Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 10 marzo 2011

VIVO IN UNA CITTA' MORTA: ... quattro amare chicchiere su Frosinone alta

dalle ragazze di Ithaca 




Siamo stanche.. veramente stanche di sentire solo le omelie e le messe funebri per il centro storico di Frosinone.. i giornalisti locali o i nazionali (nelle sezioni dedicate alla città) non parlano d'altro che di negozi chiusi e di un centro abbandonato a se stesso. Ora: non che questo sia falso; anzi!!! però se pretendiamo di dare la notizia ci si deve anche preoccupare di darla completa, ammesso che la "notizia" che il Centro storico sia morto, sia ancora da considerare tale...
 perchè il naso delle penne inchiostrate non annusa tutto quello che sta accadendo alla parte alta di Frosinone? perchè non si dice che ci sono dei locali che cercano DISPERATAMENTE  - con sforzi sovrumani - (la crisi, poi, ci ha messo il suo bel carico da 90) di riportare qualcuno "sù"... addirittura di far conoscere ad ancora troppi frusinati la parte alta delle loro città?
Suscita meraviglia sapere che ci sono persone che non conoscono nulla (o quasi) di Frosinone alta : perchè non prendete l'ascensore inclinato ( tanto osannato ed atteso) e vi addentrate per i vicoli storici di Frosinone? non è vero che non c'è nulla!!! ve lo possiamo garantire ..c'è storia, ci sono i ricordi, c'è da pensare, da divertirsi, da ascoltare musica, da chiaccherare e da vedere... è forse poco?
 Perchè la sera non passeggiate - ora che il tempo lo consente- per le vie del centro?.... Se passate davanti a noi il week end potrete ascoltare la nostra offerta musicale sempre molto variegata ; così come se passate davanti all'arco Campagiorni con i locali (glie Cannarile,Life, Sotto l'Arco) che la popolano gli stimoli non mancano di certo...
 Nel cuore storico - come mi piace chiamarlo - potete portare la vostra ragazza, il vostro ragazzo, vostra moglie o vostro marito a fare anche "solo" una passeggiata e sorseggiare o mangiare qualcosa in una tipica trattoria ciociara o in piccoli nuovi ristorantini..
 Se portate i vostri bimbi, li potrete accompagnare magari a visitare il Museo archeologico che si trova proprio quassù!
 Insomma... bisogna per forza andare a Roma o addirittura uscire dal Lazio per cercare qualcosa che anche quì - con un pò più di attenzione - si può trovare?... ci sono due librerie (la nostra ithaca e La libreria Incontri) aperte durante il giorno (incontri) e noi la sera..
 il movimento e i cambiamenti ce li dobbiamo - in tempi di sempre maggior latitanza politica - intanto creare da soli.
 Invece di continuare a piangersi addosso, a lamentarsi, forse è il caso di cominciare a costruire qualcosa partendo dall’esistente... noi siamo una realtà piccola.. ithaca è una bambina (entusiasta, forse anche un pò ingenua) che ancora pensa e spera di poter fare qualcosa e qualcosa, nel sup piccolo, la sta facendo... stiamo inondando di musica le vecchie vie .. stiamo riempiendo l'aria  della sera con il chiacchericcio vivo dei ragazzi...ci fermiamo a parlare della città che vorremmo, degli interrogativi sul futuro e di cazzate divertenti nella vicina p.zza san orsmisda, facciamo ogni tanto escursioni a sorpresa per le vie del Centro portando i nostri musicisti o i ragazzi dei Laboratori di scrittura creativa... siamo ricominciando a vivere di centro storico!!
 Risponde sicuramente al vero che ci siano delle enormi reponsabilità a livello istituzionale ma ammettiamolo... ci sono anche a livello sociale.... in attesa che qualche personalità si muova non dobbiamo demordere, dire "non tocca a me ma al Comune"! Ripetiamolo!!!!! è sacrosanto che gli organi istituzioanli facciano la loro ma noi non entriamo nel circolo vizioso di trovarci una scusa per non fare nulla!!!
 schiodiamo pure noi il sedere dalla sedia del comodissimo e virtualissimo modo di vivere alla facebook; eliminiamo la pigrizia dei luoghi comuni che al centro storico non ci sia parcheggio... suvvia...! facciamo kilometri a piedi per andare a visitare l'ennesimo Centro commercilae che apre.. facciamo maratone folli sui tapis roulant delle palestre e poi vogliamo parcheggiare addirittura dentro il negozio o il ristorante di turno.... nelle ore serali non è così complicato trovare un posto per le nostre adorate auto e, al massimo che ci può capitare, ci toccherà camminare un pò....
Torniamo o iniziamo a partecipare.. le occasioni per venire quassù non sono poche... iniziamo a dire la nostra e ripopolare le strade che molti vorrebbero rimanessero fantasmi; e smettiamo pure noi "commercianti" di vedere il nemico negli altri esercenti... smettiamola col solito refrain di denigrarci e di farci concorrenza. Mandando i nostri concittadini più volentieri fuori città per non "rischiare" che possa trovare l'oggetto simile venduto da un altro locale....
  ma quale razza di concorrenza si può fare in un posto che piange disperato la mancanza di cultura?
 e allora le urgenze ci sono e non sono solo quelle di rifare le facciate o i tombini o l'asfalto - opere spesso usate dal politicante di turno per farsi propaganda elettorale- .. le urgenze sono quelle di rimettersi insieme, di incontarsi , di creare un gruppo variegato, differente, contaminato ma unito daòla voglia di costruire e non distruggere.... ma non davanti a un computer... occorre vedersi dal vivo, parlarsi, incazzarsi.. e provare a ricamminare per poi sperare di correre!!!!

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Itake vince il premio "Antonella Cecconi"

di Nicla Langiu  responsabile Forum delle donne del P.R.C di Ceccano


Anche quest'anno il Forum delle Donne del Partito della Rifondazione Comunista di Ceccano intende ricordare la compagna Antonella Cecconi.
La sua vita di donna è stata improntata fino all'ultimo al rispetto e alla lotta contro le ingiustizie e all'impegno sociale.
Ogni anno, il Forum cerca di omaggiare la sua memoria conferendo un Premio ad una associazione di volontariato che meglio rispecchia le caratteristiche che hanno fatto di Antonella una persona speciale, apprezzata da tutti coloro che hanno avuto il piacere di conoscerla e di lavorare al suo fianco sia nella militanza politica che nelle pratiche di solidarietà.
Sabato 12 marzo alle ore 11.15, presso l'Auditorium della Biblioteca Comunale  si rinnova l'appuntamento della consegna del Premio Antonella Cecconi per il volontariato e la solidarietà che quest'anno sarà conferito all'associazione ITAKE per l'opera svolta a sostegno dei bambini del Kenya con impegno e determinazione.
Itake è un'associazione di volontariato che promuove il sostegno scolastico a distanza e durante lo scorso anno ha portato a termine con successo il grande progetto della realizzazione di una scuola professionale presso il villaggio di Muyeye. La costruzione è stata resa possibile grazie al contributo di tanti che hanno deciso di sostenere il progetto, solo nella provincia di Frosinone sono stati raccolti 60 mila euro. Questa associazione rispecchia in pieno lo spirito che da tredici anni anima questo premio dedicato ad Antonella. Con immenso piacere il Forum delle Donne ha scelto l'associazione Itake, un'organizzazione nata in provincia di Frosinone, che piano piano sta allargando la sua rete di solidarietà anche al resto del territorio nazionale. Il Forum delle Donne si augura che il Premio Antonella Cecconi sia anche una stimolo, per tutti i volontari,  a continuare la loro lodevole opera che sicuramente in futuro porterà altri grandi risultati.
Il circolo "5 aprile" del Partito della Rifondazione Comunista ringrazia l'Amministrazione Comunale di Ceccano per la sensibilità dimostrata e il valore che ogni anno riconosce a questo Premio.

Come si distrugge la cultura italiana

di Stefania Brai   Responsabile nazionale cultura Prc


Continua l’opera di distruzione della cultura italiana, delle sue istituzioni e del suo patrimonio da parte del governo Berlusconi. Mentre è ancora in atto la lotta dei lavoratori e di tutte le organizzazioni del cinema italiano contro il rischio di speculazione immobiliare nell’area di Cinecittà, oggi a causa dei tagli al Fondo unico dello spettacolo è a rischio la vita stessa di Cinecittà Luce.
Con un finanziamento per il 2011 di soli sette milioni e mezzo, si decreta di fatto la morte di una istituzione prestigiosa e conosciuta in tutto il mondo, di un archivio che possiede materiali di valore storico inestimabile, di un’attività insostituibile e vitale per il cinema italiano, in particolare in un momento di crisi come quello attuale: la produzione di documentari e di opere prime e seconde, la distribuzione di film d’autore, la promozione in Italia e all’estero. Tutto questo avrà inoltre ripercussioni enormi sui posti di lavoro di tutto il settore.
Rifondazione comunista chiede che Cinecittà torni ad essere un’istituzione interamente pubblica sostenuta da finanziamenti certi per poter ritornare a svolgere il suo ruolo istituzionale di volano della produzione cinematografica di qualità. I fondi ci sono: mentre si tagliano le risorse per la scuola, l’università, la ricerca e la cultura, le spese militari nel nostro paese sono aumentate del 49 percento rispetto al 2000. Il nostro paese ha bisogno di investimenti in cultura e conoscenza, non in armamenti. 


Lettera aperta a Giorgio Cremaschi

di Pietro Vangeli Segretario Nazionale del Partito dei CARC
 
Caro Giorgio,
condividiamo la valutazione che hai dato nel tuo articolo del 4 marzo (www.rete28aprile.it) rispetto allo sciopero generale indetto della Camusso & Co. E’ chiaro infatti che i contenuti, le modalità e la data che la segretaria della CGIL ha fissato per lo sciopero sono finalizzati a depotenziarlo e che l’obiettivo a cui mira questa manovra è cercare di togliere terreno alla sinistra interna al fine di riprendere in mano le redini della situazione: uno sciopero fatto così serve solo a limitare le adesioni e soprattutto a incidere poco nella lotta contro il governo Berlusconi e i padroni.
Di fronte a questa situazione, la strada che indichi nel tuo articolo è giusta: “Impadroniamoci di quella data [il 6 maggio, ndr] e facciamo dello sciopero generale proclamato senza convinzione dalla segreteria della Cgil una data che segni la vita sociale e politica Paese. Con la consapevolezza che oggi più che mai è necessaria la critica a quei gruppi dirigenti che non vogliono cogliere la dimensione dura e drammatica del conflitto in atto. La trasformazione dello sciopero del 6 maggio in uno sciopero generale vero, è la strada sulla quale dobbiamo muoverci”. Ma bisogna fare un passo in più per contrastare efficacemente i piani di Marchionne, Berlusconi, Confindustria, CISL e UIL.
Come tu stesso dici nell’articolo il mondo sta cambiando velocemente. Le cose sono in rapido sviluppo. La situazione internazionale e nazionale va acuendosi, la posta in gioco è enorme, si sta combattendo una battaglia politica il cui esito determinerà il futuro del nostro paese, le nostre condizioni di vita, i nostri diritti, la democrazia. La situazione è straordinaria e richiede decisioni risolute. Per vincere questa battaglia bisogna portarla avanti fino in fondo, senza mezze misure. E nella lotta sindacale e nella lotta politica i tempi e le modalità contano, hanno un peso specifico molto importante, spesso determinante, decisivo. Oggi è sentimento comune tra i lavoratori e le masse popolari che non possiamo permetterci di attendere due mesi, per quanto articolato possa essere il lavoro che andiamo a svolgere nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nella società civile in preparazione dello sciopero generale. L’attendismo,  il dilatare i tempi significa perdere terreno, lasciare margini di manovra alla controffensiva di Marchionne, Berlusconi, CISL, UIL e della direzione della CGIL che mira a riprendere il controllo sulla FIOM o comunque isolarla.

La sinistra è tale se fa  effettivamente la sinistra in ogni campo (politico, sindacale, culturale). Quando la sinistra non fa la sinistra è la destra a prendere il sopravvento come si è visto bene in questi ultimi 20 anni. Quindi occorre incalzare, essere d’attacco, non dare spazio alla destra, avere in mano l’iniziativa, dettare noi i ritmi della battaglia. 
Bisogna osare, Giorgio: sono la FIOM e l’Area Programmatica che devono fissare, assieme ai sindacati di base, la data per lo sciopero generale, una data veramente utile per incidere sullo scontro politico in atto nel nostro paese! Una data possibile potrebbe essere proprio quella del 15 aprile, giornata dello sciopero generale indetto dai Cobas. Questo sarebbe un segnale forte di coordinamento e di fronte comune in continuità con il 28 gennaio! Sono la FIOM, l’Area Programmatica e i sindacati di base che possono costruire quell’ “ampio fronte sociale che, da subito, definisca obbiettivi e conseguenti forme di lotta” e quella “piattaforma di unità sociale per una mobilitazione prolungata” come scrive Sergio Bellavita (della segreteria nazionale della FIOM) sul sito della Rete 28 Aprile.
Le condizioni per fare uno sciopero generale prima del 6 maggio, per fare uno “sciopero generale forte e chiaro, contro governo e Confindustria, in grado di proporre un blocco sociale e civile alternativo al blocco politico ed economico che governa il disastro attuale dell’Italia” ci sono già tutte, sono state costruite dalla lotta in corso nel nostro paese da Pomigliano in poi. Lo sciopero generale è chiesto a gran voce dalla maggior parte delle organizzazioni operaie e popolari, dagli studenti, dal movimento ambientalista, dagli intellettuali. Il consenso di cui gode è vasto. E altrettanto vasto è il malcontento rispetto alle decisioni prese dalla Camusso e dalla destra della CGIL. Gran parte degli iscritti della CGIL (ma anche nella CISL e nella UIL ce ne sono parecchi!) non ne può più della politica del governo Berlusconi, di Sacconi, di Brunetta, di Tremonti, di Marchionne, della Confindustria e di Confcommercio. Dall’Aquila a Terzigno alla manifestazione del 14 dicembre, la ribellione si è estesa e assedia i palazzi del potere. La mobilitazione delle donne del 13 febbraio ha confermato quanto sia cresciuta la volontà di mandare via il governo Berlusconi. 

Non bisogna sottostare ai ricatti della destra CGIL per la paura di rompere con essa: se la FIOM e l’Area Programmatica saranno d’attacco, sarà la destra a trovarsi isolata e a dover ballare alla musica dettata dalla sinistra! Sono la Camusso & Co. ad aver tradito la CGIL, gli operai, come giustamente hanno detto molti delegati a Cervia a febbraio e all’assemblea dei delegati autoconvocati che si è tenuta a Roma il 26 febbraio, e ora cercano di mettere la FIOM nell’angolo. Accettare questa situazione non è più possibile. Tutti i lavoratori, gli studenti, la società civile lo chiedono. E saranno con la FIOM in strada per lo sciopero generale, come il 16 ottobre, il 28 gennaio e davanti ai cancelli di Pomigliano e Mirafiori. 
Bisogna osare, Giorgio: se non ora, quando? L’attendismo e la subordinazione alla destra sono forieri di gravi conseguenze non solo per la FIOM ma per tutta la società!

La situazione è favorevole, sta a noi usarla al meglio!
Possiamo vincere, dobbiamo vincere, dipende da noi!

Un saluto a  pugno chiuso! 

Sciopero Cgil, bisogna fare sul serio

di Giorgio Cremaschi    RETE 28 APRILE



 E’ inutile nascondersi dietro le parole. Lo sciopero generale proclamato dalla segretera della Cgil si presenta come uno sciopero a metà. Da un lato, è evidente, esso raccoglie una domanda di mobilitazione che è partita dalla piazza del 16 ottobre scorso dove si sono incontrati Fiom e movimenti. Dall’altro, però, non solo per le sue dimensioni, le quattro ore, ma anche per gli obiettivi, si presenta come uno sciopero in assoluta continuità con le iniziative del passato. Il 26 giugno dell’anno scorso la Cgil proclamò uno sciopero generale di quattro ore contro la politica del governo Berlusconi. Un anno dopo, fa la stessa identica cosa, nello stesso identico modo. In mezzo a queste due date è cambiato il mondo. (...)
 L’attacco di Marchionne, quello della Gelmini, il propagarsi dal pubblico al privato, dai metalmeccanici agli insegnanti agli addetti al terziario, della devastazione contrattuale, ha messo in discussione tutto. Cisl e Uil sono state complici convinte di tutte le scelte del governo, della Confindustria, della Fiat. E’ avanzato un processo di distruzione dello stato sociale che in Italia viene presentato come Federalismo. Tutto questo si è accompagnato all’aggravarsi della crisi della democrazia, all’abolizione delle libere elezioni nella Fiat come nel lavoro pubblico, all’attacco alla Magistratura, all’aggressione alla Costituzione, all’impunità di Berlusconi rivendicata e proclamata come sistema di governo. Eppure dopo tutto questo, lo sciopero generale proclamato dalla segreteria della Cgil è lo stesso di un anno fa.
E’ evidente che questo errore di sensibilità e scelta politica nasce da un vizio di fondo che persiste nella linea della confederazione. Si continua a negare la realtà. Si continua a credere che oltre Marchionne, oltre Berlusconi e Sacconi, oltre gli accordi separati, ci sia ancora un mondo ove si possa ricostruire una politica unitaria con Cisl e Uil e un patto sociale con la Confindustria. Questo mondo in realtà non esiste più. C’è oramai un blocco di potere, una vera e propria concertazione che fa sì che tutte le principali decisioni di politica economica e sociale siano prese di comune accordo fra la Lega, Tremonti, Berlusconi, la Confindustria, Cisl e Uil. C’è un blocco di potere concertativo che governa l’Italia ed esclude la Cgil. Questo blocco di potere fa sì che Berlusconi continui, nonostante i suoi misfatti, a restare in sella, mentre appare inconcludente e inefficace l’opposizione politica. Il gruppo dirigente della Cgil continua a illudersi che prima o poi la signora Marcegaglia, la Cisl, la Uil, facciano un’altra politica.
E’  la stessa illusione che coltiva Bersani quando chiede alla Lega di dissorciarsi da Berlusconi. Ma negare la realtà può essere più facile che cambiare linea e comportamento. Per cui, specularmente, ad un’opposizione politica che ogni cinque minuti chiede la caduta di Berlusconi, ma non fa nulla di vero e serio perché ciò avvenga, così la Cgil chiede un cambiamento profondo nelle politiche economiche e sociali, ma poi non fa uno sciopero generale in grado di bloccare davvero il Paese.
E’ questa contraddizione che è stata immediatamente colta in tutti i luoghi di lavoro ove, dopo la prima cauta soddisfazione per la proclamazione dello sciopero generale, è emersa la rabbia per la data e soprattutto per le quattro ore. Sbaglia chi, come fa il nostro caro amico Loris Campetti su il manifesto, sottovaluta questo aspetto e si fa trascinare nella vecchia logica del bicchiere mezzo pieno. Questo sciopero generale così com’è non va, bisogna cambiarlo. Innanzitutto si deve mettere nella piattaforma che esso va proclamato non solo contro il governo, ma anche contro la Confindustria e contro il sistema delle imprese. Pensiamo alla Confcommercio, che sta estendendo ovunque, assieme al governo, il modello Marchionne. Bisogna smettere di illudersi che ci sia un altro padronato buono che è pronto a dissociarsi dall’amministratore delegato della Fiat. In secondo luogo bisogna fare uno sciopero generale di otto ore. Già diverse categorie: la scuola, la funzione pubblica, il commercio, i metalmeccanici, hanno deciso o paiono intenzionati a decidere, l’estensione dello sciopero. Bisogna provare a bloccare il Paese e non a fare uno sciopero di circostanza.
Nelle prossime settimane, ogni luogo di lavoro, ogni rappresentanza sindacale, ogni struttura, dovrà essere portata a discutere e a decidere sugli obiettivi e sull’estensione dello sciopero. Lo sciopero dovrà essere un appuntamento di tutto il Paese che lotta per i diritti e la democrazia. Per questo si dovranno incontrare i movimenti sociali e gli studenti. Essi devono essere soggetti attivi e partecipi dello sciopero e non semplicemente spettatori tollerati. Infine questo sciopero va costruito politicamente anche rispetto a Cisl e Uil. Il primo maggio unitario, che precede lo sciopero è una pura ipocrisia e rischia persino di danneggiare la giornata di lotta se quel giorno, nelle piazze, si dovrà diplomaticamente tacere di essa. Si faccia un primo maggio che prepari lo sciopero, che ne spieghi le motivazioni e gli obiettivi e si vada in piazza anche per questo. Pazienza se Cisl e Uil a questo punto ne saranno travolte o saranno costrette a non partecipare.
Bisogna fare sul serio. Ogni giorno le lavoratrici e i lavoratori, i giovani, i disoccupati e i precari sono di fronte a drammi che si abbattono sulla loro vita. Per questo mobilitazioni rituali non servono più a nessuno e possono persino diventare controproducenti. Abbiamo a questo punto due mesi per arrivare a uno sciopero generale vero. Facciamo sì che ogni appuntamento - lo sciopero dell’11 marzo dei sindacati di base, le altre lotte e mobilitazioni, le assemblee degli studenti e dei movimenti sociali, le manifestazioni della società civile, da quella del 12 marzo a quella sull’acqua - pur conservando naturalmente la propria autonomia, servano anche a far sì che lo sciopero del 6 maggio sia un appuntamento di tutti.
Impadroniamoci di quella data e facciamo dello sciopero generale proclamato senza convinzione dalla segreteria della Cgil una data che segni la vita sociale e politica Paese. Con la consapevolezza che oggi più che mai è necessaria la critica a quei gruppi dirigenti che non vogliono cogliere la dimensione dura e drammatica del conflitto in atto. La trasformazione dello sciopero del 6 maggio in uno sciopero generale vero, è la strada sulla quale dobbiamo muoverci.

Per ogni nota una goccia di civiltà

Libere e Indecorose

di Fausta Dumano



Blocco notes, macchinetta , la redattrice di Aut , 8 marzo è tornata in piazza,erano anni che questa giornata era stata completamente svilita di ogni contenuto,una giornata di mimose, di strep tease, di becero qualunquismo,una festa commerciale, locali pieni di donne, che una sera all' anno lasciano mariti e figli....una festa da cui sono sempre scappata....quest' anno le donne sono tornate in piazza, ribellissime, libere e indecorose. Gli appuntamenti romani sono tanti, bisognerebbe avere il dono dell' ubiquità per poterle raccontare. Piazza vittorio, una piazza simbolo , la piazza dei migranti, qui si sono date appuntamento le donne di se non ora quando, unica bandiera che sventola è quelloa del MANIFESTO,una piazza trasversale dalle studentesse alle nonne, un fiocco rosa, un fioco con duplice valenza, da un lato il bisogno di ''riformulare l' ITALIA, dall' altro la maternità che esclude le donne dalla vita sociale. Sulla scalinata di sinistra femministe storiche, le donne di carta che rivendicano il diritto di leggere, la solidarietà alle donne dell' IRAN....AL CENTRO LE LOTTE DELLE DONNE DEL MAGHREB....La redattrice di Aut poi va verso BOCCA DELLA VERITA’  per raggiungere il corteo di LIBERE E INDECOROSE contro la violenza, contro lo sfruttamento ,ma anche contro il familismo che relega la donna. In entrambi gli appuntamenti anche gli uomini in piazze Colorate , tante...riprendersi la città, mister B ma anche il sindaco ALEMANNO NEI CARTELLI, ma tanta solidarietà anche al recente caso di violenza nella caserma del Quadraro , un 8 marzo di lotta







I brani che accompagnano la clip sono: "Giulia" e "Fischia il vento" tratte dal cd Tammurriatarock di Enrico Capuano.

mercoledì 9 marzo 2011

Essigli essigli essigli è

di Luciano Granieri.


Quando la piazza chiama noi rispondiamo. Siamo stati in piazza con gli studenti contro il decreto Gelmini,  abbiamo protestato  con la FIOM, con il collettivo donne in terra ciociara e in tante altre occasioni. Dunque un richiamo popolare con così tanta gente a invadere strade e piazze non poteva lasciarci indifferenti. Al di là delle ragioni per cui ci si ritrova a sfilare in corteo, riteniamo che sia  sempre positivo riunirsi, stare insieme . Ciò significa, solidarizzare, ritrovare quella dimensione umana condivisa che una società liberal-darwiniana ha frammentato frantumando la moltitudine in una somma di individui soli e impotenti davanti al sopruso, invisi gli uni agli altri. La manifestazione a cui ci riferiamo questa volta non è contro qualcosa o per qualcosa. E’ una riunione di popolo partecipata goliardica. E’ il Carnevale di Frosinone. A voler essere precisi, in realtà,  la "festa della radeca" evoca   due eventi storici rivoluzionari. Le cose andarono più o meno in questo modo. Siamo tra il 1798 e il 1799. Allora Frosinone era occupata dalle truppe francesi. L’occupazione pur dispotica e tiranneggiante non impediva ai ciociari di organizzare la  “Festa della Radeca”. Un evento che si perde nella  notte dei tempi, probabilmente trae origini in un epoca molto lontana precristiana. Questa tradizione può essere ricollegata ai saturnali romani ai riti di fecondità. Non è un caso che “La Radeca” –una foglia di agave-  è un antico simbolo di fertilità nonché un  evidente simbolo fallico. Dunque nel 1798 i cittadini di Frosinone ne ebbero abbastanza di obbedire all’esercito Francese e il 26 Luglio il popolo in rivolta scacciò le guarnigioni transalpine. Ma la contro rivoluzione non si fece attendere . L’armata capeggiata dal generale Girarban riconquistò la città con un vero e proprio massacro. Molti innocenti furono trucidati, Frosinone subì terribili saccheggi e distruzioni. Nel 1799 fu tentata un’altra rivoluzione, molto particolare. Non violenta né cruenta. Per esorcizzare paura e miseria dopo quel drammatico massacro, i cittadini di Frosinone organizzarono, come da tradizione la “Festa della Radeca” e fecero in modo di far credere al  Generale Jean Antoine Etiennè Vachier detto CHAMPIONNET d’istanza con una  guarnigione ad Anagni, che fosse in atto un’altra rivolta. Il generale partì per spargere ulteriore sangue e risolvere la cosa in modo definitivo , ma quando arrivò, si trovò circondato  da una folla festante anziché inferocita. La leggenda racconta che lui stesso si sottomise al battesimo della "Radeca" e partecipò ai festeggiamenti rimanendo sbronzo perso. Da qui probabilmente lo slogan : “Una risata vi seppellirà” .  Dunque per noi  la rievocazione di un evento  che prende in giro i potenti e ne mette a nudo tutte le debolezze non può  passare inosservata. Trasmettiamo quindi due video del Carnevale 2011 a Frosinone. Nel primo sfilano i carri allegorici, che per lo piu' si rifanno alle fiabe e all’immancabile Bunga bunga (ogni tanto Bersani ci prende) , nel secondo si assiste alla vera festa della Radeca con la danza tradizionale e la carrozza del generale Championnet.
Buona Visione.




martedì 8 marzo 2011

Viva la rivoluzione araba! Viva la lotta di tutte le lavoratrici del mondo!

Segretariato Internazionale della donna Lega Internazionale dei Lavoratori – IV Internazionale

Salutiamo le lotte delle donne lavoratrici di tutto il mondo, specialmente quelle che sono state e continuano ad essere protagoniste della rivoluzione araba.
I mezzi di comunicazione di massa, quando si riferiscono alle donne di questa regione, ci parlano sempre dei terribili abusi di cui soffrono: lapidazioni, mutilazioni genitali. Ma non ci dicono nulla della lotta che queste donne stanno sviluppando in difesa dei loro diritti. Oggi, al calore della rivoluzione, le vediamo in tutta la loro grandezza, partecipare ai combattimenti non come un’entità separata, ma come compagne di lotta degli uomini che si ribellano contro i regimi totalitari di Ben Ali, Mubarak e Gheddafi.
E’ stato un gruppo di donne a dare inizio alla protesta contro il regime di Ben Ali. Queste donne, tra le quali si può citare Radhia Nasrauoi (presidente dell’Associazione Tunisina contro la Tortura) hanno dovuto pagare la loro audacia con minacce di morte, persecuzioni della polizia segreta e anche accuse di sodomia, a partire da fotomontaggi e video fasulli trasmessi su internet.
E in Egitto le donne sono state in prima linea durante il rovesciamento di Mubarak. Amel Said, una lavoratrice egiziana ha raccontato al giornale La Vanguardia di Barcellona, che la sua famiglia (compreso suo marito) l’ha spinta a partecipare. Dice che la sua speranza è che “ora le donne possano dire la loro nelle nelle questioni egiziane”. Le donne egiziane sono rimaste nelle strade fin dal primo minuto della protesta. Le donne anziane fornivano acqua a coloro che soffrivano degli effetti dei gas lacrimogeni. Madri, spose e sorelle sostenevano gli striscioni, portavano i figli alle manifestazioni o preparavano cose da mangiare. Fianco a fianco con gli uomini della loro famiglia o con i compagni di lavoro, hanno conquistato la Piazza della Liberazione e dormivano lì, camminavano con i loro figli sulle spalle e gridavano le loro richieste di democrazia e libertà. Sono state le 3000 donne lavoratrici della più grande fabbrica tessile pubblica Hilaturas Misr, situata a Mahala, che nel dicembre del 2006 percorsero tutta la fabbrica (24.000 lavoratori) per dare inizio al primo grande sciopero che risvegliò il movimento operaio egiziano. E’ stata la stessa fabbrica ad organizzare lo sciopero del 6 aprile 2008, da cui il nome del movimento che diede inizio alle mobilitazioni che hanno rovesciato Mubarak.
Questa partecipazione delle donne lavoratrici e povere non è casuale. Come le loro sorelle occidentali, subiscono le conseguenze delle politiche capitaliste. “Pago 600 lire (80 euro) al mese di affitto e ne guadagno 300”, ha detto Umm Yasir, un’impiegata statale di 33 anni. Ed ha aggiunto che suo marito, anche lui impiegato statale, guadagna la stessa cifra e con questo devono manenere se stessi e i loro tre figli. Per questo, aggiungeva un’altra attivista “vediamo molte donne, islamiche o no, con o senza velo, unirsi e partecipare a ciò che accade nelle strade. Questa è la vera uguaglianza e mai sarà più come prima”.
 “Mi sento sicura soltanto quando mi trovo in Tahrir (Piazza della Liberazione)”, dicevano molte donne, “in questi giorni di rivoluzione nessuno ci ha toccato, nessuno ci ha molestato, ci siamo sentite una cosa sola con la piazza”. E ciò è stato un prodotto della rivoluzione, una cosa molto importante da sottolineare che non ha nulla a che vedere con la realtà quotidiana di queste donne. In Egitto, secondo uno studio del Centro Egiziano per i diritti delle Donne, l’83% delle donne locali e il 98% delle starniere sono molestate sessualmente e si ha un caso di abuso sessuale o di violenza ogni 30 minuti, causando 20 mila vittime l’anno.
Queste donne che sopportano secoli di oppressione ci stanno dando un grande esempio. Ma non sono le uniche a lottare. Donne lavoratrici e giovani studentesse di Francia, Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, Inghilterra partecipano attivamente alle lotte di resistenza che stanno scuotendo il vecchio continente. Nei Paesi latinoamericani, compresa Cuba, le vediamo lottare per occupazione, salario, migliori condizioni di lavoro e diritti umani. E sono anche protagoniste del risveglio del proletariato statunitense, come si è visto nelle mobilitazioni del Wisconsin.
 
La donna e la crisi capitalista
La crisi che ha il suo epicentro in Europa e Stati Uniti colpisce soprattutto i settori più fragili del proletarito, le donne e gli immigrati.
I tagli alla sanità e all’ istruzione determinano la disoccupazione delle donne, che soffrono anche della riduzione dei servizi per la maternità. Una situazione simile si verifica negli Stati Uniti, dove le donne occupano la maggior parte dei posti di lavoro nel settore dell'istruzione e dove il Ministero della Pubblica Istruzione, nel 2010, ha stimato che i tagli di bilancio avrebbero messo a rischio circa 300 mila posti di lavoro nelle scuole pubbliche. E questo si verifica in un quadro in cui circa un terzo delle donne che lavorano in America sono capifamiglia.
E questa realtà è ancora più grave quando si tratta di una donna immigrata,che è discriminata come lavoratrice, come donna e come immigrata. Le leggi sull'immigrazione rendono un inferno la vita degli immigrati, uomini e donne. La cosiddetta “Direttiva della vergogna", adottata dalla Commissione europea nel giugno 2008, prevede la reclusione fino a 18 mesi degli immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno.
Una denuncia di ‘Medici senza frontiere’ mette alla luce la violenza sessuale subita dalle donne subsahariane, detenute in Marocco quando cercavano di raggiungere l’Europa. Tra maggio 2009 e gennaio 2010, una donna su tre, tra le donne assistite da Medici senza frontiere a Rabat e Casablanca, ha ammesso di aver subito uno o più violenze sessuali mentre era fuori dal suo Paese di origine. Il documento di denuncia conclude dicendo che “l’uso della violenza sessuale diventa così una delle pratiche violente più abituali contro la donna nel quadro del fenomeno migratorio”.
 
L’aumento della violenza contro la donna
La crisi economica, la disoccupazione, la mancanza di prospettive, acutizzano la violenza contro le donne. Lo studio “La crisi invisibile?” rivela un aumento delle vittime della violenza domestica in Bulgaria, Estonia, Irlanda, Olanda, Scozia, Romania e Slovacchia; un aumento del traffico delle donne in Germania, Ungheria e Regno Unito e un aumento della prostituzione e degli attacchi alle prostitute in Germania e Regno Unito.
In Portogallo nel 2010 sono morte 43 donne vittime della violenza domestica. In Francia, nei casi di violenza domestica, ogni tre giorni una donna viene assassinata. In Italia si stima che il 6,7% delle donne hanno subito violenza fisica e sessuale nel corso della loro vita.
Questi numeri crescono nei Paesi latinoamericani. In Brasile ogni 15 secondi una donna è vittima della violenza e vi è un tasso di 3,9 donne assassinate ogni 100 mila abitanti. Nel Salvador questo tasso sale a 12,7. La violenza aumenta se si tratta di donne lesbiche e di donne indigene le quali subiscono abusi e attacchi sessuali da militari, contrabbandieri e trafficanti.
E la maggior violenza viene esercitata dagli Stati latinoamericani che continuando a negare la legalizzazione dell’aborto, condannando alla morte o alla mutilazione una enorme quantità di giovani donne lavoratrici e povere.
 
Perché lottano le donne?
Milioni di donne muoiono ogni giorno vittime della violenza domestica, di aborti clandestini, di stupri, di fame e di miseria. Milioni di lavoratrici subiscono discriminazioni lavorative, ricevono salari più bassi per lo stesso lavoro, subiscono molestie sessuali, sono licenziate senza pietà quando sono incinte. Milioni di donne sono emarginate perchè prive di titolo di studio, di lavoro e, molte, anche di documenti.
Le donne lottano contro questa realtà. Per questo partecipano alla rivoluzione araba, alla resistenza europea, alle diverse lotte dei lavoratori e dei poveri del Latinoamerica.
Come LIT-Quarta Internazionale estendiamo la nostra solidarietà alle donne arabe e a tutte le lavoratrici che stanno contrastando le politiche capitaliste e lottando per i diritti democratici, come la legalizzazione dell’aborto.
Queste lotte sono molto importanti e estremamente necessarie. Ma non sono sufficienti.
Per realizzare la vera liberazione della donna è necessario farla finita con questa società nella quale pochi vivono dello sfruttamento della grande maggioranza. Dobbiamo sostituire questa società ingiusta con una egalitaria e solidale, la società socialista, che possiamo cominciare a costruire soltanto se i lavoratori (uomoni e donne) conquisteranno il potere politico in tutti i Paesi del mondo e sconfiggeranno definitivamente l’imperialismo.
Come LIT-Quarta Internazionale invitiamo tutte le lavoratrici, le giovani studentesse, le donne povere della città e delle campagne, ad aderire alla lotta per questa nuova società, e al compito di costruire la direzione rivoluzionaria mondiale che ci permetta di raggiungere questo obiettivo.

lunedì 7 marzo 2011

Arancia metalmeccanica arriva a Ceccano

di Giampero Palmieri responsabile lavoro circolo "5 aprile" P.R.C. Ceccano



Anche a Ceccano arriva "ARANCIA METALMECCANICA", una delle iniziative promosse dal Partito della Rifondazione Comunista per dare la possibilità a tutti di sostenere, con un piccolo gesto concreto, i lavoratori della Videocon raggiunti da una condanna a 15 giorni di arresto, trasformata in una sanzione di 3700 euro per aver occupato l'autostrada durante una manifestazione in difesa del posto di lavoro. Il circolo "5 aprile" del P.R.C. di Ceccano sarà presente con un banchetto, mercoledì 9 marzo, presso il mercato cittadino (vicino la pretura), dalle 10.00 alle 13.00  per distribuire delle gustose arance siciliane provenienti da agricoltura sostenibile e biologica, in cambio di un piccolo contributo.
"Arancia metalmeccanica" è presente in tutta Italia, per stare vicino a quei lavoratori colpiti dalle difficoltà economiche derivanti dalla crisi della loro azienda e come nel caso degli operai Videocon, anche, dalla criminalizzazione della lotta in difesa del lavoro.

Dalle Parti di Camus

di Bruno Roveda


L’esplosione della rivolta in Libia ci dice, ormai senza più dubbi, che nel mondo arabo – e nel mondo islamico – tutto è in movimento. Naturalmente nessuno può prevedere cosa succederà nei prossimi mesi. Però una cosa sembra evidente: il ritardo, nello sviluppo e nel miglioramento della civiltà, che da circa mezzo secolo si è registrato in quegli Stati, finalmente si è interrotto.
Le popolazioni chiedono un salto in avanti. In termini economici, di giustizia sociale e di distribuzione della libertà.
E probabilmente lo otterranno, e in poco tempo ridurranno in modo sostanziale il «gap» di modernità accumulato, dal dopoguerra ad oggi, nei confronti dell’Occidente.
Anche il mondo arabo e il mondo islamico stanno liberandosi delle dittature, o delle semi-dittature, che in questi decenni, insieme al diffondersi del fondamentalismo religioso, sono state la causa di grandi arretratezze.


L’esperienza di Camus (…) rende un contributo fondamentale al sapere d’occidente.
Un contributo interessante (…) per la forza con cui può irrompere utilmente nella nostra contemporaneità prestando strumenti per interpretare e «addestrarci» a governare virtuosamente i processi della globalizzazione. 


Rivolta globale contro il neoliberismo

di Valerio Evangelisti 



Sono state largamente ignorate, in Italia, le proteste esplose nel Wisconsin e nell’Ohio, dopo la decisione di due governatori reazionari di falcidiare i pubblici impiegati (dagli insegnanti agli infermieri) e di limitare i loro diritti sindacali. Nel Wisconsin, a fronte di provvedimenti che avrebbero condotto al licenziamento di migliaia di lavoratori, e lasciato il singolo senza uno straccio di contratto collettivo solo e inerme davanti al padrone, una folla ha occupato il Campidoglio di Madison, capitale dello Stato, defenestrando di fatto le autorità elette. Uno dei leader storici della sinistra americana, il reverendo Jesse Jackson, ha infiammato con i suoi discorsi decine di migliaia di persone. In Ohio i sindacati hanno radunato folle equivalenti (per tenersi informati, leggere The Nation o Mother Jones, organi storici della sinistra Usa).
Qui si era distratti da ciò che sta accadendo nell’area mediterranea, con le rivolte ancora inconcluse di Tunisia, Egitto, Libia, Bahrein, Algeria, Yemen, Oman ecc. C’è chi le legge come insurrezioni generazionali, chi le lega a Twitter e a Facebook, chi le vede come pure insorgenze democratiche. Dall’ “altra parte”, quella ostile ai moti, a destra c’è chi le interpreta alla luce dell’islamismo radicale; a “sinistra” chi vi scorge tracce di rivoluzioni “arancioni” manovrate dalla CIA, da Obama, da occulti centri di potere (si citano Castro e Chávez, senza considerare che i loro paesi assediati cercano alleati dovunque possono).
Con rarissime eccezioni, nessuno riesce a formulare un’analisi di classe. L’unica che potrebbe tenere insieme, in un medesimo quadro interpretativo, le rivolte del Missouri e dell’Ohio con quelle dell’Africa del Nord; e inoltre unirvi la protesta di massa greca, la ribellione – studentesca ma non solo – in Francia, Italia, Gran Bretagna. E mille altri episodi. Siamo in presenza di un nuovo 1967-68. Una ribellione mondiale contro le imposizioni capitalistiche. Il rischio è che, questa volta, nessuno ci faccia caso. Si sono estinte, o godono di minore fortuna, le grandi analisi. Si ripiega dunque su quelle sempliciste: dal puro democraticismo liberale (la rivolta è contro regimi oppressivi) ai deliri detti “geopolitici” cari sia alla sinistra perbene di Limes che ai rossobruni (strano mix politico tra fascisti e comunisti ultra ortodossi).
Eppure la verità è sotto gli occhi di tutti. Si è affermata, a furia di vittorie non solo teoriche, ma anche militari, una dottrina economica universale, il monetarismo. Colloca in posizione centrale il debito statale, che Keynes giudicava secondario rispetto alla produzione concreta e all’effettiva occupazione. Per rimediare al debito, e alla massa di interessi che genera costantemente, servono risparmi eternamente crescenti. Tagliare qui, tagliare là. Soprattutto nel welfare, che genera inflazione e il debito lo fa aumentare.
Prime vittime: i soggetti più deboli, i giovani e le donne (e i dipendenti pubblici, di norma docili ma troppo compatti). Il terzo soggetto debole, i vecchi: li si trattiene al lavoro per compensare la manodopera espulsa o esclusa. Tutto ciò comporterebbe un rischio nel caso che la forza-lavoro reale o potenziale sia organizzata. Per “fortuna” il potere ha il coltello dalla parte del manico. Sceglie gli interlocutori collettivi a seconda della docilità, esclude gli altri. Cancella, forte del suo dominio anche politico, ogni tipo di contrattazione generale. Vuole avere di fronte un lavoratore capace appena di vergare la sua firma sotto un contratto di arruolamento. Pieno di clausole tutte punitive, ma solo per il firmatario.
Il tutto in nome dell’adesione universale a una teoria economica che è anzitutto ideologica. Definire bisogni e ripartizioni di risorse attiene all’economia, designare beneficiari è compito della politica. Il monetarismo fece la sua scelta, trasformò l’economia politica (scienza in sé approssimativa) in ideologia. In economia al servizio della politica. E’ dall’alto che si sceglie chi castigare e chi premiare. Vittime sono le classi subalterne, da scompaginare e ricomporre (1). Sulla base di una teoria niente affatto scientifica, bensì ispirata a una visione gerarchica della società che farebbe rimpiangere l’antica aristocrazia.
Mettiamo dunque le mani su ogni diritto acquisito. L’istruzione, la cultura, il lavoro assicurato, l’ipotesi di una società grosso modo egualitaria, una qualche pensione facilmente calcolabile. Che non ne resti traccia.
Questo accade nel Wisconsin e accade in Italia. Ma che c’entra l’Africa del Nord? Chiaramente le forme dell’insubordinazione assumono aspetti aderenti alle caratteristiche locali, e tuttavia la matrice unificante è ben visibile, per chi la cerchi con un minimo di perspicacia.
Nel Nord Africa regimi tirannici hanno resistito finché non si sono piegati al liberismo, investiti dal vento occidentale. Da quel momento hanno spalancato le porte al capitale straniero, lasciato la forza lavoro in balia di se stessa (nell’immaginario alimentato ad arte appaiono ancora società semi-rurali, mentre il tasso di industrializzazione è altissimo), favorito processi di privatizzazione e di compartimentazione sociale.
Prendiamo il caso della Libia, tanto caro, per ragioni apparentemente opposte, sia alla democrazia borghese (anti Gheddafi) che alla sinistra che ha smarrito la bussola (pro Gheddafi). Se proprio vogliamo personalizzare, Gheddafi è colui che, per fare uscire la Libia dalla scomoda condizione di “Stato canaglia”, passò all’Inghilterra l’elenco dei militanti dell’IRA che si erano addestrati nel suo territorio; che lasciò, dopo il 2001 e soprattutto dal 2003, libero accesso alle risorse del suo paese a multinazionali e a consorzi di rapina bancaria; che si accordò con l’Italia per fare crepare nel deserto, o tenere provvisoriamente in vita, in sudice galere, i migranti dell’Africa continentale che provavano a raggiungere le coste europee. Valentino Parlato dice ora che il Libretto verde di Gheddafi “va letto”. Giusta esortazione: lo legga lui per primo. Poi dica cosa pensa di ciò che Gheddafi afferma delle donne – in pratica puri contenitori di figli futuri – o del cinema, strumento di corruzione in quanto fa vedere cose non vere (meglio il circo, dice il rais, pur con riserva). Parlato è uno dei tanti esempi di chi blatera di ciò che non conosce.
Ma personalizzare è la via peggiore. La Libia non differisce dalla Tunisia, dall’Egitto ecc. perché è la classe più colpita e penalizzata che si leva in piedi. Non islamisti oltranzisti, non nostalgici di regimi precedenti, non esponenti di minoranze tribali (queste componenti ci sono, ma non riflettono l’intero movimento). Si tratta invece di proletari, in maggioranza giovani o giovanissimi, che non riescono a scorgere un futuro possibile, nell’ambito del quadro economico neoliberista dominante. Il fatto che il regime elargisca elemosine, sotto forma di beni di sussistenza a prezzo politico, non li fa uscire dal binario morto in cui sono parcheggiati.
Vale ad Atene, a Parigi, a Roma, a Lisbona, a Tunisi o nel Wisconsin. Fare caso alle bandiere che agitano non serve a nulla: cercano il primo straccio che capita in mano, purché differente dal vessillo ufficiale. Arrivati a metà del guado, attendono una parola coerente per compiere il passo successivo. Non a caso, Stati Uniti, Unione Europea e Israele sono prodighi di consigli interessati. Arrivano a ventilare, almeno per la Libia, l’ennesimo “intervento umanitario”, per impadronirsi delle risorse altrui. Mandano spie e navi da guerra. Tentano un colpo di mano coloniale al minor prezzo possibile.
E’ difficile capire, al momento, come finirà questa lotta. Nascono forme transitorie di governo, oggetto di altre insurrezioni. Il pagliaccio che si è impadronito dello Stato italiano, dopo avere offerto a Gheddafi 500 hostess e 200 fotomodelle per una lezione di Corano, ora chiede che si faccia da parte. Teme la ripetizione di ciò che si è visto. Centinaia di migliaia di persone, in piazza e nelle strade, sono capaci di fare cadere un regime. Funziona, gente, funziona.

(1) Noterella per capirci. Un operaio disoccupato non è meno “operaio” di quello che lavora in fabbrica. Uno studente senza prospettive non è meno proletario del giovane di quartiere. Un addetto al “lavoro immateriale” (ricerca, cultura, ecc.) opera in un settore industriale divenuto portante in varie zone del mondo. Il capitale rimodella di continuo le classi subalterne, a seconda delle necessità. L’essenziale è che diano plusvalore, diretto o indiretto, e non si riconoscano in un’unica compagine portatrice di rivendicazioni.

domenica 6 marzo 2011

Donne di Medio Oriente e Nord Africa

di Nicla Langiu  responsabile Forum delle Donne circolo " 5 Aprile  P.R.C. Ceccano



In questa giornata il nostro pensiero non può non andare alle donne del Medio Oriente/Nord Africa che in questi giorni sono protagoniste delle lotte di liberazione che infiammano la regione. Rispondiamo e sottoscriviamo l'appello di   Donne unite per il futuro del Medio Oriente che hanno creato un'alleanza femminista regionale, impegnate in prima persona, in questi giorni, nella trasformazione del loro mondo e per combattere una discriminazione legislativa e radicate tradizioni che fortemente limitano i loro diritti. Noi siamo al loro fianco.
In Italia, per una donna, ogni giorno è una lotta. Ce lo gridano le tante vittime di femminicidio (127 nel 2010, il 6,7% in più rispetto all'anno precedente), uccise da mariti, compagni, conviventi o ex ma anche da figli e padri; uomini con i quali le donne avevano una relazione molto stretta. Un dato che sbugiarda i proclami sulla sicurezza di stampo xenofobo. Lo gridiamo noi lavoratrici, disoccupate, pensionate, immigrate, emigrate, precarie, studentesse, cassintegrate, sfruttate, maltrattate, abusate..., noi a cui non è permesso vivere con dignità e per tutta risposta ci ritroviamo con l'abolizione della legge che ci tutelava dalle dimissioni in bianco, con la legge 40, con continui attacchi alla legge 194 e alla Ru486, con le obiezioni di coscienza, con le proposte di riforma dei consultori pubblici, con lo smantellamento dei contratti nazionali, tutta opera di un governo di centro-destra nettamente di stampo maschilista che lima quotidianamente i nostri diritti e il diritto di questo Paese ad essere migliore.

L'INSOGNATA E LE ARANCE METALMECCANICHE

di Fausta Dumano


Domenica mattina, svegliarsi è un' impresa, il cielo fuori non promette nulla di buono,mi rigiro, ma il cuscino scuote il dolce insognamento, ANDREA l' insognato rivoluzionario dalle sette sta a LARGO TURRIZIANI.....con le arance metalmeccaniche, sono delle arance speciali vengono dalla SICILIA, QUANDO LE MANGI ......PENSI ALLA CLASSE OPERAIA.......ARANCE di solidarietà con gli sfigati della VIDEOCON, denunciati per aver occupato l' autostrada, ma soprattutto un pulman del cotral. L'insognata si rigira sotto il piumone, sente un dolore alla spalla, si chiama TRANSFERT di solidarietà, SVEVO avrebbe narrato l' episodio nella''COSCIENZA DI ZENO'' KORVO ROSSO ieri ha fatto il facchino comunista.....Bisogna alzarsi, poche storie, ANDREA dice che è una bella giornata.....mai fidarsi degli insognati rivoluzionari....''FA FRID, FROSINONE alle nove sembra una KABUL appena bombardata, ARANCE METALMECCANICHE, indifferenza e apatia regnano sovrane, La Videocon SEMBRA UNA FABBRICA  MARZIANA, l' insognata è sempre meno tollerante all' indifferenza.....arriva lo struscio dei vip politici, quelli che siedono sulle poltrone, quelli che le hanno perdute, sindacalisti distaccati a vita......arance metalmeccaniche non ti  degnar di loro guarda e passa....all' improvviso si cambia musica....a dare il via è proprio un musicista, subito dopo un pittore e nuovamente un musicista, un pittore.....la sensibilità artistica non ha confini e barriere , ovviamente per fortuna  c'è qualche eccezione politica ,qualche mosca , l' ex sindaco , il parlamentare europeo.....ARANCE METALMECCANICHE.....prima tappa.

Arancia metalmeccanica

di Luciano Granieri



E’ ora di schiodarsi dal computer e fare qualcosa di concreto per i lavoratori della Videocon. Ligi a questo nostro proposito domenica 6 marzo abbiamo deciso di partecipare all’inziativa organizzata dal circolo cittadino “Spartacus” di Rifondazione comunista. Arancia metalmeccanica. Lo scopo era quelli di raccogliere fondi per gli operai della Videocon che, oltre a subire la cassa integrazione per la fuga della multinazionale indiana, sono stati condannati a pagare ognuno 3750 euro per blocco di pubblico servizio. In una azione legittima di protesta verso le istituzioni che li hanno lasciati soli i lavoratori della Videocon hanno occupato un tratto di autostrada bloccando anche un pullman del Cotral, da qui l’imputazione di blocco di pubblico servizio. Noi come già più volte scritto sul nostro blog, troviamo indecoroso che dei lavoratori vengano condannati per la sola colpa di aver difeso il loro posto di lavoro e dunque oltre a denunciare la situazione nei nostri post abbiamo ritenuto doveroso impegnarci anche in atti concreti. L’iniziativa “Arancia metalmeccanica”, prevedeva un raccolta fondi attraverso la vendita di sacchetti di arance. Frutti coltivati in campi particolari dove non vi è sfruttamento di mano d’opera migrante ed è bandito il  lavoro nero . L’organizzazione coordinata dal segretario del circolo Spartacus di Rifondazione Comunista di Frosinone Andrea Cristofaro,  prevedeva l’allestimento di due banchetti, uno a L.go Turriziani  nella città alta, l’altro nel parcheggio della Chiesa Sacro cuore nella parte bassa. Noi siamo stati a L.go Turriziani insieme con la nostra amica e redattrice Fausta Dumano, l’assessore all’ambiente del comune di Frosinone Francesco Raffa, il consigliere Francesco Smania , Vanessa Savoni segretaria del circolo di Rifondazione di Ceccano. Come al solito la cittadinanza di Frosinone la domenica mattina è un po’ fredda e assonnata per cui l’inizio della giornata non sembrava promettere nulla di buono. Poi con il passare del tempo qualcuno ha incominciato ad avvicinarsi con fare timido e titubante.  Ma l’avvio vero alla vendita è stato dato dagli artisti della nostra città, musicisti e pittori sono stati i più solerti nella gara di solidarietà, e dietro a loro molti cittadini ma anche politici locali   di area PD, il buon De Angelis europarlamentare PD ha lasciato 20 euro.  Siamo rimasti delusi ahi noi dal comportamento di due STORICI  comunisti del capoluogo che, contrariamente ad ogni aspettativa, hanno rifiutato di dare il loro contributo, ci riferiamo all’ex assessore all’ambiente Roberto Spaziani e Maurizio Federico. Francamente non capiamo le ragioni del loro rifiuto. In fin dei conti si chiedeva un gesto a favore di operai in cassa integrazione vessati da una multa di 3750 euro.......DOVE E’ FINITA LA SOLIDARIETA’ DI CLASSE?   E’ vero il proletariato è ridotto ai minimi termini ma non è ancora sconfitto. Certo se c’è da fare affidamento su certa gente la partita è persa in partenza. A parte questa anomalia l’indifferenza tipica di una cittadinanza non molto solidale ha costituito un elemento negativo, in ogni caso alla fine della mattinata quattro cassette erano state vendute in L.go Turriziani e due nel parcheggio del Sacro Cuore. Tutto sommato un risultato assolutamente positivo.