Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 4 aprile 2015

Atto aziendale Asl. Un'occasione perduta

Coordinamento Provinciale Sanità

L’atto aziendale della ASL di Frosinone, bocciato da tutti, ha ricevuto purtroppo la firma del presidente Zingaretti dopo il vergognoso inciucio trasversale che ha visto protagonisti politicanti da quattro soldi.
Il giorno 01.04.2015 Zingaretti ha firmato un decreto in cui è sancita la soppressione dell’Ospedale di Alatri: il San Benedetto non esiste più. Con buona pace dei mentitori, dei falsi, dei giuda e dei venditori di fumo che contrabbandano per grande vittoria quello che è il più grande schiaffo che Alatri abbia subito negli ultimi cinquant’anni. L’edificio di via Chiappitto è ora solo una dependance di Frosinone.
Dopo un anno di gestione dell’attuale Manager l’organizzazione sanitaria della provincia ne esce con le ossa rotte. Frosinone e la sua provincia restano un territorio disastrato riempito di discariche e di inceneritori. Forse ci regaleranno anche il deposito delle scorie nucleari.
Per cambiare questo avvilente quadro economico e sociale, le associazioni ed i cittadini, che si riconoscono nel coordinamento provinciale della sanità, si battono con coraggio, impegno, intelligenza e capacità di proposta e di organizzazione. Grazie a questo movimento che vede interessati migliaia di cittadini di tutto il territorio provinciale, con livelli di partecipazione mai raggiunti in atre manifestazioni pubbliche, il confronto sull’atto aziendale della Asl e sulla sanità di questa provincia è stato ed è serrato e continuo.
Avremmo potuto ottenere, finalmente, un cambiamento di rotta aprendo un confronto con la regione Lazio. Questo obiettivo è stato mancato perché i sindaci hanno votato a novembre 2014 l’atto aziendale di allora, e perché i consiglieri regionali eletti di questa provincia sono stati solo ed esclusivamente occupati a preservare le loro posizioni e prebende personali.
Dopo otto mesi di battaglia, però, anche i partiti ed i primi cittadini hanno fatto proprie le posizioni del coordinamento esprimendosi sia con un documento congiunto delle segreterie provinciali di PD-PSI-IDV, sia nella conferenza dei sindaci del 30 marzo 2015 per la bocciatura dell’atto aziendale e con un documento firmato dove si chiedeva l’allontanamento dell’attuale manager.
Vista la decisa volontà di cambiamento espressa dai sindaci, il presidente della conferenza, vista la mala parata, ha tentato di correre ai ripari presentando un documento che non aveva nulla a che fare con la discussione e con le posizioni espresse dai primi cittadini. L’operazione non gli è riuscita: dopo i forti e unanimi interventi di protesta dei Sindaci, si sono invece approvate due mozioni: una all’unanimita’ con richiesta di valutazione e votazione della nuova edizione dell’atto, che ai sindaci non era stato nemmeno inviato¸ e una a maggioranza per la rimozione della dirigenza aziendale stante il suo negativo operato.
Si è persa assurdamente, a consuntivo di tutta la vicenda consumatasi tra Roma e Frosinone, una grande occasione per migliorare l’assetto della sanità e l’economia della provincia.

venerdì 3 aprile 2015

Un bilancio e una proposta politica

Luciano Granieri



Sanità, lavoro,  ambiente, istruzione, territorio, accesso ai beni comuni. Su questi temi si sta scatenando l’offensiva del capitale finanziario. Diminuite le opportunità di profitto sul mercato delle merci, i servizi alla persona assumono una valenza speculativa dall’inestimabile valore, tale da attirare le lobby finanziarie come mosche al miele. Il fenomeno che negli ultimi anni ha raggiunto dimensioni stratosferiche,  determina la  progressiva negazione  ai cittadini di  una vita dignitosa. 

Non è possibile vivere dignitosamente  senza un lavoro, o con un’occupazione precaria, pagando a caro prezzo l’accesso a servizi essenziali sempre più scadenti. Pressione fiscale elevata, solo per le classi meno abbienti, e devastazione del welfare, in un combinato disposto che vanifica il dettato Costituzionale, rendono la vita molto difficile per molti ed estremamente facile per pochi. Questa realtà,  presente in tutte le entità  globalizzate,  insiste  molto pesantemente anche sul nostro territorio (Frosinone e Provincia). 

Su queste dinamiche si è stravolta anche la prassi politica. Dopo la trasformazione dei partiti di massa in comitati di interesse al soldo del capitale finanziario, a difendere il diritto ad una vita dignitosa sono rimasti i cittadini. I quali, in forma più o meno organizzata, più o meno agguerrita, cercano con  le proprie misere forze di resistere. Questo quadro si ripropone   anche nel nostro territorio.

 C’è  da constatare che negli ultimi anni la partecipazione, anche se sempre troppo limitata ed ampiamente insufficiente, sta aumentando. Le rivendicazioni sul diritto alla salute, ad esempio,  hanno animato il coordinamento provinciale per la sanità.  A causa dell’inasprirsi delle vessazioni di Acea, attorno al comitato provinciale acqua pubblica, è aumentata l’aggregazione di cittadini . Altri movimenti si sono attivati per la difesa di spazi pubblici urbani vivibili e culturalmente preminenti , destinati  ad essere scippati  alla popolazione dalle mire della speculazione fondiario-finanziaria vera proprietaria di Frosinone. 

In termini di difesa del territorio forte è la mobilitazione  contro  il degrado ambientale e sanitario della Valle del Sacco la cui tutela è l’oggetto di molte associazioni e movimenti attivi fuori e dentro la nostra Provincia. Realtà associative che hanno preso consapevolezza sulla necessità di unirsi e strutturarsi in un coordinamento. 

Intorno alle questioni del lavoro il quadro è meno consolidato, nonostante su questo tema si dovrebbe ottenere la maggiore coesione possibile . A margine della estenuante lotta dei lavoratori della ex Multiservizi -da oltre 350 giorni accampati in una tenda davanti al Comune per reclamare il diritto a riavere il proprio posto di lavoro, sacrificato sull’altare di  interessi   eletteral-privatistico-mafiosi -le altre situazioni di criticità sono state annacquate, strumentalizzate, depotenziate dall’azione corporativistica della triplice sindacale locale in combutta con i comitati elettorali amici. 

Tutto questo microcosmo di cittadinanza attiva sta intensificando le sue azioni e pressioni sugli amministratori, ma con quali risultati? Come al solito si può considerare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Sulla sanità, il merito di aver acceso i riflettori sulla poco trasparente vicenda dell’atto aziendale, ed aver informato i cittadini sugli espropri di sanità pubblica che il management, mero esecutore dei voleri di Zingaretti, ha ordito ai danni dei cittadini, è indubbio. Così come è fondamentale aver fatto emergere la meschinità di  molti sindaci e amministratori regionali, che in buona o in malafede hanno subito  la solenne presa in giro da parte della manager e del suo presidente.  Ma alla prova dei fatti il tanto contestato atto aziendale è diventato programma di governo della sanità provinciale con il suo drammatico portato di tagli e dismissioni di presidi pubblici. 

Egualmente in relazione alle vicende di Acea Ato5, preziose sono state le attività che hanno portato all’approvazione della legge d’iniziativa popolare regionale 5/2014   sulla gestione pubblica del servizio idrico, così come eccellente si è rivelato l’impegno per portare alla discussione dei consigli comunali provinciali , delibere (anche di iniziativa popolare), in base alle quali si reclamava la rescissione del contratto per inadempienza con Acea. Anche in questo caso però il bilancio finale non è esaltante. L’approvazione dei decreti attuativi per la legge 5/2014 è ferma,  a causa   dell’impugnazione del dispositivo, da parte del governo e del suo Presidente, servo del capitale finanziario, innanzi alla Corte Costituzionale.  Le  delibere presso i consigli comunali, salvo qualche eccezione, o sono state bocciate, o annacquate, segno certo che nessuno vuole contrastare gli interessi di Acea anche se queste confliggono con il bene comune .

 Le stesse valutazioni possono interessare le battaglie contro la cementificazione e il degrado culturale di Frosinone. Nonostante la grande attività dei comitati, il sindaco Ottaviani, sta andando avanti come un caterpillar nel destinare i fondi stanziati per la riqualificazione culturale e sociale della città all’edificazione di uno stadio che ha la sola finalità di liberare un’area disponibile per l’ennesima speculazione edilizia dei soliti noti. 

Ulteriori analisi andrebbero svolte  sulla   questione della Valle del Sacco, per cui dopo anni di attività dei movimenti ancora non si è riusciti a determinare neanche una perimetrazione credibile  della zona inquinata. 

Cosa manca dunque per andare oltre il conseguimento di vittorie preziose ma parziali? La risposta è nella natura  dei movimenti. Ogni associazione,  giustamente, è concentrata sul tema specifico: Sanità, ambiente, accesso ai beni comuni ecc. La visione di un idea di società, fondata sul rispetto della dignità umana,  che sia  comprensiva della difesa di tutte le  tematiche sopra descritte rimane sullo sfondo, spesso osteggiata perché ritenuta un’inutile concessione all’ideologia. 

Occuparsi di ambiente per un esponente di un comitato sulla sanità potrebbe costituire una perdita di tempo. Ma è inevitabile che sia così. La specificità di un movimento, inestimabile ricchezza in termini di ricerca e acquisizione  specialistica delle informazioni, difficilmente può derogare verso orizzonti più ampi e forse non deve, pena il suo depotenziamento in termini di azione. E’ perfino un errore, cercare all’interno di un’ organizzazione specifica le potenzialità per una contestualizzazione generalizzata delle tematiche. 

Ma d’altra parte  è indubbia le necessità di un’azione politica che raccolga tutte le istanze portate avanti dai movimenti e le esplichi nella rivendicazione di un modello di società che quelle istanze identificano . La mia proposta è quindi di costruire un’aggregazione aperta,   che lotti per quel modello di società. Un'organizzazione  svincolata dai movimenti, ma che operi in stretta collaborazione con essi, raccogliendo le informazioni, i suggerimenti sui singoli temi e li traduca in lotta politica generale. 

Una sorta di corpo centrale, alimentato dalla linfa di corpi associativi formati da cittadini consapevoli e sapienti che   non necessariamente vogliono impegnarsi in contesti diversi da quelli in cui agiscono  . Una concretizzazione di questa proposta potrebbe realizzarsi con la formazione, a Frosinone, di un movimento  politico, con finalità  anche  elettorali, che operi in simbiosi con le associazioni presenti sul territorio (Antiqua,  Frosinone bella e brutta, Quelli del  referendum al Matusa,  i movimenti per l’acqua, il coordinamento per la sanità), che ne raccolga i suggerimenti, le informazioni. 

Visti i risultati importanti, ma parziali ottenuti dai singoli movimenti, un’organizzazione che veda come corpo centrale un’ entità politica alimentata e coadiuvata  dalle  varie associazioni potrebbe risultare vincente. Forse varrebbe la pena iniziare a pensarci.






giovedì 2 aprile 2015

Assemblea degli utenti e dei lavoratori di Acea - 23 aprile 2015

COORDINAMENTO REGIONALE ACQUA PUBBLICA DEL LAZIO

I soci di Acea chiusi a discutere di profitti, i cittadini in piazza per conquistare diritti


Il prossimo 23 aprile si terrà l'assemblea dei soci di Acea S.P.A. In quella sede si parlerà di dividendi, indici di mercato, stipendi dei dirigenti. Tutto in vista dell'espansione di Acea nel Centro-sud Italia: una gigantesca opera di fusione, che altro non è che una "vecchia" privatizzazione con un nome nuovo. 
Ma è ancora possibile contrapporre l'interesse collettivo a quello di pochi "grandi" azionisti, innanzitutto rendendo operativa la legge regionale 5 per la gestione pubblica dell'acqua nel Lazio, e coordinandosi con le altre Regioni interessate dall'operazione di fusione.
Per questo il 23 vogliamo realizzare una grande assemblea pubblica, nella quale possano confrontarsi i cittadini, e che affronti davvero i temi di interesse collettivo legati alla gestione dell'acqua: la qualità del servizio e degli investimenti, la tutela della risorsa idrica e dell'ambiente, la garanzia del diritto all'acqua violato quotidianamente dagli aumenti tariffari e dai distacchi. 
Pensiamo che in questo confronto sia fondamentale la partecipazione di cittadini, lavoratori e amministratori locali non solo del Lazio ma di tutti gli Enti Locali sui quali Acea allunga i suoi tentacoli: uniti è possibile far prevalere l'interesse pubblico, come avvenuto con la vittoria referendaria del 2011.
Loro poche decine di soci rinchiusi in una sede lontana dalla città, noi in piazza, in difesa di milioni di sì per l'acqua pubblica!
Ore 11.00 Piazzale Ostiense

Il dirigente, mister, padrone del pallone

Andrea Bagni


La nuova riforma, l’ennesima, della scuola. E di nuovo al centro la valutazione del merito e il potere dei dirigenti – chi assumere, quale offerta esibire sul mercato dell’educazione, chi premiare fra i docenti.
Chi dirige decide perché conosce e giudica. Conosce? 
Quando mi domandano gli amici com’è la mia scuola, se la consiglio per i loro figli, non so mai bene come rispondere. Dipende molto dagli insegnanti e cosa so esattamente dei miei colleghi? 
Le relazioni con gli adolescenti non sono la stessa cosa di un discorso in consiglio o in collegio. 
Nemmeno conta solo quanto sai delle tue discipline, conta quanto ami quello che sai, e sai farlo amare. 
Quanto ti piace tutta la situazione, il set della classe. 
E non è che le storie siano tutte uguali e piane. Sono storie, appunto.
Io entro in quinta sereno. Li conosco da cinque anni.
Si scherza, qualche battuta mentre il tablet ci mette una vita a registrare i presenti.
Tra i messaggi di saluto degli studenti anni fa uno mi fece molto piacere. Diceva io la ringrazio per quanto mi ha fatto ridere. È un po’ stupido, ma mi sono sentito così orgoglioso. Chissà se lo posso mettere nel curriculum.
Adesso siamo ad aprile, l’esame si avvicina, cresce l’ansia eppure anche una certa sensazione di libertà dalle scadenze ravvicinate. Conta come ci si presenta a giugno, in fondo. E comunque si sta bene. Loro seguono, domandano. Mi sembra che siamo complici di qualcosa di bello ed è come se fossimo già un po’ fuori dell’istituzione scolastica. Nella vita, diciamo, anche se asimmetricamente: io con molta roba alle spalle, loro davanti. Una mi fa leggere la poesia che le ha scritto un ragazzo, mi chiede che vuol dire: mi ama o no. Dice che ha scoperto Baudelaire, la foresta di simboli, le si è aperto un mondo, ma complicato.
Quando si fa storia e letteratura ci sono domande e prendono appunti – probabilmente pensano di sostituirli allo studio del manuale. Ma in ogni caso mi sembra che le cose vadano bene. Ci fosse qualcuno a vedere – immagino ogni tanto – sarei tranquillo. Mi farebbe quasi piacere.
In prima ce l’ho qualcuno che vede: c’è l’insegnante di sostegno. 
E non mi fa piacere. Mi sembra di essere un disastro. 
Quando entro c’è di tutto per terra e già mi girano. Tutte le volte faccio pulire e mi accorgo che a loro va benissimo: perdono un sacco di tempo con la scopa e la cassetta. 
Si respira nell’aria un misto pessimo di apatia e arroganza. Le cose da scrivere non sono state scritte, l’ascolto di quello che dico è una richiesta pressoché assurda – il braccio sdraiato sul banco, la testa appoggiata mollemente. Il gruppetto cinese vive a parte, con i suoi cellulari. Non sono stato capace di inventarmi nulla per farli partecipare a qualcosa. Dopo anni in Italia, non parlano, quando scrivono usano il traduttore di Google e non si capisce niente – però arrivano parole raffinatissime. Mi sento in colpa e questo non aiuta, anzi aggrava il mio giramento. Degli altri, c’è chi ha dimenticato il quaderno, chi ha il quaderno ma alcuni testi “mancano” (non si sa come mai, destino), uno ha scritto sul foglio protocollo e adesso non ce l’ha perché Lei ha detto di portare i quaderni, profe.
Chi ha sbagliato materia, chi ha sbagliato giorno, chi ha sbagliato scuola. Città, mondo. 
Chi ha un conflitto permanente con gli adulti e forse la vita stessa. 
Qualche volta riesco a mantenere la pazienza e sono capace di spostarmi da quella situazione. Il più delle volte cado nel conflitto rabbioso e faccio banalmente parte della scena. Muro contro muro. 
Loro mi restituiscono il peggio di se stessi, io pure do il peggio di me. 
Tipo pagherete caro pagherete tutto. La collega che mi guarda mi mette ancora più in crisi.
Racconto questi disastri al consiglio e alla preside, la conosco da una vita e non ci sono problemi. Ma lavalutazione qui è un racconto. Una cosa narrativa. Si può stilare una classifica delle storie, una classificazione del mio lavoro, già incasinato di suo, e una graduatoria fra le storie degli insegnanti? Per di più al fine di mettere qualcuno sul podio e qualcun altro nella polvere…
La lettura del disegno di legge Renzi sulla scuola mi ha lasciato di stucco. 
La prosa de La Buona Scuola era in puro format seduttivo renziano. 
Anglicismi vari, promozione del prodotto, made in Italy, appello all’entusiasmo giovanile da conquistare all’azienda 2.0. Qui si torna alla prosa ministeriale. Si sarebbe tentati si dire di classica buropedagogia, ma in realtà di pedagogia c’è poco. C’è organizzazione. 
Certo, una riforma questo deve fare, occuparsi del contenitore. Ma per creare le condizioni di, predisporre gli strumenti per. La qualità di processi che sono viventi, non meccanici e burocratici. E dunque occorrerebbe avere un’idea della scuola da organizzare. Un’idea del sapere, del modo e dello spazio in cui si costruisce. Delle relazioni che lo attraversano e della cura che richiedono. 
Un formatore aziendale una volta ha spiegato che si dovrebbe insegnare a pensare con la propria testa, efarne venire il desiderio
Qualcosa del genere farebbe bene a tutta la scuola: essere davvero autonoma, pensarsi e riconoscersi come luogo di ricerca e libertà. Ma bisogna dare voce e spazio, ricostruire un po’ di fiducia, un po’ di desiderio.
E invece non pare proprio.
Piano triennale di offerta formativa dai dirigenti delle scuole autonome. 
Albo regionale degli insegnanti neo assunti o in mobilità. 
Chiamata diretta del dirigente sui posti triennali. 
Premio di merito agli insegnanti migliori. Un mare di scuola-lavoro nei trienni. 
Naturalmente finanziamento delle scuole paritarie, visto che la qualità pubblica dello spazio in cui si apprende non si vede proprio. 
Solo strutture para-aziendali che si misurano sui risultati raggiunti. 
Con la chiamata diretta tutti i docenti diventano fiduciari del preside in un rapporto di lavoro non dipendente, subordinato. Sono la squadra del capo. Così anche la libertà di insegnamento scompare. Alla fine si ricostruisce l’unità del mondo del lavoro, dalle fabbriche alle scuole, ma nella cancellazione della democrazia, dei diritti e della dignità personale.
Tutto il potere al dirigente e al suo cerchio magico. Si dice, è un sistema per sveltire le decisioni. Non perdere tempo in oziose discussioni. 
Mi sa che è una vera ossessione di Renzi. Il capo che decide. Che non permette di perdersi in tanti discorsi. Perché la collegialità, i collegi docenti – così come i parlamenti – sono inconcludenti e noiosi con i loro conflitti. La democrazia, che palle. 
Ma è buffa questa storia dei collegi docenti che discutono all’infinito.
Perché che non decidono gran che è vero, dato che le decisioni significative non passano proprio dagli organi collegiali. Arrivano. Cominci a parlarne e ci sono già, definitive. Nei collegi, immersi in una depressione alimentata di rabbia impotente, la grande paura è che una discussione si apra. Che inizi qualcosa che può ritardare la chiusura, la liberazione. 
C’è una bizzarra democrazia del voto, modello parlamento renziano: tu parli e dopo poco qualcuno alza la mano per dire, Si vota? Quando si vota?Non la tiriamo per le lunghe, l’importante è finire…
Come se per degli insegnanti fossero solo una perdita di tempo le parole. Come se una comunità intellettuale, e anche affettiva, non crescesse anche nello stile con cui si confronta, si racconta, argomenta. Va be’, non sono più i tempi. 
E tuttavia la cosa più sorprendente del DDL è la storia della mobilità. 
Della ex mobilità. Forse troppo stupida per essere vera. 
Chiaro che per gli insegnanti neoassunti non c’è più il posto fisso a tempo indeterminato. 
Che pretendono, entrano in ruolo, faranno quello che gli dicono di fare. Per quelli più vecchi, privilegiati, sembra di capire che il posto resta a condizione che non ti azzardi a chiedere trasferimenti, perché allora entri nel calderone dal quale chiamano i capi. 
Ti danno l’incarico per tre anni, chissà dove, poi devi rinnovare il contratto o farti richiedere da qualche altra squadra del campionato regionale. 
A regime tutte e tutti saranno nelle condizioni di una garantita precarietà. 
In certe parti d’Italia verranno fuori scelte un po’ strane, che qualche intellettuale chiamerà clientelari o familistiche, ma tutto sommato avranno una qualche legittimità: se devi scegliere e assumerne la responsabilità che fai, ti fidi di quello che c’è nel curriculum o di una/o che conosci personalmente? 
Ma mi domando che succede a quelli che non vengono chiamati, quelli non di prima scelta. Mica tornano a casa mogi, anche oggi non si lavora. Andranno nelle scuole più sfigate probabilmente. 
Cioè dove ci sarebbe bisogno dei docenti bravi, più motivati eccetera. 
Sembra quando si giocava a calcio al campetto, da ragazzi. Si faceva pari o dispari e poi i due capi squadra sceglievano. Prima i più forti, poi alla fine i ciccioni e gli imbranati. Adesso quali saranno i dirigenti che scelgono per primi non lo so. 
Né che succede se tutti vogliono il campione. 
Comunque la partita finiva ogni tanto quando il proprietario del pallone decideva di andare via. 
Ma non mi pare dicesse sempre, Tanto ho vinto io, fatevene una ragione

Il progetto di Landini serve agli operai?

Michele Rizzi
Ci stava lavorando ormai da mesi, ed ecco partita una probabile, “nuova”, opzione politica, quella lanciata dal segretario della Fiom, Maurizio Landini, la cosiddetta Coalizione sociale, battezzata anche Unions, alla manifestazione di sabato 28 marzo scorso a Roma. Una manifestazione, quella di Roma, di alcune decine di migliaia di attivisti Fiom che ha visto anche la partecipazione di pezzi di sinistra governista in cerca di un nuovo ruolo, o di un nuovo approdo politico, da Vendola a Ferrero, passando per Fassina, Civati, Tortorella. 
Il segretario Fiom ha più volte dichiarato di non voler costruire un nuovo partito politico a sinistra del Pd, di non essere interessato ad “un partito minoritario, ma ad una proposta politica per il governo del Paese” lasciando in campo diverse interpretazioni, dichiarazioni accompagnate da un attivismo politico molto forte, che non si è tradotto soltanto in numerose apparizioni televisive, ma anche in manifestazioni ed incontri con i leader di Syriza e di Podemos, Tsipras e Iglesias. E non è un caso. E' chiaro che a questo progetto guardano pezzi interi di sinistra socialdemocratica in grosse difficoltà di proposta politica e spesso schiacciati tra il “renzismo e il grillismo”; Vendola e Ferrero, ad esempio, potrebbero  probabilmente partecipare, magari con un ruolo di secondo piano se non addirittura di subordinazione totale, al percorso che Landini sta tracciando.
L’opposizione di facciata si scontra con il bisogno di una mobilitazione generale
Il leader della Fiom, pur attaccando frontalmente Renzi e le conseguenze delle politiche del suo governo, dal Job Acts alla disoccupazione crescente in Italia, pur guidando il sindacato di categoria più grande in Italia, non propone un piano di scioperi generali prolungati per cercare di stopparne le misure antipopolari, non sfida la Camusso su questo terreno pretendendo la rottura con la pratica della concertazione (che la segretaria della Cgil ancora rivendica e che Renzi nega) ma si limita ad enunciare un'opposizione, che in realtà è solo di facciata.
Molti lavoratori che pagano i costi della crisi, con fabbriche chiuse, cassa integrazione e licenziamenti, con misure del governo che cancellano diritti acquisiti con le lotte (art. 18 dello Statuto dei lavoratori), con nuova precarietà e favori a Confindustria, reclamano a gran voce una lotta vera, da fabbrica a fabbrica, e la chiedono anche nelle manifestazioni Fiom. Di fronte a questa necessità consolidata, perché, però, Landini non rompe con la logica del riformismo sindacale per costruire una vera lotta unificata e su larga scala per piegare il governo e sconfiggerlo sindacalmente e politicamente? Il leader dei metalmeccanici si muove, al contrario, prioritariamente su un piano politico con dichiarazioni sull'azione del governo, senza mobilitare la propria base operaia per bloccare le fabbriche e la produzione, senza costruire un fronte di lotta rivoluzionario che dalle fabbriche punti a bloccare il Paese, senza un piano organizzato di scioperi generali e prolungati. Di fronte ad una crisi economica del sistema capitalista che sta lasciando sul campo migliaia e migliaia di lavoratori licenziati, lancia un’Unions che, dalle continue e confuse risposte a domande di chiarimento sul progetto, si evince che non sarà probabilmente un nuovo partito politico, non sarà un coordinamento di lotta antisistema, non sarà la costruzione dal basso d’opposizione sociale dei lavoratori, non sarà la base di una piattaforma che unifichi le basi di tutti i sindacati di lotta per costruire una vertenza unificante del mondo del lavoro. Allora cosa sarà?
Il progetto di Landini non prevede concreti attacchi al capitalismo 
E’ possibile che il leader della Fiom abbia un'ambizione diversa. Infatti, per Maurizio Landini potrebbe essere probabile una discesa in campo alla scadenza del suo mandato da segretario della Fiom nel 2018, anno in cui si terrebbero le elezioni politiche,  non per costruire un nuovo partito politico, come tra l'altro continua a dichiarare, ma per sfidare lo stesso Renzi alle primarie per la guida del centrosinistra futuro. Per attuare questo, il capo della Fiom costruirebbe un percorso politico attorno ad un’area politica di riferimento che si richiama al “fiommismo”, aggregando anche qualche pezzo di Pd in sofferenza con Renzi, l'area vendoliana e quello che rimane del Prc di Ferrero, per costruire l'alternativa a Renzi sulla base di un programma socialdemocratico, compatibile con il sistema capitalista e borghese (molto significativi gli ultimi elogi a Marchionne) e che punti ad egemonizzare lo stesso Pd, riferimento importante per la borghesia italiana e per i suoi attacchi pesantissimi contro lavoratori e studenti. Quindi, una nuova aggregazione dal basso che punti a sfidare il “renzismo” con una chiara base politica socialdemocratica e, almeno inizialmente, senza un partito di riferimento.
Ma una concreta sfida al governo Renzi si può costruire solo con una piattaforma di rivendicazioni transitorie che punti ad unire la classe dei salariati, dei licenziati, dei disoccupati, dei precari, avviare un piano di scioperi generali e prolungati per bloccare la produzione e le fabbriche, per bloccare il Paese, rompendo con la prassi delle burocrazie sindacali di concertazione e di collaborazione di classe, rompendo con la borghesia, combattendo il suo sistema capitalista. Il resto sarebbe soltanto un nuovo imbroglio per i lavoratori ed una nuova subordinazione degli stessi alle logiche capitaliste e di compromessoa perdere con la borghesia e i suoi governi.

mercoledì 1 aprile 2015

Potature: a Cassino alberi ridotti ad "appendiabiti viventi"

Salvatore Avella, Alessandro Barbieri


Se non ci pensano i regolamenti "fantasma", ci pensano gli ambientalisti!
Alberi "capitozzati" ridotti a scheletri. Questa è la scena macabra che si presenta dal qualche giorno in Via G. Di Biasio a Cassino, al parcheggio antistante la casa di cura privata "San Raffaele Cassino". Esemplari di Eucalyptus (Eucalipti) privati della splendida chioma e dei suo rami, che raggiungevano un altezza di almeno 5 piani di un palazzo. La potatura degli alberi è un intervento delicato e di estrema importanza necessario a migliorare la vita degli esemplari e per stimolare la produzione di frutti o fioriture. La potatura mira all'eliminazione delle parti malate o morte dell'albero che possono cadere, riqualificando e riequilibrando la forma della chioma per l'utilizzazione ottimale della luce solare. Si tratta comunque di un intervento stressante per l'albero che deve essere eseguito con criterio e intelligenza da personale altamente qualificato. Purtroppo la questione delle potature è un punto dolente e ampiamente dibattuto in tantissime amministrazioni comunali. Nei centri urbani e lungo le strade assistiamo
troppo spesso a interventi particolarmente pesanti che riducono gli alberi a veri e propri appendiabiti viventi. La capitozzatura degli alberi è controproducente per la stabilità e la salute degli stessi perchè provoca l'asportazione delle grosse ramificazioni principali dal tronco con effetti distruttivi per l'essere vivente. L’eliminazione di tutte le ramificazioni di un albero, inoltre, impedisce anche agli uccelli di creare dei nidi o a mammiferi di trovarvi dimora. L’albero, in pratica, viene a perdere anche la sua funzione fondamentale di “ecosistema”. Per questo motivo, i rappresentanti delle associazioni ambientaliste Salvatore Avella (Fare Verde Onlus) e Alessandro Barbieri (Consulta dell'Ambiente) ha denunciato nella mattinata del 1° aprile 2015 il fatto alla Procura della Repubblica di Cassino, al Sindaco,
al comando di Polizia Municipale, al Corpo Forestale dello Stato e al Comando di Polizia Provinciale. «Con questa denuncia - precisano gli ambientalisti - chiediamo che venga svolta ogni opportuna indagine al fine di verificare la configurabilità, in concreto, del reato/i sopraccitato/i (e se ancora in atto si chiede di predisporre l’immediata sospensione delle irregolari operazioni di potatura  prima che il reato possa essere portato ad ulteriori conseguenze) e che i responsabili siano perseguiti penalmente. E' ora di fermare lo scempio perpetuato di erronee potature che minacciano la vita dei nostri patriarchi verdi. Adesso più che mai chiediamo l'adozione del Regolamento per la Tutela del Verde Pubblico e Privato, approvato dalla Consulta dell'Ambiente di Cassino circa due anni fa, ma mai portato in Consiglio Comunale per l'adozione».


F.to Salvatore Avella e Alessandro Barbieri

La Trotsky picture presenta: "In nome del sindaco sovrano"

Luciano Granieri




  La Ciociaria è  terra di registi.   Ultimamente grazie al poderoso impegno del Comune di Frosinone,  il  Capoluogo ciociaro è diventato meta ambita di cineasti di grido ed  impresari teatrali  . Ne è testimonianza il sontuoso allestimento per la  rievocazione della passione di Cristo messo in scena il 22 marzo scorso sul palcoscenico naturale del centro storico, costato ben 22.500 euro. 

Per  pagare gli emolumenti del grande regista incaricato della messa in scena del colossal  (tale Mizzoni) sembra si siano dovute vendere le lampadine, riposte nei magazzini del Comune, necessarie alla riparazione dei lampioni rotti, lasciando  parte della  devota città al buio. Alla rievocazione religiosa  hanno partecipato anche volti noti della politica locale, dalla Maria Maddalena (senatrice Spilabotte), all’austero Pilato (assessore alle finanze del comune di Frosinone Mastrangeli). 

Ebbene lo confessiamo, anche noi abbiamo messo in atto un bieco tentativo di spillare soldi a "De Laurentiis" Ottaviani   per la realizzazione di un film  “In nome del sindaco sovarno”. Un cult movie  girato  durante il consiglio comunale indetto venerdì scorso 27 marzo  per l’approvazione della delibera di iniziativa popolare tesa  alla risoluzione  contrattuale del  gestore del servizio idrico integrato. 

In relazione al casting non ci sono stati problemi. La valenza drammaturgica  dei consiglieri comunale e del sindaco Ottaviani è degna della migliore accademia di arte  drammatica. L’assessore Riccardo Mastrangeli, poi, era reduce dei successi consumati sul  red carpet  della Passio Christi. 

La location, l’aula consiliare, non era il massimo, ma l’abilità di un regista sta nel valorizzare anche luoghi dall’insignificante impatto scenografico . La  sceneggiatura si è rivelata quanto mai suggestiva. In poco più di mezz’ora di video si sono messe in luce tutte le peculiarità della nostra classe amministratrice. 

Dalla melina iniziale, mascherata da piena subordinazione al calcio, necessaria a ritardare la votazione -sperando di prendere per stanchezza gli astanti (cittadini e membri di associazioni), pronti a fare pressione affinchè si risolvesse l’annosa vicenda di Acea - al rischio della mancanza del numero legale. Altre  sequenze hanno illustrato le  vicende che flagellano il capoluogo. 

Memorabili interpretazioni ci  hanno regalato  l’assessore Mastrangeli e la consigliera Martini sul testo drammatico relativo ai tagli di 3 milione e centomila euro, gravanti sui servizi sociali. Anche il dialogo shakspeariano  fra il vice sindaco Trina ed il consigliere Calicchia è stato degno di nota. Un po’ sottotono l’interpretazione del consigliere Savo,non si capiva se fosse doppiato dal sindaco Ottaviani o se autore di una recitazione sommessa ma indisponente rispetto agli  spettatori. A lui si deve infatti la proposta di annacquare la delibera in votazione, modificando il testo da: “porre in atto le azioni necessarie alla rescissione del contratto” a: “valutare le azioni necessarie alla tutela dei cittadini, fra cui la rescissione del contratto”. 

Tutto sommato, la funzione di corifeo del consigliere Savo un qualche successo presso il coro lo ha avuto. Infatti, grazie ad alcuni coristi, l’annacquamento è andato in porto. Prima di proporre il corto al sindaco per chiederne la produzione e la diffusione sottopongo  agli appassionati di Aut l’opera in ante prima .  E’ talmente struggente per cui non ho dubbi  che il sindaco sacrificherà qualche soldo destinato allo stadio per diffondere questo capolavoro. 







martedì 31 marzo 2015

La cantata rossa per Tall el Zaatar – Gaetano Liguori / Giulio Stocchi / Demetrio Stratos

Francesco Masala


Provate a cercare questo disco, e queste canzoni, che le conosciate già, o non ancora, e vedrete l’effetto che fa.
Il disco venne registrato nel 1976 nello Studio Zanibelli di Milano e riproposto in versione CD nel 2001 a cura dell’etichetta “Radio Popolare”. E’ un album assolutamente complesso, di difficile e lenta assimilazione. Le musiche sono state composte dal pianista jazz Gaetano Liguori. Le voci recitanti appartengono a Concetta Busacca, Giulio Stocchi e Demetrio Stratos (indimenticabile vocalist degli Area che ascoltiamo in Anma). Ci troviamo di fronte a 9 brani di puro free jazz, dove Gaetano Liguori è accompagnato dal fratello Pasquale alla batteria e da Roberto del Piano al basso. Sono andato a rileggermi le cronache che ricordano il massacro di Tall El Zaatar (“La collina del timo”, in arabo), una bidonville alla periferia di Beirut-est, la cui popolazione, nel 1976, subì una pulizia etnica ante litteram, condotta dalle milizie falangiste cristiane per eliminare dalla parte orientale di Beirut, da loro controllata, qualunque presenza palestinese e musulmana.
Gaetano Liguori nello stesso anno volle incidere un disco a memoria del massacro, insieme a Giulio Stocchi, poeta popolare nell’area del Movimento Studentesco. Le parti recitate, a distanza di quasi 40 anni, hanno perso il loro smalto: regge solamente il brano sorretto dalla potente voce di DemetrioStratos, ispirato dalla drammaticità del racconto della violenza subita da Amna, una ragazzina dodicenne sopravvissuta al massacro e destinata a divertire i falangisti in un bordello. Sembra di rivivere la straziante scena di un film.  Decisamente fastidioso, in alcuni tratti, il recitato di Stocchi. Oramai perso nella memoria di quei tempi dove la canzone politica e certe sonorità jazz erano collocate nell’area della sinistra più estrema, il disco risente della polvere del passato che lo ricopre. Resta valida la riscoperta etnico-musicale di questo lavoro dimenticato dai più.
Dal lontano ’77 l’eco di una strage infinita – Giorgio Maimone
Ci sono momenti in cui si fa fatica a scrivere di musica. Ci sono momenti in cui la musica neanche la si vorrebbe sentire, per stare fermi e meditare. Questo e’ un momento cosi’. Ma la potenza della musica e’ infinita e anche sull’orlo di una tragedia riesce a farsi strada, ad arrivare fino a te e a parlarti con i suoni e le parole giuste. E allora come lo si deve leggere se non come un segno del destino (beffardo? Benevolo? A voi la scelta) il fatto che proprio da quest’estate sia finalmente disponibile in cd un disco seminale?
“La cantata rossa per Tall El Zaatar” con cui Getano Liguori (jazzista, autore delle musiche) e Giulio Stocchi (poeta-operaio, autore dei versi) hanno voluto nel lontanissimo 1977 celebrare la tragedia del popolo palestinese, ricordando la strage del 1976, l’epilogo di un processo di vera e propria “pulizia etnica” portata avanti delle milizie falangiste cristiane, in Libano, per eliminare dalla parte orientale di Beirut qualunque presenza palestinese, musulmana, progressista.
Le stragi hanno sempre lo stesso nome e lo stesso odore, da chiunque provengano. Liguori propose di fare un disco a memoria del massacro, durato 53 giorni, a Giulio Stocchi, poeta popolare legato al Movimento Studentesco. Demetrio Stratos e’ coinvolto in un brano “Amna”, recitato e accompagnato dal piano straniato di Liguori che, per sua stessa definizione si ispira al Pierrot Lunaire di Schoenberg.
E la voce di Stratos lasciata libera di vagare e dar corpo alla storia della dodicenne Amna che, sopravvissuta al massacro, e’ destinata a divertire i falangisti in un bordello si impenna, si esalta, si sdoppia, si squarta, ci coinvolge. La scena si stacca con violenza dalla mono-dimensione del cd; i fantasmi evocati sono in mezzo a noi. Film polveroso in bianco e nero. Straziante.
Cosi’, come altrimenti straziante e’ il brano “La madre”, recitato da Giulio Stocchi, mentre in sottofondo Concetta Busacca, figlia del grande cantastorie siculo Ciccio Busacca, canta antiche nenie siciliane. Insomma Sidun di Fabrizio De Andre’ vola su altre dimensioni per raccontare una storia simile, ma “La madre” e’ stata scritta quasi in presa diretta.
Non e’ un lavoro facile “La cantata”. Ha sulle spalle tutto il peso di quasi un quarto di secolo di storia e viene da quell’alveo di jazz italiano politicamente virato a sinistra che non ha prodotto rami forti e sani, ma stenti e gracili cespugli. Il tono retorico di Stocchi in alcuni momenti e’ insopportabile e l’epica sfuma in una serie di vuote e roboanti frasi da “andate e alzate le palizzate (voi)” Il brano finale “La cantata rossa” e’ da far saltare dal lettore, ma il resto e’ valido e tutta l’opera e’ importante come documento e come monito di una vicenda che oramai tende a diventare infinita. Da una strage all’altra. Fino alla prossima. Domani? O dopodomani? Strage infinita …
È sempre difficile attestare come spesso le grandi tragedie della storia non facciano che ripetersi: magari cambiano i protagonisti, magari cambiano le condizioni, ma il succo dei fatti non cambia, le cose più terribili ritornano, per quanto si speri sempre che ciò non avvenga. La cantata rossa per Tall ElZaatar ci racconta una di queste tragedie: era il 12 agosto del 1976 quando il campo palestinese di Tall El Zaatar (la collina del Timo), già duramente provato nel corso della guerra civile libanese, iniziata nel 1974, cadde dopo un assedio di cinquantatre giorni, e cadde con l’inganno di una tregua non rispettata per mano dei falangisti, appoggiati dai siriani, che con il pretesto di evacuare donne e bambini compirono l’immane strage di migliaia di persone. La cantata rossa per Tall El Zaatar nasce così, dall’unione del genio creativo di Giulio Stocchi, poeta- operaio che declamava la sua opera in strada come Majakovskij, e di Gaetano Liguori, pianista jazz da sempre impegnato in ambito politico, e principale esponente di tutta una corrente del jazz italiano di tipo dichiaratamente politico che si sarebbe spenta sostanzialmente con gli anni ’70; nasce dalla fusione di parola e suono, poesia e musica; nasce per condannare il massacro di donne, bambini, innocenti perpetrato, come sempre è stato e sempre sarà, consapevolmente, dietro la spinta del desiderio di potere, della violenza cieca, della paura irrazionale. La cantata rossa per Tall El Zaatar è un’opera di pace, e come tale deve essere letta e ascoltata ed accolta oggi, quando più che mai c’è bisogno di tornare alle nostre radici umane: tutti gli artisti che parteciparono alle registrazioni ed all’esecuzione lo fecero a titolo completamente gratuito, con l’intenzione di devolvere quanto ricavato alla causa dei profughi, degli sfollati e dei disperati palestinesi. Ovviamente, a causa degli impegni di tutti i partecipanti, nella sola occasione della sua presentazione al pubblico la partitura fu eseguita con l’organico completo: seguirono una serie di date in tutta Italia col trio (P. Liguori, batteria; G. Liguori, piano; R. Del Piano, basso) e Stocchi, che registrarono una importante risposta di pubblico, e alcune puntate all’estero, come a Colonia, in Germania, dove agli spettatori fu consegnato un libretto contenente traduzione dei testi di Stocchi, e si registrò una reale commossa partecipazione del pubblico alla tragedia narrata nell’opera(fonte: Roberto Del Piano). L’opera si apre con Fedayn, una splendida progressione che vede l’ingresso delle percussioni, seguite in sequenza dal basso, dal piano, e dalla voce di Stocchi, carica di un enfatico tono declamatorio che sarà la cifra stilistica dell’intero lavoro, ricca di richiami armonici di stampo mediorientale, per sfociare in I 53 Giorni, brano dove il peso delle liriche dolenti di Stocchi e della sua voce si fa predominante. Libertà subito è una lunga tirata strumentale carica ancora di echi mediterranei, dominata nella prima parte dal piano di Liguori che a poco a poco stempera la melodia iniziale assumendo toni sempre più aspri e aritmici in un accalcarsi di note, un andirivieni tra momenti calmi e sincopati, nei quali il piano scorre nervoso, sostenuto poi dalla sezione ritmica in una lunga serie di note percussive, che pian piano tornano a far emergere una più chiara frase melodica per poi esplodere di nuovo vorticose, come una pioggia inesorabile e violenta, un diluvio. La tensione cresce fino a divenire massima, insostenibile, per spegnersi quasi di colpo sul giro iniziale, per poi tornare a salire, per poi spegnersi ancora, e ancora, e ancora.Amna
 segna l’ingresso, nell’opera, della voce di Demetrio Stratos, che si avvolge, si raddoppia, si erge sopra il pianismo inquieto e lunare di Liguori: storia dello stupro di Amna, dodicenne fatta prigioniera dai falangisti, resa con quello che altrove è stato definito “un espressionismo pop agghiacciante”. La voce parte lenta come una marcia, come la marcia dei prigionieri, incarna di volta in volta i vari personaggi, le varie voci, ha picchi improvvisi, e accelera e diventa incalzante, e forte, quasi insostenibile nel culmine della violenza narrata nel testo, gela il sangue in un crescendo di grande intensità, un gioco di voci che si sdoppiano, nel quale la voce stessa, anche quando sembra voler cullare l’infanzia spezzata di Amna, stride, si contorce, si trasforma in una lama, incide e precipita altro freddo sulla tragedia ormai compiuta. Piccolo Fadh, pochi versi di Stocchi e un solo del basso di Del Piano, in bilico tra melodia e ritmiche serrate, su un tappeto di percussioni, segue quindi uno dei momenti emotivamente più difficili da sostenere dell’intero lavoro, e ne precede un altro, La Madre, sul quale Stocchi declama un testo in bilico tra un orrore ed un dolore indicibili ed una rabbia che grida vendetta, sul sottofondo di nenie popolari siciliane cantate da Concetta Busacca: anche qui l’impatto e la tensione emotiva non possono che lasciare realmente stremati, senza forze e senza parole. Sulle Macerie è un brano lento e riflessivo, desolato, nel quale l’iniziale melodia disegnata da basso, batteria e piano ben presto si spezza, per tornare a salire nuovamente, accelerando e rallentando. La rabbia e la voglia di giustizia giungono solo con La Cantata Rossa, una ritmica eccezionale ad accompagnare il testo in un crescendo emotivo sottolineato dallo sciabordare dei piatti e dalle rullate della batteria fin quasi a giungere al rumore, assordante come la violenza cieca di questo nostra realtà, di fronte alla quale siamo tutti chiamati a restare “in piedi con la nostra statura ed abitare il mondo”. Fedayn è la ripresa del primo pezzo, nella quale il testo declamato da Stocchi assume valore universale e si colora di nuove tinte (“..questo popolo ha sette anime ogni volta che muore rinasce più giovane e bello”), chiosa ideale di un discorso circolare come unicamente può essere un discorso fatto attorno alla violenza folle e che si autoalimenta e cresce in se stessa come una spirale di odio lunga e profonda, che avvolge e dalla quale sembra non esistere via d’uscita. Cosa può la poesia, cosa le parole di fronte ad una tragedia muta e senza volto, infinita e profonda come il tempo? La cantata rossa per Tall El Zaatar è la risposta a questa domanda, ed è una risposta carica di rabbia e di desiderio di giustizia, una risposta di pace. A chi oggi si tappa occhi ed orecchie si chiede il coraggio di guardare ed ascoltare, e prendersi la propria responsabilità.
Si ringrazia di cuore Roberto Del Piano per le informazioni e i ricordi che ha accettato di condividere con me, e che mi sono stati di grande aiuto nella stesura di questo post, e soprattutto per la disponibilità e l’amicizia.
qui i testi

domenica 29 marzo 2015

Roma: manifestazione Fiom, San Donato V.C: incontro con il professor Michele Porspero. Prassi e teoria di una coalizione sociale.

Luciano Granieri

Sabato scorso 28 marzo, mentre a Roma , Landini riempiva  Piazza del Popolo - con pezzi di società in movimento per formare quella coalizione sociale che dovrebbe ridare rappresentanza al mondo del lavoro -nel teatro comunale di San Donato Val di Comino, dalle 18,00, il professor Michele Prospero, spiegava agli intervenuti come dovrebbe agire una coalizione sociale per ripristinare i diritti costituzionali  che le politiche neoassolutistiche di Berlusconi ieri e di Renzi oggi, hanno sradicato dal nostro vivere quotidiano. 

Diciamo pure che  a Roma si stava esplicando  la prassi, a San Donato Val di Comino si procedeva ad illustrare  la Teoria. Il merito dell’organizzazione di questo incontro va ascritto al comitato provinciale di Frosinone in difesa della Costituzione, movimento a cui mi onoro di appartenere. Dionisio Paglia e Ivano Alteri, rispettivamente, presidente e vice presidente del comitato,   hanno invitato Michele Prospero, docente di Filosofia del diritto presso la facoltà di scienze politiche, dell’Università “La Sapienza”,  folgorati da un  suo articolo scritto sul quotidiano il manifesto del 22 febbraio scorso, in cui si  spiegava come il Jobs Act potesse  considerarsi una delle più importanti  norme tese a riaffermare il potere del capitale sul lavoro, un’egemonia che rovescia completamente il quadro sociale definito nella Carta costituzionale.

 L’esposizione del professor Prospero  è stata lucida e illuminante in relazione alla spiegazione di processi fondamentali per comprendere il fenomeno. Chi come il sottoscritto è da sempre convinto che le attuali riforme strutturali, non siano altro che contro-riforme reazionarie, tese a distruggere i diritti che i lavoratori erano riusciti ad ottenere attraverso  le lotte degli anni ’70, ha avuto conferma di queste tesi. 

Nulla di nuovo dunque, ma vedersi squadernare in modo cronologicamente e storicamente preciso tutte le tappe che hanno trasformato nel tempo  la natura  delle riforme strutturali - da norme utili ad ottimizzare il sistema sociale e politico verso il pieno rispetto della Costituzione , a strumenti coercitivi  dal fine completamente opposto, cioè tese  a distruggere l’impianto dei diritti  strutturato nella Carta - è stato un vero e proprio pugno nello stomaco.  E ai pugni bisogna reagire. 

Come giustamente affermava il professore, citando Aristotele , ogni Costituzione per avere la concreta possibilità di avere piena applicazione necessita di un corpo sociale che le difenda, che combatta per essa. Se tale  elemento  non ha la forza di assolvere a questo compito, una Costituzione non potrà mai avere completa attuazione.

 Ed è esattamente  la necessità di riaggregare il corpo sociale dei lavoratori, del movimento operaio,  di costruire un entità forte che combatta per quella Costituzione che  indica il lavoro    quale  caposaldo su cui si fonda  la Repubblica, che impegna tutti  noi.   Ma è una battaglia da giocare all’ attacco come giustamente ha sostenuto il presidente Provinciale dell’Anpi Giovanni Morsillo, Intervenuto nel dibattito. E’ indispensabile   un’azione dirompente da attuare in ogni luogo, in ogni istante della propria vita. E’ il solo modo per dare la forza ed efficacia  a quella coalizione che vuole difendere senza se e senza ma   la Costituzione repubblicana.






di seguito l'intervento del sottoscritto ripreso da Fiorenzo Fraioli di egodellarete


Blitz sovranista è il post pubblicato da Fiorenzo Fraioli, su egodellarete

Alchimia di un atto aziendale

Il Coordinamento provinciale della sanità


Il coordinamento provinciale per la sanità chiede alle competenti autorità di far luce sulle affermazioni della dg della Asl di Frosinone rilasciate nel corso della audizione del 26.03.2015 presso la Commissione sanità della Regione Lazio,  secondo cui all’atto del suo insediamento presso la Asl esisteva un clima di illegalità diffusa.
A parte questa considerazione non attinente per modi e tempi in sede di audizione all’atto aziendale, ricordiamo che dal 4 marzo 2015 abbiamo assistito a un balletto di delibere Asl che hanno stravolto il contenuto dell’atto aziendale presentato a novembre 2014 e fortemente contestato, ed evidenziato una metodologia di lavoro e di decisione che preoccupa seriamente l’opinione pubblica e il coordinamento.
Si sono succedute in 21 giorni ben quattro delibere Asl che sembrano siano state dettate più dall’esigenza di innominabili accordi pseudopolitici che dalla rispondenza ad esigenze di miglioramento delle strutture sanitarie.
L’ultima delibera poi, quella del 25 marzo, sembra il frutto di una alchimia da stregoni.
In essa si rappresentano simulacri di miglioramento per varie strutture sanitarie, ma a noi tutto questo da l’impressione di una cortina fumogena fortemente irrispettosa dell’intelligenza dei cittadini della ciociaria.
E’ scritto nella delibera che si ritiene di dover assumere delle decisioni “ che possano tranquillizzare l’opinione pubblica fugando dubbi e incertezze sul futuro assetto organizzativo aziendale e sull’offerta assistenziale del territorio” . Infatti la delibera ha fugato ogni dubbio: oggi abbiamo la totale certezza che tutto andrà allo sfascio.
La credibilità della dirigenza aziendale, per il coordinamento già a livelli bassissimi, è scesa così sotto lo zero.
Il tutto ha inizio il 16 luglio 2014 quando ci veniva raccontato che il polo ospedaliero Frosinone Alatri aveva tutte le caratteristiche per avere il DEA di secondo livello.
Il 13 novembre 2014 ci fu nell’atto aziendale l’inserimento della richiesta del Dea di  secondo livello da accordi intercorsi con il presidente Zingaretti, che dopo qualche giorno smentì tale affermazione.
Nella prima decade di marzo 2015 ci veniva raccontato che il DEA di secondo livello si allontanava di molto nel tempo, fino a scomparire.

Caro presidente Zingaretti, ti rendi conto qual è il frutto delle tue scelte?