Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 17 maggio 2013

Quando si attenta alla vita di un compressore

Movimento NOTAV


Tre giorni continui di attacchi mediatici e politici alla Valle di Susa e al movimento no tav.
Proviamo per punti a raccontare la cruda realtà:

- L’azione di lunedì notte non è stata rivendicata, le uniche notizie che rimbalzano sui giornali arrivano direttamente dalla questura e dall’interno del cantiere.
Quasi ucciso poverino!
- La realtà è che non ci sono stati feriti e l’attacco è avvenuto alle cose e non alle persone. Un compressore annerito è l’unico “ferito”. Un po’ poco per giustificare un “tentato omicidio” a meno che anche il compressore sia considerato un operaio del cantiere.
- Quando il ministro degli interni  Alfano, seguito dal solito coro bipartisan, parla “di atto terroristico e “ricerca del morto” o non sa di cosa parla o lo sa benissimo  e falsifica deliberatamente i fatti reali, usando lui sì, toni terroristici.
-Noi temiamo che qualche povero cristo ci lascerà davvero le penne immolato sull’altare della “ragion di stato” e non per mano dei NO TAV, ma per cancellare i NO TAV dalla Storia e tutto questo ricorda maledettamente la “strategia della tensione” degli anni ’70 e 80.
- Ribadiamo che il tagliare le reti e il colpire macchinari sono azioni non violente.
- Il giorno dopo l’azione il piccolo presido no tav a ridosso delle reti è stato completamente devastato (da chi? visto che lì o ci sono i no tav o le forze dell’ordine?)… ma nessuno chiaramente ne parla…
- Ci chiediamo dove siano stati i ministri in questione che oggi sputano dure sentenze, quando le forze dell’ordine picchiavano e lanciavano lacrimogeni contro manifestanti inermi.
- Ci chiediamo dove fosse lo Stato quando la polizia  compì un tentato omicidio durante lo sgombero della baita Clarea nel febbraio 2012, senza neanche fermare i lavori.
- Denunciamo come pretestuosa e intimidatoria la richiesta del senatore Stefano Espositodi procedere contro il giornalista Fabrizio Salmoni per “Istigazione a delinquere e minacce”, per il suo articolo C’è lavoratore e lavoratore: per esempio ci sono i crumiri“, ampiamente ripresa dai giornali e TV, mistificando il reale contenuto dell’articolo.
- Il ministro degli interni dovrebbe preoccuparsi delle ditte che lavorano all’interno del cantiere: l’altro ieri è arrivata la Pato Perforazioni di Rovigo: ditta a cui il 13 marzo è stata tolta la certificazione antimafia e guarda caso adesso lavora al cantiere della Maddalena aggiungendosi alle già molte altre ditte che hanno subito condanne in via definitiva per bancarotta fraudolenta, tangenti..ecc ecc.
-Così facendo svendono la nostra terra ai soliti mafiosi impuniti, sono complici della distruzione irreversibile della Val Clarea e in altre porzioni della valle, infischiandosene della vita e del futuro di chi la abita.
- Se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti si sbagliano. Noi a Chiomonte continueremo ad andarci e inizieremo da venerdì con l’ inizio della tre giorni di campeggio, che è un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento no tav sta organizzando
16 maggio 2013
Movimento NOTAV

Basta cemento. Ridateci una tranquilla cittadina da vivere

 fonte: http://www.oltreloccidente.org/


Mentre la città tracolla sotto i colpi della disoccupazione, della chiusura delle attività, della perdita del lavoro, della alienazione dei beni, della riduzione dei servizi e del loro costo oramai fuori dalle possibilità della stragrande parte dei cittadini, si “rinfoca” il dibattito sulla costruzione del nuovo teatro, ancora una volta attizzato dalle forze di “opposizione” che attribuiscono al cemento un sinonimo di sviluppo.
Qualche anno a Frosinone fu riconosciuto un finanziamento per la costruzione di un teatro. SI pensava ad una struttura leggera, una specie di teatro tenda, ma la giunta Marini, in particolare l’assessore Mostarda, si oppose per cercare una strada per un “vero” teatro, uno lirico, da 800 posti in località casaleno! Una cosa che in Italia non si vede da decenni o più!
Ora fermo restando i dubbi sulla reale necessità del progetto dal punto di vista della politica e della tradizione culturale della città su cui poi torneremo, perché bruciare dai 12 ai 14 milioni di euro per l’ennesima cattedrale nel deserto. I soldi non sono nostri replicherebbero i fautori. Sbagliato. Perché se pure parte del finanziamento iniziale proviene da altre casse non è chiaro l’impegno nella costruzione da parte dell’ente e è poi comunque l’Amministrazione Comunale che definisce completamente il progetto con i servizi e le infrastrutture. Ricordiamo che Frosinone è una città di 48 mila abitanti…. A meno di 1 ora da Roma, la più popolosa città d’Italia.
E se pure i fondi dovessero essere trovati quanto costa il mantenimento di una struttura a regime? 300 mila euro all’anno, almeno. Quali manifestazioni di grande rilievo dovrebbero essere organizzate? E se pure vi si riuscisse, a quali prezzi per la popolazione?
La politica di sviluppo della città attraverso investimenti in mega strutture non è nuova, ma anzi si ripropone a ogni piè sospinto. La ricchezza della nostra imprenditoria passa soprattutto per l’edilizia e il riproporre grosse costruzioni con mega finanziamenti è il leit motiv costante nel tempo: l’ospedale nuovo di dimensioni medie, è costato almeno 100 milioni di euro; lo stadio Casaleno iniziato più volte, ma mai terminato completamente avrebbe previsto l’ospitalità di oltre 20.000 sportivi sulle tribune – la media oggi delle presenze degli spettatori alla partite del Frosinone forse è di 1500; le tribune acquistate e montate al Matusa sono costate tra i 3 e i 4 milioni di euro e, da quando vi sono una sola volta c’è stato il tutto esaurito, con la Juventus (il prossimo incontro è previsto fra una cinquantina d’anni); il palazzo dello sport Città di Frosinone con 2500 posti a sedere e ampliabile fino a 3500; la piscina olimpionica di 25 metri costata una tombola nella dubbia legalità.
Proprio su queste ultime strutture si potrebbe aprire una riflessione più profonda sulla reale necessità di averle così grandi, poco flessibili, molto costose, difficili da gestire e senza essere utilizzate per una politica di avvicinamento allo sport da parte dei giovani.
Il palasport Città di Frosinone fin dalla sua apertura è stato utilizzato dalla squadra di pallacanestro di Veroli, che sembra non abbia mai versato alcuna quota prevista per l’utilizzo della struttura (tra 400 e 500 mila euro). Poi è sopraggiunta una a altra squadra di Sora che essendo “fuggita” di corsa nel nuovo palasport di Sora, si pensa, non abbia versato alcuna quota lasciando un debito di oltre 100 mila euro per l’uso della struttura. Due anni fa finalmente si sono affacciate le squadre frusinati nell’utilizzo del palasport: la squadra in serie A2 femminile che sembra essere una società in crescita, ma che vanta debiti nell’uso del campo; il calcetto di serie A letteralmente volatilizzato dopo un anno senza aver mai messo mai al portafoglio; la squadra di basket di Frosinone, scomparsa di campionati per motivi economici…
Quindi uso continuativo del campo per partite e allenamenti ma costi a totale carico dei contribuenti frusinati, nonostanti ci siano accordi che chi utilizza il campo debba pagare: in questi anni il costo per il mantenimento della struttura è stato circa 1/1,5 milioni di euro.
Era necessario una struttura del genere per fare queste attività? La media spettatori del Veroli in questi anni è stata sempre la più bassa di tutta la serie A (1200 spettatori circa a partita); la Globo gioca a Sora in un palazzo dello sport che è la metà di quello di Frosinone; l’IHF ha raggiunto il massimo degli spettatori con i playoff di quest’anno circa 600 persone. Del resto sorvoliamo…
La politica dello spettacolo apparente, del circo mediatico, in luogo della crescita complessiva dello sport come occasione di educazione alla partecipazione e integrazione sociale. Questo è la scelta che la politica favorisce e che i cittadini pagano.
Idem con patate per la gestione della piscina comunale. Questa struttura costa molto di più del palasport e anch’essa vive con difficoltà il rapporto con il Comune. Vive anche con difficoltà il rapporto con la giustizia visto che questa struttura rientra nelle indagini degli scandali dei mondiali di nuoto. La struttura gestita dalla Federazione Italiana Nuoto ha provocato una serie di contraccolpi nelle piscine già presenti nel capoluogo e comuni limitrofi – leggasi abbandono di utenti. Ha trovato e trova notevoli difficoltà nel pagamento delle bollette e il Comune è venuto in aiuto, nonostante il labile confine tra attività sportiva, quella per la quale la FIN dovrebbe unicamente svolgere attività, e quella di una piscina per tutti.
Le strutture per offrire spettacoli culturali a Frosinone esistono? Vediamo: auditorium Paolo Colapietro di via Grappelli potenzialmente da 400 posti se vi fosse la necessaria agibilità; casa della cultura oggi chiusa ma appunto luogo di attività da 150 posti; il teatro Nestor con circa 1200 posti a sedere che necessità di funzionale impianto antincendio per ritornare a veder svolte le attività teatrali e musicali (l’agibilità per il teatro e la musica fu tolta, guardacaso, proprio in concomitanza del bando per i finanziamenti per il teatro…); sotto il grattacielo c’è una magnifica sala musicale che può ospitare circa 800 persone. In ultimo l’Amministrazione ha acquistato il teatro Vittoria che potrà avere circa 300 posti a sedere – sempre se si troveranno i fondi per rimetterlo in sesto. Lo stesso palasport ospita concerti e spettacoli con grande afflusso di pubblico.
Il problema che si pone a nostro parere non è nella quantità delle strutture quindi ma nel loro utilizzo, nella loro apertura, nella politica culturale che la città si vuole dare e nell’idea appunto che la cultura, lo spettacolo, la musica e il resto siano il fondamento della vita dei cittadini.
Ma non c’è solamente la costruzione del teatro all’orizzonte. Oltre all’”abbelamento” delle terme romane, torna in auge lo stadio e la svendita dell’area del Matusa? Nel bilancio dell’ente, lato investimenti, sono previsti guarda un po’ 23 milioni di euro per nuovi impianti sportivi. Nei quotidiani in questi giorni si dibatte della “città dello sport”….
Nulla vieta ai nostri amministratori di raccontarci che il cemento armato è cultura o sport. Trasparente però deve essere la spesa che esso comporta al momento e nei tempi futuri. I cittadini devono sapere quanto realmente costano e soprattutto quanto a loro è stato e sarà tolto in servizi, lavoro, scuola, vivibilità ma anche nella cultura e nello sport per tutti.
LA CITTA’ FRANA. CHE NE DITE CI FACCIAMO UN FACE TO FACE SUL FUTURO DELLA POLITICA E DELLA VIVIBILITA’ NELLA NOSTRA TERRA?

Impugnazione decreto CSS

Raggio Verde-Retuvasa-Forum Ambientalista 


“Le associazioni Raggio Verde, Rete per la Tutela della Valle del Sacco, Forum Ambientalista  impugnano il Decreto del Ministero dell’Ambiente sui Combustibili Solidi Secondari”


Le associazioni Raggio Verde, Rete per la tutela della Valle del Sacco, Forum Ambientalista in data 13 maggio 2013, hanno impugnato il Decreto del Ministero dell’Ambiente sui Combustibili Solidi Secondari. Il decreto stabilisce quando i Combustibili Solidi Secondari (CSS) cessano di essere qualificati o qualificabili come rifiuti per poter essere utilizzati come combustibile in impianti come i cementifici, in luogo o in aggiunta dell’attuale alimentazione di tipo fossile.
Con successivo decreto, anch’esso impugnato dalle associazioni, il Ministero ha anche ritenuto di integrare i poteri conferiti al Commissario Sottile per l’emergenza ambientale della Provincia di Roma, il quale potrà, anche d’ufficio, autorizzare gli impianti di Trattamento Meccanico Biologico della Provincia di Roma a produrre il CSS che può essere utilizzato anche in impianti che attualmente utilizzano  CDR, come gli inceneritori.

Nella redazione di tali decreti, il Ministero dell’Ambiente sembra aver voluto più perseguire l’obiettivo di trovare una soluzione all’emergenza rifiuti e favorire impiantistica di per se alquanto pericolosa e dannosa per la salute, piuttosto che introdurre norme che regolino in maniera stringente la produzione e l’utilizzazione di CSS-Combustibile, non rispettando oltremodo la gerarchia dei rifiuti imposta dalle direttive europee.

Basti pensare che la cessazione di qualifica del CSS come rifiuto è determinata da un’autocertificazione dello stesso produttore di conformità della classificazione (vale a dire –tra l’altro- delle percentuali di mercurio e cloro) del suo prodotto alle norme UNI e che solo per un mese il produttore deve conservare il campione relativo a tale “autocertificazione”. Inoltre il produttore deve effettuare un esame sulla specificazione (composizione per metalli pesanti, ecc..) del CSS-Combustibile per lotto e se accerta la non conformità del prodotto, non è nemmeno tenuto a verificare la specificazione dei sottolotti che compongono il lotto.

L’assenza di controlli efficaci sulla produzione del CSS-combustibile espone ed esporrà l’ambiente e la salute pubblica a danni ulteriori, se solo si considera che la produzione e l’utilizzo del CSS-Combustibile sprigiona metalli pesanti e diossine talora superiori agli ordinari combustibili fossili.

Il nostro appello si rivolge a tutti i cittadini attivi sul suolo nazionale e nella Regione Lazio, a partecipare ad adiuvandum al ricorso proposto, contattando per informazioni l’avvocato Vittorina Teofilatto al 3389213916.

Roma, 15.05.2013

Raggio Verde – 338.9213916 - raggioverdenazionale@gmail.com
Rete per la Tutela della Valle del Sacco - 335.65.45.313 - retuvasa@gmail.com  
Forum Ambientalista -  06.45.44.99.48 - posta@forumabientalista.org

giovedì 16 maggio 2013

Comune di Frosinone: Evviva le privatizzazioni

fonte: http://www.oltreloccidente.org/


La privatizzazione dei servizi pubblici è la logica conseguenza di chi prova a far pagare i proclamati debiti dell’ente alla popolazione tutta e in special modo alle persone che vivono con redditi medio/bassi.La proposta della privatizzazione avanzata dal Comune di Frosinone non è altro che uno dei tasselli della delibera del cosiddetto predissesto, il decreto salvacomuni, che per rientrare nei parametri del pareggio di bilancio, che viene calcolato su base annua e non pluriennale, produce l’effetto inevitabile del taglio continuo e permanente della spesa sociale, spingendo l’ente così definitivamente a svendere tutti gli averi e servizi.
Con l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario si prevede per l’intera cittadinanza e per 10 lunghi anni: ALIQUOTE E TARIFFE DEI TRIBUTI LOCALI NELLA MISURA MASSIMA CONSENTITA; RIDUZIONE DELLE SPESE DEL PERSONALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE; RIDUZIONE DELLE SPESE PER PRESTAZIONI DI SERVIZI E INEVITABILE DIMINUZIONE DEGLI STESSI; VENDITA DEI BENI PATRIMONIALI DISPONIBILI; SERVIZI A DOMANDA INDIVIDUALE CON TARIFFE A COPERTURA TOTALE DEI RELATIVI COSTI e IL TAGLIO in bilancio dal 25 al 30% della posta per i servizi svolti dalla Frosinone MULTISERVIZI e dalle cooperative sociali e dei servizi.
Che la destra avesse una idea tutta “leggera” dell’operato dell’amministrazione comunale, questo si sapeva: soldi pubblici in mano ai privati, concorrenza, mercato, servizi solo a chi se li può permettere. I tempi spaventano. In meno di pochi mesi la città è stata ridotta senza servizi e con centinaia di lavoratori a spasso, con quei pochi servizi rimasti pagati da fame. Non contenta, l’amministrazione accelera il piano di dismissione e privatizza tutto il possibile.
Le prove di esternalizzazione dei servizi precedentemente gestiti dalla Frosinone Multiservizi sono in atto attraverso un selvaggio spezzatino di cui si avvalgono le cooperative che espletano servizi con approssimazione tecnica e professionale, alcuna esperienza, mancanza di strumenti tecnologici e macchine adeguate, a dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, della strumentalità dell’affidamento degli stessi.
Ma il Comune vuole avviare una più terribile e sottile privatizzazione a settori sensibili dei servizi pubblici essenziali, quelli tra l’altro che connotano la civiltà di una città.
Far gestire costi ed incassi a coloro che gestiranno i servizi significa che: il comune risparmia; pochi usufruiscono, a costo pieno, di ridotti servizi; salari ridotti e precarietà per i lavoratori.
Far pagare il costo per intero agli asili nido significa che le tariffe più basse saliranno di tre volte almeno, impedendo alla stragrande maggioranza delle famiglie, proprio quelle che hanno bambini piccoli, di potervi accedere. Qualche anno fa quando gli allora “sensibili” amministratori decisero che le famiglie a reddito zero ‘imbrogliavano’ la collettività, fecero pagare chi appunto non aveva reddito con il risultato che ci fu un perentorio calo di iscritti tra le famiglie più bisognose e più esposte al “mercato del lavoro”. Continuare su questa strada della privatizzazione conseguirà il solo risultato del taglio consistente del servizio (del 50%), la chiusura di 2 asili su 4.
Stesso discorso per gli scuolabus che saranno a costi elevati e con poche linee. Il pasto passerà a circa 4 euro a pasto per tutti (tanto costa al privato), con conseguente fuga dalle mense della maggior parte dei bambini.
I servizi sociali applicheranno le stesse aliquote? L’assistenza domiciliare, il trasporto dei disabili, il centro integrato saranno a costo pieno? Il centrosinistra già ci aveva in parte provato.
L’Amministrazione lamenta scarsi incassi nella copertura dei servizi da giustificare la privatizzazione. Ma i soldi delle tasse dei cittadini se non vanno a favorire i bambini, gli studenti, le famiglie, i disabili, i disagi temporanei, coloro che hanno bisogno, a cosa saranno indirizzati? Nella costruzione di cattedrali nel deserto? nel ripianare i debiti dell’utilizzo delle strutture pubbliche di privati che mai hanno coperto il costo dei servizi?
In ogni caso, se si disaggregano i dati, si scoprono numeri che non giustificherebbero un intervento così drastico, ma anzi scelte diametralmente opposte.
I costi maggiori dei servizi sono quelli del personale.Il personale degli asili nido è quasi tutto dipendente comunale (17 operatori sono della Multiservizi e “costano” circa 240.000 euro annui) di tre asili su quattro (il quarto è gestito in affidamento a cooperativa). Se intervengono i privati il personale oggi dipendente sarà spostato in altro settore e comunque il loro costo sarà sempre nelle spese correnti dell’ente. Il risparmio sarebbe veramente contenuto!
Negli scuolabus appena qualche anno fa sono stati assunti 10 autisti ed oggi li si vuole spostare in altro servizio. Le 14 assistenti scuolabus sono – erano – della Frosinone Multiservizi ed oggi costano 20000 euro al mese. Il risparmio quindi realisticamente sarebbe di circa 200 mila euro. E’ palese che se il servizio serve agli studenti, alle famiglie, alla riduzione di emissione di co2 il vero risparmio è la completa reinternalizzazione e completa riorganizzazione del servizio non certo la riduzione di esso con un costo proibitivo per le famiglie.
Lo stesso dicasi per il servizio mensa, che se reinternalizzato abbasserebbe i costi e consentirebbe a tutti i bambini di sedersi a tavola a pranzo e darebbe un salario dignitoso al personale impiegato.
Va da sé che anche per i servizi sociali. Se l’obiettivo è consentire l’accesso ai servizi per l’intera popolazione a costi contenuti la reale scelta sarebbe la reinternalizzazione non la completa privatizzazione.
Il Sindaco giustifica tali scelte anche per l’incapacità ad incassare le quote singole. Se tale motivazione  fosse un po’ vera perché non lavorare per il miglioramento del servizio riscossione? Quello dei tributi è già stato oggetto con delibera consiliare di volontà di esternalizzazione!
La cifra dell’80% di mancata riscossione è assolutamente buttata lì per spaventare: il servizio mensa, dove esiste il problema, aveva sì dei buchi neri negli incassi, circa il 15-20%, ma ciò è attribuibile alla gestione del servizio ed ad eventi collaterali, come previsioni di incassi sballati e appalti quindi sovradimensionati, ma non solo.
In verità il problema della riscossione non è nei servizi pubblici essenziali a cui i cittadini si rivolgono più per necessità che per scelta, ma per tutte quelle attività “ludico-ricreative” delle famiglie importanti del capoluogo che mentre si sollazzano dimenticano di pagare l’utilizzo di servizi e strutture alla città, e in qualche caso sono anche aiutate dalle altrettante smemorate amministrazioni che permettono, in caso di dovuto intervento, di arrivare a transazione ovviamente a favore del privato e a scapito della collettività per cifre veramente sostanziose.
Ma tant’è, l’arroganza del potere, di chi è abbiente e non rinuncia ad alcunché, è pressante e chiede ed ottiene il continuo impoverimento della città e dei cittadini. Questa è la politica di questa amministrazione. Non altra.

Luigi Preiti e Andrea Colletti

Ettore Giovenale


Gentile Andrea Colletti, deputato M5S, anche se il suo discorso ripete le parole di Grillo, apparentemente il messaggio non e' stato recepito tanto quanto quello di Preiti.


Colgo quindi occasione per ripetere che i professori nella foto della mia cerimonia di laurea NON HANNO confermato il titolo di laurea emesso da loro, con tanto di foto, firme e timbri, e mi hanno fatto fare la figura del FALSARIO... Cosa significa?



Me ne sono dovuto andare dall'Italia per essere libero di organizzare il mio dottorato di ricerca, e quando l'universita' Inglese ha contattato l'universita' di VERONA per avere informazioni del curriculum studi, i professori NON HANNO confermato il titolo emesso da loro stessi, con le loro firme sopra.



E quando la comunita' europea ha spedito DENUNCIA al tribunale di MiLANO riguardo questi fatti, il Procuratore Corrado CARNEVALI ha archiviato la denuncia nel cesso al fine di difendere una banda di mafiosi e falsari, i colleghi della pubblica amministrazione. E lo stesso ha fatto Guido PAPALIA, giusto per non smentire la moralita' delle istituzioni Italiane, ampiamente al di sopra della LEGGE.



Quindi ripeto che Preiti non e' il primo e non sara' l'ultimo, e che ci sono anch'io in lista prenotato. Per ora, mi basta che si sappia il perche'


mercoledì 15 maggio 2013

Le ganasce stringono Frosinone

Luciano Granieri


Nel parcheggio dell’ospedale Spaziani di Frosinone la ditta privata incaricata dalla Asl della rimozione delle vetture parcheggiate fuori dagli spazi destinati ha praticato con ottimi risultati lo sport  della ganascia selvaggia.  Dall’inizio di aprile ad oggi ben 700 vetture sono state immobilizzate senza che alcun pubblico ufficiale elevasse multe per divieto di sosta o redigesse verbali di rimozione coatta.

L’incauto distratto automobilista per svincolare le ruote dalle ganasce doveva pagare una sorta di riscatto agli incaricati della ditta privata che soddisfatti liberavano il veicolo. La pratica, a seguito delle denunce di alcuni automobilisti, è finita sul tavolo della procura che ha già provveduto al sequestro di due carro attrezzi e delle malefiche ganasce.

Ma oggi tutta la città è stratta nella morsa della ganasce. I cittadini frusinati per assicurare il  servizio  di mensa scolastica ai  loro ragazzi devono pagare il riscatto a ditte private, ugualmente sotto sequestro è il servizio di scuolabus,  gli asili ed altri servizi sociali di primaria importanza. Dobbiamo pagare il riscatto per liberare l’accesso a servizi fondamentali  che  il predissesstato sindaco Nicola Ottaviani ha bloccato con le ganasce di sequestratori privati .

 Il neo sindaco, dopo aver cancellato gli investimenti predisposti dalla precedente giunta Marini,  necessari a costituire la  nuova società In house "Servizi strumentali", la cui nascita era già stata deliberata  dalla Regione, destinata ad assorbire i lavoratori della Multiservizi posta in liquidazione, dopo essersi opposto in ogni modo alla disponibilità espressa  sia dalla Provincia che dai nuovi vertici regionali sulla prosecuzione dell’iter di affidamento dei servizi sociali dalla Multiservizi alla nuova "Servizi Strumentali", dopo aver mandato in malora centinaia di posti di lavoro  e provate professionalità, incarnate in uomini e donne che da quasi vent’anni si prendevano cura della città, ha sacrificato il benessere dei cittadini sull’altare della ganascia libera privata.

Il predissestato, sindaco oberato dai buffi  fuori bilancio che le  malefiche scrivanie degli uffici contabili comunali continuavano a vomitare dai propri cassetti, ha deciso che questi debiti, veri o presunti dovevano rimanere a carico dei cittadini. Parliamo di scrivanie diaboliche che  sono riuscite, grazie al loro velenoso contenuto, a far lievitare un debito di bilancio da duemilioni e cinquecentomila euro, come presentato dalla giunta Marini, agli attuali cinquanta milioni.

Un debito in ogni caso che non ha evitato lo sperpero di soldi per pagare gli sbandieratori invitati ad allietare l’inaugurazione del maquillage di Piazzale Vittorio Veneto , nè ha scongiurato lo sciagurato intervento cementizio posto alla sommità della frana del viadotto Biondi inutile quanto costoso.

Si rende necessario più che mai il controllo diretto dei cittadini per evitare la condanna a dieci anni di stenti decretati dal predissestato sindaco  per rientrare  del debito di 50 milioni di euro. E’ quanto mai inderogabile organizzarsi e chiedere alla giunta conto di questi ammanchi fuori bilancio. Perchè  se è   evidente che l’ultimo bilancio presentato dalla giunta Marini non potesse presentare una perdita di solo duemilioni e cinquecentomila euro,   è altrettanto inaccettabile che, non appena insediatasi il nuovo sindaco predissestato sia riuscito a scovare una voragine di 50 milioni. Facciamo un appello a tutti i cittadini, chiediamo conto al sindaco di questo disastro prima che le ganasce ci soffochino definitivamente. 

martedì 14 maggio 2013

il Fareassieme

FARE ASSIEME ACONCAGUA


La lotta allo stigma è un nostro obiettivo, lo perseguiamo cercando di praticare un principio, “il Fareassieme”, uscendo dai recinti, dai luoghi chiusi, aprendoci con coraggio alla società civile e chiamando tutto il territorio alla responsabilità sociale per una nuova cultura dell’accoglienza e della coesione sociale.
 
In questa ottica l’associazione Aconcagua
e l’Osservatorio Peppino Impastato
Ti invitano alla visione dei film:
 
 K-PAX - da un altro mondo” Giovedi 16 Maggio
 “SI PUO’ FARE” Giovedi 23 Maggio
 
alle ore 18,30 presso la Libreria caffè “ITHACA”
 in via Garibaldi 62 a Frosinone

Ringraziamento

Movimento Anticapitalista


La comunicazione di ringraziamento che segue mi è stata inviata dopo che come Aut-Frosinone ho firmato la dichiarazione comune per un movimento anticapitalista e libertario. Alcuni sottoscrittori della dichiarazione, si sono incontrati a Bologna sabato scorso. Il prossimo passo è quello di costruire aggregazioni territoriali, organizzando assemblee locali di presentazione della proposta. Noi siamo in pista cercheremo di organizzarci. Chi ci vorrà dare una mano è il ben venuto.

Luciano Granieri



Care/i compagne/i, vi ringraziamo per la vostra adesione alla "Dichiarazione comune per un movimento anticapitalista e libertario" e, per chi ha potuto farlo, per a partecipazione attiva al 1° incontro nazionale svoltosi sabato scorso a Bologna, il cui testo conclusivo (che si affianca alla Dichiarazione comune) è pubblicato sul nostro sito provvisorio perunmovimentoanticapitalista.wordpress.com.
Vi chiediamo di sostenere questo progetto anche propagandandolo nel vostro territorio e nei vostri luoghi di lavoro e di impegno politico, sindacale o sociale.
Vi proponiamo di cominciare a pensare a iniziative, incontri, assemblee di presentazione della proposta diffuse sul territorio nazionale.
Ogni proposta ovviamente verrà presa in considerazione e valutata per poterla inserire in un calendario nazionale.
Ogni segnalazione e/o contributo va inviato a movimentoanticapitalsta@gmail.com.
Cari saluti.

lunedì 13 maggio 2013

A Bologna è nata "Ross@"

http://perunmovimentoanticapitalista.wordpress.com/


PIÙ DI TRECENTO COMPAGNE E COMPAGNI HANNO PARTECIPATO SABATO 11 A BOLOGNA AL 1° INCONTRO NAZIONALE PROMOSSO DALLADICHIARAZIONE COMUNE PER UN MOVIMENTO ANTICAPITALISTA E LIBERTARIO. QUELLO CHE SEGUE È IL DOCUMENTO FINALE CHE SI AFFIANCA E COMPLETA LA DICHIARAZIONE.


Lo sfruttamento del lavoro, la disoccupazione e la precarietà di massa, la violenza sulle donne, le discriminazioni e la soppressione dei diritti, la cancellazione della democrazia, la devastazione della natura, avanzano.
È necessario qui ed ora un movimento sociale e politico anticapitalista e libertario, che non insegua i miraggi di piccoli aggiustamenti che in nome del meno peggio portano sempre al peggio.
Noi pensiamo che sia necessario riprendere la via della liberazione della società dal dominio del mercato e del profitto, noi pensiamo che oggi si possa e si debba rendere attuale il socialismo.
Competitività, flessibilità, austerità, produttività sono parole che presiedono alle politiche oggi dominanti. Politiche nemiche della umanità e della natura. Bisogna rompere con esse e con chi le adotta come valore e metro di misura. Dobbiamo combattere i privilegi della casta, ma ancora di più lottare contro il potere vero, quello della ricchezza, del mercato, dei padroni.
A tutto questo contrapponiamo il socialismo del 21° secolo, che si costruisce sulle necessità di oggi, con obiettivi e conquiste progressive e con la partecipazione popolare, che cammina passo passo con le lotte per la liberazione dallo sfruttamento e da ogni oppressione.
Bologna 11-2
Noi vogliamo:
  1. Rompere con l’Unione europea. Democrazia vera, diritti del lavoro (a proposito dei quali è fondamentale la riconquiste dell’art. 18), stato sociale, eguaglianza, libertà sono incompatibili con l’Europa del rigore, del fiscal compact, di Maastricht e della Troika. Non c’è nulla da rinegoziare, i trattati vanno cancellati. L’euro e il debito non ci debbono più ricattare, bisogna che i popoli conquistino la sovranità sulla moneta e sulla spesa pubblica.
  2. Ridurre l’orario di lavoro e il tempo di lavoro a parità di salario, mentre il reddito deve essere garantito a chi non ha un lavoro sicuro e dignitoso. La salute e la sicurezza sul lavoro vengono prima di tutto. L’educazione e la formazione pubbliche, l’abitare, la sanità pubblica vanno garantite e tutta la società va ricostruita su nuove basi. La sola compatibilità è l’eguaglianza sociale
  3. I beni comuni in mano pubblica, così come le banche e le attività strategiche. Il lavoro deve controllare la produzione e il potere pubblico deve impedire la chiusura delle aziende, le delocalizzazioni, i licenziamenti. La democrazia deve entrare in ogni luogo di lavoro. Riconversione industriale e produttiva, salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale, intervento pubblico generalizzato nella economia. No al TAV e alle grandi opere. No alla militarizzazione dei territori per favorire la devastazione ambientale:
  4. Libertà delle donne contro l’oppressione patriarcale, libertà e cittadinanza dei migranti contro le leggi schiaviste, libertà e diritti delle persone contro i poteri del mercato e delle burocrazie autoritarie.
  5. Una politica fiscale immediatamente e fortemente redistributiva verso i redditi fissi, da lavoro e pensione, a danno della grande rendita, del grande capitale, delle ricchezze private e dell’evasione.
  6. Pace e disarmo, con la fine immediata di tutte le missioni militari all’estero e di tutte le spese di guerra. Liberazione dalle servitù militari e dall’occupazione  imperialista dei nostri territori.
  7. Una vera democrazia fondata su una legge elettorale proporzionale pura, sulla distruzione dei privilegi delle caste, sul diritto dei lavoratori a decidere liberamente su chi li rappresenta e sugli accordi, sulla partecipazione, sui referendum, sul diritto a decidere delle popolazioni nel territorio. Diciamo no al presidenzialismo e all’autoritarismo plebiscitario che mirano a distruggere la Costituzione Repubblicana. No alla repressione dei movimenti e dei conflitti. Libertà per le/i compagne/i arrestate/i.
Non uno solo di questi punti è oggi interamente sostenuto dalle forze di centrosinistra e dai grandi sindacati confederali.
Sono nostri avversari il governo Napolitano Letta Berlusconi, il suo programma e chi lo sostiene. Sono avversari la politica di austerità della Troika europea, e la sua traduzione nelle relazioni sindacali con il patto corporativo tra CGIL CISL UIL e Confindustria. Sono altro da noi tutta la politica del centrosinistra e tutti i tentativi di riaffermarla.
Noi vogliamo essere militanti di un movimento politico che affermi il diritto e la legittimità dell’alternativa, che rovesci gli equilibri, i poteri, i vincoli che oggi impediscono ogni reale cambiamento e che prima di tutto sia uno strumento per l’organizzazione e la rappresentanza di tutte e tutti coloro che vengono colpiti dallo sviluppo capitalista e dalla sua crisi e vogliono ribellarsi.
Per questo cominciamo oggi un percorso che sappiamo difficile e pieno di ostacoli, ma convinti che se le forze anticapitaliste in Italia resteranno nella frammentazione attuale, la reazione antisociale continuerà.
Aderiamo a questo percorso come militanti che non rinunciano alle proprie appartenenze sindacali, politiche e nei movimenti sociali, ma che impegnano la propria persona nell’impresa di costruire una casa comune della lotta e dell’alternativa anticapitalista.
Aderiamo a questi punti e a questa proposta per lavorare alla loro diffusione, approfondimento, arricchimento e alla organizzazione del percorso. Sappiamo che il primo metro di misura saranno il rigore e la coerenza personale con cui li porteremo avanti.
Ci ritroveremo a settembre dopo aver discusso in ogni parte del paese. Ci diamo come scadenza il prossimo autunno. Allora dovremo essere in piazza con una forza tale da mettere in crisi il governo e il dominio della Troika europea e chi li sostiene. Ora cominciamo.

A sinistra, il ritorno dell'uguale

Dalla direzione del Pd alla piazza di Sel, è stata la giornata dei riti stanchi di una sinistra sconfitta, messa all'angolo dai propri errori. Deludente, anche se non riguarda la sinistra governativa, l'assemblea di fondazione di Ross@


Sabato 11 maggio è stata la giornata dei riti stanchi. I riti di una sinistra dispersa, malridotta, messa all'angolo dai propri errori, dalle proprie sordità e destinata a proporre il ritorno dell'uguale.
La scena peggiore si è svolta a Roma,all'assemblea nazionale del Pd. Abbiamo assistito alla decisione di procedere con il rinnovamento eleggendo segretario un già segretario della Cgil, uomo di altra generazione e di antichi riti e intimo sodale di coloro che hanno portato il Pd sull'orlo del suicidio. Basterebbe questo per sottolineare l'inconsistenza dell'assise democratica. Ma in realtà non basta. Perché il Pd è ancora in grado di ballare sopra la propria disgregazione senza aprire una discussione politica quale essa sia. Ci hanno provato alcuni interventi a indicare un profilo futuro, il più legato possibile a un'identità socialista o socialdemocratica come argine alla crisi economica. Non si sono accorti, però, che anche la socialdemocrazia ha ormai i suoi guai. Come dimostra l'esperienza disastrosa di François Hollande in Francia o la proposta della Spd tedesca di sciogliere l'Internazionale socialista in una nebulosa, per ora, "Alleanza progressista".

Quello che il Pd non riesce a fare è andare al cuore del problema. Che riguarda la propria identità politica, la natura delle proprie scelte e la definizione di un progetto politico. Soprattutto ora che è venuto meno il collante dell'antiberlusconismo militante, sacrificato sull'altare di una governabilità purché sia. Il Pd è da tempo un partito che ha rotto con gli antichi legami di classe e con gli interessi dei ceti popolari ma non può dirlo ad alta voce perché in quell'ambito pesca ancora parte dei propri consensi. A oltre trent'anni dal "guado", che caratterizzò il Pci, incapace allora di scegliere l'approdo definitivo alla socialdemocrazia occidentale, anche il Pd non sceglie di compiere definitivamente la propria traiettoria moderata e centrista. Allo stesso tempo, gli è preclusa la strada di un riformismo moderato impedito dalla fine dei margini di mediazione e di compromesso sociale esauriti dalla crisi. Per imboccare, davvero, una strada alternativa di fronte alla durezza della recessione internazionale, un partito dovrebbe chiedere la fine del fiscal compact, la rinegoziazione del debito, una politica di espansione finanziaria che però impatterebbe contro i parametri imposti da Maastricht. Un po' troppo per chi si definisce campione dell'europeismo liberale.
Alla crisi di identità si somma, e ne discende, la lotta interna tra cordate in guerra perenne. Quando si sta insieme su obiettivi poco chiari, del resto, a prevalere è lo spirito di clan, l'appartenenza a logiche di potere di cui è stata maestra la Democrazia cristiana o il Psi. Il Pd, con la vicenda degli scrutini per il Quirinale, è riuscito a incarnare i vizi della peggior Dc che, però, nella sua lunga storia è riuscita a trovare al proprio interno vincoli di unità che il Pd non sa trovare.
L'elezione di Epifani si è svolta su questa traccia nascondendo il vero scontro che sta covando in quel partito, quello tra Enrico Letta e Matteo Renzi per la futura leadership di un governo di centrosinistra. Sempre che gli avvenimenti dei prossimi mesi rendano possibile questo scenario e non si assista a rivolgimenti ulteriori.
Un altro rito si è consumato, sempre a Roma, ma stavolta in piazza. Quella di Sinistra, Ecologia e Libertà, infatti, è stata la classica manifestazione di partito contrabbandata per rifondazione della sinistra. Percorso annunciato, da circa venti anni, dagli stessi protagonisti e mai avvenuto. Nel comizio conclusivo, Nichi Vendola ha fatto chiaramente capire che, pur seguendo un itinerario diverso e cercando di capitalizzare lo scontento a sinistra per il governo Letta-Alfano, la strategia è quella di attendere la "conversione" del Pd e il suo ritorno nell'alveo del centrosinistra. E' una prospettiva di fondo a cui Sel non può rinunciare, pena la modifica della propria natura. Ma pensare di costruire una sinistra che, al fondo, deve attendere il Pd, significa rinunciare all'impresa. Significa, di fatto, precludersi la necessaria ricerca di un programma all'altezza della crisi - rifiuto del debito, patrimoniale, riforma fiscale, diritti del lavoro, etc. - su cui provare a innescare una riscossa sociale e una lotta per il governo. E' questo che spiega il successo del movimento grillino che, ponendosi con chiarezza fuori dai classici schieramenti italiani e su un programma eclettico ma radicale, ha ottenuto uno sfondamento elettorale di portata storica. Grillo è lo specchio in cui la sinistra tradizionale può osservare tutti i propri errori, il volto che ricorderà sempre le tante occasioni mancate.
Diverso il discorso di Stefano Rodotà, vero protagonista della manifestazione, che in questi giorni sta frequentando diversi tavoli e diverse piazze - sabato 18 sarà in quella della Fiom - proponendo un'ipotesi, più intelligente, di accumulazione delle forze anche sul piano programmatico, prima di procedere alla proclamazione "frettolosa" di nuovi partiti o partitini. Un intento lucido, visti gli errori finora compiuti, ma che non definisce una traiettoria comprensibile e non si discosta da una concezione "giuridica" del conflitto sociale. Anche perché, anche lui, si muove nel solco del "no" alla divisione della sinistra, intendendo per sinistra anche il Pd.
Su un altro piano, per la natura e la storia dei soggetti in campo, si colloca la vicenda che ha portato a Bologna alla nascita del movimento anticapitalista "Ross@", capeggiato da Giorgio Cremaschi. Qui siamo fuori dagli errori della sinistra di governo - fatta eccezione per quella componente di Rifondazione che continua a non chiarire dove vuole stare. Siamo però nel campo di una storia che riguarda, o ha riguardato, settori che si sono battuti per il cambiamento e la trasformazione sociale e compagni di strada di un percorso storico. Per quanto, sia pure da posizioni distanti, si possano fare gli auguri ai promotori dell'iniziativa, la delusione per l'assemblea bolognese è stata forte. Quello che, finora, è stato il gruppo trainante dell'esperienza del Comitato No Debito nulla ha detto sulla conclusione di quella esperienza e sul fatto che, oggi, i proponenti del nuovo progetto siano in numero ridotto rispetto a quelli originari. Ma è l'orizzonte delineato, la sequenza, e l'età politica (non anagrafica) dei vari dirigenti, a offrire la sensazione di una "coazione a ripetere".
Sul piano dei contenuti colpiscono, negativamente, i riferimenti ideologici al "socialismo del XXI secolo" da conquistare "progressivamente", la riproposizione consolatoria di un'identità "rossa", socialista addirittura, su cui non è fatta alcuna riflessione, o la sordina posta su temi internazionali, pensiamo alla Siria, che imporranno scelte scottanti. Ma a renderci distanti è, soprattutto, la scelta di riproporre il meccanismo tradizionale della soggettività incardinata sulla proposta di un micro-soggetto pre-definitivo rispetto ai conflitti e alle esperienze politiche, soprattutto quelle delle nuove generazioni. Alle quali si finirà per proporre, inevitabilmente, una "linea" costruita tutta dall'esterno, senza la mescolanza di esperienze, coscienze e progetti, resa necessaria dalla disfatta subita storicamente e dalle grandi modificazioni avvenute nel capitalismo contemporaneo. Quelle relative alla composizione di classe, l'assottigliarsi dei linguaggi e delle categorie storiche, la sostanziale fine del movimento operaio come lo abbiamo conosciuto nel Novecento. Lo stesso "tsunami" realizzato dalla vicenda Grillo, un sommovimento nella relazione tra "masse" e politica, rendono quello schema desueto e inefficace. Si tratta, ovviamente, di un giudizio di parte ma come tale lo proponiamo.

Il problema è che non si riesce a cogliere la portata epocale delle trasformazioni avvenute. Quello che accade oggi al Pd, che a cascata riguarda Sel e le altre forze di sinistra, è quello che è già accaduto in passato alla sinistra radicale. Bertinotti è stato steso un po' prima di Bersani. La crisi però è la stessa ed è la crisi che si è affermata con l'89 e con l'incapacità della sinistra storica, radicale e moderata, rivoluzionaria e riformista, di riconnettersi al tempo presente. “Dobbiamo stare di più nei luoghi del conflitto” è stato ripetuto a dismisura per anni e anni. Nessuno, però, si è posto l'altra domanda: per dire cosa? La capacità di dire qualcosa e il diritto, l'autorevolezza, di poterlo fare in luoghi sfuggenti del conflitto e in ambiti fluidi dell movimentazione sociale, costituiscono i corni del problema della ricostruzione di una nuova soggettività.
Il futuro ha bisogno di un'irruzione e di una novità. Ha bisogno di sperimentazioni, sociali, politiche e poi miste. Ha bisogno di rotture epistemologiche con la storia passata e di recupero della memoria nel senso benjamiano. Occorre aprirsi a questa opzione e fare in modo che si possa affermare "quello che ancora deve venire al mondo". Il nuovo non scaturisce dall'antico per germinazione, per filiazione legittima, ma in virtù della trasgressione di ciò che esiste e dell'ordine stabilito.