Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 25 febbraio 2017

Oggi riapriamo il Rialto, uno spazio di democrazia e cultura indipendente

Coordinamento Regionale acqua pubblica Lazio


Questa mattina (ieri ndr) abbiamo deciso di riaprire il Rialto e di ridare alla città uno spazio che deve continuare ad essere un laboratorio di democrazia, incontro e produzione di cultura indipendente.

Non ci vogliamo rassegnare al fatto che il Rialto, dopo lo sgombero subito il 16 febbraio, sia di nuovo consegnato al degrado e all'abbandono come centinaia di altri edifici nella nostra città.

Non ci vogliamo rassegnare al fatto che Roma continui ad essere governata secondo logiche che puntano solo alla mercificazione dei beni comuni e alla messa a valore del patrimonio pubblico.

Per questo, numerose realtà sociali, culturali e politiche hanno deciso di dare un segnale forte restituendo questo luogo alle attività che lo hanno attraversato negli ultimi quindici anni.

Siamo consapevoli che questa non è una vicenda isolata, ma che analoghi provvedimenti stanno colpendo altri spazi sociali della capitale. Intendiamo, così, ribadire che la democrazia e la cultura indipendente non si sgomberano e che non possono essere vincolati al mero fattore economico.
Siamo consapevoli che il patrimonio pubblico può e deve svolgere un ruolo strategico per sviluppare e valorizzare veramente le tante e diffuse realtà socio-culturali che da sempre arricchiscono questa città svolgendo anche un ruolo di supplenza ai compiti dell’amministrazione comunale.
Per questo pensiamo sia tempo di rivedere la materia che disciplina le concessioni pubbliche coinvolgendo tutta la città e ribaltando la logica di mercato che è alla base della delibera 140/2015 in funzione di una visione fondata su principi di solidarietà, cultura e partecipazione fondamentali per la tenuta democratica di questa città.
Visto che la Giunta ha appena approvato una delibera con cui intende frenare la logica degli sgomberi che sta mettendo a rischio oltre 800 spazi in tutto il territorio cittadino, chiediamo all'Amministrazione capitolina, in quanto proprietaria formale dell'immobile, e in primis alla Sindaca Raggi e all'Ass.re Mazzillo, di mettere in campo tutte le azioni necessarie affinché il Rialto sia tutelato al fine di “evitare  che venga compromessa l’esistenza di associazioni che svolgono funzioni di interesse pubblico”così come dichiarato dallo stesso Ass.re al Patrimonio.
Chiediamo alla maggioranza, alla Giunta e a tutti i consiglieri comunali e municipali, per una volta, di non restare a guardare e di prendere una posizione chiara e netta.

Chiediamo a tutte e tutti di sostenere questa lotta.

venerdì 24 febbraio 2017

Dai lucchetti alla riappropriazione sociale

Coordinamento Regionale acqua pubblica Lazio


Oggi dopo la riapertura dello spazio del Rialto S.Ambrogio, chiuso dal Dipartimento Patrimonio del Comune di Roma giovedì scorso, è iniziato un serrato confronto tra realtà sociali e l'Assessorato Patrimonio. E' stato istituito un tavolo che si riunirà nuovamente lunedì 27 alle ore 10.00 presso il Dipartimento stesso con l'obiettivo di individuare nell'immediato una soluzione per garantire la continuità delle attività che hanno animato il Rialto in questi ultimi anni. Attività che sono già ripartite da questa mattina e che proseguiranno nei locali liberati fino a quando non sarà individuata una soluzione alternativa.
Una vittoria di tutta la città e non solo, dato che da questo spazio partono battaglie nazionali come quella per l'acqua pubblica, per la difesa della costituzione e per la cultura indipendente.
Una vittoria di tutte e tutti coloro che oggi hanno condiviso una lunga giornata di lotta e democrazia.

Le realtà a sostegno del RialtoLiberato

8 marzo: è sciopero generale!

Intervista a Fabiana Stefanoni
dell’Esecutivo nazionale del Pdac


Diverse sigle sindacali hanno accolto l’appello del movimento “Non una di meno” a proclamare una giornata di sciopero generale l’8 marzo. Ne parliamo con Fabiana Stefanoni, lavoratrice della scuola, membro dell’Esecutivo nazionale del Pdac.
Da dove sorge l’idea di proclamare uno sciopero generale l’8 marzo?
Si tratta di un appello internazionale, che nasce in Argentina, nell’ambito delle grandi manifestazioni di donne promosse dal movimento Ni una menos. Le donne argentine, negli scorsi mesi, sono scese in piazza in massa in molte occasioni per protestare contro la violenza maschilista, che ha avuto nel femminicidio di Lucia Perez, una sedicenne torturata e ammazzata da tre uomini, la sua espressione più brutale. Analoghe manifestazioni si sono poi viste in Messico, in Polonia e negli Stati Uniti. Anche in Italia lo scorso 26 novembre decine di migliaia di donne hanno dato vita a una oceanica manifestazione a Roma. Proprio dalle donne argentine di Ni una menos nasce l’iniziativa promuovere una giornata di “sciopero globale” l’8 marzo.
In Italia la proposta di costruire uno sciopero generale è stata subito rilanciata dal movimento Non Una di Meno. Ce ne parli?
In Italia, a partire dalle mobilitazioni per il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza maschilista), è sorto un movimento analogo a quello argentino, che si richiama a esso anche nel nome: Non Una di Meno. E’ un movimento di donne ampio ed eterogeneo, la cui direzione è femmista e riformista. Soprattutto – e credo sia l’aspetto più interessante – vede una combattiva partecipazione delle donne dei centri antiviolenza: si tratta di strutture dove le donne proletarie, che spesso per ragioni economiche fanno fatica a sfuggire alle violenze di mariti, compagni o amanti, possono trovare un importante sostegno. Luoghi preziosi che stanno subendo tagli pesanti dei finanziamenti pubblici e che rischiano di dover ridimensionare i servizi di assistenza. Da questo movimento è nato l’appello ai sindacati a proclamare, anche in Italia, una giornata di sciopero generale in occasione dell’8 marzo.
Appello che è stato anche rilanciato dal Fronte di Lotta No Austerity.
Esattamente. Anche le Donne in Lotta (che fanno parte del Fronte) e tutto il Fronte di Lotta No Austerity hanno rilanciato la proposta di proclamare una giornata di sciopero generale l’8 marzo. Diciamo che se l’appello di Non Una di Meno era rivolto esplicitamente “in particolare alla Cgil”, la campagna del Fronte di Lotta No Austerity si è invece concentrata sul sindacalismo di base e conflittuale (1). Nell'8 marzo si è vista un’occasione per promuovere una giornata di sciopero generale unitario di tutto il sindacalismo di lotta, a partire da un’esigenza imprescindibile della classe: quella di lottare contro tutte quelle discriminazioni che, come il maschilismo, la indeboliscono nella lotta contro il nemico capitalista. E’ ancora vivo l’amaro ricordo degli scioperi separati dell’autunno, quando le sigle del sindacalismo conflittuale sono riuscite a dividersi su due scioperi generali a distanza di due settimane, uno il 21 ottobre e l’altro il 4 novembre. Tutto questo in un momento di scarsa mobilitazione generale… e all’indomani del tragico omicidio di classe di Abd El Salam (2).
Tornando alla campagna per lo sciopero dell’8 marzo: i sindacati hanno accolto l’appello del movimento delle donne?
Le grandi organizzazioni burocratiche (Cgil, Cisl e Uil) non hanno ad oggi proclamato nessuno sciopero generale. Non ci stupisce: si guardano bene dal disturbare il nuovo governo o danneggiare i profitti padronali con la convocazione di uno sciopero generale! Le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil hanno, se possibile, ulteriormente accelerato le loro politiche di sostegno al capitalismo negli ultimi mesi, come dimostra la gestione criminale delle crisi industriali: senza l’aiuto di Cgil, Cisl e Uil e i loro vergognosi accordi il padronato italiano non sarebbe riuscito a far passare centinaia di migliaia di licenziamenti in un clima di relativa pace sociale. Diversamente, molti sindacati conflittuali hanno deciso di proclamare una giornata di sciopero l’8 marzo, finalmente in modo unitario.
Quali sindacati hanno proclamato lo sciopero?
Ad oggi hanno proclamato lo sciopero generale Usi, Slai cobas per il sindacato di classe, Confederazione Cobas, Usb, Usi-Ait, Sial Cobas, Sgb, Adl Cobas, Slai Cobas. Sono tanti anche i sindacati di categoria o territoriali che hanno aderito allo sciopero: Cub Sanità, Cub Trasporti, Allca Cub, Cub Roma, Cub Piemonte, Al Cobas Sky e tanti sindacati di fabbrica. Alcune confederazioni sindacali hanno espresso sostegno alla giornata di sciopero (come la Cub).
Non solo. Anche all’interno della Cgil si registrano delle contraddizioni: l’area interna Il sindacato è un’altra cosa ha da subito preso posizione a favore dello sciopero dell’8 marzo e il direttivo nazionale della Flc Cgil (settore istruzione) ha votato una mozione di adesione allo sciopero. Si configura una importantissima giornata di sciopero e di lotta, con una partecipazione straordinaria  delle donne lavoratrici e, speriamo, anche di moltissimi lavoratori.
Come spieghi il successo di questa campagna, dopo le divisioni dell’autunno?
Penso che la spiegazione stia anzitutto nell’esistenza di un movimento reale di donne, in gran parte lavoratrici e proletarie. Quando la classe lavoratrice scende in campo e si mobilita non c’è settarismo che tenga: gli apparati sono costretti a seguire l’onda delle lotte. Ben vengano quindi le mobilitazioni di Non Una di Meno! Ciò non vuol dire negare i limiti della direzione del movimento o le tante contraddizioni interne. Penso ad esempio che sia un grave errore di Non una di meno quello di chiedere ai sindacati e ai partiti di scendere in piazza senza bandiere. Così facendo si fa di tutta l’erba un fascio, pur a partire da un giusto sentimento di ostilità per i partiti borghesi e per le burocrazie sindacali. Ma le organizzazioni della nostra classe possono e devono partecipare con i loro simboli e le loro bandiere alle mobilitazioni: occultarle significherebbe far fare al movimento delle donne non un passo avanti, ma un passo indietro. Noi pensiamo che la giornata dell’8 marzo debba  diventare un momento di sciopero generale di tutta la classe lavoratrice, in orgogliosa continuità con le storiche lotte delle donne del movimento operaio. Saremo in sciopero e in piazza contro gli attacchi del governo e del capitale, con la consapevolezza che solo l'abbattimento del capitalismo creerà le premesse per una reale parità tra uomo e donna.

 
(1) Qui l’appello delle Donne in Lotta e del Fronte di Lotta No Austerity:
www.frontedilottanoausterity.org/index.php?action=viewnews&news=top_1486037808"&HYPERLINKwww.frontedilottanoausterity.org/index.php?action=viewnews&news=top_1486037808"news=top_1486037808
(2) Si veda a tal proposito l’appello per uno sciopero generale unitario promosso dal Fronte di Lotta No Austerity, sostenuto anche dal Pdac:

video Rosa-X

NON CANCELLATE I MURALES IN VIA CIAMARRA SECONDO APPELLO.

Oltre l'Occidente


Frosinone 24/2/17

Al Comune di Frosinone
Al Liceo Artistico Frosinone
Ai Mass media



NON CANCELLATE I MURALES IN VIA CIAMARRA 


La scrivente Associazione fa nuovamente appello, come nel 2011, per la difesa dei murales di via Ciamarra che sono oggetto di progetti di RISANAMENTO E PREPARAZIONE ALLA PITTURA (det. 3507/2016) con il quale non si comprende cosa si voglia fare delle opere oggi presenti.
22 anni fa un’idea diventava un progetto artistico collettivo a cui partecipavano decine di artisti e che coinvolgevano tanti volontari nell’abbellimento della nostra città e nella promozione di giovani artisti.  Il progetto, fatto proprio dall’ente comune, ebbe anche un riconoscimento delle alte cariche cittadine.  I murales di via Ciamarra dopo settimane partecipate e coinvolgenti diventavano decoro oltre che arte per tutta la città. Tutti vi parteciparono orgogliosamente e GRATUITAMENTE.
Il bando di selezione, le decine di bozzetti, la partecipazione collettiva di giovani e associazioni, la creazione della superficie dove pitturare, la stesura delle opere, la mostra e premiazione finale e l’incontro con Bragaglia, che con i dovuti scongiuri, inaugurava l’opera, hanno fatto vivere alla città di Frosinone dei momenti emozionanti e di avvicinamento ad una città che spesso allontana. 
Tanti altri progetti di convergenza tra arte e decoro cittadino vennero immaginati e purtroppo mai realizzati…  Certo i murales sono stati abbandonati al degrado; ma ancora alcuni di essi mostrano la qualità delle opera. Ma se pure ciò non fosse, è il recupero delle opere esistenti che deve spronare l’Amministrazione e i cittadini (e soprattutto gli artisti): non si cancellano opere fatte, si possono solo migliorare o valorizzare, ma non distruggere camuffando l’intervento come RISANAMENTO. 
E se proprio la politica non ne riconosce la validità, allora tali opere devono rimanere esposte così come sono, proprio a testimonianza della pochezza della politica e dei nostri amministratori che riescono a non considerare l’arte e la bellezza come valori prioritari e abbandonano il decoro a elemento indifferente per una migliore qualità di vita.
Logica e buon senso vuole che siano interpellati, e a noi non risulta, gli stessi artisti che portarono a compimento dell’opera e indirizzare le somme stanziate (di € 19.500,00 oltre IVA) proprio nella direzione del recupero.  



Ci appelliamo quindi affinché 
1. non ci sia alcuna cancellazione delle opere esistenti
2. vi sia anzi il recupero delle stesse con gli stessi artisti
3. di accertarsi delle volontà degli artisti, che devono dare liberatoria formale per il rifacimento o la cancellazione della propria opera



Non contestiamo la volontà di espressione artistica, crediamo che l’arte dei murales abbia il dovere di manifestarsi in tutte le altre parti della città, perché abbellisce, avvicina, esprime vitalità e emozione;  i murales di via Ciamarra, belli o brutti che siano, hanno avuto un riconoscimento, sono da 22 anni in vista e hanno tutto il diritto di essere rivalorizzati. 


Cordiali saluti.

video di Luciano Granieri realizzato nel 2011

martedì 21 febbraio 2017

Disimpegno elettorale.

Luciano Granieri




Continuano le manovre, grande e piccole, di avvicinamento  alle elezioni amministrative del Comune di Frosinone. Fra candidati a sindaco già in pista, candidati in pectore, iniziano a proliferare le  liste civiche (guai a nominare i partiti che ci sono ma risultano abilmente mimetizzati). 

Un esercito di frusinati si sta organizzando per scendere in campo, o affianco di un aspirante sindaco pesante (Ottaviani –Cristofari), o per vendersi  al miglior offerente che poi ,gira che ti rigira, sarà sempre uno dei due soggetti appena indicati. Non me ne vogliano gli amici dei 5 stelle ma il loro candidato   lo vedo molto lontano dai due pezzi da novanta,quello di Forza Italia (ma non si dice) e quello del Pd (ma non si dice). 

Il vizio sta in  una legge elettorale  antidemocratica che obbliga, per contare qualcosa in consiglio, ad allearsi con l’uomo più forte, lasciando per strada i buoni propositi propagandati in campagna elettorale. Libri dei sogni utili solo a farsi eleggere ed entrare nel sottoscala consiliare. 

Alla fine della fiera accadrà come cinque anni fa, quando il numero dei candidati era superiore al numero dei votanti.  Nanni Moretti avrebbe detto: “Mi si nota di più se mi candido o se non mi candido?” Probabilmente rimanere nella minoranza votante, o astinente, anziché ingrossare l’esercito degli aspiranti candidati, potrebbe conferire   maggiore visibilità . Quindi  la smisurata voglia di mettermi in mostra , mi spinge a non ingolfare  le fila degli amministratori  in pectore. 

Qualcuno potrà obiettare che in momenti critici della vita cittadina è necessario assumersi delle responsabilità , schierarsi, prendere parte all’agone. Personalmente invece rivendico con forza il diritto di fare politica quotidianamente, da cittadino consapevole  senza aspettare l’evento  elettorale. Fare il sindaco, l’assessore o il consigliere è faccenda complicata e bisogna esserne capaci.  Io non mi ritengo in grado di ricoprire un ruolo simile.  

Non senza presunzione, però,  mi sento di affermare che fra coloro i quali hanno svolto tali incarichi o intendono proporsi  per svolgerli, vi sono soggetti ancora meno capaci del sottoscritto.  La  valutazione delle proprie attitudini in relazione al governo della città è il primo atto di responsabilità che ognuno di noi dovrebbe soppesare per capire,  se e come , un proprio impegno potrebbe risultare  utile o deleterio.  

Come già detto è necessario fare politica sempre, ogni giorno, anche con atti semplici.  Pagare solo il 20% della tassa dei rifiuti, in ottemperanza all’art.24 per l’applicazione del regolamento della Tari, adottato dal comune di Frosinone - il quale prevede la possibilità della decurtazione tariffaria nel caso in cui il servizio di raccolta e smaltimento si svolga in grave violazione della disciplina di riferimento -è un preciso atto politico e di denuncia. Il tasso di raccolta differenziata pari all’attuale 18% viola palesemente  il d.lgs n.152 del 2006 il quale prevede che già dal 2012 la percentuale avrebbe dovuto raggiungere il  65%. Dunque ridurre la tariffa al 20% è  un diritto e diffondere questa notizia presso gli altri cittadini è un dovere civico  morale e politico.  

Impugnare le bollette di Acea, rifiutandone il pagamento perché redatte in modo talmente irregolare, da portare alla rescissione del contratto con il gestore, è un altro rilevante atto politico. Contrastare, in piazza, o in consiglio comunale, tutte le brutture che l’amministrazione (vecchia o nuova)  metterà in atto contro  la collettività, è preciso dovere di ogni cittadino, è agire quotidiano della democrazia. Perché alla fine di tutti i bei discorsi  sulla bontà dei programmi,  se il tessuto civile e sociale della città è in degrado  lo  si deve alla completa mancanza di controllo da parte dei  cittadini sulla effettiva realizzazione di quanto promesso in campagna elettorale.  

Personalmente preferisco impegnarmi in questa fase di vigilanza, piuttosto che mettermi in piazza a vendere la  mia mercanzia elettorale destinata, nella migliore delle ipotesi ad    essere svenduta all’uomo forte.  Non è un atteggiamento responsabile? Forse, ma è meglio essere liberi di rivendicare le proprie istanze, piuttosto che consegnarsi mani e piedi al podestà di turno nel polveroso sottoscala consiliare. 

Per il rilancio dell'ospedale di Anagni si prega la Madonna delle Grazie.

Il Comitato  “ Salviamo l’ Ospedale di Anagni  ”


Nel pomeriggio di lunedì 20 febbraio 2017 si è riunito il Comitato salviamo l' Ospedale di Anagni alla presenza del Consigliere Fabio Roiati. Durante la riunione si è analizzato il risultato dell'incontro tra i sindaci dell'area nord della provincia  di Frosinone e il Commissario Macchitella della Asl di Frosinone, avvenuto in data 15 febbraio 2017. Il Comitato ha preso atto delle buone intenzioni emerse  dall'incontro, che vanno tutte nella direzione tracciata da quanto riportato sull’atto aziendale approvato ad aprile 2015 e mai attuato, di un minimo rilancio della struttura ospedaliera di Anagni con un potenziamento del servizio di primo intervento, dei reparti di diagnostica e l’istallazione di alcuni posti letto di degenza infermieristica. Non sono risultati invece rassicuranti i tempi in cui questo potenziamento dovrebbe realizzarsi. Anzi il Comitato ritiene  senz'altro inaccettabile l'ipotesi di condizionare il rilancio  dell’ex Ospedale di Anagni alla vendita della Clinica di Madonna delle Grazie.  Il territorio della zona nord della provincia di Frosinone non puo' attendere oltre per il rilancio della struttura ospedaliera di Anagni!
 Legare il minimo di potenziamento di servizi sanitari gia' scarsi e sottodimensionati per un territorio vasto, geograficamente vario, con vocazioni produttive diversificate a prevalenza industriale, ad una ipotesi indeterminata come quella della vendita di una vecchia clinica fatiscente, significa non avere rispetto per  i cittadini abitanti di Anagni e dei comuni circostanti!
 Le minime misure concordate vanno adottate subito, se non si vuole che quel che rimane dell'Ospedale di Anagni diventi solo l'esempio vergognoso e umiliante della malasanità imposta a tutti i cittadini dell’area nord della nostra provincia !
Per questo motivo il Comitato ha chiesto al consigliere Roiati di coinvolgere tutti i consiglieri comunali di Anagni e i referenti per la sanità dei comuni limitrofi  al fine di  convocare un'assemblea urgente, presso la sala della Ragione del Comune di Anagni, possibilmente la mattina di sabato 4 marzo p.v. per organizzare, insieme ai sindaci , ai consiglieri comunali della zona nord e a tutti i referenti politici espressi al senato, parlamento e regione, una visita al Presidente Zingaretti per consegnargli le famose delibere consiliari, approvate da tutti i 9 consigli comunali dell’area nord e finite in un limbo etereo  e chiedere ed ottenere un impegno concreto a riavviare la sanità all’interno del Presidio Sanitario di Anagni,  a favore di tutta la zona nord della nostra provincia.
Comitato di Lotta' via Rete politica cittadina Frosinone

A Campo Progressista, Daniela Bianchi
A Fabrizio Cristofari
A Frosinone 2020, Raul Parlanti
A Frosinone Benecomune, Francesco Notarcola
A Frosinone in Comune, Stefano Pizzutelli
A Partito Socialista, Vincenzo Iacovissi
Al Movimento 5 Stelle, Luca Frusone
Al Partito Comunista Italiano Marcello Colasanti
Al Partito della Rifondazione Comunista, Paolo Ceccano
A Sinistra Italiana, Marco Maddalena
Mobile - 3393848905

Con l’operazione ‘una tenda per la dignità e per il lavoro’ con la quale in maniera itinerante si mostrerà alla città le distruttive politiche della giunta uscente di Frosinone, i lavoratori ex multiservizi provano a costituire una lista che potrebbe concorrere alle prossime amministrative cittadine. Per questo motivo sono iniziate le iscrizioni e non si disdegna l’eventuale apporto di esterni.

Un punto importante è quello di incontrare le formazioni delineatesi e quelle che potrebbero esserlo, alcune delle quali hanno già dato disponibilità a cui però non si è data ancora risposta, non certo per mancanza di rispetto, ma, anzi, proprio per tentare di affrontare tali incontri con maggiore chiarezza. I lavoratori della tenda ritengono però che gli incontri debbano avere alcune basi sulle quali misurarsi già da adesso proprio per non rimanere sospesi nel limbo del “farò quando sono eletto”.

Il cambiamento è possibile individuando il soggetto che può esserne fautore e tale soggetto non può che essere la moltitudine. E questo processo implica una forte e reale pratica di coinvolgimento. Siamo davanti ad un nodo importante: la disoccupazione; la mancanza di reddito; lo scarso risparmio; l’esposizione debitoria delle famiglie impossibilitate anche a provvedere al pagamento dei servizi primari; la società che diventa anziana senza alcun progetto; le nascite che non ci sono; l’emigrazione tornata ai livelli degli anni ’60; l’esclusione delle persone dall’essere cittadini a cominciare dai migranti, vanno inquadrate anche nell’ottica della politica nazionale che disegna un quadro di sottrazione di momenti di decisione e risorse alla comunità - non ultima a Frosinone la vicenda delicatissima della restituzione del debito con il “piano di riequilibrio economico finanziario” e tutto ciò che ne consegue.

Si richiama altresì l’esigenza di rimettere al centro la democrazia partecipata nelle istituzioni e la legalità, confinata chissà dove, attraverso il recupero della gestione della cosa pubblica ostaggio di privati spesso sostenuti dalla politica/partitica, per aprire una strada al ripristino di una GIUSTIZIA SOCIALE a cominciare dal lavoro e dal reddito.

 La vicenda della tenda è emblematica nel ripercorre le tappe forzate di esternalizzazione di servizi pubblici essenziali non economici. L’amministrazione attuale ha aperto delle autostrade a orde di privati che sono stati fatti accomodare alla tavola imbandita (con i soldi tutti, ovviamente) e continua a difenderne le azioni e le attività, anche se in palese contrasto con gli interessi della popolazione e con i valori ai quali la comunità è legata.

Con la nostra lotta, che è durata con la tenda 1000 giorni in difesa della DIGNITA’ e DIRITTI, si sta chiedendo alla città, e oggi lo chiediamo alla politica, RESPONSABILITA’, quella responsabilità di costruire attraverso l’approccio democratico partecipativo una visione della città altra rispetto a quella devastante di oggi.

I cittadini della tenda, le retrovie della città, SI APPELLANO a coloro che si presentano come  soggetti per un cambiamento, a pochi mesi dalle prossime elezioni comunali, in un momento delicato, per dare vita alla sperimentazione di diverse forme di organizzazione per riuscire a mandare a casa l’indigesta amministrazione attuale dando priorità al programma, prendendo spunto proprie dalla pratica di Podemos nelle città spagnole.

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Si rimane disponibili ad un incontro nel quale:

- vengano confrontati i valori di riferimento decisivi per costruire un’altra Frosinone;

- si individui tutti insieme i valori di sostegno alla comunità da condividere, le modalità di sconfiggere l’attuale giunta e su quali basi programmatiche impegnarsi.

Si invita come elemento minimo e condivisione nella specifica vicenda dei lavoratori della tenda

- a bloccare presso il consiglio comunale le emorragie di servizi attraverso affidamenti o appalti esterni. Non è possibile che dopo 4 anni di proroga e affidamenti diretti a società riconducibili tendenzialmente sempre alle stesse persone oggi ci si prepari ad appaltare per alcuni anni (vedi il cimitero e le attività culturali).

- ad un intervento presso le autorità costituite a cominciare dalla Prefettura per sottolineare la continuata forzatura di tutto l'iter delle coop che ad oggi hanno gestito più di 8,3 milioni di euro con affidamenti diretti, con coop invischiate sappiamo dove e altre di mogli di detenuti. Il Comune di Frosinone ha prodotto sia il Regolamento anticorruzione leggendo il quale la maggior parte degli appalti sarebbe stato meglio non dare, come richiama sempre nei disciplinari i requisiti di idoneità morale e tecnico professionale introvabili nei partecipanti.

- alla redazione di una proposta che veda la ricostituzione di una società pubblica che riassorba i servizi e i lavoratori esclusi, e non solo, restituendo dignità e reddito.

Saluti
Frosinone 19/2/17                                           I lavoratori della tenda

domenica 19 febbraio 2017

A Roma ennesimo sgombero degno di Kafka

Alessandro Portelli, circolo culturale Gianni Bosio




Più di un’ora di riunione fra l’assessore al patrimonio di Roma Capitale Andrea Mazzillo col suo staff da un lato del tavolo e dall’altro la delegazione delle associazioni che hanno sede all’edificio di via di Sant’Ambrogio, nel centro della Capitale. Un incontro seguito ai sigilli che le forze dell’ordine hanno apposto incatenando la sede, con un inatteso blitz giovedì mattina.
E un nome è venuto spontaneo alle labbra: Kafka. Una specie di universo surreale in cui ogni cosa è anche il suo contrario.
Con molta convincente energia, l’assessore Mazzillo insisteva sulla volontà politica di prendere iniziative per risolvere questa situazione e le molte situazioni analoghe in tutta Roma.
Poi, senza neanche riprendere fiato, aggiungeva che probabilmente queste iniziative non sarebbero servite a niente.
È già pronta una direttiva di moratoria sugli sfratti e gli sgomberi, annuncia; ma probabilmente «gli uffici» (una misteriosa, impersonale entità che incombeva su tutto il dialogo) non ce la faranno passare, trincerandosi dietro le inflessibili leggi contabili dello stato. E comunque anche se riusciremo a ottenere la moratoria, questa non si applica allo spazio di via Sant’Ambrogio perché non si può ritornare indietro su un atto amministrativo già compiuto.
Volontà politica dichiarata contro inflessibillità amministrativa? Oppure inflessibilità amministrativa come scudo per una volontà politica insufficiente? O addirittura – come da allusioni ricorrenti nel discorso dell’assessore Cinque Stelle – scontro fra due volontà politiche, quella della giunta e quella occulta che manipola la burocrazia («un complotto?», ha detto uno dei delegati)? O tutte e tre le cose insieme? O nessuna delle tre?
Kafka, appunto.
Alla fine degli anni ’90, l’ex scuola di via Sant’Ambrogio 4 era un edificio abbandonato e in rovina. Una serie di associazioni (il «Rialto occupato», il Circolo Gianni Bosio, il Forum movimenti acqua, Transform, Attac…) l’hanno rimesso a nuovo a loro spese e ne hanno fatto uno dei luoghi di cultura e di politica di base fondamentali a Roma.
Il Rialto è un punto di riferimento per il teatro di avanguardia e per le arti figurative; il Circolo Gianni Bosio ha fatto nel corso di questi anni almeno quattrocento concerti (li ho contati) e duecento seminari e incontri, laboratori musicali (per esempio, l’unico corso di zampogna a Roma) ed è un punto di riferimento internazionale sulle culture orali e popolari; il Forum ha promosso il referendum sull’acqua pubblica; e così via.
E invece di ringraziarci e darci una medaglia, ci sbattete fuori e ci chiedete pure cifre fantascientifiche come se avessimo fatto lucrose attività commerciali? Davvero il mondo alla rovescia.
Nella riunione è venuto fuori il numero di 750 realtà di questo genere in tutta Roma.
Certo, sono diverse, alcune più credibili di altre, Ma una cifra simile nel suo complesso significa che è questo il modo diffuso, molecolare, quasi del tutto volontario, in cui produce cultura la città di Roma. E lo trattano come un problema di contabiità e di «legalità».
Evidentemente, altre forme di illegalità diffusa e macroscopica a Roma non esistono. O non si toccano.