Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 29 novembre 2013

Difesa della Costituzione un tema condiviso in Provincia di Frosinone

Comitato per la difesa della Costituzione per la Provincia di Frosinone

L’ultima assemblea del Comitato in difesa della Costituzione per la Provincia di Frosinone, tenutasi lunedì scorso presso la sala consiliare del Comune di Ceprano,  ha  registrato  la partecipazione di numerosi cittadini. Il ciclo di riunioni del comitato, iniziate da pochi mesi, ha messo in luce  che il tema della difesa della Costituzione è molto sentito fra i cittadini della provincia di Frosinone.  Per una valutazione del percorso fino ad oggi intrapreso, il comitato tornerà a riunirsi martedì 3 dicembre dalle ore 17,00 presso la sede della CIA di Via Brighindi a Frosinone.  Intanto l’iter parlamentare di neutralizzazione delle difese dell’’art. 138, sembra subire una fase di rallentamento se non di annullamento. Decaduto Berlusconi è probabile che decada l’insano proposito di assaltare la Costituzione.  I parlamentari berlusconiani, passati all’opposizione a seguito della decadenza  del loro leader, hanno deciso il voltafaccia anche sulle riforme istituzionali. Per cui voteranno contro il ddl 813 che vuole affidare a 42 saggi il compito di riscrivere la Costituzione  e stravolgere l’articolo 138 della Carta.  Il testo dovrebbe  approdare   alla Camera    il prossimo  9 dicembre per cogliere, dopo i tre esami d’aula già avvenuti, la definitiva approvazione. Ma questa volta, a differenza dei precedenti passaggi, senza i voti di Forza Italia e dell’indotto collegato (Fratelli d’Italia) verrebbe a mancare la maggioranza dei due terzi necessaria per evitare di sottoporre il ddl ad un  referendum che ne determinerebbe il sicuro affossamento.  Ecco perché, allo scopo di evitare il fallimento dei progetto, sembra  certo il ritiro del ddl Costituzionale.  E’ una buona notizia che dimostra però quale spirito  stia animando coloro i quali pretenderebbero di stravolgere  la Costituzione.  Il voto sul ddl non era il mezzo per modificare, seppur in modo maldestro,  il merito dell’impianto costituzionale, ma lo strumento per poter ricattare un’altra parte politica. Piano nel quale la modifica costituzionale non entrava per nulla.  Preso atto di ciò, il Comitato in difesa della Costituzione per la Provincia di Frosinone, pur accogliendo con piacere gli ultimi sviluppi sul percorso parlamentare relativo all’art.138, denuncia  il fatto che  si usi la Costituzione come squallido strumento di ricatto politico. Uno sfregio che i tanti partigiani morti nella lotta per la libertà non meritano. La Costituzione più bella del mondo non può essere sovvertita  da nessuno, men che meno da piccole figure prive di coscienza democratica e rispetto per la collettività. Ecco perché il Comitato in difesa della Costituzione per la Provincia di Frosinone invita tutti i cittadini  a rimanere vigili su ogni tentativo che verrà messo in atto per cambiare la Costituzione e a partecipare di conseguenza alla prossima assemblea del 3 dicembre.

Frosinone 29/11/2013

Anche il giorno dopo

di Giuseppina Bonaviri

Abbiamo assistito, in questi giorni e in tanti luoghi  diversi, ad una esplosione di  incontri, premiazioni, conferenze, dibattiti  sul femminicidio tema, che a noi della Rete La Fenice, è molto caro. 
Il 25 novembre ricorre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e appare  obbligo fare di questo mese un momento di condivisione e di aggiornamento.  La  banalizzazione del fenomeno -a causa di  quel discorso pubblico e mediatico di chi si dice istituzione, fatto solo di stereotipi e luoghi comuni- non ci è apparsa lontana da una spettacolarizzazione esasperata e , a volte,volgare.
Intanto le donne continuano a subire violenze e a morire per mano di  un uomo a loro vicino anche il giorno dopo. Diffidiamo dei facili ottimismi progressisti..
Parliamo di una vera “epidemia “di violenza  che in Usa risulta essere la prima causa di morte femminile. Il 70% delle donne nel mondo ha subito violenza almeno una volta nella propria vita e, ogni 9 secondi, una donna viene picchiata da un maschio  fenomeno questo  che appare trasversale alle classi sociali, culture, età, continenti mentre, attualmente, solo 1 donna su 100 sporge denuncia.  Nell’ultimo rapporto  del 2013- Gender Gap del World Economic Forum- su 136 paesi di tutti i continenti, le Filippine figurano al 5° posto su scala mondiale per parità tra i generi dopo Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia, l’Italia è solo al 71° dopo  Cina e Romania.  Si deve superare, allora, l’idea di un modello di stile di vita per rintracciare nella violenza intrafamiliare un fenomeno antico che sta oltre la narrazione della virilità. la volontà di reificare e-o annientare le donne si ritrova  dentro le nostre stesse società.
La violenza costa alla collettività 17 miliardi l’anno. Di questi solo 6,3 milioni vengono investiti per contrastarla; 154,6   milioni  circa finiscono ai servizi sociali; 460 milioni sono i costi sanitari sostenuti, 421 quelli giudiziari; 14,3 miliardi i costi sociali complessivi senza tenere mai conto del costo umano  che  rappresenta il prezzo peggiore pagato.
Al di là di questo momento e delle promesse  ascoltate rimaniamo noi donne della società civile, fuori dai recinti , lo spartiacque continuando oltre le ricorrenze, ad azionare nelle scuole e nelle comunità un processo di educazione  sentimentale mai entrato nel vivo della formazione della coscienza sociale.
La famiglia in primo luogo,  è quel sistema determinato da vincoli di tipo affettivo in cui si intrecciano affetti positivi e negativi che rischia di trasformarsi,  qualora non si sia in grado di decifrarne le anomalie ,in un sistema di attribuzioni dei ruoli maschili e femminili in cui prevale da un lato il modello di dominanza e dall'altro quello di sottomissione.
La violenza in famiglia non rappresenta soltanto l'esplosione di un conflitto ma lo sfogo di insoddisfazioni, tensioni, rabbie, frustrazioni.  Nasce da spazi di incomprensioni e dalla convinzione di poter dominare i diritti corporei, spirituali, economici e relazionali del partner. Sono questi i luoghi dove si concentra il disagio e dove la sofferenza si svela, dove  l'aggressività è confinata e privata di contenuti sociali senza tralasciare che neoliberismo e crisi del welfare state ,con l’esaltazione di un modello di globalizzazione del mercato e  con le politiche di austerità, hanno significato per noi donne un arresto della autonomia e maggiore subalternità e vulnerabilità nella vita privata. L’uso smoderato ed incivile, in fine, del corpo della donna in questo ultimo ventennio politico ha condizionato l’intero sistema di potere istituzionale in quanto la donna, con la complicità dell’opinione pubblica, è stato vissuta come merce di scambio  di un ingranaggio governativo corrotto.
Il percorso che il nostro gruppo di lavoro “ L’arte contro il femminicidio” , grazie al  sostegno  della Provincia , dell’Università di Cassino, del Conservatorio di Musica e delle realtà  che ne prendono parte, senza coperture economiche  istituzionali  ma solo col sostegno di donne ed uomini volenterosi,  di esperti , di tecnici parte  dalla sensibilizzazione  delle persone comuni  nei luoghi comuni  e debutta – nella sua seconda fase  già avviata- nelle scuole.
Questi interventi  risultano indicativi di un nuovo modo di intendere il fenomeno che va innanzitutto smedicalizzato. Le vittime hanno una loro identità fuori dal ruolo di pazienti da curare in luoghi  protetti : la cultura  che vede al centro la donna  artefice del proprio destino va, allora,  incentivata.
Per concludere, toccherà come sempre solo a noi donne riuscire a liberalizzare quellasoggettività che calata nel sociale consapevolizza  il dominio maschile che non potrà più perseguitarci  ma sentirsi adeguato e alla pari.


Rete idrica colabrodo.

 Oreste Della Posta Segretario Provinciale PdCI

Secondo una recente statistica dell’Istat a Frosinone il 78% dell’acqua immessa nella rete idrica viene dispersa. Infatti di 735 litri di acqua immessa al giorno per ogni singolo utente ne vengono utilizzati solo 158lt. La città di Frosinone è la prima in Italia come percentuale di dispersione.
Ebbene precisare che l’acqua è un bene esauribile e andrebbe assolutamente risparmiata. Ma la domanda che ci dobbiamo porre e chi sarà disposto a sopportare il costo dei lavori di manutenzione della rete idrica?
È ben evidente che occorrerebbe un rifacimentodell’intera rete di distribuzione  visto il livello di dispersione  così elevato.
Tutte le polemiche che ci sono state in questa Provincia tra l’ACEA ATO  5 e l’ex Presidente della Provincia Iannarilli si sono rilevate strumentali  in quanto non affrontavano il vero problema che consiste nella rete.
È anche strano che questo dato allarmante è sfuggito ai comitati che si sono formati per la difesa dei cittadini rispetto al bene primario che è l’acqua.
Noi Comunisti riteniamo da sempre che il ciclo delle acque dalla captazione, alla distribuzione e alla depurazione deve essere in mano pubblica in quanto nessun privato non si accollerà l’onere di investire decine e decine di milioni di euro per il rifacimento dell’attuale rete, e quindi ci troveremo davanti sempre la solita storia ovvero la rete realizzata dal pubblico e i profitti realizzati dai privati. Questa logica ha portato al fallimento dello stato italiano. Facciamo appello al presidente Zingaretti affinchè assuma questa emergenza come un’emergenza prioritaria anche se è vero che noi stiamo su un bacino idrografico che va da Colleferro a Cassino che è tra i più ricchi d’acqua, d’Europa. Questo non giustifica questa enorme dispersione di acqua.

Colleferro: rifiuti e affari regionali

Rete per la Tutela della Valle del Sacco e Comitato Residenti Colleferro

La Rete per la Tutela della Valle del Sacco e il Comitato Residenti Colleferro hanno incontrato il 15 novembre c.a. – richiesta che risale al mese di giugno - la dirigenza di Lazio Ambiente SpA, la società di proprietà della regione Lazio che l’1 agosto 2013 ha acquistato dall’amministrazione straordinaria del gruppo Gaia Spa alcune società e beni immobili.
A fronte del pagamento di 14,1 milioni di euro, Lazio Ambiente ha rilevato, tra l’altro, il 100% della Mobilservice (gestore di una linea di incenerimento), la gestione della discarica di Colle Fagiolara, attrezzature, automezzi e, infine, il 60% del capitale della EpSistemi (seconda linea di incenerimento).
Più in dettaglio, per l’inceneritore ex Mobilservice sono stati pagati 10,5 milioni di euro, 3,4 milioni per la gestione della discarica di Colle Fagiolara e cifre meno significative per le società Gaiagest e Gaiser. L’acquirente si è impegnato poi a rilevare il 40% di Ep Sistemi, attualmente in capo ad AMA, per 2,8 milioni di euro e alcuni immobili a Frascati e Segni.
Il valore dell’intera operazione di salvataggio potrebbe superarei 20 milioni di euro, capitale massimo stanziato dalla Regione Lazio per Lazio Ambiente SpA, quindi soldi pubblici.

All’incontro, tenutosi a Colleferro negli uffici della nuova società annessi agli impianti di incenerimento, erano presenti il dott. Vincenzo Conte, Amministratore unico della società, il dott. Cardoni, Direttore generale, il dott. Scarrone e l’ingCapriotti, responsabile degli impianti di Colleferro, i rappresentanti delle citate associazioni e i residenti del quartiere Colleferro Scalo.
Riportiamo, di seguito, alcuni elementi emersi nel corso del dibattito integrati con ulteriori informazioni raccolte successivamente.
Il primo tema affrontato è stato quello dei dipendenti della società regionale ancora in posti di responsabilità, nonostante il loro coinvolgimento nel noto processo penale in corso a carico di soggetti interni alla precedente gestione per aver bruciato materiale non a norma negli inceneritori. Al riguardo è stato chiesto ai manager di Lazio Ambiente di valutare l’opportunità di rimuoverli, assegnandoli a incarichi di minore rilevanza. Questo per motivi di sensibilità verso i cittadini che hanno subito danni dai gravi comportamenti delittuosi, ancorché la colpevolezza delle persone in questione non sia stata accertata giudizialmente. Tale decisione costituirebbe un apprezzabile segno di discontinuità gestionale rispetto alle prassi assai discutibili perpetrate nel passato.  Ci è stato assicurato che i personaggi in questione non ricoprono ruoli decisionali, risposta che non ci ha convinto in particolar modo per chi è stato delegato al rilasciodel certificato EMAS, al personale, alla direzione di esercizio, ruoli che per noi sono di rilievo.

Altro argomento dibattuto è stato quello delle prescrizioni relative alla gestione degli impianti non ancora rispettate, nonostante l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per gli inceneritori sia stata rilasciata nel maggio 2009 e in procinto di essere rinnovata nel 2014. Abbiamo fatto presente che alcuni importanti vincoli posti non sono ancora osservati (è opportuno ricordare che l’ente preposto al controllo è Arpa Lazio). Ci riferiamo alla mancata installazione del deferrizzatore, richiesta da ottemperare entro il tempo limite di 6 mesi (ampiamente superati) dal rilascio dell’autorizzazione per la separazione dei materiali ferrosi dal CDR in entrata. Quello da noi segnalato è una questione importante in quanto, come affermato dal Dott. Conte, il CDR  - proveniente esclusivamente da impianti di Trattamento Meccanico Biologico del Lazio (E Giovi SRL, Rida Ambiente SRL, Ecologia Viterbo SRL, Pontina Ambiente SRL), come stabilito dal Prefetto, Dott.  Sottile  - non subisce controlli in ingresso, confidando esclusivamente sulle verifiche svolte dalle società che producono e conferiscono il CDR.
Ricordiamo che l’apporto di materiale ferroso all’incenerimento è uno degli elementi di imputazione nel citato processo penale a carico dei responsabili dell’ex gruppo Consorzio Gaia spa.
Sempre in relazione alle prescrizioni AIA non rispettate, i residenti del quartiere Colleferro Scalo hanno esibito prova fotografica del notevole disagio e del pericolo provocato dai trasportatori del CDR, segnalando pure il mancato rispetto dell’ordinanza municipale che impone l’utilizzo di via Romana per due giorni a settimana, chiedendo di farsene carico.
Si è discusso dello smaltimento delle ceneri, problema assai delicato nell’ambito del ciclo di incenerimento, in quanto la produzione di residui è percentualmente rilevante dal punto di vista economico. 
Ad oggi il servizio è espletato dalla società Navarra SpA sulla base di un appalto indetto dalla precedente gestione, che prevede oneri a carico di Lazio Ambiente per 3,8 milioni di euro circa; il management ha precisato che in futuro l’affidamento del servizio dovrà avvenire sulla base di un bando di gara a livello europeo, una sceltadi trasparenza, assolutamente auspicabile.
In relazione all’obsolescenza degli impianti il Dott. Conte ha affermato che al momento dell’acquisto è stata redatta una relazione tecnica in cui si assicurava la funzionalità degli stessi fino al 2028.
Ha affermato poi che la società Lazio Ambiente SpA non ha risorse per procedere ad un ammodernamento degli impianti, diverse decine di milioni di euro, e che per il futuro si intende procedere con l’ordinaria manutenzione. Al riguardo, le associazioni hanno sollevato forti perplessità, anche alla luce dei frequenti fermi di produzione degli impianti e degli incidenti verificatisi. Sono stati chiesti ulteriori dettagli sulla relazione tecnica, che cercheremo di ottenere in incontri successivi.
Alla richiesta di informazioni sul piano industriale della società, il Dott. Conte non ha ritenuto di  fornire elementi, riservandosi eventualmente di tornare sull’argomento a fronte di una richiesta scritta. Circa gli aspetti finanziari della futura gestione, in ordine ai quali sono state espresse le preoccupazioni di rivivere ancora le difficoltà dell’ex gruppo Gaia spa, che tanti danni hanno portato alle finanze pubbliche, il Dott. Conte ha affermato che la società è in utile, sebbene molti conferitori di CDR e alcuni Comuni sianoin ritardo nei pagamenti. Al riguardo abbiamo segnalato l’incongruenza tra le due affermazioni e l’eccessiva fretta di affermare che la società è in utile a pochi mesi dall’avvio della gestione. Il rischio è che in assenza di precisi meccanismi di garanzia in breve tempo ci si possa ritrovare nella medesima situazione di debito eccessivo e di irregolarità che hanno affossato la gestione dell’ex Consorzio Gaia spa.
Per quanto riguarda i benefit ambientali riconosciuti al Comune di Colleferro per la presenza degli impianti, il Dott. Conte non ha ritenuto di rispondere alla domanda volta a conoscere l’ammontare di quanto viene corrisposto annualmente a favore del Comune.
Secondo le informazioni in nostro possesso i benefit sono ora circa 4 euro a tonnellata;  per la discarica l’accordo è stato appena rimodulato e avrà decorrenza dal 1 gennaio 2014. Nel 2012 sono state conferite circa 100.000 tonnellate contro le 160.000 circa del 2011 e ciò ha indotto l’Amministrazione a chiedere l’aumento del ristoro al fine di “supportare” il bilancio comunale. Il nuovo accordo prevede l’incremento da 30 a 45 euro circa per tonnellata di conferimento nel sito e, soprattutto, la decurtazione di 1 milione di euro circa dall’importo totale che il Comune deve a Lazio Ambiente spa per il servizio di smaltimento in discarica.Queste cifre sono suscettibili di variabilità in quanto legate alla percentuale di raccolta differenziata al cui crescere diminuisce il conferimento in discarica e, di conseguenza, il ristoro riconosciuto al Comune di Colleferro.
L’accordo consente al Comune di avvalersi di un articolo della normativa di introduzione della Tares per aggirare l’ostacolo di utilizzo delle entrate da ristoro ambientale per l’abbattimento dei costi di smaltimento dei rifiuti. In tal modo il Comune riesce a contenere l’incremento al 15%, in attesa delle nuove rimodulazioni per il 2014.

Al riguardo poniamo il seguente interrogativo: qual è lo scambio tra il Comune di Colleferro e Lazio Ambiente spa sottostante a tale accordo, a vantaggio dell’uno e dell’altro contraente?
L’aumento del ristoro richiesto diverrebbe un minore introito per Lazio Ambiente SpA e questo potrebbe rappresentare un precedente per gli altri siti di discarica quando la nuova tariffa di benefit verrà sottoposta all’iter autorizzativo con delibera regionale.

Sulla discarica di Colle Fagiolara abbiamo ribadito le nostre rimostranze per gli odori nauseabondi persistenti, costantemente monitorati dai residenti e oggetto di segnalazione alla Magistratura. Il motivo dell’aumento dei cattivi odori, secondo l’ing. Capriotti, è  dovuto alla presenza del traliccio di energia elettrica della rete Terna, la cui rimozione era prevista nell’iter autorizzativo del nuovo invaso da 1,7 milioni di tonnellate nel 2009, e la cui ubicazione procurerebbe un vuoto e un ristagno del percolato, complicato da rimuovere. Con questa spiegazione è stata riconosciuta, per la prima volta, la legittimità della protesta dei residenti ed individuata la causa, ma siamo altresì rimasti  interdetti, visto che anche in questo caso si tratta di una delle prescrizioni autorizzative che non sono state rispettate; ci chiediamo se l’ARPA Lazio riporti, nelle sue relazioni, il mancato rispetto delle regole.

Il Dott. Conte, in merito alla gestione post-mortem della discarica, ha affermato che la nuova società sta provvedendo agli accantonamenti previsti dalla legge regionale (circa 15 euro a tonnellata) e che la precedente gestione  - per quanto di sua conoscenza  - non aveva accantonato gli importi dovuti. Resta in sospeso la questione se gli accantonamenti di Lazio Ambiente spa siano sufficienti per la gestione a fine ciclo. Aggiungiamo che nessun Comune in quota societaria con Gaia SpA, compreso Colleferro, si è mai preoccupato di verificare il reale stato dei fatti.  
Sull’impianto di Trattamento Meccanico Biologico (TMB,) in iter autorizzativo presso la regione Lazio,, ci sarebbe stata, in Conferenza di Servizi, l’imposizione della Provincia di Roma dell’implementazione di un impianto di compostaggio da 56.250 tonnellate annue, quantità concordata in funzione di una raccolta differenziata porta a porta del 50%. L’iter è ancora fermo in Regione, ma abbiamo reso noto che siamo contrari e che ci opporremo a tutti i costi alla costruzione di un progetto ormai superato.  
Peraltro, sulla grave situazione di illegalità della discarica, sui danni alla salute causati ai residenti e sul superamento del progetto diTMB, presentato nell’agosto del 2010, quindi datato, i sottoscritti hanno informato il Prefetto Pecoraro, nell’incontro del 21 ottobre c.a. con il responsabile per gli enti locali, su cui il Sindaco di Colleferro, sig. Mario Cacciotti, ha dovuto riferire per iscritto fornendo generiche e banali precisazioni.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata porta a porta, da lungo tempo promessa e ancora non realizzata, è presumibile che venga avviata fra circa un anno, nonostante l’ottimismo dell’Amministrazione che riduce i tempi a 6 mesi, tempo utile, dopo l’avvio del centro di trasferenza o isola ecologica prescritto dalla Provincia di Roma, per ottenere i fondi necessari, avviare la campagna di comunicazione, consegnare i contenitori. Nel frattempo giova ricordare che il Governo Letta vergognosamente va in soccorso dei Comuni inadempienti con uno schema di decreto che prevede lo slittamento di 8 anni delle percentuali di raccolta differenziata previste a partire dal 2006. Quindi ciò che era previsto nel 2012 dall’art. 205 della Legge 152/2006, cioè il 65% di raccolta differenziata, viene modificato dall’art. 15 del collegato ambientale alla legge di stabilità, con il raggiungimento di tale percentuale al 2020. Sta di fatto che il Comune di Colleferro nel 2012 era al 15% di raccolta differenziata e che, anche in relazione alla previsione dell’impianto di compostaggio collegato al TMB, gli scenari siano da rivedere.

L’incontro si è concluso con la disponibilità del Dott. Conte a continuare il confronto e ad accogliere le richieste dei residenti di costituire un gruppo di lavoro per esaminare le problematiche legate alla viabilità nel quartiere di Colleferro scalo e di indicare un referente con il quale interfacciarsi per predisporre un protocollo d'intesa che recepisca le indicazioni degli abitanti e l'impegno reciproco a monitorare periodicamente lo stato dei rapporti e il rispetto degli impegni presi.Ai residenti sono state date assicurazioni circa la possibilità di rivolgersi al Direttore generale di Lazio Ambiente spa per segnalare situazioni problematiche legate alla viabilità di via Romana.
Con riferimento alla discarica è stata chiesta l'applicazione della normativa in materia di corretta gestione del sito per contenere i frequenti episodi di superamento dei livelli di guardia relativamente alla presenza di sostanze biologiche e/o chimiche maleodoranti all’esterno della discarica.

Sappiamo tutti che il Consorzio Gaia, nato da una legge regionale  per fronteggiare le ricadute occupazionali della crisi economica della Valle del Sacco causata dal processo di ristrutturazione industriale  degli anni ’90, è stato utilizzato anche per la “sopravvivenza” di alcuni personaggi locali.
Sarebbe per noi opportuno che si iniziasse a ragionare su altre prospettive che mettano prioritariamente in primo piano le questioni ambientali correlate alla salutee poile considerazioni economiche.

L’incontro con Lazio Ambiente spa e gli eventuali altri che dovesseroseguire non rappresentano per noi una difesa ovvero una implicita approvazione del suo operato, in quanto la società sta perseguendo politiche distanti anni luce dalla nostra visione di gestione dei rifiuti,  deprecabili anche alla luce del fatto che si tratta di una società pubblica, quindi maggiormente complice della mancata virtuosità.
Il confronto si è concluso dopo 3 ore e, pur se connotato da momenti di forte contrapposizione, è stato cordiale e va ringraziata la nuova dirigenza per la disponibilità al dialogo, in netta controtendenza con il passato.

Per parte nostra avevamo edabbiamo ildovere di segnalare direttamente ai nuovi gestori eventuali incongruenze e in particolar modo le nostre posizioni in merito.


Colleferro, 29 novembre 2013

Intervista a Christine Lagarde F.M.I. L'Italia sta ar "baaaratro"

Luciano Granieri


Nonostante alcuni esponenti del governo ci provino a ipotizzare l’inizio di una seppur modesta ripresa economica a medio termine, la situazione economica dell’Italia è al baratro.  Gli investitori comprano titoli italiani  nonostante i tassi siano bassi. Ciò è sintomo del fatto che questi non credono ad una ripresa dell’’inflazione,  fenomeno che accompagna   la  ripresa, ma scommettono senza indugio sulla deflazione,  il processo contrario che contraddistingue un economia in recessione.  Del resto non sono i membri del governo i più indicati ad esprimersi sui destini economici dell’Italia. Molto più autorevoli di loro sono i tecnici incaricati dal Fondo Monetario Internazionale, le cui cure verso il nostro Paese in un prossimo futuro saranno inevitabili. Commissario  per la Spending Review, ossia la persona incaricata di monitorare i nostri conti, per tenere i bilanci in ordine e raggiungere  gli obbiettivi richiesti dall’Europa nei prossimi tre anni, è un funzionario che è già è stato a libro paga del Fondo  Monetario Internazionale. Carlo Cottarelli, questo è li suo nome, ha già dichiarato di voler imporre una riduzione della spesa pubblica per un importo di 40 miliardi di euro circa. A questo salasso dovrà aggiungersi un ulteriore esborso per altri 40 miliardi di euro  necessari a  rispettare il Fiscal Compact. Un meccanismo che obbliga l’Italia a riportare in 20 anni il rapporto debito Pil dal 133% attuale al 60%. La rata del fiscal compact dovrà essere pagata ogni anni fino a che non si raggiungerà  l’obbiettivo. Risulta evidente che nessuna manovra di tagli alle spese pubbliche, sociali e di vendita di beni dello Stato ai privati, potrà consentire   di sborsare, più o meno 40 miliardi l’anno. E’ quindi   prevedibile, anzi i scontato,   il ricorso alle cure del Fondo Monetario Internazionale, il quale in cambio di prestiti e aiuti,  ci imporrà un programma ancora più drastico di tagli e tasse.  La Grecia sarà ancora più vicina. Questa analisi non sono frutto di una  visone iperpessimistaica della situazione, ma è la conclusone che si determinerà a seguito di eventi  ben precisi.  Nell’intervista,  che proponiamo di seguito, perfino l’autorevole presidente del Fondo Monetario Internazionale, madame Christine Lagarde, ex capa di Cottarelli, prefigura per l’Italia scenari drammatici….da baaaratro!!!!!

mercoledì 27 novembre 2013

Berlusconi decade. Cosa cambia?

Luciano Granieri

Silvio Berlusconi non è più Senatore della Repubblica. Da stasera è  diventato  un cittadino comune e lo resterà per almeno altri sei anni. L’evento è sicuramente suggestivo, ma non  lo considero un fatto così epocale e storico. Considerare l’espulsione dal Senato di un parlamentare condannato, con  sentenza passata in giudicato,  per evasione fiscale fraudolenta ,  un accadimento storico è un insulto per la storia. A meno che non si vogliano  confondere gli eventi storici con il degrado sociale istituzionale e culturale determinatosi dalla contaminazione delle squallide vicende personali del cavaliere, - compreso tutto l’armamentario di lacchè, dame di compagnia, badanti pornografiche, politicuzzi falliti e riciclati -con la  vita politico istituzionale del nostro Paese.  Semmai è scandaloso che si   sia concessa l’occupazione abusiva di carica pubblica per venti anni ad un tale giannizzero.  

Credo inoltre, al contrario di quanto emerge dai giudizi dei media, che  non cambierà granchè  per le sorti del governo e dei partiti. Berlusconi o non Berlusconi, l’esecutivo italiano è guidato da un emissario del Fondo Monetario Internazionale, il dott. Carlo Cottarelli, commissario alla Spending Review,  il quale ha già dettato la sua agenda che prevede tagli alle specie sociali , nei  prossimi tre anni,  per una quarantina di miliardi, a cui si andrà ad aggiungere una  più o meno equivalente spesa per il 2015 a copertura della prima tranche di recupero debito/pil determinata dal fiscal compact.  

Il governo Letta, parallelamente,  proseguirà nella sua opera di devastazione della  Costituzione,  per distruggerne i capisaldi principali e renderla permeabile alle incursioni presidenzialiste, letali  per i dispositivi di difesa dei diritti dei cittadini in essa inscritti. 

Per quanto concerne le attività dei partiti, o meglio dei comitati elettorali presenti in parlamento, qualcosa potrebbe cambiare ma non certamente in meglio. Da un lato si  assisterà alla corsa al riciclaggio delle vedove berlusconiane, con o senza la protezione del cavaliere decaduto, e all’incerta operazione della diversificazione dell’offerta elettorale fra destra light (di governo)  e destra fideista (d’opposizione) . Dall’altro lato,  l’avvento della new age renziana strattonerà il Pd verso lidi sempre più ultra liberisti. Le mire del sindaco di Firenze sono chiare rispetto al futuro orientamento del suo programma di direzione del partito. Oltre ai rapporti pericolosi con  gli speculatori finanziari alla Serra e con gli arrampicatori sociali alla Briatore,  l’obbiettivo dichiarato di cercare voti anche nell’area post berlusconiana, la dice lunga su quale potrà essere la scelta del futuro Pd fra capitale finanziario e lavoro.  

A completare il quadro, rimane  la platea grillina che, fra rigurgiti xenofobi   certi ,e posizioni anti-euro un po’ meno certe, è pronta a sparigliare le carte ma con incerte possibilità di accrescere il consenso pur importante già acquisito. In conto c’è da mettere il rischio che la contiguità di posizioni anti europee con Forza Italia possano nuocere ai successi penta stallati.  

Sullo sfondo rimangono le macerie culturali e sociali del  berlusconismo  destinate a sopravvivere a Berlusconi, così come il fascismo è sopravvissuto a Mussolini.  Anzi , per essere precisi,  il berlusconismo  può considerarsi l’evoluzione del fascismo.  L’individualismo sfrenato, la poca o nulla idea di condivisione e bene della collettività,  l’esaltazione dell’appartenenza ad un’etnia ma anche  a cerchie sociali sfruttatrici, l’insofferenza per il diverso, straniero,   gay  o donna considerata esclusivamente come strumento di piacere e serva del maschio,  la voglia di affermazione anche a dispetto delle regole di convivenza civile, sono caratteri propri del fascismo che Berlusconi ha riportato in vita, attraverso un’accurata opera di riciclaggio e sdoganamento.  

La dipendenza dall’uomo forte   è un male atavico dell’Italiano borghese   dalla pigra predisposizione al servilismo e dalla "peciona"  tendenza al parassitismo verso il potente di turno, fosse anche l’usciere  del comune.  L’Italiano borghese non ha mai identificato   chi lo ha governato come colpevole della propria precarietà, ma se l’è presa sempre con il vicino più debole,  percepito  come pericoloso concorrente per l’accaparramento di diritti   fatti sembrare   privilegi.

Questi sono imprinting culturali difficili da rimuovere. Si poteva farlo prima, subito dopo la fine della II guerra mondiale, chiudendo i conti definitivamente con il fascismo, finendo il lavoro, magari anche in modo sporco,  che i partigiani avevano iniziato, estirpando la mala pianta fascista che già con l’eccidio di Portella della Ginestra  ricacciò fuori la testa e continuò ad essere usata dai governi variamente democristiani come braccio violento e  repressivo contro la rivolta sociale. 

Oggi le macerie capitalistico-fasciste-berlusconiane rimangono quasi indelebili ad incrostare le coscienze democratiche. Altro che decadenza di Berlusconi,  ciò che serve è un lungo e complicato processo di educazione alla convivenza civile. Purtroppo non si intravede all’orizzonte nessun organismo in grado di educare alla cultura della solidarietà e del rispetto dei diritti altrui. 

Forse l’associazionismo, i movimenti di cittadini potrebbero giocare un ruolo, piccolo ma importante nel  diffondere l’idea roussoniana  della sovranità dei cittadini. Un concetto  che si  sostanzia  nella rinuncia alla propria libertà individuale illimitata per l’ottenimento della libertà civile  che è limitata, ma anche salvaguardata dalla volontà generale della legge voluta da tutti. 

E la sovranità si esplica proprio nel concorso collettivo alla definizione della legge come mezzo per salvaguardare la libertà e i  diritti di tutti. Nel nostro piccolo con le attività dell’Osservatorio Peppino Impastato, ci stiamo provando. E’ possibile che saranno i nostri pronipoti a riuscire nell’impresa, ma come si dice, la speranza è l’ultima a morire.

A noi piace ricordarlo così

Luciano Granieri.

Aut Frosinone, intende ricordare la figura del grande statista Silvio Berlusconi  ripercorrendo alcuni momenti della sua fulgida carriera politica. Queste clip dovranno indurre ad una seria e profonda  riflessione sul golpe che i comunisti hanno ordito usando il braccio armato delle 
toghe rosse.

  

Ceccano Seminario sulla Costituzione

Comitato in difesa della Costituzione di Ceccano




Il giorno Giovedì 28 Novembre presso il Castello dei Conti di Ceccano alle 17:30 si terrà il secondo seminario ad opera e cura del Comitato per la difesa della Costituzione di Ceccano.Il programma del seminario prevede l'intervento di Marco Levantini in relazione al disegno di legge n.853 più famoso con il nome di "delega ai saggi" attraverso il quale si è istituito un meccanismo alternativo a quello costituzionalmente stabilito nell'art.138 della carta.L'intervento di Arianna Colonna si svilupperà sull'art.13 Cost. inerente alla tutela della libertà personale, con annessa trattazione del tema della carcerazione preventiva e delle possibili soluzioni per combattere il sovraffolamento delle carceri in collegamento alla recente sentenza della Corte di Strasburgo.Sofia Ferracci invece tratterà degli artt.33-34 che fissano i principi fondamentali ed inviolabili del diritto allo studio.A partire dall'assunto che lo Stato deve garantire ai meritevoli l'accesso ai livelli più alti di studio analizzerà come lo stesso sia attuato o meno ai giorni nostri.Il Comitato ringrazia i relatori per il loro impegno e dedizione per un tema così importante e invita la cittadinanza tutta a non perdere questo evento volto alla massima partecipazione e al miglior dibattito.Ricordiamo che questa iniziativa nasce dal sostegno che gli amici della Costituzione vogliono dare all’appello lanciato da Stefano Rodotà, Maurizio Landini, don Luigi Ciotti, Lorenza Carlassare e Gustavo Zagrebelskhy e dalla necessità di contrastare la deroga all’articolo 138, filtro per ogni modifica agli articoli della Costituzione.

martedì 26 novembre 2013

Dieci problemi con i mercati

   Mitchell Szczepanczyk – 25 novembre 2013  fonte:http://znetitaly.altervista.org/

In un periodo in cui nulla pare tabù e in cui tutto è permesso e tutto è suscettibile di riconsiderazione, c’è un catechismo quasi intoccatile e tabù al giorno d’oggi: i mercati (termine con il quale mi riferisco all’istituzione economica formale dei mercati) sono fantastici. I mercati sono efficienti. I mercati non possono sbagliare. I mercati sono il sistema economico migliore che gli esseri umani abbiano creato e che mai creeranno. I mercati sono la cosa migliore dopo la scoperta della ruota e gli orgasmi multipli.
E tuttavia, semplicemente con un po’ di sforzo di lettura qua e là, ho scoperto che questa mitologia del mercato è grossolanamente errata. Nel mio tempo “libero” nel corso degli anni, ho esaminato la letteratura dissidente a proposito dell’economia e ho scoperto quelli che sembrano problemi considerevoli con i mercati come istituzione formale e un motivo per cui i mercati – l’istituzione che comprende acquirenti e venditori in conflitto d’interessi – sono carichi di problemi. Posso addirittura proporre una lista di dieci problemi con i mercati.
L’economia politica dell’economia partecipativa”, un libro di Michael Albert e Robin Hahnel, elenca alcuni dei problemi dei mercati. Includo i motivi esposti nel loro libro come i primi cinque nella mia lista:
1. Feticismo della merce: Permettetemi di citare la definizione fornita da Alber e Hahnel:
All’esterno di ogni azienda, i rapporti tra persone e cose o tra le cose e le cose rimangono evidenti, ma i rapporti tra le persone e le persone sono oscurati. Ciò, naturalmente, è stato chiamato “feticismo della merce” e i suoi mali corrosivi sono indipendenti dai rapporti di proprietà. Perché i lavoratori possano valutare appieno il loro lavoro dovrebbero conoscere i fattori umani e sociali, oltre a quelli materiali, che entrano nelle risorse che utilizzano e le conseguenze umane e sociali che quanto producono rendono possibili. Ma le sole informazioni che i mercati forniscono, con o senza la proprietà privata, sono i prezzi delle merci che la gente scambia.
L’assenza di informazioni sugli effetti concreti  sugli altri delle mie attività non mi lascia altra scelta che basarmi esclusivamente sulla mia situazione personale. Ma l’individualismo cui ciò conduce impedirà la solidarietà e l’efficienza.
2. Ruoli antagonistici: i compratori competono con i venditori riguardo al potere negoziale. I venditori competono con altri acquirenti per la quota di mercato. I compratori competono contro altri compratori per le merci rivali (solo uno di noi può avere quella macchina sportiva). Per di più, quelli che sul mercato agiscono correttamente sono fatti fuori da quelli che non hanno alcuna remora (“nessuna buona azione resta impunita”), non necessariamente per una qualche patologia degli avversari, ma perché i mercati disincentivano la solidarietà. Come dice il cartello di protesta: “Non incolpare la vittima, incolpa il sistema”.
3. I mercati alimentano la gerarchia: Come? Vi aspettate che le società siano internamente non competitive quando hanno una perpetua competizione da combattere all’esterno? Lungi da ciò. Se si permette quella pressione competitiva esterna alle aziende, tale pressione penetrerà al loro interno. Se quello che c’è dentro le aziende sono mansioni e influenza, allora quella pressione per la competizione plasmerà l’operatività interna delle aziende. Le mansioni sono organizzate gerarchicamente secondo la competenza, e le mansioni che danno potere e sono desiderabili sono monopolizzate da un numero relativamente limitato di persone, mentre quelle che danno meno potere e sono meno desiderabili sono più comuni. Il risultato di una rigida gerarchia delle linee di comando e controllo: gli ordini scendono dall’alto, l’obbedienza sale dal basso.
4. Pregiudizi antisociali. Citando di nuovo Albert e Hahnel:
“[I mercati] … sono prevenuti contro il fornire merci con effetti positivi esterni superiori alla media. Il fatto che i mercati sovraccaricano sistematicamente il prezzo per gli utenti delle merci con effetti esterni positivi e praticano agli utenti prezzi inferiori per merci con effetti esterni negativi è ben noto agli economisti tradizionali. Ma ciò che non è facilmente ammesso è che gli effetti esterni sono la regola, non l’eccezione, poiché ciò implica che i prezzi di mercato in generale valutano in maniera errata i costi e i benefici sociali e i mercati in generale allocano in modo inappropriato le risorse. Mettere insieme queste prevenzioni e la comprensione che i consumatori alla fine riservano le proprie preferenze a offerte relativamente meno costose ed evitano le offerte relativamente più costose contribuisce a spiegare perché i mercati producono inesorabilmente comportamenti e risultati antisociali.”
5. I mercati e il coordinatorismo. C’è una critica di sinistra all’economia di sinistra che dice così: il modello di classe dell’economia predominante nella storia della sinistra presuppone due classi, una classe elitaria di proprietari e una classe più vasta di privi di diritti (o, per citare il personaggio dei Simpson, Krusty il Clown: “Lavoratori e parassiti”). Uno dei problemi principali di questo modello è che trascura una terza classe di lavoratori intellettuali, che finiscono per diventare la nuova élite lasciando i rapporti di classe pressoché intatti. Queste stessa critica “coordinatorista” si applica anche ai mercati, poiché le allocazioni dei mercati (citando di nuovo da Albert e Hahnel) “privano di potere i lavoratori esecutivi e danno potere ai lavoratori intellettuali. Che ciò porti all’apatia popolare, a personalità egocentriche e a una nuova classe di coordinatori è chiaro. E nulla nell’esperienza storica della Jugoslavia [l’esempio più citato di mercati e coordinatorismo] suggerisce il contrario.”
In aggiunto a questi motivi, posso elencare altri cinque problemi dei mercati.
6. I mercati presuppongono condizioni di conoscenza irrealistiche:  I presupposti che i mercati formulano a propositi di una forma ideale sono al limite della farsa. Ad esempio, gli attori del mercato hanno informazioni perfette sempre e su tutte le situazioni e i prezzi sono immediatamente corretti quando le circostanze lo impongono. In realtà l’asimmetria informativa è la situazione normale, piuttosto che l’eccezione. Il processo di creazione dell’asimmetria informativa ha persino un nome: screeningE nel mondo reale l’asimmetria informativa a favore delle imprese e di altre potenti entità del mercato è razionalizzata sotto il nome di “segreti commerciali”, ma gli effetti di tale asimmetria sono tutt’altro che segreti.
7. I mercati ignorano i beni pubbliciIl passaggio migliore al riguardo si trova nel libro di Robin Hahnel  “The ABC of Political Economy” [L’ABC dell’economia politica]. In un brano sui beni pubblici egli scrive:
Quando le persone acquistano beni pubblici in un libero mercato non hanno incentivi, nel decidere quanto comprare, a tener conto dei benefici che altri ne ricavano. In conseguenza c’è una “domanda” molto inferiore a quella che sarebbe socialmente efficiente, se mai c’è. Insomma la domanda dei mercati sottostimerà grossolanamente il beneficio sociale marginale dei beni pubblici.
Alcuni aspettano che siano altri a comprare il bene pubblico, del quale possono beneficiare senza dover pagare di persona, determinando così una specie di “dilemma del prigioniero” riguardo ai beni pubblici. Il fenomeno ha persino un nome, il “dilemma del profittatore”.
8. I mercati ignorano le esternalità. I mercati tengono conto soltanto degli effetti immediati della transazione tra acquirente e venditore. Qualsiasi altro effetto derivi dalla transazione è considerato “esterno” e ignorato nel costo di mercato. Di cui il nome “esternalità” dato a tali effetti. E’ un grosso problema, per due motivi. Primo motivo: le esternalità, come dice Michael Albert nel suo libro “Parecon: Life After Capitalism” [Economia partecipativa: la vita dopo il capitalismo] “sono la regola piuttosto che l’eccezione” ed egli cita l’economista E.K.Hunt che dice “la maggior parte dei milioni di atti di produzione e consumo in cui siamo coinvolti quotidianamente comporta esternalità”. Secondo motivo: pur essendo ignorate, le esternalità distorcono il costo di mercato, determinando così effetti a valanga che potrebbe non essere tanto facile ignorare (dico a te, cambiamento climatico antropogenico). Alcuni riformatori hanno lanciato un appello per una reale valutazione di tali esternalità, a parte il fatto che tali costi sono notoriamente ardui da valutare in un mercato.
9. I mercati tendono al monopolio. Permettetemi di citare un breve brano dall’eccellente libro di Robert McChesney “Digital Disconnect” [Sconnessione (o disfunzione) digitale], in una sezione in cui tratta dei monopoli: “Lo scenario da sogno [per un capitalista] e di recarsi al mercato e scoprire di essere l’unico a vendere un prodotto di cui c’è domanda. Allora può fissare lui il prezzo, non lasciare che sia determinato da altre forze. Ciò riduce enormemente il rischio e accresce i profitti. E’ per questo che così tante delle grandi fortune sono state costruite sulla base di semi-monopoli.” Al tempo stesso “i monopoli puri … non esistono quasi mai. Il capitalismo, invece, tende a svilupparsi in quelli che sono chiamati … oligopoli”.” In una recente intervista a Bob McChesney in un programma radio che io produco, chiestogli se era in grado di proporre degli esempi di mercati che non tendono al monopolio, l’esempio da lui citato è stato: “La vendita di hot dog presso uno stadio di calcio” dove la barriera all’ingresso è bassa e i profitti sono modesti. Ma per le industrie su vasta scala con livelli di profitto immensi, la tendenza al monopolio permane.
10. I mercati producono le mega-imprese [traduco così l’originale ‘corporations’, che letteralmente significherebbe ‘società per azioni’ e che altrove traducono semplicemente con ‘imprese’ o ‘industrie’ dove il contesto chiarisce – n.d.t.] Permettetemi di citare un brano di una mia conferenza:
“Ai nostri fini, pongo l’accento sulla natura competitiva dei mercati nel contesto di questa definizione dei mercati: un’istituzione di acquirenti e venditori in cui acquirenti e venditori sono opposti gli uni agli altri in ungioco a somma zero; cioè qualcuno guadagna a spese di qualcun altro, e viceversa. Certo, è possibile guadagnare denaro e potere nei mercati senza farlo a spese di altri o con un guadagno di entrambe le parti, ma chiaramente è anche possibile (e normale) aver successo nei mercati rubando la metaforica al metaforico bambino.
Poiché vincere è indubbiamente meglio che perdere e poiché nei mercati si può guadagnare a spese di altri, è sensato comportarsi in maniera brutale nel mercato, comportarsi sempre in modo da approfittare degli altri. Nel mercato è razionale, cioè, diventare un mostro ed esibire un comportamento da mostro. Una reazione razionale a ciò è combattere il fuoco con il fuoco e diventare dei mostri per reazione. Allora diventa una faccenda di mostri contro mostri. E quanto più il mostro è grande, tante maggiori sono le sue probabilità di vincere.
Ed è qui che entrano in gioco le mega-imprese. Una mega-impresa può essere vista come l’equivalente di un mostro in un’economia di mercato e nel contesto competitivo è sensato diventare un mostro per sconfiggere i concorrenti. (Questo, penso, spiega anche perché i mercati tendono agli accorpamenti: nella competizione i partecipanti sono eliminati mediante acquisizioni o logoramento, o entrambe le cose, cosicché nella partita restano meno giocatori e i mercati, in conseguenza, finiscono per concentrarsi).
Poiché i mercati servono da terreno di coltura e da fonte di potenza per le mega-imprese, le proposte che, nella loro ottica, includono i mercati penso siano inevitabilmente viziate. Si possono mettere in atto prescrizioni per mitigare gli effetti negativi sul mercato, proprio come vediamo nei tentativi di oggi di opporsi alle mega-imprese, ma le mega-imprese hanno un potente incentivo a contrattaccare e ne hanno anche la forza, grazie alla predilezione a somma zero dei mercati per vincere molte delle loro battaglie.
Perciò io affermo che se ci si oppone alle mega-imprese, ci si deve opporre ai mercati. Se si vogliono abolire le mega-imprese vanno aboliti i mercati.”

lunedì 25 novembre 2013

Attraversando Rafah

Silvia Todeschini   fonte:http://libera-palestina.blogspot.it/

Dopo dieci giorni ininterrotti di chiusura, il valico di Rafah è aperto per 3 giorni. Negli ultimi mesi è stato tenuto spesso chiuso dal governo egiziano, “per motivi di sicurezza” dicevano. Dal momento che il valico di Erez è inaccessibile ai più, Rafah è il passaggio principale presente tra il milione e settecentomila abitanti dellaStriscia di Gaza, sotto assedio oramai da 7 anni, e il resto del mondo. Un altro possibile passaggio – dedicato quasi esclusivamente alle merci – erano i tunnel sotterranei, ma anch'essi sono stati distrutti.
Arrivando dal Cairo, prima di passare il valico di Rafah, c'è da attraversare il Sinai. Sinai inizia con il canale di Suez. Nel canale di Suez c'era un ponte carrabile, ma è stato chiuso. Il canale si attraversa con delle chiatte, passando attraverso una coda lunghissima prima di potervi accedere. Dopo Suez, il deserto: sabbia, qualche cespuglio, e qualche palma; si procede fino ad Arish. Dopodiché, l'autista sceglie di deviare il percorso per alcuni passaggi sterrati, in mezzo alle case. Dice “esercito” in arabo, e mostra con dei gesti delle mani delle esplosioni, in inglese ci dice “all street close”; ci fa capire che, vista la situazione, il confine potrebbe essere di nuovo chiuso. Se ci sono problemi nel Sinai chi ne fa le spese è chi deve attraversare il valico, e ne vanno di mezzo come al solito i Palestinesi: i ricongiungimenti familiari, gli studenti che vorrebbero non perdere la borsa di studio, i malati in cerca di cure.
Mi sarebbe piaciuto fare interviste al confine, ma non ci sono riuscita, e non ci sono riuscita per due ragioni.
La prima è che in realtà sono stati gli egiziani ad interrogarci: avevamo delle foto nella macchinetta fotografica, e per almeno un'ora abbiamo dovuto fare la spola tra i diversi uffici, con polizia, funzionari e incaricati vari: ogni volta chiedevano dove le avevamo scattate e perché, poi dicevano che non c'era problema e che eravamo benvenuti. Salvo mandarci in un altro ufficio, perché un altro ufficiale vedesse le foto. Erano foto che avevamo fatto dalle finestre dell'ostello, non erano compromettenti per nessuno: a detta loro è una procedura standard quella di interrogare chiunque abbia macchine fotografiche o computer con dati, e questo la dice lunga su come la censura funzioni in Egitto, soprattutto per chi va verso Gaza. Nelle loro paranoie sono arrivati a chiedere “da Gaza vi hanno chiesto di portare queste foto?” come se, in quel caso, non le avessimo spedite via internet.
La seconda ragione è che, rispetto alle altre volte in cui ho passato il valico, esso era francamente deserto. Tra i vari sbirri che hanno esaminato le foto presenti nelle nostre macchinette, alcuni si trovavano dal lato opposto, quello che deve attraversare chi da Gaza si reca in Egitto. Anche da quel lato, l'atrio d'attesa era praticamente deserto. Evidentemente, dopo 10 giorni di chiusura, pur dichiarando che il valico era aperto, solo pochi erano autorizzati a passarlo.
L'assedio imposto sulla striscia di Gaza è illegale secondo la legislazione internazionale. Esso viola, infatti, gli articoli 55 e 56 della quarta convenzione di Ginevra, che sanciscono che la potenza occupante deve garantire i rifornimenti agli ospedali e il loro funzionamento; oltre che la dichiarazione dei diritti dell'uomo, che all'articolo 13 dice che ciascun individuo deve potersi muovere liberamente all'interno di uno Stato e poter lasciare il proprio Paese e tornarvi.
Ma prima di essere illegale, questo assedio è inumano.
Negli ospedali della Striscia, oltre a mancare i dispositivi medici e alcune medicine, ora manca anche la corrente, perchè dall'Egitto non è più possibile importare il carburante per la centrale elettrica: questo è un danno principalmente per chi si trova in cura intensiva, per chi è sotto dialisi e per chi deve subire operazioni. Amigliaia cercano di andare in Egitto per avere cure mediche che non possono ricevere a Gaza, e si trovano l'ingresso negato.
Ci sono studenti che hanno perso la borsa di studio all'estero, perché, bloccati a Rafah, non sono arrivati in tempo per poter accedere. Alcuni non hanno potuto partecipare a conferenze per cui era pianificato un loro intervento.
Numerose famiglie non hanno potuto ricongiungersi, lavoratori hanno perso il loro lavoro all'estero.
La mancanza di corrente arriva a compromettere il funzionamento della pompa dell'impianto fognario. Non è solo orribile – per tutti, a qualsiasi latitudine – camminare nell'acqua fognaria: rappresenta anche un rischio sanitario.
Anche l'Arca di Gaza, progetto della coalizione freedom flotilla che prevede la costruzione di una barca che rompa l'assedio di Gaza viaggiando dal porto di Gaza verso l'esterno, ha dovuto ritardare la sua partenza perché, a causa del blocco, non è stato possibile portare dentro la Striscia il materiale necessario a completare la costruzione della barca.
I tunnel tra il Sinai e Gaza sono stati per la maggior parte distrutti dall'esercito egiziano. Essi portavano dentro la Striscia generi di prima necessità, cibo, sigarette, e anche petrolio: è notizia del 9 novembre che 3000 litri di disel e 30 tonnellate di gas siano state intercettate prima del loro ingresso a Gaza attraverso i tunnel, e quindi non abbiano mai raggiunto la popolazione di Gaza. Dal canto suo, il governo egiziano ha dichiarato che la decisione di chiudere i tunnel è irreversibile.
Per concludere, vorrei raccontarvi la storia di Tamer, figlio di un'amica che vive a Gaza. Mi ha contattata chiedendo aiuto per arrivare in Europa. Ha studiato in Tunisia, è ingegnere aerospaziale: l'Egitto non gli da il visto per passare e tornare a Gaza, e nel frattempo, poiché ha finito gli studi, gli sta per scadere il visto tunisino.
Non so come poterlo aiutare: se avete qualche idea scrivetemi in privato (todessil at gmail.com). Chissà quante ce n'è di storie così.
Tutti i confini sono orribili, tutti rappresentano limitazioni al movimento che gli esseri umani non meritano. Ma questo confine, riesce addirittura ad essere più brutto di tanti altri.

Riaprire l'ospedale di Anagni è un dovere civile

IL COMITATO SALVIAMO L’OSPEDALE DI ANAGNI

Ad un anno esatto dalla chiusura, provvisoria, dei reparti di degenza dell’Ospedale Civile di Anagni è necessario fare il punto della situazione. Una situazione che, come i cittadini ben sanno, è sotto gli occhi di tutti, specialmente dei poveri sventurati che hanno necessità di rivolgersi ai servizi sanitari della ASL di Frosinone. I cittadini della zona nord della provincia di Frosinone sono completamente privi di assistenza sanitaria soprattutto per le urgenze, con una precaria copertura del servizio di ambulanza. Due ambulanze infatti dovrebbero essere sempre disponibili nel cortile dell’Ospedale di Anagni per le urgenze, ma nessuna delle due è medicalizzata, cioè con medico a bordo. Sovente le due  ambulanze sono impegnate, contemporaneamente, in altre zone della provincia e chi ha bisogno del trasporto deve sperare in qualche mezzo di fortuna, come raccontano le cronache di questi giorni. Il paziente che giunge al Pronto soccorso dell’Ospedale Spaziani di Frosinone, attende per ore di essere visitato e sistemato  in reparto. L’attesa, è ormai cronaca quotidiana,  avviene in ambienti e corridoi promiscui, dove malati di ogni genere ed età attendono su una lettiga il loro destino, curandosi, alimentandosi e cercando di soddisfare in qualche modo i loro bisogni fisiologici  più o meno aiutati dal sempre più affannato personale sanitario e, i più fortunati, da qualche familiare. La spiegazione che viene data di questo girone infernale da parte dei dirigenti Asl è la carenza di personale. E’ una spiegazione ormai standard che veniva data prima dell’entrata in funzione del nuovo Ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone e prima dei decreti Polverini di chiusura di ben sette ospedali nella provincia di Frosinone. Questa spiegazione viene data ancora oggi, dopo la chiusura di ben sette ospedali e il trasferimento di gran parte del personale all’Ospedale di Frosinone. E’ una spiegazione che però non regge più, alla luce di quel che succede effettivamente a molte persone che sono costrette a sostare per giorni nei corridoi del Pronto soccorso di Frosinone, in attesa di un posto letto in reparto. Il nuovo Ospedale di Frosinone, infatti, è stato progettato negli anni ’70 quando i decreti Polverini erano di là  da venire e sarebbero stati comunque impensabili. Dopo la chiusura di sette ospedali e ad un anno di distanza dalla chiusura, provvisoria, dell’Ospedale di Anagni,  si dimostra in maniera tragica l’inadeguatezza dell’Ospedale nuovo di Frosinone che, oltre al caos organizzativo aziendale, sconta l’insufficiente dimensionamento degli spazi che dovrebbero ospitare un’utenza moltiplicata per sette, proveniente dall’intera provincia, ma in maniera preponderante dalla zona nord di Anagni e del comprensorio dei monti Ernici.
Questa situazione è stata dettagliatamente descritta ai vertici Asl e ai funzionari della  cabina di regia dell’Ufficio commissariale della Regione Lazio, dai rappresentanti del Comitato. A questi dirigenti e funzionari è stato sottolineato più volte anche che l’Ospedale di Anagni non poteva essere chiuso in quanto tutelato dall’ordinanza del Consiglio di Stato dell’Agosto 2011. 
Non è il caso dunque di attendere, come dichiarato da qualche politico ciociaro o da qualche manager pro tempore asl, la sentenza del Tar  per decidere  di riaprire l’Ospedale di Anagni. Non possono essere i tribunali amministrativi a decidere sulla salute dei cittadini. E’ invece necessario e urgente riaprire l’Ospedale di Anagni, puntando sul potenziamento del Pronto soccorso e la disponibilità di posti letto a servizio del reparto di medicina e dei reparti chirurgici. Rivogliamo subito i nostri medici e i nostri infermieri per ripristinare la legalità e un minimo di diritti per i cittadini della zona nord della  Ciociaria. E’ necessario che il Commissario regionale Zingaretti prenda atto di questa situazione di sofferenza delle popolazioni ciociare e, dando seguito alle promesse elettorali, disponga immediatamente la riapertura dell’Ospedale di Anagni, per consentire l’alleggerimento della pressione sull’Ospedale di Frosinone e, in particolare sul suo Pronto Soccorso.
Il Comitato salviamo l’Ospedale di Anagni convocherà a breve un’assemblea pubblica per chiedere alle forze politiche cittadine e a tutti i sindaci della zona nord, mediante consigli comunali straordinari aperti, di pretendere la riapertura del nostro Ospedale. Inoltre di sollecitare interrogazioni dei rappresentanti regionali a Zingaretti e di chiedere allo stesso Zingaretti un incontro con i sindaci e rappresentanti dei comitati della zona nord.

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Per info telefonare al  n.:  3930723990.


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