Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 29 novembre 2014

Renzi e le banche

Marco Bersani. Attac. fonte "il manifesto del 29/11


La più sin­te­tica fotografia del nostro tempo è nel rap­porto tra due numeri, rife­riti al 2013, che defi­ni­scono l’ammontare del Pil mon­diale e il volume delle atti­vità finan­zia­rie: ebbene, metnre il primo dato è pari a 75 bilioni di dol­lari (75mila miliardi), il secondo è pari 993 bilioni di dol­lari (993mila miliardi). E se in 10 anni il pro­dotto interno lordo mon­diale è rad­dop­piato, il volume delle atti­vità finan­zia­rie è tri­pli­cato, con nes­suna solu­zione di con­ti­nuità, mal­grado la crisi glo­bale esplosa nel 2007 e tut­tora in corso.
Ad aumen­tare l’inquietudine di que­sti dati è l’analisi della strut­tura di que­sta enorme massa di denaro: solo 283mila dei 993mila miliardi di dol­lari costi­tui­scono la cosid­detta finanza pri­ma­ria, ovvero azioni, obbli­ga­zioni ed attivi ban­cari, mentre i restanti 710mila miliardi di dol­lari sono pro­dotti deri­vati scam­biati fuori dai mer­cati rego­la­men­tati (la cosid­detta «sha­dow ban­king», finanza-ombra), dei quali solo un’infinitesima parte è legata a tran­sa­zioni che hanno a che fare con l’economia reale.
Per fare un esem­pio, su 100 scom­messe finan­zia­rie sul prezzo del grano, solo una è diret­ta­mente legata alla pro­du­zione e alla distri­bu­zione dello stesso, men­tre le altre 99 sono pure spe­cu­la­zioni finan­zia­rie.

Den­tro que­sta enorme massa di denaro, basata su scom­messe sui tassi di inte­resse, sulle valute, sui prezzi delle mate­rie prime, sull’andamento degli indici azio­nari, sul fal­li­mento di stati o di grandi imprese, secondo la stime della Bacca dei Rego­la­menti Inter­na­zio­nali, si anni­dano rischi mas­simi pari a 19mila miliardi, una cifra supe­riore al pro­dotto interno lordo degli Stati Uniti.

Potrebbe dun­que essere una buona noti­zia l’annuncio, fatto nei giorni scorsi, dell’avvio di un’indagine par­la­men­tare sui con­tratti deri­vati dello Stato e degli enti locali in Ita­lia, che durerà quat­tro mesi, con le audi­zioni del Mini­stero dell’Economia, Corte dei Conti, Cassa Depo­siti e Pre­stiti, Con­sob, Banca d’Italia, Asso­cia­zione Ban­ca­ria Ita­liana, Con­fe­renza delle Regioni e Anci.
Par­liamo di un ammon­tare pre­sunto di 160 miliardi di con­tratti deri­vati sti­pu­lati dallo Stato e di almeno 21 miliardi in mano a 284 enti locali (cifra senz’altro incompleta, in quanto si rife­ri­sce ai deri­vati con­tratti dopo il 2008, quando il moni­to­rag­gio è dive­nuto obbligatorio).
Bene la com­mis­sione d’indagine dun­que. Pec­cato, tut­ta­via, che gli stessi gruppi par­la­men­tari che hanno votato all’unanimità il prov­ve­di­mento, si siano deci­sa­mente distratti quando, negli stessi giorni, in Com­mis­sione Bilan­cio si è affron­tato –e appro­vato– l’art. 33 della Legge di Sta­bi­lità, che pre­vede, pro­prio in merito ai deri­vati in pan­cia al Tesoro, la pos­si­bi­lità di atti­vare con­tratti nei quali le due parti, e quindi anche il Mini­stero, for­ni­scono garan­zie reali depo­si­tando titoli liquidi (in gergo «col­la­te­ral») a fronte della posi­zione debi­to­ria in un con­tratto. In pra­tica, le ban­che d’affari con cui il Tesoro ha sti­pu­lato deri­vati potranno otte­nere depo­siti di garan­zia che le tute­lino in caso di default dell’Italia, dive­nendo cre­di­tori pri­vi­le­giati, ovvero i primi a essere rim­bor­sati con pieno ritorno dell’investimento. Tra i pic­coli rispar­mia­tori e i colossi Deu­tsche Bank, Mor­gan Stan­ley e JP Mor­gan, il governo Renzi ha deci­sa­mente scelto que­sti ultimi.
D’altronde, se gli elet­tori hanno capito il trucco e diser­tano le urne, meglio anco­rarsi ai poteri forti.

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