Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 18 agosto 2016

Austerità per la Grecia ma non per la Renzinomics

Luciano Granieri


tabella tratta da "il fatto quotidiano"


E’ dalla metà di agosto che i  maggiori giornali economici mondiali  sono preoccupati della stagnazione che attanagli l’Italia. Wall Street Journal, New York Time e Financial Time, ma anche El Pais, in diversi loro articoli identificano l’Italia come la malata d’Europa . Un malessere economico che potrebbe trascinare l’intero continente in una ricaduta della crisi. 

Anche autorevoli esponenti della finanza internazionale, da George Soros ai top manager della Silicon Valley, sono spaventati dalla stagnazione italiana. Come mai così all’improvviso la situazione del nostro Paese è al centro dei pensieri della comunità finanziaria mondiale?  E’ talmente diffuso l’allarme crisi , che quegli stessi soggetti speculativi  implacabili nell’invocare le regole del fiscal compact  per la Grecia, spingono invece affinchè Bruxelles sia più tollerante con l’Italia. 

Perché i pescecani del trasferimento selvaggio e illimitato  di capitali, invocano un allentamento delle politiche di austerità per il nostro Paese ?  Forse  sono presi da un rimorso di coscienza per i danni che hanno arrecato ai lavoratori, al ceto basso e medio, distraendo enormi quantità di denaro dal reddito per trasferirle al  profitto? Niente di tutto ciò.  Per il New York Times, il Financial Times e compagnia cantando, è necessario che l’UE conceda al Governo italiano la flessibilità utile  ad approntare una manovra economica espansiva, con tagli  delle tasse, e altre regalia a pioggia, non per far ripartire lo sviluppo  ,  ma per  consentire  a Renzi di vincere il referendum costituzionale. 

I sondaggi ad oggi riportano  un piccolo vantaggio dei No sui Si. Però se si convincessero gli elettori indecisi, e coloro che hanno intenzione di astenersi,  a votare  Si, attraverso agevolazioni fiscali e misure  di tipo assistenziale, magari una tantum ,  è  probabile che la riforma  esca vincente dalle urne nella consultazione referendaria di novembre, o dicembre, o quando sarà.

 Ma perché la modifica della Costituzione Italiana interessa tanto i top manager?  E’ evidente. Il nostro sistema democratico, così come definito dalla Carta del ’48 prevede  una  partecipazione dei cittadini giudicata eccessiva . Ciò comporta la difficoltà ad approvare misure palesemente nocive  al patto di convivenza sociale,   ma del tutto favorevoli    alla speculazione finanziaria internazionale.

  Il TTIP, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico è una di queste misure. Un dispositivo smaccatamente sbilanciato verso le multinazionali, le lobby finanziarie, e devastante per la sopravvivenza delle popolazioni che,   così come tutti i provvedimenti a favore di banche ed alta finanza,  avrebbe  un iter di approvazione governativa agevole e senza intoppi. Sottolineo governativa, perché il Parlamento così come lo “deforma” la riforma spesso andrà in paralisi favorendo il potere legislativo del Governo. 

Inoltre si vuole evitare lo sfaldamento  dell’Unione Europea, non come entità sociale, non lo è mai stata,  ma  come enorme area di caccia per gli squali della finanza. Un immenso mercato di libera e incontrollata  transizione di capitali  che già ha subito la defezione della Gran Bretagna e che la sconfitta del referendum italiano rischierebbe di compromettere   ulteriormente con la rivitalizzazione di un fronte antieuropeista ed anticapitalista. 

Ma il rischio per i signori della finanza internazionale si estende oltre la questione referendaria. Infatti quand’anche  dovesse passare la riforma renziana, comprensiva dell’Italicum, alle elezioni  politiche del 2018 potrebbe vincere  una forza non propriamente favorevole all’euro come il Movimento 5 Stelle, il quale proprio in virtù delle riforme,  avrebbe il totale controllo del governo del Paese. Un evento ancora più  letale, per  J.P. Morgan e top manager, della sconfitta del referendum costituzionale. Dunque, avanti con Renzi fino a che default non ci separi e fino a quando non si affaccerà nel contesto nazionale un burattino altrettanto docile da manovrare. 

Del resto la politica economica di Matteo Renzi   ha perfettamente realizzato le dinamiche liberiste, così come richiesto dall’èlite finanziaria. I  30 miliardi regalati ad imprese , banche e proprietà fondiaria  dal 2014 ad oggi (fra jobs act, expò, abolizione  Imu e Tasi   anche per i più ricchi, bonus fiscali vari) esaudiscono i desideri  dei padroni del vapore  ma,  come è consuetudine , acuiscono la crisi economica e lo stato di deprivazione per la maggior parte dei cittadini. Quegli stessi cittadini che però oggi, bisogna coccolare, omaggiare di qualche prebenda per indurli a votare la riforma Renzi-Boschi. 

Esprimersi  per il  No al referendum, potrebbe ostacolare e rallentare tale  perverso ingranaggio che stritola le vite della maggior parte dei cittadini. Proviamoci  a vincere questa battaglia. Votiamo No.  

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