Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 11 gennaio 2019

Certosa di Trisulti, cronaca di un affidamento annunciato

Luciano Granieri



Papa Francesco riceve il presidente onorario di DHI (Dignitatis Humanae Institute) Cardinal Martino (foto DHI)


Cronologia epistolare.

01/10/2014 (missiva non presente) Il Cardinal Martino (DHI)  scrive all’Abate di Casamari Silverio Buttarazzi, per chiedere l'affidamento  della Certosa di Trisulti a favore della   DHI.  In questa fase la Certosa è ancora nella disponibilità della Congregazione Cistercense  di Casamari, che però ha deciso di riconsegnarla al Demanio.

09/10/2014 (documento presente) L’Abate di Casamari Silverio Buttarazzi  risponde alla missiva del Cardinal Martino (DHI) del 01/10/2014. Nella lettera l’Abate fa presente che non è nelle condizioni di indicare un ente subentrante in quanto la certosa tornerà ad altro soggetto (il demanio). Ma lo stesso Abate suggerisce di contattare il Vescovo di Alatri-Anagni ,diocesi nella quale ricade la certosa,  Lorenzo Loppa già informato dell’intenzione della Congregazione Cistercense di Casamari sulla volontà di  cedere il complesso.

16/10/2014 (missiva non presente) Il Cardinal Martino  (DHI)scrive al vescovo di Anagni-Alatri  Lorenzo Loppa Martino, illustra le finalità di DHI al Vescovo e il progetto per acquisire la Certosa.

24/10/2014 (missiva presente) Il Vescovo di Anagni-Alatri  Lorenzo Loppa, risponde al Cardinal Martino(DHI). Lorenzo Loppa accorda il suo sostegno alla DHI, ma deve tener conto   anche del parere dell’Abate di Casamari  Silverio Buttarazzi .

19/11/2014 (missiva presente) Il Vescovo di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa, scrive all’Abate di Casamari Silverio Buttarazzi. Nella missiva Lorenzo Loppa si dice contento che l’attività della Certosa possa continuare sotto la gestione della DHI (già da per fatta l’acquisizione?),  tanto che ha fatto sapere alla stessa DHI di poter  contare sul suo sostegno. Ovviamente, conclude la lettera, “tenuto conto anche del Vostro Parere ( di Buttarazzi)  e della Vostra disponibilità”.  (La disponibilità  e il parere positivo dell’Abate di Casamari   è una inevitabile conseguenza.)

25/06/2015 (missiva presente) Lettera del Cardinal Martino (DHI)  a Papa Bergoglio Il Cardinal Martino esibendo  l’esplicito consenso da parte del Vescovo Loppa e dell’Abate Buttarazzi  in favore della gestione della Certosa da parte di DHI,  chiede al Papa di intercedere presso il ministro dei Beni Culturali Franceschini  affinchè conceda la Certosa di Trisulti,  ritornata di proprietà demaniale, alla stessa DHI.

Il 28/10/2016 Viene emesso il bando dal MiBACT per l’affidamento in gestione  a privati di alcuni siti museali del demanio  fra cui la certosa  di Trisulti. Al bando aderisce l’Accademia Nazionale delle Arti (Castello di Petronio di Tdi) e la DHI, che, guarda caso, nel giugno 2017  si aggiudica la gara.

Il contenuto delle   missive intercorse fra il Cardinal Martino, l'Abate Buttarazzi, il Vescovo Loppa e il Papa è visibile cliccando 
 QUI


giovedì 10 gennaio 2019

Ecco la supposta del cambiamento

Mario Zorzetto


Buon anno 2019   iniziamo con entusiasmo c’è il governo del cambiamento!


Manovra 2019: stangata sulle tasse locali:
Stangata in arrivo per cittadini e imprese. Secondo la Cgia dal 2019 gli italiani rischiano di pagare almeno 1 miliardo in più, a seguito della rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotta nella manovra di Bilancio. Governo del cambiamento?   Non proprio in questo caso…. La gente soffre….. e chi se ne frega direbbe Salvini non vi basta la sicurezza, i porti chiusi e che potrete sparare al primo che entra nel vostro giardino, con poco più di 132 euro per il rilascio del porto d' arma per difesa personale,( Una volta ottenuta, la licenza vale cinque anni, ma ogni anno bisogna presentare la domanda per il rinnovo :i costi complessivi tra tasse e certificati possono  superare i 350 euro, ndr)!?.
Redditi di pensione: 
Sopra tre volte la pensione minima lorda la perequazione al costo della vita dei redditi da pensione sarà ampiamente penalizzato dal 70% al 40 % rispetto il tasso inflattivo ufficiale (pari a 1,1%) che è già una significativa sottostima dell’incremento reale del costo della vita e quindi cresce l’impoverimento della maggior parte degli italiani…..La sentenza della Consulta parla chiaro ma il Governo del cambiamento la ignora e ribadisce: Per 3 anni sarà tagliato l’adeguamento delle pensioni oltre i 1.522 euro al mese (3 volte il minimo). L’indicizzazione piena ci sarà solo per le pensioni fino a 1.522 euro.
Incremento generalizzato di tutte le bollette dei servizi di utenza elettrica, gas…..meglio non parlarne.. tutte sopra 1,1%!
Ma c’è la web tax a salvarci……..3% di tassazione per chi ha un giro d’affari e ricavi sopra 750 milioni di euro!
E tu che non hai un giro d’affari di 750 milioni di euro? Sei fortunato non paghi la web tax!
Avete ancora entusiasmo? Avete un gilet jaune da qualche parte?

mercoledì 9 gennaio 2019

Io sono il jazz

by Freddington traduzione di Luciano Granieri





Io sono il jazz
È nella mia natura evolvere
cambiare ed adattarmi.

Sono inquieto
mi muovo verso il futuro che  non posso vedere o predire
ma sarò sempre il jazz
sono molto cambiato dalla mia nascita. 

 Dubito che Jellyroll Morton mi riconoscerebbe oggi,
ma sono sicuro che apprezzerebbe quanto lontano si arrivato
i  posti dove sono stato  le vite che ho riunito.

Sono nato in America in umili  contesti.

Da New Orleans sono cresciuto mi sono diffuso in ogni parte,
oggi sono ovunque,
in tutti i Paesi e in tutte le estrazioni sociali.

Anni fa   fui anche popolare.

La gente ballava grazie a me ero tutto ciò che si poteva sentire alla radio.

Oggi  sopravvivo   ai confini estremi dell’industria musicale,
ma  continuo a svilupparmi  con  l’innovazione che mi rende resiliente.

Ai miei creatori offro solo sfide,
e poche soddisfazioni  economiche.

Sono una vita di perseveranza e determinazione.

Sono la conoscenza e la bellezza.

Sono il jazz.


martedì 8 gennaio 2019

Pieno appoggio ai sindaci contro il decreto Salvini

Coordinamento per la  Democrazia Costituzionale


Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha denunciato subito gli aspetti di incostituzionalità che rendono inaccettabile il c.d. “decreto sicurezza”, ora L.132/2018, che tenta di forzare la Costituzione contro i diritti fondamentali delle persone, per di più rendendo più difficile la convivenza fra i cittadini italiani ed una popolazione di stranieri privi di ogni mezzo di sostentamento, che resteranno in Italia e verranno spinti in un’illegalità forzata. 

Questa revisione legislativa si accompagna contestualmente ad atti del Governo che contrastano e violano apertamente gli obblighi nascenti dal diritto internazionale del mare, vietando l'approdo alle navi che salvano i naufraghi nel Mediterraneo centrale e il loro soccorso, con la conseguenza che nel corso del 2018 si è avuto un drastico incremento del tasso dei morti in mare (oltre 2.000 vittime). 

E’ di eccezionale gravità che 49 migranti siano costretti a vagare nel Mediterraneo da 14 giorni senza la possibilità di essere soccorsi e di ottenere un approdo sicuro, che non può essere il ritorno nei lager libici. Il nostro paese ha il dovere di essere in prima fila nel soccorso di questi esseri umani abbandonati a sé stessi. La grettezza e la chiusura delle posizioni del governo sono inaccettabili.

 Le decisioni del governo e in particolare parti significative della normativa “sicurezza” contrastano con i valori che la Costituzione ha inscindibilmente inserito nell’ordinamento giuridico. 

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale condivide e appoggia pienamente la resistenza dei sindaci volta a respingere gli effetti perversi della normativa “sicurezza” sui diritti delle persone in nome dei valori della Costituzione. 

Il sindaco di Palermo ha dato disposizione agli uffici comunali di sospenderne l’applicazione nella parte in cui vieta l’iscrizione dei migranti nei registri anagrafici, denunciandone la natura di “provvedimento disumano e criminogeno”.

 Questa posizione, condivisa e appoggiata da altri sindaci, apre un’importante contraddizione tra i valori della Costituzione e una politica ed una legislazione fondate sul disprezzo dei diritti umani. Per questo è indispensabile che prima possibile la Corte Costituzionale sia messa nelle condizioni di giudicare la legittimità costituzionale della legge 132/2018. 

E’ importante ribadire che nella legalità costituzionale non c’è posto per norme “disumane e criminogene” che ricordano le leggi razziali; i responsabili della programmata omissione di soccorso nel Mediterraneo centrale dovranno rispondere delle loro condotte. 

Massimo Villone, Silvia Manderino, Alfiero Grandi

No alla regionalizzazione del sistema scolastico



A tutti gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale ATA
A tutte le associazioni in difesa della scuola pubblica statale
A tutte le persone legate ai valori dell’unità della scuola e della Repubblica 

Proposta di costruire insieme una 
Conferenza Nazionale per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione del sistema scolastico

Il 15 ottobre scorso, durante il convegno che si è tenuto a Torino in occasione delle giornate nazionali di mobilitazione attorno all’ “Appello per la scuola pubblica”, un tema ha fatto irruzione nel dibattito: il pericolo imminente della regionalizzazione del sistema scolastico in Veneto, con la Lombardia e l’Emilia Romagna che si preparerebbero a seguire la stessa strada. Il  21 dicembre, il Consiglio dei Ministri ha presentato il progetto di “autonomia differenziata”, compiendo così il primo passo allarmante in questa direzione.
Tutti possono comprendere la gravità di questo nuovo attacco alla scuola pubblica statale, un attacco che riguarda più in generale l’unità del nostro Paese, delle conquiste e dei diritti.
Certo, regionalizzare la scuola vorrebbe dire portare un nuovo colpo micidiale al diritto all’istruzione uguale per tutti, ai titoli di studio, ai contratti degli insegnanti e del personale. Ma la scuola della Repubblica, con la sua unità, con il suo territorio culturale omogeneo dal nord al sud del Paese, rappresenta qualcosa di ancora più importante: un collante contro le spinte alla divisione che emergono con sempre maggior forza negli ultimi decenni.
Di fronte a questo pericolo il convegno del 15 ottobre ha lanciato un primo appello.
Ora pensiamo che non ci sia un minuto da perdere e che sia necessario rilanciare con un’iniziativa che unisca il mondo della scuola e tutta la società per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione dell’istruzione. 
Tutti sanno che cosa abbia significato la regionalizzazione della formazione professionale e, guardando oltre la scuola, della Sanità. D’altra parte, proprio nella conferenza di Torino abbiamo avuto modo di conoscere i danni che la regionalizzazione dell’istruzione in Trentino-Adige sta procurando.
E’ per queste ragioni che proponiamo a tutti gli insegnanti, i dirigenti, il personale della scuola, le associazioni, ma più in generale a tutti i cittadini legati all’unità della Repubblica e alla difesa della scuola pubblica statale di costruire insieme una Conferenza Nazionale per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione del sistema scolastico, più o meno marcato, in Veneto come altrove.
In un momento così grave e importante, nulla può impedire di unirci su questo tema, per discutere, smascherare l’operazione e prendere iniziative concrete.
Noi siamo certi che la coscienza dell’importanza dell’unità della scuola della Repubblica sia viva in tutta la popolazione, in tutte le città e i comuni, fino ai più piccoli paesi o villaggi.
Certi dunque che si possa costruire insieme, possibilmente nel Veneto dove il pericolo è più imminente, un evento che sappia incidere sulla situazione, restiamo in attesa di un vostro riscontro.

Lorenzo Varaldo, dirigente scolastico, coordinatore “Manifesto dei 500”, Torino
Rossella Latempa, insegnante, promotrice “Appello per la scuola pubblica”, Verona

domenica 6 gennaio 2019

Cherles Mingus. Un ricordo del musicista e del rivoluzionario

Luciano Granieri





Il  5 gennaio di quarant’anni fa moriva Charlie Mingus, musicista poliedrico, sensibile, irascibile, magmatico, una caleidoscopica macchina  jazzistica. Contrabbassista, ma anche pianista ed artista a tutto tondo, l'importanza che Mingus rivestì nella storia del jazz non fu solo musicale ma anche politica. Il  be bop negli anni ’40 aveva segnato una rivoluzione espressiva scaturita da un moto di ribellione alle prevaricazioni che i neri, musicisti e non, stavano subendo dalla borghesia bianca . Charlie Parker, Dizzy e tutti gli altri  rimasero però  nel campo strettamente musicale, anche se i loro atteggiamenti da palco erano significativamente  politici. Con Sonny Rollins e Max Roach  Mingus  fu il primo musicista a impegnarsi nella lotta per i diritti civili del popolo nero  e non solo.  La sua azione di forte contrapposizione  si rivolse in generale verso i potenti, fu il primo musicista ad usare il termine “fascista”. Ciò si deve in particolare  alle sue origine sociali  che fin dall’infanzia generarono  in lui una situazione psicologica particolare. 

Un bastardo più bastardo degli altri
Il titolo del suo libro autobiografico  Beneath the Underdog  (Al di sotto di un bastardo) è emblematico nel descriverne le predisposizioni.  Charles Mingus  era un  “negro giallo”aveva  nelle sue vene sangue messicano e  pellerossa. Nacque nel 1922 a Nogales in Arizona, al confine con il Messico, città in cui oggi passa il muro di Trump voluto  per chiudere il passaggio agli immigrati messicani.  Crebbe nel ghetto nero di Watts in California   dove la segregazione razziale fu sempre ferocissima. Mingus si considerava    un “bastardo più bastardo degli altri”, più chiaro dei neri, ma non abbastanza  slavato  da poter  essere   accettato  dai bianchi. Riuscì a collaborare  con tutti i più celebrati jazzisti attraversando  le varie tappe che la musica afroamericana percorse nella storia degli Stati Uniti. A diciannove anni suono con Armstrong , forse il jazzman più “zio tomistico” della storia.  Passò dal clarinettista di Ellington, Barney Bigard alle orchestre di rhythm and blues . Nel 1948 era nell’orchestra di Lionel Hampton, un musicista che più allineato non poteva essere, e solo verso la fine della parabola di Charlie Parker, nel 1953,  riuscì  ad esprimersi con il sassofonista di Kansas City.  

Il maestro Duke Ellington
La particolarità del contrabbassista pellerossa stava  nel fatto che, a differenza dei suoi colleghi, più che Parker ebbe come stella polare Duke Ellington. Apprezzava   il sound delle orchestre ellingtoniane   che cercò di rielaborare in modo del tutto originale. Per anni la sigla delle sue esibizioni concertistiche fu ” Take The A Train. Riuscì pure  a suonare nell’orchestra  del Duca,fra il 1952 ed il 1953 ma a causa del suo carattere impulsivo ebbe a che dire con l’altrettanto impulsivo portoricano  Jaun Tizol , arrangiatore e trombonista dell’orchestra.  Il contrabbassista di Nogales ebbe l’ardire di trasporre ad un ottava superiore l’assolo di contrabbasso con l’archetto  che Tizol aveva scritto per lui. Ciò  per renderlo più “cantabile” alla stregua di un’esecuzione di violoncello.  La cosa non piacque all’arrangiatore di Ellington, il quale accusò Mingus di “essere come il resto dei neri della banda, cioè di non saper leggere la musica”La colluttazione seguita a questa dichiarazione, portò Tizol ad aggredire Mingus con un coltello, e Mingus, schivata la coltellata, a spaccare la sedia di Tizol con un ascia. Per il mite e rassicurante Ellington, un atteggiamento del genere non poteva proprio  essere tollerato. Costrinse  Mingus a dimettersi dall’orchestra. La formazione tecnico strumentale di  Mingus, pur incardinandosi nello swing, grazie ai suoi primi maestri, Red Callender su tutti, usufruì di una robusta influenza classica. Fra i suoi maestri  figurò Herman Reinshagen, primo contrabbassista dell’orchestra filarmonica di New York .  Partendo da un linguaggio così particolarmente formato Mingus  era sempre in cerca di nuove idee, concezioni armoniche, ma anche di talenti. Per svincolarsi dai compromessi imposti dalle case discografiche dei bianchi, con Max Roach , diede vita ad una piccola etichetta  la Debut  attraverso la quale registrò il famoso concerto al Massey Hall di Toronto  con Parker, Gillespie, Powell e lo stesso Roach. La casa fallì  quasi subito,  le difficoltà delle imprese costituite dai neri erano indicibili, per cui quelle straordinarie  incisioni furono rilevate dalla Fantasy. 


Quasi sconfitto dal razzismo
Le  sue capacità tecniche emersero presto  in particolare all’interno del trio con i bianchi   Red Norvo, al vibrafono e Tal Farlow alla chitarra   la cui collaborazione  , nel 49’, lo indusse a trasferirsi a New York.  Nonostante l’indubbia capacità tecnica Mingus trovò enormi difficoltà ad imporsi soprattutto per i pregiudizi razziali.  Lui nero fra due musicisti bianchi dovette subire diversi soprusi ed ingiustizie.  Ad esempio quando Il trio riuscì ad ottenere un ingaggio per una importante trasmissione televisiva, durante le prove, uno dei produttori disse che Mingus non avrebbe potuto suonare perché nero . I gruppi interrazziali non erano graditi agli spettatori razzisti ed ipocriti dell’epoca. La disillusione e la delusione fu tale   da  convincerlo ad abbandonare la musica. Fu Charlie Parker a tirarlo fuori dall’ufficio postale in cui aveva trovato un modesto lavoro per rilanciarlo nel panorama jazzistico mondiale che lo vide protagonista fino alla metà degli anni ’70. I suoi brani raggiunsero  altissimi valori artistici e furono il frutto di un’iniziativa che nell’epoca della massima diffusione del jazz bianco californiano, suonò veramente rivoluzionaria.  Mingus costituì  il “Jazz Workshop”  (laboratorio del jazz) che, con il trascorrere degli anni, divenne  prima  “Composer Workshop” ed infine “Jazz Composer Workshop” I Workshops furono per Mingus il “mezzo” per realizzare le sue idee musicali. Li  usava così come Ellington usava la sua orchestra.  Erano dei veri e propri laboratori nei quali ci si confrontava, si dibatteva, si cercava insomma di creare una musica veramente diversa che avesse come elemento fondante il collettivo.  

Laboratori affollati e creativi
I Workshops mingusiani non ebbero mai un organico fisso. A partire dal 1953 in essi si avvicendarono jazzisti come il trombettista Thad Jones, trombonisti come Jimmy Knepper, un numero notevole di sassofonisti da John La Porta, a Benny Golson a Pepper Adams. Anche i pianisti furono di notevole spessore a cominciare dal quel Bill Evans che nel 1959 dette vita con Miles Davis al capolavoro Kind of Blue, ma anche Paul Bley, Horace Parlan ed altri offrirono un contributo estremamente creativo .  In relazione ai batteristi, a parte Kenny Clarke, nessuno riuscì ad eguagliare la straordinaria dinamica ritmica di Dannie Richmond. Un musicista entrato nel Workshop a 21 anni e mai più uscito, accompagnando fino alla fine tutte le formazioni mingusiane. Nei Workshops ebbero spazio anche strumenti particolari come il violoncello di Jackson Wiley, l’oboe di Harry Schumann ma  soprattutto il flauto e il clarino basso di Eric Dolphy. Il critico Demètre Ioakimidis definì efficacemente la musica di Mingus come : “ Una sfida sardonica gettata contro l’ascoltatore”.  Lo stesso Mingus rivelò  quale fosse la sua    precisa fonte ispiratrice: “Io non posso suonare questa musica  se non penso ai pregiudizi, all’odio, alle persecuzioni, a tutto quanto è iniquo. Quando ho finito di suonare io, di solito penso. ‘ Gliel’ho detto, speriamo che mi abbiano ascoltato” .



La musica  e la rivolta
Nonostante queste   prese di  posizioni a chi gli chiedeva se davvero la sua musica fosse espressione della rivolta dei neri negli Stati Uniti  Mingus rispondeva: “L’arte non ha niente a che vedere con la politica e, in ogni caso, non dovrebbe avere niente a che fare con essa”. Al di là delle dichiarazioni tutto ciò che  Mingus farà come uomo e come musicista, si tradurrà sempre in  azione "musical-politica”. L’esempio più clamoroso è il brano Fables of Faubus  una sprezzante pièce musicale dedicata con sdegnoso atteggiamento insultante al governatore razzista dell’Arkansas Orval Faubus. Le “favolette”  raccontando di quando il Faubus   inviò la guardia nazionale per impedire il legittimo accesso all’università ad alcuni ragazzi afroamericani,  dopo che una sentenza della Corte Federale aveva abolito il segregazionismo nei Campus. La reazione nera fu decisa tanto che dovette intervenire anche il presidente Eisenhower, inviando l’esercito federale  per permettere l’accesso agli studenti afroamericani.  A  Mingus  veniva molto naturale  rilasciare dichiarazioni politiche,disse una volta : “Io non sono un nazista, certo ho sempre pensato  che non sarei capace di uccidere , anche  se ne ho avuto l’occasione quando hanno cercato di uccidere me , ma ora quando Wallace (George Wallace governatore dell’Alabama che aveva tentato di opporsi nel 1963 a tremila soldati inviati dal Presidente Kennedy a Birmingham  per sostenere  la legalità dell’integrazione nelle scuole) dice uccidete tutti i neri , non  mi si chieda di restare li ad aspettare come fecero gli Ebrei al tempo di Hitler; io posso andare ad ascoltarlo, ma con una bomba sotto la camicia , e se ciò che dice non mi va bene  io accenderò una sigaretta e farò esplodere tutto”. Assumere Mingus come simbolo della contestazione nera è abbastanza azzardato. Ma la determinazione nell'esporre con forza le sue idee attraverso la musica significò moltissimo, sia per lo sviluppo del jazz stesso  che per una parte della società americana vittima di ingiustizia e soprusi.  Capolavori come Black Sanits and the Sinner Lady (con il sax alto del bianco Charlie Mariano) e  l’agghiacciante Meditation  on a Inner Peace , che concluse il ciclo mingusiano degli anni ’60, furono esecuzioni probanti della lotta politica insita nelle sue  note.   Dunque 40 anni fa se ne andava un gigante non solo della musica  , ma anche  di quel modo di raccontare le vicende sociali e politiche di un intero popolo con il  linguaggio rivoluzionario del jazz. Chissà se musicisti e soprattutto politici di tale spessore torneranno a nascere?   

Good Vibrations