tabella tratta da "il fatto quotidiano" |
E’ dalla metà di agosto che i maggiori giornali economici mondiali sono preoccupati della stagnazione che attanagli l’Italia. Wall Street Journal, New York Time e Financial Time, ma
anche El Pais, in diversi loro articoli identificano l’Italia come la malata d’Europa
. Un malessere economico che potrebbe trascinare l’intero continente in una
ricaduta della crisi.
Anche autorevoli esponenti della finanza internazionale, da George Soros ai top manager della Silicon Valley, sono spaventati dalla
stagnazione italiana. Come mai così all’improvviso la situazione del nostro
Paese è al centro dei pensieri della comunità finanziaria mondiale? E’ talmente diffuso l’allarme crisi , che quegli stessi soggetti speculativi
implacabili nell’invocare le regole del fiscal compact per la Grecia, spingono invece affinchè
Bruxelles sia più tollerante con l’Italia.
Perché i pescecani del trasferimento selvaggio e
illimitato di capitali, invocano un
allentamento delle politiche di austerità per il nostro Paese ? Forse sono presi da un rimorso di coscienza per i
danni che hanno arrecato ai lavoratori, al ceto basso e medio, distraendo
enormi quantità di denaro dal reddito per trasferirle al profitto? Niente di tutto ciò. Per il New York Times, il Financial Times e
compagnia cantando, è necessario che l’UE conceda al Governo italiano la flessibilità utile ad approntare una manovra economica espansiva,
con tagli delle tasse, e altre regalia a
pioggia, non per far ripartire lo sviluppo , ma per consentire a Renzi di vincere il referendum
costituzionale.
I sondaggi ad oggi riportano un piccolo vantaggio dei No sui Si. Però se si
convincessero gli elettori indecisi, e coloro che hanno intenzione di astenersi, a votare Si, attraverso agevolazioni fiscali e misure
di tipo assistenziale, magari una tantum
, è probabile che la riforma esca
vincente dalle urne nella consultazione referendaria di novembre, o dicembre, o
quando sarà.
Ma perché la modifica della Costituzione Italiana interessa tanto
i top manager? E’ evidente. Il nostro
sistema democratico, così come definito dalla Carta del ’48 prevede una partecipazione dei cittadini giudicata
eccessiva . Ciò comporta la difficoltà ad approvare misure palesemente nocive al patto di convivenza sociale, ma del tutto favorevoli alla
speculazione finanziaria internazionale.
Il TTIP, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico è
una di queste misure. Un dispositivo smaccatamente sbilanciato verso le
multinazionali, le lobby finanziarie, e devastante per la sopravvivenza delle
popolazioni che, così come tutti i provvedimenti a favore di banche ed alta finanza, avrebbe un iter di approvazione governativa agevole e senza intoppi.
Sottolineo governativa, perché il Parlamento così come lo “deforma” la riforma
spesso andrà in paralisi favorendo il potere legislativo del Governo.
Inoltre
si vuole evitare lo sfaldamento dell’Unione
Europea, non come entità sociale, non lo è mai stata, ma come
enorme area di caccia per gli squali della finanza. Un immenso mercato di
libera e incontrollata transizione di
capitali che già ha subito la defezione
della Gran Bretagna e che la sconfitta del referendum italiano rischierebbe di
compromettere ulteriormente con la rivitalizzazione di un
fronte antieuropeista ed anticapitalista.
Ma il rischio per i signori della
finanza internazionale si estende oltre la questione referendaria. Infatti quand’anche
dovesse passare la riforma renziana,
comprensiva dell’Italicum, alle elezioni politiche del 2018 potrebbe vincere una forza non propriamente favorevole all’euro
come il Movimento 5 Stelle, il quale proprio in virtù delle riforme, avrebbe il
totale controllo del governo del Paese. Un evento ancora più letale, per
J.P. Morgan e top manager, della sconfitta del referendum
costituzionale. Dunque, avanti con Renzi fino a che default non ci separi e
fino a quando non si affaccerà nel contesto nazionale un burattino altrettanto docile
da manovrare.
Del resto la politica economica di Matteo Renzi ha perfettamente realizzato le dinamiche
liberiste, così come richiesto dall’èlite finanziaria. I 30 miliardi regalati ad imprese , banche e
proprietà fondiaria dal 2014 ad oggi
(fra jobs act, expò, abolizione Imu e
Tasi anche per i più ricchi, bonus
fiscali vari) esaudiscono i desideri dei
padroni del vapore ma, come è consuetudine , acuiscono la crisi economica e
lo stato di deprivazione per la maggior parte dei cittadini. Quegli stessi
cittadini che però oggi, bisogna coccolare, omaggiare di qualche prebenda per
indurli a votare la riforma Renzi-Boschi.
Esprimersi per il No al referendum, potrebbe ostacolare e
rallentare tale perverso ingranaggio che stritola le vite della maggior parte dei
cittadini. Proviamoci a vincere questa battaglia. Votiamo No.
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