Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 11 marzo 2021

Il "giazzo" in guerra

 Luciano Granieri 


Il rapporto del fascismo  con la musica Jazz, ”giazzo o giazze”,  come  veniva citato nella stampa di regime, era conflittuale,  denigratorio, con punte di vera e propria condanna, frutto della classica propaganda razzista,  ma,  tutto sommato era tollerato. I periodi più bui per la diffusione del giazzo furono nel 1935 quando, in risposta alle sanzioni inflitte al regime dalle Società delle Nazioni per l’aggressione all’Etiopia, l’Italia  vietò la trasmissione e l’esecuzione  di musica di “carattere negro”  (così era denominata) con brani cantati in Inglese. Con le leggi razziali del 1938 il divieto si estese  alle composizioni di autori ebrei.  

Tuttavia nel 1941, durante le prime fasi del conflitto, favorevoli a Hitler e Mussolini sul fronte orientale ed in Grecia, il clima di tensione meno cupo favorì un ritorno alla fruizione di una certa musica da ballo, il divieto si limitava  all’esecuzione di brani di autori anglo-americani.  In realtà, al di là della propaganda della purezza della razza e della  sua musica,  il contenzioso riguardava i diritti  d’autore che non potevano favorire compositori appartenenti a nazioni con cui si era in guerra. La questione fu brillantemente risolta continuando a suonare brani di jazz con titoli ed autori italianizzati: Gorni Kramer, uno dei più grandi jazzisti italiani, maestro della fisarmonica jazz, costretto a modificare il suo nome in Crameri, racconta: “ Quando suonavamo Solitude di Duke Ellington , annunciavo ‘E ora di Del Duca ascoltiamo Solitudine’” 

I Maestri del Ritmo

Nonostante il divieto di suonare musica di autori americani, in piena guerra fra il 1941 ed il 1942, la casa discografica  Odeon pubblicò otto dischi eseguiti da un gruppo di solisti denominati “Maestri del Ritmo”.  Si trattava di musicisti  provenienti dall’orchestra di Enzo Ceragioli che si esibiva al “Campari” di Milano.  In  particolare il gruppo comprendeva:  i  trombettisti Astore Pittana e Pietro Di SalvatoreFranco Mojoli  sax alto e clarinetto, Pietro Cottiglieri sax tenore,  Enzo Ceragioli  pianoforte, Ubaldo Beduschi contrabbasso, Luigi Radaelli  (alias Pippo Starnazza) alla batteria , Quirino Spinetti vibrafono. Ecco cosa ricorda Cottiglieri di quelle  sedute d’incisione: 

Abbiamo fatto questi dischi un po' di nascosto. Era l'inverno fra il 1941 e il 1942. C'era il coprifuoco, la guerra, non si poteva suonare musica americana. Ogni notte un allarme, mancava spesso la luce. Noi si andava negli studi di incisione della Odeon a Milano in Via Monviso. Arrivavamo alla spicciolata. Ceragioli e Mojoli buttavano giù un paio di idee sulla carta. Erano tutti pezzi americani, come China Boy, Solitude, Blue Skies, Honeysuckle Rose, a cui venivano dati nomi italiani e gli autori erano sempre... Ceragioli e Mojoli. Ad un certo punto arrivava il Nebbia, cioè Pippo Starnazza che in realtà si chiamava Luigi Redaelli. Noi lo chiamavamo Nebbia perché quando c'era qualche grana spariva, non lo si vedeva più. Alla tromba c'era Astore Pittana, suonava splendidamente, era uno specialista del registro acuto. Al contrabbasso Ubaldo Beduschi, aveva una sonorità fantastica, sosteneva tutta l'orchestra. Ogni tanto arrivava anche Spinetti con il suo vibrafono. Faceva un freddo cane, perché a parte gli ultimi, questi dischi, noi li abbiamo sempre incisi in inverno. Non c'era stufa accesa, né legna, né carbone. Io suonavo con il cappotto, cappello, guanti. Tremavamo dal freddo. Ogni tanto qualcuno portava un mezzo bicchiere di vino."


Il giazzo ITALICO
In buona sostanza la musica jazz non fu mai osteggiata nelle sue forme  ritmico-armoniche , e nemmeno nella fase improvvisativa, doveva semplicemente depurarsi delle sue provenienze anglo-americane  o di “carattere negro”. Detto fatto.  Si  risolse tutto traducendo titoli e nomi di autori in italiano, oppure attribuendo le stesse composizioni ai musicisti italiani che le eseguivano. Ben diversa la sorte del jazz in Germania, dove ne fu decretata  la condanna a morte. 

La condanna a morte del jazz in Germania
Nel 1940 il Ministero tedesco dell’Educazione e delle Arti accusò ufficialmente il jazz di essere “in flagrante conflitto con il concetto europeo di musica in quanto non ariana nella struttura e opera di razze inferiori” La soluzione finale del jazz fu sancita da un bollettino, con forza di legge, emesso dal Ministero dell’Educazione Popolare e delle Arti. La cui esecuzione venne affidata alla Gestapo. Ma affinchè gli agenti potessero distinguere fra il jazz e il non jazz, nel bollettino fu inserito  un elenco della caratteristiche peculiari di questa musica in modo da renderla riconoscibile. Come osserva Adriano Mazzoletti nel suo libro “Il Jazz in Italia” il documento è aberrante e dimostra come fare della stupidità un’arte. I commenti   in corsivo sottolineato  nel testo sono dello stesso Mazzoletti:

Dipartimento dell’Educazione Popolare e dell’Arte

NORME PER LA CONCESSIONE DI LICENZE PER LE SALE DA BALLO

Definizioni preliminari:

Negroide- Appartenente a una razza negra. Ne fanno parte i negri africani (compresi quelli residenti fuori dall’Africa), i pigmei, i boscimani e gli ottentotti.

Negrito- In sensi lato, gli abitanti dell’Asia sud-orientale, Melanesia e Africa centrale, dalle seguenti caratteristiche somatiche: statura bassa, capelli ricci o crespi, pelle scura (Quindi i pigmei dovrebbero stare qui non sopra)

Introduzione:

Le norme che seguono sono tese al rilancio dello spirito europeo della musica da ballo e di intrattenimento, affrancandole da elementi di musica negroide o negrito.

Divieti:

E’ vietato eseguire in pubblico musica che presenti aspetti tipici del modo di improvvisazione, esecuzione, composizione e arrangiamento in uso presso i negri e altra popolazione di colore. E’ altresì interdetto, nelle pubblicazioni, annunci orali o scritti, ecc. definire la musica eseguita o da eseguire con le parole “jazz “ o “musica jazz”.

Principali caratteristiche che differenziano questa musica dalla concezione europea:

Uso di mordenti totalmente indefiniti, trilli ostentati, glissando ascendenti e discendenti ed effetti similari ottenuti dai negri mediante eccessivo vibrato tecnica di labbro e/o scuotimento dello strumento. (In termini jazz effetti come shake, dinge, smear e whip).

Altresì vietato è l’impiego di un’intenzionale vocalizzazione del suono dello strumento a imitare un suono gutturale. (In termini jazz, l’uso del growl negli ottoni e delle sonorità dirty nei fiati in genere)

Pure vietato è l’impiego di un intenzionale approccio strumentale al canto mediante sostituzione al testo di sillabe prive di senso. (In termini jazz il canto scat e  l’imitazione vocale di strumenti)

Sono del pari vietate l’intonazioni hot e le brevi frasi ripetute più di tre volte nel corso di un assolo (In termini jazz, i riff).

E’ anche vietata l’esasperazione del basso negroide sulla triade arpeggiata (In termini jazz il boogie woogie)

Strumenti vietati:

E’ vietato l’impiego di strumenti primitivi, come la quijada (mascella d’animale serrata ritmicamente) dei negri cubani e il washboard dei negri americani. Non è altresì permesso l’uso per gli ottoni di sordine in gomma e in metallo, accompagnate o meno da specifici movimenti della mano (In termini jazz, plunger, wah wah e tutte le altre sordine) . Vietati sono altresì i prolungati assolo di batteria e l’interruzione dell’accompagnamento durante gli assolo (In termini jazz, i break e gli stop chorus) . E’ inoltre vietata l’abnorme accentuazione del secondo e quarto tempo nella battuta 4/4 (In termini jazz gli accenti sul levare o un effetto prolungato di offbeat)  

Tale esempio di stupida e ottusa  pignoleria tedesca è stata redatta, evidentemente,  da qualcuno esperto di jazz. Il problema è che anche gli agenti della Gestapo avrebbero dovuto essere jazzisti,altrimenti come avrebbero potuto scoprire  e condannare chi avesse infranto questi divieti?   

Anche questa piccola storia mette in rilievo l’enorme stupidità della propaganda nazifascista, una stupidità che purtroppo  ha causato stragi e sterminio.

 

Documenti tratti dall'opera "il jazz in Italia dallo swing agli anni '60"


martedì 9 marzo 2021

The "Untouchables " del Recovery Fund

 Luciano Granieri



Diversi movimenti e organizzazioni locali  invitano ad  avanzare proposte sul come utilizzare i soldi del Recovery Fund nell’ottica della promozione e qualificazione del proprio territorio. L’intento oltre che condivisibile è nobilissimo,  ma secondo me del tutto irrealizzabile. Sia per la quantità, non la marea di soldi  di cui si favoleggia,  sia per le modalità in base alle quali  essi verranno distribuiti e chi decide la loro allocazione.  Sulla dotazione economica vorrei porre alcune riflessioni:

La prima: Nel PNRR approvato dal governo Conte nel gennaio scorso la somma totale del Recovery Plan ammonta a 223,91 miliardi di  euro.  Di questi 14,4   sono risorse aggiuntive che non verranno utilizzate. 13, provenienti dal  React-EU  di competenza regionale, sono stati trasferiti alla gestione centrale (non soldi aggiuntivi, ma trasferimenti dalle Regioni allo Stato). 21,2  sono  prestiti anticipati dal  Fondo Sviluppo e Coesione compresi, come i 13 mld sopra citati,   nel bilancio europeo 2021-2027 ancora da definire . Questi ultimi  sono soldi a debito su cui pagheremo degli interessi. Al netto delle risorse indicate, ma non utilizzate, il pacchetto totale è  di 209 miliardi. Ma pare che, notizia di ieri, le risorse messe  effettivamente a disposizione dall’Europa saranno di 191, 5. Potenza del governo dei migliori! In  meno di mese di attività è riuscito a polverizzare  17,5 miliardi di trasferimenti dalla UE.

La seconda: Rimaniamo  comunque ai 209  miliardi richiesti, per ora possiamo ragionare solo su quelli. 127,1 sono prestiti, su cui pagheremo interessi e 68,9 (più i 13 sottratti alle Regioni)  sono sovvenzioni a cui andranno detratte  le somme che dovremo stanziare  come  garanzia ai   mercati finanziari che ci presteranno  i soldi a fronte di titoli di debito comuni emessi dalla UE.

La terza: dei 127,1 miliardi di prestiti 65,7 sono già impegnati, ossia, vanno a coprire spese già pianificate, in più 13 sono sottratti alle Regioni, per  cui le  risorse nuove reali disponibili  aggiuntive, sono 130,8 e non 209

La quarta: a fronte di risorse aggiuntive di 130,8  miliardi dovremmo pagare interessi per debiti  pari a 127,6 miliardi.

La quinta: l’erogazione dei fondi così definiti, sarà somministrata in  6 anni per cui tutto questo mare di soldi si risolve nella disponibilità di  21,8 miliardi l’anno . Ad esempio i soldi necessari per la transizione verde ammonteranno, più o meno, a sei miliardi l’anno e quelli per la sanità a poco più di un miliardo. Giova ricordare che per il solo 2020 l’Italia ha speso 165  miliardi fra spese sanitarie e di ristoro.

La sesta: Il regolamento   del Recovery and Resilience Facility approvato dal Parlamento Europeo un mese fa,  con voto anche dell’ex antieuropeista lega,  all’art.10  attesta che: si potrà interrompere l’erogazione dei fondi in caso di disavanzo eccessivo, o in caso di squilibri eccessivi. Ci si riferisce, ai parametri del patto di stabilità:  raggiungimento del 60% debito/pil,e 3% di deficit. In pratica gli Stati destinatari del Recovery Fund dovranno attivare le procedure necessarie  affinchè tali obiettivi possano essere raggiunti,   pena l’interruzione dell’erogazione dei fondi. Il patto di stabilità, uscito dalla porta  con  la sua sospensione almeno fino al 2022, rientra dalla finestra attraverso il New Generation EU, e ci rientra in modo ancora più definitivo. Nel senso che la posizione di uno Stato non è più negoziabile con la Commissione, che potrà decidere di tagliare i denari qualora il piano di devastazione sociale non dimostri di navigare  deciso e sicuro all'approdo  dell’austerity. Possiamo immaginare che tipo di pianificazione dovrà essere adottata  per raggiungere gli obbiettivi imprescindibili scritti nel regolamento  a fronte di una situazione debitoria aumentata proprio a causa dei prestiti accumulati dal Recovery Fund. Permangono poi  le condizionalità previste per ogni singolo Paese al  rispetto delle quali è legata l’erogazione dei fondi: per l’Italia si tratta delle riforme sul lavoro, sulla giustizia e sulla progressività fiscale.

Deduzioni

Come è evidente, a fronte di pochi soldi (in relazione alla portata della crisi sanitaria ed economica) erogati dalla Ue, ci troveremo a pagare prezzi pesantissimi sia in termini economici che, soprattutto, politici. E’perciò fondamentale che il beneficio di tali fondi venga destinato a chi, secondo i giudizi  insindacabili  del mercato, li merita. Cioè  a  poche grandi multinazionali globalizzate,   mentre  i costi, finanziari e politici, devono  gravare sulla collettività.

 Il governo Draghi, grazie al killeraggio di una manovalanza squallida e infame, al soldo dei potentati finanziari, facente capo a Matteo Renzi, si è costituito proprio con questa missione. Gli indirizzi  dell’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi   (andato a vaccinarsi negli Emirati Arabi come tanti altri Vip della serie io so’ io e voi…..) sono chiare in questi senso. Egli , nel presentare il piano energetico 2020-2024, tranquillizza gli azionisti sul fatto  che il programma  di decarbonizzazione previsto per il 2050, sarà finanziariamente realizzabile, perché alla fine comandano i manager, non quattro esasperati ambientalisti.  I 14 grandi progetti già pianificati godranno di un aumento di fondi del 70%. Chissà da dove arriveranno?  Essi riguardano la veicolazione  di energia attraverso il gas e l’idrogeno  che comunque verrà ottenuto, per ora e ancora per molto, attraverso l’utilizzo di idrocarburi,  con lo stoccaggio  della CO2 sottoterra, alla faccia della rivoluzione verde! 

Ma ciò che toglie ogni dubbio è la decisione del Mef di affidare la gestione dei soldi del Recovery Fund alla società di consulenza americana Mc Kinsey. Una multinazionale che indirizza i suoi preziosissimi suggerimenti  verso la  macelleria sociale come base per   l’escalation del profitto da realizzare ad ogni costo. 

Fra le tante nefandezze attribuite a  questi manager d’assalto, spiccano consulenze per l’amministrazione Trump e  per  il regime sanguinario dell’Arabia Saudita . La  Mc Kinsey accettò   di pagare 600 milioni di dollari per porre fine alle indagini che la vedevano  accusata di aver spinto la somministrazione di farmaci alla base della crisi degli oppiacei: causa di morte di oltre 450mila persone negli USA negli ultimi due decenni. Sarà un caso che proprio dalla Mc Kinsey arriva il neo ministro per l’innovazione Vittorio Colao? 



In questo quadro parlare di coinvolgimento partecipato dei cittadini nella gestione del Recovery Fund è del tutto fuori dalla realtà. Se da  questa partita sono stati esclusi gran parte dei ministri demansionati a tenere buono il popolo vessato,  (la ciurma selezionata come contentino  della   mefitica melma  partitica tappetino dell’illuminato),   e il Parlamento, già esautorato dal governo precedente, come possiamo solo ipotizzare  una partecipazione dei cittadini? 

Che fare

Io proporrei invece di spingere i nostri amministratori a fare buon uso dei cari vecchi fondi strutturali europei attraverso i Programmi Operativi Regionali cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (POR-FESR). La loro dotazione ancora è da stabilire, avverrà nell’ambito della programmazione economica 2021-2027, probabilmente sarà  decurtata di alcuni finanziamenti che confluiranno  nel Recovery Fund.  Solo così sarà possibile pianificare progetti condivisi.  Con il coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni locali, si potrebbero avere ottime  possibilità di fare delle buone cose per il nostro territorio. Ma è chiaro che le modalità dovranno essere molto diverse da quelle usate in passato e il primo atto dovrà proprio passare  dall’implementazione della partecipazione e controllo da parte delle  organizzazioni territoriali e dei cittadini affinchè i fondi siano utilizzati realmente per la realizzazione di progetti utili alla comunità e non per foraggiare le solite lobbies.

Infine urge una mobilitazione forte e condivisa contro l’insano piano di  sfruttare la crisi pandemica per favorire  ancora di più i  grossi interessi del capitale finanziario,  proprio attraverso   il controllo del Recovery Fund.  Quando il capitalismo si trova di fronte al proprio fallimento ed è successo molte volte in passato, come oggi , s’incattivisce, pretende soldi pubblici indirizzati esclusivamente alla realizzazione piena del profitto, nessun obolo deve essere sprecato nel sociale. Proprio non si vuole capire come sia stato il modello basato sullo sfruttamento di tutte le risorse, umane e naturali, proprie della finanziarizzazione e globalizzazione  dell’economia  a favorire  prodursi e il diffondersi del virus. Ed è questo modello che va combattuto. Senza se e senza ma.

 

lunedì 8 marzo 2021

IL CAOS REGNA SOVRANO AL CENTRO VACCINI ANTICOVID . ASL VIA FABI

 Francesco Notarcola – Coordinatore dei Cittadinanzattiva Tribunale per la difesa dei diritti del malato di Frosinone.



Questa mattina, domenica 7 marzo 2021, abbiamo raccolto la rabbia e la protesta di centinaia di persone anziane e loro familiari per il caos che regnava al CENTRO Vaccini ANTICOVID della Palazzina Q della ASL di Frosinone in Via Fabi.

Disagio enorme per tutti, costretti a stare in piedi ed al freddo per ritirare e compilare il modulo e il numeretto, in attesa del proprio turno, con i vigilantes che si sono trasformati in organizzatori e gestori di questa parte del servizio, come se fossero dipendenti ASL.

Una volta entrati sembrava essere al mercato del giovedì. Chi gridava a destra “ Chi deve fare la seconda”? mentre altri gridava a sinistra “ Chi deve fare la prima”?

Alle ore 11 era stato vaccinato l’84° paziente, dopo tre ore di lavoro con 5 postazioni, una sala di preparazione, un medico di controllo ed alcune altre persone alle prese con le pratiche burocratiche.

Dopo aver fatto il vaccino si era costretti ad attendere il famoso quarto d’ora, in piedi o fuori perche i posti a sedere non erano sufficienti.

A nome dell’assemblea territoriale di Cittadinanzattiva-Tribunale per la difesa dei diritti del malato di Frosinone, esprimiamo la nostra più forte indignazione, delusione e protesta per quanto abbiamo vissuto e fotografato, chiediamo l’immediato intervento della Direttrice generale della ASL per mettere fine a questo vergognoso stato di cose.

Sarebbe, inoltre, quanto mai opportuno e necessario, data la grave e delicata situazione, riprendere il confronto tra i rappresentanti della scrivente Organizzazione e la dirigente della ASL, confronti sospesi dalla partenza del Direttore Russo.

Frosinone 7 marzo 2021