Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 3 novembre 2012

Si è rotta la Federazione

fonte: http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it

Rifondazione comunista punta a una lista alternativa mentre Diliberto, Salvi e Patta vogliono costruire un'alleanza con il centrosinistra alleandosi con Vendola. La Fds si infrange sulle proprie contraddizioni


Più che un'impasse è una rottura politica quella consumata oggi nel Consiglio nazionale della Federazione della Sinistra, l'organismo che riunisce Rifondazione comunista, il Pdci, Socialismo 2000 di Cesare Salvi e il movimento per il Partito del lavoro di Gianpaolo Patta. Sul tavolo due proposte alternative: costruire una lista della sinistra alternativa come proposto da Ferrero oppure cercare un accordo con il Pd e il centrosinistra come proposto da Diliberto, Patta e Salvi. Di seguito la dichiarazione di Paolo Ferrero, le dichiarazioni di Oliviero Diliberto e l'intervento di Claudio Grassi, della segreteria del Prc.
Paolo Ferrero
Oggi si è riunito il Consiglio nazionale della Federazione della Sinistra.
Nella discussione sono emerse due diverse posizioni politiche: la proposta che la Federazione della Sinistra sia il motore di una aggregazione politica ed elettorale della sinistra di alternativa e dall’altra la volontà di ricercare un accordo con il centro sinistra. La proposta di costruzione di una lista della sinistra di alternativa è stata ufficializzata attraverso un documento presentato unitariamente dalla segreteria nazionale di Rifondazione Comunista.

Di fronte all’evidente impossibilità di assumere una decisione unitaria nell’organismo dirigente, i compagni e le compagne di Rifondazione hanno proposto che si procedesse ad organizzare un referendum tra tutti gli iscritti della Federazione. L’indizione del referendum avrebbe permesso di risolvere in forma democratica e partecipata una divergenza politica non risolvibile all’interno del Consiglio Politico della Federazione - il cui funzionamento prevede maggioranze qualificate non raggiungibili da nessuna delle proposte in campo - dotando così la Federazione di una linea politica precisa. Questa proposta è stata però rifiutata dagli altri soggetti che compongono la Federazione e così ci siamo trovati nell’impossibilità di stabilire un orientamento politico.
Ogni soggetto politico porterà quindi avanti la propria proposta in relazione alle prossime elezioni politiche. Nel contempo si conferma la volontà di continuare a cooperare sia in relazione alla campagna referendaria che ai prossimi appuntamenti elettorali regionali.
Giovedì 8 novembre si riunirà quindi la Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista per articolare e precisare la proposta politica della costruzione di una lista della sinistra di alternativa che si presenti autonomamente alle elezioni politiche.
Il Pdci vuole entrare nel centrosinistra
Spiega il segretario del pdci OlivieroDiliberto: “Bersani, oggettivamente, ha ridato un segno laburista e socialdemocratico al Pd. Almeno nelle sue intenzioni per il futuro. Vuol provare ad archiviare la fase del governo Monti e con esso la stagione fallita del neoliberismo. Cerca di accantonare le fascinazioni clintoniane e blairiane delle terze vie che tanto hanno pesato sulla sinistra italiana. Non a caso - e soprattutto grazie a Vendola - la carta d’intenti non contiene più il riferimento a Monti che, invece, c'era nella prima versione del Pd. Dopo aver registrato oggi, la differenza di orientamento con Rifondazione, tre componenti su quattro della Fds (Pdci, lavoro e solidarietà di Patta e Socialismo 2000 di Cesare Salvi) vogliono provare a fare l’accordo con il centro-sinistra”.
“La candidatura di Vendola - dice ancora il leader del Pdci - dal mio punto di vista, potrebbe riaprire la questione dell’unità e dell’utilità della sinistra per sostenere le ragioni del lavoro. Non è con lo 'splendido isolamentò che i comunisti e le sinistre risorgeranno in Italia. Intendiamo provarci per riportare i comunisti in Parlamento, per provare a ricostruire percorsi unitari a sinistra, per cercare di impedire alle destre di vincere, per tentare di archiviare il berlusconismo e il montismo con un nuovo centro-sinistra e per provare a delineare un’altra Europa”.
Ora il Pdci, ha spiegato da parte sua il responsabile comunicazione del pdci Flavio Arzarello, “avvierà un confronto con la coalizione dell’Italia bene comune per verificare se ci sono le possibilità di un ingresso nell’alleanza”. Subito dopo, se le trattative andranno a buon fine (ma nel pdci sono ottimisti ) il partito di Diliberto si impegnerà a fondo nelle primarie. “Noi - spiega Arzarello - siamo in sintonia con Vendola, che è il candidato che si oppone con decisione al governo Monti e vuole il superamento radicale delle politiche liberiste del governo. Se poi al secondo turno dovessero passare Renzi e Bersani il nostro impegno sarebbe per il segretario del Pd, che si oppone alle politiche montiane del sindaco di Firenze”.

L'intervento di Claudio Grassi
Si è svolto il Consiglio Nazionale della Fds. Nei prossimi giorni faremo una valutazione più ponderata. Il dato essenziale è il seguente: si confermano le differenze tra Salvi- Patta e Pdci da una parte e Rifondazione dall’altra a proposito del percorso da costruire per le prossime elezioni politiche. Da un lato una scelta di internità al centrosinistra con conseguente partecipazione alle primarie e dall’altra provare a costruire una coalizione politico elettorale con le forze che si oppongono a Monti. Ovviamente negli interventi vi sono state sfumature diverse tra i compagni intervenuti, sia della prima ipotesi che della seconda. Considero positivo che – nonostante le differenze – non si siano votati dei documenti e che non si consideri conclusa l’esperienza della Federazione della Sinistra che – tra l’altro – dovrebbe presentarsi unita nelle prossime elezioni del Lazio, Lombardia e Molise.

Il mio intervento
Ritengo che questa nostra difficoltà, che si vede anche dal dibattito di oggi, sia certamente determinata da differenze politiche tra di noi. Ma queste differenze ci sono sempre state. Lo sapevamo sin da quando abbiamo deciso di costituire la Fds. Ma credo che l’accentuarsi di queste difficoltà sia stato determinato anche dal nostro funzionamento, e cioè dalla rinuncia fatta dopo il congresso di andare avanti verso la costruzione di un soggetto politico a tutto tondo, accettando di fatto la regressione della Fds a cartello elettorale. Questa scelta, mai discussa ma praticata nei fatti, ha prodotto l’accentuazione delle differenze. Quelle differenze che rischiano oggi di portarci alla separazione.

C’è chi estremizza e ritiene la convivenza impossibile: sbaglia. Faccio notare che altri compagni di strada che acquisiremmo rompendo la Fds sarebbero ancora più problematici.
Se guardiamo allo schieramento del No Monti Day vediamo che stanno insieme chi, come Rifondazione Comunista, lavora a livello locale per alleanze e schieramenti di centro-sinistra e chi con il Pd non vuole neppure discutere.
Viceversa chi vuole fare accordi con il centrosinistra si troverebbe insieme a chi, dentro il Pd, vuole agire in continuità con il governo Monti.

I vari frammenti della sinistra sono tutti inadeguati
La verità è che dovremmo ragionare molto sulle nostre inadeguatezze, se dopo quattro anni stiamo al 2-2,5% e se in Sicilia siamo al 3% insieme a Sel!
Evidentemente c’è qualcosa che non funziona in profondità. Di questo avremmo dovuto discutere tra di noi invece che riunire solo due volte in un anno il Consiglio Politico della Federazione.
Non ho il tempo qui per approfondire questo ragionamento che ritengo il nostro problema principale. Ne annuncio solo il titolo: dobbiamo metterci a disposizione per costruire un nuovo progetto della sinistra d’alternativa. Servono forze, facce, linguaggi e idee nuove. A noi la possibilità di lavorare per fare lievitare una nuova aggregazione. Ma per fare questo dobbiamo avere l’umiltà – viste le nostre debolezze – di metterci a disposizione di questo progetto.

Provare a unire le forze che sono contro Monti
Dobbiamo giocarci al meglio questo passaggio: si può morire perché non si elegge nessuno (e chi sottovaluta altri 5 anni fuori dal Parlamento è politicamente irresponsabile), ma anche perché ti leghi mani e piedi ad una prospettiva che ti fa perdere dignità e prospettiva per il futuro!
Io penso che questo organismo abbia fatto bene a non votare a luglio e farebbe bene anche oggi a non votare nulla. Il quadro politico è in grande movimento. A destra, al centro e a sinistra. La scelta prioritaria della Fds deve essere quella di costruire un percorso e un’alleanza politico-elettorale con le forze che hanno condiviso le nostre lotte più significative di questi mesi: contro la destra, contro Monti, contro Marchionne e che in questi giorni stanno facendo i banchetti per raccogliere le firme per i referendum insieme a noi.
Dentro questo aggregato di forze e movimenti, il quadro è aperto e incerto, ma possono esserci le condizioni per provare a costruire un percorso unitario.
La Sicilia ci dice di una nostra sconfitta, ma anche che se la sinistra si fosse presentata unita avremmo potuto superare lo sbarramento.
Perché dobbiamo rinunciare noi a sollecitare le forze disponibili a provarci? Non parliamo solo del’Idv (che, lo dico per inciso, non penso che verrà stritolata metà nel Pd e metà in Grillo: l’evoluzione potrebbe essere anche molto diversa), ma anche di De Magistris, che oggi ha rilasciato un’ampia e positiva intervista su Repubblica in cui annuncia che il 15 dicembre farà la sua iniziativa politica. E poi ci sono la FIOM, Alba, movimenti. E per quanto riguarda Sel e la sua discussione interna molto dipenderà da come andranno le primarie e da come il Pd si accorderà con l’Udc.
Non si realizzerà questa alleanza? Non ci riusciremo? Al momento opportuno valuteremo. Ma perché non provare a costruire questa strada? Perché in un quadro politico ancora così complesso e frammentato dobbiamo rinunciare a provarci, a lavorarci?

Un quadro di incertezza per tutti
Mi rendo conto che la strada che propongo è incerta e non scontata, ma anche l’altra – quella che ci propone di perseguire subito un accordo con il centro sinistra – la vedo altrettanta incerta e non scontata. Questa seconda strada però ha una aggravante e cioè che ci metterebbe in condizione di prigionia in una coalizione che ci ha già visto capitolare quando avevamo più di 100 parlamentari! E oggi non mi pare ci siano rapporti di forza migliori rispetto ad allora.
Non ho certezze: propongo una ipotesi sulla quale penso possano esserci forze non minoritarie per farla crescere e margini per lavorarci. Quello che io propongo non si realizzerà? Nessuna di queste forze sarà disponibile a costruire questa alleanza? Non lo escludo, ma perché escluderlo in partenza? Già oggi? È chiaro che se non si realizzerà dovremo rivederci e discuterci, ma intanto proviamoci.
Per il resto, per i rapporti tra di noi, concordo con quanto ha detto nella parte finale del suo intervento Diliberto: preserviamo un rapporto e una relazione tra di noi, perché sarebbe da stolti in una situazione di incertezza per tutti far precipitare la situazione. Ci sono a breve le elezioni in Lazio, Lombardia e Molise dove la Fds sarebbe bene si presentasse unita. Un voto oggi non ha alcun senso. Nessun documento avrebbe la maggioranza e quindi non servirebbe a nulla. Senza rimuovere le grandi difficoltà dobbiamo continuare a lavorare assieme.

E SE IL PD NON LI VOLESSE!!!!



No al riordino delle province si a una riforma democratica degli enti pubblici

Luciano Granieri


A seguito del riordino  delle province deciso dal governo Monti,  dal primo gennaio prossimo le province di Frosinone e Latina verranno accorpate in un unico ente. Gli organi politici dovranno avere sede esclusivamente nella città capoluogo, che nel caso del nostro territorio, sarà Latina. Su richiesta dei comuni laziali, decisamente contrari al provvedimento,  la  regione Lazio, d’intesa con il   Consiglio autonomie locali ,  ha deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale contro la decisione del governo. Il giudizio è atteso per il 6 novembre.  Nel nostro territorio  la protesta si diffonde  di ora in ora,  prima alimentata dagli esponenti del centro destra e oggi, con  vari distinguo, anche da alcuni rappresentanti del centro sinistra (Scalia, Schietroma). Giova ricordare che il decreto legge per il riordino delle province ha ottenuto  i voti favorevoli della maggioranza bulgara (Pd –Pdl-Udc)  che sostiene l’esecutivo Monti. Maggioranza  composta dai sodali di partito di coloro i quali ora  si stracciano le vesti per le conseguenze del provvedimento. La cittadinanza è in fermento.  Si pianificano azioni di protesta eclatanti, come il blocco della Casilina, o un sit - in davanti a Montecitorio.  Al di là delle  proteste più o meno dirompenti , dei dissensi più o meno articolati, bisogna dar ragione al Presidente Iannarilli quando sostiene che il decreto del governo è uno strappo alla democrazia. E’ vero. Non tanto perché si fa decadere per decreto un’assemblea democraticamente eletta, come sostiene Iannarilli, ma, aggiungiamo  noi, perché si elimina un presidio di prossimità di rappresentanza presso i cittadini. In relazione alla questione elettorale lo strappo democratico è relativo perché  il decreto prevede che nel novembre 2013 dovranno essere rieletti gli organi della nuova provincia Lazio sud.  Dunque l’assemblea che sarà chiamata ad operare avrà   legittimazione elettorale. Inoltre non crediamo che  la decadenza di una giunta come quella attuale, inetta e  inefficiente,   sia una iattura, vero è che un presidio istituzionale si  allontana da una parte del territorio.  E quando ciò avviene la possibilità che i cittadini possano direttamente interagire con esso diventa più difficile. Viene meno con questo decreto la possibilità di riformare “L’ISTITUZIONE  PROVINCIA” che oggi  è  strutturata in forme del tutto inappropriate.  L’amministrazione  provinciale è  mossa   da uno coacervo di interessi privati di pochi  che   sfruttano la carica pubblica  a loro vantaggio personale senza minimamente curarsi degli interessi dei cittadini.   Partendo da  questo aspetto  si poteva pianificare una  riforma veramente democratica dell’ente,  prevedendo    la formazione all’interno dell’amministrazione provinciale di strutture intermedie fra i rappresentati e i rappresentanti,  costituite da movimenti, associazione e singoli soggetti organizzati  in forum tematici con poteri propositivi, ma soprattutto di controllo sull’operato degli amministratori . Per fare un esempio concreto, se nell’organismo provinciale costituito come   controparte pubblica  di Acea,  ente privato a cui è demandato il servizio idrico,  oltre al presidente della Provincia e alla consulta dei sindaci fosse stato attivo un coordinamento di cittadini deputato alla verifica della qualità del servizio , probabilmente i disagi e i soprusi che il nostro territorio ha dovuto subire per la mancanza d’acqua e per  le bollette esose, non si sarebbero verificati . Fino a ieri questa  e altre iniziative di partecipazione diretta della cittadinanza, seppur  di difficile attuazione, al limite dell’utopico,  erano opzioni  praticabili e comunque si poteva lottare per esse.  Dall’entrata in vigore del nuovo decreto  l’aumentato numero di cittadini da amministrare  e l’ampiezza del territorio, renderanno definitivamente inapplicabile  qualsiasi forma di controllo dal basso dell’attività governativa della nuova Provincia.  Il che significherà una maggiore disinvoltura dei nuovi consigli nel gestire le attività, una proliferazione di magheggi e accordi sottobanco con l’abuso di  esternalizzazioni e   collaborazioni esterne,   senza la minima trasparenza  dell’esercizio amministrativo.  Altro che contenimento dei costi. Il vero obbiettivo di tale riforma non è il   risparmio di risorse pubbliche.  Per ottenere questo risultato sarebbe stato sufficiente stabilire retribuzioni più basse  per  consiglieri e   assessori, 2.000 euro mensili al massimo, limitare, se non abolire le consulenze esterne,  prevedendo un programma di erogazione dei servizi a carico di dipendenti direttamente assunti dalla Provincia. Limitare le partecipazioni in società miste risparmiando sui costi amministrativi, remunerazione dei manager e pagamento dell’Iva . Ciò che il governo Monti vuole ottenere con questa riforma è un ulteriore passo verso l’allontanamento della cittadinanza dal  processo decisionale. Nonché eliminare ogni struttura intermedia fra il territorio e il governo centrale in modo da limitare la  valorizzazione della specificità territoriale. Specificità che, consentendo direttamente ai cittadini di investire sulla terra che abitano  e godere dei frutti dell’ investimento,  difende il territorio dalla speculazione fondiaria e finanziaria   tipica della devastazione colonizzatrice del sistema neo liberista.  Dunque auspichiamo sinceramente che la Corte costituzionale lasciando la divisione delle Province così come era fino a ieri, impedisca l’ennesimo attacco  alla democrazia portato da un governo espressione diretta del potere del capitale finanziario. Ma, contemporaneamente,  riteniamo necessaria una profonda riorganizzazione interna degli enti locali. Una rivoluzione delle dinamiche gestionali che preveda la partecipazione diretta dei cittadini alla governance del territorio.  Un coinvolgimento che vada  oltre il semplice esercizio del voto e si estenda a processi propositivi e di controllo delle attività amministrativa. Solo così  gli enti locali potranno costituire un presidio di democrazia forte ed incisivo.

Ikea, la guerra totale ai Cobas

Chiara Ricci da "il manifesto" del 3 novembre


Eliminare sindacati e lavoratori scomodi non è una peculiarità della sola Fiat di Sergio Marchionne. Le ennesime, violentissime cariche di ieri mattina al polo logistico Le Mose di Piacenza, centro strategico per i distretti emiliani e l'area milanese, hanno fatto conoscere un'altra protesta anti discriminazione. Quella dei lavoratori delle cooperative di facchinaggio che lavorano in appalto nel gigantesco deposito-magazzino dell'Ikea, fornitore di punti vendita in mezzo continente. Per la multinazionale dell'arredamento non è una bella pubblicità. Per giunta le manganellate e i lacrimogeni, che da più di due settimane stanno scandendo le giornate davanti ai cancelli Ikea
, la vedono responsabile soprattutto per menefreghismo: «La multinazionale paga gli appalti applicando gli accordi nazionali del contratto di lavoro della categoria - spiega Aldo Milani del sindacato intercategoriale Cobas - la sua colpa è quella di non verificare come vengono utilizzati i suoi soldi, e di aver permesso quello che sta accadendo davanti al suo stabilimento».
I protagonisti di questa battaglia di resistenza civile sono tutti immigrati magrebini. Per lo più egiziani, ancora compagni l'uno con l'altro. Il loro peccato originale è aver avviato in estate una vertenza perché fosse applicato in sede aziendale il contratto nazionale del trasporto merci e logistica. L'aggravante, decisiva, è quella di aderire a un sindacato di base. Peraltro di rilievo, in quello specifico settore. In teoria i facchini l'hanno spuntata: «A luglio l'accordo è stato firmato - racconta Milani - con un contratto che prevede 168 ore mensili di lavoro. Ma da allora abbiamo assistito a un nuovo fenomeno: un gruppo di lavoratori ha iniziato a essere impiegato ben oltre l'orario contrattuale, con gli straordinari. Mentre per altri l'orario si è ridotto fino a 70, 80 ore al mese. Con una paga che conseguenza arriva a stento a 500 euro». Giustificazione classica: la crisi. Di cui però, almeno al polo logistico piacentino, si vedono ben poche tracce. Le coop di facchinaggio che lavorano per Ikea si chiamano Cristal, San Martino ed Euroservice. Fanno parte del Consorzio Cgs, sorta di general contractor cui la multinazionale ha affidato tutta una serie di servizi. Non hanno mai nascosto di preferire i confederali rispetto ai Cobas. Ma fino a pochi mesi fa una gran maggioranza dei lavoratori era iscritta al sindacato di base. Ora sono molti meno. Ancora Milani: «Ce ne siamo accorti alle ultime assemblee. E abbiamo capito che l'adesione al sindacato di base comporta automaticamente una riduzione dell'orario di lavoro e trasferimenti punitivi. Mentre l'adesione ad altri sindacati, segnatamente quello cislino, equivale a poter continuare a lavorare al polo logistico».
A metà ottobre la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo è stata la sospensione di un delegato Cobas e poi di altri 14 facchini, mentre per un'altra ottantina non c'è stato, nei fatti, più da lavorare. Eliminati. Da qui è scattata la protesta di un centinaio di lavoratori che, chiedendo la reintegra dei compagni e il rispetto del contratto e degli accordi presi solo pochi mesi prima, hanno avviato un'agitazione quasi quotidiana. Fino a cercare di bloccare l'ingresso dei Tir nel deposito di Ikea e formare dei picchetti, sempre sciolti dalle forze dell'ordine a suon di manganellate e lacrimogeni. Una, due, tre, quattro volte in quindici giorni. Con la sola Rifondazione comunista che, sul fronte politico, ha partecipato alle proteste insieme ai movimenti dei giovani piacentini di sinistra, denunciando il mancato rispetto degli accordi sindacali.
Le cariche di ieri mattina hanno portato una decina di lavoratori all'ospedale e fatto altrettanti contusi. Ma sono state diffuse in rete, a disposizione di tutti. E hanno fatto finalmente notizia. Ora il sindaco democrat Dosi e l'assessore Rabuffi stanno provando a far ripartire le trattative. Mentre all'Ispettorato del lavoro il nuovo responsabile dell'ufficio - il predecessore è sotto processo insieme a un dirigente cislino per una storia di ispezioni concordate al polo logistico - ha deciso di far luce sull'intera vicenda. «Tutti i facchini devono essere reintegrati - ricorda Aldo Milani - senza che ci siano trasferimenti punitivi». E martedì al polo logistico si sciopera.

Solidarietà militante ai lavoratori dell'Ikea di Piacenza


di Mirko Seniga
Alternativa Comunista ha portato il proprio sostegno militante ai lavoratori in lotta dell'Ikea di Piacenza che sono stati colpiti da una dura repressione poliziesca.
La vicenda dell'Ikea è un film già visto. Sia perché ricorda molto da vicino quello che è successo qualche mese fa a Basiano, sia perché ormai è venuto a galla tutto il marcio che c'è nelle cooperative, a partire da queste che che operano nel settore della logistica.
All'Ikea era stata votata da oltre 200 lavoratori a metà ottobre una piattaforma rivendicativa. Il consorzio Cgs che raggruppa tutte le tre cooperative che lavorano all'Ikea di Piacenza ha deciso che bisognasse passare al ricatto: o il lavoro o i diritti, nella fattispecie il diritto sindacale.
I lavoratori dell'Ikea, sostenuti da quelli di altre aziende della logistica della zona (Tnt, Gls, Esselunga) hanno picchettato l'azienda per giorni, con tanta forza e determinazione che l'azienda ha pensato bene di richiedere l'intervento della polizia, che ha causato da martedì scorso almeno 10 feriti nel tentativo di rimuovere il picchetto; tra loro un lavoratore (ferito il 30 ottobre) è ancora in gravi condizioni.
Ieri mattina, 2 novembre, eravamo con i lavoratori al picchetto: e di nuovo dure sono state le cariche della polizia per cercare di fermare la lotta.
Facciamo appello ai lavoratori, ai giovani, a tutte le forze della sinistra politica e sindacale a sostenere questa lotta esemplare venendo ai cancelli.

Dichiarazione di Maria Spilabotte consigliere comunale Pd

Maria Spilabotte sul caso Multiservizi



“Una interrogazione resasi necessaria e urgente , visto il silenzio e il buio che l’Amministrazione Ottaviani ha fatto cadere da mesi sul caso.

Il Sindaco non si è degnato nemmeno di rispondere alle sollecitazioni fattegli pervenire per iscritto in data 6 ottobre u.s. , a firma del gruppo consiliare Pd e del Circolo di Frosinone, nelle quali gli si chiedeva di mettere in campo specifiche iniziative a tutela e salvaguardia dei livelli occupazionali.
Noi crediamo che ci siano tutte le condizioni per salvaguardare il destino di questi lavoratori. Notiamo però che manca la volontà politica di mettersi a tavolino e risolvere la questione.
Noi riteniamo che non sia più procrastinabile un’azione chiara da parte del Sindaco e dell’Amministrazione per difendere le donne e gli uomini che reclamano la loro dignità di lavoratori.”


Interrogazione urgente al sindaco del gruppo consiliare Pd sulla Multiservizi


INTERROGAZIONE URGENTE
Ai sensi dell’Art. 40 del Regolamento del Consiglio Comunale
Oggetto: Frosinone Multiservizi SpA/Servizi Strumentali Srl
I sottoscritti Consiglieri Comunali MICHELE MARINI, MASSIMO PARLANTI, MARIA SPILABOTTE, NORBERTO VENTURI, 

CONSIDERATO CHE:
- la Società Frosinone  Multiservizi Spa ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività e, con lettera del 09.12.2011, ha annunciato il licenziamento di tutto il personale dipendente, pari a 214 unità, di cui 145 addette ai servizi del Comune di Frosinone;
- i Comuni di Frosinone e Alatri, dando esecuzione alle rispettive delibere consiliari del 28.12.2011 e del 29.12.2011, hanno costituito, in data 14.03.2012, presso il Notaio Piacitelli, la Società Servizi Strumentali Srl, con l’intento di continuare l’esperienza con i lavoratori impiegati nei sevizi svolti per i suddetti Comuni dalla Società Frosinone Multiservizi SpA, coniugando tale esigenza con quella di compatibilità con le risorse disponibili;
- in data 02.05.2012, presso la sede della Federlazio, le due Società in oggetto e i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali hanno deciso di trasferire i due rami di azienda della Frosinone Multiservizi Spa, relativi ai servizi conferiti dai due Comuni e ai lavoratori ad essi dedicati, alla Servizi Strumentali Srl; l’accordo, sottoscritto in quella sede, prevede esuberi per 30 unità, 30 ore settimanali per tutti i lavoratori (compreso lo staff) fino al 31.12.2012 e, alla scadenza della Cassa Integrazione, il passaggio a 24 ore settimanali;
- in data 14.03.2012, presso il Notaio Piacitelli, sono stati stipulati i contratti di affitto dei già richiamati rami di azienda, subordinandone la decorrenza alla ratifica, in Sede Regionale, dell’accordo sindacale del 02.05.2012;
- i contratti dei servizi conferiti alla Frosinone Multiservizi SpA scadono il 30.11.2012;
- la Cassa Integrazione guadagni in Deroga per i lavoratori della suddetta Società scade il 31.12.2012, lasciando gli interessati in una situazione di drammatica incertezza circa il loro futuro occupazionale;

CHIEDONO AL SINDACO E ALLA SUA MAGGIORANZA:
1) se intendono dar seguito agli atti sin qui prodotti e condivisi dal Comune di Frosinone (Delibera del 28.12.2011, i vari accordi sindacali, la costituzione della Società Servizi Strumentali Srl, la stipula dei contratti di affitto dei due rami di azienda della società Frosinone Multiservizi SpA) finalizzati alla continuità dei servizi e a garantire un futuro certo ai lavoratori della Società, in un quadro di contenimento dei costi e di una gestione efficiente ed efficace, così come indicato nel piano di impresa della nuova società;
2) se intendono sollecitare la Regione Lazio a convocare immediatamente le due Società e le Organizzazioni Sindacali per ratificare l’accordo del 02.05.2012;
3) se hanno previsto, per il bilancio previsionale 2013, le somme necessarie al mantenimento dei servizi, ora conferiti alla Società Frosinone Multiservizi SpA.

Motivo dell’urgenza: imminente scadenza dei contratti di servizio alla Multiservizi SpA e imminente discussione sul Bilancio Pluriennale 2012/2014 e sulla relazione Previsionale e programmatica 2012/2014.


venerdì 2 novembre 2012

Riassetto delle province, ruolo del Capoluogo e classe dirigente


 Francesco Notarcola Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone

La soppressione della provincia di Frosinone e del suo Capoluogo evidenzia il clamoroso fallimento
della classe dirigente della Ciociaria e del Cassinate in tutte le sue espressioni. Le forze politiche, sociali  ed imprenditoriali unitamente alle persone che le hanno rappresentate nelle sfere dirigenziali e nelle Istituzioni, portano sulle loro spalle questa pesante responsabilità.
Questa classe dirigente incapace di capire e di rappresentare le problematiche del territorio e delle sue popolazioni non ha mai elaborato una progettualità ed una proposta di sviluppo che potesse contrastare con efficacia il processo di deindustrializzazione e di smobilitazione dell’apparato produttivo nel suo complesso. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: impoverimento progressivo e degrado economico, sociale e culturale.
Quando:
- non si è all’altezza di dare risposte agli operai della Videocon e delle altre aziende in crisi  che  difendono il loro posto di lavoro, la disoccupazione raggiunge un quarto della popolazione;
-  non si è capaci di ripristinare la legalità nella gestione del servizio idrico integrato ed imporre il rispetto degli impegni assunti e sanciti nella Convenzione;
- non ci si impegna per salvaguardare e valorizzare i tesori archeologici rinvenuti nel capoluogo e si dà via libera alla cementificazione ed al saccheggio del territorio in una Città che non cresce;
- non si è evoluti e moderni e non si pensa a progettare il risanamento ed il recupero della Valle del Sacco, che rischia di diventare il mondezzaio di Roma e con un inquinamento che ha raggiunto livelli altissimi ed invaso terra, acqua ed aria, con grave danno per la salute della gente;
-  si lascia ridurre l’organizzazione sanitaria alla precarietà, non battendosi per il rispetto degli impegni assunti  per un ospedale DEA di 2° livello;
- ci si lascia portar via, senza colpo ferire, le sedi del distretto militare,della Banca d’Italia e di quanto altro mentre Latina diveniva sede del Tar e di Corte d’Assise;
Non si può avere la pretesa di chiamarsi classe dirigente e rivendicare un ruolo che non è stato mai svolto per difendere gli interessi di questa nostra terra continuamente martoriata ed offesa
A difendere questa provincia con i suoi gravi ed  annosi problemi di organizzazione della vita sociale e produttiva sono rimasti i lavoratori e l’associazionismo volontario:(Valle del Sacco, sanità, servizio idrico integrato, assalto al territorio da parte della speculazione edilizia, valorizzazione del nostro patrimonio culturale e storico, ecc.)
Questa lodevole ed impegnativa azione che non ha  conosciuto soste e stanchezza,  è stata contrastata, spesso,  con forza   proprio dai  rappresentanti delle Istituzioni e dei Partiti.
Il nostro Capoluogo è ancora una Città sotto inchiesta. Nessuno  parla più di Piazza Risorgimento, recintata da anni e sottratta alla vita degli abitanti di quel quartiere e dei frusinati;  della Casa della cultura, del Forum di Piazzale Europa, ecc. Nessuno informa i cittadini dello stato dell’arte di queste inchieste e nessun eletto promuove iniziative affinché  si possa conoscere l’esatta consistenza del patrimonio immobiliare del Comune e l’uso che se ne fa. Nessun eletto propone alcunché per sottrarre al cemento ed alla speculazione  l’area attigua alla Villa comunale, vincolata dal punto di vista paesaggistico con proposta di vincolo archeologico.
Le conseguenze negative e disastrose  derivanti dalla perdita del capoluogo erano e sono presenti a tutti. Ma cosa hanno fatto i parlamentari europei e nazionali, i consiglieri regionali,  i consiglieri provinciali ed i sindaci per impedire questa sciagurata decisione? Poco o niente. Al Parlamento hanno votato e sostenuto questa soluzione.
 Ora si strilla. Con quali prospettive? La stalla ormai è chiusa dopo che i buoi sono scappati.
Potrebbe forse riaprirsi se da San Vittore del Lazio a Colleferro riuscissimo a portare sulla Casilina i cittadini, i trattori, tutti i TIR ed i mezzi di trasporto pesanti, tutte le nostre automobili, le motociclette, i motocicli, le biciclette di tutta la provincia di Frosinone e, con cartelli e striscioni, andare a protestare in piazza Montecitorio per chiedere non solo il mantenimento del ruolo di capoluogo ma la rinascita ed il rilancio economico e  occupazionale, civile, sociale  e culturale.
Uno scatto di dignità per restituire valore alle persone ed alla qualità della loro vita.

Finalmente pure a Frosinone "se score.."

Luciano Granieri


Chi l’ha detto che  Frosinone non è un’eccellenza? Grazie al nuovo sindaco Nicola Ottaviani molti notabili  romani   ci invidiano. Chissà cosa darebbero i vari Calltagirone, Mezzaroma, Armellini e tutta la schiera di palazzinari di lusso che infesta il Lazio e la città eterna, per  stringere amicizia con Ottaviani,  anziché deprimersi  con l’inettitudine del  post fascista Alemanno. E’ prezioso un sindaco  che di botto  regala ai palazzinari nostrani interi quartieri per renderli collettori  di tonnellate e tonnellate di cemento. In una città già infestata di alloggi  desolatamente vuoti , in cui  la sua popolazione diminuisce  anziché crescere,  sorgeranno  altri palazzoni -  non più alti di sei piani, per carità,  la linea d’orizzonte non va  deturpata – manufatti     che andranno a saturare una porzione di territorio compresa tra Via del Cipresso, Via America Latina, Via Marittima, Via  Aldo Moro, fino a De Matthaeis, cioè a  la cosiddetta zona B.  Si tratta di qualcosa come 100milioni di euro di interventi regalati ai privati, soliti noti padroni della città , in cambio,   “udite udite”, del 22,5% di superficie che tornerà alla collettività. Certo in tempi di crisi bisogna accontentarsi. Ovviamente ci sarà da riscuotere dai mastri muratori  gli oneri concessori quantificati dal sindaco in circa 3milioni di euro. Ma se i tempi e le modalità di incasso saranno quelli soliti i  tecnici contabili di questa giunta, della prossima, e di quell’altra ancora…..insomma i tecnici contabili delle giunte che si succederanno da  qui al 2070 avranno comunque a disposizione una voce d’entrata da mettere a credito di 3millioni di euro.  Sempre gli stessi mai riscossi, ma buoni per far quadrare i conti previsionali. Però, scusate l’ignoranza urbanistica, dal  Campo Sportivo a De Matthaeis  e per tutta Via Aldo Moro la zona è satura  di costruzioni vecchie e nuove , l’ultimo palazzo è appena stato ultimato poco tempo fa  e un altro è in costruzione la dove una volta c’erano le giostrine.  In un posto così dove lo trovano lo  spazio per costruirci altri palazzi?  Che stupido,  non ci avevo pensato, gli argini del Fiume Cosa  che corre in parallelo alla via sono un sito  ideale   per scaricare altro cemento. In verità il fiume qualche problema logistico lo pone .  Però   è una vita che stiamo perdendo tempo dietro al  parco del Cosa , con la bonifica e la tutela paesaggistica delle sponde.  Ma  serve  veramente sto’ fiume?   Non serve vero?  E allora asfaltiamolo,  costruiamo nel suo alveo una moderna avenue incorniciata da  grandi e moderni palazzi di pregio,  una strada a scorrimento veloce in cui i suv possano esibire tutta  la loro immane imponenza e sprigionare la straripante potenza dei loro motori.  Grazie al sindaco Ottaviani finalmente pure a Frosinone se score….  

Il 4 novembre esponiamo la bandiera della pace

Luciano Granieri


"Cittadini di Frosinone il 4 novembre esponete il vessillo tricolore sul balcone o alla finestra". Questo è l’invito rivolto dal sindaco Nicola Ottaviani alla cittadinanza. Tale esortazione non è legata alla vittoria della nazionale ai mondiali di calcio, è meglio precisare, ma serve a ricordare i caduti della prima guerra mondiale, “coloro che si sono immolati per la difesa della patria” sostiene il sindaco, “coloro che si sono immolati continuano ad immolarsi a difesa degli interessi delle multinazionali spinte non dall’amor di patria, ma dalla   necessità  di trovare un lavoro “ aggiungo io. Che questo sia un sindaco legato a certe lobby, ormai è chiaro. Dopo aver omaggiato la casta dei palazzinari, regalando loro 100milioni di interventi urbanistici in spregio alle esigenze  dei cittadini che forse non hanno bisogno di altre case ma di spazi vivibili a misura d’uomo, è ora di rendere onore alle forze armate. Un omaggio simbolico s’intende, che puzza di nazionalismo lontano un miglio. Un omaggio doveroso  visto che la lobby militare è talmente potente da assicurare ai suoi generali e comandanti, che sono più numerosi dei soldati , stipendi faraonici,   ma soprattutto è in grado di drenare alla spesa sociale 14 miliardi di euro per  l’acquisto di cacciabombardieri F35. Con  una somma tale ci sarebbero le risorse per ripristinare i fondi a favore delle persone non  autosufficienti e dei   malati di Sla. Si potrebbe      istituire un  fondo necessario  al  pagamento di salari sociali per  chi perde il lavoro, oltre cha avere la possibilità di  risanare scuole e sanità  pubblica.  Quindi per non farsi  soffocare dalla retorica ipocrita dell’amor di patria che il sindaco di Frosinone sta diffondendo a piene mani, Aut invita tutti i cittadini ad esporre alla finestra, non il tricolore ma la bandiera della Pace.  Perché “LA PACIFICA CONVIVENZA FRA I POPOLI” che auspica il sindaco non si assicura con  cacciabombardieri.

giovedì 1 novembre 2012

Scuola pubblica: Monti peggio di Berlusconi

Fabiana Stefanoni


Chi pensava che i tagli alla scuola pubblica avessero già raggiunto l'apice con il governo Berlusconi - che ha tagliato 8 miliardi all'istruzione pubblica, provocando la perdita di 160 mila posti di lavoro nella scuola a danno dei precari - si sbagliava. Monti, forte del sostegno del Partito democratico (e quindi, indirettamente, della burocrazia Cgil), sta ultimando l'opera di privatizzazione delle scuole.
La legge Aprea-Ghizzoni: la scuola azienda è una realtà
Ai tempi dell'ultimo governo Berlusconi, l'assessore regionale all'istruzione della Lombardia, Valentina Aprea, aveva sostenuto e difeso a spada tratta un progetto di legge (noto appunto con il nome di "legge Aprea") che prevedeva la trasformazione delle scuole in vere e proprie aziende, con tanto di "consiglio di amministrazione" sul modello della riforma delle università della Gelmini. Il Pd, allora, aveva speso fiumi di parole contro quella legge, definendola un "duro attacco alla scuola pubblica". Fatto sta, che i tempi sono cambiati e oggi il Pd sostiene il governo Monti. Così, la commissione cultura della Camera il 10 ottobre ha approvato, con qualche marginale modifica, quella stessa legge, ma stavolta col plauso del Pd. Valentina Aprea ha cantato vittoria. E ha fatto bene: infatti, checché ne dica l'onorevole Ghizzoni del Pd - che ha presentato qualche emendamento alla legge precedente, senza stravolgerne il contenuto - l'impianto della legge precedente è rimasto in piedi.
La legge Aprea, giustamente ridefinita legge Aprea-Ghizzoni per il concorso della parlamentare del Pd alla stesura, trasforma le scuole in aziende, esattamente come nel progetto originario. Molte delle funzioni fino ad oggi di competenza degli organi collegiali degli insegnanti (a partire dal collegio docenti, cioè l'assemblea periodica di tutti gli insegnanti di una scuola) diventeranno competenza esclusiva del dirigente scolastico, sempre meno "preside" e sempre più "manager": i collegi docenti resteranno degli organi meramente informativi, privi di potere decisionale. Come già avvenuto con la riforma delle università, verrà istituita una sorta di consiglio di amministrazione per ogni scuola (chiamato "consiglio di autonomia"), del quale faranno parte anche soggetti privati estranei alla scuola (imprese, fondazioni, associazioni padronali): è ovvio che la didattica sarà condizionata da questa presenza, con la conseguente trasformazione delle scuole in appendici delle aziende presenti sul territorio. Le stesse scuole potranno attingere finanziamenti da "fondazioni" private (ossia banche e aziende): la logica del profitto la farà da padrona (tanto più che vengono introdotti meccanismi di "autovalutazione" delle scuole - simili a quelli delle aziende - funzionali a creare una gerarchia tra gli istituti).
Il Pd parla di "una norma profondamente trasformata rispetto al progetto originario". Ma, se così fosse, non si capirebbe l'entusiasmo di Valentina Aprea per l'approvazione della legge: la verità è che le modifiche apportate dal Pd riguardano aspetti di secondaria importanza, mentre l'impianto della legge resta in piedi. Del resto, non c'è da stupirsi. E' stato proprio un decreto a firma Bersani che, ai tempi del governo Prodi, aveva trasformato - col voto a favore dei parlamentari di Rifondazione Comunista e dell'Italia dei Valori, che sostenevano il governo - le scuole in "fondazioni di diritto privato". Quella legge ha creato le condizioni per il finanziamento privato alle scuole pubbliche.
Non solo. Oggi la legge Aprea porta all'estremo l'autonomia degli istituti scolastici: ogni scuola diventerà un regno a sé, potrà elaborare in piena libertà un proprio statuto, in deroga alle norme generali della scuola pubblica. Anche in questo caso, sono stati i governi di centrosinistra a fare da apripista. Con le leggi del 1997 e del 1999, infatti, oltre a parificare l'istruzione privata a quella pubblica, si approvava la cosiddetta "autonomia scolastica" degli istituti, con la conseguente apertura a logiche privatistiche.
La legge di stabilità: un monito per i lavoratori della scuola 
La legge di stabilità prevede nuovi pesanti attacchi ai lavoratori della scuola (e a tutto il pubblico impiego): gli stipendi, bloccati dal 2010, verranno congelati fino a tutto il 2017. E' previsto il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale (cioè di una parte della retribuzione erogata dallo Stato nel periodo che intercorre tra la scadenza di un contratto e il suo rinnovo), con l'addio definitivo ai recuperi delle tornate contrattuali perse. Come se non bastasse tutto questo, il governo ha voluto inserire nella Finanziaria la proposta di allungare, a parità di stipendio, l'orario base degli insegnanti delle scuole medie inferiori e superiori. L'orario di lavoro era, fino ad oggi, oggetto di contrattazione sindacale: per la prima volta dal dopoguerra, un governo pretende di modificare per decreto il contratto collettivo nazionale di lavoro. In realtà, su questo punto Monti si è detto disposto a fare un passo indietro: ma è chiaro che l'aumento dell'orario di lavoro, che oggi esce dalla porta, rientrerà dalla finestra in occasione del prossimo rinnovo contrattuale. Il messaggio che ha voluto lanciare il governo, con questa boutade, è chiaro: se non ora, a breve l'orario di lavoro degli insegnanti sarà aumentato a parità di salario (esattamente come è avvenuto con i ferrovieri, col consenso dei sindacati concertativi).
E' un argomento su cui è stato facile per il governo trovare "un consenso" nell'opinione pubblica: chi non lavora nella scuola, pensa che 18 ore alla settimana di insegnamento siano poche. Ma ciò che si dimentica di dire è che 18 sono le ore base di insegnamento, a cui si aggiungono le ore di riunione, i ricevimenti, le ore di disponibilità per le supplenze interne, senza contare il lavoro a casa di preparazione delle lezioni e di correzione dei compiti e gli spostamenti da una scuola all'altra (dato che, soprattutto dopo i tagli dei governi precedenti, sono moltissimi gli insegnanti che devono destreggiarsi tra più scuole per completare l'orario). Ma innalzare l'orario base degli insegnanti di 6 ore la settimana ha un effetto immediato, che è poi quello che interessa al governo: si eliminano definitivamente le ore rimaste disponibili per le supplenze. Questo significa che il personale precario, già penalizzato dal taglio di 160 mila posti, è destinato a scomparire definitivamente. Gli 11 mila posti del concorso saranno probabilmente gli ultimi a disposizione di un esercito di oltre 300 mila precari.
Rispondiamo con la lotta e lo sciopero generale!
C'è un filo rosso che unisce la legge Aprea-Ghizzoni e la proposta di aumentare l'orario di lavoro degli insegnanti: l'obiettivo di smantellare il contratto di lavoro. E' quello che è già in parte avvenuto con il rinnovo del contratto dei chimici, rinnovo che prevede la deroga al contratto anche in relazione agli aumenti salariali (rinnovo sottoscritto anche dalla Cgil). E' lecito prevedere che a breve sarà la volta della scuola: se ogni istituto diventerà un'entità economica a sé, ciò che fino ad oggi è stato materia di contrattazione nazionale diventerà materia di contrattazione "aziendale", ogni scuola avrà regole e stipendi diversi. Smantellare la contrattazione collettiva significa ridurre i diritti e rendere più ricattabili i lavoratori: è questo lo scopo che il governo intende perseguire.
L'insegnamento che ne ricaviamo è che nessuna conquista, nel capitalismo, è duratura: i padroni e i loro rappresentanti si riprendono con la mano destra tutto ciò che sono stati costretti a concedere con la mano sinistra. Per la contrattazione collettiva è lo stesso: le lotte di massa degli anni Sessanta e Settanta sono state svendute in cambio di qualche concessione (come lo Statuto dei lavoratori) e oggi quelle concessioni diventano carta straccia.
Ma una nuova stagione di lotte, anche nella scuola, si è aperta. In Spagna, Portogallo e Grecia le lotte studentesche hanno raggiunto un carattere di massa e si sono legate a quelle dei lavoratori della scuola. Lo stesso avviene in Cile e persino negli Stati Uniti, dove uno sciopero a oltranza degli insegnanti e degli studenti è riuscito, a Chicago, a strappare persino aumenti salariali. Nella scuola italiana è più difficile respingere gli attacchi del governo, "grazie" alla famigerata legge 146 del 1990 (poi ulteriormente inasprita ai tempi del governo D'Alema) che limita fortemente il diritto di sciopero nel settore pubblico (legge voluta dalla Cgil!). Ma l'esperienza storica dimostra che la mobilitazione di massa è in grado di aggirare ogni ostacolo, anche quello delle leggi antidemocratiche.
Mentre scriviamo, gli studenti a Roma stanno occupando le università e bloccando le strade nella capitale, dopo aver organizzato due grandi giornate di lotta il 5 e il 12 ottobre. Gli insegnanti stanno organizzando assemblee, presidi di protesta, blocchi del traffico in molte città d'Italia. I sindacati "di regime" (Cisl e Uil), dopo aver contribuito al massacro della scuola sostenendo le manovre del governo Berlusconi, hanno indetto uno sciopero di categoria il 24 novembre: uno sciopero "innocuo", tardivo e convocato di sabato per "non disturbare troppo". E' necessario che la risposta a questo attacco venga prima: la giornata del 14 novembre - giornata dello sciopero generale in vari Paesi europei - può e deve diventare una giornata di lotta anche per la scuola. Alcuni sindacati di base hanno proclamato lo sciopero il 14 novembre (Cobas, Cub Scuola Università e Ricerca, Unicobas, ecc.). La Cgil ha annunciato 4 ore di sciopero generale per lo stesso giorno. Non basta: il 14 novembre deve diventare anche in Italia il giorno di uno sciopero generale di 24 ore per tutte le categorie, nella prospettiva della costruzione di uno sciopero a oltranza su scala europea. Giustamente, i giovani indignados gridano nelle piazze "siamo il 99%": e quel 99% può diventare una forza imbattibile se si trasforma in sciopero generale prolungato.   

Quattordici e precari (Parma-Roma 3-2)

Kansas City 1927


1) Sti 3-2 e 2-3 hanno mpo rotto er cazzo.
2) In generale gli over.
3) Specie se O.VE.R. pe noi vordì che un successo O VEdi Raramente.
4) E dì che stinfrasettimanale ce capitava proprio a cecio.
5) E dì che Lamela se sta a fa omo, pure se porello l’uno a zero ormai manco ce fa arzà dala sedia, che tanto poi lo sai che dopo 25 minuti cambia tutto, enfatti s’è visto.
6) E dì che sta partita, a pensacce bene, ma proprio bene, era la partita ideale pe la Cosa greca. Tereno pesante, fisicità, acquaticità, iruenza, necessità de radicasse nela fanga, lui ce sarebbe riuscito. E invece gnente, non c’era lui, non c’erano l’artri.
7) Prima Toodò che je dà er pallone e quello co quer nome da Twilight subentrato ar titolare se lo pia, e ce segna (confermando er teorema per cui, contro la Roma, la riserva costretta dar fato a subentrà, quer giorno, e solo quer giorno, sarà sempre più forte der titolare costretto a uscì)
8) Poi Parolo che ormai stanco de finte de corpo e de gamba se inventa la finta de pozza, e ce segna, (contravvenendo ar mero carcolo de possibilità che vuole che pur se solo davanti ala porta, uno un gò se lo po sempre magnà, ma se accade contro la Roma verai premiato anziché punito).
9) Poi Franco che dice che nun se sente bene ner senso der fisico e dice: sti 2-1 hanno rotto, fate entrà quarcuno abituato e bono coi piedi (e quando Francoechea parerà dopo manco 10 secondi, un sms co scritto “ha parato” se propaga de telefonino in telefonino, a testimoniare tutta la fiducia riposta nel rigazzo).
10) Poi Rosi che è sempre Rosi e vedi de annattene, te, le sgroppate, l’agonismo de stocazzo e l’eurogò che te devi dà in fronte (e comunque grazie Olarticoechea, armeno questa se la semo risparmiata).
11) Poi Zaccardo che capisce che ncè bisgono de eurogò contro de noi, e ce segna co la stessa logica e consapevolezza co cui fece autogò in un mondiale vinto.
12) Poi Ercapitano, co un gò bono solo pe rosicà se ce l’hai ar fantacarcio.
13) Eppoi niente, come sempre, ma co più acqua, na cifra de acqua, perfino Acquah, troppa acqua pe giocà a pallone, ma comunque come sempre.
14) Over and over again, sempre e comunque a tifà Roma. Chi tifa Roma nsasciuga mai.

PREMIER MONTI, NON IN MIO NOME!


Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese - Comitato Con la Palestina nel cuore

A tutti gli amici della Palestina chiediamo di inviare questa mail, firmata, al Presidente del Consiglio Mario Monti tramite la pagina


inviandone copia a 
per protestare contro le dichiarazioni di ammirazione e amicizia espresse dal premier verso Israele nel suo recente viaggio.
Manifestiamogli la nostra opinione su Israele!
(Il testo proposto può essere naturalmente, modificato a piacimento)

 Testo da inviare:
In merito alle dichiarazioni rilasciate dal primo ministro Monti in visita in Israele, vorrei elencare quello che lo Stato di Israele rappresenta per me:
è uno Stato che occupa illegalmente territori che non gli appartengono, riservando ai Palestinesi un trattamento disumano;
è responsabile di crimini contro l'umanità (vedi operazione Piombo Fuso);
viola sistematicamente il diritto internazionale (vedi aggressione alle navi della Freedom Flotilla I, II e III in aque internazionali);
non ottempera a innumerevoli risoluzioni ONU e nega il diritto al ritorno ai Palestinesi espulsi nel 1948 e nel 1967;
applica un regime di apartheid a danno dei Palestinesi che vivono entro i confini di Israele;
applica un assedio illegale e crudele contro la popolazione della Striscia di Gaza;
ha bombardato il Sudan pochi giorni fa nel più totale e vergognoso silenzio della maggior parte dei governi mondiali;
minaccia i paesi vicini, Libano, Siria, Iran.

In quanto cittadino italiano, preciso perciò che la frase "Gli italiani ammirano molto Israele per ciò che rappresenta" non è stata pronunciata  in mio nome.
FIRMA

mercoledì 31 ottobre 2012

Ricchi, migranti e felici

Giovanni Morsillo


Una buona notizia, e per di più dalla politica (che al giorno d'oggi fa dubitare di avere le allucinazioni). Anzi, a dire il vero le notizie sono addirittura due: Minetti non solo si dimette da consigliere regionale della Lombardia, ma dichiara che se ne andrà in America. Non sappiamo se lo faccia per dare un contributo alla ripresa italiana, almeno a quella della fiducia, ma l'effetto dovrebbe essere notevole. Merito all'igienista dentale, dunque, che per una volta farà - sempre che mantenga la promessa - un servizio assai igienico per il nostro martoriato paese.
Certo, non ha perso occasione, anche in questo frangente, per mostrare il meglio di sé, e non essendo maschilisti, non ci riferiamo alla gonna con lo spacco indossata ieri, ma alla messa in evidenza del suo carattere fra l'impudente e il sognatore, ma di un sogno oltre la trance, quasi ipnotico, o forse "stupefacente". Ha detto, poveretta, che va in America per fare la first lady. E forse crede che gli americani aspettino lei, che non abbiano di meglio da esibire al mondo, o che il capo di quel governo sia un guitto un po' più importante del suo marpione di Arcore. Qualcuno le parli, le dica che va bene andare in America, ma non si illuda troppo: al massimo potrà fare qualche servizio fotografico un po' azzardato, per la gioia dei lettori con la bava e del suo portafoglio. Siamo comunque certi che questo la appagherà, vista la concezione della vita che ha dimostrato di avere, e ne siamo contenti per lei. A patto che rimanga lì: non vogliamo male agli statunitensi, almeno non fino a questo punto, ma confidiamo che in un paese così sterminato, un posto dove farla sfogare senza far troppi danni riescano a trovarlo.
E la Lombardia? oltre agli assessori iniziano ascarseggiare anche i consiglieri? Mah, chissà se Formigoni si rende conto del disastro che ha fatto in vent'anni di macello istituzionale?
Pregate per la sua anima nera, se ci credete.

Saluti divertiti

Fiat alimenta la lotta fra poveri con la complicità dei sindacati.

Luciano Granieri


Dopo aver rabbonito  i maggiordomi Bonanni e Angeletti assicurando che la Fiat non chiuderà altri stabilimenti in Italia, dopo aver depennato il marchio Lancia dalla produzione automobilistica italiana, dopo aver marginalizzato la produzione Fiat alla sola 500 e derivati ( Panda compresa) , dopo aver sostenuto che dai siti produttivi italiani usciranno solo super car: Maserati, Jeep, e Alfa Romeo (che verrà equiparata a brand premium come  Audi e Bmw), dopo  aver dimenticato di specificare con quali investimenti tali vetture alto di gamma potranno raggiungere  l’eccellenza tecnologica necessaria a competere con marchi esteri di prestigio ,  l’amministratore delegato Sergio Marchionne torna sulla terra.  A  tanti illusori programmi sventolati in faccia a sindacati creduloni, l’ad con il maglioncino fa seguire  un comunicato vero. Non una previsione, non una promessa, ma un arrogante provvedimento deciso  in spregio, oltre che ai lavoratori, anche alle istituzioni italiane e alla stessa Carta Costituzionale. E’ di poche ore la notizia certa secondo cui la Fiat metterà in mobilità o,  se non ci saranno i presupposti, LICENZIERA’ nella fabbrica di Pomigliano 19 lavoratori per poter rispettare l'ordinanza della Corte d'Appello di Roma che la obbliga ad assumere i 19 dipendenti di Fiat Group Automobiles iscritti alla Fiom che hanno presentato ricorso per discriminazione. Lo stesso destino toccherà ad altri 126 lavoratori che dovranno lasciare il posto ai rimanenti  126 dipendenti iscritti alla FIOM reintegrati dalla stessa sentenza. Fiat giustifica tale decisione  sostenendo che, a causa del crollo del mercato italiano ed europeo, l’attuale organico presente  nello stabilimento G.B.Vico di Pomigliano è più che sufficiente,  per cui al reintegro dei  145 lavoratori iscritti alla FIOM  dovrà necessariamente corrispondere la mobilità di altri 145 dipendenti ora regolarmente assunti. Se le previsioni sulle capacità produttiva e sulle aspettative di vendita si sono rivelate del tutto sbagliate la colpa non è degli operai, ma degli analisti e dei manager a cominciare proprio dal Dott. Marchionne. Chi sbaglia paga, dunque a pagare dovrebbe essere proprio colui il quale  ha un salario 500 volte più alto di un operaio. Ma  la natura di questo ennesimo atto di arroganza non è di origine commerciale-amministrativa, è tutta politica. Con questa presa di posizione Fiat vuole ricordare alle istituzioni che per mantenere aperti gli stabilimenti in Italia  deve poter  gestire i rapporti di lavoro  al di fuori delle regole sancite dal contatto nazionale collettivo.  Per continuare a produrre nel nostro paese il Lingotto deve essere libero di licenziare chi, quando e come vuole, deve poter aumentare  i ritmi di lavoro, diminuire le pause, eliminare il diritto allo sciopero e  la rappresentanza sindacale non gradita ,  deve in sostanza togliere ai lavoratori   tutti quei diritti conquistati in anni di lotte. Ma soprattutto la decisione di mettere in mobilità un numero di operai pari a  quelli iscritti alla FIOM che dovrà reintegrare per rispettare l’ordinanza del tribunale, è una altra azione prevista dal piano teso ad alimentare la guerra fra poveri e disgregare la solidarietà fra gli operai.  Tale subdolo  piano ebbe  origine con l’indizione dei referendum  a Pomigliano e a Mirafiori sul ricatto “diritti in cambio di lavoro”, che già allora creò divisioni e contrasti fra chi decise di cedere e chi invece scelse  di resistere.  Il  malcontento dei 19 lavoratori  che andranno in mobilità sarà inevitabile, come sarà prevedibile l’acredine di questi  verso i 19 addetti iscritti alla FIOM che subentreranno al loro posto. Del resto la strategia di dividere il fronte dei lavoratori non è nuova. Anche alla Ilva di Taranto la scaltrezza padronale dei Riva ha diviso il fronte operaio  fra chi, non volendo perdere il posto di lavoro è  disposto a morire di cancro e  destinare alla  stessa sorte i cittadini di Taranto, e chi invece sta lottando per salvaguardare lavoro e salute, invocando gli investimenti necessari da parte della famiglia Riva per mettere a norma gli impianti. Diffondere il germe della guerra fra poveri è una consuetudine consolidata all’interno dell’accattona classe imprenditoriale e finanziaria italiana. Ciò dovrebbe essere ormai noto  soprattutto alle forze sindacali.  Ma il vero problema risiede proprio nelle dinamiche sindacali, orientante ad alimentare, la divisione dei lavoratori ,anziché combatterla. Se negli anni della crisi economica, determinata dal fallimento del pensiero unico neo liberista,   si è fatto scempio dei diritti dei lavoratori, la colpa è soprattutto di quelle forze sindacali che anziché porsi a difesa di questi  diritti hanno ceduto alle lusinghe padronali rendendosi responsabili di un sordido doppio gioco. Per porre fine a tale perverso sistema è necessario liberarsi di questi maggiordomi, dei Bonanni, degli Angeletti, che continuano a imbrogliare i lavoratori vendendoli al padronato. E’ necessario inoltre ricondurre la CGIL ad una condotta più dichiaratamente favorevole alla classe lavoratrice . Il maggiore sindacato italiano deve mettere da parte, titubanze incertezze legate ai destini dei politici di riferimento (leggi Bersani) e difendere senza se e senza ma i diritti dei lavoratori indicendo ad esempio per il 14 novembre prossimo lo sciopero generale contro il capitalismo finanziario così come avverrà in altre nazioni d’Europa. Se la classe operaia non riuscirà  al più presto a liberarsi dei fardelli Cisl, Uil e a reindirizzare l’azione della CGIL verso una dinamica di rappresentanza concentrata esclusivamente alla difesa dei lavoratori, le speranze di ridare al lavoro la dignità sociale sancita dalla Costituzione sarà del tutto vana.

Roma 27 ottobre: molti ciociari presenti


Per l’associazione 20 ottobre Oreste della Posta

Si è svolta a Roma la grande manifestazione contro il governo Monti, a cui hanno partecipato oltre 150.000 persone per dire no alle politiche neo liberiste del governo che stanno portando il popolo a grandi sofferenze sociali. Occorre una grande svolta e questa manifestazione può essere un punto di partenza. Notevole è stata la presenza dei ciociari che hanno gridato il grave disagio che la nostra provincia sta attraversando con una crisi veramente terribile.
L’associazione del 20 ottobre ha dato subito l’adesione a tale manifestazione ed era presente in piazza con la sua delegazione. Durante la manifestazione l’associazione ha incontrato i due consiglieri regionali della FDF (sarà FdS. E 'proprio vero la vicinanza con Vendola diventa sempre più incombente ndr) Ivano Peduzzi e Fabio Nobili affermando che per quanto riguarda le prossime elezioni regionali occorre un accordo con il centro sinistra ma basato su un accordo programmatico fatti di pochi punti:
1)    Ciclo integrale smaltimento rifiuti
2)    Questione sanità
3)    Lavoro
I due consiglieri hanno affermato che indubbiamente la trattativa basata sulle cose da fare e prima di tutto verrà l’accordo programmatico se questo non si raggiungerà allora la FDS correrà per proprio conto.
L’associazione ha chiesto una particolare attenzione al nostro territorio, in quanto, in preda a una crisi industriale devastante.
L’associazione ritiene che anche in provincia occorre una mobilitazione continua e generale che metta al centro lo sviluppo e mandi a casa una parte della casta politica coinvolta in ladrocinio e ruberie dove la realtà ha superato la fantasia.


VALLE DEL SACCO, LA COMMISSIONE PETIZIONI EUROPEA ACCOGLIE LE ISTANZE DEL COORDINAMENTO.

Coordinamento Valle del Sacco


 Tra le varie tappe del tour ispettivo per l’emergenza rifiuti nel Lazio la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ieri pomeriggio ha chiamato a colloquio il Coordinamento Valle del Sacco, rappresentato dal suo portavoce Rosa Maria Chimisso.

La Commissione, presieduta dall’europarlamentare Judith Merkies, ha accolto le istanze del CVS presentate con la petizione 598/2012.

I Commissari hanno ravvisato una situazione di criticità generalizzata del territorio della valle esprimendo la volontà di approfondire lo stato dell’arte sulla base della documentazione che il CVS fornirà a sostegno dello studio di valutazione sostanziale.

Qualsiasi altra impiantistica deve necessariamente tener conto della situazione ambientale già in essere, valutando tutti gli agenti inquinanti e non la singola potenziale causa di emissioni nocive – ha dichiarato il Segretario della Commissione David Lowe – prevedendo sempre un coinvolgimento della popolazione nelle scelte e rendendo edotti i residenti degli esami e degli studi sulle emissioni impattanti che interessano l’intera macro area.

In attesa della relazione finale che verrà stilata al termine dei sopralluoghi e dei colloqui con i vari comitati appellanti, i Commissari terranno informati i firmatari sugli sviluppi della situazione rifiuti a Roma e nel Lazio, con la disponibilità di accogliere ulteriori osservazioni sull’evolversi della gestione rifiuti.

Per il CVS l’audizione ha significato un primo traguardo, frutto delle manifestazioni di protesta e delle varie iniziative intraprese in sede europea.

“A margine dei colloqui con la Commissione, chiediamo al Prefetto Sottile di ordinare uno stralcio definitivo dei due progetti TMB di Paliano e Colleferro – dichiara Rosa Maria Chimisso – su cui continueremo a vigilare. Vogliamo rassicurazioni scritte, nero su bianco e non annunci, anche alla luce delle ultime indagini epidemiologiche, che purtroppo sempre nero su bianco sanciscono, ancora una volta,  una situazione ambientale e sanitaria della Valle del Sacco preoccupante. Come ha dichiarato la Commissaria Merkies – conclude Chimisso – per i rifiuti in Italia deve finire lo scarica barile”.