Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 27 dicembre 2014

Un referendum contro il jobs act

Luciano Granieri


Passato il battage mediatico e la passerella del Presidente del Consiglio per magnificare la rivoluzione copernicana sul lavoro, passata la festività natalizia e tornata la mente fredda, cosa rimane di rivoluzionario nel jobs act? Notevolmente  rivoluzionario è il fatto che il Governo, diventi parte attiva nella lotta di classe e si schieri nettamente, non in favore dei lavoratori, ma smaccatamente  dalla parte dei padroni. 

Nel contratto a  tempo indeterminato a tutele crescenti si abolisce l’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa.  Come se ciò non fosse abbastanza grave, al danno si aggiunge la beffa, o meglio la presa in giro. Infatti nella trionfale conferenza stampa della vigilia di Natale, Matteo Renzi, lisciava il pelo alla minoranza interna del suo partito, ringraziandola dell’impegno profuso nell’inserire la reintegra in caso di licenziamento per scarso rendimento. Non è vero che le tutele dell’articolo 18 sono del tutto scomparse, secondo il Presidente del Consiglio, rimane l’obbligo di reintegrare i lavoratori licenziati per scarso rendimento, ove il limitato impegno dell’addetto non sia dimostrato. 

Scommettiamo che dall’entrata in vigore della legge in poi i licenziamenti per scarso rendimento saranno pari a zero? Infatti il datore di lavoro licenzierà esclusivamente per motivi economici. Motivazioni che, anche se palesemente infondate, prevedono esclusivamente un misero indennizzo pecuniario pari a due mensilità per ogni anno lavorato. Basta farsi due conti. Nella legge di stabilità è previsto che le azienda disposte ad assumere   con la nuova tipologia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,potranno  godere di benefici fiscali fino a 8mila euro l’anno per tre anni, vale a dire 24mila euro tondi tondi. D’altra parte le stesse aziende hanno la possibilità di licenziare quando e come vogliono, per motivi economici, i lavoratori assunti con la nuova tipologia contrattuale rischiando,  nel caso di licenziamento immotivato,   un indennizzo esiguo: si tratta di una somma pari  a 5 o 6 mila euro.  

Che questa sia una norma decisamente favorevole ai padroni e lesiva dei diritti dei lavoratori è palese. Senza contare che partendo da questi presupposti il lavoratore  dovrà subire ogni tipo di ricatto ed accettare qualsiasi salario, per non rischiare il licenziamento.  Ma nel jobs act c’è di più.  Il dispositivo della legge delega si estende anche ai licenziamenti collettivi, quelli cioè che coinvolgono più di cinque lavoratori.

 Il ricorso al licenziamento collettivo, è regolato dalla legge 223 del 1991. Una norma che prevede procedure precise nella gestione delle crisi aziendali , con  il coinvolgimento dei sindacati, l’impegno a trovare possibili accordi  e ridurre al minimo gli esuberi utilizzando gli ammortizzatori sociali e l’obbligo di  adottare criteri di tutela per le categorie più deboli. Tutto ciò salta. Un’azienda in grado di licenziare un numero imprecisato di addetti senza il rischio di doverli reintegrare, se ne fregherà di trattare con i sindacati, si farà beffe della legge  223 del 1991. Se il jobs act fosse stato in vigore all’epoca della crisi Indesit tutti i 1.400 lavoratori in esubero sarebbero stati licenziati in tronco  e  senza appello.  Le  trattative che hanno portato ai contratti di solidarietà e sostanzialmente ad una risoluzione della vertenza non sarebbero mai iniziate. Quand’anche l’azienda dovesse incorrere in errori procedurali nei criteri di selezione del personale da licenziare, il diritto alla reintegra sarebbe  comunque negato. Non è facile prevedere errori commessi a bella posta dalle imprese  per licenziare lavoratori indesiderati, magari iscritti ad un sindacato poco gradito. 

Ma veniamo alla parte definita più rivoluzionaria, quella dei nuovi ammortizzatori sociali.  L’annuncio di Renzi in merito all’Aspi, il sussidio di disoccupazione per tutti con una durata massima di 24 mesi, è falso. Ad usufruirne infatti saranno quei pochi i lavoratori precari, se esistono,  che dal 2007 ad oggi hanno lavorato senza interruzioni retributive,  e comunque a patire dal 2017 la durata dell’indennità passerà da 24 mesi a 78 settimane, poco meno di un’anno e mezzo. Resta comunque il fatto che queste nuove tutele estese sono senza copertura finanziaria per cui per adesso rimangono  solo buone intenzioni. 

Va poi considerato che tutto il dispositivo mancherà completamente l’obbiettivo per il quale è stato pianificato, quello cioè di creare occupazione. Un tasso di disoccupazione al 12% non si affronta riducendo ulteriormente le tutele dei lavoratori, ma investendo su ricerca e innovazione in modo che le aziende possano produrre prodotti e servizi innovativi che abbiano mercato e creare lavoro. 

  Che Renzi e i suoi giannizzeri, marionette del padronato capitalistico finanziario post moderno, abbiano partorito un tale devastante piano non stupisce affatto. Emerge invece l’ignavia di quegli esponenti della minoranza Pd i quali hanno fatto fuoco e fiamme contro il jobs act e poi come agnellini impauriti si sono accodati al gregge. Eppure l’occasione di tradurre in fatti concreti i proclami copiosamente diffusi sui media contro la delega in bianco al Governo c’è stata. Quando il jobs act è tornato al Senato dopo il maquillage subito alla Camera i 27 senatori del Pd, dichiaratisi contrari alla legge,  hanno votato favorevolmente con una capriola degna dei migliori acrobati circensi. Il risultato della votazione è impietoso verso questi voltagabbana e li inchioda alle loro responsabilità. In quella seduta 166 furono i voti favorevoli, 112 contrari ed un astenuto.  Se i 27 paladini dei lavoratori ( a parole) avessero votato secondo coerenza i numeri sarebbero stati molto diversi: 139  contrari, 139 favorevoli, un astenuto, al Senato l’astensione vale come voto contrario e il pasticcio non sarebbe passato. Che la smettano allora quelli della ditta di abbaiare alla luna, ammettano che non possono permettersi di far cadere il Governo perché in caso di prossime elezioni non sarebbero più ricandidati dal vendicativo segretario.  Anche la CGIL con il suo sciopero generale  tardivo, a legge approvata, ha mostrato inadeguatezza e pressapochismo nel combattere una battaglia vitale per la dignità dei cittadini. 

E’ tutto perso ? No ma come al solito tocca difendersi da soli.  Oltre che continuare ed inasprire il conflitto nelle piazze, i  lavoratori potrebbero impugnare i licenziamenti e ricorrere in giudizio. Infatti  la sanzione di un semplice indennizzo, a fronte dell’immane torto subito per un licenziamento ingiustificato, è inadeguata rispetto a quanto stabilisce l’art. 2016 del codice civile sulla giusta proporzione fra sanzione ed infrazione. Poi resta la strada dl referendum abrogativo. Una via  abbastanza semplice come sostiene Pier Giovanni Alleva su “il manifesto” di ieri. Occorrerà del tempo prima che i contratti a tutele crescenti prendano piede. Esiste dunque uno spazio temprale adeguato per organizzare la consultazione. L’abrogazione della nuova norma,  fra l’altro, non creerebbe vuoto legislativo perché automaticamente verrebbe sostituita dal dispositivo tutt’ora in vigore  che prevede le tutele dell’art.18. Dunque sarà il giudizio dei lavoratori a inchiodare un dispositivo che va proprio contro i  lavoratori.  Sotto con la raccolta delle firme dunque.

venerdì 26 dicembre 2014

La giostra degli inutili assessori

Luciano Granieri


Sua maestà Ottaviani monarca assoluto  del regno di  Frosinone, nella sua magnanima bontà ha deciso. Non scontenterà nessun fedele consigliere, anche d’opposizione. Per  tutti ci sarà una poltrona da assessore. Gli incarichi sono solo nove, ma ad ognuno, prima o poi, verrà garantito  il premio, basta allenarsi. Quale sarà il metodo per scremare   i pretendenti  in sovra -numero rispetto  alle  sedie della giunta? 

Tutti i contendenti stazioneranno in  circolo davanti alle poltrone e cominceranno a girare in tondo. Quando il monarca picchierà lo scettro sul trono, gli aspiranti assessori dovranno occupare le nove sedie.  Quelli in esubero  che non avranno trovato la poltrona dovranno ripresentarsi al torneo successivo che si svolgerà dopo sei mesi. 

Allo scopo di nominare assessori tutti i suoi fedeli consiglieri, anche di minoranza, e conferire loro   la legittimità a partecipare al torneo delle sedie, si stanno creando  nuovi assessorati. Il Re e la sua corte sono ancora al lavoro, ma pare che si stiano definendo alcune deleghe di giunta. Di seguito alcune anticipazioni.

Assessorato alla macchina di San Silverio e Sant’Ormisda: L’assessore competente dovrà occuparsi della costruzione di un’imponente e sontuosa  “santa  torre” da dedicare ai Santi Patroni, sul modello della viterbese macchina di Santa Rosa. Quindi  organizzare l’evento di trasporto della stessa per le vie della città, dove i cittadini assisteranno  all’eccezionale  manifestazione di santità con giubilo ed esultanza.

Assessorato alla Radeca: L’assessore competente dovrà assicurare la giusta misura e consistenza della radeca,  in modo da rendere sempre più perfetto lo strumento in dote ai radecari  per il carnevale della città.

Assessorato alla coppa dell’olio e alle marmitte: L’assessore competente dovrà occuparsi degli eventuali danni che le vetture dei cittadini, non possessori di Suv, subiranno nel transitare su dissuasori, alti come gradoni da stadio , disseminati secondo un sistema random (cioè a cazzo di cane) per tutta la città.

Assessorato agli effetti speciali: L’assessore competente, dovrà esibire notevoli doti di fantasia, inventarsi effetti speciale tipo: pali dei lampioni  colorati, strade rosse, scale mobili che collegano la parte alta a quella bassa della città, cinema all’aperto situato sui binari della stazione, il tutto per distogliere la popolazione dalle stangate tributarie e dalle inefficienze dei servizi.

Assessorato ai miracoli: L’assessore competente dovrà  resuscitare cadaveri  tipo l’ascensore inclinato.

Assessorato alle lampadine fulminate: L’assessore competente dovrà recuperare tutte le lampadine che si fulminano sui lampioni della città, stiparle in contenitori speciali e gettarle, una ad una, dalle finestre del Comune a capodanno. Si  rallegrerà così  la cittadinanza con le deflagrazioni che queste produrranno infrangendosi sul selciato. Un importante azione di riciclaggio. Visto che non ci sono i soldi per sostituire le lampade fulminate, almeno si potrà risparmiare sui botti di fine d’anno.

Assessorato detto  di"Nick a'Carogna": L’assessore competente dovrà inventare e coordinare i cori ad ogni partita casalinga del Frosinone evitando di incorrere in eventuali daspo

Assessorato alla tenda della Multiservizi: L’assessore competente dovrà prendersi gli insulti degli ex lavoratori della Multiservizi, accampati nella tenda davanti al Comune per reclamare il proprio posto di lavoro. Si prevede un’allargamento della delega per prendersi gli insulti di tutti gli altri disoccupati che risiedono in città.

Assessorato all’illuminazione privata: L’assessore competente, dovrà coordinare una squadra che provvederà ad accendere le luci dei numerosi appartamenti vuoti presenti in città, per far credere che quelle case siano abitate, in modo da  evitare una possibile occupazione dei senza casa.

Assessorato alla  profumazione: L’assessore competente dovrà occuparsi di dotare ogni quartiere   di deodoranti al gelsomino, o altra essenza, derivati dell'oppio compresi, per coprire la puzza di smog che avvolge la città.


La lista degli assessorati è ancora da completare, ma confidiamo nella dedizione del  Sovrano. In realtà l’oggetto  degli assessorati  può essere infinito.  Tanto gli assessori non contano nulla, sono delle semplici marionette nelle mani del Re. Chissà se ne sono accorti?  Perché allora non pensare ad un unico assessorato omnicomprensivo utile ad accontentare tutti? Suggeriremmo l’assessorato alla pubblica inutilità. Ci pensi maestà Ottaviani 

L'Aperossa che garba

a cura di Luciano Granieri


L’individualismo sfrenato, la mancanza totale di condivisione dei luoghi  pubblici, l’assenza di solidarietà sociale. Questi sono gli elementi che concorrono a costruire una società di  solitudine diffusa . Una moltitudine parcellizzata, confinata nel proprio piccolo mondo in cui l’autostima si misura su ciò che si possiede piuttosto che sul come si è. Una moltitudine in cui la relazione con gli altri per lo più si esplica in modo asettico attraverso i social network. Siamo ancora in grado di partecipare ad una rete di rapporti basata sul contatto personale?  Siamo ancora capaci di identificare il luogo pubblico, la piazza, il bar del quartiere come scenario indispensabile per una efficace e duratura crescita qualitativa della condivisione sociale?  Francamente, nonostante la devastazione prodotta dalla concezione neo liberista della società, in cui l’elemento principe delle regole di socializzazione è la competitività in luogo della solidarietà, sono fiducioso sul fatto che una rete di rapporti sociali sani, solidi e inclusivi sia ancora realizzabile. Ma è necessario ripartire dai luoghi delle proprie origini, conoscerne la storia e soprattutto è essenziale coinvolgere i giovani. L’esperimento a cui si stanno applicando i ragazzi del Liceo Socrate di Roma, consistente nel raccontare il loro quartiere “La Garbatella” attraverso modalità condivise e partecipate, può costituire un primo passo fondamentale per tornare ad appropriarsi di quegli spazi comuni vitali per lo sviluppo di una società sana, ricca nel benessere e non nel possesso. Il video che segue a cura dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio  è una testimonianza esemplare di quanto i giovani possano essere straordinari attori di un processo di riappropriazione di un modello di organizzazione sociale ormai in via di estinzione.

Luciano Granieri


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Prima fase del laboratorio che coinvolgerà i ragazzi del Liceo Socrate di Roma nel racconto loro quartiere: la Garbatella.
Progetto realizzato con il contributo dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e del Comune di Roma - Municipio VIII.

Regia: Emanuele Redondi


Lavorare meno

Preeti Kaur fonte: http://www.telesurtv.net/


Siete ingranaggi in una macchina”, ci siamo sentiti dire io e i miei colleghi avvocati praticanti nel nostro primo giorno di “arruolamento” in uno studio legale di Londra. “Migliaia di persone si sono candidate alla vostra posizione. Voi ce l’avete, ma le avete per un pelo. Se non siete disponibili a lavorare ottanta ore la settimana, possiamo rimpiazzarvi facilmente. Il Regno Unito non rispetta la Direttiva Europea sull’Orario di Lavoro”.
Questa introduzione enfatica è stata seguita da una discussione con la responsabile dei servizi di segreteria. Lei ci ha consigliato, delicatamente, ma con fermezza, di portarci dietro camicie di ricambio, una scorta di spazzolini da denti e (guardando le donne), “prodotti femminili” per il nostro inevitabile e imminente turno di trentasei ore di fila in ufficio. Il suo consiglio si è dimostrato inestimabile.
Bertrand Russell, il filosofo, critico sociale e attivista politico britannico, non era un tifoso del lavoro. Nel suo saggio del 1932 “Elogio dell’ozio” egli pensava che se le nostre società fossero state amministrate meglio, la persona media avrebbe avuto bisogno di lavorare solo quattro ore il giorno. Una giornata lavorativa simile avrebbe “dato a ogni uomo (o donna) il diritto ai bisogni e agli agi elementari della vita”. Il resto della giornata avrebbe potuto essere dedicato al perseguimento della scienza, della pittura e della scrittura.
A me questo suona parecchio bene. Bertrand Russell prevedeva correttamente che il progresso tecnologico avrebbe accresciuto la produttività. Comunque egli pensava che tale progresso tecnologico avrebbe liberato le persone da lunghi orari di lavoro. In modo simile, John Maynard Keynes stimava che entro il 2030 avremmo lavorato quindici ore la settimana.
Tuttavia, anche se il progresso tecnologico ha portato a un aumento della produttività, dagli anni ’70 i salari sono stagnati e stiamo tuttora lavorando più duro – molto più duro – di quanto dovremmo. Le persone comune non mietono le ricompense dell’accresciuta produttività e invece hanno bisogno di prestiti per soddisfare bisogni fondamentali, pur lavorando lunghe ore a compiti non gratificanti.
Con la spiritualizzazione delle lunghe ore di duro lavoro si celebra l’etica protestante dello stesso. Stanno decollando gruppi Workaholics Anonimous [in analogia agli ‘Alcolisti Anonimi’, gruppi di disintossicazione dei ‘drogati del lavoro’ – n.d.t.]. Nell’estate del 2013 la Bank of America ha subito intense critiche dopo la morte di un dipendente.
In “Saggi di sociologia” Max Weber in una cultura che è organizzata su lunghi orari di lavoro, per la maggioranza, difficilmente c’è spazio per legami sociali con altri. Essi sono riservati all’un per cento dei capitalisti che non hanno “preoccupazioni economiche”. Con la società organizzata per dedicare così tanto tempo al lavoro, perseguire una vera spiritualità, sull’esempio di Budda, Gesù o Francesco, è condannato al fallimento.
Un documento dell’aprile 2014 di John Pencavel, della Stanford University, dimostra che ridurre gli orari di lavoro può essere un bene per la produttività economica. Mentre lavorare settimane lavorative più brevi può essere un bene per la produttività, Naomi Klein, autrice del nuovo libro “This Changes Everything: Capitalism vs the Climate” [Questo cambia tutto: capitalismo contro clima], si spinge più in là.
La Klein afferma che dobbiamo rivoluzionare le nostre vite lavorative se vogliamo combattere il cambiamento climatico. La Klein promuove  una settimana lavorativa di 21 ore  come soluzione al problema più pressante del ventunesimo secolo. Le persone sono sovraccariche di lavoro e tale sovraccarico “è intimamente legato” a un modello di consumo particolarmente sprecone; “non c’è tempo, dopo il lavoro, per fare null’altro che prendersi del cibo da asporto, e meno tempo per attività a basso consumo, come cucinare”.
Le imprese più grandi investono ogni anno milioni di “gestione delle risorse umane”. La ricerca informa le decisioni dei datori di lavoro di elogiare periodicamente i dipendenti per i loro sforzi, in modo da farli sentire “emancipati” e “apprezzati” e di ridurre la probabilità che chiedano un aumento reale dei salari. Con un’enfasi così pesante sulle “risorse umane” e milioni spesi ogni anno negli studi di gestione del personale, i datori di lavoro devono sapere che orari di lavoro più lunghi non fanno nulla per la produttività.
Il lavoro ha un’altra funzione. Il lavoro ci impedisce di organizzarci per una società che sia amministrata meglio, per una ridistribuzione più equa del potere politico e della ricchezza … e anche del tempo. Tempo da dedicare ai nostri cari, a costruire le nostre comunità e alla vera ricerca della felicità. Una società interamente diversa che persegua l’equità piuttosto che la crescita economica. Una società che – come immaginava Bertrand Russell – ci consentirebbe di dedicare giornate alla ricerca scientifica e all’arte. Dopo dodici ore di lavoro – o trentasei ore di fila in ufficio – nessuno ha l’energia per partecipare a riunioni o ad azioni, per organizzare o dimostrare a favore di una gestione alternativa rivoluzionaria della società, e delle risorse umane e naturali.
Decisioni individuali di passare a settimane lavorative più brevi possono condurre a stili di vita più sani per i pochi che sono in grado di operare tali cambiamenti. Tuttavia i cambiamenti individuali non sono sufficienti a produrre l’impatto necessario sul cambiamento climatico o a una più equa distribuzione della ricchezza e del potere politico. Oggi molti nella classe lavoratrice fanno diversi lavori e straordinari per contribuire a far quadrare i conti. Passare a una settimana lavorativa di 21 ore semplicemente non è fattibile. Non si pagherebbero le bollette.
E’ chiara la necessità di azione collettiva. Nel suo nuovo libro “Time on Our Side” [Il tempo è dalla nostra], pubblicato dal gruppo radicale di esperti New Economic Foundation, l’economista Robert Skidelsky scrive: “Se ci liberassimo di questa routine dei consumi potremmo riconsiderare che cosa intendiamo per una vita buona. Potremmo allora elaborare come strutturare le nostre istituzioni per rendere più facile vivere una vita simile … I mezzi politici per realizzare questo obiettivo includono la condivisione del lavoro, una riduzione dell’orario lavorativo, la distribuzione della ricchezza, modifiche della tassazione e un reddito base.”
Potremmo strutturare il lavoro in modo diverso. Ciò potrebbe impegnare le persone a riunirsi per comprendere le realtà di ciascuna e a riconoscere i modi in cui l’attuale amministrazione della società non funziona per la maggior parte di noi. Anche se questa può parere una speranza lontana, creare relazioni sociali nonostante i nostri stili di vita indaffarati, creare collegamenti, riscoprire che cosa faremmo del nostro tempo – se fosse nelle nostre mani (e non nelle mani dei datori di lavoro) – è cruciale. Tali relazioni sociali costituiscono le fondamenta su cui possiamo creare trampolini per una nuova società molto necessaria. In un’era di lavoro ossessivo, che alimenta sofferenza e solitudine, sono necessari movimenti in direzione di stili di vita efficienti, produttivi, sani ed equilibrati per combattere il cambiamento climatico e muovere a una società più egualitaria.

martedì 23 dicembre 2014

"Natale sullo cavalcone" auguri a tutti con il nuovo cinepanettone

Luciano Granieri





Evadere dall’evasione” è un motto che  abbiamo sempre  rispettato nel redigere il blog. Ma ogni tanto si può derogare a certe regole, magari in concomitanza con le festività natalizie. Per cui, come Cuba  ha ceduto alle sirene imperialiste, anche noi cediamo alla tentazione della pura, frivola evasione. 

E lo facciamo nel più banale dei modi. Cosa c’è di più trash del cinepanettone di Natale?  A dir la verità è un genere che sta passando un po’ di moda, dopo anni di fasti ed incassi milionari ai botteghini.  Però,  anche se in tono minore, ogni Natale, le sale cinematografiche proiettano film non propriamente assimilabili alla Corazzata Potemkin. 

Non evadiamo dall’evasione dunque, ma c’entriamo in pieno con il nostro  corto “Natale sullo cavalcone”. Ciò che proponiamo è naturalmente una produzione molto provinciale, legata alle misere questioni cittadine. Non siamo andati a New York, né a Rio de Janeiro né in altri posti ameni. Siamo rimasti nella nostra città. E il protagonista principale non è Christian De Sica o Massimo Boldi, ma è l’altrettanto esilarante sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani. 

Affianco a lui, stella assoluta del firmamento frusinate, ruotano personaggi importanti del panorama ciociaro e laziale, il cui ruolo sembra di secondo piano, ma è invece fondamentale. Illuminante, in tal senso, la performance, breve ma intensa,  del presidente della Regione Zingaretti e del suo fido scudiero Buschini, come pure  la comparsata , minima ma significativa, del ministro della sanità Beatrice Lorenzin. 

Nel cast compaiono anche:  Marcello Pigliacelli, presidente della Camera di Commercio, Maurizio Stirpe presidente di Unindustria e del Frosinone Calcio, i duellanti del Pd locale Francesco De Angelis e Francesco Scalia, la dottoressa Isabella Mastrobuono, direttore generale della Asl ed altri volti noti della politica locale. 

Il dubbio è  forte e legittimo. Una simile compagnia di guitti  è in grado di far ridere? Se l’obbiettivo è ridere per non piangere l’operazione può dirsi riuscita. Infatti nella situazione sociale ed economica in cui versa il nostro territorio, grazie anche all’azione degli attori appena citati, non c’è molto da rallegrarsi. L’inquinamento al massimo grado, la sanità smembrata,  la disoccupazione dilagante, la speculazione edilizia e finanziaria ,  l’impoverimento riguardante una parte sempre più cospicua della popolazione, non consentono alcun esercizio di ilarità.  

Però è innegabile che questi signori facciano ridere! Fanno ridere tutti, dai sindaci, agli assessori, ai presidenti di Regione e Provincia (passati e presenti) . Ma un amministratore che fa ridere, non nei film, ma nella sua azione di gestione quotidiana della Cosa Pubbilca è un buon amministratore? Con questo amletico dubbio vi lasciamo alla visione dello specifico filmico.  


P.S.  E’ vero nel film manca la gnocca  di rito. Un elemento essenziale per un cinepanettone che si rispetti.  Ma oltre  la Lorenzin , che pure è stata nominata  la Meg Ryan, de noantri e la torvergatara Mastrobuono, non è che il panorama offrisse molto di più. La plurileopardata,   neo assessore comunale, Ombretta Ceccarelli è stata scartata all’ultimo momento per sobrietà di make-up.  Le  pasdaran dem come Stefania Martini devono applicarsi molto di più, prima di raggiungere le vette della Boschi o della Madia. La Senatrice Spilabotte è sulla buona strada, ma necessita di un ultimo sforzo. Non mancheremo di avvisare quando effettueremo il prossimo casting.
Buona Visione


Con questo bel corto, auguriamo a tutti, Buone Feste ( o almeno, se proprio non sono buone,  che siano le migliori possibili).


Roma. Una speculazione travestita da stadio

Rete dei Comunisti - Roma

A Roma si sta giocando una partita dove gli arbitri indossano la divisa nera della speculazione edilizia. Da una parte c'é la squadra della Giunta Marino, che non vede schierato in campo l'Assessore Ozzimo, squalificato per somma di corruzioni. Oggi ci troviamo ai tempi supplementari, nel pieno dello scandalo di “Mafia Capitale”, dove molti giocatori istituzionali sono stati ammoniti o espulsi da un arbitro con la toga. In questa partita, dove lo specchietto per le allodole è il nuovo stadio della Roma, non viene usata la regola del fuorigioco, così da consentire cubature fuori piano regolatore, con la tattica delle compensazioni e degli accordi di programma. La foto del progetto - ripresa da siti statunitensi - rende esattamente l'idea della s/proporzione tra le cubature e il cemento destinati allo stadio ( più o meno il 20%) e tutto il resto.
Passiamo alla cronaca.
La vera natura dell'opera che si vuole fare in parte sull'ex ippodromo di Tor di Valle, sarà la realizzazione di un milione di metri cubi, gran parte dedicati a tre grattacieli alti cento metri ciascuno e a un centro commerciale, di cui il vicino Stadio, sarà solo la ventesima parte. La “magia” della trasformazione dal solo Stadio a Mega Centro Direzionale avverrà attraverso una errata applicazione del “contributo straordinario”. Il Piano Regolatore Generale (PRG) stabilisce che il 66% dei plusvalori immobiliari generati da una trasformazione, la cui sostenibilità urbanistica deve essere accertata prima di ogni altra cosa, tornino alla città. Con queste risorse, si devono realizzare opere pubbliche che migliorino la vita dei cittadini. Qui invece, con le opere previste, si stravolgono le norme di PRG, soprattutto con le infrastrutture di trasporto: il prolungamento linea B di una fermata, l'adeguamento delle via Ostiense/via del Mare, da Tor di Valle fino al GRA, il nuovo ponte carrabile sul Tevere e il raccordo tra l'autostrada Roma – Fiumicino e la via Ostiense, servono a far entrare e uscire gli spettatori dallo Stadio e a rendere facilmente accessibile dall’aereoporto di Fiumicino il Business Park.
Su questa partita incombono una diffida sulla proprietà dei terreni e ben tre esposti alla Procura della Repubblica di Roma per gli enormi profitti che la Società costruttrice (Parnasi & soci amerikani) potrebbe ottenere. Un giocatore, che diversamente dal passato, si è incamminato sulla “cattiva strada”, è l'Assessore Caudo che fa “melina”, con il ritornello che i costi dell'opera sono a totale carico dei privati, ma non dice il vero, perché gran parte, saranno sostenuti dalla collettività già gravata dalla crisi economica.
Irresponsabile è la scelta del campo da gioco della speculazione.
L'area è ubicata vicino all'ansa del fiume Tevere, classificata ad alto rischio idrogeologico dall'Autorità di Bacino. Non vorremmo che si faccia la fine dei Mondiali di nuoto, con opere incompiute,con l'aggravante del dubbio interesse pubblico. Con questa localizzazione, non è sbagliato pensare, che invece di una partita di calcio-cemento, nell'immediato futuro, si possa giocare una partita di palla nuoto.
Non è difficile preventivarlo, visto che l'impatto sul territorio sarà pesantissimo, sia dal punto di vista idrogeologico, ambientale – paesaggistico e della sicurezza in generale. L'assenza di una seria e approfondita analisi sulla reale pericolosità dell'area e di come l'aumento sconsiderato della esposizione, in seguito alle nuove costruzioni per migliaia di famiglie, inciderà nella valutazione di rischio.Lo squilibrio economico-finanziario è evidente in questo progetto, visto che l'implementazione dei servizi e delle attività accessorie, funzionali e pertinenziali alla struttura sportiva, sarà usato per compensare l'enorme costo (270 milioni) delle opere d'urbanizzazione necessarie, a fronte dell'esorbitante cifra di 340 milioni del costo dello stadio.
Quindi, dal punto di vista delle infrastrutture per la mobilità e le opere di urbanizzazione, il loro costo abnorme è funzionale all'intera trasformazione urbanistica e non al solo stadio o alla riqualificazione della zona. La concessione dei diritti edificatori, per circa un miliardo di euro, serve a compensare i costi di urbanizzazione che risultano principalmente funzionali alle opere compensatrici. Una spirale infernale, in grado di divorare territorio e risorse pubbliche a danno dei cittadini!
Marino e Caudo possiamo considerali due bari, che oltre tutto, hanno bruciato le tappe di un iter amministrativo, ma visto per altre opere urgenti necessarie alla città. Anche in questo caso è partita una denuncia contro il Comune di Roma per il reato di falso ideologico e cioè di menzogna in atto pubblico, perché non esiste per tale opera, l'interesse pubblico, ma solo l’interesse privato.
Il Sindaco Marino, messo in difficoltà dal pressing sociale, vuole trasformare il Campidoglio in uno Stadio e forte della disinformazione che ha fatto “bere” ai tifosi della Roma, li ha invitati in Consiglio Comunale per sostenere l'approvazione della delibera n.83/14.
Se a Natale troveremo sotto l'albero la devastazione/cementificazione di Tor di Valle, vorrà dire che la partita l'avranno persa tutti i cittadini romani e i romanisti, ma l'avranno vinta gli amerikani della Goldman Sachs, Nike e Walt Disney portati nella Capitale da Pallotta, con il collaborazionismo interessato di Parnasi e dell'utile idiota di Marino.

lunedì 22 dicembre 2014

Gli enigmatici "NOI" di Salvini

Mario Saverio Morsillo

Alla fine, il deputato europeo Matteo (! Un nome, una disgrazia) Salvini ha sciolto l’angoscioso dilemma che angosciava i leghisti di tutto il Paese: con che simbolo, e quale logo, si presenterà la Lega-Nord- non – Nord al Sud ed al centro della Penisola? E manterrà il colore verde- miseria, che la contraddistingue presso le operose popolazioni della subalpina Padania?
L’arcano è svelato. Il verde- miseria si è scisso nei due colori della raccapricciante bandiera della UE prodiana, giallo e blu. Sparisce Alberto da Giussano, che, essendo nemico del tedesco Barbarossa, evidentemente non può rappresentare i terroni-utili-idioti del Matteo lumbard; tedeschi e meridionali sono alleati almeno dal tempo di Federico II.
Ed allora, a fare gli ‘alleati’ del barbettino pornodivo (si è fatto fotografare nudo per la copertina di un magazine dedicato a famiglie, nonne e mamme; altro che Nicole Minetti!!), non restano che i NOI.
NOI? E chi sono costoro? Fatemi pensare: Noi è il titolo di un patetico romanzo di Walter Veltroni, ma lui è fuori gioco; Veltroni flirta con BerlusKoni, ed in più è romano. Ma allora i NOI a cui si riferisce… Ricordiamoci un attimo: nelle tornate elettorali dal 2008 al 2010 si sono presentate in tutta l’Italia meridionale, ma soprattutto nelle regioni ad alta densità criminale, liste civiche in appoggio al centro-destra chiamate NOI. Questi NOI, si è scoperto subito, erano persone colluse con le mafie., se non mafiosi esse stesse.

Signor deputato europeo Salvini, sono questi i NOI che la appoggiano? Quegli stessi che prendono soldi delle nostre tasse per gestire l’emergenza profughi, e che intascano tutto allo scopo di peggiorare il problema ed avere appalti ancora più sostanziosi? E’ perciò che la appoggiano, signor conduttore di una radio fallita Matteo Salvini?

La Figc di Cassino aderisce all'appello per la Costruzione del PcdI

Enrico Maria Scappaticci Segretario FGCI Cassino

Sabato 20 Dicembre presso il Centro Congressi Cavour a Roma, si è tenuta l’assemblea nazionale dell’associazione “Ricostruire il Partito Comunista”, che ha visto la partecipazione di notevoli esponenti e militanti della sinistra che hanno aderito all’appello. Nei vari interventi tutti, giovani e non, hanno confermato la necessità di un Partito Comunista collocato in un fronte ampio della sinistra di classe. Nel dibattito è intervenuto anche Piergiovanni Alleva (giuslavorista consulta giuridica FIOM-CGIL), il quale ha sottolineato gli aspetti negativi che porterà la riforma del Jobs Act sul mercato del lavoro :  “Una scelta di destra che precarizza il lavoro e riduce i diritti”. Un altro intervento di notevole importanza è stato quello di Bassam Saleh (giornalista palestinese), che ha ribadito l’importanza di una presenza anti-imperialista in Italia, condannando anche le barbarie commesse dall’imperialismo israeliano contro il popolo palestinese. Preso atto delle politiche neoliberiste portate avanti dal governo Renzi, che precarizzando il lavoro, hanno portato la disoccupazione giovanile alla soglia del 50 %, la FGCI Cassino aderisce in toto all’appello “Ricostruire il Partito Comunista”. In questo quadro facciamo un appello a tutti i giovani, studenti e disoccupati, a partecipare all’assemblea che si terrà a Cassino a fine Gennaio per la costruzione del “Partito Comunista D’Italia”.    

                                 

L’Accordo segreto Cuba-USA-Vaticano e la lotta di classe

Comitato centrale (nuovo)Partito comunista italiano

Con l’Accordo annunciato il 17 dicembre da Raul Castro e da Barack Obama, i gruppi imperialisti USA mirano a integrare nuovamente Cuba nel sistema imperialista mondiale e a rafforzare la guerra che conducono contro i popoli dell’America Latina, in particolare contro il Venezuela ora colpito anche da sanzioni, per ristabilire il loro pieno dominio sul continente!

Le criminali manovre dei gruppi imperialisti USA sono destinate alla sconfitta perché la rinascita del movimento comunista è in corso in tutto il mondo e la crisi generale del capitalismo restringe i loro margini di manovra e rende sempre più precario il loro potere negli USA e a livello internazionale!

I progressisti di tutto il mondo in questi giorni giustamente festeggiano la liberazione dei tre combattenti cubani prevista dall’Accordo. Essi erano da 16 anni imprigionati nella carceri USA per aver fatto fallire alcune delle criminali operazioni terroristiche contro Cuba perpetrate dal governo federale USA direttamente con propri agenti o tramite fuoriusciti reazionari cubani venduti all’imperialismo.
Altrettanto giustamente i progressisti di tutto il mondo festeggiano il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli USA: il governo federale USA le aveva rotte 54 anni fa nel quadro delle varie criminali misure aggressive con cui da allora i gruppi imperialisti USA hanno cercato di soffocare la rivoluzione cubana. La mancanza di relazioni diplomatiche favoriva le loro manovre criminali. Il ristabilimento delle relazioni diplomatiche è il riconoscimento che le loro manovre non sono servite allo scopo.
Ma con l’Accordo del 17 dicembre i gruppi imperialisti USA cambiano linea per raggiungere lo stesso obiettivo. La sinistra borghese è talmente accecata dalla rincorsa alla pace sociale e dal rifiuto e dalla denigrazione della lotta di classe del proletariato (“storia di errori e orrori” secondo Fausto Bertinotti e Paolo Ferrero), da non capire il corso delle cose. Anche di fronte all’Accordo del 17 dicembre essa si associa alla borghesia imperialista e al suo clero agli ordini del Vaticano e presenta alle masse popolari l’avvenimento come la conferma che la storia dell’umanità è il risultato della buona volontà e delle buone intenzioni degli esponenti della borghesia imperialista: nel caso concreto, di Barack Obama e del papa Bergoglio. Neanche il silenzio di Fidel Castro sull’Accordo del 17 dicembre induce la sinistra borghese a chiedersi il perché delle cose.

I gruppi imperialisti USA per loro natura non possono rinunciare all’obiettivo di integrare nuovamente Cuba nel sistema imperialista mondiale. Cuba socialista non solo li priva di un campo dove fare i loro affari meglio di come li fanno in Messico, in Honduras e in altri paesi dell’America Latina sfruttando l’alto livello scolastico della popolazione cubana, ma fornisce un potente stimolo e sostegno a tutti i movimenti progressisti e socialisti dell’America Latina, come si è visto quando alla fine degli anni ’90 Hugo Chavez e il movimento bolivariano da lui capeggiato hanno preso il potere in Venezuela e dato il via al “socialismo del XXI secolo”.
I gruppi imperialisti USA per loro natura non possono rinunciare all’obiettivo di ristabilire il loro dominio completo in America Latina e la crisi generale del capitalismo rende questo obiettivo ancora più necessario e urgente per loro. Prova ne è che mentre con la Corte Pontificia contrattavano in segreto l’Accordo del 17 dicembre con Cuba, hanno intensificato la loro guerra sovversiva e terroristica contro il Venezuela, vi hanno aggiunto sanzioni economiche e stanno cercando di stroncare il sistema economico della rivoluzione bolivariana, largamente basato sull’impiegare la rendita petrolifera per il benessere delle masse popolari e per lo sviluppo economico e civile del paese. La Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti ha fatto crollare il prezzo del petrolio quasi della metà, da più di 100 a circa 60 dollari al barile. È la tattica, applicata allora al prezzo del rame, con cui negli anni ’70 hanno creato in Cile il terreno per il colpo di Stato contro il governo Allende.
La nuova linea adottata dai gruppi imperialisti USA per integrare nuovamente Cuba nel sistema imperialista mondiale fa leva su alcuni aspetti della politica seguita da alcuni anni a questa parte dalla direzione del Partito comunista cubano. Da alcuni anni Raul Castro e i dirigenti prossimi a lui sostengono che Cuba incontra difficoltà per risolvere le quali occorre stabilire un maggiore legame economico tra Cuba e il sistema imperialista mondiale e dare maggiore spazio in Cuba all’iniziativa economica privata cubana e straniera. Ovviamente la nuova direzione del Partito comunista cubano dichiara che sia il legame con il sistema imperialista sia l’iniziativa economica privata non significano la rinuncia al socialismo, ma contribuiranno a porre basi più solide per un successivo ulteriore rafforzamento sia del socialismo sia del ruolo positivo di Cuba in sede internazionale. Ma le dichiarazioni e le buone intenzioni di per sé non garantiscono nulla. Lo si è visto in Unione Sovietica dove le belle dichiarazioni di Kruscev hanno aperto la via alla decadenza e alla disgregazione del paese. Lo si è visto in Cina dove le promesse di Teng Hsiao-ping hanno portato a un paese dove un pugno di nuovi ricchi sfrutta la massa della popolazione e inquina il paese intero, reso politicamente sempre più fragile e più esposto alle manovre della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Lo si è visto in molti altri dei primi paesi socialisti reintegrati oramai nel sistema imperialista mondiale e governati dagli storici oppositori del socialismo.

Sarebbe tuttavia sciocco da parte nostra pretendere di dire quale linea i comunisti cubani dovrebbero seguire. Ogni misura concreta combina una concezione del mondo, principi generali con l’analisi concreta della situazione concreta. Sta al partito comunista cubano spiegare le ragioni della sua politica, dato che l’elevazione della coscienza delle masse popolari è un aspetto essenziale del comunismo, mentre tramare in segreto è la prassi normale della borghesia imperialista e del clero vaticano, degli sfruttatori in generale. Solo i comunisti cubani e le masse popolari cubane possono trovare la strada per costruire il futuro del loro paese e quindi anche decidere del ruolo che esso avrà nel mondo. Il marxismo insegna che compito dei comunisti non è elaborare interpretazioni del mondo, ma trasformarlo: cosa che si impara solo facendola. È proprio della sinistra borghese proporre progetti che restano sulla carta anziché impegnarsi a trasformare il mondo e quindi scoprire quale è la linea di trasformazione propria del mondo che bisogna seguire per trasformarlo effettivamente: da un seme possiamo far nascere una pianta, non una sinfonia né una scorreggia. Compito di noi comunisti italiani è instaurare il socialismo in Italia: questo è anche il principale contributo che diamo alla rivoluzione socialista o di nuova democrazia degli altri paesi. 
Proprio per questo combattiamo anche la propaganda disfattista o denigratoria che la sinistra borghese compie nel nostro paese. La sinistra borghese cerca di distogliere le masse popolari dalla rivoluzione socialista illustrando, ingigantendo e mistificando le difficoltà accampate dalla direzione del Partito comunista cubano, presentando gli oppositori del socialismo e gli aspiranti borghesi come “masse popolari cubane”: secondo la sinistra borghese sarebbero la dimostrazione che il socialismo non è possibile. A fronte della propaganda della sinistra borghese noi portiamo gli insegnamenti dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria.
Questa ha mostrato che un paese socialista è in grado di progredire, di svilupparsi in ogni aspetto della vita in conformità agli interessi delle masse popolari e di avanzare in ogni campo che interessa le masse popolari a velocità maggiore dei paesi ancora capitalisti. Ha mostrato anche che ogni paese socialista è in grado di far fronte con successo alla controrivoluzione interna e internazionale.
I successi conseguiti dall’Unione Sovietica nei primi quaranta anni della sua esistenza (1917-1956) in ogni campo della vita economica e sociale e la sua vittoria nella guerra civile (1918-1920), nella guerra contro la contemporanea aggressione di tutte le potenze imperialiste, nella resistenza al blocco economico con cui le stesse potenze cercarono di soffocarla e infine (1941-1945) nella guerra contro l’aggressione della Germania nazista, ne sono la dimostrazione irrefutabile.
Lo stesso dimostrano i grandi progressi compiuti in tutti i campi dalla Repubblica Popolare Cinese nei primi trenta anni della sua vita (1949-1979) nonostante il blocco economico e le azioni sovversive dei gruppi imperialisti più potenti del mondo.
Lo stesso dimostra la sconfitta inflitta dal popolo vietnamita prima agli imperialisti francesi (1945-1954) e poi agli imperialisti americani (1954-1975).
Lo stesso dimostra la stessa esperienza di Cuba: Cuba è di gran lunga il paese dell’America Latina in cui le differenze sociali sono minori e il paese meglio attrezzato per prevenire o far fronte alle calamità naturali. È l’unico paese dell’America in cui i beni e i servizi indispensabili per la vita sono assicurati a tutta la popolazione, dove tutti possono godere dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria e dove anche la parte più povera della popolazione è incoraggiata in mille modi a partecipare alla vita politica. Benché nella lotta in seno al movimento comunista internazionale iniziata nel 1956 il Partito comunista cubano abbia sempre sostenuto il revisionismo di Kruscev e di Breznev, Cuba ha dato per molti anni un grande aiuto militare e organizzativo a molti movimenti rivoluzionari dell’America Latina, dell’Africa e del Medio Oriente: persino Nelson Mandela ha reso omaggio, anche dopo la resa ai gruppi imperialisti, all’aiuto che Cuba socialista ha dato alla lotta contro l’apartheid appoggiato dai gruppi imperialisti.  Anche negli ultimi decenni Cuba ha dato un grande sostegno ai movimenti progressisti di altri paesi, in particolare dell’America Latina: la svolta impressa al Venezuela e al resto dell’America Latina dal movimento capeggiato da Hugo Chavez ha ricevuto un inestimabile e multiforme sostegno da parte di Cuba. Cuba fornisce ancora oggi molti aiuti alle masse popolari di altri paesi, soprattutto nel campo dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria.
Ma l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha dimostrato anche che ogni paese socialista è sì in grado di far fronte con successo alla controrivoluzione interna e internazionale e di progredire in campo economico e negli altri campi della vita delle masse popolari, ma alla condizione che la sinistra del partito comunista sappia impedire che la destra del partito prenda il sopravvento e assuma la direzione del paese.
Ha dimostrato anche che tutte o almeno gran parte delle istituzioni politiche, economiche e sociali di un paese socialista devono essere dirette da persone dedite senza riserve alla causa del comunismo e da organismi decisi a proseguire a ogni costo la marcia verso il comunismo, sicuri di poterlo fare perché il processo che essi promuovono trasforma la società borghese secondo la sua propria linea di sviluppo, le fanno compiere lo sviluppo che essa deve compiere mossa dalle sue proprie contraddizioni (come una donna incinta che deve a tempo debito partorire) e che i comunisti promuovono facendo leva sui presupposti del comunismo (sulle condizioni oggettive e soggettive del comunismo) fino ad un certo punto già maturati nella società borghese.
Ha dimostrato anche che per compiere con successo quest’opera i comunisti devono assimilare profondamente il materialismo dialettico e la concezione comunista del mondo fino a usarli con maestria come metodo per conoscere e trasformare la società.
Ha dimostrato anche che il processo che i comunisti promuovono è tanto più facile quanto maggiore è lo sviluppo che il capitalismo ha raggiunto nel paese, ma che in ogni partito comunista inevitabilmente si riproduce ripetutamente uno scontro tra due linee:
- la linea di quelli (la sinistra del Partito) che di fronte alle difficoltà dell’avanzata verso il comunismo (alle doglie del parto) scoprono le vie da seguire facendo con il materialismo dialettico e la concezione comunista del mondo l’analisi concreta della situazione concreta,
- la linea di quelli (la destra del partito) che sono influenzati dalla borghesia e dalle vecchie classi dominanti, sono succubi delle abitudini che ereditiamo dalla storia di divisione e oppressione di classe che abbiamo alle spalle, pensano di risolvere le difficoltà della società socialista adottando i metodi di direzione della borghesia.
La sinistra dirige la società facendo leva principalmente sulla mobilitazione delle masse popolari, sull’elevamento della loro coscienza e sul rafforzamento della loro organizzazione. La destra dirige la società facendo leva principalmente sulla sottomissione delle masse popolari ai piani e ai programmi elaborati dai dirigenti e sui benefici che una parte di esse trae dalla loro esecuzione: una linea che produce inevitabilmente clientelismo, corruzione dei dirigenti, inerzia e disgregazione delle masse popolari, arretramento. Kruscev nel 1956 avviò la corrosione e la decadenza dell’Unione Sovietica facendo adottare programmaticamente, sistematicamente ed esclusivamente questo secondo metodo di direzione con il pretesto che era grazie a quel metodo di direzione che i gruppi imperialisti USA avevano alzato il livello di vita medio della popolazione molto più in alto di quello medio dell’URSS. Kruscev nascondeva
1. che i gruppi imperialisti USA stavano godendo di un periodo di ripresa e sviluppo dell’accumulazione del capitale grazie alla fine, a seguito della seconda Guerra Mondiale, della prima crisi generale del capitalismo,
2. che i lavoratori americani godevano delle ricadute che l’avanzamento del movimento comunista nel mondo aveva in tutti i paesi imperialisti,
3. che il livello medio di vita della popolazione USA nascondeva differenze abissali tra ricchissimi e poverissimi (due polli a uno e zero polli a un altro, fanno in media un pollo a testa), mentre in URSS lo scostamento dei privilegiati e dei più modesti dal livello medio era piccolo,
4. che i gruppi imperialisti USA disponevano dei sovrapprofitti estorti alle masse popolari dei paesi oppressi dal sistema imperialista mondiale,
5. che mentre l’URSS era partita da un livello arretrato nel 1914 e aveva subito le distruzioni di due guerre mondiali, della guerra civile, dell’aggressione delle potenze dell’Intesa e nonostante questo aveva ricostruito e fatto enormi progressi, gli USA erano già all’inizio del XX secolo il paese più ricco e avanzato del mondo e la prima potenza mondiale e avevano tratto enormi vantaggi economici dalle due guerre mondiali.
Kruscev era un truffatore, quali che fossero le sue soggettive intenzioni. Oggi le masse popolari dei paesi che componevano l’Unione Sovietica e quelle di tutto il mondo pagano le conseguenze atroci della sua opera nefasta e truffaldina continuata da Breznev e completata da Gorbaciov.
La decadenza e il crollo dei primi paesi socialisti sono ovunque stati causati non dall’esterno (dall’attacco della borghesia imperialista e del suo clero), ma dall’interno (dal fatto che la sinistra del Partito comunista non ha saputo, a causa dei suoi propri limiti nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe, impedire che l’ala destra del partito, quella che subisce l’influenza della borghesia e si giova del sostegno della borghesia e di quanto di arretrato ereditiamo dalla storia, prendesse la direzione del paese).

Stante questi insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria, siamo certi che, quali che siano le intenzioni di Raul Castro e dei dirigenti cubani riuniti attorno a lui, gli effetti reali dell’Accordo del 17 dicembre tra Cuba e gli USA con il patrocinio del Vaticano dipendono in definitiva dalla rinascita del movimento comunista nel mondo, quindi anche dal contributo che noi diamo ad essa promuovendo la rivoluzione socialista nel nostro paese, un grande paese imperialista sede della Corte Pontificia. Le masse popolari cubane sperimenteranno ben presto gli effetti immediati di quell’Accordo contrattato in gran segreto e nell’eloquente silenzio di Fidel Castro, perché dovranno difendersi dai gruppi imperialisti che già si aggirano nel cielo di Cuba come avvoltoi avidi dei profitti che possono ricavare sfruttando le masse popolari cubane e quello che con il socialismo esse hanno finora costruito e creando a Cuba un pugno di nuovi ricchi a spese della massa della popolazione. Gli effetti immediati dell’Accordo li sperimenteranno ben presto anche le masse popolari dell’America Latina e di altri paesi che ancora oggi ricevono da Cuba aiuti di vario genere che i gruppi imperialisti USA cercheranno in ogni modo di far cessare.

Quanto a noi comunisti italiani, noi lotteremo con tutte le nostre forze per accelerare la rinascita del movimento comunista nel mondo e quindi principalmente per instaurare il socialismo nel nostro paese. In questo modo renderemo vani anche i nuovi sforzi compiuti con pallottole zuccherate dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e dal Vaticano per protrarre il loro dominio sul mondo nonostante la crisi generale del loro sistema sociale e del loro sistema di relazioni internazionali. 

domenica 21 dicembre 2014

Un sabato da vomito...ma a Natale siamo tutti più buoni

Luciano Granieri




Mentre il Senato veniva umiliato dal "suo" governo, il quale pretendeva di far votare una legge che in aula non arrivava mai, persa nei meandri della ragioneria dello Stato, lui Matteo piè veloce si faceva bello davanti ad un gruppo di ragazzetti ammaestrati nella trasmissione “Un mondo da amare”. 

Mentre il vice ministro all’economia Morando sbianchiettava qua e là un testo pasticciato, per renderlo compatibile alla bollinatura dei ragionieri di Stato, lui Matteo, con la pelosa e ributtante complicità della nazional-popolare Antonella Clerici e di Bruno, lingua di velluto, Vespa , cercava di fermare la sua caduta d’immagine usando bambini addestrati a fare il coro al formidabile, buono, bravo e comprensivo Presidente del Consiglio. 

Da vomitare. Da un lato l’insipienza del Governo raggiungeva l’apice nel presentare ai Senatori un testo arrivato in aula con ore di  ritardo perché scritto con i piedi, e per giunta chiedendo la fiducia su un provvedimento dove i commi e gli articoli comparivano e sparivano come fantasmi. Dall’altro lui ,l’artefice di tutto sto’ casino, si beava del suo consenso finto  costruito ammaestrando gioiosi infanti. Roba da chiedere l’intervento di telefono azzurro. 

Una tale  combinazioni di nauseabondi scenari non si era mai vista, neanche nelle peggiori stagioni berlusconiane. Ma ciò che sorprende non è il comportamento di Renzi, dei suoi ministri, ma l’assoluta mancanza di dignità dei Senatori e di certi genitori. 

Che dignità ha  un parlamentare, che rinuncia  ogni volta alla sua prerogativa di proporre e discutere le leggi? Quale la dignità di Deputati e Senatori che accettano di votare a scatola chiusa una legge delega  sul lavoro senza neanche sapere cosa il governo ci metterà dentro?  Non sentono costoro un profondo senso di vergogna nell’accettare la presa in giro di un Esecutivo  che li spinge  a votare la fiducia al testo di bilancio, prima scomparso nel tragitto fra Camera e Senato   e poi ricomparso modificato, stravolto, secondo logiche  sconosciute a coloro che avrebbero dovuto approvarlo? 

Del resto che dignità possono avere dei figuri i quali  applaudono al vecchio  Napolitano che li insulta in diretta TV  davanti al mondo perché, nell’incapacità di eleggere un Presidente della Repubblica, lo hanno pregato in ginocchio di riprendesi la poltrona contro ogni logica costituzionale?  

Ma anche i genitori di quelle scimmiette ammaestrate prostrate e sorridenti davanti al presidente del consiglio, non hanno un sussulto di vergogna? E’ possibile che pur di mandare  il proprio figlio ad  esibirsi in TV si sia disposti a tutto, anche a vedere il bambino trattato come un’attrazione da circo di quart’ordine? Dopo la giornata di sabato scorso, viene spontanea l’amara riflessione che siamo ormai un popolo senza speranza. 

All’apice della rabbia ci siamo immaginati la mielosa partecipazione di Renzi alla trasmissione della condotta da Vespa e della Clerici in un modo del tutto diverso rispetto a  quanto raccontato dai media. Guardate il video che segue e ve ne farete un'idea 
 Perché si sa a Natale dobbiamo essere tutti più buoni....o no?


Buona Visione.