Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 20 dicembre 2013

Roma. Giù le mani dai trasporti pubblici. Un bel corteo dice No alle privatizzazioni

http://www.contropiano.org/


No alla privatizzazione, diritto alla mobilità per tutti”. Questo lo striscione unitario di apertura del corteo che ha visto in piazza oggi a Roma oltre un migliaio utenti e lavoratori dei trasporti, partito dal Colosseo e arrivato al Campidoglio per opporsi alla “alla privatizzazione dei trasporti pubblici, per un servizio più efficiente e garantito”. Una alleanza che ha visto insieme lavoratori dell’ Atac, sindacati di base (Usb), movimenti sociali, studenti, ma anche i lavoratori delle aziende del trasporto locale private che svolgono le linee periferiche e Micaela Quintavalle degli auto organizzati del neomovimento Cambia-menti M410 da qualche settimana impegnati in un braccio di ferro con l'azienda capitolina.
Obiettivo dichiarato della mobilitazione è l'opposizione a “qualsiasi forma di privatizzazione” ma anche un rilancio del servizio pubblico. Stabilizzazione dei lavoratori interinali, stop agli straordinari 'forzati', nuove assunzioni, cambio ai vertici, una sospensione della dismissione degli ex depositi degli autobus. Questi punti messi all'ordine del giorno dai manifestanti uniti alla richiesta di “un nuovo welfare che permetta l'accesso alla mobilità per tutti”.  In serata è atteso un incontro tra una delegazione dei manifestanti e l'assessore alla Mobilità Guido Improta.
Continuano anche le azioni di protesta alcune organizzate altre spontanee.Questa mattina alla fermata della metropolitana B Ponte Mammolo si è ripetutala protesta messa in atto ieri alla stazione metro Piramide con il salto deltornello per non pagare il biglietto. Gli attivisti hanno anche stampato un biglietto simbolico “per la libertà di movimento cambiando alcuni particolari del tradizionale biglietto Atac. Costo: zero. Validità: sempre. “Reddito indiretto pertutti”. A viale Marconi invece dopo un’ora di attesa dell’autobus che non passava, gli utenti si sono messi in mezzo alla strada bloccando il traffico e bloccando anche un autobus con la richiesta di “dirottamento” verso la lorodestinazione. Segno evidente che gli utenti non ne possono più del disservizio provocato ad arte dalla gestione distruttiva (e arruffona) dell’Atac. Da tutti i partecipanti alla manifestazione di oggi è partito un fuoco incrociato contro l’emendamento firmato dalla senatrice Linda Lanzillotta (ex assessore comunale nella Giunta Rutelli e privatizzatrice dell’Acea e Centrale del Latte). L’emendamento punta esplicitamente alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare trasporti e igiene urbana. Una provocazione vera e propria.
Le foto della clip sono di Patrizia Cortellessa
Brano: "C'era una volta" Modena City Ramblers
Editing: Luciano Granieri

In piazza contro vecchi e nuovi fascismi, in difesa della Costituzione

Comitato in difesa della Costituzione di Frosinone


Il comitato in difesa della Costituzione di Frosinone invita tutti i cittadini, movimenti e associazioni al  presidio antifascista e  per la tutela della Costituzione,  organizzato     nella  giornata  di   lunedì 6 gennaio dalle ore 10,00 presso Piazza dei Martiri Toscani a Frosinone .  Il riproporsi di rigurgiti nazifascisti, attraverso  il tentativo di  organizzazioni neo fasciste come CasaPound e Forza Nova   di cavalcare la protesta della piccole e media borghesia, unito al tentativo da parte dell’attuale parlamento di stravolgere la   Costituzione in senso  autoritario,  impongono alle forze sinceramente democratiche di reagire. L’attuale crisi economica e sociale non si risolve   resuscitando i peggiori istinti fascisti né stravolgendo la Costituzione.  Anzi  è proprio il  rigoroso rispetto della Carta costituzionale  che potrà garantire quella solidarietà e condivisione necessaria alla collettività per uscire insieme  dalla  palude.  E’ su queste basi che Il comitato in difesa della Costituzione di Frosinone,   riunito in assemblea  il 18 dicembre scorso, ha deciso di organizzare il presidio del 6 gennaio.  Nel  corso dell’assemblea ,  il comitato ha proceduto all’elezione del   presidente, nella persona di Dionisio Paglia e del vice presidente,  Ivano Alteri.  Rinnoviamo quindi  a tutti l’invito ad incontrarci lunedì 6 gennaio a Frosinone in Piazza dei Martiri Toscani, per ribadire il rifiuto ad ogni manifestazione di stampo fascista ed ai molteplici tentativi ,di  origine parlamentare,  di sovvertire la nostra  Costituzione.

Frosinone li 20/12/2013

L’Italia paese dei balocchi

di Giuseppina Bonaviri
video clip di Luciano Granieri
Ogni Natale ci ricorda la Nascita, la nascita per eccellenza. Natalis "relativo alla nascita" dal verbo “nasci” ovvero "nascere".
Eppure, anche oggi, vicini al Natale dobbiamo ricordare con lucidità che della nostra Italia non rimane che un paese di balocchi, con i suoi tanti burattinai che non si fermano mai impegnati come sono ad intesserne fili di morte. Della nostra Nazione che invecchia, un tempo capofila di storia e arte, oggi rimane il ricordo. Un paese diventato parcheggio di classi dirigenti incapaci di decidere -forse perché troppo impegnate a  “mangiare i panettoni”?- ma certamente attente a sottoscrivere leggi-inganno con l’aiuto di figuri lucidati a nuovo che fingono di essere il cambiamento, “una lunga corte di possidenti di pezzi di partiti o di  mezzadri vissuti sempre a comando di cui le apparenze sopravanzano sulla realtà”.
Non può non alzarsi una voce critica, non si può continuare ad assistere in silenzio mentre più di 4 italiani su 10, sotto albero di Natale, sognano un cesto di prodotti alimentari che non avranno. Il fiscal compact impone all'Italia, già in recessione, il taglio alla spesa pubblica di 50 miliardi l'anno con un crollo dei consumi natalizi calati dal 2009 del 42,7%. Nel 2013 la spesa degli italiani nell’intero periodo natalizio non supererà la quota 10,3 miliardi di euro.
Il 12 per cento delle famiglie rispetto allo scorso anno taglierà per le festività sui generi alimentari, il 43 per cento sull'abbigliamento, il 47 per cento sui divertimenti e il 52 per cento sulle vacanze. Ci sarà solo un 37 per cento che si comporterà come nel passato (Coldiretti/Ixè, dicembre 2013) così come nel Mezzogiorno d’Italia sono 500 mila i bambini che vivono sotto il livello minimo di povertà vessati dalla crisi economica drammatica.
Anziani, stranieri, persone senza dimora, precari, disabili, pensionati, famiglie in difficoltà, malati senza potere contrattuale e sempre meno assistiti non potranno consentirsi la festa natalizia. Oggi, a questa larga schiera, si aggiungono i precari della scuola che non vedranno monetizzate le ferie non usufruite
Dopo anni di crisi, disoccupazione, malcostume, vecchie e nuove povertà la sofferenza di tanti è in crescita. Non sappiamo quanti dei nostri amministratori locali, consapevoli del degrado causato, hanno pensato -all’interno di una reale rete di solidarietà- ad organizzare un pasto caldo di Natale per i più bisognosi o, magari, hanno messo a disposizione dei più soli o di qualche scolaresca di periferia una navetta-bus gratuita per un tour della città vestita a festa, per una visita guidata presso un Museo.
Per Natale il Papa dona ai poveri di Roma carte telefoniche e biglietti per la metropolitana provando a regale un attimo di  “quella gioia di vivere che frequentemente si spegne” mentre, la nostra casta governante, vile con i potenti è sempre più inesorabile con i deboli continua a colpire chi sta in basso e paga dignitosamente le tasse. E questa casta, cara, non può che continuare a pensare alla propria autoriproduzione: 23,2 miliardi di spese annuali spendono gli italiani per far si che sopravviva.
Palazzo Chigi costa 15 volte la Casa Bianca.  Superata la stagione della sobrietà tecnica ha ripreso a spendere 458,6 milioni di euro nel 2013, più dello 11,6% rispetto al 2012 ( partecipate, incarichi ammontano a 2,2 miliardi di euro; le spese per i dirigenti e i nominati nelle Aziende Sanitarie e Ospedaliere oltre 390 milioni di euro. A questi va aggiunto il costo dei Consigli di Amministrazione e degli Ater/Aler che è di circa 45 milioni di euro. I costi, poi, per il personale contrattualizzato di nomina politica, secondo stime recentissime, si aggirano intorno a 2,8 miliardi di euro l’anno) e per concludere, è evaporata dietro la scia di false promesse e riforme mai avvenute, una evasione fiscale di 202 miliardi di euro, tasse non pagate nell’anno che sta per finire.
Eppure tra i tanti mediocri ed allucinati politici che continuano ad allungare le mani ubriachi come sono di potere, burocrazie asmatiche, casse vuote, ragazzi senza lavoro, ospedali in chiusura sta arrivando anche quest’anno il Natale. Un Natale di austerity che ci riserva, consapevolmente, poche speranze nell’imminente ma ci fa credere che ripartire con un progetto di largo respiro, risanante il paese, nella riscoperta della gratuità del rapporto, di equità, solidare sia ancora possibile.
Rimane forte l’orgoglio di essere italiani.
Con l’auspicio di un futuro impegnato e migliore per tutti noi anche in provincia frusinate.

Frosinone fra scandali e corruzione

LA CITTA’ DI FROSINONE TRA SCANDALI URBANISTICI E CORRUZIONECHE HANNO
PORTATO IL COMUNE AL DISSESTO FINANZIARIO


                           INCONTRO-DIBATTITO

SABATO 21 DICEMBRE 2013  ORE 17  -  SALA RIUNIONI COOP
Via Monti Lepini -  Frosinone


PROMOSSO DALLE ASSOCIAZIONI E DAI CITTADINI PER APPROFONDIRE QUESTI TEMI E PER AVANZARE PROPOSTE PER FERMARE LA POLTICA DEL CEMENTO, PER VALORIZZARE LE RISORSE CULTURALI E PAESAGGISTICHE E RILANCIARE L’ECONOMIA E L’OCCUPAZIONE


CONTRO LA CORRUZIONE E PER UNA CORRETTA
 ED ONESTA
GESTIONE DELLA COSA PUBBLICA OCCORRE:
 
Ripristinare legalità e diritti,

realizzando una larga e capillare opera di informazione, di trasparenza e di partecipazione

Meglio selvaggi che selvaggina!

A dieci anni dallo sciopero "selvaggio" del 2003 a Milano
Intervista a Mino Capettini, uno dei protagonisti della lotta




a cura del Pdac Milano
Dieci anni fa, il 1° dicembre 2003, i tranvieri dell'Atm, azienda che gestisce il trasporto pubblico locale di Milano, bloccarono per alcuni giorni tutto il servizio, scavalcando le intenzioni dei sindacati confederali: erano vent'anni che non si svolgeva uno sciopero così, chiamato “selvaggio” dalla stampa. Uno sciopero che infrangeva le regole, dato che per la legge 146/90 lo sciopero prolungato nei servizi pubblici in Italia è considerato illegale. Ma noi concordiamo con quanto si leggeva su uno dei volantini dello Slai Cobas distribuito in quei giorni: “Meglio selvaggi che selvaggina!”. Vista anche la nuova attualità che quella lotta acquista alla luce delle nuove recenti lotte dei tranvieri a Genova e Firenze, facciamo una chiacchierata con Mino Capettini, ex tranviere dell'Atm, militante del Pdac e all'epoca attivista dello Slai Cobas (ora è nella Cub) e tra i principali protagonisti di quella lotta importante.
Mino, quali erano le ragioni dello sciopero e come si svolse?

Lo sciopero riguardava 106 euro di recupero dell'inflazione programmata e circa 3000 euro di una tantum di arretrati. All'inizio della vicenda c'erano due soggetti: da una parte i sindacati confederali, tant'è che il primo giorno a convincere i lavoratori nei depositi si erano presentati i delegati di Cgil, Cisl e Uil. Sul versante opposto, le controparti, disposti anche a tollerare uno sciopero per fare pressione affinché i finanziamenti per il trasporto pubblico, continuamente tagliati, venissero erogati. I sindacati confederali pensavano che uno sciopero con blocco totale bastasse come monito per poi essere chiamati alla trattativa. Ma a quel punto i lavoratori, dopo molti scioperi nel rispetto delle regole, non si sono più fidati e hanno continuato per altri due giorni.
Riceveste solidarietà dai lavoratori milanesi?
Rispetto a quello che televisioni, radio e stampa, nonché gli stessi comunicati dei sindacati confederali di sconfessione della lotta, potessero lasciar intendere, con le solite e note falsificazioni create ad uso e consumo dei padroni per dividere il fronte di lotta, la solidarietà fu molta e diretta, davanti ai presidi dei depositi: migliaia di persone passavano a lasciare contributi sia sotto forma di viveri che anche di soldi. Ricordo che ci arrivarono anche tantissimi telegrammi di ringraziamento per aver dimostrato che lottare era possibile anche in una situazione di pace sociale e rassegnazione.
Come si concluse la vertenza e quali risultati furono ottenuti?
Purtroppo in una realtà come Milano, con 32 presidi tra depositi urbani e interurbani, come Slai Cobas non eravamo presenti in tutti e quindi la poca organizzazione e la stanchezza hanno finito per avere la meglio. Tieni presente che anche nel resto del Paese non tutte le situazioni di lotta erano convinte di continuare il blocco e la ostilità delle istituzioni borghesi, di tutta la stampa padronale e delle burocrazie fu pesantissima.
Per quanto riguarda le richieste economiche, la lotta alla fine consentì di recuperare dei soldi, ma, ironia della sorte, mentre nelle altre città prendevano più del dovuto, a Milano l'accordo si chiuse con 81 euro rispetto ai 106 di inflazione programmata e con 970 di una tantum rispetto ai 3000 dovuti. L'aspetto più negativo era però nella parte normativa, dove di fatto si sanciva la mobilità interna ed esterna, l'introduzione dei contratti atipici, l'aumento dell'orario di lavoro e soprattutto era un accordo che di fatto apriva le porte alle privatizzazioni.
Un aspetto importante della vertenza riguardava la questione della legge 146: su questo punto c'è l'amarezza più grande, perché è stata messa a nudo la poca incisività dei sindacati di base, che non ebbero la forza di indire uno sciopero nazionale soprattutto nei settori sottoposti alla 146. Ovviamente è stata fondamentale, ma in negativo, la mancanza di un soggetto politico rivoluzionario, cioè di un partito, che sapesse registrare la valenza oggettiva dello scontro di classe.
Recentemente si sono verificati una serie di nuovi “scioperi selvaggi” contro la privatizzazione del trasporto pubblico locale, in particolare a Genova e Firenze.  Cosa c'entrano queste lotte con quella che avete condotto voi? 
Le lotte di Genova e Firenze evidenziano un pericoloso parallelo con quella di 10 anni fa: nonostante la dura lotta la porta per le privatizzazioni è rimasta aperta. Le lotte di queste settimane hanno solo tamponato la situazione, permettendo così ai padroni di spaccare il fronte dei lavoratori. Si sapeva già che le agenzie al servizio dei padroni sono Cgil-Cisl-Uil. Per loro bisogna sempre scioperare all'interno delle regole del normale "conflitto sindacale". Non dimentichiamoci che la proposta dello sciopero virtuale è della Cgil.
L'aspetto più importante che i lavoratori di Genova e di Firenze devono avere presente è che avere scioperato al di fuori delle regole imposte dalle leggi antisciopero farà scattare delle sanzioni. E su questo punto i lavoratori non dovrebbero cedere, ma imporre con forza che al primo provvedimento disciplinare si scioperi uniti di nuovo, cercando però questa volta di estendere il blocco a tutta l'Italia. Ecco perché era ed è fondamentale portare solidarietà attiva a quei lavoratori e come tranvieri di  Milano, sulla base della nostra esperienza di lotta, fargli capire che ora per 5 o 6 anni si troveranno con il ricatto delle sanzioni e che ad ogni sciopero dovranno stare attenti.
Credo che in questa lotta, come già sta accadendo con altre, un ruolo importante possa essere svolto dal coordinamento No austerity, di cui anche io faccio parte: perché è uno strumento prezioso per assicurare non solo la solidarietà tra le varie lotte, ma anche per socializzare l'esperienza di altre lotte e soprattutto per sviluppare l'organizzazione congiunta delle diverse lotte: perché restare isolati nel clima di rassegnazione che per il momento aleggia rischia sempre di più di mutare le giuste e dure lotte dei lavoratori in una sconfitta per loro e in una vittoria di quei sindacati burocratizzati che stanno portando i lavoratori alla sconfitta.

giovedì 19 dicembre 2013

Frosinone: Crisi sociale e tangenti

Osservatorio Peppino Impastato, associazione Oltre l'Occidente



L’arresto dell’assessore all’ambiente Fulvio De Santis, accusato di corruzione con l’ipotesi di aver intascato tangenti per agevolare nell’ottenimento dell’appalto sulla gestione dei rifiuti la società Sangalli, getta l’ennesima ombra sulla pubblica amministrazione di Frosinone. Anche questa giunta di centro destra,  come le precedenti di cento sinistra,  ha suscitato l’interesse degli organi inquirenti per fatti di corruzione e illegalità. A questi fatti gravi si aggiungono i nefasti effetti del piano di riequilibrio economico e finanziario. Un procedimento di rientro del pesante debito di 50milioni di euro non provocato dalla collettività , votato dalla maggioranza guidata dal sindaco Ottaviani, con il concorso di parte dell’opposizione. Un piano  che per dieci anni costringerà i cittadini di Frosinone a pagare la massima aliquota sulle tasse comunali  e tariffe  alte per l’erogazione di servizi fondamentali. Lo spettacolo offerto dai consiglieri di maggioranza e minoranza , nell’ultimo consiglio comunale, dove era in agenda  l’eventuale richiesta di dimissioni per l’intera giunta, macchiatasi della colpa di non aver vigilato sulla trasparenza con cui sarebbe stata indetta la gara d’appalto per il servizio di raccolta rifiuti, è stato desolante. Da un lato la maggioranza che derubricava un’inchiesta per tangenti su un appalto di 26 milioni di euro a trascurabile errore , dall’altro la finta opposizione che si guardava bene dall’incalzare una giunta colta in fallo proprio su un tema che in campagna elettorale era stato indicato come punto fondamentale: a legalità.  Il cittadino di Frosinone ormai è solo  in  balia di provvedimenti economici che lo stanno mettendo in ginocchio e con il peso di dover assistere allo sperpero, quando addirittura furto,  di denaro pubblico. L’Osservatorio Peppino Impastato ritiene che per uscire da questa pesantissima situazione  sia necessaria un’azione di opposizione politica reale. Onere  di cui  attualmente solo il cittadino direttamente può farsi carico. Ma per esercitare questa prerogativa è necessario che la popolazione frusinate si unisca.  E’ necessario    condividere e progettare un contrasto politico vero alle politiche di austerity con cui la giunta sta impoverendo i cittadini e le derive    di illegalità che stanno investendo questo consiglio comunale. L’Osservatorio Peppino Impastato, quindi,  insieme ad atre organizzazioni, associazioni e movimenti politici, invita i propri simpatizzanti e tutti i cittadini a partecipare all’incontro che si terrà sabato prossimo 21 dicembre dalle  ore 17,00 presso la sala soci della Coop in via dei Monti Lepini di fianco al supermercato Coop.,  per una discussione seria sulla politica frusinate e sulle azioni da intraprendere per cominciare finalmente ad indirizzare le scelte degli amministratori esclusivamente verso gli interessi dei cittadini e non rivolte a propri interessi di bottega,

Osservatorio Peppino Impastato.
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Mentre la minoranza consiliare rischia di dare una "fiducia costruttiva" alla maggioranza, facendo immaginare "larghe (ma deboli) intese", una serie di organizzazioni e formazioni politiche, propongono il seguente documento come base per una discussione sulla attuale situazione politica frusinate. Un incontro in tal senso è fissato per sabato 21 dicembre ore 17 presso la saletta della Coop (di fianco supermercato coop) via Monti Lepini a Frosinone.

Frosinone, per l’ennesima volta, assurge agli onori della cronaca nazionale per un gravissimo fatto di corruzione nella gestione di un procedimento di appalto per l’affidamento di un servizio pubblico.
Tutto ciò accade mentre l’Amministrazione persegue, fino in fondo e senza opporre alcuna resistenza, neppure simbolica, la strada dei diktat governativi ed europei con il “piano di riequilibrio economico finanziario“, la cui conseguenza sono i tributi al massimo e i servizi a costo pieno attraverso un groviglio di tasse e multe le cui aliquote sono state innalzate a danno dei contribuenti, con l’ultima rata della TARES (beffarda coincidenza) aumentata del 40%! Le conseguenze di queste scelte sono una brusca virata verso la privatizzazione dei servizi, il licenziamento e la riduzione in povertà di intere fasce di lavoratori; come se non bastasse, essa ha anche tergiversato sulla vicenda dell’acqua favorendo ACEA a scapito dei cittadini.
La città è guidata da una “auto-illuminata” piccola schiera di decisori che non si confrontano con le formazioni politiche presenti in consiglio, né con le realtà sociali organizzate del territorio. Anche l’opposizione, spesso assente anche fisicamente , si è finora dimostrata incapace di produrre proposte. Infine, la maggioranza sfugge, consapevolmente e colpevolmente, al dovere di spiegare ai cittadini, con chiarezza, una realtà che è diretta conseguenza delle terribili scelte economiche e sociali intraprese dal governo centrale.
Al contempo, mostra una completa incapacità di intervenire su altri decisivi e delicati problemi sui quali, a dispetto dei tagli decisi dal governo di Roma, ha ancora margini di intervento, come l’urbanistica, lo spaventoso inquinamento, la politica della mobilità.
Il macigno rimane sulle spalle delle famiglie frusinati, sui lavoratori alla fame e licenziati, sulle imprese piccole e grandi, sui servizi tagliati e quindi approssimativi, su uno sviluppo oramai privo di senso e sostanza.
Davanti ad una crisi profonda e sempre più avvolgente, qualche idea dovrà pur essere messa in cantiere per ostacolare politiche di impoverimento e di svilimento della città! Si fa appello a tutte le forze organizzate, ai singoli, per provare ad invertire la rotta, affinché si ripristini la preminenza della politica sulle decisioni puramente contabili, attraverso la reale partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, delle risorse del territorio, del futuro di tutti noi. 

Associazione Oltre l'occidente       Clicca e leggi il documento di Francesco Notarcla
Associa 

mercoledì 18 dicembre 2013

In difesa del prode e perseguitato assessore

Luciano Granieri

Il giorno mercoledì 18 dicembre avrebbe dovuto segnare la “Caporetto” della giunta comunale di centro destra di Frosinone guidata dal sindaco Ottaviani. Dopo l’arresto del vicesindaco, nonché assessore all’ambiente Fulvio De Santis, accusato di corruzione per avere favorito, dietro elargizione di tangenti, la società Sangalli, nell’aggiudicazione dell’appalto relativo alla   gestione dei rifiuti,  il sindaco aveva deciso di riunire il consiglio per comunicare le dimissioni di De Santis, e il blocco delle procedure di conferimento dell’appalto alla Sangalli. Su pressione della cittadinanza, una desistente opposizione era riuscita a pretendere che la semplice comunicazione si trasformasse in dibattito. Questo scatto di orgoglio faceva presumere che i consiglieri di centro sinistra presentassero una mozione di sfiducia all’attuale giunta. Fiducioso mi sono recato ad assistere al consiglio. L’ingresso all’aula era interdetto da una moltitudine di cittadini e dalla stampa. Dopo aver atteso che qualcuno lasciasse il posto, sono riuscito ad entrare proprio mentre il consigliere di maggioranza Crescenzi stava concludendo la sua arringa  difensiva nei confronti dell’amico e collega De Santis.  Di solito gli interventi del consigliere Crescenzi  sono assordanti di silenzio. Cioè non interviene mai.  Proprio quando le circostanze avrebbero consigliato di tacere il ras di Collecottorino esimio consigliere Crescenzi  ha sproloquiato a vanvera.  Si è scagliato contro il  linciaggio morale che si stava scatenando contro il povero De Santis colpito dalla sciagura di un’indagine per corruzione,  quasi che la tangente fosse una malattia che colpisce a tradimento.  La galera si sà  è sempre conseguenza dell’accanimento di un destini cinico e baro. Quindi dopo cotanta ingiustizia, non solo si doveva solidarietà ad un uomo retto cui una magistratura forcaiola stava distruggendo la dignità di persona umana,  infangandola con accuse false e infamanti, ma ci si doveva ribellare all’accanimento mediatico.  Una difesa esagerata che ha indispettito non poco i cittadini presenti, i quali hanno urato i peggiori epiteti. Fra questi molti lavoratori della  ex Multiservizi, loro si, violati nella dignità di persona umana per essere stati messi sul marciapiedi dalla giunta dell’assessore carcerato.  

Un intervento del genere, anche se eccessivo,  era prevedibile dai banchi della maggioranza. Sorprendente, ma non troppo l’atteggiamento dell’opposizione di centro sinistra.  Logica dialettica avrebbe voluto che senza por tempo in mezzo con logorroici interventi  i consiglieri contrari al sindaco avessero chiesto con forza le dimissioni, invece la melina  messa in atto dai banchi dell’opposizione è stata sconcertante. L’ex sindaco Marzi, oggi consigliere di opposizione, dopo un arringa tecnica su come avrebbe dovuto essere impostato  il procedimento di indizione della gara d’appalto, dopo avere  espresso  solidarietà personale, ma non politica a De Santis,  dopo aver tributato stima al sindaco e giurato sulla sua specchiata moralità, dopo aver rivendicato la sua formazione comunista, una rivendicazione per il quale, il padre di Marzi, comunista vero si sarà rivoltato nella tomba,  finalmente ha formulato la sua proposta: dimissioni? Macchè. Una semplice sollecitazione al sindaco affinchè nominasse un avvocato che rappresentasse il comune come parte civile nel processo contro De Santis. Dopo l’intervento di Marzi, è stata la volta del consigliere Galassi. Questi ha voluto sottolineare che forse  pretendere la solidarietà a De Santis era un tantino azzardato, ma la sua era solo una opinione personale. Del resto da un’opposizione responsabile  sono stati molteplici gli apprezzamenti per l’operato del sindaco in materia di promozione culturale e di altri provvedimenti. Ma  un occhio sui mancati controlli in merito all’appalto in questione, proprio non si     poteva   chiudere. Tradotto dal politichese: “se non ci fossero quei rompicoglioni di elettori anche questa volta l’opposizione si sarebbe adoperata per salvare il sindaco”.  Sulla richiesta di dimissioni neanche mezza parola.  

Dopo l’insulso intervento di   è la Galassi arrivava il turno  di Francesco Raffa, ex assessore all’ambiente della precedente giunta di centro sinistra a guida Marini. Si cominciava  con la constatazione che la città è ancora  vittima   dell’inquinamento (ne più e ne meno di quando sedeva lo stesso Raffa sulla poltrona di assessore all’ambiente)  che le strade periferiche sono lerce e che della città dei sogni ventilata dal sindaco ancora non c’è traccia. Giuste riflessione ma si dovrebbe venire al nocciolo della questione dimissioni. Il consigliere Raffa, con i suoi tempi, probabilmente non ci avrebbe deluso.  Finalmente l’ex assessore sembrava arrivare al punto. Ricordava come fosse noto che in molte altre amministrazioni dove la Sangalli aveva  ottenuto l’appalto,  l’agenzia incaricata dal comune di redigere il capitolato fosse sempre la stessa , quella che ha collaborato anche con la giunta di Frosinone. Era anche noto che  questa società era molto contigua con la Sangalli. Raffa ne concludeva che tanti e tali anomalie, magari assurti all’onore delle cronache solo per un interessamento dei media, avrebbero dovuto sollecitare ulteriori controlli, che la giunta non ha effettuato. Inoltre il consigliere Raffa sottolineava come fosse fuori luogo  esaltare De Santis per avere immediatamente presentato le dimissioni. Un assessore arrestato per tangenti, pur se le responsabilità sono in fase di accertamento, ha il dovere di dimettersi, dunque non vi era nulla di eccezionale nel  comportamento di   De Santis. All’applauso fragoroso che  sottolineava  questa parte dell’intervento da parte dei cittadini presenti, è saltato su il consigliere di maggioranza dott. Mansueto. Uno che sta sempre dalla parte della maggioranza sia quando   è di centro sinistra,   sia    quando è di segno opposto.  Il prestante consigliere dal fisico brunetteggiante  si  scagliava  contro la folla ammonendo che non è da persone civili, prendersela con un poveraccio che ha avuto la disgrazia di  essere arrestato per tangenti.  La sua azione  rancorosa è continuata per qualche minuto determinando l’insolito episodio per cui erano i consiglieri a molestare il pubblico e non viceversa come comunemente accade. 

Comunque calmata la gazzarra, finalmente il consigliere Raffa riusciva a concludere il suo intervento pronunciando quelle parole che tutta la cittadinanza, quella presente e quella che non c’era avrebbe voluto sentire. “Dimissioni della giunta Ottaviani”. Purtroppo per il sottoscritto il tempo era passato inesorabile. Ho dovuto lasciare l’aula a lavori ancora in corso. Non so se la richiesta di dimissioni è stata poi formalizzata, lo leggeremo sui giornali. Resta un punto fermo. La manifesta inconsistenza dell’opposizione che a questo punto deve essere esercitata direttamente dai cittadini. 

martedì 17 dicembre 2013

Crisi sociale e tangneti a Frosinone

http://www.oltreloccidente.org/


Mercoledì 18 dicembre i lavoratori in lotta della multiservizi invitano la popolazione in piazza VI dicembre dalle ore 17 per un pubblico confronto sulla situazione politico sociale della città e ad assistere al consiglio comunale delle 18:30, nel quale al 5° punto dell’odg si discuterà della crisi politica “tangentizia”. Nel contempo una serie di organizzazioni e formazioni politiche propongono il seguente documentocome base per una discussione sulla attuale situazione politica frusinate. Un incontro in tal senso è fissato per sabato 21 dicembre ore 17 presso la sede di l.go Paleario 7 a Frosinone.

Una serie di organizzazioni e formazioni politiche propongono il seguente documento come base per una discussione sulla attuale situazione politica frusinate. Un incontro in tal senso è fissato per sabato 21 dicembre ore 17 presso la sede di l.go Paleario 7 a Frosinone.

Frosinone, per l’ennesima volta, assurge agli onori della cronaca nazionale per un gravissimo fatto di corruzione nella gestione di un procedimento di appalto per l’affidamento di un servizio pubblico.
Tutto ciò accade mentre l’Amministrazione persegue, fino in fondo e senza opporre alcuna resistenza, neppure simbolica, la strada dei diktat governativi ed europei con il “piano di riequilibrio economico finanziario“, la cui conseguenza sono i tributi al massimo e i servizi a costo pieno attraverso un groviglio di tasse e multe le cui aliquote sono state innalzate a danno dei contribuenti, con l’ultima rata della TARES (beffarda coincidenza) aumentata del 40%! Le conseguenze di queste scelte sono una brusca virata verso la privatizzazione dei servizi, il licenziamento e la riduzione in povertà di intere fasce di lavoratori; come se non bastasse, essa ha anche tergiversato sulla vicenda dell’acqua favorendo ACEA a scapito dei cittadini.
La città è guidata da una “auto-illuminata” piccola schiera di decisori che non si confrontano con le formazioni politiche presenti in consiglio, né con le realtà sociali organizzate del territorio. Anche l’opposizione, spesso assente anche fisicamente , si è finora dimostrata incapace di produrre proposte. Infine, la maggioranza sfugge, consapevolmente e colpevolmente, al dovere di spiegare ai cittadini, con chiarezza, una realtà che è diretta conseguenza delle terribili scelte economiche e sociali intraprese dal governo centrale.
Al contempo, mostra una completa incapacità di intervenire su altri decisivi e delicati problemi sui quali, a dispetto dei tagli decisi dal governo di Roma, ha ancora margini di intervento, come l’urbanistica, lo spaventoso inquinamento, la politica della mobilità.
Il macigno rimane sulle spalle delle famiglie frusinati, sui lavoratori alla fame e licenziati, sulle imprese piccole e grandi, sui servizi tagliati e quindi approssimativi, su uno sviluppo oramai privo di senso e sostanza.
Davanti ad una crisi profonda e sempre più avvolgente, qualche idea dovrà pur essere messa in cantiere per ostacolare politiche di impoverimento e di svilimento della città! Si fa appello a tutte le forze organizzate, ai singoli, per provare ad invertire la rotta, affinché si ripristini la preminenza della politica sulle decisioni puramente contabili, attraverso la reale partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, delle risorse del territorio, del futuro di tutti noi.

lunedì 16 dicembre 2013

Forse per pagare la TARES c'è tempo anche oggi

da una comunicazione di Luciano Bragaglia 


Una sporca mattina di un giorno da TARES

Luciano Granieri


Frosinone non è un paese per vecchi,  né per giovani, né per donne e bambini , neanche per uomini gay e trans. Frosinone non è un paese per persone civili. Questa è la storia che lo dimostra. Lunedì 16 dicembre , è l’ultimo giorno per pagare la seconda rata della TARES, alias Tributo Comunale sui rifiuti e sui servizi.  Per uno scherzo del destino la scadenza delle tassa sulla monnezza  cade proprio in pieno scandalo sulle mazzette che l’assessore all’ambiente De Santis,  insieme al  suo compare architetto avrebbe concordato con la Sangalli per apparecchiare l’appalto a favore della ditta monzese. La rabbia fa pulsare le tempie, parlano di due milioni di euro di bustarelle,  più annessi  costi gonfiati per incrementare la cresta. Noi       dobbiamo sbatterci per pagare la seconda rata di un servizio che non sappiamo realmente quanto sia costato e che sarà maggiorato, almeno del 30% rispetto all’anno precedente.  E’ il 16 dicembre è l’ultimo giorno per pagare la TARES. Già ad avercelo il bollettino!  A ieri l’avviso di pagamento non era ancora arrivato. Come si fa a pagare una tassa senza sapere quanto bisogna versare?  Ma è il  16 dicembre, scade la dannata.  Dunque per non incorrere nella mora, visto che già ballano 2 milioni di euro sulle nostre povere teste, conviene andare in comune e farsi rilasciare il bollettino.

Nel corridoio della sezione tributi del Comune,   dove si affacciano gli uffici preposti (così si dice, ) la bolgia regna sovrana!  Davanti alla porta dei reclami, staziona un campionario di varia umanità. Anziani spauriti e arrabbiati, donne spaesate, persone   indignate  tutti con gli occhi sbarrati e increduli su un foglio che indica degli importi  improponibili. Serve un chiarimento e serve subito perché bisogna pagare entro oggi 16 dicembre. Si apre una porta ne esce un ragazzo raggiante, pare che rifacendo i conti sia riuscito a risparmiare 150 euro. La notizia, buona per il giovane,  fa montare ancora di più la rabbia fra i forzati della TARES li ammucchiati per sapere di che morte dovranno  morire. Ecco si sono sbagliati, incapaci, ladri (tralascio qui altri irripetibili epiteti) la gente sbotta spazientita . Risale sordo il rancore per quello squallido accordo che la Guardia di Finanza di Monza sta facendo emergere mentre i cittadini devono ammassarsi davanti ad una porta per conoscere se l’importo scritto sull’avviso di pagamento comprende anche la quota tangente.  Nel frastuono, generale irrompono delle grida  e il pianto di un neonato. Due donne litigano. Una ragazza giovane con un bambino di pochi mesi  in preda ad una crisi di pianto chiede di entrare prima perché il neonato nella carrozzina soffre di asma. Deve chiedere ragione di una bolletta di 700 euro… troppi davvero.  Alcuni fanno passare la ragazza, ma una signora anziana minuta, si arrabbia. Si regge a malapena su due stampelle, è invalida sta male, non ce la fa più, quindi il bambino può anche morire, ma lei il suo posto non lo cederà mai.  Si ripropone  l’odiosa guerra fra poveri, mentre i ricchi si industriano per spartirsi le mazzette.  

Chiedo informazioni, la mia fila non è questa, ma è un'altra che conduce alla  porta accanto. Non mi devo rivolgere all’ufficio reclami, come posso reclamare se non so quanto  mi tocca  pagare?  Devo fare la coda davanti ad una stanza dove si distribuiscono gli avvisi di pagamento per chi ancora non li ha ricevuti.  E’ vero,  il governo per stare dietro alle paturnie di Berlusconi ha inviato in ritardo ai comuni le modalità utili a calcolare la tassa, però  quei lavoratori  ex Multiservizi  avrebbero potuto aiutare nello smistamento degli avvisi  .  Ma  a  causa  del patto di stabilità,   che  evidentemente non si  applica alle  bustarelle,  non c’erano soldi abbastanza per lasciarli in servizio. Così   mezza città,  al giorno di scadenza,  non era in possesso della documentazione necessaria al pagamento.  Fortunatamente la mia fila è meno poderosa di quella dell’ufficio reclami. Ho solo 15 persone davanti e poi si fa presto le procedure per avere il modulo F24 necessario a pagare la tassa, sono relativamente brevi.  Il fantasma F24.  Ecco un altro protagonista della nostra storia.  La seconda ed ultima rata della TARES, per quest’anno,   non si paga attraverso un semplice bollettino ma con il modello F24, una carta dove sono scritti i codici tributo. Bisogna sperare che questi codici siano riportati correttamente, altrimenti all’ufficio postale o alla banca un computer cerbero risputa il modulo che dovrà essere ricompilato dal comune.  Mentre aspetto infatti, arriva una vittima del fantasma F24. Sconsolato il signore lamenta di non essere riuscito a pagare perché i codici sul modulo  sono sbagliati. Tutto da rifare e in fretta, perché oggi scade.  Chissà se sul capitolato messo  a punto dai compari della Sangalli, reclutati dall’assessore e il suo sodale architetto  dietro compenso, per apparecchiare l’affare,  si troverà qualche errore. Secondo la guardia di Finanza di Monza per un appalto che sarebbe stato stimato in 26 milioni d euro, e per un compenso del 10% necessario alla spintarella assessorile , le cose si stavano facendo per benino.  Mentre  sono in coda rassegnato arriva la salvifica telefonata. Da casa mi fanno sapere che nella buca delle lettere è stato rinvenuto il tanto agognato documento. Sollevato saluto i miei tristi amici, mi precipito a recuperare l’avviso e di corsa all’ufficio postale. 

Con me sono stati precisi. Si preannunciava  un  aumento di circa il 30% e tanto è.  Chissà se in quell’incremento è conteggiata una qualche mazzetta relativa al precedente appalto? Meglio non pensarci.  Entro in un ufficio postale stipato, pieno come un uovo. Il numeretto del mio turno è il 205. Lo schermo indica che  allo sportello c’è l’utente n.133 . Coraggio solo 72 persone avanti a me.  Apro  il giornale e apprendo che lo scorso anno il procedimento di smaltimento dei rifiuti è costato al comune  8.500.000 euro di cui 5.000.000 destinati alla Sangalli, a compenso della raccolta rifiuti del  conferimento degli stessi  nell’impianto di Colfelice  e della pulizia delle strade, i restanti 3.500.000 alla Saf che gestisce l’impianto di Colfelice.  La mia riflessione è la seguente: Considerato   a questo punto  che non è certo che in quei 5.000.000 destinati alla Sangalli  sia compreso solo il costo del servizio , ma anche l’eventuale bonus agevolandi  assessores  , si blocchino i pagamenti della TARES attuale fino a che la magistratura non avrà fatto piena luce. Compagni raccattiamo le cartuccelle e torniamocene tutti a casa. Il mo splendido sognare è interrotto dal trillo del conta numeri 145-146-147…..  E’ curioso osservare l’espressione di chi si avvicina allo sportello una volta arrivato il proprio turno. E’ un misto di sollievo e terrore. Sollievo per la   sensazione di stare   per uscire da un incubo, terrore  di diventare vittima del fantasma F24 che complice i codici sbagliati costringerebbe a rifare tutto d’accapo.  Un vecchietto si accascia si sente, male. Viene portato fuori, si riprende, qualche bambino frigna disperato. Dopo tre ore è il mio turno.  La tensione da fantasma F24, fortunatamente,  svanisce, i codici sono giusti.  Mi ritrovo fuori dall’ufficio postale. L’odissea è finita. Mi avvicino alla macchina. Dannazione lo sportello di destra è ammaccato. Qualcuno nel fare manovra allegramente ha  stampato il suo paraurti sul mio sportello.  Ci mancavano anche i soldi del carrozziere!  Chissà quante macchine c’entrano in due milioni di tangente? Me ne vado immerso in questo calcolo.  Finisce così questa mattinata passata in un paese che non è per vecchi, né per giovani, né per donne e bambini , neanche per uomini gay e trans. Frosinone non è paese per gente civile. Però a pensrci bene, forse neanche l’Italia è Nazione per gente civile. Il dubbio mi accompagna  verso casa.


domenica 15 dicembre 2013

Gaetano Liguori a sinistra della storia.

Intervista al  leader dell’”Idea Trio” , terzo mondista ante litteram

Franco Bergoglio. Da “Alias” del 14 dicembre

Pochi minuti con Gaetano  Liguori  e si capisce quanto può essere fuorviante, per eccesso di cinismo, la massima di Oscar Wilde: la coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione. Liguori è stato (e sarà) un artista  con l’immaginazione “a sinistra”. Una coerenza che non lo confina al mantra del formidabili quei tempi. Celebre per le esibizioni di fronte alla platea milanese  della Statale Occupata dal “suo” movimento studentesco, ha  scontato la fama giovanile con una maturazione saggia, all’insegna di una musica  nobile, suonata dove  serve (più che nei club bene): per i ribelli, le vittime, i poveri. Ha condiviso con l’idea Trio migliaia  di piazze, di festival, fabbriche e centri sociali. Spesso che si è dedicato all’arte politica poi ha danzato tra le ideologie  a saltelli da quaglia o si è ritirato nel privato, asuonare e basta. Quando si iniziò  a respirare l’aria normalizzatrice degli anni Ottanta Liguori divenne un altromondista  ante litteram:  membro della delegazione italiana per il Festival della Gioventù a Cuba nel 1978, fece viaggi di solidarietà in Eritrea, Amazzonia, Sahara, Senegal, Nicaragua; a Gerusalemme e Sarajevo per  Time for Peace  a Beirut nel ventennale di Sabra e Chatila, a Bagdad per l’associazione Naga, che offre assistenza sanitaria agli indigenti. Il Comandante (2002) , pubblicato dai Dischi del Manifesto, scatta una istantanea in jazz della sinistra  italiana: da un cupo risveglio significativamente intitolato Genova G8, attraverso nostalgie dolenti, fino alla volontà di riprendere il cammino. Di questo 2013 l’ultima zampata: ristampare su cd  Cile libero Cile rosso,  il primo ellepì con l’idea Trio pubblicato all’indomani  del  golpe (11 settembre 1973). Da atto di denuncia in musica, ora, dopo quarant’anni, assume il senso di consegnare al futuro il ricordo di una pagina tragica nella storia  della sinistra.
Per il cd del 2011 “Noi cedevamo” ( e crediamo ancora) hai recuperato materiai degli anni Settanta , con spezzoni di musica popolare “significante” :”Bella Ciao”, “El Pueblo unido” “Hasta siempre comandante”. Nelle note di copertina, elenchi i personaggi  in cui credere  da Marx a Mani Pulite. Vorrei intervistarti a  partire dai tanti nomi che citi, per costruire  una biografia generazionale. Il secondo della lista è Lenin . Hai ancora il suo busto dietro il piano forte?
Certo che ce l’ho! Quando Pat Garrett si vende ai latifondisti  e al suo vecchio amico Billy the Kid dice: “Billy il mondo è cambiato” . Billy in pieno stile loser risponde: “Il mondo è cambiato, io no!”.  Ecco io sento di appartenere a una razza in via d’estinzione, i coerenti. Non vuol dire che non possa guardare ciecamente a un passato quasi remoto, ma non significa neanche che in virtù di una prostrazione di comodo a nuove – ma non necessariamente giuste – idee, debba fare il salto della quaglia come tanti politici o uomini di cultura.  Questo affermo in “ Noi credevamo ( e crediamo ancora)” Credere ancora in miti  della nostra (mica tanto spensierata) giovinezza non è disdicevole, perché nomi di musicisti come Hendrix o Coltrane o parole come Resistenza ora più che mai vanno riproposti ai giovani.  Nella mia storia generazionale c’erano musicisti  e personaggi come Malcom X o Che Guevara , c’erano i “Magnifici 7” E IL “Mucchio selvaggio”; insomma non vivo con i fantasmi  ma non li butto via per un piatto di lenticchie. Quando ero  un giovane musicista e non sapevo come sarebbe andata la mia vita ero intransigente verso l’onestà intellettuale e pur avendo bisogno di sodi per vivere non mi sono mai venduto a manager, partiti e alle sirene del successo.  Figuriamoci ora, che sono una attempato signore alla soglia della pensione di insegnante  del Conservatorio.
Attempato non ti si adatta. Dopo Mao Tse-Tung, metti: amicizia, amore, donne, sesso libero tre temi universali e uno slogan…
C’è dell’ironia, in sesso libero. Quando rivedo le immagini  d Woodstock con tutte quelle belle ragazze nude penso che per la mia generazione che arrivava dagli anni Cinquanta il sesso fosse ancora un mito-tabù da affrontare.  Il movimento hippy ci aiutò, come  la liberazione sessuale della donna, il Maggio francese... Andando a vedere i complessi Beat al Piper di Milano, capii subito quanto il  suonare uno strumento facilitasse negli incontri con l’altro sesso, anche per chi suonava  del sano free jazz!
Oggi i musicisti sembrano vivere una dimensione esclusivamente musicale. Non ci sono jazzisti che si permettono di citare, come fai tu, elenchi  che portano in quest’ordine : la Statale Occupata, Albert Ayler, oppure Charles Mingus, Eric Dolphy,  i partigiani, la Resistenza.
Non voglio fare  la morale a nessuno. Certo, le mie scelte erano diverse, non facevo il comico in televisione, suonavo in Aule Magne occupate da ragazzi a cui  celerini avevano rotto la testa per quella scelta di campo e dunque c’era poco da ridere. Se poi dedicavo un brano ad uno studente ammazzato dalla polizia, allora la sintonia con il pubblico che seguiva i miei concerti era massima. A volte penso a quanto ora siamo più lontani  dal Sessantotto di quanto noi lo fossimo allora dalla Resistenza antifascista. Eppure titoli e musica del mio primo disco Cile libero, Cile rosso sono ancora validi ideologicamente, ma – lasciamelo dire  - anche musicalmente. Suonavamo, Del Piano, Monico  ed io, come se fosse l’ultimo  concerto della nostra vita: impegno, tecnica, suono, ritmo, melodie….. tutto concorre a cerare quella magica atmosfera che distingue un buon disco da un affare commerciale.
Gli eroi come icone assolute, dall’adolescenza all’eternità. Metti fianco a fianco Frank Zappa,  Tex Willer, il Grande Blek, Moby Dick, I raazzi della via Pal, l’ultimo  dei Mohicani…
Certo nono ho mai distinto i musicisti rock da quelli jazz, pop, o dai cantastorie. Ho sempre ascoltato la musica per quello  che mi comunicava in quel preciso momento.  Chiaramente con la maturità posso aver cominciato ad apprezzare anche un’opera di Verdi, una suonata di Scarlatti, una polacca di Chopin o una Fuga di Bach. Uguale per la letteratura:  leggere Moby Dick o Cuore di tenebra a  15 anni non è lo stesso di farlo a sessanta; ci sono cose, sentimenti, atmosfere, che dopo averle vissute ti fanno cambiare la sensazione di “sentire la parola”. Il mio libro preferito a vent’anni era  Confesso che ho vissuto  di Pablo Neruda. Allora vivevo  le sue parole sula pelle.  In questo il viaggiare, l’avventura, le guerre, le rivoluzioni, i morti, i vivi, gli amori veri e quelli scomparsi, tutto ha concorso a farmi pensare  che la vita va vissuta “day by day” e di questo sono grato al mio pianoforte che ha fatto si che si avverassero i sogni della mia gioventù, compresi quelli del Grande Blek.
Un ultimo slogan, non dall’elenco. Il disco in ristampa: “Cile libero, Clle rosso”.
Devo dire che l’operazione di ristampare vecchi dischi non mi piace molto. Primo, perché ho ancora tanto da dire: poi perché ti volti un attimo, e tac! Sono passati quarant’anni. Mi sembra ieri: ascoltai gli Inti-Illimani al Festival de l’Unità pochi giorni prima dell’11 settembre 1973 e dopo preso dallo sdegno, composi con Filippo Monico alla batteria e Roberto Del Piano al basso  elettrico la suite a cui diedi il titolo Cile libero, Cile rosso , così come si poteva leggere sui muri della città. Aveste visto la faccia del direttore  artistico della Pdu, l’etichetta di Mina, quando firmai il contratto  che mi legava loro e proposi  come primo titolo proprio quello. E l’adrenalina che ci prese quando annunciai il titolo della suite al palazzetto dello sport di Bergamo dove suonavamo prima di Mingus, accolto da cori del pueblo unido jamas serà vencido.


Contrasto alla povertà

di Giuseppina Bonaviri


La 47settesima edizione del rapporto Censis, resa pubblica qualche giorno fa, ci descrive un paese che fa fatica a riprendersi, una società senza respiro, “sciapa, infelice dove circola troppa invidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale” e dove i consumi, tornati ai livelli di dieci anni fa, non ci consentono di stare al passo con tasse e bollette. Emerge con chiarezza che anche i bisogni primari sono stati impacchettati, basti pensare che i ticket sui farmaci sono aumentati in questi ultimi quattro anni del 114 per cento.

Non c’è da sorprendersi se in un tempo di “lean” meglio conosciuto come  vacche magre prosperino disaffezione alla cosa pubblica ( il 39% delle famiglie italiane non si interessa più di politica) e rivolte sociali fomentate dal crescente impoverimento delle popolazioni. E qui non c’entra l’ideologia, la questione si fa profonda, colpisce le parti più intime dei sentimenti umani: ingiustizia, frustrazione, disperazione, dolore che alimentano indignazione e violenza. Il malessere è generalizzato.

La congiuntura economica spietata, le tendenze demografiche, la marginalità delle innovazioni, il ristagno inevitabile che ne consegue non consentono assetti tali da consentire, a chi invece sarebbe deputato a farlo, di ascoltare l’urlo che arriva dal basso o il richiamo alle urne che non dovrebbe essere stigmatizzato come un vulnus in una fisiologia di democraticità. Non si può continuare ad aspettare una ripresa creata altrove, c’è bisogno che lo Stato italiano contratti direttamente in Europa quegli asset capaci di diventare incubatori di sviluppo economico e civile e non solamente di “ordinario galleggiamento”.

La crisi fa aggregare le energie che, buone, affiorano fuori dagli interessi predatori e parassitari -come attualmente appare la grande finanza- . Necessita chiedersi quale è la missione dell’Italia, dell’Europa. Diventare competitivi sul livello dell’internazionalizzazione, rilanciare la cultura collettiva come comparto, creare grandi eventi come nuovi quartieri di servizio al cittadino, orientare all’innovazione a all’informatica l’economia legata ai servizi del terziario, ripartire dalle donne, dai giovani e dagli immigrati, centralizzare le reti di relazioni per la ripresa di un sistema di welfare dove prevenzione complementare e sanità integrativa diventino consapevole bagaglio sociale, individuare nel settore dell’agricoltura un driver della crescita futura per noi, ora, diventa leva fondante.

Per valutare l’impatto territoriale del contenimento della spesa pubblica e per rilanciare l’economia d’impresa sarà necessario una fase di monitoraggio anche in provincia di Frosinone. Serve una analisi puntuale e regolare del funzionamento di enti e di sistema ma guardando introspettivamente all’entroterra, alla sua morfologia, ai processi socio-economici che lo intersecano per provare a scongiurare quelle riforme del sistema delle autonomie che, al momento, appaiono troppo estemporanee e poco organiche.

Oggi si fa tanto parlare di funzioni di presidio di area vasta senza un approfondimento di competenze  e responsabilità mentre sarebbe doveroso partire  proprio dall’informazione e dal confronto. Si fa tanto parlare di aree urbane ma non si accenna alla governance che alla base farà funzionare i partenariati. Si fa tanto parlare di aree marginali del paese ma non si racconta della loro centralità nella valorizzazione del patrimonio diffuso della nostra terra. Non ci pare che si intraveda, ancora, chi potrà essere capace di imporre un nuovo modello di crescita che poggi su equità, coesione, eguaglianza ma vogliamo continuare a sperare.

Ed è proprio su questa ultima traiettoria che nasce l’idea della creazione di un Tavolo di progettazione provinciale a Frosinone per la realizzazione  di un “Patto di solidarietà sociale” tra i diversi attori istituzionali, cittadinanza libera e volontariato, associazioni, privato sociale. Tutti sappiamo che lavorare bene insieme, produce forti sinergie a difesa dei più deboli e degli emarginati, della discriminazione. La direzione giusta è quella della collegialità e del decentramento con il concorso della  amministrazioni comunali e delle associazione del Terzo settore co-partecipi già dalla fase programmatica.
Si potrà dare, così, finalmente vita a quel modello unitario di nuovo welfare con la formalizzazione di una Rete integrata e sinergica su tutta la provincia frusinate, una provincia che deve rimanere in vita per il bene comune.