Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 24 novembre 2012

Senza paura la scuola in piazza.

Luciano Granieri
foto:Fausta Dumano
musiche: Banda Bassotti


Va in archivio  un’altra giornata di protesta. Il macrocosmo scuola  pubblica con professori, studenti e genitori, non si rassegna a scomparire.  Ed è vitale che la lotta  continui  perché ne va del futuro non solo di studenti e docenti , ma della sopravvivenza stessa di tutta la collettività. Nel corso di queste giornate in piazza un  blocco conflittuale sempre più granitico e deciso  sta aggregando gli altri mondi di  esclusi, dai lavoratori precari ai disoccupati, dai  “diversi” per genere, provenienza etnica e costumi sessuali, a chi vuole difendere i diritti dei palestinesi.  Ma in una sfolgorante giornata di lotta come quella di ieri  si creano situazioni, per cui è necessario chiedere scusa. Voglio chiedere scusa ai partigiani che hanno sacrificato la vita  per donarci la possibilità di  vivere in  una nazione libera e solidale  , voglio chiedere scusa ai padri costituenti, che hanno avuto la sensibilità democratica di redigere un testo straordinario. Nella Costituzione italiana si disegnano i connotati di una società  in cui i diritti  ad una vita dignitosa, alla partecipazione politica di massa,  all’accoglienza, alla possibilità di istruirsi e di crescere intellettualmente sono intangibili. Voglio chiedere scusa perché i loro sacrifici umani non sono serviti. La loro dedizione alla  costruzione di un Paese migliore è stata infangata dal corteo nero che nel pomeriggio ha insozzato Roma da P.zza Mazzini a Ponte Milvio. I fascisti del terzo millennio, tutti in fila, inquadrati militarmente, vestiti di nero e con la  bandierina d’ordinanza in mano,   hanno inscenato il loro corteo funebre. Una sfilata funerea  in cui poveri ragazzetti, anche loro precari  (nel cervello però) comandati  da  beceri capi bastone, hanno messo in mostra tutta la loro miseria culturale e politica. Negli occhi di quegli sprovveduti si percepiva la drammatica  preoccupazione di leggere male gli  slogan che i suddetti capobastone avevano scritto loro. Il malcapitato che ha dovuto ripetere davanti alle telecamere il suo grido di battaglia ha sbagliato a leggere confondendosi e balbettando malamente. E’ vero la scuola pubblica è necessaria soprattutto a  loro, ma  a cominciare dalle elementari. E che dire della  vigliaccheria di un signore, il quale, intervistato da un giornalista, prima ha descritto la teppaglia del terzo millennio come una benefica associazione - meglio dei boy scout altro che aggressioni e violenze, ha iscritto perfino il figlio!  - poi alla precisa domanda se fosse fascista, il signore in questione, piccato, non ha riposto. Si è vergognato di dichiararsi  fascista forse? Ha sostenuto che questa questione avrebbe meritato un approfondimento storico. “Insomma bello sei fascista o no?” Cosi avrei incalzato se fossi stato al posto del giornalista, e invece il cronista inviato del “TG Alemanno” ha soprasseduto. A proposito di giornalisti è necessario chiedere scusa ai padri partigiani anche per la sguaiatezza della  TV pubblica, pagata dai soldi di una comunità che dovrebbe essere antifascista. Il TGR Lazio (TG Alemanno appunto) ha aperto l’edizione serale con un ampio servizio dedicato al corteo nero. Interviste ai capobastone e anche ai militanti i quali hanno sfoggiato la loro imperizia nel leggere quelle quattro parole messe in croce scritte loro sui foglietti. Devo scusarmi anche con Ponte Milvio, perché oltre ai lucchetti di Moccia ha dovuto sopportare  anche a quest’altra iattura. Devo chiedere scusa, perché facendo parte di una comunità che elegge presidenti della camera di sinistra - i quali mettono sullo stesso piano i giovani partigiani e i ragazzi di Salò - che elegge sindaci, anche di sinistra che concedono la piazza ai fascisti violando il dettato costituzionale, sono anch’io colpevole.  “Per quanto ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti” così cantava Fabrizio De Anrdrè. L’unica speranza è che da questa lotta degli studenti possa rinascere una sensibilità civile tale da rigettare ogni ulteriore tentativo di prevaricazione fascista. 

Notte di guerra


Ass.ne Compagnia Specchi Sonori
Progetto Apparenze Trasparenze
 La storia di “Notte di Guerra”
 Il testo di Raphael Alberti Notte di guerra al Museo del Prado è del 1956, scritto in occasione del trentennale della guerra di Spagna. Poche volte rappresentato, mostra interessanti spunti per il nostro metodo di rappresentazione teatrale per l’integrazione dei linguaggi artistici. Raphael Alberti compone quest’opera dopo aver scritto il suo Trattato sulla pittura, ispirato da un episodio della guerra di Spagna, cui partecipò anche colei che diverrà sua moglie. Maria Teresa Léon, fu segretaria dell’Alleanza degli intellettuali antifascisti, si occupò del salvataggio di centinaia di opere d’arte del Prado e dell’Escurial, minacciate dai bombardamenti franchisti, creò las Guerrillas del Teatro, compagnia teatrale con cui percorre città e campagne interpretando opere di propaganda repubblicana. Continuò in esilio la sua opera instancabile.
Sinossi
Durante la guerra di Spagna alcuni partigiani, asserragliati al Museo del Prado in Madrid, circondati dal fuoco delle artiglierie franchiste e dal bombardamento degli alleati italiani di Franco, decidono di porre al riparo i quadri del museo: la monumentale opera del Goya, i Rembrandt, i Tintoretto….Dalle pareti ormai spoglie, sorgono a rivivere i personaggi di quella pittura, come attori nel presente.. come fantasmi e poi più vivi che mai….Soprattutto dalla pittura del Goya del tempo della guerra di Spagna del 1808, risorgono combattenti per gli ideali della libertà che si ritrovano, oggi , nella nuova guerra per la libertà.

Il meccanismo scenico immaginato da Alberti muove proprio dalla proiezione delle immagini dei quadri dei grandi artisti al Museo del Prado, poi l’autore richiama la necessità, in didascalia, che “si tengano ben a mente quei quadri e tutti i dettagli dei costumi” poiché vedremo agire in scena la Maya, l’arrotino dei disastri della guerra del Goya, come il monco, come le streghe delle Opere Nigre. Si mescolano nel testo molti altri spunti “brechtiani”: un forte espressionismo necessario alla recitazione: spesso grida e suoni e risate di streghe; i poveri, i macilenti, i torturati delle incisioni nigre, con i loro stracci, con la loro deforme testimonianza di atrocità, si mescolano a un mondo magico, spurio, di streghe e di parole gergali forti…. Di termini carnali, senza pudore, disincantati…fino ad un carro carnevalesco, una parodia cinica e ridanciana di una guerra
atroce. Un autos da fè, senza sacramento, di un totale disilluso laicismo. … L’opera si presta ad un approfondimento sperimentale di molti dei linguaggi che solitamente mettiamo in campo:
Claudio Rovagna, che cura di consueto la drammaturgia musicale dei lavori di Specchi Sonori, nonché le composizioni originali, propone questa volta di far emergere tessiture vocali, in registrazione e proposte anche dal vivo dagli attori, per costruire una drammaturgia del suono della guerra, del dolore, del bombardamento. Il mondo magico di streghe e il mondo derelitto di straccioni potranno essere rappresentato anche con le marionette…. Che sono visione vivente del fantastico. Vogliamo però cogliere nel testo un’altra fondamentale occasione poetica: il testo è appello alla funzione dell’Arte, funzione di garanzia di libertà e dei valori umani.
La coscienza antifascista dei rivoluzionari spagnoli fa loro decidere di salvaguardare l’Arte di un Museo, l’Arte è patrimonio di libertà, Goya stesso, un secolo prima aveva denunciato in un “reportage” allucinato tutti gli orrori e lo smarrimento di umanità della guerra, creando un monumento eterno al valore della vita umana offeso dal sopruso. E’ proprio l’arte che rivive, che muove il meccanismo magico della creazione e che torna a schierarsi per i valori umani.
Ma questo spettacolo, nel nostro adattamento, trova lo spunto per narrare anche un’altra storia.
Marianna de Leoni

Note ... Sonore
Il Canto sulle poesie di Garcia Lorca si trasforma in grido di terrore, in voce deformata, in raglio grottesco; Il suono della pioggia in bombardamento, in sirene di allarmi aerei, in esplosioni. La musica è sotto attacco e si aggrappa alle creature fantastiche del Goya, ai quadri del Museo del Prado, per sostenere i miliziani nella resistenza. Un cieco musico, dal mondo fantastico dei “Capricci” del Goya, lancia l’idea musicale che porterà alla riscossa contro la dittatura, contro ogni sopruso e violenza. Torna, infine, il canto, ma è un canto di lotta. Un canto di lotta…. vecchio
stile, ma è veramente un vecchio ricordo la Resistenza? Oppure è necessario ancora intonare questo “canto”? Lamusica, nata libera, vuole questo e solo in questo può continuare a vivere.
Claudio Rovagna

Un giovane partigiano era artista, studente, sognava di fare l’artista…
L’appello della guerra partigiana e degli ideali  lo ha strappato anche a questo.
Sta fermo, solo ed in disparte, in qualche luogo , in attesa. L’attesa soffia sui suoi pensieri. Intorno a lui i rumori e le voci della guerra. L’urgenza di vivere, di tornare a vivere, di lottare perché vita ritorni gli viene  in mente con le immagini dell’Arte che amava. Speranza, di ritornare e che l’Arte ritorni.

A mio padre, combattente per la libertà del nostro Paese e a tutti coloro che continuano sinceramente a combattereper i propri valori, senza fare sconti, senza interessi personali, senza paura.
Addio papà.

Con:
Maurizio Castè, Paolo Andrenucci, Lucia Mattei, Monica Gattari, Simona Sanzò
Voce narrante Marco Carlaccini
Voce del prologo Marco Carlaccini
Canto Micaela Guerra
Musiche originali Claudio Rovagna
Musica dal vivo tastiera Claudio Rovagna , fiati Simona Sanzò
Video Specchi Sonori con gentile concessione di materiali del Museo storico della
Resistenza di Fosdinovo
Marionette e Regia Marianna de Leoni

Con il patrocinio dell’ ANPI NAZIONALE
Casa delle Culture, via San Crisogono - Roma
15 Dicembre ore 21,00 16 Dicembre ore 18,00

La clip con alcune foto della rappresentazione teatrale è a cura di Luciano Granieri.
Brano: Jaya
eseguito da: Ambrose Akinmusire - tromba
                    Justin Brown -batteria
                    Gerald Clayton -Piano
                    Walter Smith III - Sax Tenore
                    Harish Raghavan - Basso 


Casapound a Roma, presidio antifascista a Piazza Esquilino

Antefattoblog

"Siamo qui a manifestare il dissenso al fatto che il Comune capitolino abbia dato il consenso all'ennesima marcetta fascista". Così Francesco Polcaro dell'Anpi che assieme a un migliaio di attivisti è sceso in piazza contro il corteo di Casa Pound.


La posta in gioco richiede un impegno forte, unitario e serio senza precedenti.


Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone

Il ritiro delle proposte presentate dalla LEGA e dal PDL alla Commissione affari costituzionali del Senato agevola l’iter del decreto Monti sull’accorpamento delle province.
Il ministro ha solennemente dichiarato che l’impalcatura del decreto non si tocca.
Ha, inoltre, sottolineato che le proposte contenute nel decreto sono state riprese dai progetti di legge giacenti in Parlamento. Il governo è disponibile solo per ritocchi che riguardano tempi e modalità di attuazione del decreto stesso.
Ciò significa che se si vuole tentare di cambiare veramente il decreto e conservare il capoluogo a Frosinone occorre dare una risposta forte ed unitaria. La Consulta delle associazioni e il Gruppo Frosinone che vorrei lavorano da tempo per questo obiettivo. 
Nell’incontro convocato per lunedì 26 c. m., alle ore 17,30, aperto a tutti, ci auguriamo che ci sia partecipazione e un dibattito approfondito per trovare un percorso comune di impegno e di proposta.
Se non si trova un’intesa unitaria che accomuna e mobilita i consigli comunali e quello provinciale, le organizzazioni sindacali tutte, le associazioni e le scuole; se non si organizza un incontro a Frosinone con tutte le associazioni ed i comitati delle province interessate e si dà vita ad una grande manifestazione a Roma; se non c’è un impegno ed una pressione delle direzioni provinciali dei partiti; se non c’è una presa di posizione decisa dei parlamentari eletti con i nostri voti,  le sorti del nostro Capoluogo sono già segnate. I nostri parlamentari devono rifiutarsi di votare a favore di un decreto che cancella la nostra identità, calpesta i nostri diritti e rende più difficile la nostra vita.
Le associazioni, come sempre, stanno facendo e continueranno a fare la loro parte. E gli ALTRI?


venerdì 23 novembre 2012

Primarie Centro Sinistra. LA CONTA

Luciano Granieri


Domenica   andrà  in scena un alto esempio di partecipazione democratica . Come non definire in tal senso l’evento delle primarie del centro sinistra?  Si prevede una notevole affluenza ai gazebo  considerato che già un milione di persone ha  effettuato le procedure di registrazione . A due euro a cranio per iscrizione  il Pd ha tirato su 2 milioncini tondi tondi  e ci sono   ancora  altri due  giorni  per completare le iscrizioni. Non è  male come promozione alla partecipazione democratica  qualche milioncino di euro non fa schifo a nessuno. Quegli altri alle loro primarie, che sembra si svolgeranno il 16 dicembre, dovranno pagarli  gli elettori, organizzare pullman di pensionati,   per vedere un po’ di gente ai gazebo. Per adesso di affollato nelle primarie del Pdl c’è solo il gruppo dei candidati. Ma questa è un’altra storia. Veniamo dunque alla remunerativa esercitazione democratica del centro sinistra. Non vi è alcun dubbio, si deve ottemperare al dovere civico di andare votare,  quindi, coraggio, se non lo abbiamo fatto, andiamo a registrarci  e rechiamoci numerosi alle urne. Già ma per chi votare? La faccenda è seria, si deve scegliere  il futuro Presidente del consiglio, mica caccole! Allora cominciamo a ragionare.

Pierluigi Bersani:
 segretario del Pd, è moderatamente a favore del fiscal compact e dei trattati europei. Se  ce lo chiede l’Europa ce lo chiede l’Europa, mica il principato di Filettino!!!  La campagna elettorale gliel’ha pagata Riva il patron dell’Ilva , quello che sta avvelenando  operai e cittadini a Taranto.
DA NON VOTARE.

Matteo Renzi:
sindaco di Firenze esponente del Pd. Vuole rottamare i vecchi politici, ma gli operaio devono diventare macchine  d’epoca, infatti la riforma delle pensioni della Fornero per il giovane Renzi è  la migliore che ci sia. E’ decisamente a favore del fiscal compact e dei trattati europei, si è fatto fregare da Marchionne, ma mai quanto gli operai della Fiat.  La campagna elettorale gliel’ha pagata Davide Serra, patron del fondo Algebris, un hedge fund con sede alle  Cayman, quello che con altri suoi compari signori della speculazione finanziaria, sta affamando mezza Europa.
ASSOLUTAMENTE DA NON  VOTARE.

Laura Puppato: 
esponente del Pd, l’unica donna della competizione, e questo potrebbe deporre a suo favore. E’  consigliere regionale del Veneto. Non ha votato contro (si è astenuta)  una legge ad hoc, emanata dal governatore Zaia, per salvare il più grosso e inquinante progetto di impianto a  carbone che l’Enel vuole costruire nel parco del delta del Po a Porto Tolle. Progetto precedentemente bocciato dal Consiglio di Stato.
A MALINCUORE, MA DA NON VOTARE, CONNIVENTE CON GLI AMICI DEL CARBONE.

Bruno Tabacci:
assessore al bilancio della giunta di Milano,  democristiano, ex Udc, esponente dell’Api di Rutelli che un tempo se la faceva  con i post fascisti di Fini , entusiasta del governo Monti, fan dei trattati europei, segretamente fa il tifo per una alleanza con l’Udc dopo le elezioni.
DA NON VOTARE TROPPO DEMOCRISTIANO.

Nichi Vendola
governatore della regione Puglia, ex comunista, ex arcobaleno oggi leader di Sinistra Ecologia e Libertà.  Ha puntualmente vinto tutte le primarie in cui ha avuto come avversario uno del Pd. Questa volta l’impresa è difficilissima i Democrat  da battere sono ben tre. E poi stavolta la fortuna di prendersi gli insulti di D’Alema  tocca a Renzi. La regola che vuole vincitore delle primarie il candidato  antipatico a  D’Alema è sempre in vigore, per ben due volte Vendola ne ha beneficiato, stavolta sarà praticamente impossibile. Vendola è contro i trattati europei però ha firmato la carta  d’intenti “Italia bene Comune” in cui il vincitore delle primarie si impegna a rispettarli , è  contro il governo Monti, peccato nella già citata carta d’intenti il vincitore delle primarie s’impegna a non escludere alleanze con forze moderate (Casini) le quali spingono per un Monti bis. Il governatore pugliese  vuole fare come Hollande il quale  ha vinto le elezioni in Francia promettendo pressioni per l’abolizione  del  fiscal compact. Peccato che il neo presidente Francese ,una volta eletto ha rivisto la sua posizione, prima ha accettato una edulcorazione del fiscal compact, poi l’ha sposto in pieno.
 DA NON  VOTARE, NON C’E’ DA FIDARSI.

E allora? E allora è un bel problema. Il dovere civico chiama alla votazione non ci si può sottrarre. Però come scegliere per il bene dell’intera umanità. Qui occorre un analisi politico filosofica  più alta, occorre metodo rigoroso  nell’elaborazione della teoria e della prassi. Che fare?..... LA CONTA!!!! Già la vecchia cara conta che si usava per decidere chi si doveva accecare a nascondino. Chi esce dopo il giro di cantilena fra Bersani, Renzi, Puppato, Tabacci e Vendola avrà la preferenza. Un così alto esercizio democratico presuppone un’altrettanto alta analisi per non  fallare la scelta . 
An ghi ngò, il mio voto a chi lo do………..



Brano: Tonio Romito
di Riccardo Tesi e Banditaliana.

Valle del Sacco: dalla mappa dei veleni italiani alla sfida ambientalista e culturale della Ruhr.

Rete per la Tutela della Valle del Sacco

LE ALTERNATIVE DI CUI NON SI PARLA


Un ecologista non viene considerato “pericoloso” dalle anime conservatrici del sistema  solo se alza il tono delle dichiarazioni ma se è capace di mediazioni efficaci e in grado di produrre cambiamenti concreti: sulla sua incisività si valuta il suo operato. Come formiche coraggiose, tanti militanti ed associazioni portano sulle proprie spalle un peso superiore a quello che dovrebbero sostenere. L’impegno per la tutela ambientale di tanti comitati territoriali, spesso tra l’indifferenza della politica e dei mezzi di comunicazione, dimostra che l’integrazione europea sta procedendo molto più velocemente di quanto i governi siano disposti a comprendere.
Un mondo più sano, accompagnato da un’economia del benessere, è l’obiettivo politico immateriale che la comunità europea si è proposta di realizzare, mettendo a disposizione direttive, risorse e competenze. La Germania rappresenta sicuramente il caso più esemplare. L’Italia, ormai da decenni, accumula un ritardo cronico. Le comunità locali sono sempre più costrette ad essere autodidatte nella costruzione di politiche ambientali.
Allora, prendere ad esempio le buone pratiche  dei nostri vicini di casa europei serve a dare forza alla mobilitazione ambientalista, troppo spesso reclusa nel recinto della protesta e dell'autodifesa. In Italia, i disastri ambientali di varia natura e tipologia, interessati dalle bonifiche, sono 57, tra cui l’Eternit di Casale Monferrato e da ultimo l’Ilva di Taranto che hanno inevitabilmente catalizzato l’attenzione collettiva. Ma questi siti, seppur ognuno con i propri caratteri distintivi, rappresentano sulla mappa un unico coordinamento costituito da gruppi con  interessi diversi ma con un  obiettivo comune: riqualificazione e  riconversione dei siti industriali.

Per questo, dal 23 al 25 novembre, la Rete per la Tutela della Valle del Sacco e l’Associazione Culturale Gruppo Logos hanno chiamato a raccolta a Colleferro molti dei comitati ambientalisti dei Siti di Interesse Nazionale. Il contributo comparativo con la “letteratura esistente” sarà con il Distretto della Ruhr che in pochi anni ha dato vita al Parco Paesaggistico dell’Emscher. Gli items, che hanno portato a  questo successo di valenza europea, facendo scuola in Germania e favorendo una maggiore adesione ai valori ambientali e culturali grazie al raggiungimento dei risultati, saranno raccontati ed analizzati dal Prof. Hanns Dietrich Schmidt, Responsabile culturale della Ruhr per il distretto di Essen, nell'ambito del Convegno “Quando la volontà collettiva diventa progetto: come ricostruire un territorio”.

Una sfida ecologista alla politica, alle istituzioni e a chi si occupa di progettualità, che parte da Colleferro e chiama a raccolta le varie realtà nazionali interessate, con una mano tesa al partenariato europeo, per instillare la cultura della tutela ambientale come investimento civico e non come spesa collettiva.
L’obiettivo non ultimo è quello di ridurre il distacco tra protesta ambientalista e processo produttivo, mutando il proprio territorio da terra di conquista a distretto dell’innovazione e della ricerca basato su opportunità ed idee. La base di partenza, così come è accaduto per la Ruhr, è di considerare che la mobilitazione è figlia anche della presenza di verde pubblico e di eccellenze artistico-paesaggistiche da difendere quali referenti oggettivi. Enfatizzare poi l’importanza delle periferie, ponendo fine alla categoria sociologica della “marginalità globale” e sostituendola con il nuovo protagonismo della periferia delle città metropolitane, con la consapevolezza da parte dei cittadini di una propria centralità nella ristrutturazione e riqualificazione urbanistica dei siti industriali e del luogo in cui si vive. La strategia vincente sarà l’individuazione dei diversi interlocutori, istituzionali e non.
E se è culturalmente vero che “il cambiamento è prima nella testa delle persone”, come recita lo slogan scelto dalle Associazioni e mutuato da una celebre frase dell’architetto Wolfang Pent, il successo di questa iniziativa sarà quello di essere riusciti a creare una rete di relazioni tra tutti gli invitati: dagli amministratori locali ai rappresentanti delle categorie produttive, dai collegi professionali degli architetti ed ingegneri alle associazioni ambientaliste e alla cittadinanza attiva.

Nelle intenzioni degli organizzatori, l'iniziativa potrebbe essere lo start up di un progetto di più ampio respiro che, prendendo le mosse da una rivendicazione locale, quale quella della tutela ambientale e sanitaria della Valle del Sacco, arrivi a stabilire non soltanto una collaborazione costante tra le varie associazioni, comitati e coordinamenti a livello nazionale, ma soprattutto a mettere in campo una rete di competenze che dia vita a politiche ambientali e culturali di lungo termine, anticipando i problemi e proponendo prospettive.
Un monito per tutti gli amministratori locali e per lo Stato perché siano custodi del territorio e non proprietari di beni comuni. Si potrebbe dire, per essere chiari, che lasciar degradare l’ambiente è come prendere a prestito denaro da un usuraio, che un giorno ci chiederà di restituire con interessi enormi. L’appuntamento dunque è a partire dal 23 novembre nella sala Konver - presso BIC Lazio di Colleferro (RM) alle ore 17,00.


no alla soppressione delle province


I Sindaci, il Presidente della Provincia, i Consiglieri regionali, i parlamentari  
 europei e nazionali eletti nella nostra circoscrizione, i Presidenti della Camera  
   del Commercio, dell’ASI, delle Comunità Montane, degli Ordini 
   professionali, i Responsabili provinciali delle Organizzazioni sindacali dei   
   lavoratori e degli imprenditori sono invitati a partecipare all’incontro 
   promosso dalle associazioni – LUNEDI’ 26 NOVEMBRE – presso la “Saletta” - Viale Giacomo Matteotti – Frosinone ORE 17,30
Per
“ Organizzare insieme una GIORNATA di
MOBILITAZIONE UNITARIA contro il
decreto di accorpamento delle province e
di soppressione del Capoluogo

Una risposta forte è necessaria per cancellare le decisioni previste nel decreto Monti e per rilanciare un territorio declassato, che evidenzia desolazione e degrado in ogni settore della sua  vita economica e sociale.

  
La Consulta delle associazioni                      Gruppo delle associazioni
 della Città di Frosinone                                  “Frosinone che vorrei”

La violenza identitaria nel vuoto della politica

Alessandro Portelli da "il manifesto" del 23/11/2012


L'aggressione di massa ai tifosi inglesi in un pub romano è una spedizione punitiva premeditata e organizzata, quindi un gesto politico. Il problema è: di che politica si tratta?
Molti anni fa, dopo una rissa fra tifosi laziali e livornesi, andammo con Sandro Curzi, Silvio Di Francia e altri a cercare di convincere il patron della Lazio, Claudio Lotito, a prendere posizione contro il fascismo che dilaga nelle curve (non solo) laziali. Non capì nemmeno di che parlavamo; noi parlavamo di rifiuto del fascismo, lui continuava a insistere, come tutte le autorità calcistiche e istituzionali, che «la politica» nello stadio non ci doveva entrare. 
E invece proprio l'assenza della "politica" lascia il campo a pratiche che esprimono allo stato puro la forma dominante della politica in questi tempi di eclissi della politica: la politica dell'identità. Più la politica "vera" si svuota di contenuti, fra pensiero unico, leaderismi, primarie ad personam, delega dei governabili ai governanti, più quello che conta è solo lo schieramento, l'appartenenza. E allora: quando l'Osservatorio del Viminale ripete il luogo comune secondo cui questi episodi «non hanno niente a che vedere con lo sport» dovremo pure chiederci con che cosa c'entrano, e come mai si addensano comunque attorno agli stadi.
Allo stadio si canta: «Noi siamo i bianco-blu, la Lazio amiamo, la Roma odiamo». Ma se uno gli domanda perché, non te lo sanno dire perché non c'è nessun perché, emozioni senza contenuti. Infatti il tifo ha lo stesso statuto linguistico dei nomi propri: significa solo se stesso. Come "Giuseppe" significa solo "una persona che si chiama Giuseppe", così "tifoso laziale" (o "juventino") significa solo una persona che fa il tifo per la Lazio (o per la Juventus). Non c'è nessuna ragione per fare il tifo per una squadra o per un'altra: è il grado zero dell' appartenza spesso casuale e intercambiabile (e quando qualche ragione c'è, è identitaria anch'essa. Tifi Fiorentina perché sei di Firenze, tifi Lazio - come me - perché mio padre ci giocava: identità al quadrato). Non sono più le antiche scazzottate fra il romanista e il laziale al derby per un rigore o un fuorigioco, ma semplice aggressione dell'altro perché non è "noi". Che poi la politica dell'aggressione identitaria sia più consona alla destra che alla democrazia è solo un corollario di questo stato di cose (guarda caso, il Tottenham è vicino al mondo ebraico): come scriveva qualche giorno fa Marco Lodoli, la forza bruta e l'aggressione a priori diventano il modo primario di affermare la propria esistenza, una forma di comunicazione sempre più diffusa in tutti i rapporti interpersonali. Lo stadio, insomma, parla di tutti.
Infine. Il commento più frequente sulla radio laziali è: non ci crediamo, non possiamo essere stati noi. Ora, l'incredulità è il primo stadio della reazione a un trauma, come quando uno viene a sapere di avere una malattia gravissima (e non riguarda solo i tifosi di calcio: vi ricordate quando cantavamo «Impossibile, un compagno non può averlo fatto», e invece i "compagni" lo facevano eccome). Certo, non sono violenti e fascisti solo i tifosi laziali, è una malattia ormai generalizzata, tanto che pare che i primi arrestati siano ultra romanisti (in questo caso, non sarebbe la prima azione combinata dei fascisti di entrambe le parti, come è già successo in passato attorno all'Olimpico e a Brescia). Però alla Lazio abbiamo una storia lunga di razzismo e fascismo che non possiamo diluire in un così fan tutti che azzera ogni cosa. Solo quando si prende atto che la malattia esiste si può cominciare la cura. Invece di esorcizzarla, direi a quei tifosi increduli e alla società che li rappresenta: guardiamoci dentro. Magari daremo una mano anche a tutti gli altri infettati.

giovedì 22 novembre 2012

Primarie centro sinistra. Appello per votare e far votare Tabacci

Luciano Granieri

                                       Appello dei MARXISTI per TABACCI:



COMPAGNO, ALLE PRIMARIE DEL CENTO SINISTRA VOTA TABACCI

I VERI COMUNISTI VOTANO TABACCI

TABACCI E' IL SOL DELL'AVVENIRE

CONTRO L'IMPERIALISMO E IL CAPITALISMO VOTA TABACCI 

PER LA DITTATURA DEL PROLETARIATO VOTA

                                   TABACCI



Gli studenti avanguardia delle lotte

di Adriano Lotito  coordinatore nazionale Giovani di Alternativa Comunista


Siamo il cambiamento che vogliamo realizzare”: con questo slogan si potrebbe sintetizzare la vivace rottura che il movimento studentesco rappresenta oggi in Italia, un movimento che pur mancando di compattezza e omogeneità, è la punta avanzata di questo autunno di lotte. Le masse studentesche che abbiamo visto nelle piazze delle ultime settimane sono un fluido vivificante nell’atmosfera finora abbastanza sottotono del conflitto sociale nel nostro Paese. Le responsabilità del mancato slancio conflittuale in Italia sono da imputare non tanto a un presunto carattere conservatore del “popolo” nostrano (come ci propone la retorica “da bar”, qualunquista e rassegnata) quanto all’opportunismo delle burocrazie sindacali, che attualmente paralizzano le lotte, sfiancandole e portandole ad un sistematico fallimento. Certo, anche in Italia si sono accesi nell’ultimo periodo, focolai di lotta molto avanzati e in polemica con i gruppi dirigenti sindacali (di Cgil e Fiom in primis): è il caso dei comitati operai di Pioltello e Basiano, degli operai Fiom (e ora anche Cub) della Ferrari di Modena, o del Comitato lavoratori liberi e pensanti dell’Ilva di Taranto. Ma si tratta per ora di casi isolati, l’eccezione in una situazione conflittuale che esiste ma che tuttavia è imparagonabile con le ben più combattive lotte condotte in Spagna e Grecia. In questo quadro che per il momento ci pone, assieme alla Germania, in coda allo sviluppo del conflitto sociale in Europa, noi studenti non ci siamo fatti fermare, invadendo piazze, scuole e università, opponendoci alla privatizzazione dei saperi e alla dismissione dell’istruzione pubblica, opponendoci al governo Monti e agli interessi della Troika che tali politiche impone, promuovendo occupazioni, assemblee, autogestioni, subendo una repressione selvaggia e una criminalizzazione politica da parte di tutte le forze politiche (“democratiche” comprese). Questo percorso, fatto anche di debolezze, divisioni, settarismi che non manchiamo di denunciare, si è esplicitato in due momenti significativi: le mobilitazioni nazionali del 5 e 12 ottobre, e lo sciopero generale europeo di mercoledì scorso.

Inizia l’Autunno degli studenti tra l’entusiasmo generale e il deficit organizzativo 
Il 5 ottobre ha visto la prima mobilitazione studentesca di questo autunno, indetta nazionalmente dall’area della "autorganizzazione" (centri sociali, collettivi autonomi) per quanto riguarda gli studenti medi. Si sono avuti numerosi cortei in tutto il Paese, alcuni dei quali incappati in una dura repressione poliziesca: è il caso di Roma, Milano e soprattutto Torino, dove il governo Monti ha subito mostrato un rigido volto antidemocratico davanti alle giuste rivendicazioni studentesche. Rivendicazioni come il ritiro del ddl Profumo e della legge 953, meglio conosciuta come Legge Aprea, che pone il sigillo sulla privatizzazione della scuola e abolisce di fatto la rappresentanza studentesca. Riforme varate sulla base delle linee guida dell’Unione europea e che riflettono la più generale politica di austerità e rigore voluta dal capitale internazionale per far fronte alla sua crisi.
La risposta degli studenti è stata vivace ma tuttavia ancora marginale (complessivamente la partecipazione non è stata buona: circa 3000 a Roma, un migliaio a Milano, 900 a Napoli e 500 a  Torino per citare solo le piazze principali). La vaghezza, in alcuni casi l’assenza, di una precisa piattaforma rivendicativa e la disorganizzazione del movimento, evidenziano chiaramente l’incapacità politica dell’Autonomia di dirigere la lotta in una concreta prospettiva di rottura, oltre al nocivo settarismo che viene ispirato talvolta rispetto alle altre organizzazioni del movimento; senza dimenticare quel fastidioso e aprioristico antipartitismo che contraddistingue purtroppo un settore delle masse studentesche e che favorisce il radicarsi di pulsioni anarcoidi votate alla mera spettacolarità: quell’estetica del conflitto che ha raggiunto l’apice della tristezza nel corteo di Bologna, dove il Collettivo autonomo studentesco ha pensato di rispondere alla guerra sociale di Monti bruciando la bandiera di una banca, nella più totale povertà di rivendicazioni. Tuttavia l’entusiasmo e la disponibilità al conflitto rimangono: “Questa è la prima di una lunga serie di mobilitazioni”, un avvertimento ben recepito dal governo visto l’apparato repressivo che fin da subito ha messo in campo. (1)
Non ci avrete mai come volete voi! Lo sciopero del 12 e i limiti della socialdemocrazia studentesca
La settimana successiva, il 12 ottobre, una seconda, più partecipata, mobilitazione nazionale viene organizzata dall’Unione degli Studenti e dalla Rete degli studenti medi, parallelamente allo sciopero del personale scolastico promosso dalla Flc-Cgil. Cortei in tutta Italia (10mila a Roma, molte migliaia anche a Torino, Milano, Firenze, a Napoli e nelle altre province campane, a Bari e in tutto il Sud). Gli studenti si sono presentati armati di carote, rispondendo ironicamente ai bastoni del governo, e ribadendo la netta opposizione agli ulteriori attacchi alla scuola pubblica (l’ultima “legge di stabilità” contiene tagli per oltre un miliardo di euro, mentre si licenziano i docenti precari e si regalano centinaia di milioni alle scuole private) (2).
La piattaforma proposta da quella che potremmo definire una socialdemocrazia studentesca (l’Unione degli studenti) è apparentemente superiore alla linea dell’Autonomia. In particolare la proposta dell’Altrariforma della scuola, elaborata dal basso da centinaia di studenti nel corso di assemblee in tutto il Paese, rappresenta un punto molto avanzato nel programma del movimento: si afferma l’idea di un’altra scuola possibile, emancipata dalle logiche privatiste e mercatali, contro i criteri di una valutazione esclusivamente numerica (come l’Invalsi) e a favore della democrazia reale nelle scuole, contro le misure repressive come il voto in condotta e il tetto massimo delle cinquanta assenze, per una partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse alla vita della scuola tramite l’istituzione di commissioni paritetiche studenti-docenti che si vadano ad affiancare ai consigli d’istituto (che il pdl Aprea abolisce) nell’elaborazione dei piani di offerta formativa. Queste rivendicazioni, assieme a un grande piano di edilizia scolastica e alle agevolazioni per trasporti, libri di testo e mense, trovano un senso però solo se collegate alla prospettiva di trasformazione rivoluzionaria della società. L’emancipazione dei saperi dalle logiche aziendali passa necessariamente dall’emancipazione del lavoro dal capitale, dunque da quella che Marx definiva “la soppressione positiva della proprietà privata”. Una prospettiva che nell’Uds è diluita in confusi ibridi teorici, dalle teorie sul "capitalismo cognitivo", che portano a sminuire il valore materiale del lavoro e a mettere in discussione la primarietà della classe operaia nel conflitto sociale, a una concezione rizomatica dell’organizzazione (basata cioè su decentramento e orizzontalità); confusioni che non aiutano a costruire un fronte compatto, unitario e di classe, contro il governo. Nettamente più moderata l’altra organizzazione sindacale degli studenti, la Rete degli studenti medi, legata a Pd e Cgil, gestita in quasi tutti i territori dai Giovani Democratici e che propone parole d’ordine assolutamente compatibili con lo stato attuale delle cose, condannando ogni tentativo di alzare il livello dello scontro e cercando, in sintonia con il sindacato e il partito di riferimento, di arginare e depotenziare le proteste.
Intanto sempre l’Uds ha lanciato una tre giorni di mobilitazioni all’interno delle scuole, dal 25 al 27 ottobre, con occupazioni, autogestioni e assemblee.
Toma la huelga! Lo sciopero europeo e la repressione del governo
Altro discorso vale per la giornata di sciopero generale europeo che ha visto scendere in piazza i lavoratori e gli studenti di 23 Paesi lo scorso 14 novembre, e organizzata in Italia dalla Cgil (nella forma spuntata delle quattro ore di astensione rituale e dei cortei territoriali segmentati e isolati) e da alcune sigle del sindacalismo di base.
Non ci soffermiamo qui sull’organizzazione e sui contenuti dello sciopero in generale (già ampiamente trattati in altri articoli del nostro sito), per soffermarci sulla presenza studentesca in particolare. In effetti questa è stata la chiave di volta dello sciopero in Italia: possiamo anzi dire che sono state proprio le masse studentesche a capitanare questa giornata, a dimostrare più combattività e determinazione, a stare in testa a cortei e manifestazioni in tutto il Paese, mentre la partecipazione operaia è stata ancora una volta frazionata e intaccata dai giochi opportunistici delle burocrazie sindacali, sempre all’opera per frenare il conflitto e far rientrare nei ranghi i lavoratori pur disponibili alla lotta anche in forme radicali.
Oltre 300mila studentesse e studenti hanno invaso le strade di oltre 50 città del Paese dimostrando ancora una volta un chiaro ed inequivocabile rifiuto delle politiche di austerità portate avanti dalla Troika. Per la prima volta dal governo Berlusconi, si è avuta una mobilitazione studentesca estesa e radicalizzata su tutto il territorio nazionale, in cui sono confluite, costrette a rinunciare a settarismi vari, tutte le forze del movimento studentesco, portando a manifestazioni dai numeri imponenti sia nelle città metropolitane sia in quelle di provincia (3).
Una mobilitazione che ha fatto chiaramente tremare l’attuale establishment, come si può dedurre dal meccanismo repressivo approntato dal governo. Si sono avute infatti numerose cariche della polizia, a Milano, Brescia, Padova, Trieste, e soprattutto a Roma, dove si è scatenata una repressione senza esclusione di colpi. I celerini si sono avventati con brutalità su ragazzi minorenni e indifesi, mentre candelotti di lacrimogeni venivano sparati direttamente dal Ministero della Giustizia sugli studenti che manifestavano. Attualmente è in corso un’inchiesta, condotta con grande imparzialità... dalle stesse autorità responsabili delle violenze, anche se la versione ufficiale vuole che i lacrimogeni siano stati lanciati da terra per poi rimbalzare sulle pareti del palazzo ministeriale (la solita bufala istituzionale, nettamente smentita da foto e testimonianze video, che rientra nella lunga lista di menzogne dal “suicidio” Pinelli al “ritrovamento” delle molotov nella Diaz a Genova). I
n ogni caso la repressione non ha intimorito gli studenti, che il giorno dopo hanno contestato a Rimini la Cancellieri, mentre a Palermo in diecimila hanno invaso le strade della città. Nel capoluogo siciliano le proteste sono state indirizzate contro il nuovo governo regionale di Crocetta ma anche contro tutte le forze politiche che fanno parte del sistema borghese, grillini compresi. Anche in questo caso si sono avuti numerosi scontri con la polizia (4). Mentre il ministro Cancellieri esprime solidarietà alle forze dell’ordine, si levano “da sinistra” peana paternalistici incentrati più che sulla questione della repressione in sé, sul problema dell’età dei ragazzi bastonati: come se le manganellate agli studenti fossero “immorali”, mentre quelle sugli operai dell’Alcoa e di Basiano “giustificate” dall'età. Altre voci, anche dall’interno del mondo studentesco, si appellano ai numeri identificativi sulle divise, in modo da garantire il riconoscimento degli agenti di polizia (in questi giorni circola una petizione del genere sul web). Come se dei manganelli numerati fossero meglio di manganelli anonimi.  In realtà l'unica risposta valida per rispondere alla repressione poliziesca viene invece sistematicamente elusa: cioè quella del diritto all’autodifesa delle iniziative di operai e studenti mediante la dotazione di un servizio d’ordine disciplinato e combattivo. Una risposta troppo poco “pacifista” per le attuali direzioni del movimento.
Costruire il partito rivoluzionario per far vincere le lotte!
Il problema dell’autodifesa, un problema che diverrà centrale nell’organizzazione delle prossime battaglie, rientra in quelle questioni organizzative che potranno risolversi risolvendo una questione propriamente politica: quella cioè della costruzione di una direzione consapevole e organizzata delle lotte, centralizzata e a un tempo democratica, basata su un programma autenticamente di rottura con il sistema capitalista e i suoi governi: un programma di cui si sono fatti portatori i Giovani di Alternativa Comunista all’interno delle mobilitazioni studentesche, all’insegna dell’unità studenti-operai e per la costruzione di un contropotere operaio e studentesco che possa esprimersi nell’unità delle lotte e dei comitati che in questi mesi sono nati e stanno nascendo in tutto il Paese.
Semplificando il ragionamento possiamo dire che il problema immediato delle lotte di oggi, cioè l’autodifesa, si risolve nel problema politico, cioè la costruzione di una direzione che dev’essere rivoluzionaria, cioè che porti avanti l’unità delle masse in lotta (e prima ancora delle avanguardie), su un programma di classe che possa articolare le rivendicazioni minime su una piattaforma di trasformazione complessiva della società. Ecco perché la trafila dei problemi che il movimento studentesco, come quello operaio, si trovano ad affrontare si riducono in fin dei conti a un solo problema (per quanto gigantesco): il problema della direzione delle lotte, il problema del partito. Con questo spirito i Giovani di Alternativa Comunista si sono impegnati nel partecipare alle lotte di queste settimane: con uno spirito di classe, unitario e democratico, ma che allo stesso tempo cerca di mettere in luce le contraddizioni e le debolezze della fase attuale, proponendo come soluzione la costruzione di un partito rivoluzionario, di tipo bolscevico, che possa riunire le avanguardie più combattive del movimento e rendere realmente concreta la prospettiva di un altro mondo possibile.
Note

Una giornata di mobilitazione contro l’accorpamento delle province


Francesco Notarcola  a nome della Consulta della Città di Frosinone e delle associazioni aderenti al Gruppo “Frosinone che vorrei”


Prepariamo insieme una giornata di mobilitazione contro l’accorpamento delle province e la soppressione del Capoluogo

La  classe dirigente della Ciociaria e del Cassinate sembra non essere affatto interessata dalle pesanti e drammatiche  ripercussioni  che si  abbatteranno sul nostro territorio a  seguito dell’accorpamento delle province di Frosinone e Latina ed alla perdita del ruolo di capoluogo della nostra Città.  
Finora si è levata qualche voce e si è promosso qualche incontro di vertice con coloro che, responsabili del quadro di desolazione e di degrado  che hanno determinato con il loro operare, dovrebbero diventare, oggi, strenui difensori del nostro territorio ed opporsi alle decisioni ed ai comportamenti dei loro partiti e dei  loro gruppi parlamentari. Perché i nostri rappresentanti al Parlamento europeo, al Parlamento nazionale  ed al Consiglio regionale del Lazio non si sono attivati prima presentando emendamenti e proposte di revisione? 
Perché da parte del Presidente della Provincia e del Sindaco del Capoluogo, unitamente a tutti i sindaci,  non si è promossa un’azione capillare d’informazione dell’opinione pubblica e dei cittadini?  
Le poche voci levatesi sembrano abbaiare alla luna. Mancano  proposte precise concordate e condivise di tutte le espressioni organizzate della nostra vita sociale  per cercare di tentare un recupero all’ultimo momento.
NON SI  E’ CERCATO DI COSTRUIRE L’UNITA’ TRA CITTADINI E ISTITUZIONI  PER DARE FORZA E SOSTEGNO AD UNA GIUSTA  RIVENDICAZIONE
Fino ad oggi dei 91  consigli comunali si è riunito solo quello di Ceccano per dire la propria su questi temi, per votare un documento che potesse  rappresentare  la protesta,  la rabbia e la volontà di cambiamento tanto auspicato dai cittadini,  per incalzare il governo, i gruppi parlamentari ed  i partiti che sorreggono la maggioranza di governo.
                                            Non hanno fatto sentire la loro voce:
I consigli comunali dei grandi centri della provincia ( Veroli-M.S.Giovanni Campano-Isola Liri-Sora- Atina-Cassino-Pontecorvo- Ceprano-Ferentino-Anagni-Alatri-Fiuggi, ); le Comunità montane; la Camera del commercio; Il Consorzio ASI gli ordini professionali: (avvocati, ingegneri, medici, commercialisti e consulenti, ) le rappresentanze sindacali dei luoghi di lavoro pubblici e privati; le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti;  le organizzazioni imprenditoriali( industriali, commercianti, artigiani, agricoltori). 
Perchè tutto questo silenzio, nonostante intorno a noi,  oltre alla desolazione ed al degrado  ambientale, sociale ed economico, dilagano l’illegalità e la  corruzione, la  povertà e la disoccupazione?
La perdita del capoluogo ci farebbe  sprofondare nel baratro e renderebbe molto più difficile la possibilità di ripresa e di rilancio del territorio,  di ricostruzione di una economia e di una organizzazione sociale  che partendo dalle ricchezze e dalle risorse locali potrebbe garantire  maggiori prospettive occupazionali e di sviluppo 
 Per questi motivi e per altri si ritiene necessario dover dare una risposta forte, immediata, unitaria e condivisa che esprima la volontà di tutta la popolazione, per far rientrare decisioni scellerate e per porre le premesse per aprire una vertenza con il Governo e con la Regione Lazio. Le prossime, vicine elezioni potrebbero essere un importante momento di confronto e di elaborazione progettuale.
E’, però, indispensabile e decisivo che  i sindaci cambino atteggiamento svolgendo a pieno il ruolo e  il  potere  loro conferito nell’interesse della collettività. 
Essi non possono stare zitti quando si chiudono gli uffici postali com’è accaduto in questi giorni. Essi non possono far finta di niente quando il Tar condanna L’Acea ato5 s.p.a.a rimborsare gli utenti per il costo della depurazione versato e non dovuto. Essi non possono essere spettatori quando si chiude il PRONTO  SOCCORSO di Anagni, quando si sopprimono ospedali, reparti e posti letto e si riduce la sanità alla precarietà.
Il protagonismo dei sindaci, delle associazioni e dei cittadini costituisce  la chiave di volta decisi per progettare e realizzare la rinascita di questa nostra  terra troppo maltrattata e vituperata proprio da chi la dovrebbe amare e difendere.
Una risposta forte si può e si deve dare subito, prima che si pronunci il Tar.
Si propone, perciò, una GIORNATA DI MOBILITAZIONE con la presenza di  tutti i consigli comunali convocati a Frosinone, in seduta straordinaria, insieme al Consiglio provinciale,con la partecipazione delle associazioni di ogni tipo, di delegazioni di ogni luogo di lavoro pubblico e privato, degli Ordini professionali, dei sindacati tutti ( Imprenditori e lavoratori dipendenti), dei Consigli d’Istituto e degli studenti di ogni ordine e grado.
Per approfondire le tematiche esposte e per decidere insieme il giorno e le modalità della organizzazione e dello svolgimento della manifestazione è convocato un incontro, aperto a tutti, presso la SALETTA  “Gualdini”, Viale   Giacomo Matteotti, alle ore 17,30 di lunedì 26 novembre.
Sono invitati a partecipare  tutti i soggetti menzionati in questo documento, le associazioni, i comitati, i cittadini.
  

Lottoperildiciotto FIRMA…E’ UNA GIUSTA CAUSA !!!

Circolo PRC  "M.De Sanctis" Cassino


La raccolta firme in difesa del mondo del lavoro rappresenta una straordinaria occasione non soltanto per difendere il principio che non si può accettare la compressione dei diritti, ma anche per identificare e rilanciare il mondo del lavoro come soggetto vitale della e per la democrazia. Ed in ultima analisi è questo anche il migliore antidoto a quel senso diffuso di scollamento e rifiuto verso la politica che troppo frettolosamente viene  spesso identificato nella generica formulazione dell’antipolitica.
La modifica dell’art.8 ci ha parlato di una stagione di declino, dove fu messo in atto da un berlusconismo alle sue fasi terminali il maldestro tentativo di ultima supplica verso i poteri forti per evitare la sua cacciata. Si è provato a barattare, perché di questo si è trattato, la possibilità di derogare la contrattazione nazionale in cambio di una maggiore clemenza nei tempi del redde rationem all’interno del capitalismo nostrano. Ma oltre a non essere servito ad evitare l’arrivo di Monti, il fatto gravissimo che tutto ciò ha invece prodotto è stato di aver portato il metodo Marchionne da eccezione a regola, e dunque la possibilità che uno strappo violento alla logica della contrattazione tra le parti sociali a livello aziendale abbia maggiore valore di un accordo nazionale. Un vero e proprio atto di prevaricazione della parte più forte su quella più debole: dobbiamo ristabilire il principio che i diritti devono essere certi per tutte e tutti ed inseriti in un’unica cornice non derogabile da nessuno.
Nell’assalto all’art.18 c’è stato invece una definitiva presa di coscienza da parte di quelli stessi poteri che, incassato il successo dell’operazione Monti, hanno deciso di varcare e ampliare la breccia che si era prodotta. E dunque su questo tema sono intervenute tutte le armi di distrazione di massa conosciute; si passa quindi da “è un atto per l’occupazione perché a maggiore facilità di uscita corrisponde maggiore possibilità d’entrata” (smentito puntualmente ad ogni rilevazione effettuata sul mercato del lavoro), al sempre valido “ce lo chiede l’Europa (ulteriore falsità, considerate le tutele previste nei principali Paesi della Ue)”. La verità è che in assenza della piena funzionalità dell’art.18 si pone in essere l’ennesimo ricatto, quello dell’imporre la scelta inaccettabile tra lavorare o avere diritti, producendo nei fatti una sterzata in senso autoritario in ogni luogo di lavoro.
Di fronte a questo duplice attacco è necessaria una risposta forte da parte delle molte anime della sinistra, assieme ad una nuova stagione di lotta e di protagonismo sindacale. Questi sono i temi naturali, per così dire, dove coagulare sull’obiettivo comune tutte le forze che ad oggi troppo spesso hanno frammentato le rispettive organizzazioni anziché unirle per far fare un passo avanti a tutti. La presentazione di questi quesiti e il lancio della campagna #lottoperildiciotto è il primo grande segnale di questo cambiamento possibile e necessario, dove le uniche stelle di riferimento devono essere quelle del lavoro, dei diritti e della dignità. Non possiamo permettere che passi la logica del ricatto, né che si antepongano i particolarismi all’obiettivo di difendere il mondo del lavoro, né che sia permesso ai padroni di continuare nella classica manovra del dividere per meglio imperare: all’atomizzazione sociale che ci vorrebbe tutti in lotta orizzontale tra simili, noi dobbiamo rispondere con una firma unica verso l’alto, per rompere l’assedio e dare voce e rappresentanza a chi oggi in fabbrica non può scioperare per paura di perdere il posto di lavoro, al giovane che non ha speranza di trovare un suo futuro, al pensionato che vede sfuggire le conquiste di tante rivendicazioni, alle donne che in molti luoghi sono ancora vittime di discriminazione sia di genere sia salariale.
parliamone insieme a CASSINOCAMPO BOARIO – PRESSO I LOCALI DEL “CENTRO DEI DIRITTI        il       24 Novembre 2012 - Ore 17.00 - Introduce Giuseppe Antonelli Segr. Prov.le P.R.C. – intervengono: Donato Gatti  Segr. Cassino FIOM-CGIL - Paolo SABATINI Segr. Naz.le USB -  Avv. Lavorista Giorgio VERRECCHIA – Avv. Lavorista Loredana DI FOLCO - Angelo DE SIENA operaio FIAT Cassino Vincenzo CHIANESE PCMA Gruppo Magneti Marelli Pomigliano –
Ore 20.00 PASTA – SALSICCE – VINO BUONO

mercoledì 21 novembre 2012

I lavoratori Multiservizi devono essere stabilizzati.

Collettivo Ciociaro Anticapitalista


Come avevamo già sostenuto  in tempi non sospetti la macelleria sociale messa in atto dal   governo  sta coinvolgendo anche gli  enti locali. L’arroganza del potere è tale da ignorare quanto  ventisette milioni di elettori  hanno deliberato  con  i referendum, sancendo la  gestione pubblica dei beni comuni. Inevitabilmente anche i cittadini di  Frosinone -  rappresentati in  consiglio comunale dagli stessi schieramenti  (centrodestra maggioranza, centrosinistra opposizione) che, tutti insieme allegramente,   approvano   in Parlamento  le porcate formulate  dal governo delle banche - patiscono una  devastazione sociale  drammatica . Oggi  sotto la mannaia ci sono i  lavoratori della Multiservizi. Ben  presto toccherà a quasi tutta la cittadinanza che si vedrà privata di spazi  pubblici di aggregazione,  concessi alla speculazione edilizia dei potentati privati  locali .  Relativamente alla Multiservizi la Corte dei Conti ha detto chiaramente che la società poteva essere salvata, migliorandone la gestione,  che invece  sono da chiudere le società Aeroporto  Frosinone spa e la Società Interportuale Frosinone Spa , oltre ad altre partecipate.  Queste infatti sono società improduttive e dispendiose, insaziabili divoratrici di soldi  pubblici sperperati  in  lauti stipendi per  manager illuminati   e in consulenze affidate  a società private.  Gli stessi sprechi hanno  portato al collasso la Mutliservizi.  Ma in questo caso ci sono i dipendenti da spennare e da usare come agnelli sacrificali  alle regalie  utili al mantenimento di pretenziosi bacini elettorali. Così i lavoratori della Multiservizi saranno destinati alla fame  e  privilegiati manager,  componenti di elefantiaci consigli di amministrazione, continueranno a ricevere soldi pubblici. I cittadini inoltre dovranno pagare a caro prezzo  ai  privati quei i servizi finora erogati, con maggiore efficienza e a costi inferiori, dalla Multiservizi. E' un dato di fatto che la stabilizzazione dei dipendenti della Multiservizi permetterebbe un grosso risparmio per le casse del comune, ma gli amministratori comunali  si trincerano dietro il patto di stabilità: ciò che interessa loro non è il risparmio, ma la privatizzazione dei servizi, unico e  vero scopo delle strategie economiche liberiste. La maggioranza ha già  deciso di privatizzare a ditte esterne, escludendo ogni tipo di coinvolgimento pubblico neanche in società partecipate.  L’opposizione a sua volta insiste con la riproposizione della nuova società in-house , “Servizi Strumentali srl ”,  soluzione che comporterebbe comunque esuberi,  e condizioni di lavoro peggiori per  i dipendenti  superstiti.  Ma  amministratori,  vecchi e nuovi, così attenti al risparmio  dell’ente e all’obbedienza alle leggi  snobbano, per ignoranza o volutamente, la sola   opzione funzionale ad un reale risparmio per  il comune: l’internalizzazione dei servizi e la stabilizzazione dei lavoratori all’interno dell’ente, tutti, dal primo all’ultimo. Dimenticano infatti  che la Corte dei Conti  ha suggerito questa soluzione come meno dispendiosa, indicando anche le modalità contabili  per realizzarla, e dimenticano che mantenere la gestione pubblica dei servizi non sarebbe né più ne meno che obbedire ai milioni di elettori, tra cui la maggior parte dei cittadini ciociari, hanno votato per i referendum sull’acqua e sui servizi.  Ciò che accade ai lavoratori della Multiservizi è solo l'inizio di una  reazione a catena che colpirà tutti i cittadini. Questa reazione va bloccata da  subito, finchè si è in tempo. Noi rifiutiamo completamente la tesi del   sindaco di Frosinone, espressa  nell’ultimo consiglio comunale, secondo cui   il problema  dei lavoratori Multiservizi non è  politico ma tecnico e contabile. In  questa vicenda  a mancare  è proprio la volontà politica di risolvere la situazione difendendo i diritti e la dignità dei lavoratori. La scelta di privatizzare i servizi è tutta politica. La scelta,  economicamente sfavorevole, di non assumere direttamente i lavoratori  è tutta  politica. E’ ora che i politici la smettano di trincerarsi dietro decisioni altrui: sono stati scelti dagli elettori per deliberare  al servizio dei cittadini, non per fare i contabili riluttanti ad assumersi le proprie responsabilità.    Queste  cose noi le diciamo da tempo, perché è chiaro che ormai gli enti locali, se non rappresentati da persone politicamente coraggiose, servono solo come esecutori delle politiche di macelleria sociale decise in Parlamento.