Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 9 marzo 2021

The "Untouchables " del Recovery Fund

 Luciano Granieri



Diversi movimenti e organizzazioni locali  invitano ad  avanzare proposte sul come utilizzare i soldi del Recovery Fund nell’ottica della promozione e qualificazione del proprio territorio. L’intento oltre che condivisibile è nobilissimo,  ma secondo me del tutto irrealizzabile. Sia per la quantità, non la marea di soldi  di cui si favoleggia,  sia per le modalità in base alle quali  essi verranno distribuiti e chi decide la loro allocazione.  Sulla dotazione economica vorrei porre alcune riflessioni:

La prima: Nel PNRR approvato dal governo Conte nel gennaio scorso la somma totale del Recovery Plan ammonta a 223,91 miliardi di  euro.  Di questi 14,4   sono risorse aggiuntive che non verranno utilizzate. 13, provenienti dal  React-EU  di competenza regionale, sono stati trasferiti alla gestione centrale (non soldi aggiuntivi, ma trasferimenti dalle Regioni allo Stato). 21,2  sono  prestiti anticipati dal  Fondo Sviluppo e Coesione compresi, come i 13 mld sopra citati,   nel bilancio europeo 2021-2027 ancora da definire . Questi ultimi  sono soldi a debito su cui pagheremo degli interessi. Al netto delle risorse indicate, ma non utilizzate, il pacchetto totale è  di 209 miliardi. Ma pare che, notizia di ieri, le risorse messe  effettivamente a disposizione dall’Europa saranno di 191, 5. Potenza del governo dei migliori! In  meno di mese di attività è riuscito a polverizzare  17,5 miliardi di trasferimenti dalla UE.

La seconda: Rimaniamo  comunque ai 209  miliardi richiesti, per ora possiamo ragionare solo su quelli. 127,1 sono prestiti, su cui pagheremo interessi e 68,9 (più i 13 sottratti alle Regioni)  sono sovvenzioni a cui andranno detratte  le somme che dovremo stanziare  come  garanzia ai   mercati finanziari che ci presteranno  i soldi a fronte di titoli di debito comuni emessi dalla UE.

La terza: dei 127,1 miliardi di prestiti 65,7 sono già impegnati, ossia, vanno a coprire spese già pianificate, in più 13 sono sottratti alle Regioni, per  cui le  risorse nuove reali disponibili  aggiuntive, sono 130,8 e non 209

La quarta: a fronte di risorse aggiuntive di 130,8  miliardi dovremmo pagare interessi per debiti  pari a 127,6 miliardi.

La quinta: l’erogazione dei fondi così definiti, sarà somministrata in  6 anni per cui tutto questo mare di soldi si risolve nella disponibilità di  21,8 miliardi l’anno . Ad esempio i soldi necessari per la transizione verde ammonteranno, più o meno, a sei miliardi l’anno e quelli per la sanità a poco più di un miliardo. Giova ricordare che per il solo 2020 l’Italia ha speso 165  miliardi fra spese sanitarie e di ristoro.

La sesta: Il regolamento   del Recovery and Resilience Facility approvato dal Parlamento Europeo un mese fa,  con voto anche dell’ex antieuropeista lega,  all’art.10  attesta che: si potrà interrompere l’erogazione dei fondi in caso di disavanzo eccessivo, o in caso di squilibri eccessivi. Ci si riferisce, ai parametri del patto di stabilità:  raggiungimento del 60% debito/pil,e 3% di deficit. In pratica gli Stati destinatari del Recovery Fund dovranno attivare le procedure necessarie  affinchè tali obiettivi possano essere raggiunti,   pena l’interruzione dell’erogazione dei fondi. Il patto di stabilità, uscito dalla porta  con  la sua sospensione almeno fino al 2022, rientra dalla finestra attraverso il New Generation EU, e ci rientra in modo ancora più definitivo. Nel senso che la posizione di uno Stato non è più negoziabile con la Commissione, che potrà decidere di tagliare i denari qualora il piano di devastazione sociale non dimostri di navigare  deciso e sicuro all'approdo  dell’austerity. Possiamo immaginare che tipo di pianificazione dovrà essere adottata  per raggiungere gli obbiettivi imprescindibili scritti nel regolamento  a fronte di una situazione debitoria aumentata proprio a causa dei prestiti accumulati dal Recovery Fund. Permangono poi  le condizionalità previste per ogni singolo Paese al  rispetto delle quali è legata l’erogazione dei fondi: per l’Italia si tratta delle riforme sul lavoro, sulla giustizia e sulla progressività fiscale.

Deduzioni

Come è evidente, a fronte di pochi soldi (in relazione alla portata della crisi sanitaria ed economica) erogati dalla Ue, ci troveremo a pagare prezzi pesantissimi sia in termini economici che, soprattutto, politici. E’perciò fondamentale che il beneficio di tali fondi venga destinato a chi, secondo i giudizi  insindacabili  del mercato, li merita. Cioè  a  poche grandi multinazionali globalizzate,   mentre  i costi, finanziari e politici, devono  gravare sulla collettività.

 Il governo Draghi, grazie al killeraggio di una manovalanza squallida e infame, al soldo dei potentati finanziari, facente capo a Matteo Renzi, si è costituito proprio con questa missione. Gli indirizzi  dell’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi   (andato a vaccinarsi negli Emirati Arabi come tanti altri Vip della serie io so’ io e voi…..) sono chiare in questi senso. Egli , nel presentare il piano energetico 2020-2024, tranquillizza gli azionisti sul fatto  che il programma  di decarbonizzazione previsto per il 2050, sarà finanziariamente realizzabile, perché alla fine comandano i manager, non quattro esasperati ambientalisti.  I 14 grandi progetti già pianificati godranno di un aumento di fondi del 70%. Chissà da dove arriveranno?  Essi riguardano la veicolazione  di energia attraverso il gas e l’idrogeno  che comunque verrà ottenuto, per ora e ancora per molto, attraverso l’utilizzo di idrocarburi,  con lo stoccaggio  della CO2 sottoterra, alla faccia della rivoluzione verde! 

Ma ciò che toglie ogni dubbio è la decisione del Mef di affidare la gestione dei soldi del Recovery Fund alla società di consulenza americana Mc Kinsey. Una multinazionale che indirizza i suoi preziosissimi suggerimenti  verso la  macelleria sociale come base per   l’escalation del profitto da realizzare ad ogni costo. 

Fra le tante nefandezze attribuite a  questi manager d’assalto, spiccano consulenze per l’amministrazione Trump e  per  il regime sanguinario dell’Arabia Saudita . La  Mc Kinsey accettò   di pagare 600 milioni di dollari per porre fine alle indagini che la vedevano  accusata di aver spinto la somministrazione di farmaci alla base della crisi degli oppiacei: causa di morte di oltre 450mila persone negli USA negli ultimi due decenni. Sarà un caso che proprio dalla Mc Kinsey arriva il neo ministro per l’innovazione Vittorio Colao? 



In questo quadro parlare di coinvolgimento partecipato dei cittadini nella gestione del Recovery Fund è del tutto fuori dalla realtà. Se da  questa partita sono stati esclusi gran parte dei ministri demansionati a tenere buono il popolo vessato,  (la ciurma selezionata come contentino  della   mefitica melma  partitica tappetino dell’illuminato),   e il Parlamento, già esautorato dal governo precedente, come possiamo solo ipotizzare  una partecipazione dei cittadini? 

Che fare

Io proporrei invece di spingere i nostri amministratori a fare buon uso dei cari vecchi fondi strutturali europei attraverso i Programmi Operativi Regionali cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (POR-FESR). La loro dotazione ancora è da stabilire, avverrà nell’ambito della programmazione economica 2021-2027, probabilmente sarà  decurtata di alcuni finanziamenti che confluiranno  nel Recovery Fund.  Solo così sarà possibile pianificare progetti condivisi.  Con il coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni locali, si potrebbero avere ottime  possibilità di fare delle buone cose per il nostro territorio. Ma è chiaro che le modalità dovranno essere molto diverse da quelle usate in passato e il primo atto dovrà proprio passare  dall’implementazione della partecipazione e controllo da parte delle  organizzazioni territoriali e dei cittadini affinchè i fondi siano utilizzati realmente per la realizzazione di progetti utili alla comunità e non per foraggiare le solite lobbies.

Infine urge una mobilitazione forte e condivisa contro l’insano piano di  sfruttare la crisi pandemica per favorire  ancora di più i  grossi interessi del capitale finanziario,  proprio attraverso   il controllo del Recovery Fund.  Quando il capitalismo si trova di fronte al proprio fallimento ed è successo molte volte in passato, come oggi , s’incattivisce, pretende soldi pubblici indirizzati esclusivamente alla realizzazione piena del profitto, nessun obolo deve essere sprecato nel sociale. Proprio non si vuole capire come sia stato il modello basato sullo sfruttamento di tutte le risorse, umane e naturali, proprie della finanziarizzazione e globalizzazione  dell’economia  a favorire  prodursi e il diffondersi del virus. Ed è questo modello che va combattuto. Senza se e senza ma.

 

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