Mentre la città tracolla sotto i colpi della disoccupazione, della chiusura delle attività, della perdita del lavoro, della alienazione dei beni, della riduzione dei servizi e del loro costo oramai fuori dalle possibilità della stragrande parte dei cittadini, si “rinfoca” il dibattito sulla costruzione del nuovo teatro, ancora una volta attizzato dalle forze di “opposizione” che attribuiscono al cemento un sinonimo di sviluppo.
Qualche anno a Frosinone fu riconosciuto un finanziamento per la costruzione di un teatro. SI pensava ad una struttura leggera, una specie di teatro tenda, ma la giunta Marini, in particolare l’assessore Mostarda, si oppose per cercare una strada per un “vero” teatro, uno lirico, da 800 posti in località casaleno! Una cosa che in Italia non si vede da decenni o più!
Ora fermo restando i dubbi sulla reale necessità del progetto dal punto di vista della politica e della tradizione culturale della città su cui poi torneremo, perché bruciare dai 12 ai 14 milioni di euro per l’ennesima cattedrale nel deserto. I soldi non sono nostri replicherebbero i fautori. Sbagliato. Perché se pure parte del finanziamento iniziale proviene da altre casse non è chiaro l’impegno nella costruzione da parte dell’ente e è poi comunque l’Amministrazione Comunale che definisce completamente il progetto con i servizi e le infrastrutture. Ricordiamo che Frosinone è una città di 48 mila abitanti…. A meno di 1 ora da Roma, la più popolosa città d’Italia.
E se pure i fondi dovessero essere trovati quanto costa il mantenimento di una struttura a regime? 300 mila euro all’anno, almeno. Quali manifestazioni di grande rilievo dovrebbero essere organizzate? E se pure vi si riuscisse, a quali prezzi per la popolazione?
La politica di sviluppo della città attraverso investimenti in mega strutture non è nuova, ma anzi si ripropone a ogni piè sospinto. La ricchezza della nostra imprenditoria passa soprattutto per l’edilizia e il riproporre grosse costruzioni con mega finanziamenti è il leit motiv costante nel tempo: l’ospedale nuovo di dimensioni medie, è costato almeno 100 milioni di euro; lo stadio Casaleno iniziato più volte, ma mai terminato completamente avrebbe previsto l’ospitalità di oltre 20.000 sportivi sulle tribune – la media oggi delle presenze degli spettatori alla partite del Frosinone forse è di 1500; le tribune acquistate e montate al Matusa sono costate tra i 3 e i 4 milioni di euro e, da quando vi sono una sola volta c’è stato il tutto esaurito, con la Juventus (il prossimo incontro è previsto fra una cinquantina d’anni); il palazzo dello sport Città di Frosinone con 2500 posti a sedere e ampliabile fino a 3500; la piscina olimpionica di 25 metri costata una tombola nella dubbia legalità.
Proprio su queste ultime strutture si potrebbe aprire una riflessione più profonda sulla reale necessità di averle così grandi, poco flessibili, molto costose, difficili da gestire e senza essere utilizzate per una politica di avvicinamento allo sport da parte dei giovani.
Il palasport Città di Frosinone fin dalla sua apertura è stato utilizzato dalla squadra di pallacanestro di Veroli, che sembra non abbia mai versato alcuna quota prevista per l’utilizzo della struttura (tra 400 e 500 mila euro). Poi è sopraggiunta una a altra squadra di Sora che essendo “fuggita” di corsa nel nuovo palasport di Sora, si pensa, non abbia versato alcuna quota lasciando un debito di oltre 100 mila euro per l’uso della struttura. Due anni fa finalmente si sono affacciate le squadre frusinati nell’utilizzo del palasport: la squadra in serie A2 femminile che sembra essere una società in crescita, ma che vanta debiti nell’uso del campo; il calcetto di serie A letteralmente volatilizzato dopo un anno senza aver mai messo mai al portafoglio; la squadra di basket di Frosinone, scomparsa di campionati per motivi economici…
Quindi uso continuativo del campo per partite e allenamenti ma costi a totale carico dei contribuenti frusinati, nonostanti ci siano accordi che chi utilizza il campo debba pagare: in questi anni il costo per il mantenimento della struttura è stato circa 1/1,5 milioni di euro.
Era necessario una struttura del genere per fare queste attività? La media spettatori del Veroli in questi anni è stata sempre la più bassa di tutta la serie A (1200 spettatori circa a partita); la Globo gioca a Sora in un palazzo dello sport che è la metà di quello di Frosinone; l’IHF ha raggiunto il massimo degli spettatori con i playoff di quest’anno circa 600 persone. Del resto sorvoliamo…
La politica dello spettacolo apparente, del circo mediatico, in luogo della crescita complessiva dello sport come occasione di educazione alla partecipazione e integrazione sociale. Questo è la scelta che la politica favorisce e che i cittadini pagano.
Idem con patate per la gestione della piscina comunale. Questa struttura costa molto di più del palasport e anch’essa vive con difficoltà il rapporto con il Comune. Vive anche con difficoltà il rapporto con la giustizia visto che questa struttura rientra nelle indagini degli scandali dei mondiali di nuoto. La struttura gestita dalla Federazione Italiana Nuoto ha provocato una serie di contraccolpi nelle piscine già presenti nel capoluogo e comuni limitrofi – leggasi abbandono di utenti. Ha trovato e trova notevoli difficoltà nel pagamento delle bollette e il Comune è venuto in aiuto, nonostante il labile confine tra attività sportiva, quella per la quale la FIN dovrebbe unicamente svolgere attività, e quella di una piscina per tutti.
Le strutture per offrire spettacoli culturali a Frosinone esistono? Vediamo: auditorium Paolo Colapietro di via Grappelli potenzialmente da 400 posti se vi fosse la necessaria agibilità; casa della cultura oggi chiusa ma appunto luogo di attività da 150 posti; il teatro Nestor con circa 1200 posti a sedere che necessità di funzionale impianto antincendio per ritornare a veder svolte le attività teatrali e musicali (l’agibilità per il teatro e la musica fu tolta, guardacaso, proprio in concomitanza del bando per i finanziamenti per il teatro…); sotto il grattacielo c’è una magnifica sala musicale che può ospitare circa 800 persone. In ultimo l’Amministrazione ha acquistato il teatro Vittoria che potrà avere circa 300 posti a sedere – sempre se si troveranno i fondi per rimetterlo in sesto. Lo stesso palasport ospita concerti e spettacoli con grande afflusso di pubblico.
Il problema che si pone a nostro parere non è nella quantità delle strutture quindi ma nel loro utilizzo, nella loro apertura, nella politica culturale che la città si vuole dare e nell’idea appunto che la cultura, lo spettacolo, la musica e il resto siano il fondamento della vita dei cittadini.
Ma non c’è solamente la costruzione del teatro all’orizzonte. Oltre all’”abbelamento” delle terme romane, torna in auge lo stadio e la svendita dell’area del Matusa? Nel bilancio dell’ente, lato investimenti, sono previsti guarda un po’ 23 milioni di euro per nuovi impianti sportivi. Nei quotidiani in questi giorni si dibatte della “città dello sport”….
Nulla vieta ai nostri amministratori di raccontarci che il cemento armato è cultura o sport. Trasparente però deve essere la spesa che esso comporta al momento e nei tempi futuri. I cittadini devono sapere quanto realmente costano e soprattutto quanto a loro è stato e sarà tolto in servizi, lavoro, scuola, vivibilità ma anche nella cultura e nello sport per tutti.
LA CITTA’ FRANA. CHE NE DITE CI FACCIAMO UN FACE TO FACE SUL FUTURO DELLA POLITICA E DELLA VIVIBILITA’ NELLA NOSTRA TERRA?
Nessun commento:
Posta un commento