Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 11 giugno 2011

Ultimo appello referendario per i non udenti

QUESTO NON POTEVA MANCARE
La Redazione


Critical campaign, ma con il quorum oltre l'ostacolo forse forse....

Luciano Granieri

Ci siamo. Quello che si poteva fare è stato fatto. Blog , Social Network hanno tentato di tutto  per superare l'oscuramento mediatico sulla campagna referendaria. Speriamo che tutto ciò sia servito, e la gente, già investita   da una ventata di auto liberazione, colga questa occasione per andare a votare e votare quattro SI. Non ci stancheremo ma i di sottolineare che occorre votare SI, per evitare che la gestione dell'acqua sia affidata ai privati e a fameliche multi nazionali, è fondamentale votare SI per evitare che chiunque si occupi della distribuzione idrica si assicuri, indipendentemente della qualità del servizio erogato, un profitto del 7% , bisogna votare SI per impedire che costose, inefficienti, e nocive centrali nucleari ci avvelenino aria, terra e acqua, è  vitale votare SI per evitare che un delinquente facoltoso allo scopo di  scansare processi a suo carico  possa servirsi  della  funzione di ministro o presidente del consiglio. In particolare bisogna votare, perchè le questioni in gioco appartengono alla vita quotidiana di tutti e tutti devono poter decidere del proprio futuro cominciando ad occuparsi in prima persona, attraverso la libera organizzazione in comitati e movimenti, dei beni comuni. Nei video che seguono documentiamo la critical mass organizzata dai comitati referendari di Frosinone con gli appelli al voto di: Marco Campagna, portavoce del comitato referendario contro il nucleare, Giuseppina Bonaviri dirigente dell'Italia dei Valori, Lorenzo Parlati, presidente regionale di  Legambiente, Francesco Raffa assessore all'ambiente del comune di Frosinone e membro del circolo di Legambiente Frosinone "Il Cigno"  Ma per rendere più significativo il nostro appello, riproponiamo il video relativo alla manifestazione del 12 marzo in difesa della costituzione. Riteniamo decisiva l'atmosfera di liberazione che si respirava in quel frangente, ma soprattutto, si assiste al  flash mob organizzato dai verdi contro il nucleare e all'intervista di Paolo Bonelli dei verdi. BUONA VISIONE ANDIAMO A VOTARE 4 SI E PROTIAMO A VOTARE PARENTI AMICI E CONOSCENTI.



venerdì 10 giugno 2011

Insieme per l'arte

Luc Girello, Fausta Dunmano



Invasione degli studenti del liceo artistico Bragaglia alla Villa Comunale di Frosinone. La riforma Gelimini attraverso il suo esecutore provinciale Quadrini, ha ridotto il liceo artistico Bragaglia  in una semplice scuola di servizi, trasformandolo in istituto di istruzione superiore. Di quale istruzione si parli non è dato sapere . L’arte e la creatività non sono un servizio, semmai sono al servizio della cultura. Lo spirito creativo  è imprigionato in un’asfittica classificazione didattica dettata dai tagli  e dal piano di smembramento della scuola pubblica che mai come a desso bisognerebbe definire “Scuola Bene Comune”. La mancanza di aria creativa, il soffocamenteo della fantasia ha provocato nei giovani artistri del Liceo Bragaglia, una sorta di trance creativa, per cui ogni loro gesto diventava arte. Un segno su un foglio, una poesia, tre accordi, la strofa di una canzone, tutto diventava espressività libera. Un po’ come accadeva negli anni ’70 dove i colori e la musica degli indiani metropolitani animava di protesta le vie delle città LA FANTASIA AL POTERE si diceva. Nel guardare le facce, gli atteggiamenti dei ragazzi ritratti nelle foto e le loro opere, ritorna alla mente quella stagione Sigla di quegli anni ’70 erano i concept album , le opere rock. Ad accompagnare le foto abbiamo scelto uno dei gruppi antesignani dei concept album: Ian Anderson  lead vocals, acoustic guitar, flute, violin,  Martin Barre  electric guitar, lute John Evan  piano, organ, harpsichord Jeffrey Hammond (as "Jeffrey Hammond-Hammond"): Bass guitar, Vocals Barriemore Barlow  drums, percussion, timpani David Palmer  Brass and string arrangements: Ladies and gentleman i Jethro Tull con Thick as a Brick preceduto dall’intro di  Cup of Wonder




giovedì 9 giugno 2011

Una Stazione denecluearizzata

 IndieGesta Ceccano


Un successo insperato il flash mob organizzato ieri pomeriggio alla Stazione di Ceccano per promuovere la campagna referendaria contro il tentativo di tornare al nucleare in Italia. Con soli due giorni di organizzazione, utilizzando solo il passaparola privato su facebook e gli sms agli amici, siamo riusciti a coinvolgere quasi 70 persone, in massima parte giovanissimi, per simulare un allarme antiatomico e realizzare uno scudo umano lungo tutta la banchina dei treni in arrivo da Roma e da Cassino, tutti muti ed immobili, tutti vestiti di nero e con una mascherina protettiva sul volto. I pendolari che sono scesi in stazione e quelli che si trovavano sui treni, compresi macchinisti e personale Trenitalia, sono rimasti interdetti ed incuriositi dallo strano scenario ricreato nello scalo ceccanese. IndieGesta è impegnata da diverse settimane nella promozione dei referendum del 12 e 13 giugno, in particolare di quello sul nucleare e dei due quesiti che riguardano l’acqua pubblica, cercando di sensibilizzare gli elettori verso il Sì ma soprattutto verso il voto, cercando di scongiurare il crescente fenomeno dell’astensione, strumento utilizzato dai promotori del No che tentano così di affondare dei quesiti molto importanti per il futuro del nostro Paese. Da  qui la nostra idea di dare vita ad un Flash Mob, un tipo di iniziativa nato nel 2003 negli Stati Uniti e poi diffusosi nel resto del mondo, che per la prima volta è stato messo in atto nella nostra città. Una iniziativa giovane messa in atto da persone giovanissime, segno dell’impegno e della grande voglia di socialità e di mobilitazione delle nuove generazioni, una testimonianza di quanto la nostra città sia viva, contrariamente a quanto affermano molti delatori, e di come sia viva proprio grazie all’entusiasmo e alla rabbia dei giovani. Un vero e proprio schiaffo agli “immobilisti” e ai “criticoni” di cui i poteri forti della nostra città sono pieni. Tornando al nostro impegno contro i piani del governo di ritorno dell’Italia all’energia nucleare, riteniamo che sia un segnale di cecità fortissimo, in quanto il nucleare è una tecnologia obsoleta, costosa e pericolosa (oltreutto esauribile perché le scorte di uranio si stanno esaurendo), oltretutto non adatta a paesi con forte rischio sismico come l’Italia (l’esempio tragico di Fukushima dovrebbe far riflettere molto su questo). Il nucleare richiede investimenti grandissimi, che coinvolgono inevitabilmente finanziamenti pubblici con gravi ripercussioni sulle finanze dei cittadini, oltretutto per arrivare a produrre, per quanto riguarda l’Italia, appena l’8% dell’energia necessaria al nostro fabbisogno. Una decisione che si scontra poi con la revisione a livello globale di tutti i programmi nucleari, primo fra tutti la Germania, la Finlandia, ed ultima la Francia. L’Italia è il paese del sole, si sfrutti in maniera seria questa energia pulita e non esauribile, si facciano scelte che pensino alle future generazioni. Ci auguriamo che siano proprio queste ultime a fare da traino, domenica e lunedì, al raggiungimento del quorum ai Referendum, c’è bisogno del sostegno e dell’aiuto di tutti.



" Come dice Guccini presentando il brano "L'Atomica Cinese" i testi sono validi oltre che quando è stata scritta la canzone, anni '60 anche nell' 81 anno in cui viene eseguita con i Nomadi e anche oggi in occasione del referendum contro il nucleare, anche gli altri brani : "Noi non ci saremo" e "Noi" sono attualissimi.
Foto: Fausta Dumano
Editing: Luc Girello

“Critical Mass a Frosinone, venerdì 10 giugno 2011”

Frosinone, 9 giugno 2011. In arrivo a Frosinone per la prima volta la “massa critica” (in inglese critical mass): il raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero invaderà le strade normalmente usate dal traffico automobilistico per richiamare l’attenzione sul Referendum del 12 e 13 giugno 2011. Il raduno inizierà alle ore 18.00 dal piazzale antistante alla stazione ferroviaria e percorrerà il rettilineo  di via Marittima e via Aldo Moro, con arrivo previsto alla chiesa del Sacro Cuore. Lì i ciclo-attivisti del Comitato Votà sì per Fermare il nucleare di Frosinone si uniranno agli altri movimenti, associazioni, società civile di questa lunga vigilia pre-referendum che culminerà in un comizio pubblico (Piazza Madonna della Neve), in collaborazione con il Comitato Acqua Pubblica. Diverse le attività serali disseminate per il capoluogo: il concerto NO NUKE de “I Quartieri e Mamavegas” alla Cantina Mediterraneo, l’intervento di L. Parlati (Presidente Legambiente Lazio) con il concerto NO NUKES Video Rock dei “Waterfall” all’Elletì Musica Bar (Largo Turriziani).
Contatti
GRUPPO FACEBOOK: "SI VOTA PER FERMARE IL NUCLEARE FROSINONE"
E-MAIL: cittadinanzaattiva@triprounders.net
TEL: 3478879846
Portavoce: Marco Campagna

Bivacco Casaleno 2006-2011

Antonio Limonciello

Le foto rappresentano i resti di un bivacco. Lo trovai dietro all’allora costruente Provveditorato agli Studi di Frosinone, località Casaleno. Il bivacco era situato in un terreno, usato come discarica clandestina, a meno di 50 metri dall’anello asfaltato del sempre costruente Stadio del Casaleno. Di fronte, lato nord ovest, il cantiere del Palazzetto dello sport, opera oggi in attività. Sull’anello di asfalto centinaia di persone ogni giorno corrono, marciano, si tengono in vita. Probabilmente materiali di una famiglia composta da due adulti e due bambini, un maschietto di certo, il secondo potrebbe essere una bambina. Hanno lasciato sul prato oggetti in perfetto stato, come fossero scappati, o fossero stati prelevati e portati via. Ci sono tornato ogni anno, l’ultima volta nel marzo del 2011.  



Brani tratti da:
The Hot Spot
John Lee Hooker, Taj Majal (acoustic & electric guitars, vocals); Roy Rogers (slide guitar); Miles Davis (trumpet); Bradford Ellis (keyboards); Tim Drummond (bass); Earl Palmer (drums).



Editing: Luc Girello

mercoledì 8 giugno 2011

Energia partecipata

Luciano Granieri


Si stanno tirando le fila di questa campagna referendaria. Siamo fiduciosi sul raggiungimento del quorum per tutti e quattro i quesiti. Comunque vada, secondo noi,  un obbiettivo è stato raggiunto. Quello di proporre una discussione sul modello di vita che vorremo, per noi,  ma soprattutto per le prossime generazioni . Ad esempio sul programma energetico, a noi inguaribili fautori della democrazia partecipata   viene in mente un modello di energia partecipata. Ognuno produce l’energia che gli necessita e se ne produce di più la trasmette ad altri secondo una conformazione a rete sul modello di internet. Il sistema che noi sogniamo va oltre l’abolizione delle centrali nucleari, auspica l’abolizione delle centrali e basta . La centrale di diffusione dell’energia in un sistema distribuivo a rete, non avrebbe più senso. L’abolizione di un sistema verticale in cui un servizio viene erogato da un unico soggetto centrale verso la periferia eliminerebbe anche la tirannia che tale soggetto in virtù della sua posizione predominante potrebbe esercitare nei confronti di chi usufruisce dei suo servigi.  Utopia ? Forse, ma se si legge il libro di Jeremy Rifkin: “Economia all’idrogeno” ci si rende conto che il traguardo è raggiungibile eliminando la nocività del nucleare ma anche del carbone e dell’anidride carbonica . Cominciamo col dire che già oggi molti edifici pubblici ma anche aziende sono dotati di comunissimi generatori d’emergenza  che assicurano l’ energia elettrica in caso di black out, pensiamo agli ospedali. E se questi generatori o celle a combustibile divenissero la forma primaria di produzione di energia?  Se ogni utente si dotasse di una o più celle a combustibile e producesse autonomamente l’energia che  gli serve staccandosi dalla linea elettrica centrale? Un distributore unico di elettricità che gestisse le centrali elettriche  nucleari a carbone o a combustibili fossili in genere sarebbe inutile, perché ognuno provvederebbe per conto suo risparmiando fra l’altro sugli ingenti costi di distribuzione dovuto all’enorme rete di cavi che servono per collegare la centrale di energia a tutti gli utenti.  . Rifkin sostiene che una cella a combustibile delle dimensioni di un frigorifero può fornire fina a 50 Kw di elettricità, quanto basta per una palazzina bifamiliare e può essere gestita in modo personalizzato . Tutto giusto ma non si risolve il problema dell’inquinamento. Infatti i comuni generatori sono costituiti da motori alternativi alimentati a gasolio o a metano dunque pur se l’emissione di Co2 nell’atmosfera sarebbe inferiore non verrebbe eliminata del tutto, né si darebbe risposta al problema che i combustibili fossili stanno per terminare. La soluzione è la cella a combustibile alimentata da idrogeno. Una cella a idrogeno è costituita da un anodo caricato negativamente da una parte, da un catodo caricato positivamente dall’altra, e da un elettrolito nel mezzo , composto da una soluzione alcalina o idroacida , o da una membrana di plastica , che permette agli atomi di idrogeno , caricati elettricamente di passare dall’anodo al catodo. Sono già disponibili sul mercato dei generatori  simili. Sono composti da un gruppo di celle elementari sovrapposte. L’alimentazione dell’idrogeno avviene sul lato dell’anodo , dove una reazione chimica scinde l’atomo di idrogeno in un protone e e in un elettrone. Gli elettroni liberati escono attraverso un circuito esterno sotto forma di corrente elettrica continua, mentre gli ioni di idrogeno (protoni) viaggiano attraverso lo strato elettrolitico verso il catodo caricato positivamente. Il flusso di elettroni ritorna verso il catodo, dove reagisce con gli ioni di idrogeno e l’ossigeno dell’aria formando acqua. Un generatore a idrogeno è silenzioso è fino a due volte e mezzo più efficiente del motore a combustione interna e non inquina. Le celle a combustibile alimentate a idrogeno possono potenzialmente produrre elettricità a sufficienza per coprire il fabbisogno dell’intera umanità. Ma qui sorge un’alto problema come si ricava l’idrogeno?  L’idrogeno si trova praticamente ovunque in natura . E’ presente nell’acqua, nei combustibili fossili e in tutti gli organismi viventi, ma deve essere estratto per essere utilizzato come combustibile. Estrarre idrogeno dagli idrocarburi , non risolve il problema, estrarlo dall’acqua tramite elettrolisi neanche perché il fenomeno  utilizza l’elettricità per scindere le   molecole d’acqua e separare gli atomi di idrogeno dall’ossigeno. Dunque ritorniamo al punto di partenza MA? Ma l’elettricità può essere prodotta dal fotovoltaico, dall’eolico, dal geotermico. ECCO LA QUADRATURA DEL CERCHIO. Dunque cerchiamo di riassumere. L’elettricità ricavata dalle rinnovabili, potrebbe essere usata per ottenere idrogeno tramite elettrolisi. L’idrogeno così ottenuto andrebbe ad alimentare le celle disponibili in ogni singolo edificio sia residenziale che industriale il quale sarebbe completamente autonomo e svincolato da ogni centrale nucleare, a carbone, a idrocarburi, o idroelettca. Mettendo questi punti in una rete modulare per cui l’iper produzione di energia di un utente potrebbe essere utilizzata  da altri ecco bello e pronto  un Hydrogen Energy Web . Ovvero una forma di diffusione di energia partecipata. Sognamo? Forse,  resta il fatto  che  Jeremy Rifkin c’ha scritto un libro ben documentato. Per cui un altro mondo energetico è possibile.












Se la mente è catturata dall'improvvisazione

Silvana Porcu

"Se due persone di lingue diverse si trovano nella stessa stanza  è probabile che passi del tempo prima che riescano a comunicare . Ma se sono due musicisti , e magari due jazzisti, basta qualche istante." Parola di Pat Metheny che, con la sua chitarra , ha fatto molto più che intrecciare generi e stili. Ha costruito un mondo sonoro. "Dopo anni che si suona insieme - ha detto- non serve neanche parlarsi: sappiamo in che direzione sta andando il discorso musicale dell'altro e lo assecondiamo". A pensarci bene non sembra strano trovare un nome come il suo a New York fra i protagonisti del World Science Festival, l'evento che con 50 incontri in 5 giorni ha analizzato al microscopio molti aspetti della vita quotidiana. La conferenza "Music and the Spark of Spontaneity" aveva l'ambizioso obbiettivo di raccontare cosa succede nella mente di un musicista durante l'improvvisazione. Insieme a Mtheny  c'erano i maggiori esperti del rapporto  fra  musica e cervello: su tutti, CHARLES LIMB,  musicista e ricercatore della John Hopkins School of Medicine. Come accade nel linguaggio gli automatismi si sviluppano con il tempo: la consapevolezza di un improvvisatore viene da anni di pratica, studio e ascolto. Anche dopo centinaia di concerto, la sfida dell'assolo non smette di essere intregante per Metheney. L'apprensione prima del live passa in fretta : "Appena sono sul palco smetto di pensarci . Se ci si preoccupa per tutto si resta paralizzati . So di poter contare sul fatto che in qualche modo la fuori succederà qualcosa". Questa sorta di salto nel vuoto contiene una dose di magia direttamente proprzionale alla fatica fatta per arrivarci "C'è molta mitologia attorno al jazz", ha precisato Metheney , sottolineando che alcuni grandi padri del jazz "suonavano anche sei set per serata". Questo aveva permesso loro di costruire un linguaggio articolato "e avere una riserva di materiale. Ci sono artisti capaci di suonare per ore senza esaurire le cose da dire". Sono le buone idee  a fare la differenza: si può comunicare molto con poche note per poi arricchire il discorso con infiniti dettagli: Metheney ha imbracciato la chitarra e, accompagnato dal contrabbasso di Larry Grenadier ha cominciato un assolo usando soltanto un dito su una sola corda. A poco a poco la linea si è colorata e le sfumature si sono fatte più complesse fino a mettere in luce quello stile che lo ha reso grande . "Credo che il jazz sia un dono del mondo -ha concluso poi - , non lo vedo più come una destinazione, ma come un processo". Per ridurre questo processo a singola attività , la comunità scientifica fa esperimento come quelli di Charles Limb che, armato di tastiera, si è sottoposto a una risonanza magnetica, improvvisando semplici linee mentre la macchina registrava quello che avveniva nella sua testa . Uno studio ripetuto  con cantanti hip hop , prima con testi  imparati a memoria, e poi con sessioni di freestyle. Quello che si perde è molto, ha ammesso Limb , perchè si fa a pezzetti una forma d'arte. Eppure grazie a questo studi si può scoprire qualcosa sull'attività cerebrale. In fondo, il mistero dell'improvvisazione, che unisce creativtà, tecnica e nei casi fortunati anche un pizzico di genio, nasce da uno dei paradossi della mane umana, portata a preferire la ripetizione e le melodie note, eppure costantemente attratta dal nuovo e dalla sorpresa, a patto di avere un bagaglio sonoro comune per decodificare il materiale sconosciuto . Si parla spesso della musica come linguaggio universale, ma sono n molti a pensarla  diversamente . Ad esempio un'icona della voce come Bobby McFerrin, già ospite del festival  nel 2009 e nei giorni scorsi a New York per alcune performance. La rivelazione è arrivata da uno dei suoi partner artistici, il violoncellista  Yo-Yo Ma, andato in Botswana per studiare i canti locali. Aveva fissato ora e luogo per suonare con una tribù "ma nessuno di loro ha - raccontato McFerrin - capiva perchè occorresse aspettare per fare musica insieme. E perchè andare in un posto diverso da dove si è?  La musica per loro è sempre ora e qui. Per noi la performance è la parte più importante della giornata, per loro è la parte integrante della giornata"

Per avere un'idea di quello che significa comunicare con la musica e con l'improvvisazione, riproponiamo i video di Solar . Dialogano fra loro dispensando momenti di grande musica:
Pat Metheney: Chitarra
Herbie Hancock: Pianoforte
Deve Holland: Contrabbasso
Jack De Johnette: Batteria:
BUON DIALOGO
Luciano Granieri.






Per i chitarristi che volessero scoprire qualche segreto del buon Pat consigliamo il video che segue del nostro amico
Morten Farestrand

Appello al Presidente Giorgio Napolitano

 Rete Romana di solidarietà con il Popolo Palestinese




Le manifestiamo la nostra più viva indignazione, il nostro dolore ed  insieme  la nostra grandissima preoccupazione per l’ennesimo eccidio che l’esercito israeliano (ad ora 23 morti ed oltre 300 feriti)  ha ieri compiuto per espresso ordine del governo di Tel Aviv,  sparando ad altezza d’uomo contro cittadini palestinesi che, disarmati, manifestavano dinnanzi alla linea di demarcazione con la Siria,  fissata a seguito della guerra dei sei giorni del 1967 sulle alture del Golan,  che da allora Israele considera arbitrariamente come  linea di  confine. 
Israele non può continuare ad  invocare   ragioni di sicurezza per   infrangere sistematicamente il diritto internazionale, le risoluzioni dell’ONU, la Carta dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, per   disconoscere e conculcare i diritti del Popolo Palestinese. La sicurezza di Israele può essere solo frutto di una pace giusta che  assicuri libertà e dignità anche ai palestinesi, cioè di un’azione politica che Israele invece rifiuta  e in vari modi  boicotta, perché intende espellere i palestinesi dalla loro terra ed instaurare, come esplicitamente dichiarato,  uno stato ebraico. Come la democrazia sarebbe pienamente realizzabile in uno stato confessionale è per altro tutto da dimostrare.
Neppure la comunità internazionale  ed in essa l’Italia   possono continuare ad ignorare i misfatti di Israele, che si configurano inequivocabilmente come crimini contro l’umanità e continuare ad accordare al governo israeliano un’impunità di fatto. 

Lei Signor Presidente è  custode della nostra Costituzione che è certamente tra le migliori del mondo perché configura la  democrazia  non  come semplice  sistema elettorale  ma come  un metodo di giustizia e di rispetto verso ognuno, come un sistema che non esclude e schiaccia  alcuno ma riconosce il diritto di tutti e di ciascuno. Proprio in ragione di questa concezione alta della democrazia sancita nella Carta Fondativi della Repubblica, l’Italia  ha il dovere di intervenire con fermezza per richiamare il governo israeliano al rispetto del Diritto e  sospingerlo ad accettare di collaborare  con  lealtà alla costruzione di una pace giusta.

Noi confidiamo fortemente, Signor Presidente, che Ella voglia ispirare e sollecitare una siffatta azione da parte dell’Italia.

E’ urgente intraprenderla senza indugi, Signor Presidente, perché entro fine mese, promossa da una coalizione internazionale, la Freedom Flotilla 2  farà rotta verso Gaza. Sarebbe inaccettabile che l’inerzia di stati che si fanno vanto della propria democrazie non impedisse al governo israeliano di compiere un ennesimo eccidio.

martedì 7 giugno 2011

L'ultimo cantastorie

La Redazione

L'ultimo cantastorie della ribellione anni '70 ci ha lasciati. Se ne andato con lentezza portando con  se la sua sedia percussione e il sogno di una fabbrica dove la dignità del lavoro è rispettata così come la dignità umana
CIAO ENZO

L'editoriale "incendiario" di Pierluigi Battista

Piero Maestri, Sonia Migliaccio, Francesco Giordano, Francesco Stevanato, Rodolfo Greco, Giorgio Forti (del Comitato “No all’occupazione israeliana di Milano”)



Sul Corriere di lunedì 6 giugno Pierluigi Battista ci fa l’onore di parlare delle INIZIATIVE  che si terranno a Milano contro l’annunciata Kermesse “l’Israele che non vi aspettate”, organizzata dall’Ambasciata israeliana in Italia.
Non ci sorprende lo zelo di Battista, che per l’ennesima volta fa sua l’equazione antisionismo uguale antisemitismo, equazione scorretta sul piano storico (il sionismo è un movimento politico sorto in una parte del mondo ebraico e che ha portato alla nascita dello Stato d’Israele attraverso l’espulsione degli abitanti palestinesi e la colonizzazione dei territori occupati) e politico (sarebbe come dire che siccome Battista è un anticomunista automaticamente è un fascista...).
Vorremmo però fare alcune correzioni a "errori" in cui incorre (alcuni dei quali al limite della querela):
- il manifesto di convocazione della manifestazione contro la Kermesse non vede una “bandiera con la stella di Davide quasi schiacciare il Duomo”, ma la bandiera israeliana che sventola sul muro dell’Apartheid – condannato dalla Corte de L’Aia - all’entrata di Betlemme (e che ci sia la stella di Davide sulla bandiera israeliana davvero non è colpa nostra), in un fotomontaggio traslato a Milano;
- quanti paroloni sulla volontà “incendiaria” o sul rifiuto “assoluto” dell’altro: noi protestiamo per una manifestazione POLITICA dell’Ambasciata israeliana che cerca di nascondere la realtà dell’occupazione, della colonizzazione illegale, dei crimini di guerra e contro l’umanità che i governi israeliani fanno in nome del loro stato “ebraico”, presentando le sue “eccellenze” (come le tecnologie di gestione dell’acqua… rubata ai palestinesi). E contesteremo i dirigenti politici di quello stato, che consideriamo criminali per i loro comportamenti concreti (come dimostrano anche in questi giorni sparando sui manifestanti disarmati nel Golan che non stanno “invadendo” i legittimi confini di Israele, ma un territorio occupato illegalmente nel 1967). Non sarà la "difesa preventiva" di Battista che grida alle violenze e all'intolleranza a fermare queste nostre iniziative ne a creare un clima che possa renderle impraticabili;
- invece di concentrarsi sui nuovi sindaci, Battista dovrebbe spiegare quali siano i rapporti economici, commerciali, politici e militari tra le istituzioni italiane (anche enti locali) e israeliane. Noi contesteremo quelle relazioni, come abbiamo contestato quelli con il regime libico delle stesse istituzioni e aziende (sui quali il silenzio era piuttosto imbarazzante prima della missione Nato) o con i vari satrapi del Mediterraneo:

Non vogliamo suggerire a Pisapia (tantomeno a Fassino, che in quanto a zelo filoisraeliano non è secondo nemmeno a Battista) quale posizione prendere: domandiamo solamente a lui e agli altri nostri rappresentanti istituzionali se sia possibile e giusto avere queste strette relazioni con i responsabili di crimini internazionali e che vengono nella nostra città a esporre le loro “eccellenze” per propagandare la loro guerra come giusta.
Ci spiace che Pisapia sia tirato per la giacchetta, ma noi siamo un movimento indipendente: Pisapia non può in alcun modo essere reso responsabile di quanto facciamo, e noi non dipenderemo nel prendere le nostre iniziative da quanto pensa o dichiara Pisapia.

Colleferro insegna che la gestione dell’acqua deve essere pubblica

Ufficio Stampa ReTuVaSa



Tra qualche giorno saremo chiamati a dire la nostra a livello nazionale su un tema fondamentale, la gestione del servizio idrico. Sull’argomento gli abitanti di Colleferro possono esprimersi a ragion veduta, dal momento che l’acqua in questo comune è gestita da società private da molti anni: Italcogim S.p.A (ora Suez de France) e Consorzio Servizi Colleferro. Possono constatare con i loro occhi l’obsolescenza delle infrastrutture, l'interdizione all’uso umano dell’acqua per lunghi periodi, le bollette aumentate addirittura all’insaputa e contro la volontà del comune di Colleferro (gestione Italcogim), le risposte evasive o assenti di fronte a legittime richieste di spiegazioni. Cerchiamo dunque di smascherare alcune favole che sentiamo costantemente ripetere in questi giorni di campagna referendaria da parte dei sostenitori della privatizzazione dell'acqua.
1) L'ingresso dei  privati è necessario per poter finanziare gli interventi di risanamento delle reti idriche, visto che le casse di Comuni e Regioni sono spesso al verde. Niente di più falso. Ad esempio, a Colleferro, nel solo anno 2011, nonostante la gestione sia in mano ai privati, il Comune e la Regione Lazio hanno stanziato circa 2.000.000 di euro per infrastrutture idriche e fognarie (fonte: bilancio delle opere pubbliche del Comune di Colleferro). Più in generale, in Italia tra il 1986 e il 1995 (in presenza quindi di gestioni municipalizzate o consortili), gli investimenti sulla rete idrica erano di 2 miliardi di euro l'anno. Dal 1996 al 2005 (in piena privatizzazione del servizio) gli investimenti sono crollati a 700 milioni di euro l'anno. Si sono dunque ridotti quasi dei due terzi.
2) Dobbiamo privatizzare il servizio perché l'Europa ce lo impone. In realtà l’Europa non ci impone un bel nulla. Richiama solamente gli Stati membri alla coerenza normativa: se uno Stato decide che un servizio pubblico ha rilevanza economica, è tenuto ad affidarne il servizio tramite una gara. Non esiste alcun altro obbligo. La gestione dell’acqua è interamente o prevalentemente pubblica in Paesi Bassi, Belgio, Austria, Norvegia, Svezia, Lussemburgo. L’acqua è gestita dal pubblico in molte città francesi, come Parigi (dove, dopo 18 mesi di ripubblicizzazione dell’acqua, lo scorso marzo le tariffe sono diminuite dell’8%). Il servizio idrico è pubblico o ripubblicizzato anche a Berlino (dove il 14 febbraio il referendum in tal senso è stato plebiscitario). L’Europa non ha nulla da eccepire.
3) Chi vota SI è contro la modernizzazione dell’intero paese. Per capire quanto sia falsa questa affermazione risaliamo al 1850. In Europa, sulla scia della prima rivoluzione industriale, la mancanza di acqua corrente nelle case di centinaia di migliaia di persone riversatesi nelle città creò seri problemi di salute pubblica. Tra il 1850 e il 1870 scoppiarono circa 600 epidemie di colera. Non bastarono a fermarle le nuove  infrastrutture idriche volute e finanziate dai governi ma date in gestione a società private. I costi di allaccio infatti erano proibitivi per la gran parte della popolazione: tra il 1870 e il 1890 scoppiano altre 400 epidemie. In Italia, nel 1903, la legge sulla municipalizzazione degli acquedotti voluta dal ministro dell’interno non certo troppo “rosso” Giovanni Giolitti in sostanza si basava su questo principio: l’acqua è essenziale per l’igiene pubblica, in questo paese è in atto un’emergenza sanitaria, di conseguenza tutta la popolazione deve essere dotata di servizi igienici e acqua corrente in casa. Di questo compito vengono incaricate le municipalizzate. Tornando all'affermazione iniziale, la “modernizzazione” di cui si parla riporterebbe l’Italia agli anni precedenti al 1903, quando la gestione del servizio idrico era in mano ai privati.
4) La libera concorrenza permette al cittadino di scegliere il gestore migliore. Questa affermazione potrà essere vera in tanti casi, ma non per l'acqua, definita anche da diversi economisti un monopolio naturale. Una volta dato in gestione il servizio (generalmente per 30 anni, con possibilità di rinnovo) l'utente non soddisfatto della qualità dell'acqua o delle modalità di gestione del privato di turno, non potrà certo decidere di comprare l'acqua da un'altra azienda, visto che l'acquedotto è unico.
Un privato, il miglior privato possibile, ha come obiettivo primario il profitto, diversamente dal  gestore pubblico, che non deve pensare ad altro che al bene della collettività e alla conservazione della risorsa acqua ed è sottoposto al controllo dei cittadini.
Dicendo questo siamo consapevoli della necessità di innovare profondamente la gestione della cosa pubblica, per mezzo di una informazione puntuale e completa, attraverso la costruzione di momenti di partecipazione alle decisioni da parte dei cittadini: i movimenti che hanno portato ai referendum sono costituiti appunto da cittadini che hanno dimostrato di saper prendere in mano i propri diritti, organizzandosi, valorizzando competenze e condividendo conoscenze.
L’elenco delle dicerie e della disinformazione sarebbe ancora lungo, ci limitiamo a citare questi due ultimi importanti dati: da quando esistono le SpA i consumi idrici sono aumentati del 20% e i piani d’ambito prevedono un ulteriore aumento, tra il 17 e il 20%, in un paese che è già ai massimi livelli di consumo di acqua potabile e minerale al mondo. Ultimo aspetto, le tariffe: aumentate negli ultimi 10 anni del 68%, a fronte di un'inflazione del 21%.
Per questi e per tanti altri motivi, domenica e lunedì 12 e 13 giugno è necessario ribadire il nostro SI all'acqua bene comune, per la nostra vita e per quella delle generazioni future, per la ricostruzione della democrazia. La gestione dell’acqua a Colleferro, come si è detto, ha molto da insegnarci sul tema.

In allegato i costi riepilogativi sostenuti dalle amministrazioni (Comune, Regione, Europa) per il Comune di Colleferro per l'anno 2011.


Consideriamo i costi sostenuti
dalle pubbliche amministrazioni
(Comune, Regione, Europa) per il 2011 nel Comune di Colleferro
(http://www.comune.colleferro.rm.it/moduli/output_immagine.ph p?id=972):
Manutenzione straordinaria
fognature e acquedotto, 1°stralcio: € 600.000
Realizzazione pozzo n. 9 e condotta idrica adduzione Loc.tà IV km: € 335.456 (€ 331.456 Regione Lazio + € 4.000  Comune)
Completamento Fognatura secondaria Loc.tà IV Km: € 700.000
Potenziamento Impianto depurazione Valle Sette Due € 830.254 (€ 331.456 Regione Lazio)


APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO CONTRO LA KERMESSE SIONISTA

Comitato “No all’occupazione israeliana di Milano”



Dal 12 al 23 giugno a Milano, in piazza Duomo, si terrà “Israele che non ti aspetti”, una kermesse sulla tecnologia e sul turismo israeliani promossa dalle stesse autorità di Tel Aviv in collaborazione con gli enti locali lombardi, per “promuovere scambi scientifici e culturali tra Tel Aviv e Milano” e raccontare “un Israele diverso da quello di Stato interessato da un conflitto”. Un'operazione da 2,5 milioni di euro che vorrebbe cancellare la memoria della pulizia etnica che ha dato origine alla nascita dello stato di Israele e che perdura tuttora: la violenta cacciata degli abitanti della Palestina nel 1948-49, l’espropriazione della loro terra, la soppressione dei loro diritti civili e dei più fondamentali diritti umani, la negazione del diritto dei profughi palestinesi al ritorno nella propria terra.
Uno Stato che legittima l’apartheid come prassi quotidiana, nascondendola sotto la parola “sicurezza” (tanto cara anche ai nostri governi), che costruisce un muro alto più di otto metri che impedisce ai palestinesi di accedere ai propri campi, alle scuole e agli ospedali, espropriando altra terra, case, fonti di vita. Un muro che - in aperta violazione di sentenze e accordi internazionali - annette, sempre in nome del Santo Diritto alla Difesa, insediamenti illegali, che neanche dovrebbero esistere. Uno Stato che viene definito “unico stato democratico del Medio Oriente”, ma che nei suoi 63 anni di storia ha continuamente alternato guerra ad alta e a bassa intensità. Uno Stato che nel gennaio 2009 ha bombardato la Striscia di Gaza portando in soli 24 giorni alla morte di oltre 1.500 persone, utilizzando armi illegali secondo la Convenzione di Ginevra, come le cluster bombs ed il fosforo bianco. Uno Stato che dal 2006 condanna gli abitanti della Striscia di Gaza ad un assedio e ad un embargo totali e permanenti, impedendo l’ingresso di materiali da costruzione come di altri moltissimi beni, anche di prima necessità, in aperta violazione della legalità internazionale. La recente apertura del valico di Rafah da parte del governo egiziano, che autorizza solo il passaggio delle persone e non delle merci, non permette ancora l'ingresso degli aiuti umanitari.
Proprio per rompere l'assedio di Gaza il movimento internazionale si sta mobilitando in Palestina e attraverso convogli, carovane, missioni internazionali per portare aiuti alla popolazione di Gaza e sostegno politico alla lotta di liberazione palestinese. Nei prossimi giorni da diversi porti europei partirà la Freedom Flotilla 2 di cui farà parte anche la nave italiana Stefano Chiarini: mentre le istituzioni italiane ospitano la kermesse sionista è ancora più importante il sostegno ad iniziative come laFlotilla che, nonostante le minacce del terrorismo di Stato israeliano, che un anno fa provocò i nove morti della Mavi Marmara, è pronta a partire.
Per questo non tolleriamo che Milano diventi la passerella per un’operazione di propaganda dell'imperialismo sionista. Più di 70 risoluzioni delle Nazioni Unite in difesa dei Palestinesi, di condanna delle politiche di Israele sono state ignorate: Israele le ha tutte disattese, con l’appoggio determinante degli USA, l’inettitudine colpevole dell’Unione Europea e di tutti gli stati europei. In particolare l’Italia si è resa complice sottoscrivendo numerosi accordi di cooperazione economica, militare e scientifica con Israele, proprio mentre nel mondo cresce la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro il regime di apartheid israeliano. Non a caso parte integrante di questa kermesse sarà il Summit Economico in piazza Affari, dove si terranno numerosi incontri bilaterali economici/politici con rappresentanti delle istituzioni italiane e 600 imprenditori.
NO GLI ACCORDI ECONOMICI E DI COOPERAZIONE CON ISRAELE!
PER IL BOICOTTAGGIO DELL'ECONOMIA DI GUERRA ISRAELIANA!
CONTRO L'IMPERIALISMO ISRAELIANO! VITA TERRA E LIBERTA' PER IL POPOLO PALESTINESE!
NO ALL'OCCUPAZIONE ISRAELIANA DELLA PALESTINA...E DI MILANO!

MANIFESTAZIONE NAZIONALE IL 18 GIUGNO A MILANO
CONCENTRAMENTO IN LARGO CAIROLI ALLE 15:00
INVITIAMO TUTTE LE REALTÀ AD INVIARE LE ADESIONI ALL'INDIRIZZO

lunedì 6 giugno 2011

Insieme per l'arte

Liceo Artistico Statale "Anton Giulio Bragaglia"

Il Liceo Artistico Statale "Anton Giulio Bragaglia" di Frosinone invita alla presentazione INSIEME PER L'ARTE. Quest'evento riunisce le sedi dell'istituto d'istruzione superiore di Frosinone, Cassino, Sora e Anagni, con il coinvolgimento di chiunque voglia partecipare a questa giornata organizzata per la fine dell'anno scolastico dove si potrà passare del tempo insieme, all'insegna dell'arte. Il programma stabilito é:
ORE 8.30 - Extemporanea di pittura
ORE 9.30 - Mostra mercato
ORE 10.30 - Apertura mostra didattica
ORE 11.00 - Tavola rotonda "Educazione all'arte e ai suoi valori"
ORE 13.00 - Pausa pranzo
ORE 14.30 - Esibizione gruppi musicali, canto e danza degli studenti di Anagni, Sora, Cassino e di Frosinone
ORE 20.00 - Spettacolo teatrale
Saremmo molto lieti della vostra partecipazione. E vi aspettiamo "INSIEME PER L'ARTE". (Ingresso libero).


Che ne è dell'Italia neocoloniale?

Luciano Granieri


Che ne è della guerra in Libia? I resoconti di questo ennesimo conflitto  umanitario, o di liberazione che dir si voglia, sono spariti dalle televisioni e dai giornali, salvo qualche rara eccezzione . Si sa che Gheddafi sta trattando la sua buona uscita . Ma che sviluppi hanno le azioni belliche? Perché tanti disperati scappano dalla Libia rischiando di trovare la morte in mare? Vediamo di aggiornare la situazione. Il quartier generale alleato, d’istanza a  Napoli, annuncia che per la prima volta il 4 giugno sono stati usati elicotteri d’attacco. Sono Tiger francesi, Gazzelle e Apache britannici armati da missili Hellfire che vengono lanciati a 8 km dall’obbiettivo e colpiscono  prima che gli elicotteri aggressori siano visibili alla  contraerea. Vengono usati inoltre aerei telecomandati Usa Predator/Raptor equipaggiati da una testata a frammentazione o termobarica. Questa, esplodendo, crea un vuoto d’aria che provoca la morte per asfissia di  chiunque si trovi nell’area anche all’interno di edifici e rifugi . L’utilizzo di velivoli  d’attacco da parte della Nato ha il preciso scopo di preparare il terreno per  lo sbarco delle truppe a terra . Gli elicotteri che attaccano in Libia partono  da navi d’assalto Tonnerre (francese) e Ocean (britannica) dalle quali, al momento opportuno, possono sbarcare migliaia di soldati e armi pesanti. Siccome il congresso Usa ha confermato la contrarietà ad inviare truppe di terra per evitare di ritrovarsi invischiato in un pantano tipo Afghanistan, l’incombenza toccherà agli eserciti alleati: truppe francesi, britanniche e italiane sotto comando americano. A testimonianza dell’inasprimento dell’offrensiva,  nella base di Gioa del Colle sono arrivate bombe a guida laser da una tonnellate le cui testate ad uranio impoverito e tungsteno possono distruggere edifici rinforzati. Questi micidiali ordigni equipaggeranno Eurofighter e Tornado in decollo  dall’aeroporto pugliese. “Tali armamenti ci permettono di proteggere i civili e realizzare gli scopi delle Nazioni Unite” sostiene Liam Fox segretario britannico della difesa. Ma la settimana scorsa è arrivata la denuncia del Vescovo Copto di Matrouh e del Nord Africa, Bakhomis Demetry  il quale sostiene che negli ultimi raid aerei sono state colpite e danneggiate due chiese copte, quella di San Giorgio a Misurata  e quella di San Marco a Tripoli. Dunque il nostro governo, con il convinto appoggio dell’opposizione, si sta rendendo complice di una vera e propria guerra di aggressione. Che Berlusconi e la sua maggioranza, ormai in stato confusionale, abbiano  potuto avvallare l’ennesima mattanza  a rimorchio di francesi inglesi e americani, non ci stupisce più di tanto. E’ grave che questa sporca guerra dagli echi colonialisti sia benedetta da coloro che si fanno paladini della Costituzione , salvo poi tralasciare il rispetto dell’articolo 11 quello famoso in cui si afferma “CHE L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA ECC. ECC. ” Vogliamo sperare che le forze popolari, i movimenti, che hanno contribuito in modo così determinante alle vittorie di Pisapia De Magistris e Zedda, possano a livello nazionale porre la questione all’interno di quella nomenclatura piddina che ha avuto il merito in questi anni di:  DECRETARE IL TRIONFO DI BERLUSCONI, E FAR SPARIRE I MOVIMENTI COMUNISTI DAL PARLAMENTO.


Il video che segue è: 

Lybiam - guerra per la democrazia o guerra neocoloniale?

di Daniele Sepe


PER UNA PALESTINA LIBERA E PER UN MEDIO ORIENTE SOCIALISTA

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


Nel 2004 AMR Progetto Comunista ( corrente della sinistra del PRC ossatura fondante del PCL) scriveva a riguardo della questione palestinese: “… Come da sempre le prospettive della rivoluzione palestinese sono difficili. E sempre di più dovrebbe essere evidente che la soluzione positiva per i palestinesi deve essere cercata nello sviluppo, accanto all’Intifada, di una lotta più ampia nel Medio Oriente. Una lotta contemporaneamente contro il sionismo, l’imperialismo e i suoi agenti borghesi e feudo-borghesi; per una soluzione socialista in Palestina e nel Medio Oriente in generale. Questa è l’unica prospettiva che potrebbe avere la forza per vincere il sionismo e i suoi padroni imperialisti, realizzando le legittime aspirazioni nazionali (ma anche sociali) del popolo palestinese.”

Questa analisi auspicabile poneva, oggi ancora più attuale, la prospettiva della liberazione del popolo palestinese all’interno di una cornice di rivoluzione nel Magreb.

Il vento delle rivoluzioni arabe può essere un nuovo detonatore sociale per la questione palestinese. I marxisti rivoluzionari da internazionalisti si oppongono da sempre al nazionalismo, in tutte le salse, che offre soltanto la prospettiva di rovesciare i termini dell’oppressione. L'unica soluzione per il popolo palestinese è la rottura del recinto capitalistico. La via di salvezza per i palestinesi e per la minoranza di lingua ebraica è una rivoluzione proletaria e una federazione socialista del Medio Oriente.

Le proposte di risoluzione sul conflitto palestinese dei vari imperialismi, dagli Usa a quelli europei , non solo sono finte e servono unicamente a tutelare i propri interessi geopolitici in quell’aria, ma sono anche il frutto della più brutale astrazione geografica che non pone soluzione.La morte di Arrigoni ha dimostrato ancora una volta lo squallore politico del governo Italiano. Il silenzio sulla tragica vicenda da parte del governo ( e delle opposizioni democratiche) è un fatto. A questo silenzio i poteri forti italiani hanno sommato il proprio sostegno, per bocca di Berlusconi, al regime coloniale d’Israele e il ripudio all’umanitaria missione di Freedom Flotilla ( Berlusconi “bloccheremo la Freedom Flotilla”).


Tutto questo rende, oggi più che mai, il nostro impegno a favore del popolo palestinese e della sua lotta prioritario.
Come trotskysti lottiamo per dirigere le masse verso la rivoluzione socialista. Ma non pretendiamo di imporre le nostre specifiche soluzioni a tutti i problemi. In Palestina, al momento della vittoria rivoluzionaria, sarà il popolo palestinese – con la sua libera autodeterminazione e con il rispetto dei diritti del popolo ebraico – a decidere.


Il video che segue, inviatoci da Aya Aljelanun amico del nostro canale YouTube contiene delle immagini crude. Ne sconsigliamo dunque la visione a chi sia particolarmente impressionabile.
La redazione

La licenza di uccidere di Israele

Pino Nicotri


Israele è come gli 007: ha la licenza di uccidere. Concessa dalle loro maestà Usa ed Europa. Grazie ai miti creati dal sionismo e dimostrati come falsi da vari docenti di storia israeliani
Nuova strage di pacifici manifestanti palestinesi per mano del solito esercito israeliano dall’ammazzamento facile. Dopo la ventina di omicidi, con contorno di centinaia di feriti, di pochi giorni fa in occasione delle manifestazioni per la Naqba, cioè per Il Disastro della cacciata a mano armata di 700 mila palestinesi dalle loro terre seguita alla proclamazione dello Stato di Israele, ecco la ventina di omicidi delle ultime ore in occasione della Naksa: in occasione cioè della ricorrenza della sconfitta nella Guerra dei Sei Giorni del ’67 dei farraginosi eserciti di Egitto, Siria e Giordania per mano di quello di Israele. Che si prepara alla nuova mattanza di “pacifinti”, come gli ipocristi chiamano i pacifisti non antipalestinesi, della prossima Flotilla diretta a Gaza dopo la strage di 9 pacifisti turchi a bordo di una nave della Flotilla precedente. A parte le chiacchiere, le bugie e il sempre più cinico e intollerabile farsi scudo della Shoà, che non è una tragedia privata degli israeliani, non appartiene solo a loro, ma è una tragedia del mondo e al mondo intero appartiene, le cifre mettono a nudo la realtà della repressione militare israeliana e i suoi obiettivi. Dal 2000 al 2010 a fronte di 1.083 vittime civili della “insorgenza” palestinese ci sonon 6.371 vittime civili palestinesi. Non siamo ancora al famoso rapporto “1 a 10?, di orribile memoria, ma ci siamo vicini, anche perché nel 2011 le altre vittime palestinesi non sonio certo poche: una vergogna per Israele. Che ai palestinesi ha anche rubato terra per piazzarci ben 430 mila colonim in spregio a tutte le leggi internazionali e alle stesse risoluzioni e richieste dell’Onu. I rifugiati palestinesi che campano con l’elemosina dell’Unrwa, l’apposita agenzia dell’Onu, sono ormai arrivati alla astronomica cifra di 4,8 milioni. Le case demolite e gli alberi da frutta palestinesi, olivi e arance soprattutto, distrutti per rappresaglia dagli israeliani assommano ormai a decine di migliaia le prime e a centinaia di migliaia i secondi. Ho perso il conto dei pozzi e delle fonti d’acqua palestinesi requisiti, cioè rubati, ai palestinesi. Ci sono situazioni scandalose che francamente gridano vendetta, dall’impossiiblità per certi villaggi, piani di bambini, a poter disporre di acqua ed elettricità alla moria di donne incinta impossibilitate a ricoverarsi in ospedale per partorire a causa dei chek point chiusi e del menefreghismo dei soldati addetti al loro funzionamento. La situazione di Gaza non ha bisogno di essere illustrata.Di ormai insopportabile ipocrisia l’appello Usa “alla calma” dopo la mattanza di manifestanti della Naqsa, insopportabile specie dopo che Obama ha dovuto rimangiarsi di fronte alla platea dell’AIPAC, la più potente delle lobby sioniste pro Israele degli Usa, quello che pochi giorni prima aveva fatto infuriare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in visita alla Casa Bianca. L’AIPAC fa ballare in particolare la signora Hilary Clinton, cioè il segretario di Stato Usa all’origine del viscido appello “alla calma”: oltre ad essere stata eletta con l’appoggio dell’AIPAC, la signora Clinton ha la figlia Chelsea andata sposa in pompa magna un anno fa a Marc Mezvinsky, rampollo di una straricca famiglia di finanzieri sionisti tenaci sostenitori di Israele sempre e comunque.
Obama ha dovuto dichiarare pubblicamente all’AIPAC il contrario di quello che poche ore prima aveva sbattuto in faccia a Netanyahu. Se a questi aveva annunciato che lo Stato palestinese è ormai inevitabile che finalmente nasca, tanto ormai dopo 60 anni di angherie, furti di terra e vessazioni varie sarà grande al massimo come un francobollo gruviera, alla platea dell’AIPAC ha docuto garantire che gli Usa non ne appoggeranno la nascita se non alle condizioni di Israele. In particolare, lo Staterello palestinese “dovrà essere smilitarizzato”, cioè sempre sottoponibile a invasione da parte di Israele usa a violare i confini altrui e dotata anche di centinaia di testate nucleari. Non c’è bisogno di commenti.
Vale la pena invece di occuparci del discorso di Netanyahu al senato Usa fatto dopo la gelida visita alla Casa Bianca. E’ ora infatti di prendere di petto tutta una serie di miti e chiamarli coni il loro nome: miti, appunto. O, più prosaicamente, panzane alle quali un popolo è libero di credere – ogni popolo, compreso quello italiano, ha le sue “panzane” mito, e sono sacre – ma non può certo pretendere, per giunta con le armi, che ci debbano credere anche gli altri popoli. Specie se si usano i propri miti come comoda scusa per mettersi sotto il tallone altri popoli.



Nel suo applauditissimo discorso al parlamento Usa, il capo del governo israeliano – che punta chiaramente a evitare che Obama venga rieletto, e quindi punta anche a che l’AIPAC non stanzi fondi per la sua campagna elettorale – ha infatti ripetuto la solita ferrea, monolitica e tranchant affermazione, il classico cavallo di battaglia e tabù del sionismo: “Israele è la terra dei nostri avi e quindi abbiamo tutto il diritto di tornarci e di restarci”. La prima obiezione che viene spontanea è perché mai lo stesso diritto non lo debbano avere le centinaia di popoli delle Americhe, del nord, del centro e del sud, costretti a vivere in riserve o a essere cittadini di serie B, quando non di serie C, o i vari popoli africani, come i boscimani o i bantù, e gli aborigeni australiani. I mapuche dell’Argentina hanno anzi perso la causa in tribunale con la quale chiedevano di poter tornare nelle terre degli avi in Patagonia, terre oggi occupate dagli italiani Benetton – sì, quelli della United Colors of Benetton – per far pascolare le mandrie di pecore dalle quali ricavano la lana per i loro tessuti. In Australia gli aborigeni si sono rivolti alla magistratura per chiedere di riavere almeno la città di Perth, che è oltretutto aborigena anche nel nome. Nella foresta amazzonica sono ancora oggi varie le etnie spazzate via per far posto alle miniere e alla deforestazione per mano delle grandi compagnie minerarie o dei grandi latifondisti, che fino a pochi decenni fa davano un premio a chiunque portasse loro un orecchio o un’altra prova di avere ucciso un “selvaggio”, cioè un indio da sfrattare armi alla mano mandandolo all’altro mondo.

Anche a voler evitare di polemizzare con tali paragoni, che dimostrano come anche nel campo dei diritti umani valga il criterio dei due pesi e due misure, basato sul principio che il più forte ha ragione mentre i più deboli se la prendono in quel posto, resta una obiezione fondamentale all’affermazioni di Netanyahu e del sionismo in genere. Rizzoli ha da poco pubblicato la traduzione del libro di un docente di Storia israeliano all’Università di Tel Aviv – ed ebreo, se questo particolare interessa a qualcuno che ha bisogno di timbri a garanzia – che si aggiunge a vari altri che spazzano via la definizione di “popolo ebraico” dimostrando che un tale popolo non esiste, né più e né meno come non esiste il popolo cristiano o cattolico, ma esistono vari popoli cristiani o cattolici, spesso perfino in guerra tra di loro come mostra impietosamente e in modo supremo anche e soprattutto la seconda guerra mondiale. Il docente in questione è Shlomo Sand, nato in Austria da genitori polacchi internati dai nazisti e scampati alla Shoà, emigrato con il figlio in Israele dopo avere rifiutato qualunque indennizzo dalla Germania. Sand nelle oltre 500 pagine del suo documentatissimo libro dimostra – anzi, ricorda, perché si tratta spesso di cose scritte già nella bibbia, anche se taciute – che alla religione nata in Giudea, oggi nota come ebraismo, si sono man mano convertiti re, regine e interi popoli, dal Marocco alla Mesopotamia, dal Sahara all’Europa, che con la Giudea non avevano nulla a che spartire. mi viene da ridere all’idea che Paolo Mieli o Momi Ovadia siano diversi da me perché sono ritenuti “semiti”, quando invece i semiti sono semmai gli arabi e i palestinesi, ma certo non gli ebrei europei o africani, come i falascià. Se la memoria non mi inganna, già Koestler fece notare che Hitler e i nazisti, e quindi anche Mussolini e i fascisti, erano ignoranti come bestie in fatto di “semiti” e non, visto che i tanto esecrati ebrei europei di semita non hanno mai avuto nulla.
Il professor Sand ricorda anche che la famosa diaspora ebraica è nata spontaneamente e molto tempo prima che i romani riconquistassero Gerusalemme distruggendo anche il Tempio, e che se si parla di “popolo ebraico errante” è solo perchè nell’800 il sionismo ha fatto proprio il mito cristiano dell’”ebreo errante”, eternamente errante in quanto “popolo deicida” perché aveva “ucciso Gesù”. A dire il vero Sand ricorda anche un’altra cosa, piuttosto imbarazzante: il sionismo è nato nella setssa epoca e nella stessa zona dell’Europa orientale che ha visto nascere altri nazionalismi basati su falsificazioni mitologiche della Storia e sul mito della “purezza del sangue e delle origini”, come il nazionalismo tedesco diventato poi nazionalsocialismo o nazismo che dir si voglia e lo slavismo. Sand fa notare altre due cose. La prima è che le democrazie e gli Stati dell’Europa occidentale, dall’Inghilterra all’Italia, dalla Francia alla Spagna, hanno un concetto della cittadinanza e dello stesso nazionalimo che è un concetto “inclusivista”, vale a dire che include chiunque viva, e meglio se paga le passe, su uno stesso territorio nazionale a prescindere dalla religione e dall’oridine familiare e degli avi della proprio nazionalismo. La seconda è che gli Stati e i nazionalismi dell’Europa orientale hanno invece avuto una concezione della cittadinanza tipicamente “esclusivista”: vale a dire, che esclude chi non appartenga alla stessa “razza”, allo stesso ceppo “del sangue” o non discenda dalle “tribù fondatrici” dei rispettivi popoli. Tra i nazionalismi “esclusivisti”, oltre al nazionalismo tedesco sfociato nel nazismo della “pura razza ariana”, c’è il nazionalismo ebraico noto come sionismo. Che, come si vede, e lo dimostra Sand, non lo dice cioè un “antisemita”, non ha un bel blasone, un gran bel pedigree.
In ogni caso, ma Netanyahu&C ignorano volutamente anche questo, cioè che il sionismo non è mai stato un blocco monolitico, per giunta antiarabo o antipalestinese. Non solo c’è stato il sionosmo per esempi di Judha Magnes, che voleva sì la creazione dello Stato israeliano nela Palestina storica, ma voleva che fosse uno Stato e una democrazia “inclusivista”: vale a dire, con pari doveri e diritti per ebrei, musulmani, cristiani, atei, agnostici e quant’altro. E tra i vari partiti sionisti, Mapai, Mapam, ecc., c’erano anche quelli che non distinguevano – sotto il profilo della cittadinanza e della parità di diritti e dover – tra ebrei e non ebrei. Lo scrive molto bene un altro docente di Storia israeliano – ed ebreo, sempre se a qualcuno interessa il sigillo di garanzia – come Ilan Greilsammer, nel suo agile libretto “Il sionismo”, edito da il Mulino. Greilsammer dimostra anche come il sionismo abbia falsificato la storia ebraica inventando una serie di miti utili alla causa del nazionalismo ebraico teso ad avere un suo Stato.
Sia Sand che Greilsammer auspicano, come il sottoscritto e una moltitudine di intellettuali israeliani e di ebrei non israeliani, che – ora che Israele esiste – il sionismo politicamente si aggiorni, rivisiti il suo nazionalismo e i suoi miti, e si renda conto che la legittimità dello Stato di Israele è basata non sulla bibbia et similia, bensì sulla famosa risoluzione dell’Onu del 1948. La stessa che legittima, finora – e forse ormai per sempre – inutilmente, la nascita di uno Stato palestinese.
Intanto però Netanyahu a Washington ha barato, come del resto la maggioranza dei sionisti odierni, e ha potuto farlo, per giunta venendo anche applaudito pare ben 30 volte, solo perché su certi argomenti si preferisce coltivare l’ignoranza, lasciare briglia sciolta e pascolo libero a stereotipi e falsità storica, base per l’appunto dell’ignoranza di massa utile a predicare ciò che da troppo tenpo si predica. E si pratica.
Di fronte alla durezza di Netanyahu, che punta addirittura a far cacciare Obama dalla Casa Bianca facendo leva negli Usa sulla comunità ebraica e su quella cristiana sionista , è bene cominciare a dire ad alta voce che a contribuire al suo dente avvelenato è, oltre alla sete di potere tipica dei politici, il fatto che è il fratello di un soldato, Jonathan Netanyahu, caduto durante l’attacco israeliano all’aeroporto di Entebbe nel 1976. E’ il caso di cominciare a dire ad alta voce anche che l’attuale primo ministro israeliano ha creato negli Usa, nei vari anni in cui ci ha vissuto, il think tank Jonathan Institute, non a caso intitolato al fratello caduto nell’attacco a Entebbe. E’ bene infatti si sappia, se si vuole capire perché Israele rischia il vicolo cieco, con tutte le sue conseguenze, che il Benjamin Institute ha avuto un ruolo non trascurabile nel teorizzare il passaggio dalla guerra fretta Usa-Urss al confronto tra Nord e Sud del mondo. Il confronto, vale a dire, che ha permesso alle industrie di armi di continuare a prosperare e che rischia di trascinarci in una nuova guerra mondiale.
Netanyahu non è un politico onesto, tra i sionisti è forse il politico più pericoloso e meno onesto: confonde infatti i suoi rancori e la sua sete di potere con gli interessi di Israele, per giunta spacciandoli anche lui come interessi di tutti gli ebrei del mondo. Chiunque sia amico del mondo ebraico, e magari anche di Israele, senza per questo essere nemico mortale di altri mondi e altri Stati, deve svegliarsi: aprire gli occhi e fare la sua parte. Prima che sia troppo tardi.