Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 11 novembre 2017

Ascoltando Dizzy Gillespie al Dino’s club di Saint Louis per la prima volta

Alan Yount 
traduzione di Luciano Granieri



Per Scott  Heuer e tutti gli altri musicisti della nostra orchestra da ballo

Eravamo tutti e tre quindicenni  insieme con il padre di uno di noi. Eravamo i soli tre ragazzi bianchi nel club. Era il Dino’s club di Saint Louis mentre il 1962 si stava avviando alla fine, in un posto  all’angolo fra  Debaliviere e Wabash meglio noto con il nome di Gaslight Square.

Prima che il concerto iniziasse un ragazzo della mia età fra i due che stavano vicino a me mi picchiettò sulla spalla.
Suoni la tromba? “ mi chiese “si” risposi “anch’io” disse lui. Solo allora tutto sembrò  ok.  

Parlammo delle nostre trombe  dei  gruppi in cui avevamo suonato.

Entrambi eravamo stati  in una jazz band. Ci rendemmo conto che tutti e due avevamo suonato   un repertorio composto dai brani classici delle  orchestre, pezzi che anche Glllespie eseguì.

Il concerto fu affascinante: Groovin’high e Night in Tunisia furono interpretate  da  Dizzy  sparando   note altissime e staccate con la sua argentea sordina Harmon.

Il modo di suonare di Dizzy  wow! 

Un infezione che inoculava la gioia del fraseggio bop.

Il pubblico non avrebbe smesso di applaudire ed acclamare  alla fine di ogni brano.

Uscimmo insieme, io ed il ragazzo vicino a me con la sua famiglia.  Fuori dal locale dicemmo  che avremmo dovuto incontrarci di nuovo da qualche parte a Saint Louis ed insieme suonare del jazz ogni tanto.

Eravamo entrambi  eravamo d’accordo, sicuramente.

Avremmo modificato le nostre trombe, per avere la campana rivolta verso l’alto, esattamente come Dizzy aveva fatto per personalizzare la sua tromba.


L’avremmo fatto sicuramente.


venerdì 10 novembre 2017

Sciopero del 10 novembre la mobilitazione che mette paura ai padroni. Il presidio di Frosinone.

Luciano Granieri




E’andata in archivio la prima delle due giornate di mobilitazione promosse dai sindacati di base Usb, Cobas  e Unicobas. Domani   seguirà una manifestazione con corteo  a Roma. Lo sciopero di oggi, ha visto ulteriori  mobilitazione in molte città con sit-in e presidi  organizzati per protestare contro le politiche filo padronali del governo. 

Anche a Frosinone militanti e dirigenti dell’Usb, insieme ad esponenti della sezione provinciale di Rifondazione Comunista , hanno manifestato organizzando  un concentramento presso Piazzale Vittorio Veneto, dal quale con un breve corteo è stata raggiunta la Prefettura in Piazza della Libertà. 

Finalmente qualcosa si muove! Da tempo immemore non andava in scena un’astensione dal lavoro motivata da una vertenza tutta politica. Non uno sciopero mosso da singole rivendicazioni, ma dalla sacrosanta mobilitazione contro le politiche economiche e antisociali del governo Renzi,  e della sua controfigura Gentiloni.  La  menzognera narrazione della  ripresa economica, con la fandonia  sull’uscita dalla crisi, non può essere più tollerata.  Così come è inaccettabile sopportare l’ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori e ai pensionati , mentre la classe padronale, sempre più rara, ma sempre più ricca, si spartisce le regalie governative, che hanno elargito alle grandi imprese, e ai magnati della finanza, decine di miliardi di euro, attraverso il jobs act ed una fiscalità che non ha mai intaccato rendite e patrimoni. 

E’ uno sciopero politico e come tale fa paura. Perché non basta risolvere una singola vertenza - magari con traccheggiamenti e compromessi, sempre al ribasso per i  lavoratori -  a riportare la pace sociale. Qui la mobilitazione pretende , finalmente, un deciso cambio di rotta. Chi era in piazza oggi, invocava la riappropriazione del proprio   reddito da lavoro, reso oggi residuale dal liberismo predatorio che   saccheggia enormi quote di salario per trasferirlo  nelle capienti casse del capitale finanziario. Chi era in piazza rivendicava la dignità del lavoro, così come sancito dalla Costituzione. Una dignità che si salvaguarda con  l’abolizione del precariato, dello sfruttamento e della disoccupazione. 

 Un’altra novità della mobilitazione   riguarda il ruolo dei sindacati di base, sempre più protagonisti, non solo nelle piazze ma anche nei luoghi di lavoro. Tutto ciò certifica lo sgretolamento del muro che la triplice concertatrice oppone alle rivendicazioni dei lavoratori. Il gioco di Cgil Cisl e Uil, finalizzato a tenere buoni i lavoratori, mentre la voracità del capitale   saccheggia la collettività, è ormai scoperto.  Tant’è vero che in diverse  aziende si registra il trasferimento di molti lavoratori dalla Cgil alle forze sindacali di base .

 Illuminante è il caso della elezione di Marina Navarra nella rsu dell’unità produttiva della Sanofi ad Anagni . La delegata, precedentemente  iscritta alla Cgil, si è dimessa in profondo disaccordo con la politica sindacale operata dal massimo sindacato italiano, ed  è passata ad Usb, riuscendo dopo un’estenuante battaglia, stile Davide contro Golia, ad essere eletta. Complimenti alla compagna, ma ciò è sintomo di come  anche nelle fabbriche più grandi la natura corporativa della triplice  ormai stia venendo alla luce. 

Marina Navarra delegata Usb in Sanofi
Un’ultima, ma non per questo, meno importante  notazione. Al presidio di Frosinone era presente anche Rifondazione Comunista, con il   segretario provinciale Paolo Ceccano, il responsabile  del dipartimento lavoro Giuseppe Di Pede ed altri militanti. Nell’impazzimento totale  che sta colpendo gli schieramenti pronti a scaldare le segreterie in vista delle prossime elezioni,  tutti i movimenti  posizionati a sinistra del Pd, lanciano proclami sulla difesa dei lavoratori, sulle diseguaglianze e sulla redistribuzione del reddito. Ma nessuno da concretezza a tali  proclami.  Merito quindi a Rifondazione Comunista che invece mostra con i fatti di stare vicino ai lavoratori, partecipando a scioperi e mobilitazioni. Merito al segretario Paolo Ceccano, con il quale spesso sono in disaccordo, ma a cui devo riconoscere il grande impegno con cui schiera il partito, nel nostro territorio, sempre a fianco di quella classe che oggi si vuole estinta, cioè il proletariato. 

Forse lo  sciopero di oggi potrebbe segnare l’inizio di un nuovo corso. Una nuova strada fatta di mobilitazioni più incisive e consapevoli delle dimensioni della crisi. Un nuovo percorso dove, finalmente ci si liberi  dall’azione anestetizzante del conflitto sociale operato da Cgil, Cisl, e Uil. Se son rose fioriranno e speriamo che alle   rose si aggiunga  il pane.


Zingaretti dichiara di voler attuare immediatamente la legge sull'acqua pubblica attraverso la definizione degli Ambiti di Bacino

Comitato Acqua Bene Comune Valle dell’Aniene



Nell’incontro con i Comuni della Valle dell’Aniene sulla valorizzazione delle aree interne, tenutosi mercoledì ad Agosta presso la X Comunità Montana, attivisti dell’Acqua Pubblica e sindaci resistenti hanno ribadito al Presidente della Regione Lazio Zingaretti l’urgenza di arrivare all’attuazione della Legge Regionale 5/2014 “Tutela, Governo e Gestione Pubblica delle Acque” ponendo mano al provvedimento amministrativo che dovrà definire i nuovi ambiti di gestione del servizio idrico e una nuova Convenzione di Cooperazione.

Zingaretti, dopo una dissertazione sulla siccità e le sue prese di posizione verso ACEA, ha affermato che a breve darà attuazione alla legge sull'acqua, pur non esprimendosi sulle modalità con cui si concretizzerà la definizione degli ambiti. 

Da ciò deduciamo che la Giunta è in procinto di approvare l'atto amministrativo indicato nei commi 98 e 99 del Collegato alla Finanziaria regionale (L R. 9/2017) visto che sono già scaduti i 60 giorni di tempo dettati da suddetta norma.

Sciogliere il nodo della ridefinizione degli ABI e della Convenzione di Cooperazione secondo le linee della proposta di Legge 238/2015 (che prevede l’organizzazione del servizio idrico integrato sulla base della pluralità di ambiti territoriali ottimali su base idrografica e una Convenzione di Cooperazione che vede la partecipazione diretta di comuni, cittadini e lavoratori alla gestione del servizio idrico) è l’unico modo di arrivare a una gestione dell’acqua democratica e partecipata, un atto diverso lascerebbe inalterato il sistema di gestione del servizio idrico con tutte le evidenti ricadute sulla tutela della risorsa acqua e sul servizio reso ai cittadini.

Chiediamo quindi a Zingaretti e alla sua Giunta che il futuro provvedimento sia in linea con la proposta di Legge 238/2015 depositata in Regione con la firma di 11 Consiglieri Regionali e il sostegno di numerosi Comuni di tutto il Lazio.

giovedì 9 novembre 2017

10 novembre uno sciopero per denunciare i crimini contro l'umanità

Luciano Granieri


Mentre a Cassino la Fca manda a casa 530  lavoratori precari ,   mentre a Pomigliano la catena della nuova  Panda andrà  in dismissione perché la produzione dell’utilitaria verrà trasferita in Polonia, il tagliatore di teste, manager illuminato Marchionne, osannato dal Pd di Renzi ,  si mette in saccoccia qualcosa come 43 milioni di euro.  

La maxi cedola ,  staccata a suo  favore   il 27 ottobre scorso, lo premia   non per i risultati ottenuti  sulla vendita delle vetture, ma perché il controvalore dei pacchetti azionari di Fiat, Ferrari, Cnh, supera il mezzo miliardo di euro, e i tre gruppi oggi, dopo la cura Marchionne,  valgono in borsa circa  60 miliardi. Se da un lato tale operazione rende ricchissimi gli azionisti, dall’altro alimenta una macelleria sociale senza precedenti. 

Dopo i proclami sulle vetture Alfa prodotte a Piedimonte San Germano come  modelli che avrebbero dovuto imporre  in modo determinante il Made in Italy nel mercato  delle vetture di lusso, dopo il rilancio promesso a Pomigliano grazie alla produzione della nuova Panda, oggi ci ritroviamo con 530 lavoratori precari di Cassino   che vengono lasciati al loro destino  e, considerato il pianificato trasferimento della produzione Panda   dallo stabilimento campano in Polonia  , non sarà roseo neanche  il futuro degli operai  della fabbrica vesuviana. 

Inoltre la ricompensa milionaria dell’ad in maglioncino scaturisce   anche dalla   sua intuizione di trasferire la ragione sociale di Fca in paradisi fiscali, tanto che il Made in Italy all’Italy frutta ben poco. Del resto non c’è da stupirsi, i dividendi azionari aumentano sempre quando i lavoratori vengono licenziati, umiliati, e quando la Compagnia riesce a risparmiare in modo significativo sulle tasse .  E’ il liberismo bellezza!  E’ la religione assoluta del profitto finanziario! 

Personalmente ritengo che uno capace di intascare  43 milioni di euro dopo aver  gettato nella disperazione  530 famiglie  e dopo aver decretato la fine certa di un’intera attività produttiva con il disastro sociale che ne consegue,  andrebbe  condannato per crimini contro l’umanità.  Stesso destino dovrebbe toccare  ai masnadieri di Acelor Mittal che nell’acquisire gli asset dell’Ilva pretendono di finanziare la copertura dei parchi minerali, cioè la bonifica dei  siti più inquinanti dello stabilimento di Taranto, licenziando tremila operai, oltre a gettare sul lastrico altri 600 addetti nello stabilimento di Genova  dove è in corso un’occupazione di protesta organizzata dalla Fiom (era ora). 

 Lo sciopero  generale di domani indetto da Usb,  Cobas, Unicobas, è sacrosanto, non solo per riproporre con forza  il conflitto sociale su questi  temi ,ma anche per combattere lo scempio dell’aumento dell’età pensionabile , riferito all’allungamento delle aspettative di vita. Già ma che tipo  di  vita si allunga? Quella che si trascina in balia delle malattie e degli stenti dovuti all’impossibilità di accedere gratuitamente al servizio sanitario nazionale?  Irritante in questi senso è l’atteggiamento dei sindacati concertativi che stanno li a contrattare con un governo filo padronale  un rinvio dell’applicazione della legge Fornero senza pretenderne un blocco, e andare oltre. 

Proporre cioè il  finanziamento della previdenza sociale che superi     la copertura economica   derivante  dal lavoro, e si estenda alla  fiscalità generale. Risorse che possono essere reperite da una significativa diminuzione delle spese militari, dall’alienazione di costose ed inutili grandi opere, vedi la Tav,  da una tassazione delle rendite finanziarie e dei grandi patrimoni.  

Domani e dopodomani ci sarà uno sciopero  e un manifestazione  contro tutto ciò. Dei sedicenti promotori di una lista unica a sinistra del Pd, quanti saranno in piazza ad appoggiare queste lotte? Perché non so se è chiaro, ma per recuperare i voti di chi, da sinistra,  fino ad oggi  si è astenuto,  è necessario dire parole chiare su queste questioni, senza scorciatoie alchemiche e fuorvianti su leadership e strategie elettoralistiche.  

Ci aspettiamo che la Falcone scenda in piazza l’11 novembre insieme a Montantari o che Fassina e Bersani si uniscano agli operai in occupazione permanente alla Ilva di Genova. Se i propositi sulla lotta alle diseguaglianze e sul rispetto della Costituzione non vengono accompagnati da fatti concreti, nessun recupero dell’astensione sarà possibile. 

Rifondazione Comunista a fianco dello sciopero generale indetto da USB – COBAS –CIB UNICOBAS.

Giuseppe Di Pede , resp. Lavoro Prc-Se 


Aderiamo convinti allo sciopero generale del 10 Novembre 2017 indetto da USB-COBAS-CIB UNICOBAS, invitiamo le Lavoratrici e i Lavoratori a Scioperare e ad essere numerosi alla manifestazione che si terrà in piazza della libertà a Frosinone dalle ore 10.
I temi sollevati dalle organizzazioni sindacali USB-COBAS-CIB UNICOBAS in merito a questo sciopero sono purtroppo una vera realtà.

Il governo del PD e l’Unione Europea ci stanno illudendo con delle statistiche di crescita economica ed occupazionale che purtroppo non corrispondono alla realtà.
Se le leggiamo con attenzione all’interno delle statistiche, ci accorgiamo che l’80% dei nuovi occupati sono precari o a tempo determinato o chiamati a lavorare per pochi giorni, tutto ciò sommato ad una disoccupazione record in Europa ed in particolare tra i più giovani e tra le donne.

In compenso si continuano a fare regalie ai Padroni attraverso continui sgravi e decontribuzioni che stanno impoverendo le casse dell’Inps, attraverso svendite di grandi aziende pubbliche come Alitalia, che lasciano debiti ed esuberi occupazionali alla collettività e le ricchezze in mano a pochi speculatori!!!

A tutto ciò si aggiunge la tanto reclamata Industria 4.0 che finanzia robotizzazioni ed innovazione tecnologica tagliando inevitabilmente postazioni di lavoro.

Concordiamo con le Organizzazioni Sindacali che promuovono lo Sciopero, che serve una vera riforma delle pensioni cancellando definitivamente le riforme Fornero e Maroni, riportando la pensione ad un giusto e meritato diritto che permetta a tante e tanti di accedervi in età decenti,  liberando così posti di lavoro e provare ad abbattere disoccupazione e povertà.

Rifondazione Comunista continuerà a farsi sentire su questi temi anche Sabato 11 Novembre 2017, presso la manifestazione nazionale promossa dalla Piattaforma Sociale Eurostop che si terrà a Roma.

Chiudiamo questo comunicato utilizzando lo slogan dello sciopero: “c’è bisogno di fermare il paese c’è bisogno di tornare nelle piazze”.

mercoledì 8 novembre 2017

PRC-SE, sui posti di lavoro della provincia per dire no a nuovi aumenti dell’età pensionabile.

Giuseppe Di Pede Resp. LavoroFederazione provinciale di Frosinone, del Partito della Rifondazione Comunista- Sinistra Europea.


Rifondazione Comunista, Federazione di Frosinone, nel mese di Novembre sarà presente davanti ai cancelli dei luoghi di lavoro della provincia, per sensibilizzare le Lavoratrici e i Lavoratori sui temi legati all’aumento dell’età pensionabile.

Quanto fatto sulle pensioni in Italia è una follia inaccettabile, nel nome delle riforme e della crisi si è messo in condizione le Lavoratrici e i Lavoratori di andare in pensione in età in cui dovrebbero riposare.

Cosa succede in Europa? Non certo quanto successo in Italia, le scelte fatte dal PD e compagnia fanno sì che rispetto alla media UE (che ad oggi è di 64,4 per gli uomini e 63,4 per le donne), in Italia si va in Pensione almeno 2 anni dopo (ricordiamo 66,7 gli uomini e 66,7 le donne), l’innalzamento  poi proseguirà grazie all’adeguamento dell’ aspettativa di vita e potrebbe superare addirittura i 67 anni.

Tutti questi macelli hanno fatto sì che cresce l’occupazione tra gli ultracinquantenni, mentre milioni di giovani sono costretti ad essere disoccupati o ad arrangiarsi con lavori precari e senza diritti o a emigrare.

Senza parlare delle donne, che sono anch’esse ultime in Europa per occupazione, dati che smentiscono le chiacchiere sbandierate ai quattro venti dal governo del PD e da Renzi in queste ultime settimane.

 Non regge la storiella che non ci sono i soldi, infatti il rapporto tra contributi versati e pensioni erogate è in attivo dal 1996, nel 2015 l’attivo ammonta ad oltre 25 Miliardi.

Soprattutto senza tutte le agevolazioni concesse negli anni ai Padroni in termini di IRES e IRAP, e mettendo un tetto di 5000 euro alle pensioni d’oro, si poteva cancellare la legge Fornero e ridare dignità a chi deve meritarsi un riposo dal lavoro ad un’età accettabile.

Rifondazione Comunista sosterrà tutte le mobilitazioni che le organizzazioni sindacali metteranno in campo, e si impegna a costruire una vera  sinistra  con tutte quelle forze che intendono contrastare e cancellare queste riforme scellerate, messe in campo solo per agevolare i grandi interessi economici di finanza e banche ai danni di chi lavora e sopravvive.

Da giovedì 9 Novembre saremo presenti davanti i cancelli dei luoghi di lavoro e delle fabbriche più rappresentative del territorio provinciale, inizieremo dai Vigili del Fuoco della caserma di Frosinone, come simbolo di una categoria in Lotta per il riconoscimento dello status di lavoratori usuranti.

No a nuovi aumenti dell’età pensionabile, si alla cancellazione della Legge Fornero!!! 

martedì 7 novembre 2017

Attività della sezione Anpi di Ceccano

Sezione ANPI di Ceccano


Nella riunione tenuta sabato 4 novembre 2017 il Direttivo ANPI di Ceccano ha esaminato approfonditamente l’attività e lo stato dell’organizzazione cittadina.

Con grande soddisfazione ha rilevato una forte coesione interna, l’intensa attività svolta durante l’anno e i lusinghieri risultati ottenuti nella campagna di tesseramento con presenza di moltissimi giovani.
Il Direttivo ha inoltre riconosciuto che l’attività svolta ha positivamente inciso nel dibattito cittadino attraverso temi diversi che hanno interessato cittadini interessati alle lotte nazionali e locali per la difesa del lavoro e appassionati di cultura cinematografica coinvolgendo giovani meno giovani forze culturali, politiche e sindacali. Non è stato sottovalutato, inoltre che la nostra Associazione cittadina è stata un punto di incontro e di esemplare confronto fra tutte le forze politiche cittadine che si ispirano ai valori della Resistenza.
Il Direttivo ha deciso di tenere due importanti iniziative, di cui successivamente indicheremo luogo e data, aventi i seguenti temi:


Gramsci e la Rivoluzione d’Ottobre 
Approfondimento di 9 articoli scritti dal grande politico italiano fra l’aprile 1917 e il marzo 1918.

La Costituzione ha settanta anni
Approfondimenti sulla Resistenza, i lavori durante l’Assemblea Costituente, necessità della sua applicazione.

ELEZIONI SICILIANE: DAI PRIMI NUMERI, UN APPUNTO PER LA SINISTRA

Franco Astengo



La crescita dell’astensionismo, rilevatasi ancora una volta fattore costante anche nell’occasione delle elezioni siciliane, ci permette ancora di affermare come primo punto di questo avvio di analisi che nessuna forza politica può accreditarsi come punto di ostacolo verso la diffidenza di buona parte dell’elettorato al riguardo dei soggetti politici esistenti. Non esiste alcun soggetto che possa vantarsi di interpretare il disagio di fondo che percorre la società italiana nei confronti dell’arrogante espressione di “autonomia del politico” che sembra proprio andare per la maggiore trasversalmente agli schieramenti.
 Diffidenza (e ostilità) che non si traduce soltanto nell’assenza al voto, ma rende assolutamente fragile la capacità del sistema di interpretare ed esprimere le grandi contraddizioni sociali.
 Guardiamo alla Sicilia (da tutti unanimemente considerata, per varie ragioni, un vero e proprio “laboratorio”. Nel 2012, infatti, i voti validi per le liste furono complessivamente 1.915.530; alle politiche del 2013 2.511.785, europee 2014 1.704.959: quindi un percorso in saliscendi, anche perché al referendum 2016 si risale a 2.262.808 quindi circa 500.000 voti in più rispetto alle europee 2014.
Un recupero oggi vanificato essendosi il numero dei voti validi si è fermato a 1.924.632 per le liste. Di conseguenza rispetto al referendum 2016 registriamo un calo nei voti validi pari a 338.176 unità (la quota più bassa nei voti validi rimane comunque quella riscontrata alle europee 2014, quelle dell’illusorio 40% di Renzi, con – appunto – 1.704.959 voti espressi).
Rimane al di sotto del totale dei voti validi fatto registrare al Referendum anche il totale dei voti validi espressi, in questa occasione, per i candidati – Presidente che assomma a 2.085.075.
Si ricorda che il numero delle elettrici/elettori iscritte nelle liste era, per questa volta, di 4.611.111 unità.
All’interno di questo quadro di debolezza sistemica derivante dall’astensionismo, si presenta una questione specifica riguardante la sinistra, presentatasi in questa occasione in forma unitaria attorno alla candidatura di Claudio Fava e alla lista “Cento passi”.
Candidatura unitaria (federazione della Sinistra, SeL e Verdi) che si era già realizzata nel 2012 attorno alla figura della sindacalista Giovanna Marano (che aveva sostituito in corsa Fava, incappato in un disguido burocratico). La candidatura della Marano aveva ottenuto 122.633 voti pari al 6,10 con l’Italia dei Valori a quota 67.738 ( 3,50%) e una lista della Federazione della Sinistra (PRC e PdCI) con Sel e Verdi a 58.873 (3,10%).
In questa occasione, aggiuntosi anche l’MdP e scomparsi IDV e Verdi la candidatura di Fava ha ottenuto 128.157 voti, meno di 6.000 in più rispetto al 2012. La sola lista (“I cento passi”) che appoggiava la sua candidatura ha ottenuto 100.383 voti (nessun problema, quindi, rispetto al richiamo del”voto utile” in presenza della possibilità del suffragio disgiunto). Nel 2012 le liste d’appoggio alla candidatura Marano avevano riportato 126.491 suffragi. Dal punto di vista del voto alle liste ci troviamo quindi in una situazione di flessione tra il 2012 e il 2017 per circa 26.000 unità. Nel frattempo si è rovesciato anche il rapporto tra voti alle liste e voti al candidato/a Presidente in quanto il voto personale di Fava ha superato quello delle liste, mentre per la candidatura Marano nel 2012 era avvenuto esattamente il contrario, anche se soltanto per 4.000 voti circa di differenza.
A questo punto vale la pena, per quel che riguarda la sinistra, sviluppare un ulteriore punto di riflessione.
Considerato che, nel 2016, in Sicilia il “NO” nel referendum staccò il “SI” di circa 1.000.000 voti è facilmente intuibile come all’interno di quel voto a favore del “NO complessivamente pari a 1.620.095 suffragi si trovassero un numero non indifferente di voti espressi da elettrici ed elettori orientati a sinistra che, nel frattempo, delusi fossero rifluiti nell’astensionismo tornando al voto su di una questione chiara, precisa come quella riguardante il giudizio sulle modifiche costituzionali volute da Renzi.
E’ valutabile, a questo punto, che  la candidatura Fava e la presenza della lista “Cento Passi” non abbiano funzionato per richiamare nuovamente al voto questa fetta di elettorato che dopo essersi espressa al referendum è, con ogni probabilità, nuovamente rifluita nel non – voto.
Il PD dal canto suo è tornato ai livelli del 2012 dove ottenne 257.274 suffragi (quindi oggi si registra una flessione di circa 7.000 voti) ma soprattutto dimostra di aver completamente smarrito il patrimonio accumulato con il risultato del 2014, allorquando raccolse 573.134 voti.
Accanto al PD si registra il disastro della lista di Scelta Popolare ferma a 80.366 voti: la sola UDC nel 2012 aveva ottenuto 207.827 voti ( la parte “alfaniana” dell’attuale Scelta Popolare nel 2012 faceva parte del PdL).
Soprattutto il PD registra la debolezza della candidatura Micari, questa sì sottoposta al bombardamento del voto disgiunto a favore sia del candidato del M5S sia di quello del centro – destra, poi eletto presidente.
Infatti, il divario tra il voto al candidato – presidente del PD e i voti delle liste che lo sostenevano appare fortissimo: Micari raccoglie 388.886 voti, mentre le liste assommano 488.939 suffragi. Mancano all’appello all’incirca 100.000  voti.
Non è esaltante neppure il voto di lista per il M5S, che sicuramente ha usufruito in misura maggiore del voto disgiunto: il candidato – presidente ha ottenuto 722.555 voti mentre la lista si è fermata a 513.359, con un incremento limitato rispetto al 2014 ( 448.539) e una seria flessione rispetto alle politiche 2013 (843.557). Un viatico non positivo in vista delle prossime elezioni politiche che indica la possibilità che il risultato complessivo del M5S sul piano nazionale si collochi in una frangia di suffragi intermedia tra il risultato del 2013 e quello del 2014.
Per concludere due punti di riflessione riservati alla sinistra, premesso appunto che non ha sofferto del richiamo al “voto utile”, piuttosto ha patito il mancato ritorno al voto degli astensionisti (classificati “ideologici” da una recente analisi comparsa anche su settimanali e quotidiani) dopo che una parte di questi si era espressa nel referendum del 4 dicembre 2016.
Tutto questo dimostra tre punti:
1)      A sinistra la sensibilità dell’elettorato “deluso” si rivolge certamente alla tensione unitaria, ma diventa concreta quando questa tensione unitaria, come nel caso del Referendum 2016, si esprime attorno ad obiettivi di grande respiro come è sicuramente rappresentato dal tema della Costituzione, della sua difesa e della sua affermazione. Quindi: alto livello e chiarezza negli obiettivi programmatici. L’interesse per trasformismi, traccheggiamenti, conservazioni di posizione, assegnazione a tavolini di improbabili leadership,  appare invece molto limitato;
2)      Questa chiarezza, che nell’occasione del referendum si era tradotta in un voto di grande rilievo è stata rivolta ad avversare i fondamenti della politica portata avanti dal PD (R) nel corso di questi anni. Ed è questo un dato da tenere ben presente rispetto alle stesse prospettive di alleanza in vista delle elezioni politiche.
3)      Il tema di fondo sul quale realizzare una possibile unità a sinistra è quello della Costituzione e la faglia creatasi con il referendum presenta ancora il punto di riferimento sul quale costruire programmi, schieramenti e posizioni anche nell’arena elettorale. La gravità dell’attacco portato soprattutto dal PD alla Costituzione costituisce  un vero e proprio punto di rottura che non potrà essere sanato neppure nel medio periodo e che richiede ancora un vero confronto politico. Naturalmente resta in piedi la questione del soggetto politico ma, con ogni probabilità, i tempi risulteranno troppo stretti da qui alle elezioni per poterlo affrontare produttivamente.

Non / voto siciliano

Mario Rossi



Trovo molto istruttivo questo voto siciliano, ci fornisce la fotografia dello strepitoso successo che avra' la lista unica di sinistra composta da Fratoianni, Civati,  Bersani con una spruzzatina di spirito del Brancaccio....

Raggiungerà se va bene il sei % , diviso tra una amalgama di formazioni in competizione tra loro che si scioglieranno come neve al sole il giorno dopo le elezioni.    Una edizione in tono minore della sinistra arcobaleno. 

Particolarmente significativo mi pare l'appeal della sinistra dei reduci sugli astensionisti , che hanno raggiunto in sicilia  il record dalla fondazione della repubblica.

Compagne, siamo in tempo per cambiare marcia, per cambiare rotta; da perdere non c'e' ormai, purtroppo o per fortuna, assolutamente piu' nulla. 

La ricostruzione passa per una netta contestazione ideologica del neoliberismo, un abbandono definitivo al suo destino della sinistra che da tempo, ed ancora oggi, insiste nello scenderci a compromessi. Passa attraverso   l'unione delle forze vive   che già  esistono e resistono nella società  senza trovare un comune denominatore, passa per la partecipazione , senza leader autoproclamati.

Questo chiede il 53% che non ha votato in sicilia e non voterà ' alle politiche (e non ha votato alle comunali di genova). 

Basta solo starli a sentire....

E chi scende dall'autobus e' un ........
Dario

Ps
Il genoa social forum, esperienza forse  troppo presto dimenticata, affogata nella mattanza della Diaz e dispersa nelle aule giudiziarie , ha tentato di percorrere questa strada, aggregare l'esistente rispettando le diversità  . Credo sia stata  l'esperienza politica  più significativa degli ultimi 20:anni.

Del passato occorre valutare gli errori ma anche le cose valide , o no ?

lunedì 6 novembre 2017

Avvio della campagna di mobilitazione per la ripubblicizzazione del servizio idrico

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone


Nelle prossime settimane sono previsti alcuni appuntamenti decisivi ai fini della possibilità di indirizzare la gestione del servizio idrico verso la ripubblicizzazione anche in provincia di Frosinone. 

Il 23 novembre il TAR Lazio (sede di Latina) prenderà in esame il ricorso di Acea Ato5 Spa alla risoluzione della convezione di gestione deliberata dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ato 5. Riteniamo di non dover attendere inermi e silenti il pronunciamento del TAR ma di ribadire ancora una volta e difendere tutte le ragioni che ci hanno spinto fino ad oggi a contrastare l’operato del gestore.


La nostra attività ormai decennale di sportello pubblico per la raccolta delle segnalazioni dei disservizi e per il sostegno alla formulazione dei reclami dei cittadini alle fatture erronee e insostenibili, e resistere alle vessazioni del gestore contro chi è in contestazione, senza aver ricevuto mai risposte nel merito dei reclami presentati.

Altro appuntamento di rilievo è quello delle prossime elezioni regionali, al quale bisogna assolutamente arrivare con il completamento degli atti che diano piena attuazione alla Legge regionale n. 5/2014 sulla tutela, governo e gestione pubblica delle acque, per non rischiare di vedere vanificato tutto quanto effettuato finora a valle del Referendum del 2011.

La L.R. n. 5/2014 è stata presentata da comitati di cittadini e da Enti Locali ed è stata votata all’unanimità dal Consiglio regionale. Nessun altro passaggio concreto è stato effettuato successivamente per dare applicazione ai principi e alle novità introdotte dalla legge. Questo nonostante che, nel 2015, sia stata depositata una Proposta di legge regionale (n. 238/2015) che definiva gli aspetti chiave per garantirne l’attuazione. La Regione ha incaricato un consulente per la formulazione della norma attuativa indirizzata alla definizione dei nuovi Ambiti di Bacino Idrografico (in sostituzione degli attuali ATO) ma degli esiti di questa consulenza terminata a giugno scorso e pagata con soldi pubblici non si ha menzione. 

Per costringere il Presidente Zingaretti e la sua Giunta a dare seguito concretamente a questa Legge, che loro stessi e tutto il Consiglio hanno approvato, è necessario che tutti gli Enti locali facciano sentire la loro voce, se riconoscono anche loro fallimentare la gestione attuale e vogliono realmente cambiare pagina, cambiando le “regole del gioco”. Per questo abbiamo promosso la discussione nei Consigli comunali della proposta di mozione con all’oggetto “Impegno per l’attuazione della Legge regionale 4 aprile 2014, n. 5 Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”. Boville Ernica l’ha già approvata, Ferentino l’ha presa in considerazione in maniera a noi ancora poco chiara, Frosinone la discuterà mercoledì p.v. e ci auguriamo che venga calendarizzata quanto prima anche dagli altri Comuni.

 Per giungere alla ripubblicizzazione della gestione dell’acqua è necessario anche che si analizzino tutte le opzioni possibili in termini fattibilità normativa, tecnica ed economica al fine di scegliere quella più efficace ed efficiente. Per questo abbiamo richiesto nei giorni scorsi alla Consulta d’Ambito di discutere quanto prima questa necessità e di inserirla anche nella prossima Conferenza dei Sindaci. E’ fondamentale che tutti i Sindaci (e i Consigli comunali che essi rappresentano) siano attivi e partecipi in questa operazione per non essere fuorviati da dicerie e pseudo-opinioni esperte che mirano a scoraggiarli per lasciare tutto così com’è. 

La sudditanza e l’ignoranza minano qualsiasi processo di rinnovamento di questo territorio. Un territorio che vede non solo nella gestione dell’acqua ma anche su altri fronti sociali e ambientali dei gravissimi ritardi nell’applicazione delle norme e dei modelli più virtuosi e delle altrettanto gravi inadempienze nei controlli e nelle repressioni degli illeciti.

 La gestione dell’acqua non può non legarsi con quella del reticolo idrografico del nostro territorio e in particolare del fiume Sacco, che attende da anni una bonifica e riqualificazione che permetta di riscattare il valore della Valle del Sacco. L’inquinamento di questo fiume ci richiama alla mente un modello industriale insostenibile che ha degradato il paesaggio, azzerato il valore agronomico e minato la qualità della vita degli abitanti. 

Questo modello non è ancora stato cacciato via dalla Valle, anzi continua ad essere riproposto continuamente come soluzione della gestione dei rifiuti, ignorando che ormai da decenni in altre parti del mondo non esiste più la parola rifiuto ma solo quella di risorsa, perché ogni materiale anche quello di scarto può avere un qualche valore in altri processi. Sotterrare o bruciare sono soluzioni apparentemente comode, veloci e risolutive, ma i fatti hanno dimostrato ampiamente che non è così e che anzi creano solo nuovi problemi ben più difficili da risolvere.

 Il recupero della qualità dell’ambiente, e in particolare delle acque con cui irrighiamo i campi o che beviamo, richiede un nuovo modello di gestione che le norme europee e nazionali già hanno definito. Ma nel Lazio non riescono ad essere applicate. Perché il nuovo Piano di tutela delle acque della regione Lazio adottato un anno fa non viene ancora approvato? E questo è un altro esempio che si lega a quello della mancata attuazione della Legge regionale n. 5/2014. 

Solo riprendendoci come comunità locali il controllo diretto dei servizi pubblici, delle risorse e dei territori possiamo sperare in un futuro migliore. 

La strada è già stata tracciata dai cittadini, le istituzioni pubbliche devono solo percorrerla. 

Gli appuntamenti già in calendario sono quelli del 18 Novembre a Colleferro in occasione della manifestazione “Rifiutiamoli” e del 20 Novembre per una assemblea pubblica finalizzata all’organizzazione di una manifestazione provinciale.

Attualità della rivoluzione d'ottobre. Capire quel passato per ipotizzare un futuro migliore.

Luciano Granieri




Si è tenuta il 4 novembre scorso, presso l’associazione culturale “Oltre l’Occidente” di Frosinone un’assemblea pubblica sul tema “L’Attualità della Rivoluzione d’Ottobre”. Nel centenario della rivoluzione sovietica, il Fronte della Gioventù Comunista ha voluto organizzare questo incontro  proprio per sottolineare come  quegli  ideali, motore di un evento storico forse unico, siano oggi più che attuali. Non un orpello da libri di storia impolverati, ma principi che, secondo i giovani compagni del fronte della gioventù comunista, se applicati oggi,  consentirebbero una vita sociale più giusta e dignitosa. 

Lo sviluppo del dibattito   è andato in profondità cercando di confrontare la situazione sociale, politica ed economica dell’Unione Sovietica uscita dalla rivoluzione e  dei paesi governati da istituzioni socialiste, con l’attuale quadro delle Nazioni  a capitalismo avanzato. Dopo l’introduzione di Gianluca Evangelisti,  responsabile locale del Fronte della Gioventù Comunista, il quale ha rinnovato l’invito a partecipare al corteo nazionale celebrativo della rivoluzione che si terrà l’11 novembre prossimo a Roma, è intervenuto Fabio Massimo Vernillo, responsabile PC per la regione Lazio,  Paolo Spena  vice segretario nazionale della stessa formazione giovanile comunista e  Rita Di Fazio delegata FlmUniti  Cub presso la  Fiat di Cassino. 

 E’ la seconda volta che partecipo ad un’assemblea organizzata dal Fronte della Gioventù Comunista, e anche in questa occasione  sono rimasto favorevolmente impressionato dalla motivazione che anima i ragazzi . Una convinzione  basata   sullo studio e l’approfondimento degli avvenimenti che hanno caratterizzato lo sviluppo e l’evoluzione del pensiero comunista dal suo fiorire fino ad oggi. Per chi  si definisce comunista conoscere il “lontano”  storico filosofica  da cui si proviene è fondamentale per poter ambire  ancora ad andare  “lontano”.  

Paolo Spena, Gianluca Evangelisti, Fabio Massimo Vernillo.
foto di Marina Navarra
E’ un peccato ammetterlo, ma le sezioni giovanili degli altri partiti - ormai diventate non scuole di pensiero, ma formatrici  di quadri per la direzione di comitati elettorali - per lo più hanno ridotto, se non eliminato del tutto, la fase dell’approfondimento.  Per  vincere le elezioni, pare che la coscienza politica e la militanza, siano  del tutto inutili, forse è anche questo il motivo  della totale inadeguatezza dell’attuale dirigenza politica e probabilmente di quella futura. 

Il giovane Paolo Spena,   si è sobbarcato l’onere di confrontare i vari aspetti della vita sociale e politica della Russia post rivoluzionaria con le pari tematiche con  cui si snoda la convivenza di oggi. E’ storia, forse troppo spesso dimenticata, che nell’Unione Sovietica, molte conquiste sociali siano state ottenute già all’inizio del secolo breve.  Diritti fondamentali ,  all’istruzione gratuita, alla sanità pubblica, ad un avanzamento culturale elevato, erano acquisiti e consolidati. 

Curioso ed interessante il fatto che l’Unione Sovietica raggiunse la piena occupazione già negli anni ’30, mentre nel paese più capitalista di tutti,  gli USA,  imperversava una delle più grandi crisi  economiche che l’occidente abbia conosciuto. In quella Russia  furono chiusi gli uffici di collocamento pubblici, che riaprirono, guarda caso,  solo 50 anni più tardi durante la Perestroyka di Gorbaciov. Ed è proprio la prospettiva del lavoro a segnare una distanza abissale con i paesi a capitalismo avanzato. In quella Unione Sovietica, almeno fino alla presa del potere da parte di  Stalin,   (qui i ragazzi del Fronte della Gioventù non saranno d’accordo), si stava veramente realizzando, con i primi soviet, la collettivizzazione dei mezzi di produzione. 

Gli operai , ma anche i contadini, potevano ambire realmente al potere, perché erano in grado di organizzare autonomamente i processi produttivi senza rendere conto né al padrone privato né al padrone statale. Non solo, ma tali aspirazioni stavano realmente valicando i confini russi per estendersi ai Paesi incanalati verso il socialismo reale. Il riassorbimento dei mezzi di produzione da parte del governo centrale , la rigida statalizzazione dell’economia,   hanno progressivamente ridotto un fenomeno straordinario in un'asfissiante forma di  capitalismo di Stato. 

Ma a raccontare in modo  aspro e drammatico il completo distacco che oggi c’è nel mondo del lavoro con quell’idea di produzione ci  ha pensato Rita Di Fazio, sindacalista della FlmUniti Cub alla Fiat di Cassino. All’indomani del mancato rinnovo del contratto di 530 addetti nello stabilimento di Piedimonte San Germano, la constatazione che le conquiste dei lavoratori maturate in anni di lotte sono definitivamente perdute,  è stata particolarmente cruda.   

Rita Di Fazio ha bene  spigato come la devastazione della classe operaia in Italia abbia come principali responsabili proprio i  sedicenti partiti e sindacati di sinistra. Organizzazioni  che  avrebbero dovuto rappresentare e  difendere i   lavoratori, si sono vendute    al padrone con l’inizio delle stagioni concertative. In  un excursus partito dagli anni ’80 la Di Fazio ha snocciolato tutti i tradimenti  dei riformisti, finti difensori delle classi subalterne. 

Il quadro offerto  nella sua interezza, ha rivelato come il jobs act, le politiche filo padronali dei “Renzini” non fossero altro che l’atto finale di un processo degenerativo  imposto alla  classe operaia proprio dai suoi presunti rappresentanti. L’annacquamento degli ideali non è realpolitik ma è tradimento  vero e proprio secondo la delegata Cub. 
foto di Marina Navarra

Fra i tanti giovani militanti  dell’assemblea, oltre alla partecipazione di  qualche stagionato  comunista  come il sottoscritto ed altri compagni , si è notata la presenza di esponenti politici locali  in quota Pd: un deputato, e una ex consigliera comunale.  Chissà cosa avranno provato nell’immergersi in una realtà popolare giovanile che non è più la loro e forse non lo è mai stata?  Dopo i primi  interventi i due hanno lasciato l’assise. 

Si saranno sentiti avulsi da quel  contesto, probabilmente  avranno avvertito il disagio di presenziare  davanti ad un pezzo di popolo , forse avranno inconsciamente percepito di trovarsi innanzi  ad un tribunale del popolo. Per cui la reazione è stata consequenziale, abbandonare la gente   che ormai li ha abbandonati da un pezzo, considerato i rovesci elettorali che continuano a subire, l’ultimo quello di ieri in Sicilia.

Mario Fiorentini, le memorie

Fabrizio Rosatelli

 Intervista. Incontro con l'ultimo gappista romano che compie 99 anni il 7 novembre
 
Questi i nomi della foto di gruppo di gappisti romani. Dall'alto e da sinistra: Alfredo Reichlin, Tullio Pietrocola, Giulio Cortini, Laura Garroni, Maria Teresa Regard, Franco Calamandrei, Valentino Gerratana, Duilio Grigioni, Marisa Musu. Sotto, accovacciati: Arminio Savioli, Francesco Curreli, Franco Albanese, Carla Capponi, Rosario Bentivegna, Carlo Salinari, Ernesto Borghesi, Raoul Falcioni. Seduti, davanti al gruppo: Fernando Vitagliano e Franco Ferri. Sdraiato a terra: Pasquale Balsamo.
Via Rasella, gli attacchi al cinema Barberini, alla caserma Giulio Cesare e all’hotel Flora, il carcere di via Tasso, l’incursione a Regina Coeli, via Margutta, le Fosse Ardeatine. Mario Fiorentini è ancora lì, con la sua memoria, noncurante del tempo e delle primavere che si susseguono. Lo incontro a casa sua, a pochi metri da quella via Rasella che ha segnato indelebilmente la storia d’Italia. Non ci vediamo da un paio d’anni, Mario è seduto su una poltrona, nel suo studio zeppo di libri introvabili, di foto e di appunti; mi scruta con curiosità con i suoi occhi azzurri e mi domanda con la sua tipica cordialità: cosa vuoi sapere da me? In un attimo ho la sensazione di trovarmi al cospetto di un oracolo. “Lo sai che sono l’ultimo dei gappisti romani ancora in vita? Eravamo 48, ora sono rimasto solo io”.
Mario Fiorentini, classe 1918, la storia dell’ultimo secolo non l’ha vista solo scorrere, come quando a 4 anni fu testimone della marcia su Roma, lui è uno dei pochi che può affermare di averla attraversata, scritta e di custodirne un vivo ricordo. Sembra tenere sulle spalle il peso dell’intero ‘900. Come il marziano di Flaiano – suo caro amico – sembra un essere al di fuori del tempo che si aggira tra le strade di Roma. Chi lo conosce sa quanto sia difficile contenere le conversazioni negli argini di un solo tracciato narrativo poiché i ricordi, ancora lucidissimi, portano la memoria a compiere dei salti logici e temporali che solo chi possiede una discreta conoscenza dei fatti storici può seguire.
Fiorentini ama definirsi “l’uomo dalle tre vite”: l’intellettuale, il partigiano gappista e il matematico. Prima della resistenza armata al nazifascismo, di cui è stato un rappresentante di spicco, Fiorentini frequenta l’ambiente culturale e intellettuale romano degli anni ’30 e ’40. Via Margutta, Villa Strhol Fern ma anche le serate di cultura cinematografica a Palazzo Braschi (sede del Partito Fascista) e i littoriali della poesia. “Frequentavo scrittori e poeti come Pratolini e Penna, pittori del calibro di Vedova, Turcato e Guttuso, registi come Visconti, Petri e Lizzani, che era un amico di famiglia. Discutevamo di attualità politica e sociale. Se culturalmente il franchismo e l’hitlerismo sono state due storie ignobili, la cultura italiana non è stata negletta dal fascismo”. Riesce, da autodidatta, a costruirsi una cultura umanistica invidiabile che lo porta a costituire con Plinio De Martiis “una compagnia di teatro che si proponeva di portare il teatro d’impegno in ambienti dove non era conosciuto. Solitamente si andava all’Argentina, al Valle, noi siamo andati in periferia. Una volta abbiamo fatto irruzione al sindacato fascista professionisti ed artisti che aveva sede in via Sicilia. Ho letto un proclama ‘a nome del teatro rivoluzionario’ perché volevamo portare l’innovazione sul palcoscenico, eravamo contrari al fatto che il teatro fosse il regno dei primi attori come Benassi, Zacconi, Musco o Ricci. Rivendico inoltre di aver messo in orbita come attore professionista Vittorio Gassman che al cinema Mazzini, con la nostra compagnia, fu protagonista di una meravigliosa interpretazione dell’Uomo dal fiore in bocca di Pirandello”. Il progetto non decolla e viene allestito solo un altro spettacolo di Cechov al Teatro delle Arti. “Gassman avrebbe dovuto saltare sopra un tavolo e cantare l’Internazionale in francese”. Della compagnia facevano parte tra gli altri: Luigi Squarzina, Adolfo Celi, Mario Landi, Lea Padovani, Vittorio Caprioli e Ave Ninchi. La coscienza antifascista di Fiorentini cresce progressivamente. “Il mio impegno antifascista resistenziale è iniziato nel ’38, quando, con la promulgazione delle leggi razziali, è scattata la macchina infernale delle persecuzioni anti-ebraiche. Mio padre era ebreo ma non di osservanza, era un libero pensatore come me. I miei genitori decidono di lasciare a me la scelta religiosa e non mi circoncidono né mi battezzano. Io, un po’ donchisciottesco, quando vengo a sapere delle persecuzioni contro gli ebrei mi reco dal rabbino capo di Roma Sacerdoti e chiedo di diventare ebreo. Il rabbino mi dice che dovevo essere per prima cosa circonciso e mi fa desistere, salvandomi dalle deportazioni. In seguito i miei anziani genitori vengono catturati dalle SS ma riescono a fuggire”. Fiorentini entra in contatto con il circolo di Giustizia e Libertà, dal quale poi nascerà il Partito d’Azione, grazie all’amico Fernando Norma. L’Italia entra in guerra e gli eventi precipitano.
Nel 1942, durante un concerto, avviene l’evento che più di altri sconvolgerà la sua vita: l’incontro con Lucia Ottobrini. Da quel momento Mario e Lucia non si sono più lasciati “ci siamo tenuti sempre per mano. Ci chiamavano le volpi argentate perché insieme abbiamo quattro medaglie d’argento al valor militare”. Lucia è venuta a mancare il 26 settembre 2015. Nel ’43, prima dell’armistizio, insieme ad altri antifascisti costituisce il movimento degli Arditi del Popolo, ispirandosi agli Arditi che per primi si erano opposti in armi alle violenze fasciste negli anni ’20.
8 settembre
L’8 settembre inizia formalmente la seconda vita di Mario. “Hanno scritto che i tedeschi, quando sono entrati a Roma, sono stati rumorosi. Non è vero. I carri armati sfilavano ed i tedeschi avanzavano in silenzio, sembrava uno spettacolo di teatro. Lucia era alsaziana, veniva dalla Francia e aveva visto l’entrata di Hitler. Eravamo in via Zucchelli, sgomenti, la prendo per mano e le dico: ‘Nous sommes dans un cul de lampe’. Sinisgalli ha descritto magnificamente la nostra impotenza. Prendo Lucia e saliamo di corsa fino ad arrivare a Piazzale Flaminio. Capiamo che il nostro obiettivo è reperire armi. C’era una catastrofe, l’esercito si era sciolto. All’epoca si trovavano ancora le caserme con le armi dentro, abbiamo la fortuna di recuperare una cassa di bombe a serramanico tedesche (ride ndr), erano perfette, non erano come quelle italiane che facevano un po’ di botto e potevano ferire una persona, queste erano più potenti. Nascondiamo le armi nelle case, questo è stato il primo armamento”.
I Gap Centrali
Alla fine di settembre il Partito Comunista costituisce i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) operanti in ognuna delle otto zone in cui il movimento della Resistenza aveva diviso Roma. “Io ero il vice comandante dei GAP della IV zona- centro storico, Lucia agiva con me. A metà ottobre, dopo un incontro con Nicli, Salinari e Cortini, decidiamo di fondare i GAP centrali: elementi particolarmente arditi, che già si erano distinti in azione, si dovevano isolare, staccandosi dalle zone per compiere le azioni più rischiose e difficili. Io assumo la direzione della formazione Antonio Gramsci. Trombadori, che aveva il comando militare, dopo aver visto in azione me e Lucia capisce che i gappisti devono agire in coppie uomo-donna e così si costituiranno altre tre coppie: Calamandrei e Regard, Bentivegna e Capponi, Borghesi e Musu”.
Da quel momento iniziano a vivere in clandestinità, ad andare in giro sempre armati e ad assumere nomi di battaglia. Fiorentini assumerà quattro nomi diversi durante la Resistenza: Giovanni, Fringuello, Gandi e Dino. “Siamo stati i primi in Italia ad organizzare la guerriglia urbana, inizialmente attaccavamo dall’alto lanciando bombe, istruiti dal prof. Gesmundo. Abbiamo colpito a Colle Oppio e al Muro Torto ad esempio. Il nostro obiettivo era impedire che i tedeschi si sentissero padroni di Roma, che spadroneggiassero. Ho avuto più contatti di altri con Bandiera Rossa perché non avevo una visione ristretta della Resistenza ma la ritenevo un fatto corale. A livello di gappismo, noi abbiamo rappresentato l’episodio storicamente più rilevante e anche più illuminante. La mia storia è completamente diversa da quella di Pesce. Lui vedeva la guerra in ottica rivoluzionaria, come uno scontro tra comunismo e fascismo, aveva una componente anticapitalista e di lotta di classe, per noi i nemici erano soprattutto i nazisti”.
I GAP centrali organizzano decine di azioni militari e Fiorentini rischia la vita più volte, come quando attacca il carcere di Regina Coeli in bicicletta. “Dovevamo far sentire la nostra voce a Pertini, Saragat e agli altri antifascisti in carcere. Il piano era lanciare, in corsa, uno spezzone di esplosivo davanti all’ingresso del carcere, durante il cambio della guardia. Decido di agire da solo per non far rischiare la vita anche agli altri. Ho sfidato la morte tante volte e la fortuna mi ha sempre assistito”. È il 28 dicembre 1943. Subito dopo l’attacco viene emanata un’ordinanza che vieta la circolazione delle biciclette ma “i romani aggirano il divieto aggiungendo una terza ruota, trasformando le bici in tricicli”.
Lo sbarco
Con lo sbarco degli Alleati ad Anzio i GAP centrali vengono sciolti e Mario e Lucia continuano ad operare nei quartieri popolari del Quadraro e del Quarticciolo. Ottobrini ripeteva spesso che la guerriglia urbana è stata “fame, freddo, umidità e sudiciume”.
Tra arresti e fucilazioni i GAP centrali si ricostituiscono nel febbraio ’44 e riprendono le azioni. “I gappisti romani hanno neutralizzato tre battaglioni. Il battaglione Onore e Combattimento, il Barbarico e il Bozen. Il primo lo abbiamo attaccato a via Tomacelli, con bombe da mortaio Brixia modificate per essere lanciate a mano. Su Il Messaggero c’era un articolo in cui si diceva che chi avesse consegnato gli autori dell’attacco avrebbe ricevuto una ricompensa di 500mila lire. Nessuno ci ha denunciato”.
Via Rasella. L’episodio e le sue conseguenze sono state raccontate in modo ineccepibile da Alessandro Portelli nel libro “L’ordine è già stato eseguito”. Fiorentini è il primo ad avvistare il battaglione Bozen sfilare per il centro di Roma e su indicazione di Salinari predispone un attacco in Via delle Quattro Fontane. “Il mio piano era molto astuto e scaltro. Il comando decide però che l’attacco doveva avvenire in via Rasella. Ero contrariato perché quella era una zona che frequentavo, lì avevo avuto addirittura delle riunioni con elementi della sinistra cristiana e di Bandiera Rossa. C’era una cellula di operai comunisti. E poi non volevo che altri decidessero le nostre azioni. Non si è mai capito esattamente da dove fosse venuta la decisione di cambiare il modo di attacco, io sospetto ci fosse una talpa nel comando cittadino. Preparo un nuovo piano con delle cassette di esplosivo ma il partito voleva colpire il 23 marzo perché era l’anniversario della costituzione dei Fasci di combattimento. Gli spezzoni però non erano ancora pronti, a quel punto si è deciso di utilizzare il carretto con l’esplosivo”. L’attacco è eseguito con successo senza alcuna perdita tra i gappisti, il battaglione viene sbaragliato ed i nazisti rispondono immediatamente con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. “Gli Alleati ci avevano inviato dei segnali, ci avevano detto ‘colpite duro’ perché siamo in gravi difficoltà sul fronte di Anzio. L’azione con il carretto ha avuto effetti più devastanti del piano ideato da me. Quando Kappler viene informato dal questore che l’azione era stata eseguita da ragazzi e ragazze, che avevano attaccato con delle bombe a mano e non con dei mortai, rimane sconvolto. Non pensava alle donne, non c’è una donna alle Fosse Ardeatine”. Quella di via Rasella è la più audace azione di guerriglia partigiana in Europa ed ha effetti sconvolgenti sull’opinione pubblica e sul comando tedesco. “Da quel momento le truppe tedesche non sfilano più all’interno della città e per questo potevano essere attaccate più facilmente sulle strade provinciali”. Chiedo a Mario perché non ci siano mai state rappresaglie prima di questo attacco. “Non volevano far sapere che c’era una resistenza armata. I tedeschi hanno spesso compiuto eccidi sulla gente inerme, non perché i partigiani attaccavano”.
Dopo una nuova ondata di repressione, dovuta anche al tradimento di Guglielmo Blasi, i GAP centrali si sciolgono di nuovo. Fiorentini prima opera in Sabina organizzando attacchi contro le autocolonne tedesche e poi inizia a collaborare con l’Office of Strategic Services – OSS americano, realizzando azioni di intelligence. Dopo la liberazione di Roma Fiorentini decide di continuare la lotta contro i nazifascisti nel Nord Italia, arruolandosi nell’OSS. Viene paracadutato tra Liguria ed Emilia. “Lucia confezionerà il suo vestito da sposa con la seta del mio paracadute”.
Le missioni
 Fiorentini è un narratore instancabile e con entusiasmo mi racconta gli episodi più arditi delle sue missioni, l’evasione rocambolesca dal carcere di San Vittore, le amicizie con i compagni di lotta, il tentativo di liberare Mussolini dai partigiani per conto degli Alleati.
Il 7 novembre di quest’anno ricorre il centenario della rivoluzione russa e Mario, nato ad un anno esatto dallo scoppio dell’insurrezione bolscevica, ricorda i suoi compleanni durante la guerra: “Nel ’43 ci siamo ritrovati in una trattoria a Roma. Abbiamo cantato i cori partigiani francesi con Bentivegna, festeggiando il 7 novembre sovietico come nazione in guerra contro i tedeschi. È stata una nottata fantastica. Nel ’44 ero al San Gottardo, al comando della 52 brigata Garibaldi, quella che ha arrestato e fucilato Mussolini. Abbiamo fatto una grande festa e io ho cantato una canzone partigiana in russo. C’erano anche Gianna (Giuseppina Tuissi ndr) e Neri (Luigi Canali ndr), la coppia partigiana più infelice e sfortunata d’Italia, uccisi dai partigiani comunisti perché coinvolti negli avvenimenti di Dongo. Nel ’45 invece ho festeggiato a Roma. Il Partito Comunista ha organizzato una grande festa a via Gaeta dove sono stato invitato insieme a tutti i politici”.
Dopo la guerra Fiorentini si laurea, “nel ’71 senza l’appoggio dei baroni ottengo la cattedra di professore ordinario di Geometria superiore all’Università di Ferrara” e successivamente diventa un matematico di fama internazionale. Qui inizia la terza vita, ma questa è un’altra storia.
Prima di salutarmi, Mario apre il blocco dei suoi appunti per leggermi un passo, scritto prima della scomparsa di Lucia, che credo sintetizzi al meglio la sua umanità. “Mi chiedete se la felicità fa parte del mio presente. Nel rapporto con la compagna della mia vita posso parlare di felicità realizzata. 70 anni di matrimonio d’amore con Lucia Ottobrini, ci siamo tenuti per mano fino all’ultimo giorno. Se mi guardo intorno, se rifletto sulle guerre provocate dagli uomini, sull’avidità dei reggitori dei Paesi opulenti, sui disastri provocati da una politica ambientale suicida, su quanto è avvenuto in Asia e sopratutto in Africa negli ultimi decenni, allora mi sento pervaso da una grande e sfuggente infelicità. Non sono felice ma sono sereno perché mi sono realizzato come studioso molto al di sopra delle mie aspettative e anche perché Lucia ed io abbiamo sempre remato affinché il battello della nostra vita e degli altri avanzasse. Per quanto abbiamo potuto abbiamo sempre aiutato il nostro prossimo. Su questo punto Lucia ed io non abbiamo nulla da rimproverarci, tutto quello che abbiamo avuto lo abbiamo conquistato con l’atteggiamento di chi ritiene che nulla ci era dovuto. Lucia ed io ci avviciniamo al capolinea con grande serenità”.

fonte "Alias" del 4 novembre