Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 20 agosto 2016

POLVERIERA DI ANAGNI E IL BANDO D’ASTA ANDATO DESERTO

Associazione “ Anagni  Viva “ e  Legambiente  “ Circolo di Anagni”


 C’ è una strana  coincidenza  di tempi tra l’ incendio del 16  agosto e il  Bando d’asta andato deserto, alla  scadenza del 29  luglio  per la  presentazione di  Progetti, riguardanti la destinazione e la  vendita  della  Polveriera, deliberata dl  Consiglio  Comunale, nel marzo scorso.
Disastro annunciato, così si può definire l'incendio che  il 16 Agosto  ha interessato gran parte del territorio della nostra Polveriera, perché le Associazione Anagni Viva e il Circolo Legambiente di Anagni, più volte hanno rivolto al sindaco Bassetta l’appello affinché ristabilisse la convenzione con gli agricoltori e gli allevatori locali per l’utilizzo agricolo e pastorizio della vasta area di proprietà del Comune, che oltre al beneficio manutentivo   avrebbe prodotto reddito derivante dall’affitto del terreno.
La concessione all'agricoltura  e all'allevamento è una pratica esercitata per decenni dall'Esercito all’interno della Polveriera, che  ha  garantito la pulizia ordinaria del terreno dalle sterpaglie che si accumulano nel corso dell'anno ed ha preservato il deposito di esplosivi  dal rischio incendi.
Di fronte alle secche risposte del sindaco, giustificate da fantomatici pericoli, le Associazioni  Anagni Viva e Legambiente Anagni  avevano formalizzato la denuncia del pericolo di incendi nella Polveriera, richiedendo  la reintroduzione dell’attività agricola e di allevamento nell’area, con lettera del 16.4.2015 prot. N.0007359, indirizzata al Sindaco di Anagni, e lettera  del 23 luglio 2015 prot. N.0014996, indirizzata al Comando VV.FF., al Prefetto di Frosinone, alla Protezione Civile di Anagni e  al Sindaco.
Ancora una volta sono state  parole al  vento, liquidate sbrigativamente con  riferimenti  a rischi non sostenuti da  verifiche  documentate, almeno per  quanto ci è dato sapere, infatti  più volte, sino ad un anno fa, esponenti di Anagni  Viva e di Legambiente sono stati  autorizzati a visitare  la Polveriera per  accompagnare docenti universitari, tecnici , esponenti di cooperative, giornalisti, interessati a conoscere
 “ dal  vivo” uno straordinario  patrimonio naturale, bene  comune  prezioso dei cittadini di Anagni.
Sulle  cause dell’ incendio sapremo dalle  indagini, ma quanto accaduto dimostra fondamentalmente l’ incuria verso i Beni Comuni lasciati nell’ abbandono per la testarda posizione assunta dai  nostri amministratori di non permettere a nessuno l'accesso al deposito. Tale  incuria è ancora più censurabile in quanto l’ Amministrazione ha  aderito, primo Comune  nel Lazio, al Regolamento di LABSUS  per la tutela  dei Beni  Comuni, dando  grande  risalto alla  scelta, rimasta finora  sulla  carta.                                            
Ci chiediamo  ora :  chi paga l’intervento dell’elicottero antincendio, chi paga l’intervento del Canadair, chi paga l’intervento delle decine di volontari della nostra  Protezione Civile e di quella dei paesi limitrofi che hanno rischiato per la loro incolumità, chi paga il danno ambientale alla fauna selvatica e alla vegetazione e il danno complessivo inferto al territorio?
E’ dovere del sindaco Bassetta rispondere a queste domande, sulle proprie responsabilità e su quelle dei tecnici e dei politici che lo affiancano, quantificando il danno al Patrimonio. 
Quanto accaduto  ieri, ripropone  con forza il problema della destinazione, seriamente  approfondita e ragionata, della  Polveriera  ma, nell’ immediato, sin da  domani, è necessario provvedere alla manutenzione non onerosa di questa proprietà pubblica, attraverso concessioni agli agricoltori e agli allevatori locali, in nome della sicurezza della popolazione, del rispetto e della  tutela del territorio.

venerdì 19 agosto 2016

Leggiamo il passato per alimentare una piccola speranza nel futuro



Si  potrebbe vivere senza i signori?

La domanda sembra un poco ingenua; pur tuttavia non manca di qualche fondamento; poiché vi è al mondo una grande maggioranza di gente che s ostina a credere necessaria ed utile l’esistenza di quella classe di parassiti che il volgo chiama signori; cioè coloro –secondo il pregiudizio di molti- nati apposta per comandare , godere e vivere di  rendita , come viceversa altri nacquero per servire, lavorare e consumare la loro vita frusto a frusto, fra l’ingranaggio infame del capitalismo sfruttatore.  Gli stessi signori ed i preti  - che sono strumenti  si oppressione, di odio e di vendetta – dicono che questa distinzione è voluta da Dio, il quale prima di mettere al mondo le sue creature assegna ad ognuno di loro il proprio destino. La trovata farebbe piangere se non facesse ridere, poiché se veramente Dio esistesse bisognerebbe subito rinnegarlo come si rinnega un cattivo padre; ma siccome egli non esiste che nella mente dei furbi e degli  ingenui, così noi diciamo che i signori ed i reti hanno voluto servirsi  di lui come un capro espiatorio, facendolo responsabile di tutte le ingiustizie e di tutti i delitti che essi commettono a danno della povera gente. Ammessa l’ipotesi che Dio esista, e che insieme a lui esista un tribunale di vera giustizia, anziché condannare gli anarchici per incitamento all’odio di classe, non giusto e doveroso condannare i signori ed i preti alla… forca per eccitamento all’odio e alla ribellione dei figli contro il proprio padre?... E notate che i giudici non dovrebbero mica faticare molto per trovare il corpo del reato onde condannare  quei signori…. sobillatori; la prova si trova nelle mani dei colpevoli, ed è il ….. vangelo di cui essi si armano per combattere il progresso e la civiltà. Si, i giudici non dovrebbero fare altro che aprire il libro del vangelo, ed in esso troverebbero la prova e la condanna nella famosa sentenza  che dice: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco le porte del paradiso”.  Ciò significa che non vi debbano essere né ricchi né poveri; e che coloro i quali hanno il superfluo mentre gli altri mancano di tutto il necessario, commettono un delitto contro i propri fratelli. Noi ricordiamo dolorosamente quando tempo addietro ci recavamo a fare un po’ di propaganda in mezzo alle masse dei contadini, di questi poveri paria della pleba; noi ricordiamo come alle nostre affermazioni che essi, se volevano, avrebbero potuto emanciparsi dallo sfruttamento economico , lavorando per proprio conto, rispondevano con un risolino malinconico  e balbettando queste parole: “Ma compagni,  siete matti a dire certe cose? Come si farebbe a vivere senza i padroni che ci fanno lavorare e ci danno da vivere?”. E noi:” Ma sono forse i signori i legittimi proprietari della natura, della terra e delle ricchezze che voi stessi producete, o non se ne sono essi stessi impadroniti con la frode con l’inganno diseredando voi e le vostre famiglie di quegli agi, di quelle gioie e di quei diritti che essi godono, mentre a voi hanno riservato un solo diritto, cioè il diritto al lavoro e alla fame?”. Ma quegli  sfruttati non comprendevano il verbo della verità , e sospirando  ripetevano il ritornello che loro aveva insegnato il parroco:”Sia fatto per l’amor di Dio”. Noi però non disperammo mai del risveglio delle loro coscienze di lavoratori e di uomini. Tornammo all’assalto della rocca del pregiudizio e della superstizione, e finalmente  l’abbattemmo!  Infatti ,oggi i contadini hanno ben compreso il concetto  della organizzazione, e si sono organizzati poderosamente in Leghe di resistenza e Federazioni ; essi han conosciuta  l’arma dello sciopero e la hanno  valorosamente adoperata contro i loro sfruttatori; hanno riunito le loro forze e compatti e solidali marciano, a fianco dei loro compagni dell’officina, verso il roseo orizzonte della emancipazione proletaria. Andate ora a parlare ai contadini organizzati dei loro padroni, e sentirete che cosa vi diranno; domandate loro se potrebbero vivere senza i signori, ed essi vi risponderanno: “ Ma sicuramente che noi potremmo vivere senza di loro, mentre essi non potrebbero vivere senza di noi; poiché siamo noi che dissodiamo la terra e la fecondiamo col nostro sudore; siamo noi che ariamo e seminiamo , che falciamo, che, insomma, raccogliamo le derrate per portare ai loro magazzini. “Siamo noi che pur lavorando da mane  sera, soffriamo la miseria e la fame, mentre essi che vivono oziando, nuotano nel lusso e corrono il rischio di crepare d’indigestione!”.  Dunque, necessari ed utili al mondo non sono che i lavoratori; i signori se vogliono vivere hanno bisogno di queste forze attive, di questi creatori veri della ricchezza sociale, come l’ostrica attaccata allo scoglio ha bisogno dell’onda apportatrice di quel cibo che da sé stessa non sa procurarsi. Se i lavoratori deliberassero un bel giorno di incrociare le braccia, allora i signori, per mangiare, sarebbero costretti a scendere nei campi e nelle officine per dar piglio alla vanga ed al martello; poichè se rimanessero inerti morirebbero di inedia.  Per ovviare a questo fatto è necessario che quelli che stanno in altro  scendano un poco in  basso , e quelli che stanno in basso salgano in altro; in tal modo si raggiungerà l’eguaglianza sociale, cosicchè non vi saranno più esseri utili ed esseri inutili, ma tutti invece saranno efficacissimi operatori  del benessere collettivo. Ma questa ragione quelli che stanno in altro non la comprendono mai, e allora quelli che stanno in basso saranno costretti a… prendere gli opportuni provvedimenti.

Aristide Ceccarelli.


Tratto dal libro 
“L’Anarchia volgarizzata .
 Prima edizione Roma 1910. 
Seconda edizione Ceccano 2016.


video a cura di Luciano Granieri

giovedì 18 agosto 2016

Austerità per la Grecia ma non per la Renzinomics

Luciano Granieri


tabella tratta da "il fatto quotidiano"


E’ dalla metà di agosto che i  maggiori giornali economici mondiali  sono preoccupati della stagnazione che attanagli l’Italia. Wall Street Journal, New York Time e Financial Time, ma anche El Pais, in diversi loro articoli identificano l’Italia come la malata d’Europa . Un malessere economico che potrebbe trascinare l’intero continente in una ricaduta della crisi. 

Anche autorevoli esponenti della finanza internazionale, da George Soros ai top manager della Silicon Valley, sono spaventati dalla stagnazione italiana. Come mai così all’improvviso la situazione del nostro Paese è al centro dei pensieri della comunità finanziaria mondiale?  E’ talmente diffuso l’allarme crisi , che quegli stessi soggetti speculativi  implacabili nell’invocare le regole del fiscal compact  per la Grecia, spingono invece affinchè Bruxelles sia più tollerante con l’Italia. 

Perché i pescecani del trasferimento selvaggio e illimitato  di capitali, invocano un allentamento delle politiche di austerità per il nostro Paese ?  Forse  sono presi da un rimorso di coscienza per i danni che hanno arrecato ai lavoratori, al ceto basso e medio, distraendo enormi quantità di denaro dal reddito per trasferirle al  profitto? Niente di tutto ciò.  Per il New York Times, il Financial Times e compagnia cantando, è necessario che l’UE conceda al Governo italiano la flessibilità utile  ad approntare una manovra economica espansiva, con tagli  delle tasse, e altre regalia a pioggia, non per far ripartire lo sviluppo  ,  ma per  consentire  a Renzi di vincere il referendum costituzionale. 

I sondaggi ad oggi riportano  un piccolo vantaggio dei No sui Si. Però se si convincessero gli elettori indecisi, e coloro che hanno intenzione di astenersi,  a votare  Si, attraverso agevolazioni fiscali e misure  di tipo assistenziale, magari una tantum ,  è  probabile che la riforma  esca vincente dalle urne nella consultazione referendaria di novembre, o dicembre, o quando sarà.

 Ma perché la modifica della Costituzione Italiana interessa tanto i top manager?  E’ evidente. Il nostro sistema democratico, così come definito dalla Carta del ’48 prevede  una  partecipazione dei cittadini giudicata eccessiva . Ciò comporta la difficoltà ad approvare misure palesemente nocive  al patto di convivenza sociale,   ma del tutto favorevoli    alla speculazione finanziaria internazionale.

  Il TTIP, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico è una di queste misure. Un dispositivo smaccatamente sbilanciato verso le multinazionali, le lobby finanziarie, e devastante per la sopravvivenza delle popolazioni che,   così come tutti i provvedimenti a favore di banche ed alta finanza,  avrebbe  un iter di approvazione governativa agevole e senza intoppi. Sottolineo governativa, perché il Parlamento così come lo “deforma” la riforma spesso andrà in paralisi favorendo il potere legislativo del Governo. 

Inoltre si vuole evitare lo sfaldamento  dell’Unione Europea, non come entità sociale, non lo è mai stata,  ma  come enorme area di caccia per gli squali della finanza. Un immenso mercato di libera e incontrollata  transizione di capitali  che già ha subito la defezione della Gran Bretagna e che la sconfitta del referendum italiano rischierebbe di compromettere   ulteriormente con la rivitalizzazione di un fronte antieuropeista ed anticapitalista. 

Ma il rischio per i signori della finanza internazionale si estende oltre la questione referendaria. Infatti quand’anche  dovesse passare la riforma renziana, comprensiva dell’Italicum, alle elezioni  politiche del 2018 potrebbe vincere  una forza non propriamente favorevole all’euro come il Movimento 5 Stelle, il quale proprio in virtù delle riforme,  avrebbe il totale controllo del governo del Paese. Un evento ancora più  letale, per  J.P. Morgan e top manager, della sconfitta del referendum costituzionale. Dunque, avanti con Renzi fino a che default non ci separi e fino a quando non si affaccerà nel contesto nazionale un burattino altrettanto docile da manovrare. 

Del resto la politica economica di Matteo Renzi   ha perfettamente realizzato le dinamiche liberiste, così come richiesto dall’èlite finanziaria. I  30 miliardi regalati ad imprese , banche e proprietà fondiaria  dal 2014 ad oggi (fra jobs act, expò, abolizione  Imu e Tasi   anche per i più ricchi, bonus fiscali vari) esaudiscono i desideri  dei padroni del vapore  ma,  come è consuetudine , acuiscono la crisi economica e lo stato di deprivazione per la maggior parte dei cittadini. Quegli stessi cittadini che però oggi, bisogna coccolare, omaggiare di qualche prebenda per indurli a votare la riforma Renzi-Boschi. 

Esprimersi  per il  No al referendum, potrebbe ostacolare e rallentare tale  perverso ingranaggio che stritola le vite della maggior parte dei cittadini. Proviamoci  a vincere questa battaglia. Votiamo No.  

martedì 16 agosto 2016

Capalbio e la fiera del luogo comune

Militant Blog   Collettivo Politico Comunista Sezione della Rete Nazionale "Noi saremo tutto"



Da qualche giorno impazza nella rete e sui giornali la vicenda del Comune di Capalbio, che si sarebbe ribellato alla decisione della Prefettura di Grosseto di collocare nel comune maremmano cinquanta rifugiati in attesa di permesso di soggiorno. In poche ore ha preso piede il festival del cliché: da una parte il Pd locale, che si lamentava della decisione che potrebbe incidere sull’immagine turistica cittadina, provocando a suo dire un potenziale fuggi fuggi del turismo benestante del luogo; dall’altra tutte le altre forze politiche che subito hanno gridato al “radical-chichismo” della sinistra romano-capalbiese. Eppure, in questo caso, la vicenda non ha nulla a che fare con quella gauche caviar brava a predicare nei salotti ma allergica alla vita reale. Infatti, la questione riguarda la presa di posizione del Pd cittadino, e affiancare al Pd la parola o il concetto di “radical” è come minimo una provocazione. Il Pd non sta tradendo alcuna posizione politica in questa polemica, è perfettamente lineare con la sua impostazione programmatica e sociale. Quella “sinistra” romana di stanza a Capalbio nei mesi estivi è scomparsa da tempo immemore. Sono rimasti una serie di pensionati d’oro dal nome altisonante e dal ricco conto in banca, ma dall’inutile incidenza nelle sorti politiche della “sinistra” italiana. Il più “nobile” è Alberto Asor Rosa, quello che si augurava un golpe militare contro i governi Berlusconi, per dire. Stiamo parlando del niente, di tromboni ottuagenari o di piccoli cacicchi politici neo-democristiani. E’ perfettamente normale che il Pd proponga di spedire quei rifugiati nelle periferie urbane, fuori dai circuiti del turismo, soprattutto se benestante, e che immagini “zone speciali” da destinare ai flussi turistici internazionali disinfettandole dalla popolazione povera autoctona. E’ la sua natura di classe, non le sue posizioni politiche, a spingerlo verso quell’inevitabile direzione. A destra, invece, la polemica è servita per dimostrare quanto l’accoglienza dei migranti sia una forzatura politica distante dai veri umori della popolazione: anche quella stessa “sinistra” che fa dell’accoglienza un merito, di fronte al migrante in carne e ossa rifiuta il contatto e mette veti a ogni possibile promiscuità. Dal proprio punto di vista ha ragione. E’ chiaro che per il Pd i migranti vanno accolti solo se detenuti nelle periferie metropolitane, come carne da lavoro sottopagata e senza diritti, ma esclusi da qualsiasi processo di inclusione effettiva nella comunità nazionale. Ma, a ben vedere, è ciò che in realtà vuole anche la destra! Qui il radical chic non c’entra nulla: è una dialettica tra due tipi di destra, una istituzionale ed europeista e l’altra nazionalista e xenofoba. Che perseguono, in realtà, un unico obiettivo, quello di disumanizzare il migrante impedendone ogni possibile integrazione sociale.

lunedì 15 agosto 2016

Dizzy mi licenzia, Miles mi licenzia.

 Wu Ming  tratto dal libro New Thing.




Non trovo la vena. Porta socchiusa e mi schiaffeggio il braccio. Mi vedessi da fuori penserei: “Guardalo, l'idiota”. Ma non mi vedo da fuori. Sono fuori di me, ma sono cieco. Che anno è, dove sto suonando. Ottobre del '50 in un albergo di L.A. L’ago entra e perdo i sensi. Perdo senso. Se un uomo può farcela a Los Angeles può farcela ovunque. Se riesci a farti con la roba di fuori New York, puoi farti di qualunque cosa.
Dicono che vedi la vita scorrere. Non ricordo niente. Forse una pioggia torrenziale, pioggia di note, tutte le note che circondano la nota, quella lunga, e insieme fanno un accordo, il suono dell’universo.
Ero quasi riuscito a trovarlo a Parigi,  suonavo le note sopra e sotto la nota, cercavo e cercavo, tutte le note insieme, ma fu molto tempo dopo. C’ero quasi, non m'importava che il pubblico capisse, poi qualcuno mi lanciò un biglietto tra i piedi.

 Si tu perçois l’univers tout entier comme une fantasmagorie, une joie ineffable surgira en toi.

Non so il francese.
Ora sono nel '50, vado giù nella fossa che è la mia testa, dove non si può scandagliare, dall’oblò vedo scendere le note e...  uno schiaffo, due schiaffi, tre.
Se un uomo può farcela a Los Angeles può farcela ovunque.
Io ce la faccio, mi riànimano. Poi…

Dizzy mi licenzia.
Miles mi licenzia.
Dio mi licenzia.
Guadagnarmi la riassunzione. Tornare pulito.



clip  a cura di Luciano Granieri


Dedicato a Charlie Parker,

domenica 14 agosto 2016

S.Elia Fiumerapido lo sciopero a rovescio del 1951

A cura di Luciano Granieri.

Il pezzo che segue, cade in una giornata, il 15 agosto, in cui una moltitudine di persone non sta lavorando. Alcuni perchè sono in vacanza, molti perchè sono disoccupati con poche prospettive di trovare un lavoro, soprattutto nella nostra Provincia. Ciò   per la fallimentare politica del Governo e della Regione, certificata dai dati Istat,     in termini di  lotta alla disoccupazione. Anche nel 1951 la situazione occupazionale nel nostro territorio era drammatica. Si usciva da una guerra devastante e i soldi che gli americani avevano distribuito in tutta Europa attraverso il piano Marshall, sembrava non fossero pienamente sfruttati dai governanti dell'epoca per realizzare quelle opere strutturali (strade, ponti) distrutte dal conflitto. Fu così che i disoccupati decisero di organizzare una protesta singolare . Uno  sciopero alla rovescia. Incrociare le braccia non potevano visto  che erano già  senza lavoro, per cui iniziarono a lavorare gratuitamente a quelle grandi opere necessarie a rivitalizzare il Paese per la cui realizzazione gli americani avevano distribuito milioni di dollari e che il Governo non riusciva a stanziare . Ad esempio il 28 aprile 1951 più di trecento disoccupati iniziarono i lavori di arginatura del Fiume Rio Secco. Ma molte altre strade vennero realizzati dagli scioperanti alla rovescia. Da allora, evidentemente le cose sono cambiate e trovare mano d'opera aggratis (vedi l'esperienza dell'Expo' di Milano) sarà la prossima frontiera della  legislazione sul lavoro. Una dinamica ormai in balia potentati finanziari,  che richiede sempre più schiavi ubbidienti disposti anche a lavorare senza retribuzione. E' un fatto però che la storia degli scioperanti a rovescio,  la solidarietà  che li ha mossi tutti insieme ad elaborare una strategia di protesta originale e dirompente, lascia una speranza per un ritorno alla condivisione delle lotte a una loro organizzazione utile a  sovvertire un sistema  che vede  lavoratori sempre più marginali, soccombere alle logiche della speculazione finanziaria. Con questo esempio foriero di speranza voglio augurare a tutti, un buon ferragosto.

Una descrizione esauriente degli scioperi a rovescio  organizzati nel 1951 in Ciociaria è riportata nel brano che segue scritto dall'amico e compagno Angelino Loffredi. Il testo è tratto dal blog di Angelino http://www.loffredi.it/ e il post intero può essere letto al seguente indirizzo http://www.loffredi.it/scioperi-a-rovescio.html.

Il video che testimonia proprio lo sciopero di S.Elia Fiumerapido del 1951 mostra alcune immagini raccolte dall'archivio audiovisivo del movimento operaio democratico. Personalmente ho semplicemente aggiunto un commento musicale eseguito dal gruppo folk Alla Bua. Il titolo è Jeu Partu.

BUONA LETTURA, VISIONE, ASCOLTO E  UN FELICE FERRAGOSTO A TUTTI. 




Nel 1951 il Lazio meridionale veniva attraversato da un movimento di lotta originale e pacifico: quello degli scioperi a rovescio.

Normalmente il termine sciopero viene associato a non lavoro. L’originalità, invece, sta  proprio nel lavorare gratuitamente pur proclamando lo sciopero. Si lavorava per realizzare opere di interesse pubblico, prevalentemente strade, oppure lavatoi, sistemazioni idrauliche, reti fognanti.
In quel 1951 questa forma di lotta rappresentava la risposta  alla disoccupazione sempre più endemica e ai ritardi della ricostruzione che si stavano accumulando. Più in generale si può scrivere che era la risposta  data dai  socialisti e dai comunisti  alla politica economica dei governi centristi. In quel periodo, infatti, le opportunità offerte dal Piano Marshall non venivano pienamente utilizzate oltre non essere  finalizzate al miglioramento della  vita nelle campagne e per la piena occupazione. Inoltre rappresentava una critica anche verso l’Ericas ( Ente Ricostruzione Cassino ) la cui attività era limitata e discutibile.
In provincia di Frosinone la scintilla scoppia il due di aprile ad Amaseno, in contrada Vettia. L’obiettivo è la realizzazione della strada (per la quale esisteva un finanziamento) per superare l’isolamento dal paese. L’organizzazione è curata  dalla Federterra. Quel giorno, secondo la testimonianza di Oreste Di Girolamo (protagonista della lotta), sotto la guida di Mario Piroli di Ceccano, 260 disoccupati armati solamente di pala e piccone incominciarono a lavorare. Immediatamente Piroli e Di Girolamo furono portati in caserma dai carabinieri. Per tutta la durata dello sciopero il paese rimase  occupato dalla Celere.
A coloro che vogliono saperne di più li invito a leggere il  libro di Alberico Magni " Amaseno: origini sociali, culturali economiche e politiche "
Il 28 aprile a San Elia Fiumerapido più di trecento disoccupati iniziano i lavori di arginatura del fiume Rio Secco. Sono guidati da M. Vettraino della CGIL e dallo stesso  Mario Piroli venuto da Ceccano. A tale proposito, la vedova  Piroli, Pietrina Leo, mi ha messo a disposizione una fotografia in cui si vedono lo stesso, in alto a sinistra, e disoccupati impegnati nel lavoro. Appare anche una scritta molto esplicativa: "S. Elia.F.R. Sciopero a rovescio. Disoccupati 354 in lotta per l’arginatura del Rio Secco. 5/5/ 1951".
Sia Piroli che Vettraino saranno denunciati all’autorità giudiziaria. 
Qualche settimana più tardi settantacinque disoccupati della contrada San Giorgio di Sora iniziano lavori di sbancamento del torrente medesimo per imbrigliare le acque del fiume Liri. Secondo il prefetto, con linguaggio tipico dell’epoca perché "istigati" da Giuseppe Malandrucco.
Gli scioperi si estendono a S. Giovanni Incarico, San Giorgio a Liri, Castrocielo, Colle San Magno, Vallemaio, Terelle, Belmonte Castello, Caira Cassino, ove è presente ed attivo Franco Assante.

Assume un ruolo eccezionale lo sciopero di San Donato Val di Comino, sia per la progettualità che profondità e  anche per la dura e pretestuosa repressione poliziesca. 
Iniziata il 26 aprile con l’avvio di lavori per la sistemazione delle strade campestri nelle contrade Valenziere, San Paolo e Santa Croce, la lotta coinvolge l’intero paese perchè  sostenuta da uno sciopero di mezzora dei commercianti. 
La rivendicazione si allarga: si pone l’obiettivo  di fare progettare la strada che da San Donato porta a Forca d’Acero, assegnando successivamente i lavori alle cooperative locali. L’11 giugno si organizza una fiaccolata chiamata Marcia per il Lavoro, che arriva fino a Grotta Campanaro, posta fra i  comuni di Settefrati e Picinisco, per chiedere la costruzione di una centrale elettrica.
Ma il 21 di giugno arriva la repressione che avviene dopo un meticoloso lavoro di schedatura ove persone serie e rispettabili vengono ritenute facinorose e pericolose.  Vengono  arrestate 14 persone con motivazioni inconsistenti e pretestuose, di cui due donne ed il segretario provinciale della CGIL Potini. Alcune di questi furono liberati dopo qualche settimana, altre dopo il primo processo, altre dopo quello di appello, solo Potini viene condannato a novanta giorni di carcere, peraltro già scontati.