Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 9 luglio 2020

Per la Costituzione fare vincere il NO nel prossimo referendum costituzionale

Comitato per il No al taglio dei parlamentari



Il governo ha costretto la maggioranza parlamentare a imporre il voto in un unico appuntamento elettorale per le regioni, per i comuni, per le supplettive dei parlamentari e per il referendum costituzionale, date probabili il 20 e 21 settembre.

Contrasteremo con determinazione questo appuntamento elettorali unico, ricorrendo ai tribunali, appoggiando tutte le iniziative che pretendono il rispetto della Costituzione e chiedono che gli elettori possano votare pienamente consapevoli.

Intaccare l'autonomia delle regioni sul rinnovo degli organi scaduti è un errore mentre è invece indispensabile introdurre nella Costituzione il principio della prevalenza dell'interesse nazionale quando sono in gioco la vita e diritti costituzionali fondamentali, come nella pandemia di covid 19.
La forzatura del voto referendario per il taglio dei parlamentari, nascosto in un unico appuntamento elettorale mischiando argomenti diversi, non consentirà agli elettori di votare consapevoli sul vero oggetto del voto referendario sul ruolo del parlamento, centrale nella nostra Costituzione, perchè sono campagne elettorali distinte con argomenti diversi.

Il Movimento 5 Stelle, nato con una vocazione a favore dei referendum e della democrazia diretta, dovrebbe essere favorevole per primo ad informare gli elettori per consentire loro di scegliere sulle materie oggetto di voto.

Tanto più è necessario decidere informati se si tratta di cambiare la Costituzione. Per questo c'era da aspettarsi che il M5S avrebbe preteso di fare conoscere l'argomento, motivando il taglio del 36,5% dei parlamentari, chiedendo un voto a favore limpido, a sé stante. A meno che la vera motivazione non sia quella di Casaleggio jr che è arrivato a prevedere il superamento del parlamento tra qualche lustro. Quindi mettere sotto tiro composizione e ruolo del parlamento potrebbe essere la premessa per la sua scomparsa, magari per lasciare il posto a piattaforme opache e di parte come quella Rousseau. Tutti hanno il dovere di dire la verità sul significato del taglio.

Promuovere un appuntamento elettorale unico, mischiando argomenti diversi nel voto pur di portare più elettori a votare per il referendum, conferma che ci si è resi conto che il taglio del parlamento non riesce a mobilitare e quindi c'è il timore che con pochi partecipanti al voto i No possano vincere il referendum.

L'election day è conseguenza della paura di perdere.
Le ragioni del taglio dei parlamentari restano povere, inadeguate. Si parla di un risparmio al limite del ridicolo di fronte agli 80 miliardi già decisi di spese extra e di altre che arriveranno per affrontare la crisi sanitaria e le sue conseguenze occupazionali ed economiche. Risparmi gonfiati pur di dargli un significato che non possono avere, arrivando a moltiplicare per 10 anni un risparmio gonfiato pur di raggiungere la cifra di un miliardo.

Anzitutto la democrazia ha dei costi per fare funzionare la rappresentanza parlamentare dei cittadini. Tagliarla compromette la potenzialità di avere una rappresentanza parlamentare adeguata. Certo oggi funziona male ma la responsabilità non è solo di un parlamento di nominati dall'alto, ma dei partiti che decidono nelle segrete stanze chi deve stare in parlamento, tagliando fuori dalle scelte i cittadini che così non sono veramente rappresentati, perchè gli eletti non rispondono a loro.

Tagliando il parlamento di oltre un terzo i cittadini saranno meno e peggio rappresentati di oggi, perchè da molti anni le leggi elettorali non hanno cercato la rappresentanza migliore ma quella più fedele e manovrabile.

Il taglio del parlamento colpisce duramente l'architrave della democrazia: il parlamento, cioè la rappresentanza dei cittadini, che può e deve essere migliore di quella attuale. Elettrici ed elettori hanno interesse ad avere una rappresentanza efficace attraverso la quale esprimere i diversi punti di vista.

Difetti di funzionamento nella democrazia italiana ci sono, gravi responsabilità le hanno i governi che evitano il confronto in parlamento per imporre con decreti, voti di fiducia e ora anche con i dpcm le proprie scelte al parlamento, rovesciando di fatto la gerarchia istituzionale prevista dalla Costituzione.

Il Parlamento dovrebbe essere l'architrave istituzionale del nostro paese, mentre gradualmente è diventato subalterno alle imposizioni del governo e dei capi partito, lasciando spazio a forti processi di centralizzazione e di personalizzazione della politica, una strada aperta da Berlusconi 20 anni fa, purtroppo seguita da altri, anche a sinistra, al punto che ormai è diffusa.

Va denunciato con forza che si stanno preparando le premesse per una svolta presidenzialista, storico obiettivo della destra, che oggi lo ripropone con raccolte di firme ed altre iniziative che preparano il terreno ad altri stravolgimenti costituzionali.

Gli apprendisti stregoni che hanno proposto il taglio del parlamento, gli opportunismi che lo hanno subito perchè hanno scelto di non condurre una limpida battaglia politica per bloccare questa grave deriva populista, stanno preparando il terreno per la destra, perchè al taglio dei parlamentari seguirà un ulteriore indebolimento del parlamento che potrebbe indurre a forzare la mano per andare al voto politico anticipato per conquistare la maggioranza in parlamento, tanto più che la riduzione degli eletti e la legge elettorale fatta approvare da Calderoli della Lega è pronta ad entrare in vigore.

Potremmo avere il paradosso che il taglio del parlamento, visto da alcuni come un elisir di lunga vita per il governo, in realtà potrebbe aprire la strada ad elezioni anticipate, senza dimenticare che chi governerà gestirà ingenti risorse italiane ed europee e quindi sono in campo grandi interessi economici.

Poco sembra importare se regioni con il doppio degli abitanti o i 4,5 milioni di italiani all'estero avranno meno rappresentati al senato del solo Alto Adige, che ha poco più di un 1.000.000 di abitanti, mentre la destra italiana, che ha forti componenti illiberali, tenterà di conquistare ad ogni costo la maggioranza per mettersi nelle condizioni di eleggere il futuro Presidente della Repubblica, che così diventerebbe non più garante della Costituzione e dell'equilibrio tra i poteri ma il capo della parte politica che ha conquistato la maggioranza.

Il taglio del parlamento non fermerà la destra e prepara lo smottamento verso il presidenzialismo e l'irrilevanza politica di chi l'ha promosso.

Le altre forze democratiche presenti in parlamento e fuori debbono sapere che il taglio del parlamento non aiuterà il decollo di una nuova fase politica.

Solo un grande timore, ai limiti dell'irrazionale, può spingere ad appoggiare scelte come questa che consoliderà sugli altri partiti della maggioranza l'ombra del capovolgimento di posizione - senza mai averne dato una reale motivazione - che ha reso possibile l'approvazione del taglio del parlamento nella quarta lettura parlamentare.

Il pericolo di una fase politica che può offrire alla destra l'opportunità di tornare al governo nel modo peggiore dovrebbe imporre a tutti un rinsavimento. Non si cambia la Costituzione, tanto più sul ruolo del Parlamento, senza prendersi una grave, storica, responsabilità che può portare a snaturarla, a cambiarla radicalmente.

Eppure nel programma del centro sinistra era stata definita la Costituzione più bella del mondo.
Ci sono ragioni importanti se l'Anpi ha preso una posizione contraria e prepara una posizione per il No in cui spenderà figure di grande prestigio.

Fermarsi è ancora possibile. Anzitutto con i ricorsi giurisdizionali in campo. Quello del Comitato per il no al taglio del parlamento, quello dei senatori che hanno promosso il referendum.

Se si dovesse arrivare comunque al referendum per respingere questa deriva basta votare No, per la Costituzione contro il populismo e l'opportunismo e dovranno farlo tutte le persone che non hanno interessi da difendere ma solo forti convinzioni, organizzando la campagna per il No. Anche importanti soggetti collettivi si stanno schierando, come l'Espresso, come partiti presenti in parlamento (Sinistra italiana,   radicali) e non presenti come Rfc, Pdci, Azione ed altri.

Dobbiamo fare appello alla mobilitazione delle coscienze in nome della Costituzione chiedendo di votare No. Basta fare vincere il No per bloccare questa controriforma.

Continueremo a prendere tutte le iniziative possibili per ottenere che il referendum sul taglio del parlamento si svolga in una giornata a sè stante, ma il Governo deve comunque garantire una puntuale e diffusa informazione alle elettrici e agli elettori su cosa i cittadini verranno chiamati a decidere, come del resto recita un Odg approvato dal Parlamento. Riteniamo sia responsabilità del governo garantire che questa informazione sia oggettiva e concordata, coinvolgendo nella stesura delle informazioni agli elettori i rappresentanti del No per illustrare le ragioni contrarie al taglio del parlamento. In ogni caso i Comitati per il No debbono produrre materiale informativo con le loro motivazioni.

Gli organi di informazione, Tv, Stampa, social debbono impegnarsi per illustrare le ragioni del voto, coinvolgendo anche i rappresentanti del No, fornendo le informazioni prima possibile.
Il Governo deve garantire che vengano considerate valide tutte le procedure già iniziate per l'accesso ai mezzi di informazione in vista del voto del 29 marzo, poi rinviato per la pandemia da covid 19, e che ora sembra che il Governo vorrebbe fare ripetere, con un inutile raddoppio di costi e impegni.

Il Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento intende rafforzare il proprio impegno per coordinare e sviluppare insieme le iniziative dei diversi Comitati per il No, a partire da quello dei senatori che hanno promosso il referendum.
Il Comitato per il No deve sviluppare, insieme a tutti i comitati territoriali, un preciso piano di lavoro, da subito, verso gli organi di informazione e predisporre iniziative, contatti, incontri, dibattiti in video quando non è possibile svolgerli in presenza.

Particolare attenzione va dedicata alle elettrici e agli elettori italiani residenti all'estero che subiscono uno dei tagli più rilevanti della loro rappresentanza parlamentare, ridotta - ad esempio - a 4 senatori per 4, 5 milioni di aventi diritto al voto, a fronte di 6 senatori per l'Alto Adige che ha poco più di 1 milione di abitanti. Siamo in contatto con rappresentanze degli italiani all'estero per realizzare un confronto con esponenti nei diversi paesi in vista del voto di settembre.

I social sono oggi un importante mezzo di comunicazione e ci stiamo attrezzando per svolgere al meglio possibile il nostro ruolo aprendo un nuovo sito (No al taglio del parlamento, a cui corrisponderanno l'uso di facebook, twitter, ecc.), mettendo in evidenza i contributi che verranno dai siti dei vignettisti per il No con cui stabiliremo link diretti. Senza trascurare, ovunque ve ne sia la possibilità di diffondere, volantini e manifesti sintetici, che il Comitato nazionale produrrà, ovviamente potendoli i Comitati modificare in ragione delle loro specificità locali.

Abbiamo difficoltà organizzative e finanziarie maggiori del 2016 e per questo chiediamo a quanti vogliono impegnarsi contro il taglio del parlamento di contribuire con il loro impegno personale e di fornirci le risorse finanziarie necessarie, quelle di cui disponiamo sono troppo esigue. Per aiutare la campagna per il No qualunque versamento è utile sul (tramite bonifico all’iban: IT50H0101003201100000015772 intestato a: COORDINAMENTO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE).

Populismo ed opportunismi vari rendono più difficile la vittoria del No, tuttavia l'arroganza del Si è intaccata per l'entrata in campo di soggetti nuovi, di personalità che non hanno timore di dichiarare le loro posizioni, di condurre una limpida battaglia politica senza interessi personali da difendere ma solo per profonde convinzioni. La vittoria del Si non è più così sicura, il populismo che punta a sfasciare tutto è in difficoltà e la vittoria del No può essere la svolta decisiva per garantire che il futuro confronto politico resterà dentro la nostra Costituzione, bloccando futuri stravolgimenti.
Non sarà facile ma la vittoria del No è possibile.

Dobbiamo impegnarci tutti per realizzarla, per questo il Comitato per il No al taglio del parlamento fa appello a tutte le persone che non si rassegnano a subire questa imposizione per costruire insieme una reazione politica che faccia vincere il No nel voto.
  

mercoledì 8 luglio 2020

SILENZIO SUL REFERENDUM

Franco Astengo



Nel suo quotidiano punto politico Stefano Folli ha affrontato sulle colonne di Repubblica il tema del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Il titolo dell´articolo è apparso quanto mai significativo, quasi un riassunto della situazione che si sta vivendo "Il referendum del silenzio".

Infatti è´ rimasto sotto silenzio l´accorpamento nel cosiddetto "election day" della data di svolgimento: un atto di perlomeno dubbia costituzionalità per diverse ragioni.

Sono rimasti inascoltati molti appelli di illustri giuristi e costituzionalisti sui rischi che il taglio lineare nel numero dei parlamentari potrebbe comportare sul piano della rappresentatività politica e territoriale nelle istituzioni della repubblica.

Non è ancora decollato il dibattito sui rischi di ulteriore svuotamento di funzione e di ruolo del Parlamento stretto nella camicia di nesso della conversione dei decreti e obbligato ad esprimere voti di fiducia che consentono alla fine di proseguire la vita di un governo e di una legislatura condizionati dalla logica del "salvo intese".

Uno svilimento di compiti e di funzioni che, da qualche parte, viene perseguito per arrivare a un mutamento nella forma di governo in modo da riuscire a formalizzare anche in Costituzione il ruolo del Capo messo direttamente di fronte alle masse, saltando l´intermediazione politica e puntando così a una soluzione presidenzialista di stampo chiaramente autoritario.

Nel suo articolo Folli invita il composito fronte del "NO" a darsi da fare prima che sia troppo tardi.

E´ necessario farlo anche se chi sostiene il NO sembra accusare una sorte di sindrome da minoritarismo.

Una sindrome registrata, almeno in partenza, nonostante che il "SI" sia sostenuto soltanto da una propaganda facilona portata avanti  all´insegna del "taglio della casta", un taglio semplicisticamente indiscriminato.

Intendo invitare anch´io a muoversi chi intende ragionare in profondità ed è contrario a questa operazione di riduzione della democrazia.

Lo faccio con convinzione rivolgendomi a una parte ben precisa dello schieramento favorevole a rifiutare questa operazione antidemocratica.

Mi appello, infatti, alla mobilitazione di quella che vorrei chiamare "sinistra costituzionale": quell´idea di democrazia avanzata che ancora alberga nell´animo di militanti di diversi partiti oppure di compagne e di compagni che hanno abbandonato la militanza diretta, magari si sono perfino astenuti in qualche occasione elettorale, ma che sui temi della democrazia costituzionale sono ancora capaci di mobilitarsi e di farsi sentire.

Svolgo un esempio in questo senso: nel 2016 il referendum promosso dal PD a segretaria Renzi coltivava più o meno le stesse finalità e fu respinto con 20 milioni circa di voti contrari.

Orbene in quei 20 milioni ce n´erano sicuramente tanti orchestrati dalla strumentalizzazione politica condotta dalla destra della Lega e dalla destra del M5S: ma dentro alle elettrici e agli elettori che si erano espressi per il "NO" altrettanto certamente ci stavano 3 o 4 milioni almeno provenienti da sinistra , mossi da un sano spirito di difesa e affermazione della democrazia così come questa è stata indicata e intesa dalla Costituzione Repubblicana.

All´epoca a quelle elettrici ed elettori non fu fornita una risposta politica.

Oggi è il caso di farlo, di provvedere ad una mobilitazione, ad una richiesta di presenza, alla costruzione di una organizzazione.

Occorre un´intesa tra forze politiche, soggetti culturali, sindacati (sia confederali, sia di base), l´ANPI (ANPI che ancora una volta, come nel 2016, può rappresentare un fondamentale soggetto di riferimento).

E´ necessario mettere il referendum al primo punto della nostra agenda, facendo in modo che anche nelle Regioni e nei Comuni dove si vota per il rinnovo delle amministrazioni il tema referendario sia messo all´ordine del giorno con grande evidenza e chiarezza e svolgendo una campagna molto forte laddove sarà consegnata una sola scheda, appunto quella referendaria.

Servono, a mio giudizio, due cose da fare quasi subito:

1) Una mobilitazione a sostegno dei ricorsi preparati dal compagno Besostri e da altri costituzionalisti che, in sede giurisdizionale , affronteranno l´iniquità dell´accorpamento di data. Questa dev´essere la nostra priorità immediata;

2) La convocazione di una manifestazione nazionale d´apertura della campagna in modo da far emergere subito una presenza corposa e determinata a livello centrale sulla base della quale sviluppare una forte territorialità d´iniziativa. La posta in gioco ètroppo alta per definirci battuti in partenza e limitarci a giocare di rimessa: servono presenza sociale e soggettività politica.

La sinistra costituzionale è chiamata a battersi fino in fondo per assolvere a un dovere politico, civico, morale

martedì 7 luglio 2020

Piccola storia di colui che elettrizzò il legno con le corde.

Luciano Granieri






Charlie è in ansiosa attesa.  Ha la  chitarra è appoggiata sulle ginocchia.    Dopo  un continuo girovagare nei locali del Midwest,  vincendo,  a colpi di riff e trucchi dei vecchi chitarristi blues,   da lui metabolizzati e modificati,   infiniti contest con altri musicisti, la pianista Mary Lou Williams non può fare a meno di notarlo e presentarlo al produttore John Hammond. 

John è grande amico di Benny Goodman e vuole fare in modo che Benny ascolti a tutti i costi quel ragazzotto del Texas, trapiantato ad Oklahoma City, cresciuto a pane, blues, swing. E’ uno che, grazie all’applicazione dei primi rudimentali pick up alla chitarra,  aveva  inventato un nuovo modo di suonare lo strumento con delle possibilità espressive mai ascoltate prima. 

Siamo alla fine degli anni ’30.  Charlie è in ansiosa attesa in un localino californiano, con il suo eccessivo cappellone e le sue, più che eccessive,  scarpe a punta. Aspetta  Benny Goodman per mostrargli le sue grandi doti. Goodman si presenta e non ha una bella espressione nel vedere quel ragazzino nero, di cui si diranno pure meraviglie, ma, così conciato, non sembra l’archetipo del bravo orchestrale. Lo sguardo severo del” re dello swing” incenerisce il ragazzo che non riesce neanche ad attaccare la chitarra all’amplificatore. 

Un disastro. Ma non è tutto perduto. La sera stessa al  Victor Hugo di Beverly Hills, dove Goodman è di scena, a Charlie viene consentito, di  salire sul palco. Al re dello swing la cosa non va per niente bene  e, per punire il giovanotto col cappellone e le scarpe a punta attacca, “Rose Room”, un brano talmente vecchio da risultare probabilmente  sconosciuto al giovane Charlie. L’idea è quella di irretire il chitarrista proponendo un brano su cui, secondo Goodman, il “tamarro” non potrà che balbettare qualche nota. 

Nulla di più sbagliato. Charlie prende ogni frase di quel brano, la seziona,  ne cava dei riff velocissimi,  strabilianti, li lega uno  all’altro e proietta quel vecchio pezzo  in una dimensione inaspettata, mai ascoltata prima. Charlie viene assunto all’istante.  Benny Goodman lo prenderà sotto la sua ala protettrice.  E’ un musicista  ideale per lo  swing e sui suoi riff Goodman fra il ’39 e il ’41 costruirà numerosi brani.  

Ma si sa ad uno così un posto in un’orchestra, anche se la migliore di tutte,  finisce per andare  stretto. E a quelle strane cose che stavano avvenendo in certi localini, come il Minton’s, o il Monroe’s Charlie non poteva rimanere insensibile. 

Quelle  diavolerie armonico-melodiche che, dalle  tavole del locale sulla 118° ovest di Harlem,  Monk, Gillespie e Clarke, stavano inventando,  lo avevano preso, coinvolto, tanto da farlo diventare protagonista, come, o forse, più degli altri tre.  Inizia allora  un frenetico tour de force. Di pomeriggio e sera si suona nell’orchestra di Goodman, la notte ad inventare mascheramenti impensabili al Minton’s insieme ai boppers. Evoluzioni musicali dalle quali più di qualche jazzista,  che aveva la malsana idea  di cimentarsi in quelle corse mozzafiato, usciva umiliato.  

Meno male che fra i ragazzi della beat generation, abituali frequentatori di quei locali,  c’è  Jerry Newmann, un benestante amico di Jack Kerouac. Jerry  è sempre presente a quelle infuocate jam session con il suo registratore  a fil di ferro magnetizzato.  Cattura ogni singola nota col suo arnese.    Dobbiamo a lui se le evoluzioni di Charlie riusciranno ad arrivare ai posteri . Bisogna essere grati a Kerouac, oltre  che  per essere diventato il profeta  della beat generation, anche per aver conosciuto il lungimirante Newmann. 

Charlie impazza, sia dai palchi dei teatri, con Goodman, che dalle fumose ambientazioni del Minton’s.  Nel  giugno 1941 sul ragazzo, venuto da Oklahoma City,  si abbatte una grave forma di tubercolosi che ha gioco facile nel devastare un corpo giovane,  ma fiaccato  dal fumo e dall’alcool. Goodman gli garantisce il ricovero in ospedale. La  stanza di Charlie, più che un  luogo di cura, sembra la succursale di un night club,  con whisky che corre a fiumi, signorine che offrono le proprie grazie, marijuana a bizzeffe. Qualche volta gli infermieri non lo trovano nel suo letto, scappato chissà dove, per poi essere trovato e riportato in camera. 

Charlie muore il 2 marzo del 1942 a soli 22 anni. Non riuscirà mai a conoscere l’altro Charlie quel “Bird” Parker che, con il suo sax, porterà a vette elevatissime l’epopea del Be Bop.  Lo   stile che pose fine al jazz come musica da ballo, e sollazzo per i bianchi,  trasformandolo in forma dall’elevatissimo valore musicale.  

Ah dimenticavo. Il Charlie, di cui abbiamo raccontato questa breve storia, è il chitarrista Charlie Christian. Colui che portò una rivoluzione nel modo di suonare la chitarra, elettrizzando con primordiali  pick up, il "legno a corde". Strumento, prima deputato a soli compiti di accompagnamento,  diventato poi, grazie a Charlie Christian,  uno  strumento dalla versatilità creativa inimmaginabile. Dopo Christian, per i chitarristi, nulla sarà come prima.