Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 29 novembre 2014

Renzi e le banche

Marco Bersani. Attac. fonte "il manifesto del 29/11


La più sin­te­tica fotografia del nostro tempo è nel rap­porto tra due numeri, rife­riti al 2013, che defi­ni­scono l’ammontare del Pil mon­diale e il volume delle atti­vità finan­zia­rie: ebbene, metnre il primo dato è pari a 75 bilioni di dol­lari (75mila miliardi), il secondo è pari 993 bilioni di dol­lari (993mila miliardi). E se in 10 anni il pro­dotto interno lordo mon­diale è rad­dop­piato, il volume delle atti­vità finan­zia­rie è tri­pli­cato, con nes­suna solu­zione di con­ti­nuità, mal­grado la crisi glo­bale esplosa nel 2007 e tut­tora in corso.
Ad aumen­tare l’inquietudine di que­sti dati è l’analisi della strut­tura di que­sta enorme massa di denaro: solo 283mila dei 993mila miliardi di dol­lari costi­tui­scono la cosid­detta finanza pri­ma­ria, ovvero azioni, obbli­ga­zioni ed attivi ban­cari, mentre i restanti 710mila miliardi di dol­lari sono pro­dotti deri­vati scam­biati fuori dai mer­cati rego­la­men­tati (la cosid­detta «sha­dow ban­king», finanza-ombra), dei quali solo un’infinitesima parte è legata a tran­sa­zioni che hanno a che fare con l’economia reale.
Per fare un esem­pio, su 100 scom­messe finan­zia­rie sul prezzo del grano, solo una è diret­ta­mente legata alla pro­du­zione e alla distri­bu­zione dello stesso, men­tre le altre 99 sono pure spe­cu­la­zioni finan­zia­rie.

Den­tro que­sta enorme massa di denaro, basata su scom­messe sui tassi di inte­resse, sulle valute, sui prezzi delle mate­rie prime, sull’andamento degli indici azio­nari, sul fal­li­mento di stati o di grandi imprese, secondo la stime della Bacca dei Rego­la­menti Inter­na­zio­nali, si anni­dano rischi mas­simi pari a 19mila miliardi, una cifra supe­riore al pro­dotto interno lordo degli Stati Uniti.

Potrebbe dun­que essere una buona noti­zia l’annuncio, fatto nei giorni scorsi, dell’avvio di un’indagine par­la­men­tare sui con­tratti deri­vati dello Stato e degli enti locali in Ita­lia, che durerà quat­tro mesi, con le audi­zioni del Mini­stero dell’Economia, Corte dei Conti, Cassa Depo­siti e Pre­stiti, Con­sob, Banca d’Italia, Asso­cia­zione Ban­ca­ria Ita­liana, Con­fe­renza delle Regioni e Anci.
Par­liamo di un ammon­tare pre­sunto di 160 miliardi di con­tratti deri­vati sti­pu­lati dallo Stato e di almeno 21 miliardi in mano a 284 enti locali (cifra senz’altro incompleta, in quanto si rife­ri­sce ai deri­vati con­tratti dopo il 2008, quando il moni­to­rag­gio è dive­nuto obbligatorio).
Bene la com­mis­sione d’indagine dun­que. Pec­cato, tut­ta­via, che gli stessi gruppi par­la­men­tari che hanno votato all’unanimità il prov­ve­di­mento, si siano deci­sa­mente distratti quando, negli stessi giorni, in Com­mis­sione Bilan­cio si è affron­tato –e appro­vato– l’art. 33 della Legge di Sta­bi­lità, che pre­vede, pro­prio in merito ai deri­vati in pan­cia al Tesoro, la pos­si­bi­lità di atti­vare con­tratti nei quali le due parti, e quindi anche il Mini­stero, for­ni­scono garan­zie reali depo­si­tando titoli liquidi (in gergo «col­la­te­ral») a fronte della posi­zione debi­to­ria in un con­tratto. In pra­tica, le ban­che d’affari con cui il Tesoro ha sti­pu­lato deri­vati potranno otte­nere depo­siti di garan­zia che le tute­lino in caso di default dell’Italia, dive­nendo cre­di­tori pri­vi­le­giati, ovvero i primi a essere rim­bor­sati con pieno ritorno dell’investimento. Tra i pic­coli rispar­mia­tori e i colossi Deu­tsche Bank, Mor­gan Stan­ley e JP Mor­gan, il governo Renzi ha deci­sa­mente scelto que­sti ultimi.
D’altronde, se gli elet­tori hanno capito il trucco e diser­tano le urne, meglio anco­rarsi ai poteri forti.

venerdì 28 novembre 2014

Nascono i Giovani comunisti rivoluzionari

                                         Gcr : chi siamo e cosa vogliamo

Adriano Lotito
 
Il 3 settembre il ministro Giannini ha pubblicato le linee guida per la nuova riforma della scuola. Come spieghiamo nell'articolo che segue, si tratta dell'ennesimo attacco a lavoratori e studenti nell'interesse di dirigenti scolastici e aziende private. Mentre secondo i dati dell'Istat dello scorso agosto il tasso di disoccupazione giovanile è al top dal 1977, essendosi attestato al 43,7%. Cifre che parlano chiaro e che rendono sempre più urgente la costruzione di una soggettività politica di lotta, in grado di unire le rivendicazioni degli studenti a quelle dei lavoratori, nella prospettiva del superamento di questo assetto socio-economico fondato su precarietà e sfruttamento. Ecco perchè abbiamo voluto costruire un ambito specifico di militanza e lavoro politico per le nuove generazioni, per fare avanzare da un lato l'analisi della condizione studentesca e del precariato giovanile e dall'altro il lavoro di costruzione di un'avanguardia all'interno di un settore tanto vitale quanto però poco attivo in questi ultimi anni nel nostro Paese. Un lavoro che portiamo avanti insieme ai giovani militanti di tutte le altre sezioni della Lit – Quarta internazionale, l'organizzazione mondiale di cui facciamo parte.
 
Una campagna studentesca contro il nuovo piano scuola
E' dal 2012, dalle ultime grandi mobilitazioni che sconfissero per la seconda volta il progetto di legge Aprea, che le masse studentesche non alzano la voce e non scendono in lotta con forza, aldilà della molto spesso vuota ritualità autunnale. Ora il governo Renzi si preprara a riaffermare in un'altra forma le stesse coordinate dell'Aprea (riduzione degli spazi democratici all'interno delle scuole, subordinazione della scuola pubblica all'intervento interessato di aziende private, ecc..). Ecco perchè come primo atto firmato Gcr, abbiamo voluto lanciare una campagna a difesa della scuola pubblica e del diritto allo studio, facendo appello a tutte le organizzazioni studentesche a lottare contro questa ennesima opera di demolizione dell'istruzione pubblica, su un programma di rivendicazioni radicali che unisca gli interessi immediati di studenti e lavoratori con una più generale prospettiva di trasformazione della società in senso socialista:
> ritiro di tutte le controriforme della scuola, reintegro di tutti i lavoratori licenziati in questi anni (docenti e personale Ata) e stabilizzazione di tutti i contratti per porre fine alla precarietà;
> ritiro di tutti i finanziamenti alle scuole private;
> ritiro di tutti i fondi stanziati per le Grandi opere e per le missioni di guerra e loro destinazione verso un grande Piano di edilizia scolastica;
> estendere gli spazi democratici dentro le scuole; incrementare la partecipazione delle studentesse e degli studenti; costituzione di comitati paritetici docenti-studenti per l'elaborazione del piano di offerma formativa; eliminare i test Invalsi e qualunque forma di valutazione meramente numerica e nozionistica; ritiro di tutte le misure repressive contro le lotte studentesche;
> costituzione di un Reddito studentesco che preveda il comodato d'uso dei libri di testo e il libero e gratuito accesso a mense, trasporti e luoghi di cultura;
> per una scuola pubblica, gratuita, laica e di qualità!
 
Una campagna universitaria contro baroni e privati
Anche sul fronte universitario ci prepareremo a lottare, innanzitutto contro il dominio storico dei vari baroni, poi contro tutti gli apparenti rinnovamenti che hanno voluto in realtà favorire le aperture ai privati o direttamente il privato (pensiamo a tutti i fondi stanziati per università come Bocconi e Luiss o ai finanziamenti alle università telematiche).
Lottiamo per la diminuzione delle tasse universitarie, per una politica che garantisca a ogni studente   un alloggio dignitoso e per il diritto ad una mensa economica.
Lottiamo contro la mercificazione del sapere, contro la selettività richiesta dal mercato, contro il nozionismo, e quindi ci opponiamo senza se e senza ma ai test di ingresso, un muro che vogliamo abbattere.
 
La crisi del riformismo e l'impossibilità di una via gradualista: il caso del Prc
Queste campagne e questo percorso di lotta è chiaro che lo portiamo e lo porteremo avanti all'interno di una visione complessiva che esclude ogni tipo di soluzione riformista alla crisi del capitalismo e agli attacchi dei suoi governi.
Crediamo che tanto più in un marasma economico e sociale come quello che ci troviamo ad attraversare, la soluzione che consiste nell'elemosinare dal governo o dal padrone di turno qualche manciata di diritti o aumenti salariali non sia più praticabile, nemmeno a breve termine: se prima c'era un margine di profitto tale da poter permettere delle concessioni, adesso quel margine si è da tempo estinto e i padroni si riprendono tutto quello che hanno concesso in passato.
Per questo ogni progetto riformista è destinato a fallire e collassare. Negli ultimi venti anni c'è stato un partito che ha fatto propria la bandiera del riformismo, della politica “di lotta e di governo”, andando per due volte al governo (1996, 2006), votando entrambe le volte per proveddimenti che hanno fortemente penalizzato le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia. Questo partito è ovviamente Rifondazione comunista e il suo devastante crollo, cominciato sei anni fa, ha conosciuto una rapida accelerazione negli ultimi mesi ed è sintomatico della crisi del riformismo di cui sopra.
Al di là dei numerosi progetti diversi e contrastanti che scindono questa organizzazione, la spaccatura principale si è determinata tra la corrente capeggiata dall'attuale segretario, Paolo Ferrero, e la corrente guidata da Claudio Grassi, Essere comunisti. I ferreriani sono interessati a dar vita ad una sorta di Syriza italiana, continuando il cammino intrapreso con la lista Tsipras e quindi cercando di costruire un polo riformista alla sinistra del Pd. Essere comunisti dal canto suo vuole al contrario aprirsi a Sel e alla sinistra del Pd, intraprendendo un percorso che porti alla costruzione di una nuova formazione politica, sempre socialdemocratica e di collaborazione di classe (così come Ferrero) ma spostata più a destra rispetto all'attuale Rifondazione e che intrecci in forma più diretta relazioni con il Pd in vista di futuri accordi. Proprio per questo Grassi e la sua area hanno deciso di fatto di costruire un cantiere per una nuova formazione politica che fuoriesca da Rifondazione: di qui la nascita di Sinistra lavoro le cui assemblee di presentazione hanno visto non a caso la partecipazione di numerosi esponenti di Sel e della Fiom.
All'interno di questa contesa vanno letti anche altri due significativi accadimenti che hanno scosso Rifondazione nell'ultimo mese. Il primo è stato le dimissioni di Oggionni e di tutti i giovani di Essere comunisti dagli organismi dirigenti dei Gc: il comunicato intitolato “Fuori dall'angolo, per un nuovo iniziio”, reso pubblico alla fine di ottobre, è una chiara anticipazione di quella che sarà la totale fuoriuscita della corrente di Grassi dal Prc (anticipata appunto dai giovani). Il secondo è avvenuto nell'ultimo Cpn di Rifondazione, il 16 novembre: il documento presentato da Ferrero è stato respinto con 54 voti contrari, 50 voti favorevoli e 1 astenuto. Il documento andava appunto nella direzione di una continuazione del progetto dell'Altra Europa ma senza evidentemente l'apporto di Sel. Proprio questo è stato il motivo per cui i grassiani hanno votato contro, seguiti dalle altre minoranze, come Falcemartello, Terzo documento e Ricostruire il Partito comunista.
Se ciò dovesse ripetersi in occasione della ormai verosimile fuoriuscita di Essere comunisti, allora significherà che in Rifondazione rimarrebbe il solo Ferrero con il suo ormai ridottissimo gruppo: la fine di un partito che un tempo portava anche centomila persone in piazza.
Questo se da un certo punto di vista porterà numerosi militanti, ormai delusi, a ritirsarsi dalla politica attiva (elemento senz'altro negativo ma diretta conseguenza dell'opportunismo di queste direzioni politiche), per un altro verso apre uno spazio importante per la costruzione di un'organizzazione rivoluzionaria, anche a livello giovanile, sulla base di una prospettiva autenticamente anticapitalistica, di lotta (e non di “governo”), che possa guadagnare quei settori, operai, studenteschi e di movimento, che ormai non hanno più nessun punto di riferimento politico e non ritengono credibili le attuali organizzazioni in campo.
 
Il Partito comunista di Rizzo e il Fronte della gioventù comunista
A sinistra di Rifondazione da qualche tempo è comparsa un'altra sigla che potrebbe essere percepita come alternativa alla politica filopadronale ma che in realtà non lo è. Parliamo del Partito comunista di Marco Rizzo che ha ottenuto nell'ultimo periodo una certa visibilità mediatica e della sua organizzazione giovanile, il Fronte della gioventù comunista (Fgc) nata sulla base di una unione di diversi collettivi, tra cui in particolare Senza tregua di Roma.
Basterebbe la sola figura di Rizzo a togliere a questo progetto ogni credibilità politica: un signore che per anni è stato presente in tutti i maggiori salotti televisivi del Paese e che in parlamento ha votato, quando era ancora nel Pdci, tutte le misure dei governi borghesi di centrosinistra e persino il bombardamento Nato della Iugoslavia, un vero e proprio crimine che non si dimentica facilmente e soprattutto, che non si può cancellare dicendo semplicemente di aver fatto “autocritica” (come Rizzo ha dichiarato cercando di ripulire la propria immagine in occasione del lancio del nuovo partito).
Ma non è finita qui: il Partito comunista è infatti un'organizzazione dichiaratamente stalinista, che sfrutta ogni occasione per tessere le lodi dell'Urss staliniana e della componente più marcatamente stalinista del Pci (quella di Pietro Secchia per intenderci), intrisa di nazionalismo e sovranismo (ad esempio in relazione all'euro e alla posizione nei confronti dell'Europa) e che coltiva relazioni internazionali da macchietta dello stalinismo. A questo proposito sono da citare i numerosi e documentati incontri che diversi dirigenti del Partito comunista hanno avuto con ambasciatori e “pezzi da 90” del regime dispotico di Kim-Jong-Un (ebbene sì, parliamo della Corea del Nord), considerato un Paese “socialista”.
Per questo riteniamo che anche il Partito comunista di Rizzo non rappresenti la soluzione al problema della direzione del movimento operaio, e che anzi contribuisca a macchiare ulteriormente la bandiera dei rivoluzionari e della classe operaia, mischiandola con tradizioni politiche che hanno gravemente danneggiato il movimento operaio del Novecento e che continuano ad alimentare luoghi comuni errati a proposito della prospettiva di emancipazione per la quale ci battiamo.
 
Contro la prospettiva di un futuro precario l'unica soluzione è la rivoluzione
Crediamo che non sia possibile garantire un futuro alle nuove generazioni senza lottare per una prospettiva di lotta rivoluzionaria, una prospettiva che superi l'attuale sistema capitalistico per portare ad una economia pianificata sotto il controllo dei lavoratori e i cui assetti produttivi siano finalizzati al benessere di tutti e non al profitto di pochi.
In questa prospettiva, la lotta di studenti e giovani lavoratori si rivela importantissima e a volte decisiva: basta guardare alla decisiva presenza giovanile all'interno di tutte le mobilitazioni rivoluzionarie degli ultimi anni (dall'Egitto alla Siria). Oppure alle imponenti mobilitazioni che hanno attraversato Canada e Cile nel 2011-2012 sempre contro le stesse politiche di dequalificazione e mercificazione del sapere e di privatizzazione delle scuole che subiamo anche noi in Italia.
D'altra parte come abbiamo cercato di mostrare, non esiste oggi nessun soggetto politico che possa conferire a queste lotte una giusta direzione rivoluzionaria e internazionalista. Quel soggetto politico, cioè quel partito che manca, bisogna costruirlo.
Per questo e con questa prospettiva i Giovani comunisti rivoluzionari, struttura giovanile del Pdac, hanno partecipato alle mobilitazioni studentesche di ottobre e novembre e fanno appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a tutti gli studenti e le studentesse, ad aderire a questo progetto di lotta e di costruzione dell'unica reale alternativa al massacro sociale: quella comunista, rivoluzionaria e internazionalista.
 
La Quarta Internazionale presta particolare attenzione alla giovane generazione del proletariato. Tutta la sua politica si sforza di infondere nella giovent la fiducia nelle proprie forze e nel futuro. Solo il fresco entusiasmo e lo spirito bellicoso della giovent possono garantire i primi successi nella lotta; solo questi successi possono riportare sulla strada della rivoluzione i migliori elementi della vecchia generazione. Così è stato e così sarà.
(Lev Trotsky, Programma di transizione)

giovedì 27 novembre 2014

Affermiamo i nostri diritti costituzionali sulla tutela della salute

I promotori della campagna "Rifiutiamoci"

I cittadini della Valle del Sacco si ritrovano nuovamente, per non dire perennemente, ad affrontare emergenze di carattere sociale, ambientale e sanitario.
L’inquinamento storico ha determinato contaminazioni di diversa natura, dalle acque, ai terreni, agli alimenti, alle persone; ha portato alla dismissione del comparto agricolo, mentre quello industriale cade sotto i colpi della crisi economicae restituisce un territorio da bonificare.

In questo contesto, nel tempo, nonostante la deindustrializzazione, non si è fermata la pratica di localizzare nella valle del Sacco impianti inquinanti, mentre gli organi di controllo si sono mostrati latitanti, quando non complici. Tutto aggravato dal crescente consumo di suolo e dalla mancata programmazione strategica della mobilità in forme sostenibili.

Protagonista è stato il ciclo dei rifiuti, focalizzato sull’uso di inceneritori, discariche ed impianti finalizzati ad alimentarli, le cui attività sono proseguite in violazione delle Direttive Europee. Non c’è stato neppure il vantaggio di una crescita occupazionale - irrisoria in questo tipo di impianti - che sarebbe stata garantita dall’alternativa fondata sulla raccolta differenziata, il riciclo ed il riuso: l’unica garanzia è stata il disastro economico ed ambientale.

Ricordiamo il crack del Consorzio Gaia con centinaia di milioni di euro a cui le tasche dei cittadini stanno facendofronte, il sequestro degli inceneritori di Colleferro per illeciti, gli incendi presso la discarica di Colleferro e l’impianto di CDR di Castellaccio, le contaminazioni di falda sottostante la suddetta discarica, le continue immissioni in atmosfera di sostanze inquinanti ed infine i sequestri più recenti per assenza di autorizzazioni, come l’impianto di incenerimento di Marangoni.

Nel frattempo i rilievi epidemiologici dello studio ERAS hanno evidenziato l’impatto sulla salute dovuto alla presenza di impianti di trattamento dei rifiuti, mentre gli studi epidemiologici sulla popolazione della Valle del Sacco hanno accertato, senza ombra di dubbio, la particolare incidenza di patologie le cui cause sono riconducibili a fattori inquinanti.

Un qualsiasi decisore pubblico dovrebbe prendere atto di questa situazione e programmare un radicale cambiamento di rotta in termini di risanamento ambientale. Purtroppo questo non c’è nell’agenda politica nazionale, negli interventi legislativi (vedi art. 35 del Decreto Legge “Sblocca Italia”), tantomeno nell’agenda degli enti locali (vedi l’intenzione di installare un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) in ingresso alla discarica di Colleferro) e neppure nell’agenda degli imprenditori privati (vedi i numerosi progetti di impianti per il trattamento dei rifiuti presentati negli ultimi tempi nel nostro territorio, obsoleti, dannosi e comunque sovradimensionati).
E’ in questo quadro che da anni si procede, senza che la Regione Lazio abbia adottato un reale piano di razionalizzazione delle spese e dei servizi sanitari alla collettività,al loro smantellamento, mentre si alimentano clientele, cordate di potere e si sperpera denaro pubblico a favore della sanità privata.
Noi cittadini siamo ora chiamati a pagare il costo di questa politica, con gli ospedali locali stretti dalla morsa della spending review, che elimina fisicamente intere strutture e reparti, riduce il personale a costi crescenti e lascia nell’incertezza chi ha bisogno di cure.

La storia di questi ultimi anni a Colleferro, nella Valle del Sacco, nei tanti siti inquinati del nostro paese, dimostra che è necessaria la mobilitazione dei cittadini per giungere alla verità: avviare il risanamento e colpire i responsabili.
Ovunque i cittadini sono chiamati ad affermare il riconoscimento del diritto alla salute, che l’art. 32 della Costituzione definisce come inalienabili, e a difenderla chiedendo un diverso modello economico e sociale.
Ancora una volta, a distanza di due anni dalla grande manifestazione del 6 ottobre 2012, la situazione socio-ambientale richiede ai cittadini della Valle del Sacco di prendere posizione e reclamare il diritto ad una sana qualità della vita.

E’ per questo che i promotori della “Campagna Rifiutiamoci” invitano i cittadini della Valle del Sacco a partecipare, individualmente e nelle forme associative che si sono dati in questi anni, a difesa del territorio e dei propri diritti, alla manifestazione del 29 novembre 2014 – ore 14,00 a Colleferro.



Colleferro, 27 novembre 2014

Non li smuove neanche la sete.

Luciano Granieri


Addebiti ingiustificati e illegittimi in bolletta, minacce, vessazioni, interruzione improvvisa del flusso idrico, rimozione illegale  di contatori, quando non veri e propri furti, questi sono i soprusi che i cittadini, da anni, ma in particolar modo in questo ultimo periodo, subiscono dal gestore dell’acqua. 

Le figure istituzionali (sindaci e presidenti di Provincia)  incaricate di controllare e salvaguardare  la cittadinanza dalle  inadempienze ed intemperanze di Acea,  non si sono dati pena della questione, anzi sembra che abbiano tutelato gli interessi della controparte. Fa da  sfondo a questa drammatica situazione locale, un evoluzione legislativa, che oltre a non rispettare l’esito dei referendum, nei quali si sanciva che l’acqua, in quanto bene primario per la sopravvivenza, doveva essere pubblica, sta pienamente favorendo il controllo privato della distribuzione idrica. Il governo Renzi, quello che sulla carta toglie  ai ricchi per donare ai poveri, e invece fa l’esatto contrario,  ha predisposto un quadro normativo  delinquenziale. 

Nel decreto sblocca Italia si prevede che, qualora un gestore pubblico volesse subentrare   all’azienda privata, già  titolare del servizio, dovrebbe  pagare un canone di concessione elevatissimo, un importo che mai un Comune o una azienda a partecipazione diffusa potrebbe permettersi di pagare. Nel collegato ambiente alla legge di stabilità invece, si cassa una norma introdotta dal governo Berlusconi e perfezionata dal governo Letta, per la quale è vietato interrompere completamente il flusso idrico anche agli utenti morosi in quanto l’acqua è bene primario per la vita. E’ possibile solo limitarne il flusso a 50 lit. giornalieri per componente familiare.  Grazie a Renzi non solo sarà impossibile togliere il servizio in mano ai privati, ma  è anche  concesso  loro di bloccare completamente l’erogazione idrica  ad eventuali morosi. Airdatece Berlusconi!  

Nella situazione drammatica, in cui versa l’erogazione idrica nella nostra Provincia, al sit-in di ieri organizzato dal comitato provinciale acqua pubblica Frosinone, di fronte al palazzo di P.zza Gramsci, avrebbe dovuto partecipare una folla rumorosa e incazzata. Non si trattava di manifestare contro la caccia alla foca monaca, ma contro il furto di un bene primario come l’acqua. Ebbene, nella nostra città neanche la sete smuove le persone. Un sparuto gruppo di manifestanti si è radunato nella piazza attorno al banchetto dell’acqua pubblica. I soliti noti, i soliti volti, i soliti dementi che credono ancora nella difesa dei beni e dei dritti collettivi.  

Chissà forse si poteva organizzare una fiaccolata, sarà un imprinting che deriva dalla predisposizione inconscia alla processione in venerazione di santi e madonne , ma quando escono le candele, la folla accorre numerosa, è accaduto in occasione della manifestazione in difesa della sanità. Nella nostra città l’astensione è massima solo quando c’è da difendere dei diritti che, sembrano di altri, ma che in realtà sono di tutti, quindi  anche nostri Alle elezioni per il  sindaco invece, dal momento che le bollette vengono pagate in cambio del voto,   la partecipazione è massiccia. Siamo democratici? No paraculi, ma fessi perché poi in fin dei conti ad Acea, e agli altri privati padroni delle nostre vite , non interessa quale candidato sindaco si è votato. Ti fottono comunque.



Sanità 2.0- il vero e il falso.

Coordinamento provinciale della sanità.


Il Coordinamento provinciale della sanità terrà un incontro-dibattito sabato 6 dicembre 2014, alle ore 15,30, presso l’aula consiliare del Comune di Alatri, in Piazza S Maria Maggiore
L’evento che avrà come tema: “ Sanità 2.0 – Il vero e il falso” sarà anche l’occasione per ringraziare i sindaci che hanno votato NO all’atto aziendale della ASL, scelta che il Coordinamento valuta coerente, intelligente e responsabile verso il bisogno di salute dei loro concittadini in una visione lungimirante nella difesa deglim interessi dell’intera provincia.
La manifestazione, alla quale saranno invitati tutti i sindaci, è aperta alla partecipazione dei cittadini e delle associazioni.


Frosinone 27 novembre 2014

Video di Luciano Granieri

mercoledì 26 novembre 2014

Jobs Act: la parola è alla lotta di classe degli sfruttati

Piattaforma Comunista


Una Camera di nominati, controllata dal “partito della nazione” organico al grande capitale, ha approvato il Jobs Act, che significa maggiore sfruttamento, precarietà, distruzione dei diritti e della dignità degli operai, come l’art. 18.
Il dissenso ipocrita di un gruppo di deputati non salva la faccia al PD e non ha altra prospettiva politica che non sia la sopravvivenza del fallimentare riformismo.
Sbaglia però chi vede in questa votazione un rafforzamento del governo Renzi, che va avanti a tappe forzate nel suo progetto reazionario. Al contrario, è una dimostrazione di crescente scollamento dalla sua base sociale – dimostratasi anche nelle recente elezioni regionali – e di arroccamento autoritario, che porterà Renzi e la sua politica neoliberista alla disfatta.
La parola ora è alla lotta di classe degli sfruttati, che negli ultimi mesi ha visto una dinamica in crescita. Sarà il proletariato, sarà il popolo dei 1000 euro al mese - che si oppone ai signori dalle cene da 100 euro - a esprimere, a suon di scioperi e dimostrazioni di piazza, la sua sfiducia al governo Renzi.
Il 12 dicembre c’è lo sciopero generale indetto dai vertici di CGIL e UIL, che proclamandolo in ritardo e su contenuti innocui hanno svelato la loro intenzione di bloccare la continuità delle lotte, il loro processo di radicalizzazione e di unificazione politica.
Gli scioperi tanto per far vedere che si fa qualcosa non ci bastano! Allo sciopero del 12 dicembre bisogna arrivarci con un crescendo di mobilitazioni, sviluppando il fronte unico proletario su parole d’ordine e obiettivi chiari, anticapitalisti. Dovrà essere una vera giornata di lotta per far cadere il governo Renzi, prima che ci porti alla completa rovina.
L’ascesa della lotta di massa conduce verso lo sciopero politico generale e continuato, per infliggere duri colpi all’oligarchia finanziaria e al suo governo.
Lottare contro i governi borghesi, per un Governo operaio che apra la via del socialismo significa disporre dello strumento indispensabile per dirigere il processo di emancipazione degli sfruttati: il Partito comunista del proletariato.
E’ ora che gli operai più coscienti e combattivi rompano nettamente e definitivamente con il riformismo e l’opportunismo politico e sindacale, si uniscano ai marxisti-leninisti per compiere decisi passi avanti in questa direzione. Uniamoci, organizziamoci!

EMILIA ROMAGNA E CALABRIA, IL VOTO REGIONALE NEL TEMPO DELLA CRISI

Fabrizio Burattini. Fonte Sinistra Anticapitalista

Su una cosa (e una sola) siamo d’accordo con Matteo Renzi, cioè sul fatto che lo sconvolgente tasso di astensione registrato nelle elezioni regionali di ieri in Emilia Romagna e in Calabria deve far riflettere tutte le forze politiche.
In Emilia Romagna, REGIONE nota non SOLO per la sua tradizionale “colorazione” politica, ma anche per il diffuso “senso civico”, sui 3.460.402 elettori, se ne sono recati alle urne solo 1.254.916 (1.053.643 in meno rispetto alle europee di maggio, 1.416.666 in meno rispetto alle politiche di febbraio 2013, 1.045.469 rispetto alle regionali del 2010).
Tasso di astensione sconvolgente anche se largamente previsto e prevedibile. Proprio perché tutte le forze politiche, perlomeno quelle principali, con il loro comportamento l’hanno provocato e per certi versi ricercato.
La considerazione di Renzi sarebbe sincera se non si accompagnasse ad una ipocrita fanfara di vittoria e alla sua tradizionale sicumera dell’ “andiamo avanti”. Addirittura di ritenerlo un dato secondario rispetto al successo del PD.
A questo proposito occorrerebbe ricordare che la soglia di partecipazione di almeno il 50% dell’elettorato viene ritenuta come necessaria per dichiarare validi gli effetti di un voto referendario, mentre sembrerebbe legittimo governare per 5 anni una REGIONE“forti” SOLO di meno della metà del 37,67 degli elettori chiamati ad esprimersi. E’ proprio il caso di dire: “due pesi e due misure”…
Infatti la vittoria del PD in Emilia Romagna, oramai può dirsi, si basa prevalentemente, se non unicamente, sul consolidato sistema di potere che dirige quella REGIONE. I voti raccolti da Bonaccini (poco più che 600.000), infatti, oramai non canalizzano più neanche il voto di opinione raccolto da Renzi nelle europee di sei mesi fa., né, tanto meno; il voto organizzato di massa che raccoglieva la sinistra un tempo nella “regione più rossa d’Italia”.
In Calabria, Oliverio, con i suoi 484.261 voti, raccoglie poco di più di quanto raccolse lo screditato Loriero nel 2010, e può presentare il proprio risultato come plebiscitario (61,42%) solo per il parallelo crollo del centrodestra che raccoglie poco più di un quarto dei voti di 4 anni fa.
Dunque, se le dichiarazioni di Renzi e dei suoi fossero oneste, si dovrebbe riconoscere che il QUESTE elezioni il PD (e il governo) non raccoglie affatto un’ondata di consenso, ma una delusione e un dissenso di massa, rappresentato da quei 680.537 voti persi in soli sei mesi (dalle europee ad oggi). Anche rispetto al risultato raccolto quattro anni fa da Vasco Errani (1.197,789 voti) Bonaccini dimezza i consensi.
Anche l’altro “trionfatore” di QUESTE elezioni, il “Salvini emiliano”, il leghista Alan Fabbri, raccoglie 374.653 voti, meno della metà degli 844.915 ottenuti dal centrodestra nel 2010. E lo stesso risultato di LISTA della Lega Nord, con i suoi 232.318, cala di 56.283 rispetto ai 288.601 raccolti nel 2010, non mettendo neanche a frutto l’effetto di trascinamento dell’avere il “candidato presidente” della coalizione, anche se aumenta significativamente rispetto al risultato delle europee.
Questi risultati del PD e della Lega andrebbero ulteriormente ridimensionati ricordando il grande sostegno mediatico che in queste settimane il sistema informativo ha offerto da un lato a Renzi e al “suo” PD e, dall’altro, a Salvini, ormai indicato come unica opposizione.
Non varrebbe neanche la pena di parlare del risultato di Forza Italia (100.113 voti rispetto ai 518.108 del 2010), se non per sottolineare il punto della sua parabola.
Per quanto riguarda il M5S sembra consolidare il suo “zoccolo duro” di circa 160.000 voti emiliano romagnoli (per l’esattezza 161.056 nelle regionali 2010 e 167.022 ieri, anche se vista l’astensione valgono quasi il doppio percentualmente) con lo sgonfiamento rispetto all’eccezionale risultato delle politiche 2013 (658.475 voti), già ridimensionatosi significativamente in occasione delle europee (443.936).
Una riflessione sarà peraltro necessaria anche nell’ambito della sinistra che in Emilia Romagna positivamente tiene e riesce ad eleggere un consigliere regionale, ma non capitalizza nulla dell’ondata di rifiuto e di disaffezione dalla politica tradizionale, e neanche dello “sgonfiamento” dei voti “grillini”. In qualche modo, nonostante alcune scelte più positive degli ultimi tempi, resta che la sinistra non riesce tuttora a scrollarsi di dosso quella omologazione al mondo politico tradizionale accumulatasi in lunghi anni di politiche sbagliate.
La Lista Tsipras in quella regione ottenne alle europee 93.914 voti, che, si sono riversati quasi intatti per 50.208 nella lista “L’Altra Emilia Romagna” e per 38.743 sulla lista di SEL (in coalizione con il PD), mantenendo anche qui uno “zoccolo” di voti simile a quello raccolto dalle liste delle Federazione della Sinistra e di SEL, entrambe allora in coalizione con il PD di Vasco Errani nel 2010 (96.641). Tutto comunque senza nessun paragone possibile con i 235.223 suffragi raccolti alle politiche del 2006 dalle liste PRC e PdCI.
Ma la riflessione per la sinistra è ancor più necessaria se si guarda ai risultati calabresi, dove la lista “L’Altra Calabria” non solo non capitalizza il dissenso diffuso, raccogliendo solo 10.536 voti, ma vede sfuggirle verso SEL e le liste in coalizione con il PD gran parte dei 31.524 ottenuti sei mesi fa alle europee con la Lista Tsipras, restando ampiamente al di sotto dei 41.520 voti confluiti sul PRC calabrese nelle regionali 2010 e per fino molto meno dei 27.337 voti che in quella regione ottenne la “Lista Ingroia” a febbraio 2013.
La riflessione che la sinistra dovrà fare si intreccia anche con la positiva, seppur iniziale ripresa di conflittualità sociale che la durezza delle politiche dominanti sta imponendo anche in Italia. E’ là soprattutto, molto più che nella ossessione elettoralistica, che ben presto crea subalternità e dipendenza istituzionalistica, che va ricercata la strada per un vero rilancio.

martedì 25 novembre 2014

Acqua Pubblica. Confronto fra il comitato provinciale acqua pubblica e la nuova autorità d'ambito

Luciano Granieri


Si è svolto oggi, davanti al piazzale della Provincia di Frosinone, un sit-in organizzato dal Comitato provinciale l’acqua pubblica  contro l’inasprimento dei comportamenti vessatori da parte di Acea nei riguardi degli utenti che non accettano di pagare bollette, dichiarate illegali dall’Autorità per l’energia elettrica, per il gas e per la distribuzione idrica. 

Come è noto, nel nostro territorio si sono verificati tentativi di blocco dei contatori, addirittura della loro rimozione , da parte del gestore, verso quegli utenti giudicati morosi. Un comportamento per ora illegittimo perché la normativa ancora in vigore, prima che l’ennesimo regalo del governo Renzi alle multinazionali la stravolga, prevede il divieto di interrompere la distribuzione dell’acqua anche alle famiglie morose. E’ possibile solo ridurre l’erogazione idrica nella misura di 50 lit d’acqua al giorno per persona. 

Come detto nel collegato ambiente che l’attuale  governo ha modificato, la norma che proibisce il distacco totale dell’acqua è stata abolita, un coltello affilatissimo messo nelle mani dei gestori che non avranno più alcuna remora nell’esercitare il loro potere coercitivo. 

Nel corso del sit-in, che sarà oggetto di un prossimo  post, una delegazione, composta da esponenti del comitato provinciale per l’acqua pubblica, da membri di altre associazione e dal deputato del Movimento 5 Stelle, Onorevole Luca Frusone, ha incontrato il consigliere Vittorio Di Carlo,  delegato dal neo eletto presidente della Provincia e automaticamente presidente dell’autorità d’ambito Antonio Pompeo , ad incontrare i movimenti.    

 Nel corso del confronto è stato richiesto  al presidente dell’autorità d’ambito l’impegno affinchè, come massima carica istituzionale  che si interfaccia con il gestore privato , imponga ad Acea un comportamento meno vessatorio ed intimidatorio verso gli utenti. Inoltre è stato chiesto che, come presidente della consulta dei sindaci Antonio Pompeo, dia corso al provvedimento, già  firmato nel 2009 dai sindaci stessi , di rescissione per colpa del contratto con Acea.  

Il consigliere Di Carlo si è impegnato a riportare le istanze dei movimenti al presidente Pompeo, stabilendo un ulteriore incontro a breve per discutere anche degli aspetti tecnici della vicenda. Inoltre il Comitato provinciale l’acqua pubblica è stato invitato come auditore a partecipare alla stesura del nuovo statuto provinciale in funzione del fatto che nel documento sarà  previsto  il  coinvolgimento delle associazioni territoriali nelle decisioni inerenti la gestione dei beni comuni. Ad una prima valutazione dell’incontro sembra si sia aperta una strada di confronto e collaborazione. Resta da verificare  se quanto  e come  ciò che è stato promesso dal consigliere Di Carlo, si realizzerà.

lunedì 24 novembre 2014

Tutti in piazza contro la pratica eversiva del distacco dell'acqua

Comitato provinciale Acqua Pubblica Frosinone


Cronache frusinati. Inaugurato a Frosinone "Lo Cavalcone sul viadotto Biondi"

Luciano Granieri



Inaugurato a Frosinone "Lo Cavalcone militare" sulla voragine del viadotto Biondi. Alle presenza della massime autorità civili, militari, religiose ed interplanetarie, il sindaco Nicola Ottaviani e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, hanno invitato i cittadini ad attraversare Lo Cavalcone in fila longobarda, senza timore alcuno sulla tenuta della struttura. Come temere che questa avesse potuto cedere   se a reggerla c'era la mano di Dio?  Queste sono state le rassicurazioni del sindaco e del presidente. Tutto è filato liscio, fino a quando Dio non ha tolto la mano....

Pace in Siria, Il dibattito di Ceprano

Comitato ANPI - Provincia di Frosinone

Come programmato ed annunciato si è svolta ieri pomeriggio la conferenza sul tema della pace in Siria a Ceprano.
L’incontro, cui erano presenti ed hanno relazionato i segretari nazionali dei partiti Democrazia Atea e Partito Comunista dei Lavoratori, rispettivamente Carla Corsetti e Marco Ferrando, ha visto una nutrita ed attenta partecipazione. Sono stati affrontati diversi aspetti della genesi e dello sviluppo della situazione siriana, approfondendo particolarmente quanto accade oggi che la presenza delle bande dell’ISIS (o IS, come si preferisce denominarli oggi più correttamente) occupano alcune aree e città siriane spargendo orrore ovunque e minacciando tutte le popolazioni dell’area.
La relazione del giornalista siriano Naman Tarcha è stata orientata a spiegare sia il quadro storico ed attuale in cui la Siria insiste, sia il livello di efferatezze che i miliziani del sedicente Stato Islamico compiono sulle popolazione attualmente sotto il loro scellerato dominio.
Molti aspetti trattati non  compaiono nelle cronache dell’informazione del nostro Paese, altri sono travisati o mal posti, pertanto l’opinione pubblica italiana ha spesso un quadro assai diverso da quello reale.
È stata posta molta insistenza sulla necessità di informare correttamente i nostri cittadini sul pericolo reale che questa guerra, come altre in atto in questi mesi, possono rappresentare per la pace e la sicurezza dei popoli europei, oltre che per le loro economie e per l’approvvigionamento di risorse energetiche fossili.
Ad esempio, non si ricava dai reportage giornalistici diffusi dalle nostre televisioni e dai principali giornali, che chi finanzia questo sedicente esercito di tagliagole è spesso la stessa mano che investe fior di capitali in Europa acquistando le nostre imprese, i nostri istituti bancali, perfino i nostri monumenti ed i territori di pregio.
Il numeroso pubblico ha seguito con grande attenzione tutta la conferenza, ed al termine è intervenuto con molte e qualificate domande di approfondimento, di chiarimento, di ampliamento dell’analisi e delle notizie, segno evidente che il tema interessa e che i cittadini più sensibili ai grandi temi della pace e della convivenza civile sanno che le informazioni di cui disponiamo non sono sufficienti o sono addirittura, a volte, errate.
Le relazioni degli altri oratori hanno espresso il punto di vista e l’analisi delle rispettive organizzazioni, stimolando un dibattito assai franco e vivace, pur nell’assoluto rispetto dell’autonomia di giudizio di ciascuno.
Erano presenti cittadini di altri paesi e territori, che hanno espresso forte interesse al tema.
È stata quindi una occasione riuscita con cui l’ANPI ha aggiunto un piccolo contributo alla documentazione ed alla riflessione critica dei cittadini del nostro territorio, proseguendo così nel cammino da tempo intrapreso di partecipare, per quanto possibile, alla crescita di un pensiero critico collettivo che diventi antidoto a tutti i tentativi di messa in discussione delle nostre tradizioni ed istituzioni democratiche.
L’ANPI esprime la convinzione, verificata ancora una volta, che a Ceprano, come ovunque, esistano le condizioni per fare ancora meglio e di più in futuro, e si sta già impegnando per garantire un sereno e corretto svolgimento delle ricorrenze del 70° della Liberazione che ci aspettano nel 2015.
Vogliamo arrivare a quella data con un’ANPI più forte, ricca del portato di tutti gli antifascisti di Ceprano, ciascuno nella propria specificità, come  tradizione e scelta politica dell’ANPI e dei Partigiani ci impegnano a fare.
Ringraziando ancora una volta e con tutto il cuore i partecipanti, l’ANPI rivolge il suo appello a chiunque si interessi dei temi della cittadinanza responsabile, della civiltà e della pace, a non cessare di impegnarsi per portare ovunque possibile, attivamente, occasioni di incontro come questa.