Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 11 maggio 2013

Pacificazione

Luciano Granieri

Il teatrino messo in scena da Silvio Berlusconi e i suoi scagnozzi oggi a Brescia,  le rabbiose  reazioni che questo ha provocato nella gente comune, dovrebbero essere da monito al Pd. E' evidente  che  per la   base piddina e per gran parte delle persone che lavorano e vivono onestamente la pacificazione è un imbroglio. Il sordido accordo che i burocrati democratici hanno sottoscritto con Berlusconi, non fa gli interessi del paese ma solo di Berlusconi e dei suoi sodali evasori fiscali. Sarebbe ora di trarne le dovute conseguenze.

Peppino Impastato e gli studenti

Luciano Granieri , Osservatorio Peppino Impastato Frosinone


  
Si è appena conclusa la tre giorni che ha visto la nostra associazione “Osservatorio Peppino Impastato” di Frosinone organizzare  una serie di iniziative volte a ricordare, nel 35° anniversario della sua scomparsa,  la figura di Peppino Impastato. In particolare  il suo impegno politico e sociale contro le mafie, l’illegalità e l’ingiustizia sociale,  brodo di coltura  in cui proliferano tali  piaghe.

Il sottoscritto con Mario Catania e Francesco Notarcola, membri dell’osservatorio,  si sono divisi l’onere e l’ onore di organizzare in due istituti superiori di Frosinone: L’Istituto per geometri “Brunelleschi” e l’Ipsia Galileo Galilei, la proiezione  del film “I cento passi”.  La potente pellicola di Marco Tullio Giordana  ripercorre  in modo molto fedele la vita di Peppino.  Oltre che presso questi istituti il film è stato proiettato anche al centro culturale Libreria Caffè Ithaca, con poco successo in verità. 

Era  la prima che volta che  mi confrontavo con gli studenti  in casa loro. L’esperienza è stata molto  stimolante anche se è passata attraverso momenti di tensione e delusione.  In ogni caso il successo della manifestazione, pur con tanti se e tanti ma,  è risultato al di sopra di ogni più rosea aspettativa. Di questo va dato merito anche ai docenti. In particolare vorrei complimentarmi con la professoressa Marilena Ferrante, docente di diritto presso l’Istituto tecnico per geometri, e con i suoi collaboratori, per il lavoro di ricerca che ha svolto con i ragazzi preparandoli degnamente   sull’argomento della genesi e dello sviluppo delle mafie  sul territorio e sul concetto di legalità. Nel video che segue si può apprezzare il lavoro svolto dai ragazzi.  

Dal momento che noi dell’Osservatorio in quanto a difficoltà non ci facciamo mancare nulla, le scuole scelte ad una prima analisi erano le meno indicate per proporre il  percorso  di contrasto   alla mafia e all’ingiustizia sociale di un giovane il quale, per ideologia e modo di concepire la vita,  era lontano anni luce dagli studenti che  avevamo di fronte.  Ma proprio per questo considero il risultato ottenuto confortante. 

Non è vero che questi giovani sono dei contenitori di superficialità e insensibilità alimentata da suggestioni televisive. Sicuramente sentono e subiscono la mancanza di elementi di contrapposizione e di destrutturazione del pensiero unico dominante che promuove la misurazione del successo in base alla disponibilità economica. Pensiero unico, è bene ricordarlo, su cui si basa proprio la cultura  mafiosa e  dell’illegalità diffusa.   

Traspare però  il fatto  che il pensiero unico comincia a vacillare  nell’immaginario collettivo di questi  giovani.   Certe  convinzioni, forse anche per l’instabilità sociale amplificata dalla crisi economica, cominciano ad essere meno granitiche, inizia ad insinuarsi  qualche sacca di nichilismo e disillusione.  Atteggiamenti  sicuramente pericolosi, ma rivelatori di piccoli spazi di agibilità per l’introduzione  di concetti diversi, alternativi a quelli dominanti. Permangono luoghi comuni fortemente radicati. 

Ad esempio un ragazzo, pur apprezzando il film, ha osservato che la presenza della politica era comunque debordante, Peppino Impastato come è noto era  comunista, nonché militante e candidato alle elezioni comunali per il Partito d’unità Proletaria . La  mia risposta è stata che la vita è politica.  Stimolare la riflessione  sul fatto  che un comportamento semplice  come percorrere il parcheggio della loro scuola secondo il senso di marcia previsto,  come realmente mi è capitato di fare , mettendomi contro tutti gli altri genitori che, non rispettando la regola  uscivano in modo caotico, era un atto politico forte, ha lasciato i ragazzi e anche qualche insegnante perplessi. Probabilmente ciò avrà indotto delle riflessioni. 

Un ragazzo dell'istituto Brunelleschi, ci ha chiesto con ammirazione se non avessimo paura di ritorsioni in questo nostro impegno divulgativo contro l’illegalità e la criminalità organizzata. Ho risposto che comincerò ad avere paura quando la nostra attività riuscirà a coinvolgere ed aggregare importanti pezzi della società civile. Fino ad oggi, cani sciolti come noi non danno fastidio a nessuno e dunque possiamo stare tranquilli. 

Anzi l’auspicio è che un giorno credo purtroppo molto lontano,  potremo iniziare  ad  avere paura delle reazioni dei mafiosi, perché vorrà dire che il nostro lavoro avrà  cominciato ad ottenere qualche risultato.  

Sulla proiezione alla libreria caffè Ithaca, meglio stendere un velo pietoso. E’ stato piacevole incontrare  Alida e Sabrina, gustare la loro cucina, scambiare con loro qualche chiacchiera , ma alla proiezione del film, non c’erano neanche i soliti quattro gatti che come consuetudine  presenziano a questi eventi. Non c’è dunque da stupirsi se il sonno che stordisce la società civile di questa città sta trasformando  i cittadini in una congrega di accondiscendenti sfruttati senza la forza di reagire.

Nei video proponiamo : una clip musicale in cui sono ripresi i momenti salienti degli incontri, un filmato con gli interventi della professoressa Ferrante,  di Mario Catania e soprattutto con il lavoro dei ragazzi dell’istituto Brunelleschi. E infine una scena tratta dal film.








Non lo sai perché (Roma-Chievo 0-1)

Kansas City 1927


Ok, quella cosa del campionato unico col Chievo nse deve fa, amo capito.

Ma noi siamo chiusi a ogni dialogo e rilanciamo co una nuova proposta: un torneo senza squadre venete. Sarebbe proprio utile dai, a questa nse po dì de no.

Sta mancata rivalità tra territori lontani, sto sconto scarico de secoli de storia, sto brand forte contro debole, sta cosa che le vincono tutte loro, so elementi sui quali un calcio in crisi come quello italiano deve riflette se non se vuole piegà alle nuove superpotenze.

Noi diciamo NO agli sceicchi e SI ar Chievo cancellato dalla geografia del calcio.

E dì che sta partita se presentava co auspici che aiutame a dì buoni.

Na vittoria sculata fori casa, loro che erano venuti a Roma co lo spirito de chi se compra er biglietto dell’autobus scoperto City Sightseeing, era quasi regalata.

Certo lo sai che quarcosa può andà sempre storto, che er calcio è na giostra è i carcinculo so na lotteria. Però questo lo sai dopo l’estrazione, è chiaro.

Envece.

Envece se comincia e pare na partita normale, aperta, co na specie de equilibrio e anzi co noi che famo più de loro, anche perchè a fa meno de loro ce sarebbero du squadre aroccate davanti alla porta loro e 50 metri de vuoto in mezzo ar campo, ma vedi che mo se ingegnamo.

Però ecco nse capisce bene chi se deve ingengà, co sto traffico de attaccanti che c’avemo. Che Destro oggi sta mpo giù perchè non è riuscito a passà dar parucchiere e senza no schema der Sudoku rasato sulla capoccia nse sente mai a suo agio. Che Osvardo s’è scordato de mettese la canotta “Las chicas mas fina pregunta er Pandoro Paluani” e mo nsaprebbe che fa se segna. Che Pjanic aveva visto la notifica su Twitter “Ercapitano ha iniziato a seguirti” e s’era allenato tutto contento pe na settimana, poi quando durante il riscaldamento j’ha detto “Grazie che me segui Ercapitano” lui j’ha tirato no scarpino e ha capito che quello era un fake. Dodò invece porello sta settimana je so stati diagnosticati alluce valgo, ernia iatale, labbro leporino, onicomicosi, inestetismi della pelle diffusi e ha svolto allenamento differenziato, esattamente come dal primo giorno che è arivato.

Ai Corinzi allenati da Corini gne pare vero de aspettà, noi, da par nostro, se trovamo benissimo nei panni de Godot. Peccato solo pe quella sgradevole formalità che richiede che pe vince na partita devi segnà. Guarda che certe volte veramente te ce perdi dentro a sta burocrazia, vojo dì, se sa che la vincemo noi sta partita, ancora stamo co sti codici ottocenteschi che tocca segnà? Guarda certe volte veramente boh.

Ed è così, co un grande boh, che se ritrovamo in quel limbo dove un tempo è finito e un altro tempo ancora non è cominciato, un tempo in più per amare, per sognare, per vincere, un tempo nel quale farsi un domanda e possibilmente darsi una risposta.

L’intervallo ha la faccia di Marzullo. Il che dovrebbe fa intuì tutta na serie de cose. Ma noi no, noi figurate, noi ada vede, noi “mo se svejano”. Eppure qualche dubbio ce dovrebbe venì financo a noi.

Anche perché er copione non cambia, noi provamo a attaccà, loro s’aroccheno senza stile e dignità, ma del resto quelli che devono vince semo noi, e loro ce provano in tutti i modi a facce vince, perchè tu o devi capì da te che se te schierano contro Papp è chiaramente un test pe vedè se je la fai.

E si va avanti e si subentra a chi nun je la fa più, co Florenzi che manda Poropiris a preparà le docce pe tutti, co Bradley che je ricorda a Destro che deve annà a spostà la Polo anche se pe loro non c’è lo sconto e lui non è scozzese, cor Coco che je rende Pjanic er favore de Firenze e stavorta rientra lui ar posto suo. Comincia a venicce come il sentore che potrebbe non esse l’unica cosa uguale e contraria co quella partita là.

Se rumina calcio brutto, se ciancicano azioni, se mastica mpo amarognolo, se digerisce bolo de pallone ma de fatto sta partita non va né su né giù, e rischia de rimané indigesta come un pandoro fori stagione.

Coi minuti che sgocciolano e cor novantesimo che comincia a fa capoccetta ce s’attacca a tutto, e se prova a interpretà come segnale positivo l’uscita dar campo dell’unico ex della tenzone, ma il fatto che a datte sollievo sia er cambio de Stoian è la foto de quanto poco te stai a fidà dei tuoi.

Mo è ora de forzà, mo è ora de annà a chiude, er tempo nce sta più, la musica sta pe finì e l’amici te stanno pe dì ciaone, mo sarebbe proprio er caso de non perdela quella palla a centrocampo, che vedi, capace che poi loro la piano e ripartono, capace che poi quello che è ripartito è pure veloce, capace che poi la mette in mezzo pe quello che ariva, capace che poi quello ariva, ce mette la zampa e, pensa, capace che poi te segnano ar novantesimo.  

Capace che poi Theraude. Ma proprio che te rode tanto.

Ce stanno attimi che te ripagano de tutto: momenti magici che premiano lo sforzo, la fatica, la costanza, l’abnegazione, in una parola: il merito. Poi ce stanno altri attimi tipo questo: nei quali te meriteresti almeno er punticino, ma semplicemente te fanno gò. E’ il calcio bellezza: live it or leave it. Da ste parti se lo semo imparato a forza de cicatrici, oggi ridono loro e ce rode a noi, e ce rode dopo la partita che forse più c’ha fatto ride nell’ultimi mesi, perchè sto periodo va così, tutto al contrario.

Te chiedi come sia possibile perde na partita come questa, te rovini er fegato a infilzà sto pezzo de marcio nello spiedo che già tiene Palermo e Pescara, te chiedi perché ogni volta ce ricascamo: non lo sai perché. E quando perdi così, pe na sera, non vuoi sapé niente.

Lo sai perché (Fiorentina-Roma 0-1)

Kansas City 1927


Ok, quella cosa del campionato unico col Torino nse po fa, c’hanno detto.

Ma noi siamo aperti al dialogo e rilanciamo co una nuova proposta: un torneo co solo squadre toscane, tipo Roma, Siena e Fiorentina. Sarebbe proprio fico dai, a questa nse po dì de no.

Sta rivalità tra territori limitrofi, sto scontro gravido de secoli de storia, sti brand forti che se incrociano, sta cosa che le vinciamo tutte noi, sculando e soffrendo ma meritando come solo chi soffre sperando di sculare sa di meritare, so elementi sui quali un calcio in crisi come quello italiano deve riflette se non se vuole piegà alle nuove superpotenze.

Noi diciamo NO agli sceicchi e SI a levinciamotuttenoi maremma bucaiola hon la hoha hola halda ho la hannuccia tutta holorata.

E dì che sta partita se presentava co auspici che aiutame a dì cattivi.

Intanto la statistica: quest’anno già l’avevamo battuti du volte, e nello specifico a casa loro, in coppa, tornando in città s’eravamo andati a fa er bidè a Fontana de Trevi.

Dici: e mica ce po dì sempre bene, a sto giro quarcosa andrà storto, dai, ala fine ce po sta, er calcio è na giostra e i carcinculo so na lotteria. Il punto è che al fortunato concorso nazionale “Famoli viola”, noi quest’anno c’avemo sempre er biglietto vincente. Famosene na ragione. Se se la stanno a fa loro se la potemo fa pure noi.

Però questo lo sai dopo l’estrazione, è chiaro. E comunque ormai dovrebbe esse chiaro pure ai viola in questione. Se eccedi ner caricatte de ex giallorossi protagonisti a vario titolo e coinvolgimento emotivo de recenti sfighe, ingiustizie e cedimenti indimenticati, un po’ te stai a autoinoculà er virus.

Ma pure questo lo realizzi quando è troppo tardi, perché per noi, la situazione data evoca i
peggiori auspici, perchè quella che c’hai davanti è na specie de Ex Romaplayers All Star, dalla panchina de Vincenzo al centrocampo de Pizarro e Aquilani, passando pe l’attacco de Toni e ritornando alla panchina der mai dimenticato basetta Lupatelli, finendo co la dirigenza Pradeiana. Secondo le dinamiche solite nostre, sta partita dovrebbe finì 5-0 pe loro.

Poi loro stanno carichi come pochi, lanciati verso l’Europa che conta, no come la nostra che se ferma a 3 e ricomincia.

Envece.

Envece se comincia e pare na partita normale, aperta, co na specie de equilibrio, Corcapitano che ce prova subito da lontano, nsia mai che Viviano c’ha nostalgia dele cazzate fatte all’andata. Però a sto giro pare mpo più presente, evabbè, ce ingegneremo.

Però ecco nse capisce bene chi se ingegnerà a parte Lui, che Lamela oggi sta sottantreno perchè purtroppo gli è arrivata sta brutta notizia che Demi Lovato non terrà concerti in Italia. Na brutta tegola pe tutti i Lovatics, già è tanto che c’ha la forza de scende in campo. Poi c’è Sordato Florenzi che figurate, a core core, a fa fa, a intruppà intruppa, a mozzicà mozzica, ma oggi non je ne riesce una manco se a pagalla fossero li sceicchi der Peesgè, manco se in panca ce fosse Er Santone, manco se se giocasse a Crotone, gnente de gnente. Ce po sta, è nanno che se spolmona, e nanno fa, per l’appunto, giocava a Crotone, gne se ponno chiede i miracoli. Però c’hai un mezzo Gesùcristo là in attacco, uno che ha detto NO alla corona de spine e SI a una più pratica acconciatura raccolta a chignon, a lui je se potrà chiede un mezzo miracolo no? Eh, forse je se potrà, per ora c’è da declinà ar futuro e aspettà.

Ma i Montelliani non è che c’abbiano tanta voja de aspettà a giudicà da quanto stanno infoiati.
Pizzarro, core cacciato, core ingrato o core stronzo a seconda delle varie vulgate, comunque core nano, a ogni pallone che smista ce fa sospirà e pensà a quanto ce poteva tornà utile nell’ultimi du anni. Roba che c’è gente nostargica ar punto da fa ogni mattina tre piroette davanti ala porta prima de uscì de casa, così, come omaggio, tributo, riconoscimento.

Chi invece avevamo dato ormai per perso in una spirale de violenza, narcotraffico, vendette trasversali e dogane rase al suolo pe fa passà il carico grosso, oggi se mostra utile e pure parecchio. Er Tigna Burdisso se fa argine, muro, diga, e co la consueta serenità intrisa de minacce e amputazioni respinge tutto il respingibile. A coadiuvarlo c’è il fido Castagna, che passato un momento de appannamento sembra tornato discretamente affidabile, pare che la svolta della sua stagione risieda nell’acconciatura sempre più alla cazzo che lo distrae dai problemi della vita, un ciuffo tendente a infinito innestato sulla fronte alta che fa mpo Luke Perry mpo Moira Orfei mpo Alberto Camerini prima de ossigenasse.

Insomma lì dietro andrebbe tutto bene se nfosse che ancerto punto Lobont sente er richiamo daa Transilvania e non potendo mozzicà nessuno alla giugulare decide de secerne sangue dar nasale motu proprio co la scusa de un contrasto de gioco: ed è subito pulp.

Come richiamati da un segnale condiviso, migliaia de culi romanisti se stringono: se er pallavolista gne la fa, toccherà a quello che viene dopo er secondo, e ormai so anni che non c’abbiamo più il miglior terzo portiere del mondo. Ma lo spirito guida de Hagi appare a Lobont e je dice: “Mandocazzo vai ma nii vedi come stanno messi questi, finisci almeno er primo tempo no?” e lui obbedisce.

Ce vogliono pochi minuti pe apprende un nuovo concetto inerente la preparazione atletica dei portieri: niente te rende reattivo come un setto nasale fratturato. Perchè quando Jo-Jo decide che l’area nostra è er parco suo e tira er giocarello forte forte verso la porta e noi stamo già a pensà ai cambi da fa pe rimontà sto gò, l’omo che parava storto se storce er giusto e tira fori la cosa più bella da quando sta a Roma. Na parata che se per favore Yashin te scansi ecco, grazie, e poi il resto lo fa il sempre amico palo, migliore in campo quando se affrontano i viola.

Matteo Renzi s’agita e s’attorciglia in tribuna, e davanti a cotanto spettacolo, non se capisce se a godé semo de più noi o Erico Letta, ma tant’è, resistere resistere resistere, o comunque esistere.

In generale se soffre, c’è poco da fa, però na squadra la vedi dall’altruismo e dalla fantasia ner soffrì e abbozzà, e quando c’è da fa bozzi noi c’avemo un Lucido de più dell’altri, uno che come c’è na situazione sporca ariva a pulì, uno che Mastro Lindo je spiccia casa, uno che co la sfera che se porta sopra le spalle je ricorda a Cuadrado che chi nasce tondo, se necessario, te mena, soprattutto se c’hai le liane in testa.

E’ con questa rinnovata consapevolezza, ma soprattutto co la porta ancora verginella, che se ariva a fine primo tempo.

L’intervallo ha la faccia di Mauro Goicoechea. Nel senso che pe 15 minuti escluse pubblicità ce fanno vedè solo lui che se scalda, e noi provamo a sdrammatizzà, a disse che magari c’ha solo freddo, che le nuove gerarchie prevedono la promozione sur campo de Svenskansas, ma più passano i minuti più è ovvio a tutti che il secondo tempo lo giocherà lui: famose er segno della croce. Però dai, se loro non se so depressi a giocà co COMPPER titolare, tuttosommato no sforzo pe 45 minuti o potremmo fa pure noi no?

Anche perché er copione non cambia, loro attaccheno, noi s’aroccamo co stile e dignità e ogni tanto je damo de ripartenza pe na tera tanto viola quanto all’apparenza inviolabile. Ma del resto er Barsa so loro e solo noi e in parte er Barsa stesso sappiamo quanto porti sfiga sentisse tali. Ma la Viola crea, la Viola tira da tutte le parti, ce prova da tutti i pizzi, perché pure la Viola per quanto Viola sa che in porta ce sta colui che co na quaglia indimenticabile mise ceralacca e sigillo sull’esperienza de colui che lo volle.

Liaic, in particolare, colui che na domenica fa rese pan pe sveglie ar Ciancichella co nostro sommo godimento, silura che è un piacere, tanto che a na certa è gò, è gò fatto, basso, forte, angolato, proprio come quando uno fa un ber gò che pure se entra je dici vabbè, era imparabile, questa manco Lobont la piava, per dire dell’imparabilità assoluta.
E invece er serial killer che venne guagio guagio, s’allunga felino, smanaccia da padre de famiglia, allontana la sentenza, s’erge a baluardo e ce sarva, inspiegabilmente.

E si va avanti e si subentra a chi nun je la fa più, e Pjanic torna a giocà INSIEME ar posto der Coco che oggi non riusciva manco a giocà da solo, e poi entra Toni e se cacamo sotto ma se ripiamo subito quando tal Mati Fernandez ce evita almeno na beffa da Aquilani.

E quando è così, quando pensi che un milite ignoto altrui t’abbia salvato, de solito quello te purga, so regole. Tanto che Mati Coso pia palla e senza manco fa na finta manda a sbatte mezza difesa, scende sur fondo e crossa, ma crossà sarebbe facile, ce vole na cosa da Barsa, na cosa all’altezza de colui che è uscito. E siccome wikipedia insegna che la cosa più fica de Aquilani in mille anni de Roma fu na rabona a San Siro, Maticoso esegue e s’annoda e annodandose casca e cascando se copre de ridicolo e coprendose de ridicolo ce fa ride così tanto ma così tanto che financo noi che non c’avemo mai gnente da ride, pe nattimo se rilassamo al pensiero che quarcuno più cojone de noi, cercando cercando, se trova sempre.

Ma come pe compensazione quando quarcuno fa na cazzata a favore nostro pare che noi se ne dovemo subito infligge una pe fa subito pari, ed è questo che deve pensà Capitan Spalla quando da solo in mezzo all’area decide de spericolasse in uno stop che fa er pelo ai Teletubbies che je albergano sur braccio e ce azzera la salivazione. Nse capisce se è braccio o spalla, aspettamo un fischio che non ariva, e quando arivano i replay famo finta che c’è cascato quarcosa sotto ar divano pe distoglie lo sguardo. Nantro mezzo sospiro de sollievo.

Ma è un sollievo che dura poco poco, giusto er tempo de capì che sto capitolo se chiuderà male: stamo pe capitolà. Davìd la trottola, in uno dei rari momenti nei quali sta faccia alla porta, se ritrova pure palla ar piede: la palla bona sur piede bono, questo ce tira.

L’ultimo minuto, l’ex.

Lo slot più stronzo pe la più stronza delle vendette.

E’ un film già scritto. E’ la risposta a tutte le cose brutte che j’hanno detto quando s’annava a curà in Cile e poi ce metteva un mese a tornà.

La risposta è dentro di lui, la risposta è in quel tiro.

E PERO’ E’ SBAJATA (cit.)

L’amico compagno fratello Palo, resose conto che a Francoechea veramente più de così pe stasera (forse pe la vita) gne se po chiede, ancora una volta, co incrollabile senso delle istituzioni se erge a paladino della libertà, della giustizia nostra e der buciodeculo, e respinge vibrando l’ultimo assalto florentio.

Vabbè dai, va bene così, piamose sto punticino e annamosene a casa, nsacco de gente c’ha perso a Firenze, ma chi semo noi pe fa i schizzinosi, sto pareggio è bono, annamo a casa su.

Si vabbè battemo sto carciodangolo ma famo na cosa rapida che poi se intasa tutto qua fori e ce mettemo du ore solo a arivà in autostrada, dai su, na cosa veloce, sterile, un corne de quelli nostri, un bello schema complesso de quelli che parono na stronzata ma verranno poi capiti nei secoli a venire.

Envece no.

Envece Bosnia Capoccia decide che è ora di basta, che questa la mette in mezzo, che la parabola arcuata c’ha ancora un motivo pe esiste, che certe volte less is more e andà pe more e comunque mejo che andà pe stracci.

Ce stanno attimi che te ripagano de tutto, momenti magici che premiano lo sforzo, la fatica, la costanza, l’abnegazione, in una parola: il merito. Poi ce stanno altri attimi tipo questo: nei quali non te meriteresti un cazzo, ma semplicemente fai gò. E’ il calcio bellezza: live it or leave it. Da ste parti se lo semo imparato a forza de cicatrici, oggi ridemo noi, e ridemo co quello che forse più c’ha fatto incazzà nell’ultimi mesi, perchè stasera va così, tutto al contrario.

Osvardo guarda la palla e la palla guarda Osvardo mentre il mondo gira senza fretta, anzi non gira proprio più, se ferma insieme ar core nostro che assaggia, pregusta, anticipa.

Osvardo sarta.

Osvardo la pia bene.

Osvardo segna.

Osvardo sbrocca, e noi co lui.

Osvardo è impazzito oppure ha bevuto, ma i pazzi mbiachi siamo noi, pensamo tutti dietro ai capelli che se sciolgono, alla canotta coatta, all’abbraccio de na squadra, a no spicchio de stadio che esplode e rade al silenzio tutto quello che spicchio non è, e all’improvviso, pe un attimo, te scordi der proggetto, de Luis Enrinque, de @Jose Angel, dell’entusiasmo d’estate appassito, der Boemo passato, del rigore de Genova, der pareggio cor Pescara, è tutto solo bello, non capisci più niente, non sai più niente, non sai perché ma stai a gode in un modo scandaloso. Ma poi se ce pensi nattimo lo sai. Lo sai perché. Tutta la tua vita è giallorossa, c’è una ragione, hai la Roma in fondo al cuore, e stasera ha vinto insieme a te. E quando vinci così, pe na sera, te basta pure sapé solo questo.




L'euro e le strade senza uscita

Trevor Evans. fonte: http://www.sbilanciamoci.info/


Oskar Lafontaine propone di tornare alle monete nazionali, mettendo il dito nella piaga di tutti i problemi irrisolti dell'Unione. Ma dà la soluzione sbagliata: difficilmente realizzabile, e soprattutto non desiderabile. La proposta del fondatore di Die Linke rischia solo di avvicinarci alle istanze delle destre nazionaliste

L’euro è stato fondato con una politica monetaria comune ma senza una politica fiscale, una politica industriale e una politica dei salari. La proposta di ritornare alle valute nazionale lanciata da Oskar Lafontaine si fonda sul fatto che dall’introduzione della moneta unica i salari nell’area valutaria hanno avuto tassi di crescita differenti. La variabile chiave in questione è il costo del salario per unità di prodotto, che dipende sia della crescita dei salari che dalla crescita della produttività del lavoro. La Banca centrale europea fissa il tasso di crescita dell’inflazione al 2 per cento. Per essere compatibile con questa soglia, il costo del lavoro per unità di prodotto deve quindi crescere all’incirca di 2 punti percentuali annui. Tuttavia dall’introduzione dell’euro nel 1999 fino agli inizi della crisi finanziaria internazionale a fine 2007, i diversi paesi dell’area euro hanno registrato crescite dei salari marcatamente divergenti.
In Francia il costo unitario del lavoro è cresciuto di due punti annui circa.
In Germania le politiche di contenimento dei salari hanno di fatto impedito la crescita del costo del lavoro, che in alcuni casi ha registrato una lieve diminuzione; questa politica di dumpingdei salari ha contribuito alla crescita dei surplus commerciali tedeschi, causando inoltre la mancata crescita della domanda interna nel paese.
Al contrario, nei paesi del sud Europa il costo unitario del lavoro è cresciuto più del 2 per cento annuo (a causa dell’elevata inflazione il salario reale non è cresciuto in maniera altrettanto considerevole); tutto ciò è stato accompagnato da deficit commerciali crescenti, largamente finanziati dai prestiti di banche tedesche e francesi. L’inversione di questi flussi di capitali dall’inizio della crisi dell’euro nel 2010 ha lasciato poi i paesi del sud Europa alle mercé delle politiche di austerità imposte dall’UE.
La situazione attuale implicherebbe l’imposizione di politiche di deflazione nei paesi periferici dell’area euro con la prospettiva di un declino prolungato del tenore di vita. Tutto ciò non sarebbe soltanto economicamente e socialmente indesiderabile. La realizzazione politica stessa di queste misure sarebbe alquanto difficile considerate le reazioni di ostilità all’Unione Europea ed alle politiche di austerity in molti paesi. In ogni caso, le opzioni a disposizione per uscire da questa situazione non sono soltanto restare nell’area euro che abbiamo o uscirne.
La valuta comune europea offre la possibilità di avere maggior controllo democratico sulle politiche economiche piuttosto che un insieme di singole valute nazionali. Essa riduce infatti la possibilità degli investitori privati nei mercati finanziari di speculare contro le singole valute e di imporre cambiamenti sostanziali alle politiche economiche nazionali, proprio come successo nel 1979 negli Stati Uniti, in Francia nel 1982 e nel Sistema monetario europeo (SME) nel 1992. Il ritorno alle valute nazionali con tassi di cambio fisso, come durante l’esperienza dello SME dal 1979 al 1999, non sarebbe possibile in quanto richiederebbe la reintroduzione del controllo dei capitali (come suggerito da Lafontaine). Tuttavia rispetto al 1999 le economie europee hanno raggiunto un livello di integrazione tale per cui l’imposizione di un controllo dei movimenti di capitali che sia davvero efficace non sarebbe possibile senza un’imponente dis-integrazione delle stesse economie Europee.
L’alternativa è quindi spingere per una maggiore integrazione delle politiche economiche:
Coordinamento delle politiche dei salari: deve essere invertito il trend che ha visto in quasi tutti i paesi dell’area una consistente redistribuzione del reddito dai salari ai profitti. Le politiche tedesche di dumping dei salari devono finire. La crescita dei salari in Germania (e nei paesi dell’Europea dell’Est in cui le imprese tedesche hanno delocalizzato parte della catena produttiva) andrebbero a rafforzare la domanda di esportazioni degli altri paesi Europei.
Coordinamento della politica fiscale: i paesi con ampi avanzi commerciali devono contribuire al trasferimento di capitali verso i paesi in deficit. Il budget dell’area euro dell’1 percento (in riduzione dal 2014 al 2020) è decisamente insufficiente e deve essere incrementato in modo da assicurare piena occupazione a livello nazionale, regionale ed europeo.
Coordinamento delle politiche fiscali: occorre promuovere con urgenza la creazione di posti di posti di lavoro altamente qualificati e ben retribuiti, in particolare nei paesi della periferia dell’area euro. Occorre inoltre invertire il processo di deindustrializzazione dei paesi del sud Europa avviatosi dall’introduzione della moneta unica; più in generale occorre battersi per trovare il modo di stabilire un controllo democratico sulle grandi corporations che dominano l’attività economica Europea e che evitano i controlli nazionali mettendo i paesi gli uni contro gli altri.
C’è il rischio che l’area euro possa frantumarsi. Ma gli interessi dei grandi gruppi e dei paesi chiave dell’area sono così intrecciati con l’euro che essi stessi faranno di tutto affinché questo non accada. La proposta di abbandonare l’euro è pertanto qualcosa che difficilmente potrà ottenere successo. Ma ancora più importante è che l’abbandono dell’euro è un obiettivo decisamente non desiderabile. La proposta di uscire dall’euro ci avvicinerebbe soltanto alle istanze poco gradite della destra nazionalista, motivate da ben altri obiettivi. I grandi gruppi industriali e finanziari sono organizzati su scala internazionale ed a livello Europeo c’è la possibilità di stabilire un maggior controllo democratico sulle loro attività. Un passo verso i singoli stati nazionali sarebbe soltanto una mossa nella direzione sbagliata.
(traduzione di Alessandro Bramucci)

venerdì 10 maggio 2013

Muos, perquisizioni e un nuovo ricorso al Tar Il ministero chiede 25 mila euro al giorno

fonte: http://ctzen.it/


Dovevano pronunciarsi oggi i giudici del tribunale amministrativo regionale sul ricorso presentato dal ministero della Difesa contro la revoca dei lavori del mega impianto di antenne satellitari Usa, disposto dalla Regione. Ma la decisione è stata rimandata a giugno, a causa di un difetto di notifica e di un nuovo ricorso dell’Avvocatorua di Stato. Che questa volta chiede al governo regionale e al Comune di Niscemi 25 mila euro di risarcimento danni per ogni giorno di ritardo nell’avvio dei lavori

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Blocchi, perquisizioni, e una richiesta di risarcimento danni da venticinquemila euro al giorno al comune di Niscemi da parte del ministero della Difesa. E a Palermo, oggi, il Tar ha rinviato la decisione sul ricorso presentato dall’Avvocatura di Stato contro le revoche dei lavori disposte dal governo regionale: se ne riparlerà a inizio giugno. Non conosce pace contrada Ulmo, sede quotidiana delle manifestazioni dei comitati costituitisi contro la costruzione del mega impianto di antenne satellitari dell’esercito Usa.
E sono proprio gli attivisti a comunicare che, questa mattina dalle 8 e 30 e fino al pomeriggio, la polizia avrebbe eseguito «perquisizioni e contravvenzioni penali, oltre a sanzioni da più di 2000 euro per “blocco stradale”». Le operazioni di identificazione dei militanti, secondo quanto riferito, sarebbero state eseguite «da poliziotti in tenuta antisommossa, approfittando dell’assenza del grosso degli attivisti e del comitato mamme No Muos, in sit-in a Palermo per protestare contro il ricorso del governo al Tar», e fanno seguito alle violenze denunciate dai manifestanti e al fermo di due attivisti dei giorni scorsi.
Nella sede del Tribunale amministrativo per la Sicilia, intanto, i giudici rimandano tutto a giugno, quando verranno resi noti i risultati delle analisi della commissione dell’Istituto superiore di Sanità, chiamata a pronunciarsi sulla pericolosià per la salute del Muos, prevista per il 31 maggio. Una decisione attesa, oltre che dagli attivisti, anche dall’associazione ambientalista Legambiente, che si è opposta alla richiesta del Ministero, e rinviata per via di un cavillo burocratico. Il Comune di Niscemi non avrebbe ricevuto la notifica di un nuovo ricorso presentato dal Ministero - il numero 950/2013, da unificare al precedente – con cui si fa richiesta di risarcimento danni da 25 mila euro al giorno sia al Comune di Niscemi che alla Regione a causa della sospensione dei lavori.

Un autorevole segretario della commissione esteri del Senato

a cura di Luciano Granieri

"Io ho ricevuto centinaia di posta elettronica dei cittadini che mi hanno complimentato".


Così Antonio Razzi dopo l' elezione a segretario della Commissione esteri del Senato. 


Un ulteriore dimostrazione della saggezza e lungimiranza del neo premier Enrico  Letta. In effetti non ci voleva molto. E' evidente che a ricoprire la carica di segretario della Commissione esteri del Senato doveva essere una personalità che avesse confidenza con le lingue....... di seguito una dimostrazione della grande efficacia ed eleganza dell'eloquio del neo segretario. In realtà non si capisce bene che lingua stia parlando, sicuramente non è italiano, ma sapete, spesso un dirigente della commissione esteri conosce talmente tanti idiomi e dialetti che ogni tanto si confonde. 

giovedì 9 maggio 2013

9 Maggio, Ulrike Meinhof. 1° parte della commissione internazionale d’inchiesta sulla sua morte

fonte: http://baruda.net/


Il 9 maggio ricorre (oltre all’anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato) l’anniversario dell’assassinio di Ulrike Meinhof, nel carcere di Stammheim. Già in passato questo blog si è occupato di questa figura degli anni ’70 tedeschi, con alcuni stralci presi dalle sue lettere e dai suoi scritti.
E’ il caso, invece, da questo momento in poi (la “serie” sarà un po’ lunga) di mettere in rete un po’ di materiale che dimostra l’assassinio che c’è dietro la sua morte e quella successiva e simultanea di altri 3 prigionieri della stessa formazione , la R.A.F. anche conosciuta come Banda Baader-Meinhof.ulrikeimpiccata, a partire dal Rapporto della Commissione internazionale d’inchiesta sulla morte di Ulrike Meinhof. Fu ritrovata impiccata, con ancora un piede poggiato sulla sedia, morta da ore…ma come vedremo successivamente, l’autopsia dimostra più che chiaramente come non si sia trattato di suicidio…
Prima di affrontare la parte tecnica dell’inchiesta mettiamo la sua dichiarazione d’intenti e una parte della prima inchiesta sulla tortura ‘pulita’ applicata costantemente su tutti i detenuti politici tedeschi, e non solo.
Di tortura non si può smettere di parlare, di indagare, diarchiviare e diffondere
« …anche i giudici che condannavano ai roghi le streghe e i maghi del secolo passato, credevano di purgare la terra di più fieri nemici… » (Pietro Verri –Osservazioni Sulla tortura- 1776)
DICHIARAZIONE DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE D’INCHIESTA SULLA MORTE DI ULRIKE MEINHOF
A conclusione dei suoi lavori, la Commissione internazionale d’inchiesta Sulla morte di Ulrike Meinhof ha preso atto del rapporto formulato dalla segreteria.Senza far propria ogni singola formulazione, la Commissione sottolinea, tuttavia, che si tratta di un lavoro serio, realizzato grazie alla collaborazione di periti qualificati, che merita di essere preso in considerazione e ampiamente diffuso.
Per riassumere i pareri sui quali i suoi membri hanno trovato un accordo, la Commissione ha constatato :
- che Ulrike Meinhof è stata sottoposta, a più riprese e per lunghi periodi, a condizioni di detenzione che si è costretti a qualificare « tortura ». Si tratta di quel tipo di tortura chiamata isolamento sociale e privazione sensoriale, comunemente applicanto nella Repubblica Federale Tedesca a numerosi prigionieri politici e anche a detenuti comuni ;
- che la tesi delle autorità statali, secondo la quale Ulrike Meinhof si sarebbe suicidata per impiccagione non è provata e che i risultati della Commissione tendono a dimostrare che Ulrike Meinhof non potuto impiccarsi da sola ;
- che i risultati dell’inchiesta suggeriscono che Ulrike Meinhof era morta quando è stata appesa e che vi sono indizi inquietanti d’intervento di terzi in relazione a questa morte. eorge
La Commissione non può esprimersi con certezza sulle circostanze della morte di Ulrike Meinhof. Tuttavia, il fatto che al di fuori del personale della prigione i servizi segreti avessero accesso alle celle del 7° piano attraverso un passaggio distinto e segreto autorizza ogni sospetto. I risultati dell’inchiesta, qui presentati dalla Commissione, rendono più urgente la nécessita di costituire una commissione internazionale d’inchiesta sui morti di Stammheim e di Stadelheim.
1562265690_lLa Commissione ringrazia la sorella di Ulrike Meinhof che ha messo a disposizione tutta la documentazione in suo possesso, nonché tutte le persone ed organizzazioni che hanno facilitato il lavoro intrapreso, appoggiandolo e contribuendo al suo finanziamento. Il lavoro è stato finanziato esclusivamente da questi contributi e senza di essi non sarebbe stato possibile realizzarlo. La Commissione ringrazia anche tutte le persone che si sono impegnate nella pubblicazione del presente rapporto.
Parigi, 15 dicembre 1978
Michelle Beauvillard, avvocato, Parigi  - Claude Bourdet, giornalista, Parigi - Robert Davezies, giornalista, Parigi - Georges Casalis, teologo, Parigi - Joachim Israel, sociologo, Copenhagen - Panayotis Kanelakis, avvocato, Atene - Henrik Kaufholz, giornalista, Aarhus (Danimarca) - John McGuffin, scrittore, Belfast - Hans Joachim Meyer, neuropsichiatra, R.F.T. - Jeane-Pierre Vigier, fisico, Parigi
[stralci del Rapporto della Commissione]
1. CONDIZIONI DI DETENZIONE
Dopo l’arresto di Ingrid Schbert e di Monika Berberich, nell’ottobre 1970, i prigionieri della R.A.F. sono sottoposti ad un regolamento di detenzione, calcolato fin nei minimi dettagli : il totale isolamento e l’isolamento in Piccoli gruppi.
Rapporto di Jorgen Pauli Jensen, psicologo, Danimarca :
All’indomani dell’arresto, Ulrike Meinhof fu tenuta prigioniera, in condizioni di assoluto isolamento, nel « braccio della morte » del carcere di Colonia-Ossendorf [era in un braccio vuoto, con 6 celle vuote e lei era al centro di queste]. Questo primo periodo di isolamento totale (poi ne seguiranno altri) è durato 237 giorni.UlrikeMeinhofFestnahme
Metodo ed effetto della tortura dell’isolamento sono in diretta interdipendenza : il metodo consiste nell’isolamento assoluto da ogni contatto sociale e nella soppressione di impressioni sensoriali differenziate, che sono una condizione necessaria al funzionamento dell’organismo umano. Rinchiudendo i detenuti in una camera silens, una cella perfettamente isolata, dunque senza alcun rumore ( o una cella nella quale si ascolta un suono incessante), buia di giorno (o dipinta di bianco e illuminata al neon giorno e notte), con ridotte possibilità di movimento e aria viziata, si tenta, in qualche modo, di esasperarne il bisogno umano di contatti e impressioni sensoriali, vale a dire di comunicazione umana. Le ricerche di psicologia sperimentale e, disgraziatamente, anche l’esperienza diretta, ci hanno insegnato con certezza che tali condizioni possono corrodere e annientare, nel giro di breve tempo, gli esseri umani fisicamente e psichicamente
A livello fisico, la funzione vegetativa è distrutta poco a poco (modificazione patologica del bisogno di dirmire e urinare, della famé, della sete, nonchè mal di testa e perdita di peso). A livello psichico si sviluppa instabilità emotiva (angoscia improvisa o collera). Sul piano psichico e su quello della ulrike3conoscenza si sviluppa entro brève tempo, un disorientamento nel tempo e nello spazio ; difficoltà di concentrazione, difficoltà nel definire un pensiero , perdita della memoria, déficit del linguaggio e della comprensione, allucinazioni ecc.
Tuttavia, non sempre questo progetto raggiunge il suo scopo : esistono donne e uomini che, malgrado la tortura dell’isolamento, conservano la loro identità politica.
Dal 1972 vengono applicati metodi speciali contro i prigionieri politici nelle carceri della R.F.T.
- isolamento sistematico dei prigionieri in rapporto agli altri ; esclusione da tutte le attività comuni, dalla vita normale della prigione ; divieto di comunicare con altri prigionieri, ogni tentativo di ignorare tale divieto viene punito con la detenzione nelle celle di punizione ;
- l’applicazione di inferriate speciali dinanzi allé finestre delle celle allo scopo di rendere impossibile la vista sull’esterno [bocche di lupo]
- solo un’ora d’aria, soli, con manette ai polsi
- divieto di ricevere visite e lettere, tranne che da familiari
- tutte le visite sono sorvegliate dalla polizia politica, che registra tutta la conversazione e l’utilizza, all’occorrenza, nel processo
- censura totale di libri e giornali
« …Che fare ? E’ chiaro, sporgere denuncia per lesioni fisiche. Allora, dai ! L’ho già detto centinaia di volte : psichiatra e –ormai l’ho capito- otorinolaringoiatra che spieghino, finalmente, scientificamente, come il ‘silenzio’ abbia gli stessi effetti degli elettrochoc, provochi lo stesso tipo di lesioni, di devastazioni nell’organo dell’equilibrio e nel cervello… »   Ulrike Meinhof ai suoi avvocati, dal braccio della morte, febbraio 1974

Diario incompleto di tre mesi in Palestina

fonte: http://tuwaniresiste.operazionecolomba.it



Prima di affrontare la vita in Palestina non avevo mai riflettuto così a lungo sul significato della parola “Resistenza”:
 Resistenza è camminare
Resistenza è stare concentrati quattro ore di fila per scrutare un boschetto con un cannocchiale malfunzionante
Resistenza è stare concentrato sul video della telecamera quando sei circondato da una decina di soldati che imbracciano il mitra con evidente nervosismo
Resistenza è concentrarsi, dopo una giornata di lavoro, per scrivere un articolo sulla follia. Se va bene hai ancora un’ora e mezza
Resistenza è mangiare colazione alle 6.30 del mattino e pranzo alle 4 del pomeriggio
Resistenza è usare olio di semi per il soffritto perché l’olio d’oliva costa troppo
Resistenza è essere in due a fare le cose che andrebbero fatte in sei
Resistenza è uscire di casa alle 9.15, correre per chilometri in salita e discesa dalle 10 alle 13.30, rientrare a casa, mangiare e cadere finalmente in un sonno profondo… “svegliati dai, ci hanno chiamati, giù alla strada c’è un’emergenza”
Resistenza è correre veloce, più veloce dei tuoi muscoli e polmoni
Resistenza è sopportare un attacco d’asma giocando a palle di neve ai confini del deserto
 Resistenza è dormire per terra, insieme a tuoi compagni
Resistenza è “finalmente stanotte dovrebbe arrivare un’altra compagna” – “No, è stata respinta all’aeroporto”
Resistenza è andare a letto alle 20.30 dopo aver bevuto dodici bicchieri di tè e due di caffè arabo, sapendo benissimo che non ti addormenterai prima dell’una di notte
Resistenza è svegliarsi alle tre di notte per andare in bagno e scoprire che alcuni militari dentro una camionetta ti stanno tenendo d’occhio… dall’alto
Resistenza è non dormire affatto, perché la paura di un’incursione notturna dell’esercito israeliano non dà pace alla mente
 Resistenza è accompagnare due palestinesi disarmati nel bel mezzo di esercitazioni militari a cui partecipano centinaia di soldati
Resistenza è andare a visitare il villaggio circondato da centinaia di soldati israeliani per incontrare gli occhi dei suoi abitanti
Resistenza è stare insieme intorno a un fuoco scrutando, nella notte, i soldati con un cannocchiale
Resistenza è accettare di mangiare pop corn mentre le truppe israeliane si stanno esercitando nel buio, a pochi metri di distanza… e due commilitoni stanno visibilmente dirigendosi nella tua direzione
 Resistenza è visitare una famiglia che sta costruendo una nuova casa. In questa terra l’unico modo per farlo è farlo illegalmente e spesso sotto una tenda
 Resistenza è stare in piedi tra un pastore palestinese e un colono israeliano, sapendo benissimo che se quest’ultimo decide di attaccare non avrai neanche il tempo di pensare
Resistenza è sentirsi dire da un ebreo: “You like Nazi?”
Resistenza è assistere al parto di una pecora a qualche centinaio di metri da un avamposto di coloni nazional-religiosi
Resistenza è accompagnare un pastore nello stesso posto in cui era stato picchiato neanche 24 ore prima
Resistenza è apprendere che su quel pozzo c’era scritto, in ebraico: “Morte agli arabi. Il Rabbino Kahane aveva ragione”
Resistenza è continuare a sentire l’umanità dell’altro, nonostante il conflitto

Resistenza è impiegare due ore per accendere la stufa, perché piove da giorni e la legna è tutta bagnata
Resistenza è utilizzare un sacco di plastica e una maglia per accendere la stufa
Resistenza è rischiare di rimanere intossicati dal fumo che esce dalla parte sbagliata della stufa
Resistenza è cucinare la polenta sul fuoco della stufa
Resistenza è puzzare di fumo e di sudore: sempre e comunque
 Resistenza è assistere, di notte, al bendaggio e all’arresto di un palestinese sconosciuto senza poter far molto, se non chiedere spiegazioni e riprendere con la videocamera
Resistenza è ricevere minacce perché stai riprendendo un palestinese sconosciuto, bendato e ammanettato sul ciglio della strada
Resistenza è ascoltare canzoni di donne che inneggiano alla libertà, di fronte a decine di soldati
 Resistenza è convincere i soldati a farti riprendere mappe geografiche riportanti confini illegali
Resistenza è assistere allo scivolone maldestro di un soldato mentre sta cercando di raggiungerti per parlare… il fango ha otturato la canna del suo M-16
Resistenza è parlare per decine di minuti con soldati che si esprimono attraverso stereotipi e cliché
Resistenza è spiegare ad un soldato, per l’ennesima volta, che sta violando la sentenza della Corte Suprema Israeliana
Resistenza è scoprire che una soldatessa di leva la pensa come te
Resistenza è ascoltare la sofferenza umana, da qualsiasi parte arrivi
 Resistenza è litigare con il tuo compagno per non aver fatto abbastanza
Resistenza è arrabbiarsi con sé stessi per non aver dato abbastanza
Resistenza è guardare in faccia all’ingiustizia, giorno per giorno
Resistenza è essere presi in giro da chi “proteggi”
Resistenza è non riuscire più a capire chi protegge chi
Resistenza è cercare di esprimersi in arabo senza averlo mai studiato
Resistenza è sentirsi giudicati per non aver imparato abbastanza in fretta quella lingua altrimenti sconosciuta
Resistenza è non dare ascolto a quella vocina interiore che dice “se c’era qualcun’altro, sicuramente, avrebbe fatto meglio”
 Resistenza è sapere che ci sono palestinesi rinchiusi in carcere da mesi, da anni senza processo e senza motivazioni d’accusa
Resistenza è scoprire che molti di questi palestinesi sono in sciopero della fame da settimane o mesi… e in Europa sono veramente in pochi a saperlo

Resistenza è tornare insieme ai palestinesi sui campi che gli hanno proibito di coltivare… tutte le settimane
Resistenza è assistere all’arresto degli attivisti israeliani che si interpongono fisicamente per difendere i diritti di quei contadini
Resistenza è cooperare. Israelian*, palestinesi, italian*, inglesi, statunitensi, svedesi, cech*, polacch* insieme per raggiungere un unico fine senza confini: la giustizia
 Resistenza è fare tutto questo per amore,
E tanto altro ancora…


Foto di Hadeel Alramly
Brano: "Ali Je Sultani" di Daniele Sepe Und Rote Jazz Fraktion  

Editing: Luciano Granieri