta attraversando il nostro Paese, che i contratti di servizio di trasporto pubblico dovrebbero prevedere nella struttura tariffaria un livello gratuito per disoccupati.” – e continua – “In Regione hanno stipulato per le fasce disagiate solo titoli agevolati, invece di garantire il reale accesso al trasporto pubblico, cosa che invece hanno approvato a livello nazionale dove il Governo è in forte ritardo nell'attuazione e nello stanziare 50 milioni di euro in più. Concludo dicendo che assistiamo ancora una volta al “bipolarismo” del PD, che continua ad adottare misure diverse a seconda dei vari livelli istituzionali in cui governa. A livello nazionale vota a favore per impegnare il Governo a dare il trasporto locale gratuito ai disoccupati e poi il Governo del PD latita ad attuare questa misura importantissima, ma citerei anche la questione acqua pubblica, in provincia abbiamo assistito a sindaci del PD che hanno votato per la risoluzione con ACEA e invece in Regione nulla si muove per l’attuazione della Legge n. 5 oppure il caso del reddito minimo garantito, che viene approvato in Puglia dal Presidente Emiliano, mentre in Regione Lazio il PD non ne vuole sentire parlare perché lo ritiene una misura pericolosamente assistenzialista. Il PD appare per l’ennesima volta un partito sconclusionato, senza punti fermi e senza credibilità che non fa altro che confondere continuamente i cittadini.”

mercoledì 2 marzo 2016

Movie in jazz Round Midnight

Luciano Granieri



Proseguono i pomeriggi di jazz  presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente in L.go Aonio Paleario n,7 a Frosinone. Venerdì prossimo alle 16,30 proporremo  per la serie “Movie  in jazz” il film Round Midnight di Bernard Tavernier.  Uscito nel 1986, il film è ispirato alla vita dei jazzisti Lester Young e di Bud Powell e ha vinto l’oscar per la migliore colonna sonora nel 1987 grazie alle musiche di   Herbie Hancock. Abbiamo ritenuto interporre ai dibattiti-seminari sulla storia degli Stati Uniti raccontata dalla musica jazz questo momento cinematografico. Ci  è sembrato stimolante proporre  questo inarrivabile affresco sul  bop e sull’hard bop interpretato,  come attore protagonista, da uno dei maggiori esponenti di questo stile il sassofonista,  Dexter Gordon.  La visione del film può veramente illustrare e far  capire certe atmosfere, certe sensazioni che solo la musica jazz e i suoi protagonisti possono regalare. I dibatti - seminari proseguiranno la settimana prossima quando affronteremo  tutte le dinamiche relative al free jazz e alla lotta dei neri negli anni ’60. 

Frosinone: Le strutture comunali sono riservate ai "ricchi"

Francesco Notarcola – Presidente dell’ass. Osservatorio Peppino Impastato


Ieri, siamo stati a fare volantinaggio a Corso Lazio per invitare  la popolazione del quartiere a partecipare all’incontro previsto per sabato 5 marzo, alle ore  16,presso il Centro sociale.
All'incontro si raccoglieranno i questionari diagnostici ASMA e BPCO per lo studio epidemiologico in corso nella città di Frosinone — con Associazione Medici di Famiglia per l'Ambiente.
Interverranno i medici di medicina generale Armando Papetti, Umberto Messia, Martino Giovanni e la dott.ssa Teresa  Petricca,  pneumologa, consulente scientifico dell’associazione, che daranno la più ampia informazione sulle polveri sottili e delle ripercussioni sulla salute della gente. Si soffermeranno, altresì, su danni ambientali e sulla salute provocati dalle centrali a biomasse.
Abbiamo incontrato un gruppo di ragazzi (12-13 anni) del quartiere  e ci siamo fermati a conversare un po’.
Dalla conversazione è stato evidenziato che i ragazzi non hanno accesso al Centro sociale, riservato solo agli anziani e che il Centro sportivo è riservato solo ai ricchi ( questa è la loro espressione) che possono pagarsi la scuola di calcio.
Avete capito bene? Il Centro sociale e il Centro sportivo, pagato con i soldi di tutti i cittadini sono riservati a categorie particolari.
E il fatto scandaloso è che fino ad oggi nessun consigliere comunale se ne sia accorto parimenti alle associazioni di quartiere che brillano per il loro silenzio.
Denunciamo  questa vergogna , come da impegno assunto con i ragazzi e, chiediamo al Sindaco di intervenire urgentemente  per mettere fine ad una discriminazione inaccettabile  che impone divieti assurdi per l’utilizzo di strutture pubbliche  a giovani e ragazzi che vorrebbero  impiegare il loro tempo libero nel migliore dei modi.

martedì 1 marzo 2016

Votare NO alle riforma costituzionale è una scelta di civiltà.

Luciano Granieri

Scegliere fra la Costituzione così come oggi è scritta o accettare le riforme previste dalla legge Renzi-Boschi, non è questione così astratta come ad un  esame superficiale può  sembrare, soprattutto in presenza di sirene mediatiche che derubricano   le modifiche  costituzionali a  questioni  lontane dai problemi reali, delle persone. 

  In  realtà i due impianti costituzionali, quello  scaturito  dalla lotta antifascista, e quello che la riforma  Renzi-Boschi  vuole imporre, determinano la scelta fra due precisi modelli  di società. Nel primo l’eguaglianza, la dignità,  la condivisione e la partecipazione sono gli elementi fondanti, nel secondo,  prevale  l’imposizione degli interessi dei potentati  economici i quali subordinano alle regole della speculazione finanziaria la libertà dei cittadini. 

Si tratta di scegliere. E’ preferibile vivere in una società in cui la Repubblica    rimuove gli   ostacoli di ordine economico e sociale che  impediscono  il pieno sviluppo della persona umana, oppure è meglio, trovarsi la strada sbarrata da quegli stessi  ostacoli?  Magari   consistenti  in  un costo spropositato dei  servizi, (le bollette dell’acqua, o le prestazioni sanitarie), imposto  dalla dittatura delle lobby finanziarie private?  

Perché conseguenza della riforma Renzi-Boschi  è il  trasferimento dei processi decisionali, dalla rappresentanza popolare, ai meri esecutori dei desiderata dei potentati finanziari, i quali invocherebbero regimi normativi a loro sempre più favorevoli, compreso l’innalzamento delle tariffe a livelli insostenibili .  Provvedimenti  che non troverebbero ostacolo alcuno alla loro approvazione e vesserebbero la collettività. 

E’ preferibile vivere in uno Stato che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, o è meglio subire, nell’era del Jobs Act, ulteriori provvedimenti lesivi dei diritti dei lavoratori e utili solamente all’èlite econmico-finanziaria , senza che nessuno possa opporvisi?  E’ meglio  una società che ripudia la guerra, o  uno Stato che, attraverso decisioni prese da una  minoranza e da  una  Camera di  nominati,   può  imporre  di partecipare a qualsiasi conflitto, mascherato da ipocrite finalità umanitarie, o risibili  esportazioni di democrazia? 

Si vive meglio in una Repubblica che   tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti, o in uno Stato che impone i voleri delle multinazionali attive nella sanità privata,   nel business di dannosi  ed inquinanti inceneritori, piuttosto che nella trivellazione dei fondali marini?   

Si potrebbe  obiettare che molte delle situazioni prefigurate  nel disegno   dalle riforme Renzi-Boschi, già si verificano. Infatti, ad essere precisi, votare le riforme costituzionali, significherebbe semplicemente legalizzare alcune pratiche già  oggi  attive che cozzano con i principi della Carta del ’48. Sarebbe perciò utile adoperarsi non per cambiare la Costituzione, ma per farla rispettare. 

Proprio perché molte norme, che sopra abbiamo citato, sono state approvate forzando le regole parlamentari e costituzionali  urge  - oltre che votare No alla riforma Costituzionale, per scegliere la strada della dignità e dello sviluppo della persona umana - votare SI all’abrogazione di tali  leggi, peraltro  licenziate  da  un Governo e da un  Parlamento illegittimo perché eletto secondo una norma elettorale incostituzionale. 

E’ fondamentale abrogare l'Italicum  che, da un lato ripropone gli stessi vizi della precedente legge  bocciata dalla Corte Costituzionale (Premio di maggioranza, liste quasi bloccate), dall’altro, in combinazione con la marginalizzazione  del Senato, i cui membri non saranno eletti dai cittadini,  consente la tirannia del Premier e della  sua  minoranza al quale è concesso il potere di nominare  il Presidente della Repubblica, i componenti della Corte Costituzionale, e del Consiglio superiore della Magistratura.

 Ma è altresì impellente esprimere un Si deciso all’abrogazione di altri mostri legislativi: Il Jobs Act, che cozza contro l’art.4 della Costituzione;  La legge che consente la trivellazione continua dei fondali marini per sfruttare fino all’ultimo  i giacimenti petroliferi, norma in palese contrasto con l’art.9 della Costituzione in cui  è scritto che la Repubblica tutela il paesaggio;  la riforma della Scuola (Buona Scuola)  che lede i dettami dell’art.33 della Carta sul carattere pubblico dell’istruzione. 

Dunque se si sceglie di vivere in una società democratica, basata sull’uguaglianza, sul diritto ad un esistenza dignitosa  è necessario votare No alla riforma Costituzionale, ma nel contempo votare SI all’abrogazioni di leggi incostituzionali, che impongono insuperabili  ostacoli  di ordine economico e sociale, atti  ad impedire   il pieno sviluppo della persona umana.

I N V I T O a tutti i cittadini, i movimenti e le associazioni democratiche



Si invitano cittadini e associazioni, sensibili all’integrità  democratica del Paese,  a partecipare all’incontro che si terrà  Mercoledì 2 marzo 2016, alle ore 16,30 presso la sala consiliare del palazzo della Provincia – Piazza Gramsci -  Frosinone . L’obiettivo dell’evento è definire l’adesione , si spera ampia e partecipata, al  Coordinamento nazionale  per la democrazia Costituzionale (CDC) .

  Gradita ospite dell’assemblea  sarà l’avvocato Anna Falcone,  Vice presidente del Comitato per il NO.  Il CDC  si è costituito con lo scopo  di difendere e valorizzare i principi della democrazia della nostra Costituzione,  nata dalla Resistenza,  e   di informare   l’opinione pubblica, largamente inconsapevole del significato e dei contenuti del processo di riforme istituzionali in atto.

  Al coordinamento hanno già aderito, personalità del mondo accademico, giuristi, cittadini,  movimenti  sociali, sindacali, organizzazioni nazionali importanti.
  L’incontro del 2 marzo è l’occasione per dar vita ad un serrato confronto su come condurre nella nostra provincia, sul piano strategico, politico e organizzativo questa  importante e decisiva battaglia per il futuro del nostro Paese.

 Com’è noto, infatti, il combinato disposto  fra l’eliminazione del Senato, come organo eletto dai cittadini e rappresentativo della sovranità popolare,  con  una riforma elettorale che attribuisce  ad un unico partito —espressione di una ristretta minoranza di elettori— potere esecutivo,  potere legislativo,  e la facoltà di condizionare   pesantemente  la nomina del Presidente della Repubblica, dei componenti della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura,  costituisce   un vulnus letale per i  principi democratici. 

Al fine di impedire  questa deriva antidemocratica, è necessaria un’ampia partecipazione di associazioni e cittadini finalizzata a costruire un’organizzazione capillare sul territorio e capace di legare gli obiettivi nazionali alle problematiche locali ed alla vita quotidiana delle persone. E’ decisiva, perciò, una partecipazione  aperta, largamente rappresentativa ed   inclusiva, senza steccati e senza settarismi.  Per questo motivo auspichiamo che l’incontro del 2 marzo  sia  il più possibile partecipato e si possa  porre le premesse, con decisioni e percorsi condivisi per la realizzazione  CDC di Frosinone.


Firmato: ANPI provinciale - Azione Civile - Comitato Provinciale in difesa della Costituzione -Democrazia Atea- Partito Comunista dei lavoratori - Prima Ceprano – Partito Comunista d’Italia- Rifondazione Comunista  - Sinistra e Lavoro - Oltre l’Occidente - Osservatorio Peppino Impastato - Confederazione Cobas -Comitato di Lotta per il Lavoro – Aut-Frosinone - Possibile Frosinone sez. Altiero Spinelli –Possibile Frosinone sez. Sandro Pertini – Sel Cassino.

lunedì 29 febbraio 2016

I cittadini in campo per salvare la Costituzione

Comitato per il No nel referendum costituzionale ex art. 138 Cost.

sulle modifiche previste dalla legge Renzi- Boschi


Il Consiglio direttivo del Comitato per il NO riunito il 25 febbraio ha deciso di depositare il quesito per l’effettuazione del referendum sulle modifiche della Costituzione appena il testo sarà definitivamente approvato, probabilmente a metà aprile, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Inoltre il consiglio direttivo ha deciso di avviare immediatamente dopo il deposito del quesito referendario la raccolta delle firme a sostegno della richiesta per arrivare almeno alle 500.000 previste. In questo modo, oltre ai parlamentari che si sono impegnati a promuovere il referendum, saranno in campo anche i cittadini, che – dopo la consegna delle firme - potranno finalmente far sentire la loro voce.
Anche se con una limitata sfasatura temporale questa raccolta delle firme si riunirà in questo modo a quella contro l’Italicum che partirà all’inizio di aprile sui due quesiti depositati da tempo contro il premio di maggioranza e il ballottaggio e per garantire l’elettività effettiva di tutti i deputati.
Il Consiglio direttivo fa appello a tutti i cittadini perché appoggino pienamente queste iniziative referendarie che hanno l’obiettivo di bloccare il tentativo di consentire ad un unico partito, col consenso di una minoranza di elettori, di conquistare comunque una spropositata maggioranza alla Camera dei deputati, che secondo questo disegno resterebbe l’unico vero ramo decisionale del Parlamento, in quanto il Senato verrebbe ridotto ad una camera di serie B, nonostante gli siano
contraddittoriamente (ma astutamente) confermate la funzione legislativa in importanti materie e, addirittura, la funzione di revisione costituzionale.
L’insieme dei risultati di queste pretese riforme della Costituzione e della legge elettorale cambiano la sostanza della nostra Repubblica, fondata sulla centralità del Parlamento e avviano un processo che punta alla instaurazione di una sorta di premierato assoluto. Senza più contro-poteri esterni (il Senato) né effettivi contropoteri interni alla Camera dei deputati, e quindi capace di imporre – senza mediazioni parlamentari - le scelte politiche ai cittadini, ridotti a votare ogni 5 anni senza più la possibilità di farsi sentire efficacemente per il tramite dei partiti presenti in Parlamento. 
Del resto se settori importanti della società (lavoro, scuola, ambiente) stanno pensando di promuovere referendum abrogativi di leggi approvate da questo governo  per ridare la parola ai cittadini che non sono più rappresentati, vuol dire che occorre bloccare questa deriva prima che non sia più modificabile, come avverrebbe se questa legge elettorale dovesse essere applicata con l’entrata in vigore delle modifiche della Costituzione.
Questa è la ragione che ha portato il Comitato per il No alle riforme costituzionali e il Comitato contro l’Italicum a decidere di avviare la raccolta delle firme per arrivare ai referendum, sia sulle norme di modifica della Costituzione, sia per abrogare due norme fondamentali della legge elettorale.
Salvare la Costituzione, impedire che continui la deriva delle leggi ipermaggioritarie che finiscono con il negare in radice la possibilità di partecipare dei cittadini sono due aspetti strettamente legati insieme e contro questa deriva occorre mobilitarsi per raccogliere le firme da aprile a giugno e poi per fare prevalere il No nel referendum costituzionale.

Palestina Sciopero prolungato degli insegnanti contro il governo

Lit Quarta Internazionale




Una delegazione della Csp Conlutas (il più grande sindacato di base dell'America Latina) e della Lit-Quarta Internazionale è in questi giorni in Palestina.
La delegazione ha partecipato alla manifestazione degli insegnanti che da 12 giorni sono in sciopero rivendicando aumenti salariali del 10%, mentre il governo di Abu Mazen rifiuta ogni trattativa. La direzione del sindacato burocratico degli insegnanti ha tentato, in accordo con il governo, di interrompere lo sciopero, ma i lavoratori e le lavoratrici hanno deciso in massa di continuare.
Il fatto importante e nuovo è che la lotta è diretta da sindacati combattivi (legati alla Rete Internazionale di solidarietà e lotta, promossa dalla Conlutas brasiliana e da Solidaire di Francia, a cui aderiscono centinaia di sindacati nel mondo), che si contrappongono alle burocrazie sindacali legate al governo palestinese.
Negli stessi giorni la delegazione ha partecipato anche a una manifestazione a Hebron (in Cisgiordania), nel quadro di una campagna internazionalista per la riapertura del quartiere attorno alla via Al Shuhada, occupata da alcune centinaia di coloni sionisti che hanno espulso dalle loro case 15 mila abitanti e impediscono il transito ai palestinesi.
La manifestazione è stata duramente repressa dall'esercito sionista, che ha sparato decine di gas lacrimogeni.
Viva la lotta del popolo palestinese!
Viva l'internazionalismo proletario!

LA COSTITUZIONE ITALIANA VA ATTUATA NON MODIFICATA

Il Segretario Provinciale Paolo Ceccano Rifondazione Comunista Federazione di Frosinone 

Il governo ha proposto un referendum confermativo della legge di riforma del Senato della Repubblica così come ridisegnato dal disegno di legge Renzi/Boschi che si propone di modificare la seconda parte della Carta Costituzionale.
Il PRC a questo referendum risponderà NO e invita tutta la popolazione a sostenere e a votare contro questa riforma.
Le ragioni del nostro NO sono riassumibili in modo diretto secondo alcune costatazioni: intanto il referendum è truffaldino perché trasforma la materia del contendere in un plebiscito pro o contro il governo travalicando assolutamente il tema della riforma;
la riforma proposta stravolge completamente il sistema di garanzia democratica che il bilanciamento fra la funzione esecutiva, cioè del Governo, e quella legislativa, cioè del parlamento, garantisce.
 Il governo Renzi con il proposito di rendere più veloce l’iter approvativo delle leggi, elimina il Senato rendendolo il luogo della delizia dei consiglieri regionali che eletti dai cittadini per espletare uno specifico mandato si ritrovano a svolgerne un altro. Quindi il cittadino rischia di votare senza sapere quale funzione andrà a svolgere l’eletto.
Inoltre la riduzione a pura rappresentanza del Senato trasferisce completamente alla Camera i poteri di legiferare su ogni materia.  Quest’ultima,sulla base della nuova legge elettorale, sarà formata da personaggi nominati. Il combinato disposto di questi due fattori avrà come conseguenza che il potere legislativo e il potere esecutivo saranno di fatto trasferiti completamente al governo.
Fine della democrazia! Non esisterà più nemmeno il diritto al dissenso in quanto tutta la “dialettica democratica” sarà blindata all’interno del corto circuito appena spiegato.
E non ultimo esiste il problema della legittimazione a riformare la costituzione. Ci riferiamo al fatto che questo parlamento è frutto di una legge elettorale, il porcellum, che la Corte Costituzionale ha reputato incostituzionale decidendo che l’attuale parlamento e il governo che esprime  avrebbero dovuto sopravvivere ma solo per mera continuità istituzionale. Pertanto sempre illegittimi rimangono e non possono di fatto modificare la Carta Costituzionale.
Il PRC aderisce al Coordinamento Democrazia Costituzionale di Frosinone ed invita i cittadini a sostenere e ad affermare le ragioni fin qui spiegate ed essere parte attiva per la difesa dell’ordine democratico per far si che al referendum prevalga il NO per far vincere la democrazia!

Inoltre saremo presenti e invitiamo i cittadini ad esserlo, all’iniziativa promossa dal CDC Frosinone con la Dott.sa Anna Falcone che si terra il giorno 2 marzo presso il salone “A. De Sica” della Provincia 

domenica 28 febbraio 2016

La sconfitta della Sinistra Dem e la guerra di movimento contro il governo del chiacchiericcio

Michele Prospero

Schiaffeggiata, la minoranza del Pd torna ad agitarsi. A tempo però ormai scaduto. Il partito della nazione è sbocciato già. Nel segno del tricolore vivono sotto lo stesso tetto bianchi (tantissimi, da Renzi a Boschi, da Rosato a Guerini, da Carrai a Zanda, da Franceschini a Picierno, da Faraone a Carbone), rossi (pochissimi e screditati teorici dei 18 voti aggiuntivi e non sostitutivi), e Verdini (il destinatario di “strani amori” per la sua cura protettiva verso il premier nei momenti di difficoltà). Gli intermittenti risvegli della minoranza dem finiscono per essere funzionali a un partito della nazione che accoglie tutti sotto il comando incontrastato del parolaio incontinente.
Con i cascami di Verdini entrati in una maggioranza che combatte i diritti “contro natura” (altro che nuova Porta Pia di cui fantastica Repubblica elogiando il pragmatico condottiero), Renzi percepisce che può osare l’impensabile. Che tutto gli è concesso, anche sfidare gli ultimi tabù di un partito definitivamente sfigurato. Neanche gli odori occulti sprigionati da Verdini scatenano qualche reazione incisiva. E allora può diventare pubblico il rapporto che sinora era tenuto segreto. A Firenze, come a Roma, quegli opachi odori delle arcane potenze gigliate hanno assicurato al rottamatore il trionfo sugli avversari interni. Ora che il suo imbarazzante protettore fiorentino è ospitato in maggioranza, Renzi smaschera l’irrilevanza delle sue opposizioni interne.
I giovani turchi, che hanno giocato da subito la carta dell’appoggio totale per ottenere posti di potere considerati preziosi in un momento di sbandamento, devono riconoscere il fallimento completo della loro strategia. Non hanno mai incassato un successo spendibile nell’arte dell’emendamento correttivo e della copertura subalterna alle scelte in materia di lavoro e costituzione. Neppure una virgola dei provvedimenti ad elevata portata simbolica sono riusciti a cambiare. Si possono accontentare di qualche poltrona ricevuta, ma queste lusinghe della spartizione passiva delle prebende non hanno un grande rilievo politico e poi alle prossime candidature anche la loro sorte è già segnata.
Quelli rimasti vicini a Bersani stanno messi anche peggio. La loro condotta in aula, dopo qualche rituale distinguo iniziale, del tutto impalpabile però nelle conseguenze, alla fine è sempre stata simile a quella dei giovani turchi, da loro dipinti in odor di tradimento. Arrendendosi senza condizione al loro feroce castigatore, non hanno certo migliorato il loro destino o conservato qualche possibilità concreta di “reconquista” del non-partito. Reclamano l’inutile congresso quando l’unico luogo in cui poter far male a Renzi è il parlamento, e qui sempre si adeguano e obbediscono. Anche su di loro si accanirà la scure implacabile che li priverà di seggi e rilevanza pubblica.
I signori delle tessere sono già al lavoro per controllare i territori dove si concentrano gli ultimi focolai di resistenza. In Sicilia le tessere sono distribuite dall’alto e già sono cadute nelle mani degli eredi di Cuffaro. Ovunque personaggi ambigui sono al comando dei traffici. A Milano si cerca di imporre il segno del trionfo del partito della nazione: manager senza colore promossi alla leadership, trame di affari progettate nell’irrilevanza assoluta della politica e delle arcaiche questioni legate all’identità della sinistra.
Il cenno di disappunto di una pattuglia di senatori cattodem incide molto di più delle minacce a salve della minoranza (un tempo l’area bersaniana comprendeva l’80 per cento dei parlamentari). Neanche dinanzi a una lotta per la costituzione, gli esponenti più anziani e prestigiosi della minoranza Pd hanno osato sfidare il ragazzo di Rignano pronunciando, con Tasso, queste parole di riscatto: “Giovene ardente, / se ben me vedi in grave età senile, / non sono al ferro queste man sì lente”. Ora chiedono il congresso solo per proseguire in moine inutili. Trovino il coraggio di uscire dalla maggioranza se davvero sono ostili al dominio di strani poteri maturati nel triangolo dell’Etruria.

Si convincano che i costi di far cadere Renzi o Boschi (che ha raggiunto il vertice del suo pensiero politico asserendo nella scuola quadri del Pd: “ragazzi mi sono solo tolto la giacca, mica sono rimasta nuda”) sono inferiori alla prosecuzione del governo del chiacchiericcio. Sinistra italiana è un’offerta di ricostruzione politico-culturale che guarda al lungo periodo. Dare vita a forme incisive di micro-resistenza civica nelle consultazioni amministrative è, nell’immediato, una strada obbligata per far inciampare il partito della nazione nel suo tentativo di mettere radici nei territori. Le occasioni di disobbedienza nelle grandi città devono essere propedeutiche alla guerra di movimento che si estenderà lungo il biennio referendario (costituzione, lavoro, scuola, legge elettorale, trivellazioni). Dinanzi alla vocazione autoritaria di chi governa solo con canguri e voti di fiducia (persino su questioni etiche), nel silenzio tombale dei custodi, resta solo la via della mobilitazione dal basso, nel quadro di una lotta irregolare, vista la gigantesca asimmetria delle forze in campo. 

NO ALLA CONTRORIFORMA DELLA COSTITUZIONE

Comitato Locale del Coordinamento Democrazia Costituzionale.


E’ partita la mobilitazione contro la controriforma della Costituzione e contro l’Italicum 

Si è costituito per la Provincia di Frosinone il Comitato Locale del Coordinamento Democrazia Costituzionale.

Ne fanno parte l’ANPI, AUT- Frosinone, Azione Civile, il Comitato Possibile ‘Altiero Spinelli’, il Comitato Possibile ‘Pier Paolo Pasolini’, il Comitato Provinciale di Frosinone in difesa della Costituzione, Democrazia Atea, Oltre L’Occidente, Osservatorio Peppino Impastato, il Partito Comunista dei Lavoratori, il Partito Comunista d’Italia, Prima Ceprano, Rifondazione Comunista, SEL Cassino, Sinistra Lavoro.

Il COMITATO LOCALE DEL CDC DI FROSINONE sarà presentato nel corso dell’incontro che si terrà nel Palazzo della Provincia di Frosinone – Piazza Gramsci – il 2 marzo 2016 alle ore 16,30.

Sarà presente l’avv.Anna Falcone Vice Presidente del Coordinamento Democrazia Costituzionale.
La Conferenza del 2 marzo 2016 costituirà una occasione importante per tutte le forze politiche e associative antifasciste del territorio che condividono l’obiettivo di salvare la Costituzione dalla controriforma.

Il Comitato Locale del CDC di Frosinone auspica di estendere l’adesione e la partecipazione ad altre realtà associative, partitiche e sindacali provinciali.

Saranno delineate le linee operative e organizzative per affrontare questa fase decisiva per il futuro del nostro Paese, e la Provincia di Frosinone darà il suo contributo.
“Invitiamo tutti a partecipare” hanno dichiarato Dionisio Paglia e Luciano Granieri, designati referenti del Comitato Locale “La battaglia referendaria sarà l’ultima occasione per salvare la nostra democrazia parlamentare dalla svolta autoritaria” .


Deforma Costituzionale. Le Ragioni dei No

Comitato Locale Coordinamento Democrazia Costituzionale  Frosinone




LE RAGIONI DEL NO
Supera il bicameralismo?
NO, lo rende più confuso e crea conflitti di competenza tra Stato e regioni, tra Camera e nuovo Senato

Produce semplificazione?
NO, moltiplica fino a dieci i procedimenti legislativi e incrementa la confusione

Diminuisce i costi della politica?
NO, i costi del Senato sono ridotti solo di un quinto e se il problema sono i costi perché non dimezzare i deputati della Camera?

È una riforma innovativa?
NO, conserva e rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari.

Amplia la partecipazione diretta da parte dei cittadini?
NO, triplica da 50.000 a 150.000 le firme per i disegni di legge di iniziativa popolare

È una riforma chiara e comprensibile?
NO, è scritta in modo da non essere compresa

È una riforma legittima?
NO, perché è stata prodotta da un parlamento eletto con una legge elettorale (Porcellum) dichiarata incostituzionale

È il frutto della volontà autonoma del parlamento?
NO, perché è stata scritta sotto dettatura del governo

Garantisce la sovranità popolare?
NO, perché insieme alla nuova legge elettorale (Italicum) già approvata espropria la sovranità al popolo e la consegna a una minoranza parlamentare che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri

Garantisce l'equilibrio tra i poteri costituzionali?
NO, perché mette gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale) in mano alla falsa maggioranza prodotta dal premio

Salvaguardare la democrazia oggi, è garantire la propria libera voce domani.
Questa è una riforma che non riduce i costi, non migliora la qualità dell'iter legislativo, ma scippa la sovranità dalle mani del popolo.
Diciamo NO allo scempio della Costituzione attuato attraverso una riforma che sottrae poteri ai cittadini e mortifica il Parlamento!
Diciamo NO alla legge oltraggio che, calpestando la volontà del corpo elettorale, instaura un regime politico fondato sul governo del partito unico!